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    I numerosi libri di psicologia che aveva divorato gli avevano insegnato che i sentimenti intensi verso un'altra persona potevano risvegliare lati inaspettati della personalità. Ed era proprio questo che stava accadendo a Aiden in quel momento: era più diretto del solito, quasi sfacciato. Provocava la serpeverde con sottile ironia, e sebbene in passato avesse usato simili tattiche per ottenere reazioni da studiare, questa volta lo faceva per puro divertimento. Era inoltre curioso di scoprire di più sulla ragazza che, ormai aveva capito, gli piaceva, incluso il suo penserio su di lui. Perché? Da tempo aveva smesso di dare peso al parere altrui, sicuro di sé e consapevole di come la gente lo percepisse, eppure con Freya era diverso. La sua opinione contava. Strinse impercettibilmente la mascella, irritato da se stesso. Cedere al peso di un giudizio esterno era l'ultima cosa che voleva. Aveva giurato di non farlo mai più dopo la fuga dall'orfanotrofio perché, per gran parte della sua vita, le persone gli avevano fatto credere di essere quello sbagliato. Quello strano. Ma non era così. Le loro erano solo alcune delle tante visioni del mondo, perché ciò che per un individuo poteva essere normale, per l'altro poteva non esserlo. Il signor Depp gli aveva insegnato proprio questo e Aiden, che aveva a cuore gli insegnamenti del suo mentore, avrebbe dovuto trovare un modo per gestire queste nuove emozioni per non ricadere negli stessi errori.«Perché no? Ho un aspetto troppo poco minaccioso?» Sorrise, inclinando la testa di lato. Se da un lato l'irrazionalità dei suoi simili lo infastidiva, dall'altro lo rendeva euforico. Ora che la stava sperimentando su di sé, stava finalmente vivendo la sua vita, dopo essersi rifugiato per anni in una solitudine autoimposta. Quegli anni passati in compagnia dei rettili, però, non erano stati vani; Aiden aveva dedicato anima e corpo allo studio delle diverse razze di serpenti, immergendosi in un mondo sconosciuto ai più. E ora, grazie al suo dono, il suo rapporto con queste creature sarebbe diventanto ancora più speciale. Proprio come quello che aveva con Lilith, la sua più fidata amica. La vipera era sempre stata, per lui, una confidente silenziosa con la quale aveva sviluppato un legame speciale fatto di gesti, sguardi e intuizioni. Ma adesso le barriere comunicative che prima li separavano erano crollate, trasformando i sibili di Lilith in parole comprensibili e permettendo loro di instaurare una vera amicizia. Cosa poteva chiedere di più? «Sono solo educato.» Allungò una mano per accarezzare Vlad sotto al mento e poi, per evitare di fare lo stesso con Freya, fu costretto a ritirarla quasi di scatto. Non voleva mettere a disagio la serpeverde, anche se il desiderio di stringerla a sé e di sentire la morbidezza e il calore della sua pelle era quasi insopportabile. Come si fa a smettere? Prima riuscivo a controllarmi, perché adesso no? Era confuso. «Sarà una delle prime cose che farò. Sai, è da tempo che voglio saperlo.» Lo sguardo di Aiden su Freya era intenso, carico di un'emozione che non aveva mai provato prima. Ripensava allo scorso anno, quando l'aveva trovata distesa sul divano con Lilith attorcigliata alla sua gamba. In quel momento, l'aveva trovata sensuale, per quelli che erano i suoi gusti, ma solo di recente aveva capito il vero significato di quella sensazione. Di quell'attrazione. Se allora fosse stato più consapevole, più sicuro di sé, più attento ai segnali, le cose sarebbero state diverse? Invece di Axel, avrebbe scelto lui? Si tormentava con pensieri di "se solo" e "forse", immaginando scenari diversi e possibili futuri. Ma la realtà era una sola: Freya stava frequentando il suo compagno di stanza, e lui era solo un amico. Niente di più. Aiden, questo, lo sapeva mentre le confessava i suoi sentimenti, così come sapeva di star cedendo, ancora una volta, al desiderio di toccarla e di sentire la sua pelle morbida contro le dita. Con la mano, infatti, le sfiorò delicatamente una guancia. Non osò avvicinare il suo volto al suo per baciarla, sarebbe stato troppo. E sarebbe stato un gesto indesiderato, come, forse, quel tocco quasi imposto. E poi con delicatezza, Freya lo allontanò. Con delicatezza lo rifiutò. Uno strano senso di dolore e di delusione pervase il suo cuore. Perché mi sento così? Ero preparato a questo...allora perché fa male? Sbatté le palpebre una, due, tre volte, cercando di mettere a fuoco la realtà che gli si presentava davanti agli occhi. Tornò a guardare Freya, facendo qualche passo indietro. Ora aveva bisogno di spazio, di aria fresca per ragionare lucidamente, anche se quella tempesta di emozioni contrastanti glielo impediva. Rimase stupito dalla rapidità con cui, nel giro di qualche attimo, era passato dalla speranza alla delusione, dalla gioia al dolore. Se era questa la famosa irrazionalità umana beh, non era certo gli piacesse. «Sì, io...» Cosa doveva dire? Che sapeva che non lo avrebbe mai ricambiato perché c'era Axel? Che era triste, adesso? Deluso, amareggiato e irritato da stesso? «Dispiace anche a me.» Furono quelle, però, le parole che decise di pronunciare perché, in fondo, era così che realmente si sentiva: dispiaciuto per non essere stato ricambiato, dispiaciuto per averla messa a disagio, dispiaciuto per aver bisogno di tempo per metabolizzare e fare chiarezza. «Non volevo metterti a disagio, ma avevo bisogno di farti sapere come mi sentivo, ecco tutto. Mi dispiace.» Aveva deciso di assecondare quel desiderio egoistico, consapevole che le emozioni umane difficilmente potevano essere controllate. E lui, che non le aveva mai provate, si trovava ancora più in difficoltà nel gestirle. « Ma noi siamo mai stati davvero amici, Freya?» Un sorriso amaro si dipinse sul suo volto. Sapeva che gli amici, quelli veri, si confidavano tutto, o quasi. Aiden aveva trovato il coraggio di aprirsi con Freya, raccontandole di essere stato adottato e persino di possedere la straordinaria capacità di comunicare con i serpenti. Ma lui, di Freya, cosa sapeva realmente? Poco prima, lei stessa gli aveva detto che a stento la conosceva. Che erano tante, le cose, che non sapeva. Quelle parole lo avevano ferito, perché si era reso conto di non avere la minima idea di chi fosse realmente la ragazza che gli piaceva. «Quello che hai detto è vero... io non so niente di te. Perché?» Chi era Freya Riis? Chi aveva conosciuto in quei mesi? Perché gli sembrava di non aver mai capito niente di lei? Quello che provo, allora, è reale o è frutto di sensazioni sbagliate nate da una mia idea? Io non lo so...



    Edited by Aiden; - 11/4/2024, 01:34
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    Aiden, pur nella sua breve esistenza, aveva già fatto la conoscenza di diversi cattivi. Non solo adulti, ma anche bambini che, celandosi dietro maschere di ipocrisia, lo osservavano come un caso umano, un'anomalia da studiare o da cui rifuggire. Aveva subito abusi, sia verbali che fisici. Le istitutrici dell'orfanotrofio babbano in cui era cresciuto, donne estremamente religiose, lo consideravano un pericolo. Il suo comportamento, che includeva lo strano rapporto con i serpenti e la quasi totale assenza di emozioni, le turbava. Lo tormentavano con doamnde del tipo: da dove vieni? Chi sei? Perché sei qui? Peccato che l' unica risposta che poteva dare era un mesto "non lo so". E non era una bugia. La sua memoria era un foglio bianco, privo di ricordi del suo passato. E, in tutta onestà, non era nemmeno interessato a scoprirli. I suoi genitori biologici avevano fatto una scelta, e ora lui ne sopportava le conseguenze. Se mai lo avessero cercato, sarebbe stato meglio per loro lasciarlo stare. Aveva già dei genitori con cui aveva un rapporto di convenienza, anche se un minimo di affetto tra loro era nato nel tempo. Questa era la famiglia che aveva e andava bene così. «Ne ho conosciuti in passato.» Sebbene non si riferisse a criminali come assassini o ladri, Aiden utilizzava il termine "cattivi" per descrivere manipolatori e bugiardi. A suo avviso, queste persone, pur non compiendo atti illegali, arrecavano comunque danni alle persone, sfruttandone la fiducia e le emozioni.
    La conversazione aveva preso una piega decisamente inaspettata. Quando Aiden si era seduto accanto a quello sconosciuto, immaginava una banale conversazione da bar, non certo di essere reclutato come spia. Il nome e qualche hobby erano le uniche informazioni che possedeva su quest'uomo, eppure si trovava invischiato in una proposta che stuzzicava la sua indole curiosa e la sua sete di conoscenza. Ma non era abbastanza. Doveva, infatti, capire meglio chi si celava dietro quell'invito e quali fossero i rischi reali connessi all'incarico, nonché i dettagli della missione, i rischi che avrebbe corso e le eventuali ricompense in cambio del suo servizio. Dopo aver ascoltato le sue domande, Spike si immerse in un profondo silenzio. Forse, si stava rendendo conto di aver agito con troppa fretta nel proporre una simile missione. Chissà.Nonostante i dubbi, però, una cosa era certa: questa opportunità avrebbe offerto ad Aiden un'occasione unica per studiare un elemento singolare e per approfondire la coonoscenza dei suoi simili. L'inquietudine che serpeggiava nel suo animo era, infatti, bilanciata dalla possibilità di acquisire nuove conoscenze e di esplorare un territorio inesplorato. Si sarebbe trovato al centro di un gioco pericoloso, ma al tempo stesso affascinante, che lo avrebbe portato a confrontarsi con la sua stessa natura e con le sue paure più recondite. Tutto questo è così interessante. Tuttavia, il peso della decisione non era da prendere alla leggera. Proprio per questo motivo, le parole pronunciate dall'uomo poco dopo attirarono immediatamente la sua attenzione. «Voglio ascoltare ciò che hai da dirmi. Aspetto un tuo gufo allora Spike, a presto.» Con un cenno del capo, Aiden salutò l'uomo. Si alzò dal tavolo, lasciando dei galeoni per il whisky che aveva consumato. Era ora di tornare al castello: il coprifuoco stava per scattare.



