talk with a stranger.

with Spike.

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    Era da quasi due mesi che la scuola era inziata e Aiden, per quanto avesse cercato di simulare le emozioni umane per apparire meno robot e farsi degli amici, non ci era riuscito. In compenso, però, aveva tre casi studio molto interessanti. Al falò, aveva scambiato qualche parola con Freya che, ultimamente, vedeva qualche volta in compagnia del suo compagno di stanza. Li aveva osservati con attenzione al falò e i dati che aveva raccolto, testimoniati, tra l'altro, dalla scioltezza con cui entrambi si erano toccati in acqua, gli avevano fatto capire che c'era qualcosa di più tra di loro.Come si sentiva al riguardo stranamente non lo sapeva neanche lui. Aveva provato ad analizzare quella sensazione ma senza successo. C'era poi Rain, la ragazza dai colori sgargianti, accanto alla quale, spesso, si era seduto a lezione. Anche lei era tra le conquiste di Axel, eppure con Freya sembrava essere in buoni rapporti. Una volta aveva visto la sua madre adottiva litigare con suo padre perché, ad una festa, aveva salutato con un bacio sulla guancia un'amica con cui era andato a letto tempo fa. Quindi non era sempre così? C'erano delle eccezioni? Lo avrebbe chiesto alla rossa durante le ripetizioni. Il suo ultimo caso studio era Kynthia, con lei aveva parlato, di nuovo, nei pressi della Foresta Proibita dopo il falò. Quel luogo e le creature che vi abitavano li incuriosivano, in particolare i Therstral. Quelli, però, a differenza degli animali che stava osservando al Serraglio Stregato erano più difficili da avvicinare e studiare. Voleva sapere perché solo chi aveva avuto un contatto ravvicinato con la morte potesse vederli. Da cosa era causato? Una maledizione? Un incantesimo? Qualcuno, prima di lui, si era posto quella domanda? Il bubolare di un gufo lo distrasse dai suoi pensieri. I suoi occhi neri incorniciano quelli gialli di una civetta bianca che, curiosa, si avvicinò alle sbarre della gabbia. Aiden allungò una mano e la accarezzò: era morbida ed era tentato di comprarla, il probelma era che la sua vipera non l'avrebbe presa bene. Quando il Sig.Depp gli aveva regalato un rospo, lo aveva trovato morto il giorno dopo. Non voleva avere sulla coscienza un altro animale innocente, quindi si allontanò e, a malincuore, disse addio alla civetta perché sapeva che non l'avrebbe più rivista.
    Passeggiò per le strade di Diagon Alley senza una meta precisa, era tardi e tra massimo un'ora sarebbe dovuto rientrare. Fece altri due passi e quando si trovò in prossimità della Paiolo Magico, decise di entrare. Era un luogo molto buio e dimesso. Alcune vecchie erano sedute in un angolo e sorseggiavano un bicchierino di sherry. Una di loro fumava una lunga pipa. Alcuni giocavano a poker, altri, ubriachi, dormivano sul tavolo. Era diverso dalla Testa di Porco o dai Tre Manici di Scopa, ed era decisamente più di suo gusto. Le persone che frequentavano quel posto erano interessati e variegate,come quella signora di mezza età che stava ballando senza musica. Alcuni l'avrebbero definita una pazza, una stramba, ma per Aiden era affascinante. Gli piaceva il particolare, lo strano, perché anche lui era così. Si guardò intorno alla ricerca di un posto dove sedersi e lo trovò ad un tavolo alla sua destra. Si diresse in quella direzione e si sedette. Di fronte a lui c'era un uomo che, tranquillo, sorseggiava la sua bevanda. Aiden lo fissò, era il più normale lì dentro. Oppure no? In fondo, le apparenze potevano ingannare e poi non era il tipo da giudicare le persone in base a quelle, ci voleva uno studio molto più approfondito..«Ciao.» Lo salutò in tono piatto, atono, senza particolari pretese. Non era scontato che ricambiasse il saluto, forse neanche aveva voglia di parlare, ma Aiden era curioso di scoprire qualcosa in più su quello straniero. «È la prima volta che vengo qui. Se non ti dispiace, potesti dirmi cosa vale la pena provare? » Porse la domanda educatamente. Avrebbe anche preso dell'alcol o della birra nel caso..«Sono Aiden comunque.» Si presentò stendendo le labbra nel suo solito, strano sorriso. Due giorni fa una del primo anno lo aveva definito inquietante, non ci aveva dato molto peso, ma di certo non era stato contento di sentirsi dire quelle parole dopo averla aiutata a raccogliere i libri che aveva fatto cadere. Come se non bastasse, era fuggita via senza neanche ringraziarlo. Anche nel Mondo Magico alcune persone continuavano ad evitarlo.


    Edited by Aiden; - 3/11/2023, 22:41
     
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    Mi ritrovo in un luogo piuttosto conosciuto ai maghi. Una sera normale, una notte sempre tranquilla per i miei gusti. O forse mi va bene così? Forse un po' di tranquillità farebbe bene anche a me. Sono solo, come sempre, ad un tavolino di quel pub molto affollato. Quel giorno non cerco vittime. Non cerco sangue di cui dissetarmi. L'ho già fatto prima, in realtà, ma non ho ucciso. Può ritenersi fortunata, quella persona, a parte il fatto che al suo risveglio si ritroverà due piccoli buchi sul collo.
    Ho ordinato un wiskey, un alcolico molto forte tanto per rilassarmi momentaneamente.
    Non c'è nessuno che mi disturba, che cerca di cominciare un dialogo con me. E non avrei desiderato di meglio. Dopotutto sono riuscito a trovare un tavolino abbastanza appartato, senza che l'euforia che invadeva quel locale mi scalfisse o mi recasse fastidio.
    Però li osservavo, solo per capire che motivo avessero per fare quel casino.
    “Quando il cielo basso e opprimente grava come un
    coperchio su lo spirito gemente in preda a lunghe noie, e
    abbracciando tutto il cerchio de l'orizzonte ci dà un giorno
    nero ancor più triste de le notti;”

