Posts written by .Moore.

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    Chloe Laincourt


    Chloe aveva sempre pianificato tutti i suoi movimenti: cosa dire, come muoversi, come e quando sorridere, con chi farlo. Di sorrisi, d'altronde, ne esistevano tantissimi tipi e la bravura stava nell'utilizzare quello giusto al momento giusto. In quanto ottima attrice, Chloe riconosceva chi aveva lo stesso talento, ed Ellen lo aveva. Era probabilmente una dote base di tutte le persone come loro, abituate a far girare il mondo nella direzione che più gli conveniva. I sorrisi, in effetti, erano ottimi per addolcire la pillola e la donna dai capelli di un intenso nero, quasi innaturale così a contrasto con il viso pallido e scarno, aveva imparato ad usarli trovandoli piuttosto utili in molteplici occasioni e riuscendo a fare di essi un tratto distintivo. Nessuno vedendola e sentendola parlare adesso, avrebbe potuto dire che fosse capace dei sorrisi che tanto l'avevano resa famosa perchè adesso di quella immagine che si era costruita e che le veniva stranamente naturale, non vi era più l'ombra. Chloe si era smascherata, questo perchè sarebbe stato un inutile dispendio di energie mostrarsi diversamente davanti ad Ellen. Non era il momento per quel genere di cose, anzi, il contesto adesso richiedeva piuttosto di giocare a carte scoperte. Quello che però riusciva davvero a dare sui nervi alla strega, era la posizione di svantaggio in cui si trovava rispetto alla sua amica di vecchia data: si trovavano entrambe al di là di una barriera magica, con la sostanziale differenza che mentre Chloe era costretta in quel posto sudicio Ellen era libera di andarsene in qualsiasi momento. Ma mostrare palesemente quel fastidio? Mai, ciò non sarebbe mai potuto avvenire «scegli la data e l'orario che ti sono più congeniali allora» c'era piuttosto nella voce della francese uno spiccato sarcasmo, a tratti pungente. Ancora una volta a dimostrazione del fatto che non sono necessarie le maniere dolci in questo momento.
    La cosa conveniente era però che comunque, nonostante la posizione opposto in cui si trovavano le due streghe, esse riuscivano a trovare un punto di contatto nelle loro più strane fissazioni: la famiglia, il cognome, il sangue di appartenenza «per nulla» concordò rapidamente Chloe «ma possiamo consolarci con la consapevolezza che i nostri figli siano in realtà il perfetto riflesso di noi. Chissà, magari prima o poi non dovranno afr altro che ammetterlo» la donna sorrise, consapevole, sicura della sua affermazione. Se suo figlio avesse potuto esprimersi a riguardo, avrebbe negato. Molte cose di Hunter le ricordavano Cristopher, è vero, ma la sua essenza... per quanto madre e figlio non avevano vissuto uno accanto all'altro, soltanto osservandolo da lontano Chloe poteva vedere quanto il figlio lottasse contro quella parte di sè che altro non era che l'eredità di sua madre. Peccato, davvero un peccato, chissà dove potrebbe arrivare se solo si rassegnasse a questa verità. Probabilmente non l'avrebbe mai fatto. Così come non sarebbe stato per nulla disponibile a seguire le istruzioni della madre, una madre sbattuta in galera quando era solo un bambino e che l'ha riempito di quei sorrisi così dolci da non fargli aprire gli occhi sulla realtà «certo che no» Chloe rispose senza esitazione e, anzi, alzando un sopracciglio come se la domanda posta dalla bionda suonasse stupida alle sue orecchie «ma mio figlio è incredibilmente onesto su ciò a cui tiene...» la vera essenza di Hunter, un qualcosa che era difficile da scorgere ma che una volta notata era impossibile non vedere. Daphne era evidentemente riuscita questa impresa, strano, inaspettato, ma in realtà Chloe era certa che questa cosa sarebbe tornata a suo favore. Era quello il tasto su cui premere.