    Conclusa.
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    «Alcuni grifondoro, per difendere qualcuno o per pura spavalderia, sarebbero capaci di mettersi in una brutta situazione.» Tra le quattro Case di Hogwarts, spiccava quella dei Grifondoro, rinomata per l'inconfondibile binomio di orgoglio e coraggio che animava i suoi membri.Generazioni di maghi avevano scritto il loro nome nella storia grazie a gesta eroiche e battaglie combattute con tenacia, come dimostravano le leggendarie imprese di Harry Potter e Albus Silente. Entrambi, con il loro impavido valore, avevano affrontato i più temibili maghi oscuri. Aiden, pur ammirando senza riserve questo lato eroico dei Grifondoro, era consapevole del fatto che la troppa sicurezza e l'incessante anelito di ergersi a paladino della giustizia potevano rivelarsi un'arma a doppio taglio. Soprattutto ora che un assassino si aggirava a piede libero nel castello; mentre la paura attanagliava la maggior parte degli abitanti del castello, c'erano quelli che, inspiegabilmente, ne sembravano immuni. Quest'ultimi, infatti, accecati dal desiderio di mettersi in mostra o di sentirsi eroi, sfruttavano la situazione per aggirarsi di notte, fingendo di raccogliere indizi o di dare la caccia al colpevole. Erano coraggiosi o semplicemente stupidi? Forse più la seconda, a detta di Aiden. «No, infatti è il risultato di un mio ragionamento. Raccogliendo le informazioni e confrontadole, sono giunto alla conclusione che le due cose potrebbero essere collegate.» Aiden, infatti, si era immerso nella lettura di articoli provenienti da diverse testate giornalistiche, cercando un qualsiasi dettaglio o notizia anomala che potesse aiutarlo a ricostruire il quadro completo degli eventi per stabilire se tra la fuga di massa e l'omicidio della professoressa ci fosse un collegamento. Credeva difficilmente alle conincidenze, soprattutto in casi come questo. Aiden socchiuse leggermente le palpebre, riportando alla mente la conversazione avuta con Spike mesi prima. L'uomo aveva lasciato trasparire un'inquietante consapevolezza, ripetendo la parola "morte" con insistenza, quasi presagendo un evento nefasto. E poi, quella richiesta inaspettata: diventare la sua spia... c'era un nesso tra quell'incontro e gli eventi recenti? Chi era davvero Spike? Quali erano i suoi loschi intenti? Aveva molto su cui riflettere. «Spero di no.» Aiden guardò Freya quasi teneramente e accennando appena un sorriso. Un sorriso che voleva essere rassicurante, in un gesto di empatia umana di cui la ragazza che gli piaceva aveva bisogno. In quel momento, aveva accantonato la sua razionalità per lasciare spazio alla solidarietà tra esseri umani. Tra l'altro, ultimamente, si sforzava di sorridere di più con lei, più del dovuto. Negli ultimi tempi, però, quel gesto gli veniva quasi naturale e adesso aveva capito il perché. Un perché che lo spingeva a sperimentare, per la prima volta, emozioni che aveva sempre conosciuto solo attraverso definizioni astratte. Che doveva fare, adesso? Abbandonarsi a questa irrazionalità, come aveva fatto poco fa sfiorando le sue labbra? O doveva, invece, controllarsi e reprimere ogni impulso, vista la frequentazione della serpeverde con Axel e la reazione al suo tocco che, secondo lui, non era stata positiva? Domande, sempre più domande che per ora decise di accantonare.
    Su cosa mento? Posso mentire su tante cose. Sebbene solitamente schietto, Aiden non esitava a mentire se la situazione lo richiedeva, pur di raggiungere il suo scopo. Il suo volto poi, impenetrabile e privo di emozioni, facilitava ulteriormente la sua capacità di ingannare e confondere il prossimo. «Mento quando mi conviene.» Scrollò le spalle e rise debolmente, scuotendo la testa, quando Frreya gli chiese se non sarebbe diventato anche lui un teppista come tanti altri della loro Casa. «Non credo, ma mai dire mai, no?» L'imprevedibilità della vita era un dato di fatto. Perfino l'individuo più puro e ingenuo, se sottoposto a ripetute ferite e tradimenti, poteva soccombere alla crudeltà. «Nel caso lo diventassi» Fece un passo avanti, accorciando la distanza che li separava. «non ti piacerei più?» Capì di aver formulato la domanda in modo ambiguo, solo dopo averla pronunciata, lasciando spazio a fraintendimenti. Era come se, dopo aver preso coscienza dei suoi sentimenti per lei, si ritrovasse a comportarsi in maniera contraddittoria, guidato dalle emozioni del momento. Forse era meglio cambiare argomento: le raccontò, quindi, di come aveva scoperto di essere un rettilofono. L'eccitazione era palpabile, non solo nel tono vibrante della sua voce, ma anche nei tratti del suo viso, ora più distesi e rilassati. «Perché no!» Così avrebbero passato più tempo insieme. «Per me non è strano anzi, sono felice di sapere cosa pensa.» Nonostante avesse percepito solo frammenti dei pensieri di Lilith, per Aiden era sufficiente a rafforzare la sua determinazione nell'apprendere il Serpentese. Il suo obiettivo era padroneggiare questa lingua e stabilire un ponte di comunicazione con i suoi simili. Il controllo su di loro non era minimamente contemplato; desiderava semplicemente comprenderli e farsi comprendere. «Non ho mai fatto la doccia davanti a lei, al massimo mi sono cambiato una maglietta. Per il resto, mi comporto come sempre, anche perché non rieso ancora a capire tutto quello che dice. Solo qualche parola.» Più avanti, quando sarebbe stato in grado di intrattenere una conversazione completa con la sua vipera, dei possibili cambiamenti nel suo modo di relazionarsi con lei ci sarebbero potuti essere. Tuttavia, per il momento, la loro interazione rimaneva pressoché invariata.
    L'entusiasmo per i serpenti e il suo talento, uniti all'emotività provocata da Freya, lo spinsero a confessarsi con un sorriso sulle labbra. Un sorriso che si spense lentamente di fronte alle parole di lei. Si aspettava un rifiuto, non che mettesse quasi in dubbio le sue parole. Come poteva dirlo, gli aveva chiesto. Socchiuse gli occhi, fece due passi avanti, violando il suo spazio personale, fino ad arrivare a un centrimentro dal suo viso. La fissò con uno sguardo intenso, carico di emozioni contrastanti. «Lo so perché è quello che provo.» Quello che sento quando sono con te. Era felice, a suo agio, sereno. La vita, si ritrovò a pensare in quel momento, era davvero strana. Nei suoi calcoli, tutto aveva previsto nel suo trasferimento in quella scuola, tranne di provare un tale turbamento emotivo per qualcuno. Eppure eccolo lì, privo della sua consueta razionalità, soggiogato da un'irrazionalità che lo comandava a sua insaputa. Con un ultimo sprazzo di audacia, portò la mano al suo volto e sfiorò la sua guancia con una carezza lenta e delicata. «Ne sono sicuro. Che sei bella è un dato oggettivo, Freya, ma quello che mi piace di te è ben altro. Mi piace anche come sono io con te.» La guardò per dei lunghi istanti, sorridendo, poi la mano poggiata sul suo volto scivolò via lentamente. Così sono queste le emozioni causate da un amore non corrisposto: eccitazione, felicità, desiderio, mancanza, rabbia, rifiuto e tristezza. E io le sto provando tutte adesso.