    Mormoro, osservando quella gente intenta a divertirsi, a svagarsi. A ballare senza una musica in sottofondo.
    Bevo il mio wiskey, appoggiato allo schienale della sedia, che ho spostato verso sinistra per poter osservare al meglio quella gente. Il braccio destro appoggiato sul tavolo, l'altro braccio con la mano occupata dal bicchiere, appoggiato sulla gamba sinistra che è a sua volta adagiata sulla destra.
    “quando la terra è cambiata in umido carcere, dove la
    Speranza, come un pipistrello, va battendo con la timida
    ala i muri e urtando la testa nei soffitti tarlati;”

    Da buon vampiro della notte non posso non apprezzare Baudelaire e i suoi versi. Li ripeto quasi sottovoce, come se la stessi recitando all'orecchio di una persona.
    Noto un po' di uomini crollati sul proprio tavolo pieni zeppi di alcol. Scuoto la testa disgustato. Penso che siano la feccia della popolazione. Uomini depressi, senza alcun obiettivo nella vita. Inutili alla società. Mi chiedo come fanno a pagare.
    “quando la pioggia spiegando i suoi immensi strascichi,
    imita le sbarre d'una vasta prigione e un popolo
    muto d'infami ragni tende le sue reti in fondo ai nostri
    cervelli,”

    Non c'è un motivo preciso per il quale stia ripetendo questi versi. Sono semplicemente versi che mi sono venuti in mente in questo esatto momento. Niente di più, niente di meno.
    Un'anziana signora si diletta in quel ballo silenzioso. Allegri. Mentre io recito una poesia per niente allegra.
    “de le campane a un tratto scattano con furia e lanciano
    verso il cielo un urlo spaventoso, come spiriti erranti
    e senza patria che si mettano a lamentarsi ostinatamente,”

    Poco dopo noto un ragazzo avvicinarsi al tavolo vicino al mio e sedersi. Non gli rivolgo lo sguardo, non ho intenzione di parlargli.
    I miei pensieri sono diversi. Non possono che essere indirizzati esclusivamente a mia sorella. Mi chiedo spesso se sia ancora viva, se non abbia deciso di suicidarsi con un paletto nel cuore. O se magari abbia accettato il fatto che sia diventata un vampiro. Non so più niente di lei.
    «Ciao.» Ecco, come temevo quel ragazzo aveva provato a rivolgermi la parola. Non rispondo al suo saluto, mi volto un attimo per guardarlo e poi torno a guardarmi intorno.
    “e lunghi carri funebri, senza tamburi nè musica,
    sfilano lentamente ne l'anima mia; la Speranza, vinta,
    piange, e l'Angoscia atroce, dispotica, pianta sul mio
    cranio curvato il suo nero vessillo.”

    Finisco di ripetere quella poesia angosciante e subito dopo il ragazzo mi pone una domanda.
    «È la prima volta che vengo qui. Se non ti dispiace, potesti dirmi cosa vale la pena provare?» Ancora una volta, mi giro e lo osservo. Deve essere un ragazzo molto giovane. Ma sinceramente, che mi interessa di che età abbia? Mi rigiro e cerco il cameriere. Appena lo trovo, cerco di farmi notare e alzo il bicchiere, lo indico e alzo l'indice e il medio, per indicargli quanti bicchieri deve portarmi. «Sono Aiden comunque.» Il ragazzo si presenta. Aiden, nome semplice.
    Porto lo sguardo sul ragazzo, sposto la sedia, rimettendomi di fronte al tavolo e non più di fianco. “Tu non dovresti essere a scuola?” mi sembra davvero giovane. Non credo proprio che sia un adulto. A meno che non mi sbagli di grosso. “Sei un ragazzino.” finisco il mio wiskey e poggio il bicchiere sul tavolo. Intanto il cameriere mi porta i due bicchieri che avevo ordinato. Indico al cameriere di darne uno al ragazzo. Lui obbedisce e poi va via.
    Lo guardo, riportando il bicchiere pieno alle mie labbra e sorseggiando il wiskey.
    Mettendo giù il bicchiere faccio cenno al ragazzo di bere. “Volevi sapere cosa vale la pena provare qui, no? Ecco. Prova questo. E dimmi che cosa ne pensi.”
    Cosa voglio fare con quel ragazzo? Ucciderlo? Berne solamente il sangue, solo per il gusto di sapere com'è? Oppure lasciarlo in pace, senza toccarlo nemmeno? Non credo di saperlo. Dipende tutto da come si comporterà.
    Spike Giles