    Ancora una volta, Ellen ricordò alla mora la posizione si svantaggio in cui si trovava. Intendeva, evidentemente, sfruttare appieno la sua libertà e mettere Chloe all'angolo così che non potesse far altro che accettare. La donna ricambiò lo sguardo della su interlocutrice soppesando ogni possibilità a sua disposizione. La scelta era veramente ridotta e, per quanto Chloe fosse tendenzialmente sempre ricca di risorse, sapeva perfettamente che evadere da quel posto contando solo sulle sue possibilità sarebbe stato praticamente impossibile. Avrebbe potuto magari riuscire a lasciare l'area in cui era rinchiusa, ma oltre quello? No, non avrebbe potuto fare tutto da sola, questo lo sapeva bene. Si sporse in avanti a sua volta ascoltando ogni parola e, infine, facendo schioccare la lingua contro il palato. Le era bastato qualche attimo per ragionare, per immaginare un piano alternativo, ma nessuno di questi portava la libertà. Chloe aveva bisogno solo di quello, della libertà, di lasciare Azkaban, e muoversi finalmente secondo la sua volontà. Ma quella libertà, da sola, non avrebbe potuto raggiungerla «ci sono troppi misteri in questa storia Ellen, non mi piace questa poca chiarezza» non esitò a dire con espressione seria, mentre le dita prendeva a tamburellale l'une sulle altre in maniera più veloce. Fra una parola e l'altra, il silenzio in quella stanza era tale da far quasi percepire il leggerissimo suono dei polpastrelli della donna «non te ne approfittare» non sarebbe stato un buon inizio per nessuna delle due d'altra parte. Poi, improvvisamente, come se l'espressione sul volto della donna non fosse mai diventato più serio, tornò a curvarle le labbra il solito, leggero sorriso «mi rifarò quando sarò uscita da qui» Chloe quindi gettò una fugace occhiata alla guardia nell'angolo e così prese a scrutare la parete alle sue spalle, il pavimento e quindi a tornare con gli occhi su Ellen «allora, dove devo firmare?» tutto ciò che contava in quel momento era uscire e se per farlo Chloe avesse dovuto recuperare un po' di quella vecchia "fiducia fra colleghe" che c'era un tempo... beh, l'avrebbe fattp. D'altronde la strega sapeva sempre come muoversi, cosa dire e, soprattutto, quando sorridere.


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    Ma ciao AJ, benvenutissim* fra noi 😁 girando un po' fra i regolamenti noterai che non c'è niente di troppo complesso, puoi praticamente creare (quasi) di tutto. Quindi vai, fatti guidare dal cuore (?)
    Sono comunque molto curiosa di vedere che PG porterai! Ci vediamo su telegram se ti va oppure, ovviamente, in ON 🤗
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    È paradossale che una persona come me dia tante certezze, ma non mi suona affatto strano che invece sia io quello che ne ha bisogno; non ho mai chiesto nè ai miei genitori nè a mia sorella di farmi promesse, questo perché non ho mai creduto davvero nel potere che le promesse possono avere. Le ho sempre viste come un qualcosa di estremamente fragile, tanto fragile al punto che sembra che siano loro stesse a chiedere di essere infrante. La gente se le fa per rassicurazione, o come forma di garanzia, nonostante sia consapevole del fatto
    to che una promessa può essere tradita non appena la persona che te l'ha fatta non volta le spalle. Eppure, se siamo consapevoli dei rischi, perché è così rassicurante? Perchè ci facciamo prendere in giro? E perché faccio parte di questo sistema anche io, volendo volontariamente farmi prendere in giro? Ironico, davvero ironico e stranamente difficile da comprendere. Ancora una volta, devo supporre di aver fatto male i miei calcoli perché il peso che do alle sue parole -che suonano proprio come una promessa- è forse troppo grande... eppure va bene così - brava, non provarci più- ricambio quella stretta come sempre, mi sciolgo dall'abbraccio solo per condurla al lago. Ci sediamo