    Edited by Aiden; - 11/4/2024, 00:41
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    Aiden inclinò il capo, le sopracciglia si incresparono appena, formando una piega quasi impercettibile sulla fronte e le palpebre si abbassarono leggermente. Spike gli aveva appena chiesto di diventare un suo alleato. Perché non era dato saperlo. L' uomo, infatti, non si era sbilanciato più di tanto; inoltre, le informazioni che gli aveva appena rivelato sarebbero state utili solo nel caso in cui Aiden avesse deciso di accettare la sua proposta. Il serpeverde, tuttavia, non era incline ad agire impulsivamente, preferendo ponderare attentamente i pro e i contro di ogni situazione. Decise, pertanto, di riformulare la domanda in modo diverso. «Spike» Fece una pausa, cercando le parole giuste per esprimere il suo pensiero. «per poterti dare una risposta definitiva, avrei bisogno di qualche dettaglio in più sul ruolo che dovrei ricoprire come tuo alleato.» Era qualcosa di illegale? Doveva forse spiare qualcuno a scuola, assumendo un ruolo da infiltrato? Oppure, ancora più pericoloso, doveva fungere da esca per attirare qualcuno in una trappola? Vorrei tanto farlo.Aiden era attratto dalla possibilità di vivere situazioni analoghe a quelle descritte nei libri nella vita reale; non gli bastava, infatti, immaginare le sensazioni di quei personaggi fittizi, desiderava sperimentarle in prima persona perché il suo studio ruotava attorno agli umani e alle loro emozioni. Non a caso, si era recato in quel locale, desideroso di osservare persone diverse da quelle che frequentava a scuola per arricchire la sua ricerca. Voleva studiarne di "strane", come lui. E Spike dava l'impressione di essere tra queste. Gli chiese, poi, se avesse familiarità con i sentimenti umani. La sua risposta lo incuriosì non poco. «Per qualche anno ho odiato an che io i miei simili, ma ho deciso di dargli una seconda possibilità. Non sono tutti cattivi.»Lo sguardo di Aiden si velò di un'ombra di tristezza. Per qualche attimo, i suoi occhi si fissarono su un punto indefinito dello spazio, come se stesse scrutando un passato doloroso. I ricordi degli abusi subiti riaffiorarono nella sua mente, vivi e pungenti come ferite mai completamente guarite. I legami che stava stringendo a Hogwarts, però, lo stavano aiutando a fidarsi di nuovo degli altri. «Le altre le sto ancora studiando.» Erano tante, le emozioni. Forse anche troppe.
    Non aveva risposto adeguatamente alla domanda di prima perché lo stava mettendo alla prova. Interessante. Aiden sorrise meccanicamente di fronte alla sua richiesta: voleva che gli raccontasse nel dettaglio di quello che succedeva a scuola. Perché? Qual era il suo scopo? Dalle sue parole, Aiden intuì che, per il momento, non avrebbe ottenuto alcuna risposta a quella domanda. «Perché dovrei farlo? Cosa ci guadagno?»Un uomo con cui aveva scambiato poche parole, quasi un estraneo, gli aveva fatto una proposta inaspettata: diventare la sua spia. Era un'offerta intrigante, senza dubbio, ma Aiden era abituato a diffidare di chi non conosceva bene. Dopotutto, perché qualcuno che conosceva a malapena avrebbe dovuto sceglierlo per un compito così delicato? Certo, la possibilità di osservare e studiare da vicino il comportamento di un individuo così singolare come quell'uomo era allettante. Tuttavia, prima di accettare la proposta, Aiden necessitava di chiarire alcuni punti cruciali, soprattutto dopo la menzione della parola "morte" da parte di Spike. Perché qualcuno sarebbe dovuto morire? Hogwarts non era più un luogo sicuro? La faccenda si complicava sempre di più. «Parli come se sapessi qualcosa. Non mi dirai niente a riguardo?»Proabilmente no, ma glielo chiese ugualmente. Questa situazione potrebbe essere pericolosa, forse dovrei andarmene.La scelta più saggia sarebbe stata, appunto, quella di alzarsi e andarsene, lasciandosi alle spalle le assurde richieste di quel soggetto. Ma Aiden era curioso, aveva sete di conoscenza, voleva sapere tutto, indagare. E scoprire i segreti del Mondo Magico. «Ho bisogno di qualche dettaglio in più. In fondo, sei un estraneo, come lo sono io per te. Perché vuoi affidarmi un compito così importante?» Sostenne il suo sguardo senza timore. Era una domanda lecita, quasi doverosa, la sua. D'altronde, era improbabile che qualcuno accettasse una richiesta così insolita e pericolosa senza un'adeguata spiegazione. Era tutto così fuori dal comune, così inusuale, eppure il serpeverde si sentiva perfettamente a suo agio. Forse perché aveva trovato qualcuno più strano di lui. Un suo simile.
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    aiden
    Quando Aiden aveva unito il suo corpo con quello di un altro essere umano, lo aveva fatto per capire cosa si provasse nell'avere un unione così intima con la speranza di provare quelle emozioni forti di cui aveva tanto sentito parlare. Eppure, al termine di ogni incontro, si sentiva vuoto, come se mancasse qualcosa di fondamentale. Le emozioni che provava erano intense, sì, ma rimanevano confinate al livello fisico, senza mai toccare l'anima. Erano incontri fugaci, spesso avvenuti per caso con ragazze che aveva conosciuto in un bar in cui si era fermato a bere. La sua aura di mistero e la sua stranezza attiravano l'attenzione delle ragazze, che lo guardavano con curiosità e talvolta con timore. Alcune ridevano di lui, altre lo scansavano, mentre altre ancora, incuriosite dal suo comportamento, tentavano di approcciarlo per capirlo meglio. Ma Aiden, in quel periodo, non desiderava legami con i suoi simili. Preferiva la solitudine e la compagnia silenziosa dei serpenti. Solo di tanto in tanto si avventurava in quei luoghi affollati, attratto dal brulicare di umanità. Era come un osservatore silenzioso, un antropologo che studiava il comportamento delle persone, le loro interazioni, le loro emozioni. E tra queste, le ragazze rappresentavano un enigma affascinante che non poteva esimersi dal contemplare. Questo era anche dovuto al Sig.Depp che gli aveva sempre ripetuto quanto complicate fossero le donne e le emozioni, e Aiden aveva dovuto ammettere che, in parte, il suo mentore aveva ragione. Un esempio era proprio il suo primo caso studio: Freya. Quella ragazza era interessante da studiare, eppure da qualche tempo era diventata più di quello perché, oltre la raccolta di informazioni e la palese attrazione che sapeva di avere per lei, aveva inziato a provare delle emozioni. Quell'irrazionalità che tanto anelava lo spingeva ad agire in modo impulsivo. Per questo, d'improvviso, si era avvicinato alla serpeverde, sfiorandole la mano e toccandole il viso. I suoi occhi neri la fissarono, studiando ogni reazione, ogni movimento. Le pupille di lei si dilatarono per la sorpresa, le spalle si irrigidirono, il disagio era evidente. Quel gesto inaspettato l'aveva colta impreparata. Aiden socchiuse le palpebre e fece un passo indietro. Sì, aveva capito qualcosa toccandola in quel modo. Ma la sua comprensione si era ampliata osservando la sua reazione, soprattutto considerando la sua frequentazione con Axel. Quel gesto non doveva esserle piaciuto.Questa era la conclusione a cui era arrivato. Quello che sto provando adesso cosa è? Dispiacere? Perché? In fondo, me lo aspettavo. Il suo dispiacere, capì poco dopo, era dovuto alla cosiddetta "inutile speranza": un sentimento umano comprensibile, il desiderio di aggrapparsi a una possibilità, anche se flebile, di cambiamento o di un esito positivo nonostante la curda realtà dei fatti. Razionalmente parlando trovava quel sentimeno privo di senso, eppure l'aveva provato lo stesso. Era un passo avanti nel capire di più le emozioni umane. «Si, mi piace studiare le reazioni degli altri ma non mi sono avvicinato solo per questo.» Tanto valeva essere onesti e liberarsi di questa irrazionalità che lo aveva colto. La situazione che lui stesso aveva creato era singolare, e nutriva dubbi sulla scelta giusta da intraprendere. A questo punto, perché non lasciarsi andare all'impulsività? Le persone impulsive si lasciavano travolgere dai sentimenti, e questo era ciò di cui lui aveva bisogno. «L' ho fatto perché davanti a me ci sei tu, Freya. Con te provo delle emozioni mai sentite prima.» I tratti robotici del suo viso si addolcirono, renendo la sua espressione più umana. Il battito cardiaco accelerò e un calore singolare si diffuse all'altezza del petto. Sì, se considerava ciò che aveva assimilato da film e libri, la ragazza davanti a lui doveva piacergli. Per adesso, non glielo disse direttamente. Tacque e cambiò discorso. Perché? Forse per sentire la risposta dopo o per semplice autoconservazione. «Alcune persone dicono di no per sembrare coraggiosi, tipo i grifondoro. Altri mentono. Non è scontata la risposta.» Nessuna risposta lo era. Ogni indivuduo era un caso a sé stante. Ad Aiden, però, la schiettezza e la sincertà di Freya piacevano particolarmente. Eppure, durante la cena con delitto, la stessa Freya che si mostrava così trasparente, in quell'occasione aveva mentito con abilità. Quando lo faceva? In quali circostanze? E perché? Le domande che si affollavano nella sua mente non erano più generiche riflessioni sulla natura umana. Erano domande specifiche, mirate a un'unica persona. Sì, questa ragazza mi piace. I suoi occhi si posarono su di lei e l'ascoltò parlare con spiccato interesse. «Si e no. Non sappiamo se l'evasione di massa della Vigilia è collegata all'omicidio della Lovecraft. Potrebbe anche essere stata una sfortunata coincidenza.» Senza dati oggettivi, formulare ipotesi concrete sugli eventi accaduti era quasi impossibile. Lasciarsi prendere dal panico, quindi, era prematuro: le probabilità di una Terza Guerra Magica erano pouttostto basse perché i suoi simili avevano imparato dagli errori del passato, no? Teoricamente così avrebbe dovuto essere, ma la storia aveva dimostrato il contrario.
    Mentiva? A volte sì, anche se non era una sua abitudine. Nonostante la sua natura schietta e diretta, in alcune circostanze Aiden ricorreva alle bugie bianche, come le aveva definite Freya. Lo faceva principalmente per osservare come le persone reagivano a determinate informazioni, misurando le loro emozioni e i loro pensieri. «Qualche volta.» Abbassò le ciglia, la mente immersa in un vortice di ricordi. Le bugie, le omissioni, tutte le volte in cui aveva ingannato i suoi genitori adottivi per ottenere ciò che desiderava o per sfuggire alle loro domande. Un rapporto di reciproca convenienza, privo di affetto, una sorta di neutralità che li teneva legati. Chissà che rapporto aveva con i suoi Rain, la rossa che da qualche settimana era diventata la sua tutor fissa. «Non posso darti torto.» Un sorriso singolare si dipinse sulle labbra di Aiden. Non solo le parole usate per descrivere la Scarmander lo divertivano, ma anche la reazione di Freya nel sapere che sì, era in grado di parlare con i serpenti. Era la prima persona a cui aveva confessato di possedere quella particolare abilità, perché era stato il primo umano, oltre a lui, a cui Lilith si era avvicianto. E anche perché gli piaceva. Ma ora che cosa avrebbe dovuto fare con questa nuova informazione? Renderla nota o no? In fondo, già prima le aveva fatto capire qualcosa, forse era meglio seguire quel detto babbano che diceva di "prendere il toro per le corna." Dopo, adesso è meglio parlare dei serpenti, è più facile. «Mi sembra di sentirli parlare nella mia testa, capisco qualche parola, ma non sono ancora in grado di capirli del tutto o di fare un discorso lungo.» Doveva iniziare a parlare con la sua vipera più spesso, a intavolare conversazioni più lunghe e complesse. Era l'unico modo oggettivo per praticare una lingua che gli era innata, un dono che non poteva ignorare. Avrebbe sicuramente consultato dei libri in biblioteca sull'argomento: dovevano esserci dei testi antichi che descrivevano il Serpentese, la lingua dei serpenti, e le sue peculiarità. Forse, in quelle pagine ingiallite dal tempo, avrebbe trovato la chiave per comprendere meglio questa sua abilità e per sfruttarla al meglio. «Dovrò esercitarmi e finalmente capirò Lilith!» I suoi occhi neri, solitamente inespressivi, si accesero di una luce nuova. Un'umanità inaspettata si dipinse sul suo volto, quasi un accenno di un sorriso sincero. Una strana euforia lo pervase al pensiero di poter finalmente stringere un legame reale con i suoi amici. Non sarebbe mai più stato solo. E anche se, in futuro, avesse deciso di tagliare i ponti con i suoi simili, sapeva che avrebbe sempre potuto contare su di loro. E forse fu proprio quell'euforia sconosciuta a spingerlo ad agire d'impulso. Un'ebbrezza nuova, mai provata prima, che gli annebbiava il giudizio e lo rendeva incapace di ragionare lucidamente. «Studiandoti ho capito che mi piaci.» E poi sorrise. Un sorriso sincero, spontaneo, come un normale essere umano. In quel momento stava vivendo l'irrazionalità umana che tanto aveva cercato. Era una sensazione nuova, quasi inebriante, ma il rifuto lo sarebbe stato altrettanto? Perché Aiden sapeva quale sarebbe stato l'esito della sua ammissione. Lo sapeva dall'inizio.