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    L'uomo che aveva davanti doveva avere all' incirca trent'anni, ma il modo in cui era vestito, come si muoveva e la strana poesia che, a bassa voce, stava pronunciando, non rispecchiava del tutto la sua età. Aiden si sedette di fronte a lui in silenzio e lo fissò, incuriosito. Era la prima volta che incontrava una persona che, ad alta voce, recitava i versi di un'opera chiaramente appartenuta a uno dei tanti poeti più comunemente noti come "maledetti", i quali rigettavano i valori della società, conducevano uno stile di vita, pericoloso, asociale o autodistruttivo (in particolare consumando alcol e droghe), componevano testi di difficile interpretazione e che, spesso, morivano ancor prima che al loro genio venisse dato il giusto valore. Erano persone emarginate, evitate da tutti, perché non seguivano la massa, erano unici nel loro genere. All' orfanotrofio, quando le maestre avevano introdotto l'argomento, Aiden li aveva studiati volentieri, perché, in loro, si riconosceva. Lo straniero, in qualche modo, glieli ricordava e, forse, fu anche per questo che gli rivolse la parola. Lo guardò di sfuggita, ma non ricambiò il saluto preferendo, invece, continuare a recitare i versi di un componimento di morte. Cranio, carri funebri, angoscia: erano queste le parole dette. Molti si sarebbero allontanati da un individuo simile, ma non lui che era attratto da tutto ciò che era strano, singolare, unico. Si era accorto, osservando i suoi simili a scuola, che ognuno di loro andava alla ricerca di qualcuno che avesse gli stessi interessi e che, in qualche modo, condividesse la stessa visione del mondo. C'era, infatti, il gruppo degli sportivi, quello degli intellettuali, dei prefetti, dei caposcuola, dei nerd, dei casinisti. Lui, per ora, aveva preferito tenersi alla larga da quelle mini società, passando il suo tempo con Lilith e con le persone che avevano catturato il suo interesse. Adesso, però, aveva voglia di capire cosa ci fosse di così speciale nel parlare con qualcuno a te affine. Così, gli chiese un consiglio su cosa bere. Di nuovo, l'uomo non rispose, forse lo stava disturbando? Se voleva essere lasciato in pace, potevano anche stare seduti in religioso silenzio. Non era tipo da costringere le persone. Notò, però, che lo straniero aveva fatto cenno ad un cameriere di avvicinarsi, il che lo spinse a presentarsi. Lui non disse il suo nome. «Non è ancora l'ora di rientrare.» Rispose con voce atona, poggiando i gomiti sul tavolo e fissando lo sguardo nel suo. Lo stava studiando, era curioso di sapere se il suo istinto lo avesse guidato dalla persona giusta da analizzare in quel posto così diverso da tutti gli altri. «Sono maggiorenne, non è questo che conta?» Aveva un coprifuoco da rispettare perché frequentava una scuola, ma per la società magica era un adulto che poteva lavorare, bere e comprare casa. Spesso aveva l'impressione che i suoi genitori adottivi volessero liberarsi di lui, in fondo era stato adottato solo per permettergli di ereditare i soldi di famiglia, non di certo per amore. Una scelta logica, razionale, che capiva e accettava. Perché le persone non facevano mai niente per niente, così gli aveva sempre detto il suo vicino. Nel mentre, il cameriere aveva poggiato sul tavolo due bicchieri contenti del whisky. Aveva già provato quella bevanda, il Sig. Depp glielo aveva offerto alla maggior età. Non si era mai ubriacato, forse perché non aveva mai avuto qualcuno con cui farlo. Era, quella, la volta buona? Forse no, rientrare ad Hogwarts ubriaco non era una buona idea. Magari la prossima volta. «Provo questo allora. Ma come dovrei chiamarti? Di solito le persone si presentano per educazione, sbaglio?» Così gli era stato insegnato; quello straniero non era avvezzo alle presentazioni? Insolita come cosa. Prese il bicchiere con la mano destra e se lo portò alle labbra. Assaggiò il liquido ambrato e, una volta appurato che fosse di suo gusto, fece un lungo sorso. Non era un whisky pregiato, ma nemmeno scadente. Era consono al luogo in cui erano. «Non male.» Commentò, poggiando la schiena contro lo scomodo sgabello su cui era seduto. «Vieni spesso qui?»Se era un frequentatore assiduo del Paiolo Magico, poteva essere una valida fonte di informazioni per Aiden che aveva deciso di osservare le persone di quel posto che, incuranti di chi li osservasse, facevano mostra di sé e delle loro stranezze. Quasi sperò che lo fosse, così avrebbe potuto trovare un luogo in cui essere se stesso senza che nessuno lo giudicasse.
     
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    Quel ragazzino vorrebbe iniziare a dialogare con me. Io non sono uno che ama parlare. Sono un solitario, odio la compagnia, odio la confusione e il chiasso. Eppure sono qui, in questo locale. In mezzo alla musica, al chiasso e alla confusione. Oggi, qualcosa nella mia mente ha voluto che venissi qui. Su questo tavolino, con un bicchiere di whisky in mano ed un giovane ragazzo seduto di fronte a me che vuole parlarmi.
    La gente normale, di solito è così: Ama la socialità. Io non l'ho mai amata, nemmeno quando ero un semplice ragazzo. Dell'età di questo...Aiden. Anche da giovane la mia voglia di avere una vita sociale era pari a zero. L'unico luogo che mi rendeva sereno era il cimitero. Essere nato vicino al cimitero di Highgate, forse mi ha reso così. Aggiungiamoci anche il fatto di essere nato il 2 novembre, la commemorazione dei defunti per la religione Cristiana e i genitori completamente assenti. Insomma, forse quello di essere un vampiro era sempre stato il mio destino. A scuola la docente di divinazione aveva paura di me. Più degli altri, in realtà. Nel castello non avevo legato con nessuno. I professori mi detestavano, i compagni anche e il direttore della scuola non poteva espellermi, solo perché me la cavavo bene alle lezioni e non facevo nulla di eclatante o pericoloso per rischiare l'espulsione. Non me la passavo comunque bene, lì dentro. L'unica con cui parlavo era mia sorella. Ho sempre avuto un rapporto piuttosto stretto con lei, finché non feci l'errore di trasformarla in vampiro. Mi odiò per questo...e così sparì per sempre dalla mia vita. Adesso non so se è ancora viva, cosa fa e non so nemmeno dove si trova.
    La mia mente vaga nei ricordi per nulla felici, fino a quando quel ragazzo non mi riporta nel presente.
    «Provo questo allora. Ma come dovrei chiamarti? Di solito le persone si presentano per educazione, sbaglio?»
    Saranno passati pochi secondi, nella realtà, invece a me sembra siano passati secoli. Osservo Aiden, bevendo un sorso di quel whisky. Poso il bicchiere sul tavolo e picchietto le dita sulla superficie di legno. “Chiamarmi...perché dovresti chiamarmi? Forse, dopo questo incontro non ci rivedremo più. È inutile sapere il mio nome.”
    mi volto ad osservare la gente allegra. Il rumore sembra ovattato, come se mi trovassi dentro ad una stanza chiusa con le mura trasparenti. Io vedo loro...loro non vedono me...
    Riallaccio lo sguardo su quello del ragazzo e alla fine decido che dopotutto non fa nulla che lui sappia il mio nome. Tanto non uso mai il primo nome. “Mi chiamo Spike. Adesso sai il mio nome.”
    Mormoro, riportando il bicchiere alle labbra e sorseggiandone il contenuto.
    Quel ragazzo mi rivolge un'altra domanda. Io lo osservo e infine poggio le braccia sul tavolino per avvicinarmi un po' di più al ragazzo. Voglio osservarlo meglio, in mezzo a quel locale poco illuminato. “Tu sembri un ragazzo diverso dagli altri. O mi sbaglio? Esci di sera dalla scuola, frequenti questo posto. Immagino che tu abbia anche frequentato la testa di porco. Ho conosciuto un sacco di ragazzetti di quella scuola ed erano diversi da te.”
    I miei occhi rimangono fissi su di lui e poi continuo “Non sono un assiduo frequentatore di questo posto, ma lo conosco. Sono secoli che vengo a bere qui. Cosa vuoi sapere?”
    Svuoto finalmente il mio bicchiere, posandolo per l'ultima volta sul tavolino e alzo di nuovo la mano verso il cameriere, chiedendogli di portarmene altri due. “Se è 'non male', allora te ne berrai un altro bicchiere”
    aggiungo, infine. Quel ragazzo comincia ad incuriosirmi. Forse conoscerlo meglio potrebbe tornarmi utile, nel futuro.
    Spike Giles