alla riva, guardiamo la superficie dell'acqua incresparsi appena mentre i miei racconti di infanzia, quei frammentati ricordi che ho, prendono in un certo senso vita. Ne parlo guardando i luoghi in cui quei stessi ricordi si sono formati ed è strano, è un'esperienza mai fatta prima - devo apparire come una persona davvero buona ai tuoi occhi - mi inumidisco rapidamente le labbra mentre la guardo, un po' come a voler trattenere il suo sapore. Mi parla di me stesso e di come in alcuni contesti riesca ad essere una persona completamente diversa da quella che lei è abituata a vedere. Ci rifletto per un attimo, mi soffermo a pensare - ogni tanto non capisco se tu tiri fuori il vero me stesso o se invece sei l'unica che riesca a farmi provare determinate cose - questa volta lo dico con voce sospesa, come se stessi effettivamente valutando le possibilità, come se stessi indagando la mia vera natura. È solo che pensavo di conoscermi davvero molto bene prima di incontrare Daphne, ma adesso tutto sembra messo in discussione. Il mio flusso di pensieri viene interrotto da ciò che Daphne sceglie di aggiungere poco dopo, un qualcosa che non mi aspettavo dicesse a voce alta e che sul momento mi fa sorridere. Gelosia, eh? Gelosia o forse possessività? Forse entrambe, un po' come quelle che provo io quando la vedo relazionarsi con altri ragazzi all'infuori di me. Anche la serpeverde prova queste sensazioni, la cosa mi sorprende solo in parte: nei nostri momenti più intimi, non manchiamo di dirci quanto apparteniamo l'uno all'altra. Non sono frasi di circostanza, dettate dalla passione del momento, ma è qualcosa in cui entrambi crediamo davvero - non oso immaginare in quale stronza potresti trasformarti- e forse un po' in questo la sottovaluto, non saprei, ma considerato quanto mi piace darle tutte le mie attenzioni dubito che ci sarà mai il rischio di scoprirlo. Incontro le sue labbra sorridendo prima di schiuderle e assopararla appieno, ormai i baci per noi sono come un sorta di punteggiatura in mezzo ai vari discorsi che affrontiamo. Mi aveva raccontato dei ricordi di cui è stata privata, ricordi importanti che riguardavano il fratello che aveva perso e per cui, silenziosamente, soffriva - vupi recuperarli tutti, un giorno? - perchè io penso invece che alcune cose sia meglio lasciarle andare per sempre, che restino nel passato a cui appartengano così da non turbare il presente. Forse sono diventato indifferente ai miei ricordi persi, o forse sono solo troppo codardo per affrontarli.
    È facile distrarsi quando lei decide di essere così provocatoria; con ogni movimento che fa alimenta le mie fantasie e il mio desiderio, mi assale una sorta di dolce sofferenza la cui consolazione è sapere che alla fine ne varrà davvero la pena - al punto da essere pericoloso, Daphne - le rispondo a voce bassa mentre lei si concentra sulle mie labbra facendo scorrere su di esse la sua lingua bollente, anticipando qualcosa si più che entrambi sappiamo volere. Incuranti di dove ci troviamo, la nostra sola priorità diventa l'altro: le mani scorrono, le labbra non sembrano volersi separare neanche per un attimo e invece si cercano con insistenza. Nonostante conosca il suo corpo a memoria, quando insinuo le mani al di sotto del suo maglione le accarezzo il seno con la stessa intensità di sempre con l'intenzione di darle piacere. Mi stacco dal suo collo su cui invece mi ero fiondato voracemente e ammiro il risultato delle mie attenzioni, la sua pelle arrossata e a tratti leggermente violacea. Apprezzo persino quella leggera pressione Tutto il suo corpo inizia a muoversi, inizialmente su di me, poi scorrendo verso il basso facendomi immaginare quali siano le sue intenzioni. Non oso fermarla, sono come ipnotizzato da lei, da ogni minuscola sensazione della sua pelle che sfrega contro la mia e l'ipnosi sembra farsi attimo dopo attimo più profonda. Non riesco