    Edited by Aiden; - 9/4/2024, 22:08
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    Spike sosteneva di essere uguale ad Aiden, ma era davvero così? Come poteva esserne sicuro dopo solo un'ora di conversazione? Aiden inclinò meccanicamente la testa di lato, osservandolo con lo stesso sguardo fisso e privo di espressione che aveva appena menzionato. Era vero, anche i suoi occhi erano vuoti e, in generale, la gente li avrebbe considerati due tipi strani. Ma da qui a dire che erano uguali, ce ne voleva. Forse "simili" sarebbe stata la parola più appropriata, ma anche questa non era del tutto calzante. La loro somiglianza si limitava a gesti ed espressioni, nulla di più. La logicità di quell'affermazione sarebbe dipesa da una conoscenza più approfondita, in quanto due persone, per essere considerate uguali, avrebbero dovuto quantomeno condividere un vissuto simile e, almeno per adesso, nessuno sapeva della vita dell'altro. Tuttavia, ciò che incuriosì maggiormente Aiden fu il fatto che Spike lo ritenesse un alleato. «Un alleato per cosa esattamente?»Chiese, finendo il whisky nel suo bicchiere tutto d'un fiato. Che tipo di alleato intendeva l'uomo davanti a lui? Uno di vita, che avrebbe capito le sue stranezze? Oppure qualcuno con cui condividere un progetto, un'ambizione? Le possibilità erano svariate, ma solo Spike avrebbe potuto dare una risposta concreta al suo interrogativo. Sempre che avesse deciso di essere sincero e non dirgli una bugia. I suoi simili erano soliti mentire, soprattutto nelle circostanze in cui si trovavano loro perché era più facile mentire a un estraneo. Aiden ne era consapevole, mentre osservava il brusio che lo circondava. Il locale era pieno di persone, ognuna immersa nel proprio mondo, inconsapevole della sua presenza. La musica del piano, prima soave e malinconica, era stata sostituita da un ritmo più energico e vivace. Alcune coppie si alzarono dai tavoli, iniziando a ballare con movenze inusuali ma con un'evidente gioia sui volti. Sembravano completamente a loro agio nella loro stranezza, liberi da qualsiasi giudizio o pregiudizio. Si ritrovò a rilassare le spalle di riflesso, mentre un sorriso quasi robotico si formava sulle sue labbra. Spike aveva ragione: quel posto era un rifugio per tutti coloro che si sentivano diversi, un luogo dove potersi esprimere liberamente senza la paura di essere giudicati. «Qui chi è diverso viene accettato. E poi hai ragione, Spike, il Whisky è decisamente meglio di quello della Testa di Porco. Se torno, ti trovo sempre qui? » Dopo quella conversazione, avrebbero anche potuto non rivedersi mai più; questo era il destino comune di due estranei che si incrociavano per un breve lasso di tempo, per poi perdersi nuovamente nella vastità del mondo. Oppure, se entrambi avessero preso l'abitudine di frequentare quel locale, le possibilità di incontrarsi si sarebbero moltiplicate. Forse, una volta a settimana, si sarebbero ritrovati a sedere allo stesso tavolo, nello stesso punto, a parlare di chissà cosa. Chi poteva dirlo. "Che mi dici di te?" La domanda era un po'generica. Si appoggiò allo schienale della sedia, le dita intrecciate a cullare il mento. Che poteva dirgli di sé? Del suo amore viscerale per i serpenti, creature sinuose e affascinanti che lo incantavano fin da bambino? Che era orfano? O forse sarebbe stato meglio parlare di hobby innocui, di passeggiate nella natura o di libri divorati con avidità? «Mi piace suonare l'arpa ed è il mio primo anno qui ad Hogwarts. Adoro i serpenti e odio i colori sgargianti. »Inizialmente si limitò a parlare di argomenti generici per poi azzardare una domanda che avrebbe stranito molti, ma che Aiden era certo avrebbe stuzzicato la curiosità di Spike. «Sto studiando le emozioni umane, tu le conosci?»Analizzare i sentimenti irrazionali dei suoi simili era rivelato più difficile del previsto .Le teorie formulate nei tomi accademici, pur offrendo una solida base di partenza, si applicavano solo in parte al comportamento umano. Le emozioni, nella loro irrazionalità e imprevedibilità, sfuggivano spesso alle rigide categorie e alle spiegazioni razionali. Aiden, così, si era trovato di fronte a un labirinto di contraddizioni, in cui le azioni non sempre rispecchiavano le parole e le motivazioni rimanevano oscure e insondabili. Quell'uomo, quindi, grazie alla sua esperienza, poteva forse aiutarlo?
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    aiden
    «Un semplice giro.» Rispose così alla domanda che Freya gli porse. Non specificò che il reale motivo per il quale si trovava lì era per scoprire se nella sua testa, oltre alla voce di Lilith, riuscisse a sentire anche quella di altri serpenti. Cosa che, tra l'altro, aveva appena confermato. Aveva sempre avuto un legame profondo con i serpenti, tanto da avere un controllo precario sulla sua rabbia quando qualcuno provava a ferirli deliberatamente. Il suo primo scatto d'ira lo aveva avuto all'età di otto anni. Dopo aver capito che i suoi simili non lo avrebbero mai accettato, Aiden aveva preso le distanze da loro, preferendo passare il suo tempo con quei rettili che, da quando era arrivato in orfanotrofio, non lo avevano mai lasciato solo. Poco distante dalla struttura, c'era un lago e, a qualche metro dalla riva, una biscia d'acqua aveva deposto le sue uova. Si erano tutte schiuse, tranne una. Aiden si recava lì ogni giorno carico di aspettative: aveva sempre sognato di assistere in prima persona alla nascita di un serpente. Questo, purtroppo, non avvenne perché un bambino che lo odiava fece a pezzi l'uovo. Qualche ora più tardi, il suo corpo senza vita galleggiava sull'acqua. Era affogato. Non ricordo se è stato un incidente o meno, so solo che erano molto arrabbiato. Il Sig.Depp mi ha detto di non dire niente a nessuno. Quindi non posso dirlo nemmeno a Freya. La fissò per qualche attimo. I suoi occhi, a differenza dei suoi, erano chiari. Gli piacevano. Si avvicinò di qualche passo e, senza pensarci, le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, sfiorandole poi la guancia destra con le dita. La sua pelle era liscia e morbida come ricordava. Ritrasse lentamente la mano e inclinò leggermente il capo, studiando minuziosamente le sue labbra mentre parlava. Voglio baciarla. Fece uno, due, tre passi avanti poi si bloccò. Che stava facendo? Perché il suo corpo si muoveva da solo? Questa reazione istintiva era dovuta all'attrazione che provava nei suoi confronti? Probabile. Gli sarebbe piaciuto seguire il suo istinto e analizzare le sensazioni che quel bacio gli avrebbe regalato, ma non lo fece. Freya stava frequentando il suo compagno di stanza e lui non voleva perdere il suo primo caso studio. Questo, tuttavia, non gli impedì di raccogliere i dati che gli servivano in un altro modo. «No, niente di tutto questo. Voglio toccarti per capire cosa provo quando lo faccio.» Aveva lo sguardo fisso su di lei. A quelle parole, seguirono i fatti: le accarezzò l'interno della mano sinistra mentre, con la mancina, le schiuse le labbra. Il battito del suo cuore aumentò, le pupille si dilatarono e il suo respiro si fece più pesante. Aveva avuto le sue risposte. «Adesso ho capito.» Si allontanò gradualmente senza smettere di guardarla. Aveva tutta la sua attenzione. «Se ti ha dato fastidio dimmelo. Non lo farò più.» Le piaceva toccarla e gli sarebbe piaciuto continuare a farlo, ma gli era stato insegnato a rispettare il volere altrui, pertanto lo avrebbe fatto solo se l'altra persona glielo avesse concesso. Dubitava che Freya gli avrebbe permesso di prendersi una tale libertà in futuro vista la situazione attuale, ma Aiden contava di chiudere quella breve parentesi di irrazionalità dopo averle espresso, a voce alta, i suoi sentimenti. Quelli che era riuscito ad analizzare almeno.
    «Penso di sì.» La sera della Viglia oltre all'omicidio della Lovecraft c'era stata un'evasione di massa. Azkaban non era più un luogo sicuro, come poteva esserlo Hogwarts? Là fuori qualcosa si stava muovendo e, presto o tardi, il Mondo Magico sarebbe piombato nel caos. Per Aiden era solo questione di tempo. «Non lo escludo. Questa cosa ti fa paura?» Freya sembrava non avere paura di niente. Si era sempre mostrata sicura di sé e incurante del pericolo, soprattutto quando era in campo. L'aveva osservata durante le partite di Qudditch: impavida, volava sulla sua scopa a velocità supersonica, lanciandosi in picchiata e facendo piroette in aria. Respirava la libertà. Freya era istintiva, impulsiva, irrazionale ed era proprio quell' irrazionalità che Aiden voleva studiare, perché era da lì che avevano origine le emozioni umane. La paura, tra l'altro, secondo la classificazione di Paul Erkman, apparteneva ad una delle sei emozioni primarie insieme alla rabbia, la gioia, la tristezza, la sorpresa e il disgusto. «Hai mai mentito a qualcuno?» Pensava che Freya non sapesse mentire, invece era piuttosto brava a farlo. Una parte di lui si risentì di quella scoperta. La ragazza davanti a lui era sempre stata schietta e sincera, ma avrebbe continuato ad esserlo in futuro? Le sue, forse, erano solo congetture che non avevano ragion di essere, anche perché, se Freya fosse stata una bugiarda, non avrebbe mai potuto provare per lei quegli strani sentimenti. Analizzare le ragioni di una bugia era ben diverso dall'accettarla. A quanto pare neanche a lui piacevano i bugiardi. «Alcune lezioni mi interessano più di altre. Rain mi dà ripetizioni qualche volta. Siete amiche, giusto?» La rossa era un tipo insolito. Inizialmente non gli aveva fatto una bella impressione poi, col tempo, aveva capito che dietro quel suo fare così arrogante si nascondeva una ragazza fragile e bisognosa di affetto. «Vuoi sapere come va il mio studio su di te?» Era chiaro, ormai, che Freya fosse un suo caso studio. La serpeverde era piuttosto sveglia e dopo essere diventanti amici era giusto che sapesse della sua raccolta dati. Si inumidì le labbra con la lingua e la guardò, pensando a qualcosa di interessante da dirle. «Credo di poter parlare con i serpenti.» Sul suo viso si intravide l'ombra di un sorriso. Forse sono un rettilofono, chissà se ad esserlo era mia madre o mio padre. Sapeva tutto di quella rara e speciale abilità: in fondo, il suo sogno era sempre stato quello di poter comunicare con i suoi amici rettili. «Raccontami qualcosa anche tu, Freya.» La guardò intensamente abbassando di un ottava il tono della voce. C'era qualcosa che voleva sapere ma, almeno per adesso, si astenne dal chiederglielo direttamente.