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    L'uomo che aveva davanti gli sembrava di un'altra epoca. Vestiva con abiti che non andavano più di moda, per il luogo in cui erano, tra l'altro, fin troppo formali mentre il modo in cui parlava gli ricordava gli scrittori di fine Ottocento. A volte, si rivolgeva a lui usando la terza persona altre, invece, la seconda come facevano tutti. Non aveva mai avuto a che fare con persone di questo tipo. Sono curioso adesso. Sei un soggetto singolare.. Poggiò i gomiti sul tavolo e si sporse in avanti, fissandolo per qualche secondo senza dire niente. In viso aveva qualche leggera ruga d'espressione ma, nell'insieme, non doveva avere più trentacinque anni. Forse era un'anima vecchia, una persona che, in qualche modo, apparteneva a un altro tempo, il che poteva dipendere da una serie di cose: la famiglia, le esperienze di vita, l'educazione ricevuta, gli amici. Tutto ciò aveva influenzato anche la sua, di vita; se voleva, quindi, davvero capire i suoi simili, avrebbe dovuto fare domande pertinenti. Tuttavia, come spesso accadeva, si astenne dal farlo, non solo per educazione, ma anche perché, di fronte a lui, non c'era un soggetto di analisi. Lo straniero lo aveva semplicemente incuriosito, così come tutti i clienti di quel posto. Persone insolite. Strambe. Folli. «E anche se fosse? Cosa cambia? Volevo solo sapere il tuo nome, o preferisci che ti chiami straniero? » Se, come aveva detto, non si fossero mai più rivisti, avrebbe comunque ricordato di aver trascorso delle ore seduto a un tavolo a parlare con lui. Non ebbe, quindi, nessun problema ad esporre il suo punto di vista. Dopo un po', però, glielo disse: si chiamava Spike. Stese le labbra, mostrando il suo personale sorriso, e annuì, poggiando la schiena contro lo schienale della sedia. Era un po' scomoda e il locale aveva bisogno di qualche aggiusto ma, nel complesso, non era male. C'era una bella atmosfera.
    Spike, al contrario, si era avvicinato un po' in più. Lo stava osservando. Sostenne il suo sguardo, senza battere ciglio, e meccanicamente inclinò il viso, un'abitudine che aveva quando si concentrava troppo su qualcuno o qualcosa. «Cosa avrei di diverso dagli altri?» Che non mostrava alcuna emozione? Che era statico? Che non era umano? Chissà, forse era il clone, un essere nato in laboratorio pronto a scoprire il mondo, come il mostro di Frankenstein. Aveva letto la storia di quella sfortunata creatura, odiata da tutti per il suo aspetto. E lui perché era stato disprezzato così tanto in passato? Possibile che il diverso facesse così paura? Se lo era chiesto molte volte, ma ormai non gli importava più. Nel Mondo Magico, la diversità era ben accetta, si trovava bene con la maggior parte dei suoi simili, a scuola, e per adesso nessuno gli aveva dato fastidio anzi, aveva persino trovato due casi studio su cui lavorare. Il terzo, cioè Rain, era ancora in prova eppure, rispetto a Freya e Kynthia, la conosceva di più dato che, spesso, si davano appuntamento in biblioteca per le ripetizioni. La rossa ci sapeva fare, era una brava insegnante, l'avrebbe definita persino paziente. Strano, vero? «Le persone che vengono qui mi sembrano...diverse. Negli altri posti in qui sono stato, compreso la Testa di Porco, non ho mai visto tutta questa varietà. Perché si riuniscono tutti qui? Lo sai? » La Testa, infatti, era frequentato da persone poco raccomandabili, per questo ci era stato solo una volta. Non voleva guai. I suoi genitori lo avrebbero fatto tornare a casa seduta stante e non voleva. Prima doveva diplomarsi e capire, una volta per tutta, come funzionava la società umana, lo aveva promesso al Sig. Depp. Nel mentre, fece cenno al cameriere di portargli un altro bicchiere di Whisky. L'alcol lo reggeva abbastanza bene.
     