a fare altro se non a pronunciare il suo nome con un filo di voce e lasciare che quel piacere mi scuota da dentro. L'attiro a me praticamente subito e improvvisamente, quasi come non fossi stato deliberatamente io a sceglierlo, ci troviamo catapultati nella mia stanza, sul mio letto, dove prendo a darle tutte le attenzioni che voglio. Mentre la mia bocca è occupata sul suo seno, sento che la libera viene condotta sull'altro che accarezzo, stringo improvvisamente come se una strana pulsione animalesca avesse preso il sopravvento. Qui non c'è più niente a fermarci, dentro questa stanza non dobbiamo trattenerci. Comincio a pensare che qui, fra queste mura, posso farle quello che voglio. E che lei, se lo vorrà, potrà farlo a me. La voce della serpeverde riecheggia nella stanza, quei piccoli suoni di piacere che emette mi fanno soltanto desiderare di essere l'unico che potrà mai sentirli. Forse è la forza di questo pensiero egoistico a spingermi a distendermi sul suo corpo con tanta irruenza, attimo per attimo la ragione si annebbia lasciando spazio al malizioso desiderio di possederla in ogni modo possibile. I sui occhi si fanno languidi, in perfetta sintonia con i miei. Faccio aderire i nostri corpi e sospiro a bocca schiusa per quella sensazione di benessere che inizio ad avvertire stando a contatto con la sua pelle. Ed è guidato da queste sensazioni che faccio scorrere le dita sul suo mento, sulle sue labbra che l'indice schiude così che lei le possa accogliere nel calore della sua bocca. La sensazione è rovente, umida, morbida... mi avvolge appieno, è quasi un peccato ritrarre le dita. Non aspetto risposta a nessuna delle mie domande, impaziente di andare oltre e di vedere la sua espressione cambiare a causa del desiderio, a causa mia. Forse è questa una delle parti che preferisco quando facciamo l'amore.
    I suoi polsi sono bloccati, la costringo a rispondermi e la vedo avere qualche difficoltà nel mettere due parole in fila. Sorrido appena a vedere l'effetto che le fa il fatto che io la stia toccando. La bacio ancora, succhio le sue labbra trattenendole fra le mie; sono gonfie, arrossate, dolci come sempre, o forse anche un po' di più. Non lo so, non è facile riflettere nel mio stato attuale. E nonostante senta letteralmente il desiderio consumarmi dall'interno, mi prendo il tempo di fare le cose con calma, di rallentare in ritmo solo per tormentarla - e tormentarmi - un po' con una piacevole ma dolorosa attesa. Chissà, forse sto anche scoprendo di essere un po' masochista in fondo. Certo, Daphne rende tutto più difficile: mi sento improvvisamente tirare verso di lei, questo grazie alle mie difese basse e al suo intreccio fermo ed insistente intorno al mio bacino. Resto senza parole, l'unica cosa che lascia le mie labbra è un sospiro pesante, la stretta intorno ai suoi polsi si fa più forte. Mi sto trattenendo. Per cosa? Puro masochismo, il mio. Non dico niente, il mio corpo reagisce alle sue carezze e provocazioni e si muove verso di lei quasi come se avesse una coscienza sua. La bacio con irruenza e mentre la mano destra e impegnata a darle piacere, la sinistra inizia a liberare i suoi polsi. La mia è una scelta obbligata, perchè ora che una certa idea si sta delinando nella mia mente mi serve la mano per recuperare una maglietta dal cassetto affianco al letto. Procedo a tentoni per qualche secondo, prendo la prima che riesco a sentire e poi, quasi improvvisamente, anche l'altra mano si ferma. Le lascio un morso sul mento prima di poggiarmi sui gomiti, ai lati del suo viso. Mi tiro su, continuo a non dire una parola ma Daphne potrà iniziare a sentire il tessuto della maglia scura che le sfiora il viso - dicono che quando un senso viene annullato, tutti gli altri si affinino - il mio petto si poggia sul suo mentre quella specie di benda improvvisata le cala sulla fronte e poi a coprirle gradualmente gli occhi.