    Edited by Aiden; - 9/4/2024, 22:10
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    Un rompicapo è un passatempo che consiste in un problema o in un enigma che mette alla prova l'ingegno di chi è chiamato a risolverlo. Aiden, insieme al Sig.Depp, si era spesso cimentato nella risoluzione di questi enigmi. Uscire da un labirinto, in un certo senso, rientrava all'interno di questa categoria. Non avendo potuto vivere in prima persona questa incredibile esperienza, Aiden aveva letto libri di persone che lo avevano fatto. Il suo preferito era il racconto di Teseo e il Minotauro. «No mai, tu?» Guardò Kynthia con la coda dell'occhio. Nel mentre, poggiò la mano contro la parte e porse quella libera alla grifondoro affinché la stringesse. Per qualche istante non disse nulla, si limitò ad osservare la mano che aveva teso verso di lei. Declinò poi l'invito e si mise davanti a lui. Aiden annuì con un cenno del capo alle sue parole e, insieme, cominciarono ad avanzare.
    Dopo essersi liberati del primo ostacolo, il Tranello del Diavolo, e aver migliorato la loro visione notturna grazie ad un incantesimo scagliato da Kynthia, finalmente giunsero al centro del labirinto. Di fronte ad un enorme masso c'era il Mooncalf che stavano cercando. L'animale in questione era stato ingannato dalle proiezioni prodotte dall'incanto Imaginem e, adesso, si dimenava a mezz'aria.. «Forse sì, aspetta che controllo.» Infilò le mani nelle tasche della giacca della divisa e, per sua fortuna, vi trovò una caramella a limone in quella destra. La aprì e la offrì al Mooncalf che, cauto, avvicinò il muso alla sua mano. Annusò il cibo offerto, lo mangiò e, finalmente, smise di dimenarsi. Aveva capito che non gli avrebbero fatto del male. «Possiamo andare.» Meccanico si rivolse alla sua partner. . «Reducio.» Rimpicciolì il Mooncalf e lo prese in braccio con delicatezza. Insieme a Kynthia, si accinse a fare il percorso a ritroso. Le scarpe affondavano nel terreno, l'aria era umida e la sua mente continuava a dirgli che c'era qualcosa c'era qualcosa che non andava. Il piccoletto che aveva tra le braccia era irrequieto. Perché era così agitato? Di cosa aveva paura? «Che tu sappia, i Mooncalf sono sensibili al pericolo?»In natura, alcuni animali riescono a percepire un pericolo imminente prima degli umani grazie ai loro sensi più sviluppati. Per i suoi simili, i Mooncalf erano creature stupide; di conseguenza, non dotate delle sopracitate abilità. Aiden, tuttavia, avrebbe voluto dissentire, ma non aveva alcuna prova a sostegno della sua tesi. Non ne aveva neanche adesso che, davanti a loro, era apparso un Hodag. Era stato un caso? Oppure il Mooncalf aveva percepito, già da prima, il precursore di quell'imminente pericolo? Quella creatura con la testa di un rospo e i grandi occhi rossi, fissava con insistenza l'animale che aveva tra le braccia. Aiden fece un passo indietro, non gli avrebbe permesso di ucciderlo. Non ebbe neanche il tempo di formulare quel pensiero che l'Hodag prese ad avanzare ad una velocità impressionante verso il Mooncalf. «Serpensortia.» Pronunciò quella formula tre volte con voce atona. I quattro lunghi serpenti neri caddero pesantemente a terra e si rizzarono, pronti a colpire. Circondarono l'Hodag che, sentendosi minacciato, si scagliò contro uno dei serpenti, uccidendolo davanti ai suoi occhi. Uno dei suoi amici non era sopravvissuto. Il suo cadavere giaceva lì, inerme, mentre gli altri due serpenti sibilavano ricolmi di rabbia. Quel sentimento si stava impossessando anche di lui. Questa emozione la conosco bene. L'ho provata quando Nick ha ucciso con un sasso un serpente appena nato. Cosa ho fatto allora? Ah sì, è successo quello spiacevole incidente. «Engorgio.» Le dimensioni degli altri due serpenti aumentarono notevolmente. Stese le labbra in una linea sottile e, quasi come se i serpenti avessero intuito le sue intenzioni, presero ad attaccare la creatura attaccare fino alla morte. Non seppe se furono i serpenti se ucciderlo visto che Kynthia intervenne. Scosse il capo, avevano un compito da portare a termine e lui, stupidamente, si era lasciato quasi dominare dalla rabbia nel momento meno opportuno. Avrebbe voluto fermarsi qualche attimo per analizzare quella emozione. A cosa era dovuta? Perché diventava quasi un'altra persona durante i suoi scatti d'ira? I suoi genitori biologici avrebbero saputo rispondergli? Quelle erano le domande che gli ronzavano in testa mentre, insieme a Kynthia e con ancora il Mooncalf tra le braccia, si allontanava a grandi falcate dall'Hodag - che sperò essere morto - dirigendosi dall'altro lato del labirinto dove, calcolò, dovesse esserci l'uscita. Dentro era ancora un po' scombussolato per ciò che aveva provato in quei brevi attimi, ma non lo diede a vedere. Il Sig.Depp gli aveva detto di mostrare il suo lato peggiore solo a persone di cui si fidava. Esistono persone del genere? Non lo so. Aiden era alquanto diffidente nei confronti dei suoi simili. Voleva studiarli, farci amicizia e condividere con loro esperienze memorabili, ma i giorni che aveva trascorso in orfanotrofio lo avevano segnato. «Siamo una bella squadra, non trovi?» Sorrise in modo strano alla grifondoro mentre accarezzava il capo del Mooncalf che, finalmente, aveva smesso di tremare. Adesso tutto ciò che gli restava da fare era consegnarlo alla docente, dopodiché sarebbe potuto tornare da Lilith per raccontargli della sua giornata, come aveva sempre fatto da quando era diventata sua amica, anche se non poteva rispondergli. O sì? Ultimamente sentiva delle voci quando era con i serpenti. Sapeva a cosa era dovuto ma avrebbe dovuto approfondire la questione.«»



    Aiden Walker, III anno, serperverde
    Interagisce con Ky. Dà una caramella al Mooncalf che si calma, lo prende in braccio e con Ky cercano l'uscita. Appare l'Hodag e Aiden fa apparire tre serpenti pronunciando ripetutamente l'incanto Serpensortia e poi engorgio per rendere i due rimasti più grandi. Ky interviene e dopo si dirigono insieme verso l'uscita.


    Edited by Aiden; - 31/1/2024, 16:43
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    Una volta usciti da quella strana foresta, Kynthia gli lasciò immediatamente la mano. Aiden la guardò con i suoi imperturbabili occhi neri per qualche istante, studiandone il comportamento. A differenza di Freya, la grifondoro non aveva mai invaso il suo spazio personale e, dal gesto che aveva appena compiuto, ipotizzò che un contatto prolungato di qualsiasi tipo avrebbe potuto darle fastidio. Fece, dunque, un passo indietro, tenendo ben a mente che al suddetto caso studio non piacevano le persone troppo fisiche. Dopo aver consegnato l'uovo alla professoressa, gli pose una domanda strana. Perché avrebbe dovuto scomporsi? Aveva subito di peggio. Essere rincorso da un Occamy era stato divertente. «In questo momento le sto studiando, quando le avrò capite, lo farò.»Kynthia aveva utilizzato un'espressione gergale molto interessante per riferirsi ad una persona che, solitamente, non mostra mai quel che prova o che, a giudizio del parlante, è sgombra di emozioni. Aiden sapeva di dare l'impressione di essere un robot, il Sig. Depp glielo diceva sempre, ma che poteva farci? Niente. Doveva ancora ambientarsi in quella strana società, in fondo, era solo da qualche mese che aveva iniziato a rapportarsi con i suoi simili. Ci voleva tempo e lui, di certo, non aveva alcuna fretta. Di dati raccolti velocemente, senza criterio, solo per imitare alla perfezione gli altri non se ne faceva niente. Doveva capire ciò che stava raccogliendo, analizzarne ogni singolo dettaglio, solo così avrebbe potuto comprendere, almeno in parte, l'irrazionalità umana.
    Annuì alle parole della docente che, dal nulla, fece apparire una gabbia con all'interno un Mooncalf. I suoi occhi vuoti incrociarono quelli della creatura che, tremante, si guardava attorno impaurita. Si sentiva in trappola. Non aveva vie d'uscita. Proprio come lui, rinchiuso in quella fredda stanza dalle pareti bianche. Sbatté le palpebre e tornò al presente. Non era il momento di pensare al passato, aveva un compito da portare a termine. Non gli piaceva vedere quel piccolo animale dagli occhi enormi richiuso in una gabbia, ma non disse nulla al riguardo, astenendosi persino dal rispondere alla domanda della Lancaster e dall'ascoltare le risposte degli altri. Questa emozione la conosco. Si chiama fastidio. La sentiva, la stava provando, eppure, l'espressione sul suo volto, non cambiò di una virgola. Forse non era abbastanza forte. Non aveva il tempo per analizzare tutta quella situazione, era tempo di passare all'azione. Erano anche i primi a partire. Si assicurò che la sua partner fosse pronta, poi, con sicurezza, entrò all'interno del recinto che, questa volta, aveva assunto la forma di un labirinto pieno di rovi, simile a quello del Torneo Tremaghi. La luna splendeva alta nel cielo, luminosa e rassicurante, al contrario dei rumori che si udivano in lontananza. Aiden stese le labbra, divertito da quella situazione. Dovevano risolvere un'enigma: trovare il Mooncalf e una via d'uscita visto che, l'arco da cui erano entrati, non c'era più. Applicando la regola del wall-following, poggiò la mano alla parete coperta di rovi e arbusti e allungò l'altro verso la grifondoro. Solitamente avrebbe mantenuto le distanze, ma per non perdersi la cosa più logica da fare era stabilire un contatto. «Potremmo perderci.»Nel caso, le fornì anche una spiegazione. La scelta era sua. Poco dopo, continuarono ad avanzare in silenzio senza una destinazione precisa. Camminarono per un po', svoltarono due volte a destra e una a sinistra, seguendo il muro. D' un tratto, vide qualcosa muoversi davanti a loro. «Forse è lui» Sussurrò a bassa voce alla sua compagna. Insieme, si avvicinarono lentamente all'obiettivo, peccato che Aiden, non volendo, calpestò i rami di una pianta che aveva tutta l'aria di essere il Tranello del Diavolo. E infatti, subito dopo, i suoi viscidi rampicanti si strinsero attorno alle sue gambe. Non si mosse, non parlò, non fece niente, si limitò ad alzare la bacchetta per generare un fascio di luce ma Kynthia fu più rapida. «Così hai saldato il tuo debito.» Provò a scherzare. Non sapeva se ci era riuscito. Vabbè, pazienza, andiamo avanti. Ripresero a camminare, ma il buio insieme alla foschia che aleggiava nell'aria non erano proprio le condizioni ideali per vedere una creatura che, al minimo sentore di pericolo, scappava via. Cosa potevano fare? Non c'era un incantesimo, a parte il Lumos, che potesse migliorare la loro visuale? Non ebbe neanche il tempo di formulare quel pensiero che Kynthia risolse il problema. Voltò meccanicamente il capo verso di lei e la fissò. «Devo imparare anche io questo incantesimo, mi piace.» Senza aggiungere altro e con la mano ancora poggiata alla parete, Aiden avanzò, deciso, verso il centro del labirinto finché non giunse ad uno spiazzo con una grossa roccia in mezzo. Poco distante, il Mooncalf osservava malinconicamente la luna. Che aveva? Gli mancava sua madre, per caso? Se era così, non poteva capirlo. Lui, della sua, non ne aveva mai sentito la mancanza, non sapeva nemmeno chi era la donna che lo aveva messo al mondo. Ma andava bene così, la sua scelta l'aveva fatta e Aiden l'avrebbe rispettata. Però non doveva tornare da lui, per quanto gli riguardava era morta nel momento stesso in cui l'aveva lasciato davanti alle porte di quell'inferno. «Giù.» Nel modo più silenzioso possibile, si stesero per terra e, lenti, iniziarono a strisciare verso la creatura che, ignara, continuava a fissare il satellite. Non voglio metterla nel sacco, dev'esserci un altro modo...Ah sì, giusto. Ora ricordo. Stese il braccio e con voce decisa pronunciò: «Imaginem.» Accanto al Mooncraft apparvero delle proiezioni dei suoi simili. Non appena li vide, iniziò ad eseguire una complicata danza sulle zampe posteriori. Era uno spettacolo meraviglioso, quasi si incantò a guardarlo. Le creature erano davvero affascinanti, tutte, non solo i serpenti. Si scambiò uno sguardo di intesa con la ragazza che aveva di fianco prima di strisciare come una lumaca verso quel piccolo animale così simile ad un vitello. Questo fu quello che fece lui, almeno, visto che Kynthia si era appena alzata in piedi per mettere nel sacco, anzi no, per far lievitare il povero malcapitato. A quel punto, si alzò anche lui, guardandolo mentre si dimenava a mezz'aria. C'era qualcosa che non andava. «Portiamolo fuori di qui, non gli piace questo posto.» O, forse, a non piacergli erano proprio loro. Aveva i suoi dubbi a riguardo; prima l'Occamy e adesso il Mooncraf, qual era il collegamento tra loro?