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    Straniero. Quel ragazzo, poteva chiamarmi come voleva. Il fatto che gli abbia detto di chiamarmi Spike e non Amon, stava a significare che trovavo simpatico, quell'Aiden. Perché solitamente Spike è il nome con cui preferisco farmi chiamare da chi mi sta vicino...e sono davvero pochissimi.
    Qualcosa mi fa pensare che lui somigli molto a me per tante cose. L'ho conosciuto oggi...però sembra una persona di cui potrei fidarmi.
    E ovviamente mi fido di pochissime persone.
    Quel ragazzo mi rivolge una domanda, osservo il suo sguardo, fisso su di me, sena muovere un muscolo, proprio come me. Sembra incuriosito da ciò che voglio dire.
    I miei occhi sono fissi sui suoi, allo stesso identico modo. Alzo leggermente gli angoli della mia bocca in un impercettibile sorriso. “Sei uguale a me. Hai questo, di diverso dagli altri. Ho notato il tuo comportamento. Il tuo sguardo fisso, senza alcun tipo di espressione. Senza far trasparire una qualsiasi emozione. Sono come te. E forse potresti essere un buon alleato.”
    Non mi importa affatto dell'età, del fatto che frequenta ancora Hogwarts. Quel ragazzo ha un atteggiamento che mi piace.
    Adesso che ci penso l'unica persona di cui mi fidavo era solo mia sorella...
    Pensandoci in quel momento, mi viene in mente che pur avendola salvata...l'ho persa. L'ho trasformata e dopotutto mi merito il suo odio. Forse avrebbe preferito morire, invece di vivere una vita dannata come la mia...
    Scuoto la testa, cercando di scacciare via quel pensiero (anche se continua a torturarmi da secoli e non riesco a toglierlo via dalla mia mente) e chiudo gli occhi. Poco dopo, sento quel giovane riprendere a parlare. Un'altra domanda. Perché si riuniscono tutti qui? La risposta è semplice.
    Riapro gli occhi, rivolgendoli verso il giovane. “Perché qui c'è svago. Felicità. La gente è spensierata. La testa di porco è solo un locale dove i peggiori individui concludono i loro affari illegali. Lì non c'è tutta questa insensata felicità. Ti chiederai, forse, del perché uno come me abbia deciso di venire a bere in questo posto, che è l'esatto opposto di me. La risposta è...perché avevo voglia, almeno per questa sera, di essere diverso dal solito. Volevo cercare di capire perché tutta questa gente si diverte a ballare, a ridere e a chiacchierare. Non so te, ragazzo...ma qui sembro l'unico punto nero in una tela piena di colori sgargianti. Infatti l'unica cosa che mi tiene fermo a questo tavolo è perché sto parlando con te...e, soprattutto, perché il whisky è meglio di quello della testa di porco.”
    Credo di non aver mai parlato così tanto, in vita mia. Forse quel posto riesce a tirar fuori il buono da chiunque?
    Chiedo al cameriere di portare un bicchiere di Whisky anche a me e nel frattempo giochicchio distrattamente col bicchiere vuoto.
    “Tu che cosa mi dici di te?” chiedo infine, senza pensarci troppo. Ecco un'altra prima volta dopo anni: Io che faccio una domanda per conoscere meglio il mio interlocutore. Quel posto cambia la gente. O forse è l'alcol?
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    Spike sosteneva di essere uguale ad Aiden, ma era davvero così? Come poteva esserne sicuro dopo solo un'ora di conversazione? Aiden inclinò meccanicamente la testa di lato, osservandolo con lo stesso sguardo fisso e privo di espressione che aveva appena menzionato. Era vero, anche i suoi occhi erano vuoti e, in generale, la gente li avrebbe considerati due tipi strani. Ma da qui a dire che erano uguali, ce ne voleva. Forse "simili" sarebbe stata la parola più appropriata, ma anche questa non era del tutto calzante. La loro somiglianza si limitava a gesti ed espressioni, nulla di più. La logicità di quell'affermazione sarebbe dipesa da una conoscenza più approfondita, in quanto due persone, per essere considerate uguali, avrebbero dovuto quantomeno condividere un vissuto simile e, almeno per adesso, nessuno sapeva della vita dell'altro. Tuttavia, ciò che incuriosì maggiormente Aiden fu il fatto che Spike lo ritenesse un alleato. «Un alleato per cosa esattamente?»Chiese, finendo il whisky nel suo bicchiere tutto d'un fiato. Che tipo di alleato intendeva l'uomo davanti a lui? Uno di vita, che avrebbe capito le sue stranezze? Oppure qualcuno con cui condividere un progetto, un'ambizione? Le possibilità erano svariate, ma solo Spike avrebbe potuto dare una risposta concreta al suo interrogativo. Sempre che avesse deciso di essere sincero e non dirgli una bugia. I suoi simili erano soliti mentire, soprattutto nelle circostanze in cui si trovavano loro perché era più facile mentire a un estraneo. Aiden ne era consapevole, mentre osservava il brusio che lo circondava. Il locale era pieno di persone, ognuna immersa nel proprio mondo, inconsapevole della sua presenza. La musica del piano, prima soave e malinconica, era stata sostituita da un ritmo più energico e vivace. Alcune coppie si alzarono dai tavoli, iniziando a ballare con movenze inusuali ma con un'evidente gioia sui volti. Sembravano completamente a loro agio nella loro stranezza, liberi da qualsiasi giudizio o pregiudizio. Si ritrovò a rilassare le spalle di riflesso, mentre un sorriso quasi robotico si formava sulle sue labbra. Spike aveva ragione: quel posto era un rifugio per tutti coloro che si sentivano diversi, un luogo dove potersi esprimere liberamente senza la paura di essere giudicati. «Qui chi è diverso viene accettato. E poi hai ragione, Spike, il Whisky è decisamente meglio di quello della Testa di Porco. Se torno, ti trovo sempre qui? » Dopo quella conversazione, avrebbero anche potuto non rivedersi mai più; questo era il destino comune di due estranei che si incrociavano per un breve lasso di tempo, per poi perdersi nuovamente nella vastità del mondo. Oppure, se entrambi avessero preso l'abitudine di frequentare quel locale, le possibilità di incontrarsi si sarebbero moltiplicate. Forse, una volta a settimana, si sarebbero ritrovati a sedere allo stesso tavolo, nello stesso punto, a parlare di chissà cosa. Chi poteva dirlo. "Che mi dici di te?" La domanda era un po'generica. Si appoggiò allo schienale della sedia, le dita intrecciate a cullare il mento. Che poteva dirgli di sé? Del suo amore viscerale per i serpenti, creature sinuose e affascinanti che lo incantavano fin da bambino? Che era orfano? O forse sarebbe stato meglio parlare di hobby innocui, di passeggiate nella natura o di libri divorati con avidità? «Mi piace suonare l'arpa ed è il mio primo anno qui ad Hogwarts. Adoro i serpenti e odio i colori sgargianti. »Inizialmente si limitò a parlare di argomenti generici per poi azzardare una domanda che avrebbe stranito molti, ma che Aiden era certo avrebbe stuzzicato la curiosità di Spike. «Sto studiando le emozioni umane, tu le conosci?»Analizzare i sentimenti irrazionali dei suoi simili era rivelato più difficile del previsto .Le teorie formulate nei tomi accademici, pur offrendo una solida base di partenza, si applicavano solo in parte al comportamento umano. Le emozioni, nella loro irrazionalità e imprevedibilità, sfuggivano spesso alle rigide categorie e alle spiegazioni razionali. Aiden, così, si era trovato di fronte a un labirinto di contraddizioni, in cui le azioni non sempre rispecchiavano le parole e le motivazioni rimanevano oscure e insondabili. Quell'uomo, quindi, grazie alla sua esperienza, poteva forse aiutarlo?
     