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    Non so come potrebbe reagire una come lei, una che sa benissimo cosa vuole e che di solito si muove per ottenerlo. Eppure desidero che si lasci andare a me. Le sfioro il lobo dell'orecchio destro con le labbra, mentre le mani vanno a stringere un debole nodo dietro la sua testa, qualcosa da ci probabilmente si libererà presto ma che almeno per un po' contribuirà ad aumentare l'intensità dell'esperienza. Mi sollevo ancora su di lei, guardarla in questo istate è un onore. Lascio una scia di baci in mezzo ai suoi seni, sul suo ventre e poi, di nuovo, le mie mani si staccano dal suo corpo. Lei non può vederlo, ma potrà certamente sentire il suono leggero dei miei pantaloni che scendono giù lungo le mie gambe lasciandomi libero di muovermi. Così come potrà sentire la mia eccitazione sfiorare la sua quando mi abbasso di nuovo su di lei e ora, all'improvviso, le mie mani posarsi rispettivamente sul suo fianco e poi, di nuovo, sul suo polso che tengo ben fermo contro il materasso - sei mia Daphne - lentamente, inizio a scivolare in lei - solo io posso farti questo - ancora, scivolo ancora dentro di lei e sospiro a denti stretti gettando la testa all'indietro. Nonostante sia lei quella che non riesce a vedere, tutto questo è ancora più eccitante anche per me. Poi una spinta decisa, la mia mano sul scivola sul suo collo, si poggia sulle sue clavicole mentre continuo a mantenere un ritmo lento. Mi abbasso su di lei, respiro il profumo che emana la sua pelle, passo la lingua sulle sue labbra per poi baciarla ancora con foga. Il suo corpo si contrae sotto al mio, sento le sue gambe stringersi sempre di più intorno al mio bacino. Sento di star impazzendo, sento di fare una grande fatica a mantenere il ritmo lento che ho imposto ad entrambi. Così accelero, inizio a darle ciò che mi ha chiesto, gradualmente. Abbasso il viso fino a sfiorare il suo, afferro il suo sedere spingendolo in alto e costringendola così a seguire i miei movimenti - lo senti? è così che ti piace? - non mi sento più me, mi libero da ogni inibizione come se fossi in uno stato di trance. Però mi piace. Mi piace morderle il collo, lasciare i segni del mio passaggio sulla sua pelle. E voglio che anche lei mi dica quanto le piace.


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    Mi sono sempre definito una persona coerente, coerente con sè stessa e con gli altri. Soprattutto con gli altri: mediamente le persone hanno tutte la stessa opinione su di me, ai loro occhi non è difficile inquadrarmi e definirmi come un ragazzo dall'aria intellettuale che ignora ogni cosa intorno a sé che non ritiene degna della sua attenzione. In qualche modo, non mi sento di dire che hanno totalmente torto... c'è del vero nel modo in cui appaio. Tuttavia sono sempre stato molto consapevole dell'altra parte di me, quella che invece ho tenuto privata e riservata a poche persone forse perchè mi sento più a mio agio così, lo preferisco. Non pensavo che mi sarei ritrovato a giustificarmi per questo mio modo di agire così freddo e distaccato, ero convinto di averci fatto pace e di non vederlo più come una difetto, ma come una caratteristica e basta, senza particolari connotazioni. Persino con mia sorella non mi era successo di riconsiderare come sono, probabilmente perchè mi sono adagiato sulla consapevolezza che lei mi accetterà a prescindere, qualsiasi sia il mio carattere. Forse l'ho dato troppo per scontato, finendo per non considerare che qualcun altro di molto importante per me potrebbe aver mal interpretato le mie azioni. Una parte di me lo vede possibile, mentre l'altra si chiede come Daphne, fra tutti, abbia potuto sentire del disagio da parte mia, devo aver pesato male i gesti. Eppure, l'attimo dopo essermi in qualche modo giustificato, sembra che tutto fosse nient'altro che uno stupido fraintendimento. Fisso il mio sguardo nel suo quando si avvicina a me, le labbra schiuse respirano la sua stessa aria che, calda, mi sfiora la bocca. Resto a guardare la sua, carnosa, prima che quella piccolissima distanza venga eliminata: il suo calore mi riempie la bocca, i suoi capelli si intrecciano fra le mie dita in una stretta che sembra impossibile da sciogliere e così avvicino il mio corpo al suo, ancora un po', per sentirla meglio - con te sono diverso - sorrido con la fronte poggiata alla sua e la mano ancora ferma sulla sua nuca. Sono diverso, sì, e mi piace come sono quando sono con te. - Farò del mio meglio - ricambio il suo sguardo pieno di desiderio, lo stesso che è molto facile scorgere nei miei occhi e nei miei gesti, nel modo in cui continuo a schiuderle le labbra con la lingua e nel modo in cui le mie mani scorrono lungo il suo corpo. Lascio che sia proprio quello a parlare, il corpo, che riesce ad essere più onesto di me.