    Aiden Walker, III anno, serpeverde
    Interagisce con Kynthia. Insieme sono i primi ad andare nel labirinto. Prima si imbattono nell'Tranello del Diavolo che carinamente inizia a stritolare le sue gambe, viene, però, salvato dalla sua compagna che lancia un altro incantesimo per vedere meglio di notte. Camminano ancora, poi arrivano dove sta la pietra. Davanti ci sta il Moon. A quel punto, Aiden lancia un imaginem per trarlo in inganno, si avvicinano e poi Ky lo fa fluttuare in aria . Lui, intanto, fa le sue congetture e.e


    Edited by Aiden; - 25/1/2024, 00:06
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    aiden
    Dopo l'omicidio della professoressa Lovecraft, Hogwarts non era più la stessa. Molti studenti, soprattutto quelli dei primi anni, erano tornati a casa, le regole erano diventate più ferree ed era diventata quasi un'abitudine vedere gruppi di Auror entrare e uscire dallo studio del preside. Come se non bastasse, decine di Mangiamorte erano evasi dal carcere allo scoccare della mezzanotte. Cosa stava succedendo? Il Signore Oscuro era tornato? Qualcun altro aveva preso il suo posto? Il fantasma della Prima Guerra magica infestava le menti dei maghi di oggi, soprattutto di chi, in quella guerra, aveva combattuto o perso qualcuno. I suoi genitori adottivi gli avevano scritto una lettera, dicendogli che se avesse voluto, sarebbe potuto tornare al casa. Aiden aveva rifiutato, non aveva alcuna intenzione di interrompere la sua ricerca. In questi mesi, aveva raccolto molte informazioni utili sui suoi simili, osservandone il comportamento in svariate situazioni e, in un certo senso, si era anche fatto degli amici. Tra l'altro, quello che era successo, non lo tangeva più di tanto. Il corpo senza vita della donna non aveva suscitato in lui nessuna emozione. Era un comunissimo cadavere, che c'era di così sconvolgente? Se ne vedevano ogni giorno, soprattutto nei telegiornali babbani. Ciò che faceva realmente paura, però, non era il cadavere in sé, ma il fatto che l'assassino potesse ancora essere qui a scuola. E io? Ho paura? Non lo so. La sua espressione si incupì. Nella sua mente apparvero le immagini di quel giorno, l'acqua, le urla, la richiesta di aiuto e lui lì, immobile, con i pugni stretti e la mascella serrata dalla rabbia. Quello che era successo era stato un incidente? O aveva voluto che lo fosse? Non sapeva darsi una risposta, era stato travolto da emozioni che ancora faceva fatica a riconoscere, ma di certo non erano belle. Per niente. Il sibilare di un serpente lo distrasse da quei pensieri. Volse lo sguardo verso il basso e osservò il nuovo arrivato: era una piccola biscia nera con delle macchie bianche. Si chinò e le picchiettò la testa, sorridendo appena. Finalmente poteva capire , anche se a tratti, quelli che, da sempre, erano stati i suoi amici. Non gli disse molto, tranne che, ultimamente, il cibo scarseggia. Dispiaciuto di non avere niente da darle, le indicò con il dito un buon posto dove cacciare. Qualche volta ci portava Lilith. Era il suo famiglio, se ne prendeva cura e la nutriva, ma non voleva che la sua vipera si snaturasse al punto tale da diventare un animale da compagnia nel senso stretto del termine. Un giorno, se glielo avesse chiesto, l'avrebbe liberata; non doveva dimenticare, quindi, di essere un predatore.
    Si alzò e riprese a camminare, girovagando senza meta per i giardini del castello. Poco dopo, in lontananza, scorse il profilo di una ragazza alta dai lunghi capelli castani con un pipistrello al seguito. Freya e Vlad. Li raggiunse in poche falcate e, quando fu faccia a faccia con la ragazza del divano, alzò all'insù le labbra e la salutò. «Ciao Freya, come stai?» Posò poi i suoi occhi neri sull'animale che, rispetto all'ultima volta che lo aveva visto, era aumentato di taglia. «Vlad stai diventando enorme.» Commentò allungando una mano per accarezzargli l'addome. Era stato con lui tutta l'estate, da quando erano tornati a scuola, però, a causa dei suoi impegni, non aveva potuto fargli visita spesso. Un po' gli era mancato. E il suo caso studio? Meccanicamente, incrociò lo sguardo con quello della serpeverde. Inclinò leggermente il capo di lato, studiandola per dei lunghi istanti, prima di formulare, nella sua mente, una risposta: non lo so. In quei mesi, aveva raccolto abbastanza dati su di lei ed era diventata sua amica. Però, quando stavano insieme, provava una strana sensazione; per esempio, quando lo toccava, si soffermava sul calore del suo corpo e, spesso, si era chiesto cosa avrebbe provato se, tra di loro, ci fosse stato un contatto più intimo. Si trattava palesemente di attrazione, questo lo aveva capito già da tempo. Non a caso, qualche volta, gli aveva educatamente guardato il fondoschiena senza che se ne accorgesse. Era piuttosto discreto in queste cose, almeno in pubblico. Gli avevano insegnato a mantenere un certo decoro davanti agli altri, mentre in privato poteva fare quello che voleva se gli era concesso. Eppure, in questo caso, c'era qualcos'altro oltre l'attrazione, almeno da parte sua. Si era forse infatuato? Anche se fosse, aveva forse importanza? La ragazza davanti a lui stava frequentando il suo compagno di stanza, Axel, quindi che senso aveva analizzare i suoi sentimenti? Il finale era già stato deciso. Se voglio capire le emozioni umane, però, devo sperimentare diverse situazioni. Con questo pensiero in testa, le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e poi si mise la mano in tasca. Ho compiuto un gesto irrazionale, interessante Dentro sentiva qualcosa, ma fuori aveva la sua solita espressione impassibile. «La scuola è un caos in questi giorni, non credi?» Era curioso di sapere come stava affrontando la situazione; in fondo, in quella cena con delitto, era lei che aveva dovuto interpretare l'assassina. A proposito, non si era congratulato per la vittoria, doveva rimediare. «Mi sono dimenticato di dirti che sei stata brava alla cena. Ricordo che non ti piacevano i bugiardi, però te la cavi a mentire.» Troppo diretto? Forse se non sorrido si offende. Stese le labbra, così da far apparire il suo singolare sorriso per evitare fraintendimenti.