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    'Un alleato per cosa, esattamente?'
    Questa domanda me la aspettavo. Ed in effetti, è una domanda più che lecita a cui io risponderò senza mentire. Ma non subito...prima voglio sapere cos'ha da dire.
    Ascolto la seconda domanda, pensando alla mia proposta ed annuisco. “Dipende però dalla situazione. Ci saranno giorni, per cause di forza maggiore, che dovrò assentarmi per affari miei” qui rimango vago. Non sa ancora chi sono realmente, a meno che non lo noti dal mio aspetto. Quindi, quando sono stato io a porgere una domanda su di lui, quel ragazzo decide di rispondermi con cose pressoché banali e che non mi interessano così tanto. Ma un accenno di sorriso si disegna sul mio volto “Visto che siamo uguali? A parte l'arpa, abbiamo dei gusti simili.”
    Poi l'ultima risposta mi ha incuriosito. Le emozioni umane...e mi chiede, poi, se io le conosco. Qui i miei pensieri vagano, ritornando a secoli fa, quando ancora ero un essere vivente, e sottolineo 'vivente'. In quegli anni ho conosciuto davvero le emozioni che l'uomo era in grado di provare. Sia chiaro, ancora provo qualche emozione...ma sono solo emozioni oscure...diciamo così. “Le conosco...e le ho conosciute. Le provavo alcune, tempo fa. Adesso l'unica mia emozione è l'odio verso il genere umano. Rifiuto da anni provare altre emozioni. Tu, invece, quali emozioni hai scoperto?”
    Infine, decido di tornare alla prima domanda che mi ha fatto.“ Mi avevi fatto una domanda. Volevi sapere per cosa mi serve avere un alleato...o aiutante, che dir si voglia. Non volevo non risponderti, volevo solo sapere cosa avresti detto dopo.”
    L'ultima volta che ho visto Hogwarts è stata più di cento anni fa. Ero solo un ragazzino. Avevo mia sorella accanto, ero...ed è sempre strano dirlo...felice. L'unica ragione della mia vita era lei.. Poi un giorno maledetto me la portò via. Dovetti trasformarla per fare in modo che restasse con me, ma lei non voleva diventare un vampiro. Quindi mi abbandonò per sempre. Non ho più saputo nulla di lei ed io, adesso voglio cercarla. Non so da dove cominciare, però. Vorrei scoprire qualcosa su di lei ad Hogwarts. Ricordare, magari, anche qualcosa sui miei anni ad Hogwarts. Chi erano i miei compagni? Chi erano i compagni di Imogen? Magari quel ragazzo poteva aiutarmi, no?
    Dopo che il cameriere porta il bicchiere di whisky, io lo porto alle labbra e lo bevo tutto d'un sorso. Infine decido di rispondergli.
    “Non ho nessun contatto con la scuola ormai da...anni” comincio, evitando almeno per ora, di rivelare completamente la mia natura.
    “Mentre cerchi di studiare le emozioni umane, ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a fare una cosa, che poi ti racconterò meglio con calma, appena sarò sicuro di potermi fidare di te. Intanto mi basta solo che tu mi riferisca almeno ogni settimana ciò che accade lì dentro. Qualsiasi cosa. Anche quante volte va in bagno il preside.”
    Osservo il ragazzo, in attesa di chissà quale segnale e continuo.
    “Se succede qualcosa di eclatante...di importante, dovrai mandarmi un gufo al più presto possibile. Muore il preside, un professore, uno studente...qualsiasi cosa di strano, devi riferirmela subito.”
    Do un'occhiata in giro. Mentre io sto escogitando i miei piani, la gente intorno a noi si diverte. Mi verrebbe da sputare sul pavimento, ma decido di voltarmi nuovamente verso il ragazzo. “Puoi anche rifiutare questa mia proposta, non importa. Troverò qualcun altro, nel caso. Accetti oppure rifiuti, quindi?”
    Il mio sguardo, rimane fermo, immobile sugli occhi del ragazzo, in attesa di conoscere la sua scelta. Potrebbe esserci una serie di incontri, dopo questo. Dipende tutto da lui.
    Spike Giles