    Sulla strada verso quello che posso definire un luogo speciale, le parlo di mia madre accennando alla maschera fatta di sorrisi e buonumore che ha indossato per anni. Chissà quando ha iniziato, chissà quando è stata la prima volta che guardandosi allo specchio ha deciso di vestire il ruolo di una persona che non è. Chissà se invece adesso, dopo tutto questo tempo, sta pagando le conseguenze della sua decisione. Sono domande che mi pongo, è vero, ma non mi impegno a cercare una vera risposta. E se non lo faccio io, se io per primo non spendo le mie forse a detestarla neanche Dpahne deve farlo. La fisso per un momento, sollevo una mano per sfiorarle il viso, c'è una grande certezza nelle sue parole... e tantissima sincerità - voglio lo stesso per te - voglio che nessuno la ferisca, sia esso un parente, un amico, uno sconosciuto. Io e lei la pensiamo allo stesso modo sul destino che è toccato a quella donna. Poi, per un attimo resto immobili davanti alle parole che pronuncia in seguito, le labbra restano schiuse liberando solo una debole nuvola di condensa causata dal freddo - ...Daphne - pronuncio il suo nome con fermezza, a bassa voce - non puoi più farti indietro - poche parole, forse pragmatiche, forse non chiare, ma spontanee. Sono i miei pensieri e te li sto affidando tutti. Così la stringo a me quasi per trattenerla e non lasciarla andare più via; le sue labbra fredde contrastano con la temperatura che invece sento sul resto del corpo. Le mie mani le carezzano la schiena seguendo la linea della spina dorsale, dall'alto verso il basso e viceversa, poi la mia testa si abbassa a posarsi sulla sua spalla, l'altezza perfetta sia per lasciarle un bacio all'angolo della bocca, sia per sentire quelle parole, "io non ti lascio" . Risuonano nella mia testa con una forza che no avevo previsto, questo è quanto è importante per me.