    Edited by Aiden; - 9/4/2024, 22:02
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    L'uomo che aveva davanti gli sembrava di un'altra epoca. Vestiva con abiti che non andavano più di moda, per il luogo in cui erano, tra l'altro, fin troppo formali mentre il modo in cui parlava gli ricordava gli scrittori di fine Ottocento. A volte, si rivolgeva a lui usando la terza persona altre, invece, la seconda come facevano tutti. Non aveva mai avuto a che fare con persone di questo tipo. Sono curioso adesso. Sei un soggetto singolare.. Poggiò i gomiti sul tavolo e si sporse in avanti, fissandolo per qualche secondo senza dire niente. In viso aveva qualche leggera ruga d'espressione ma, nell'insieme, non doveva avere più trentacinque anni. Forse era un'anima vecchia, una persona che, in qualche modo, apparteneva a un altro tempo, il che poteva dipendere da una serie di cose: la famiglia, le esperienze di vita, l'educazione ricevuta, gli amici. Tutto ciò aveva influenzato anche la sua, di vita; se voleva, quindi, davvero capire i suoi simili, avrebbe dovuto fare domande pertinenti. Tuttavia, come spesso accadeva, si astenne dal farlo, non solo per educazione, ma anche perché, di fronte a lui, non c'era un soggetto di analisi. Lo straniero lo aveva semplicemente incuriosito, così come tutti i clienti di quel posto. Persone insolite. Strambe. Folli. «E anche se fosse? Cosa cambia? Volevo solo sapere il tuo nome, o preferisci che ti chiami straniero? » Se, come aveva detto, non si fossero mai più rivisti, avrebbe comunque ricordato di aver trascorso delle ore seduto a un tavolo a parlare con lui. Non ebbe, quindi, nessun problema ad esporre il suo punto di vista. Dopo un po', però, glielo disse: si chiamava Spike. Stese le labbra, mostrando il suo personale sorriso, e annuì, poggiando la schiena contro lo schienale della sedia. Era un po' scomoda e il locale aveva bisogno di qualche aggiusto ma, nel complesso, non era male. C'era una bella atmosfera.
    Spike, al contrario, si era avvicinato un po' in più. Lo stava osservando. Sostenne il suo sguardo, senza battere ciglio, e meccanicamente inclinò il viso, un'abitudine che aveva quando si concentrava troppo su qualcuno o qualcosa. «Cosa avrei di diverso dagli altri?» Che non mostrava alcuna emozione? Che era statico? Che non era umano? Chissà, forse era il clone, un essere nato in laboratorio pronto a scoprire il mondo, come il mostro di Frankenstein. Aveva letto la storia di quella sfortunata creatura, odiata da tutti per il suo aspetto. E lui perché era stato disprezzato così tanto in passato? Possibile che il diverso facesse così paura? Se lo era chiesto molte volte, ma ormai non gli importava più. Nel Mondo Magico, la diversità era ben accetta, si trovava bene con la maggior parte dei suoi simili, a scuola, e per adesso nessuno gli aveva dato fastidio anzi, aveva persino trovato due casi studio su cui lavorare. Il terzo, cioè Rain, era ancora in prova eppure, rispetto a Freya e Kynthia, la conosceva di più dato che, spesso, si davano appuntamento in biblioteca per le ripetizioni. La rossa ci sapeva fare, era una brava insegnante, l'avrebbe definita persino paziente. Strano, vero? «Le persone che vengono qui mi sembrano...diverse. Negli altri posti in qui sono stato, compreso la Testa di Porco, non ho mai visto tutta questa varietà. Perché si riuniscono tutti qui? Lo sai? » La Testa, infatti, era frequentato da persone poco raccomandabili, per questo ci era stato solo una volta. Non voleva guai. I suoi genitori lo avrebbero fatto tornare a casa seduta stante e non voleva. Prima doveva diplomarsi e capire, una volta per tutta, come funzionava la società umana, lo aveva promesso al Sig. Depp. Nel mentre, fece cenno al cameriere di portargli un altro bicchiere di Whisky. L'alcol lo reggeva abbastanza bene.
  12. .
    Aiden osservava il peculiare scambio di battute tra Rain e Grace, in silenzio, senza caprine il senso. In quei mesi di studio e osservazione dei suoi simili, si era accorto che le ragazze si comportavano in modo diverso dai ragazzi. Aveva ragione il Sig. Depp quando gli diceva che le donne erano creature difficili da capire, eppure, a lui, tutto questo non dispiaceva: infatti, più era complesso il caso, più aveva voglia di studiarlo. Nel mentre, la risposta che gli diede la sua concasata non lo convinse del tutto. Le stava antipatica perché parlava troppo? Non aveva senso. Per odiarla, non avrebbe dovuto farle un torto? Ferirla? Deriderla? Forse no. In fin dei conti, gli esseri umani erano influenzati dalle loro emozioni, pertanto la risposta di Rain, per quanto irrazionale potesse essere, aveva una sua logica. Semplicemente non la sopportava. Ma poi, di cosa si meravigliava? I bambini dell'orfanotrofio lo avevano escluso e giudicato per lo stesso identico motivo. Socchiuse leggermente gli occhi, ripensando a quei momenti e a come avrebbe reagito se mai, un giorno, li avesse incontrati: cambiando strada. «Pensavo lo sapessi.» Guardò Rain, alzando impercettibilmente il sopracciglio. Era arrivato a quella conclusione semplicemente osservando le dinamiche e le interazioni del piccolo gruppo che si era formato al falò. Victoria aveva avuto una reazione forte e non aveva nascosto il suo fastidio quando era arrivato con la rossa; forse era gelosa del rapporto tra i due perché voleva essere l'amica - o forse la persona - più importante per Nathan? Il caso studio principale? Questo non lo sapeva e, a conti fatti, non erano nemmeno affari suoi dato che, almeno per adesso, non stava raccogliendo informazioni su nessuno dei soggetti coinvolti. L'unica persona che rientrava tra le sue ricerche, era Kynthia. Infatti, la salutò. Non mi ha visto? Quindi non fa molto caso a chi le sta intorno. Rispose con il suo singolare sorriso per poi tornare a concentrarsi sulla lezione, deluso dalla risposta alla sua domanda. Era certo che gli Occamy non potessero parlare il Serpentese? C'erano prove scientifiche a riguardo? Non poteva dipendere dalla genetica? Non potevano impararlo, o almeno emularlo, se ne erano esposti sin da piccoli? Voleva dare una risposta concreata a quelle domande ma, per adesso, si sarebbe accontentato della spiegazione della docente. Ora come ora non aveva prove a sostegno della sua tesi. «Sono creature meravigliose, non trovi? C'è ancora così tanto da scoprire su di loro.»Nella sua voce c'era una punta di emozione. Aiden aveva sempre avuto un legame speciale con i serpenti, gli sembrava di capirli e, finalmente, ne aveva compreso il motivo: era un rettilofono. L'attivazione di questa abilità non è sempre immediata, in quanto necessita di un legame particolare con un serpente per potersi sviluppare appieno. Nel suo caso, si era manifestata più tardi del solito, forse perché, per un lungo periodo, aveva deciso di non avere contatti con nessun altro essere vivente. Per quanto, infatti, fosse legato ai serpenti che abitavano nell' giardino dell'orfanotrofio, non aveva mai approfondito il loro rapporto. Lo aveva fatto solo con Lilith. Era il suo serpente.
    La lezione di oggi si sarebbe svolta in gruppo, pertanto Aiden affiancò la sua compagna di avventura, Kynthia che, nel frattempo, aveva preso uno degli oggetti esposti sul tavolo. «Quando ci incontriamo, c'è sempre di mezzo una foresta.»La fissò, e poi prese la bacchetta dalla tasca posteriore della divisa, pronto a partire. «Quando vuoi.»Aspettò che lo fosse anche lei poi insieme, si addentrarono nella tomba-foresta. Camminava adagio, non aveva alcuna fretta di arrivare all'obiettivo, piuttosto si guardò attorno, studiando il territorio perlopiù costituito da alberi ad alto busto. Il terreno era abbastanza fangoso, in alcuni punti c'erano delle buche sulle quali era facile inciampare ed era possibile la presenza di qualche pianta semi-senziente, come il Tranello del Diavolo, visto l'ambiente buio e umido nel quale si trovavano. Aveva, però, chiesto a Rain qualche notizia in più sul tipo di lezioni tenute dai professori, quindi qualche modifica all'ambiente o la presenza di qualche pianta peculiare non era da escludere. Non era facile orientarsi in quel posto, ma la cosa più logica da fare era andare verso Nord, quindi proseguire diritto. «Kynthia» Pronunciò il suo nome a bassa voce, un rumore assordante avrebbe potuto mettere in allerta l'Occamy. «da quel che ho potuto osservare penso che potremmo trovare piante simili al tranello, ci conviene fare attenzione soprattutto a dove mettiamo i piedi.» I dati erano stati raccolti, metabolizzati e comunicati. Iniziarono, dunque, a cercare il nido contenente l'uovo dorato richiesto dalla professoressa. Per adesso, era tutto tranquillo, forse anche troppo, ma se la fortuna aveva deciso di stare dalla loro parte, perché lamentarsene? Nel frattempo, avrebbe potuto fare qualche domanda alla ragazza accanto a lui per approfondire il suo studio su di lei, ma non appena intravide, a pochi metri da loro, qualcosa scintillare, si bloccò. Doveva essere il nido. Anche Kynthia doveva essersene accorta, ora dovevano solo capire come avvicinarsi furtivamente senza far rumore... «Ma cosa?» Impassibile, fissò la mora che, senza accorgersene, aveva appena calpestato una giunchiglia strombazzante che, ovviamente, intonò la sua stonata melodia. Che suono fastidioso. E poi non era nemmeno la loro stagione, come potevano crescere in questo tipo di habitat così inospitale? Ne rimase affascinato. «Che ci fanno qui questi fiori? Comunque penso che dovremmo muoverci.» Non ebbe neanche il tempo di pronunciare quelle parole, che il rumore di un battito d'ali giunse alle sue orecchie. L'Occamy doveva essersi accorto di loro. Aiden non si lasciò prendere dal panico, in realtà, non vedeva l'ora di trovarsi faccia a faccia con quella bellissima creatura, ma non era da solo e aveva un compito da portare a termine. Fece due passi indietro e, cauto, alzò la bacchetta. «L'uovo.» Sussurrò. Con la coda dell'occhio si assicurò che Kynthia avesse capito, quando ne fu certo, passò all'azione. Avvenne tutto in rapida successione: l'uovo che ora era nelle mani della grifondoro, l'Occamy arrabbiato iniziava a crescere sempre più e ad avanzare verso di loro, al che con voce ferma e atona disse: «Lumos Maxima.» Con la speranza di guadagnare tempo. Veloce, prese poi per mano la sua compagna e iniziò a correre.



    Aiden Walker, III anno, Serpeverde

    Interagito con Rain e Kynthia. Citato Vic e Grace.
    Dopo aver risposto a Rain, si avvina a Kynthia e insieme entrano nella foresta. Calmo, si guarda intorno e parla con lei, dopo un po' si accorge di qualcosa che brilla e intuisce possa trattarsi del nido. Kynthia capesta una giunchiglia che li fa scoprire, quindi si passa all'azione: aspetta che la sua compagna recuperi l'uovo e nella speranza di guadagnare tempo casta un Lumos Maxima, poi iniza a correre e.e
  13. .
    Dopo l'omicidio della professoressa Lovecraft, a scuola era successo il panico. Aiden era rimasto indifferente di fronte al corpo bianco e freddo della donna, per lui la morte faceva parte del ciclo della vita di ogni essere vivente, indipendentemente dal modo in cui essa avvenisse. Certo, era curioso di sapere chi avesse osato tanto e perché, ma il suo interesse si fermava lì visto che, a conti fatti, la docente di Divinazione non era un suo caso studio. Il sibilare di Lilith lo riportò alla realtà. Le picchiettò la testa con le dita, prima di posarla sul cuscino del suo letto e uscire per andare a lezione di Cura, impaziente di raccogliere informazioni su una nuova creatura. Arrivato in Sala Comune, una rossa di sua conoscenza gli finì addosso e, quasi in automatico, le circondò le spalle per non farla cadere. Era la seconda volta che la salvava da una caduta certa, anzi no, se si considerava il falò e i tacchi vertiginosi che aveva indossato per l'occasione, era la terza. Qualche esercizio di coordinazione le sarebbe stato utile o, più semplicemente, avrebbe dovuto optare per un paio di scarpe più comode. «Ciao Rain. No, sono vivo, il mio cuore batte.» La fissò con i suoi imperscrutabili occhi neri e lasciò che si appoggiasse a lui per sistemarsi una scarpa, anche questa volta munita di tacco alto. Inclinò leggermente il capo, chiedendosi perché, ad una lezione in cui era importante potersi muovere liberamente, la ragazza si ostinasse ad indossare quei trampoli. C'erano altre occasioni per farlo. «Non so se ammirarti per la tua forza di volontà nell'indossare queste scarpe quando non dovresti, o pensare che tu sia un po' scema, senza offesa.» Diretto come sempre, disse alla sua concasata esattamente ciò che pensava. «Stupida, però, non dovresti essere, altrimenti lo sarei anche io dato che prendo ripetizioni da te, quindi ti ammiro.» Aiden sapeva di essere diverso dagli altri, a tratti strano, ma non si riteneva affatto stupido, quindi ci tenne a chiarire la sua posizione. Nel mentre, si avviarono insieme verso i recinti delle creature dove la professoressa Lancaster attendeva i suoi studenti. Rain continuava a parlare e lui ad ascoltare. Durante le ore passate in biblioteca, aveva avuto modo di osservare il suo modo di fare, e si era accorto che la rossa, malgrado la schiettezza e la sicurezza mostrata, nascondeva una tristezza di fondo che, di tanto in tanto, veniva fuori attraverso battute sarcastiche. Non le aveva mai chiesto niente, nemmeno come si sentisse riguardo i suoi genitori biologici e adottivi. Come lui, era stata adottata, ma il Sig. Depp gli aveva detto di contenere la sua curiosità perché non tutti erano entusiasti di parlare del loro passato. Ovviamente, gli aveva dato ascolto. «Ogni creatura ha qualcosa interessante, non trovi?» Decisamente più dei suoi simili. Aumentarono il passo e, una volta arrivati a destinazione seguendo i cartelli che indicavano la via, Aiden osservò l'enorme muro di siepi davanti a lui. Che c'era dentro? Qualche animale pericoloso o dalla taglia grossa? «Anche a me.»Stese le labbra in un sorriso. Gli piaceva stare all'aperto a studiare le abitudini degli animali in diversi habitat. Non a caso, aveva appuntato in un quaderno tutto ciò che aveva scoperto su di loro senza l'aiuto dei libri così, a fine anno, avrebbe fatto un confronto con le informazioni da lui raccolte per vedere se aveva ragione.
    «Perché ti sta così antipatica quella ragazza... Grace? » Già al falò si era accorto dell'ostilità che c'era tra le due, ma non era ancora riuscito a risalire alla causa. La grifondoro non tardò a risponderle per le rime, al che Aiden si chiese perché quelle due si parlassero se non nutrivano stima reciproca. Non era meglio far finta che l'altra non esistesse? Lui avrebbe fatto così, anche perché non voleva avere uno dei suoi scatti d'ira qui a scuola; i suoi genitori gli avevano detto di tenere un profilo basso altrimenti lo avrebbero fatto tornare a casa. Non voleva. «Anche Victoria non ti trova simpatica, è per Nathan giusto?» Si girò verso la rossa, in attesa della sua conferma, salvo poi tornare a concentrarsi sulla lezione. Prima, però, guardò in direzione di Kynthia che, al falò, lo aveva seguito ai confini della Foresta. C'era qualcosa che attirava entrambi lì dentro. «Ciao Kynthia.» La salutò da lontano con la mano, e poi nella sua mente si palesò la creatura con cui, probabilmente, si sarebbero relazionati oggi: un Occamy, un bipiede dal corpo di serpente piumato, generalmente descritto come un uccello magico per via delle sue ali. Sapeva qualcosa sul suo conto ( come non poteva, si trattava, in fondo, pur sempre di una specie di serpente) ma in questa specifica occasione, più che rispondere alle domande, decise di farne una. «Professoressa, esiste la possibilità che gli Occamy, a causa del loro aspetto così simile a quello di un serpente, possano parlare il Serpentese?» Avendo una passione per i rettili, in particolare i serpenti, era assai curioso di scoprire se una creatura ritenuta un volatile, potesse effettivamente conoscere quella lingua.