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    Aiden inclinò il capo, le sopracciglia si incresparono appena, formando una piega quasi impercettibile sulla fronte e le palpebre si abbassarono leggermente. Spike gli aveva appena chiesto di diventare un suo alleato. Perché non era dato saperlo. L' uomo, infatti, non si era sbilanciato più di tanto; inoltre, le informazioni che gli aveva appena rivelato sarebbero state utili solo nel caso in cui Aiden avesse deciso di accettare la sua proposta. Il serpeverde, tuttavia, non era incline ad agire impulsivamente, preferendo ponderare attentamente i pro e i contro di ogni situazione. Decise, pertanto, di riformulare la domanda in modo diverso. «Spike» Fece una pausa, cercando le parole giuste per esprimere il suo pensiero. «per poterti dare una risposta definitiva, avrei bisogno di qualche dettaglio in più sul ruolo che dovrei ricoprire come tuo alleato.» Era qualcosa di illegale? Doveva forse spiare qualcuno a scuola, assumendo un ruolo da infiltrato? Oppure, ancora più pericoloso, doveva fungere da esca per attirare qualcuno in una trappola? Vorrei tanto farlo.Aiden era attratto dalla possibilità di vivere situazioni analoghe a quelle descritte nei libri nella vita reale; non gli bastava, infatti, immaginare le sensazioni di quei personaggi fittizi, desiderava sperimentarle in prima persona perché il suo studio ruotava attorno agli umani e alle loro emozioni. Non a caso, si era recato in quel locale, desideroso di osservare persone diverse da quelle che frequentava a scuola per arricchire la sua ricerca. Voleva studiarne di "strane", come lui. E Spike dava l'impressione di essere tra queste. Gli chiese, poi, se avesse familiarità con i sentimenti umani. La sua risposta lo incuriosì non poco. «Per qualche anno ho odiato an che io i miei simili, ma ho deciso di dargli una seconda possibilità. Non sono tutti cattivi.»Lo sguardo di Aiden si velò di un'ombra di tristezza. Per qualche attimo, i suoi occhi si fissarono su un punto indefinito dello spazio, come se stesse scrutando un passato doloroso. I ricordi degli abusi subiti riaffiorarono nella sua mente, vivi e pungenti come ferite mai completamente guarite. I legami che stava stringendo a Hogwarts, però, lo stavano aiutando a fidarsi di nuovo degli altri. «Le altre le sto ancora studiando.» Erano tante, le emozioni. Forse anche troppe.
    Non aveva risposto adeguatamente alla domanda di prima perché lo stava mettendo alla prova. Interessante. Aiden sorrise meccanicamente di fronte alla sua richiesta: voleva che gli raccontasse nel dettaglio di quello che succedeva a scuola. Perché? Qual era il suo scopo? Dalle sue parole, Aiden intuì che, per il momento, non avrebbe ottenuto alcuna risposta a quella domanda. «Perché dovrei farlo? Cosa ci guadagno?»Un uomo con cui aveva scambiato poche parole, quasi un estraneo, gli aveva fatto una proposta inaspettata: diventare la sua spia. Era un'offerta intrigante, senza dubbio, ma Aiden era abituato a diffidare di chi non conosceva bene. Dopotutto, perché qualcuno che conosceva a malapena avrebbe dovuto sceglierlo per un compito così delicato? Certo, la possibilità di osservare e studiare da vicino il comportamento di un individuo così singolare come quell'uomo era allettante. Tuttavia, prima di accettare la proposta, Aiden necessitava di chiarire alcuni punti cruciali, soprattutto dopo la menzione della parola "morte" da parte di Spike. Perché qualcuno sarebbe dovuto morire? Hogwarts non era più un luogo sicuro? La faccenda si complicava sempre di più. «Parli come se sapessi qualcosa. Non mi dirai niente a riguardo?»Proabilmente no, ma glielo chiese ugualmente. Questa situazione potrebbe essere pericolosa, forse dovrei andarmene.La scelta più saggia sarebbe stata, appunto, quella di alzarsi e andarsene, lasciandosi alle spalle le assurde richieste di quel soggetto. Ma Aiden era curioso, aveva sete di conoscenza, voleva sapere tutto, indagare. E scoprire i segreti del Mondo Magico. «Ho bisogno di qualche dettaglio in più. In fondo, sei un estraneo, come lo sono io per te. Perché vuoi affidarmi un compito così importante?» Sostenne il suo sguardo senza timore. Era una domanda lecita, quasi doverosa, la sua. D'altronde, era improbabile che qualcuno accettasse una richiesta così insolita e pericolosa senza un'adeguata spiegazione. Era tutto così fuori dal comune, così inusuale, eppure il serpeverde si sentiva perfettamente a suo agio. Forse perché aveva trovato qualcuno più strano di lui. Un suo simile.
     