    Aiden Walker, III anno, Serpeverde
    Interagito con Rain e Kynthia. Citato Grace e Victoria.
    Va a lezione con Rain, le chiede poi delle sue ostilità con le due nemiche poi saluta Kynthia e fa una domanda alla proffa e.e


    Edited by Aiden; - 8/1/2024, 07:33
  14. .
    CASO CHIUSO!

    «Ne avresti potuti avere tanti di motivi.» Guardò con uno sguardo enigmatico Freya che, come gli altri, avrebbe potuto tranquillamente far fuori sua madre. Diversi studi atti alla ricostruzione del profilo psicologico-comportamentale dei serial killers, avevano sottolineato l'importanza delle esperienze traumatiche subite dal soggetto in ambito sia familiare che extrafamiliare, durante l'infanzia e l'adolescenza, per spiegare il manifestarsi del comportamento omicidiario seriale. Esaminando la casistica, si nota che molti assassini seriali sono spesso figli illegittimi che, avendo vissuto una vita basata sulla menzogna, arrivano a disprezzare talmente tanto colui o colei che li ha ingannati, da desiderarne la morte. In questa recita, quello era il ruolo di Poppy che fu l'unica a non ricevere alcuna accusa diretta. Aiden, infatti, se ne stava in silenzio, mentre osservava gli attori inscenare il loro ultimo atto. Alcuni furono disposti a farsi perquisire le tasche e persino la scollatura del vestito nel caso di Freya. Il suo compagno di stanza sembrò non cogliere l'occasione, al che Aiden si morse le labbra, pensieroso. Nel frattempo, gli indagati espressero la loro sentenza definitiva: c'era chi pensava fosse stato il marito, chi l'amante, chi la sorella e chi - come nel caso di Yuki e Roy - un suicidio. Erano tutte ipotesi interessanti, ma nessuna era quella corretta. Era arrivato, dunque, il momento di risolvere quel caso. Dopo aver scambiato un'occhiata di intesa con la sua collega, fece un passo avanti e, inespressivo come sempre, cominciò a parlare. «Renee è stata uccisa usando un veleno ricavato dalle foglie di Artemisia come avete detto.» Il che era evidente osservando la polverina rossa che la vittima aveva sulla bocca, ora ciò che era importante spiegare era in che modo ne fosse venuta a contatto. «La polverina è stata sparsa sul tovagliolo che c'è alla sua destra e che deve aver usato per tamponarsi il rossetto, infatti» Si avvicinò al corpo della professoressa e le alzò un braccio, mostrando le mani. «c'è anche sulle mani.» La lasciò andare e, deciso, affiancò Freya, alla quale sorrise sornione, puntando il dito verso di lei e indicando la scollatura. «La boccetta contente il veleno è proprio lì. Quindi» La fissò con i suoi imperturbabili occhi neri. «sei tu l'assassina, Poppy Hunt. La figlia illegittima. Devi aver disprezzato molto tua madre per averti ingannata, in fondo sei figlia del fratello di tuo padre, il frutto di uno dei peggiori dei tradimenti possibili. Quanto rancore devi aver provato? Quanto rabbia? Tanta da spingerti a fare questo.» Un gesto estremo, crudele che, molti, nel Mondo Magico e babbano non avrebbero esitato a commettere visto il genere di madre - e di donna- che era stata Renee. Una della peggior specie. Il suo ruolo era giunto al termine. Tornò ad essere Aiden e, silenzioso, si distaccò dai presenti, limitandosi ad osservare le reazioni di chi aveva perso e quella di chi, invece, aveva vinto. Da ciò aveva capito come i suoi simili potessero mentire, lui compreso, e di certo i dati che aveva raccolto in questa recita gli sarebbero stati molto utili in futuro.


    L'assassino è: POPPY HUNT - FREYA!
    Non essendo stata scoperta è lei la vincitrice, complimenti! Scoprirai presto il tuo premio, ma le sorprese non sono finite qui. Ci sarà una rivelazione importante, quindi restate sintonizzati.

    Spero che il caso vi sia piaciuto xoxo gossipgirl!
    Grazie per aver partecipato!
  15. .
    Post importante per lo svolgimento della quest.

    Quel caso era molto intricato e la vittima, Renee, si era fatta molti nemici. Anche gli altri studenti si stavano lentamente calando nella parte e Aiden, che lo aveva fatto fin dal primo momento, ne ne fu entusiasta. Stava facendo qualcosa insieme a tutti gli altri e nessuno lo aveva guardato in modo strano per essersi immedesimato - forse fin troppo - nel ruolo che gli era stata assegnato. Così, continuò la sua recita e rimase sull'attenti, ascoltando le ipotesi degli indagati. A volte, non aveva nemmeno bisogno di aggiungere altro perché un altro indiziato rispondeva per lui, arricchendo la storia con dettagli inediti dei quali nemmeno lui era a conoscenza. Rain poi, sganciò la bomba: Poppy Hunt era la figlia illegittima di Renee e il suo amante, il fratello del marito. A quel punto, nuovi interessanti retroscena vennero a galla, addirittura qualcuno azzardò che fosse stato lui ad uccidere la donna inviando il mazzo di fiori quando, in realtà, si presume che fosse stato il marito, ma era davvero così? O ci stava dell'altro sotto? Per adesso, l'unico indizio al quale si era dato una spiegazione era il biglietto ritrovato nella tasca della vittima scritto da Eloise, la cognata invidiosa e amareggiata per il tradimento di Thomas. Ognuno di loro, in quella stanza, aveva una ragione per ucciderla, proprio come aveva appena detto Freya che, dopo aver fatto il punto della situazione, si rivolse a lui, poggiando un braccio sulla sua spalla. Si voltò a guardala e stese le labbra nel suo solito, strano sorriso e annuì. «Non male Riis, ma questo non ti esclude dai sospettati.» Anche lei poteva aver ucciso la madre per ovvi motivi, forse legati all'eredità o per semplice vendetta. Un po' come tutti in quella stanza. Il suo cliente, poi, sembrava un uomo che si lasciava facilmente manipolare dalle emozioni, la gelosia potrebbe averlo indotto a compiere un gesto estremo. Chissà. Nel mentre, Aiden decise di far notare delle cose ai suoi compagni. «Sì l'artemisia ha i fiori rossi, così come la polverina ritrovata sulle labbra della vittima e sulle sue mani. Le sue foglie sono velenose se macinate.» Tuttavia, in una cena con delitto, la cosa più importante era trovare l'arma e capire chi fosse l'assassino, perché alcuni indizi potevano anche essere stati messi per depistare o semplicemente per far cadere le accuse su diversi soggetti. Poco dopo, si allontanò dagli altri e si avvicinò al corpo apparentemente senza vita della professoressa di Divinazione. Guardandola così da vicino, gli ricordò una nutria. Scosse la testa, mettendo da parte quel pensiero inutile, e prese ad osservare con attenzione la scena del crimine. La donna era una pozionista esperta, quindi, come qualcuno aveva detto, avrebbe dovuto accorgersi di un presunto tentativo di avvelenamento. Al mondo, però, esistevano veleni inodore, insapore e polverine che potevano essere sparse su oggetti, magari aventi il medesimo colore oppure celate da un incanto. «Mi viene da pensare che sia l'assassino ad avere il veleno magari in una boccetta o in sacchettino e perché no, qualche traccia di questa famosa polverina rossa su di sé, come ha detto Poppy.» Girò su se stesso e passò in rassegna le espressioni dei suoi compagni, poi si rivolse alla sua collega Rain che, per un po', era rimasta a fissare Natathan, il suo caso studio preferito. Le picchiettò la spalla con un dito per attirare la sua attenzione. «Non sei d'accordo?» Non potevano essere più diversi eppure, in qualche modo, quella stramba ragazza le faceva simpatia.


    Tutti gli indizi sono stati dati. Diamo il via ad ipotesi e accuse!
    Questo giro è importante perché, se l'assassino non fosse rivelato beh, vincerebbe lui e.e Provate a cercare e perquisire, a breve la mia collega chiarirà alcuni punti. Non lasciate nulla la caso.
    Qual è la verità sul caso Renee? Sbizzarritevi.

    Scadenza: 30/12 ore 23.59

    N.b. Questa è l'accusa definitiva


    Edited by MODERATORE. - 23/12/2023, 18:58
52 replies since 22/3/2023
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