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    Forse sto correndo troppo.
    Dopotutto quel ragazzo l'ho appena conosciuto. É normale che non si fida ancora di me e, naturalmente, nemmeno io dovrei fidarmi di lui. Però, se decido di spiegargli perché vorrei che facesse questo per me, potrebbe aver fiducia in me...
    Le mie dita si muovono su quel bicchiere, con fare pensieroso, ancora indeciso se dire ciò che voglio fare oppure no. É il primo studente di Hogwarts con cui dialogo, dopo anni lontano da quel castello. Qualcosa mi fa pensare che in quella scuola ci sia qualcosa o qualcuno che sappia qualcosa su di lei...che so...un ex compagno, un archivio dove io possa leggere informazioni su di lei e sui suoi compagni. Qualsiasi cosa potrebbe essermi utile. Devo dirgli tutto? Mi devo fidare?
    Quel ragazzo intanto mi rivolge ancora la parola, dicendomi che dopotutto non sono tutti cattivi. Annuisco, senza guardarlo ma fissando quel bicchiere che dondola tra le mie dita. “Sì..non tutti sono cattivi...” mormoro distrattamente. Mia sorella non lo era. Parlo sempre di lei, lo so. Perché io ho conosciuto solo lei. L'unica persona buona con cui interagivo. Il mio esatto opposto. “Conosci qualche cattivo?”. Chiedo, voltandomi finalmente verso di lui.
    Non sono ancora convinto a dirgli tutto. Dovrei dirgli la verità...tutta la verità.
    Aiden mi chiede anche cosa ci guadagnerebbe se facesse ciò che gli ho chiesto. E non ha tutti i torti, anche in questo caso. É pur sempre un rischio che correrebbe.
    Continuo a stare in silenzio. Anche quando mi chiede se sappia qualcosa che lui non sa. In realtà non so nulla, sto sempre nel mio negozio e non amo parlare.
    Le mie dita afferrano il bicchiere vuoto, cerco di trovare una soluzione. Chiudo gli occhi, rilassandomi e cercando di annullare il rumore attorno a me. Devo pensare...devo pensare. Se parlo, lui saprà tutto di me. E potrebbe riferire tutto ai docenti e al preside. Se non gli dico nulla, avrò perso una possibilità per avere informazioni su mia sorella quando frequentava Hogwarts...
    Ho deciso. Dopo alcuni minuti di silenzio, apro gli occhi. Poggio il bicchiere sul tavolo e poso la mano aperta sul legno.
    Mi volto di nuovo a guardarlo “Va bene, ragazzo. Facciamo finta che oggi non ti abbia chiesto nulla. Ti voglio raccontare tutto e ciò che ho in mente di fare. E soprattutto, ti dirò perché mi servi tu per questa cosa.” Mi fermo un secondo, mi guardo intorno. La gente continua a fare festa.
    “Ma non lo farò qui. Se vorrai aiutarmi, potremo incontrarci in un luogo meno affollato e meno...luminoso. Ti dirò io dove, magari ti manderò un gufo. Non sei costretto a venire e nemmeno ad accettare la mia proposta, ovviamente. Se verrai ci accorderemo su tutto, anche di quello che guadagnerai tu se accetterai. Va bene?”
    Spike Giles

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    Aiden, pur nella sua breve esistenza, aveva già fatto la conoscenza di diversi cattivi. Non solo adulti, ma anche bambini che, celandosi dietro maschere di ipocrisia, lo osservavano come un caso umano, un'anomalia da studiare o da cui rifuggire. Aveva subito abusi, sia verbali che fisici. Le istitutrici dell'orfanotrofio babbano in cui era cresciuto, donne estremamente religiose, lo consideravano un pericolo. Il suo comportamento, che includeva lo strano rapporto con i serpenti e la quasi totale assenza di emozioni, le turbava. Lo tormentavano con doamnde del tipo: da dove vieni? Chi sei? Perché sei qui? Peccato che l' unica risposta che poteva dare era un mesto "non lo so". E non era una bugia. La sua memoria era un foglio bianco, privo di ricordi del suo passato. E, in tutta onestà, non era nemmeno interessato a scoprirli. I suoi genitori biologici avevano fatto una scelta, e ora lui ne sopportava le conseguenze. Se mai lo avessero cercato, sarebbe stato meglio per loro lasciarlo stare. Aveva già dei genitori con cui aveva un rapporto di convenienza, anche se un minimo di affetto tra loro era nato nel tempo. Questa era la famiglia che aveva e andava bene così. «Ne ho conosciuti in passato.» Sebbene non si riferisse a criminali come assassini o ladri, Aiden utilizzava il termine "cattivi" per descrivere manipolatori e bugiardi. A suo avviso, queste persone, pur non compiendo atti illegali, arrecavano comunque danni alle persone, sfruttandone la fiducia e le emozioni.
    La conversazione aveva preso una piega decisamente inaspettata. Quando Aiden si era seduto accanto a quello sconosciuto, immaginava una banale conversazione da bar, non certo di essere reclutato come spia. Il nome e qualche hobby erano le uniche informazioni che possedeva su quest'uomo, eppure si trovava invischiato in una proposta che stuzzicava la sua indole curiosa e la sua sete di conoscenza. Ma non era abbastanza. Doveva, infatti, capire meglio chi si celava dietro quell'invito e quali fossero i rischi reali connessi all'incarico, nonché i dettagli della missione, i rischi che avrebbe corso e le eventuali ricompense in cambio del suo servizio. Dopo aver ascoltato le sue domande, Spike si immerse in un profondo silenzio. Forse, si stava rendendo conto di aver agito con troppa fretta nel proporre una simile missione. Chissà.Nonostante i dubbi, però, una cosa era certa: questa opportunità avrebbe offerto ad Aiden un'occasione unica per studiare un elemento singolare e per approfondire la coonoscenza dei suoi simili. L'inquietudine che serpeggiava nel suo animo era, infatti, bilanciata dalla possibilità di acquisire nuove conoscenze e di esplorare un territorio inesplorato. Si sarebbe trovato al centro di un gioco pericoloso, ma al tempo stesso affascinante, che lo avrebbe portato a confrontarsi con la sua stessa natura e con le sue paure più recondite. Tutto questo è così interessante. Tuttavia, il peso della decisione non era da prendere alla leggera. Proprio per questo motivo, le parole pronunciate dall'uomo poco dopo attirarono immediatamente la sua attenzione. «Voglio ascoltare ciò che hai da dirmi. Aspetto un tuo gufo allora Spike, a presto.» Con un cenno del capo, Aiden salutò l'uomo. Si alzò dal tavolo, lasciando dei galeoni per il whisky che aveva consumato. Era ora di tornare al castello: il coprifuoco stava per scattare.



    Conclusa.
     
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