    Continuo con naturalezza a raccontarle episodi randomici della mia infanzia che lei ascolta come se fossero le informazioni più importanti che abbia mai sentito. Mi piace quest'attenzione che mi dà, ho paura di abituarmici ma allo stesso tempo temo di averlo già fatto. Sorrido - andiamo, non pensi che anche io possa essere cattivo? - l'attiro a me cingendole le spalle con un braccio e voltandole il viso nella mia direzione, mi assicuro che mi guardi mentre le parlo - ti racconterò tutto quello che mi viene in mente - ed era quasi un peccato che ne avessi così pochi. Secondo la psicologa che mi seguiva all'epoca, si tratta di un meccanismo di difesa attuato dal mio cervello per conservare i ricordi preziosi e rimuovere quelli meno gradevoli, una strana selezione basata sull'inconscio. E quindi le mie memorie, per anni, sono tornante sotto forma di sogni... solo che è difficile distinguere il vero dal falso quando non c'è nessuno che possa raccontarti come sono andate davvero le cose. A volte è frustrante, ma sembra che anche a questo ci abbia ormai fatto l'abitudine. Poi, in tutta onestà, quando sento il sapore di Daphne per me quella diventa la mia unica priorità del momento - lo sei già. Non so se riesci ad immaginare quanto - era pericoloso. C'è qualcosa di pericoloso nella nostra relazione, me ne rendo conto. La stessa cosa che ci unisce così intensamente, un giorno potrebbe diventare la nostra rovina. Lo so, eppure sembra che io abbia già decido di andare incontro al mio destino sorridendo, fregandomene delle conseguenze. I pensieri iniziano ad abbandonarmi uno per uno quando i movimenti del suo corpo si fanno più intensi mentre si posiziona comodamente sopra di me. La mia testa si svuota, come solo lei è in grado di fare; dei mie ricordi perduti, di mia madre, non resta neanche l'ombra perchè adesso c'è solo il desiderio a guidare ogni mio movimento e a farmi pronunciare ogni parola. Passo la lingua sul pollice che lei stessa ha leccato poco prima, come a voler divorare avidamente il suo sapore. Il mio corpo reagisce immediatamente, la cerca, la desidera, e ora ogni mia azione è atta ad averla: le stringo con fermezza le cosce morbide per non farla scappare, per non permetterle di distaccarsi da me, neanche un momento. Vuole davvero farmi impazzire. Mi risponde con un forse che dovrebbe lasciare l'ombra di un'incertezza che ci mette molto poco a svanire: la mia lingua si muove in profondità nella sua bocca, accarezzandola, succhiandola, faticando a lasciarle tempo per prendere aria. Le do tregua solo quando mi avvento sul suo collo a lasciare il segno del mio passaggio su quella pelle bianca e calda, delicata, basta poco per segnarla e per me è un piacere guardare il risultato delle mie attenzioni. - Direi di sì... - alzo il bacino in moda che possa sentire meglio cosa mi provocano le sue attenzioni, le rimuovo gli strati più superficiali per potermi avventare successivamente sul suo seno: non c'è molta delicatezza nei miei gesti, è come se avessi fretta di farla mia.
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    In un attimo siamo quasi pari, mi ritrovo a torso nudo su un prato all'aperto, in un posto che in qualche modo rievoca quello del nostro primo bacio anche se di quell'insicurezza non c'è più la minima traccia. Adesso è tutto diverso, Daphne non si vergogna a mostrarmi il suo desiderio e io non mi vergogno a mostrarle il mio: dai suoi movimenti capisco facilmente le sue intenzioni, resto a guardarla con le labbra schiuse mentre si sposta verso la mia evidente eccitazione, fregandosene di dove siamo, senza porsi alcun limite. Quando la sua lingua rovente tocca la mia pelle, stringo i denti, serro la mascella. E quando avverto il calore dell'interno della sua bocca, mi lascio andare in un soddisfatto sospiro a denti stretti - Daphne... - oddio, cosa mi fai. La mano libera, quella che non è intrecciata alla sua, si insinua fra i suoi capelli stringendoli appena, si allarga contro la sua testa e seguendone i movimenti, a volte lenti, a volte tanto intensi da farmi contrarre i muscoli del corpo e costringermi a gettare la testa all'indietro per il piacere. La sensazione continua a crescere in modo esponenziale, quando inizia a diventare insostenibile la presa sulla sua testa si fa più ferma, la spinge ad andare più a fondo. Deglutisco rumorosamente, tengo le labbra schiuse come se stessi boccheggiando alla ricerca d'aria e quando arrivo all'apice un suono gutturale mi lascia le labbra, le contrazioni si fanno più frequenti, la mano è ancora ferma sulla sua nuca come a voler prolungare quel piacere che mi godo per intero, chiudendo gli occhi. Il mio respiro è pesante mentre la guardo risalire. Cosa hai appena fatto? Cos'era? Se mi fai provare qualcosa di così intenso, dubito che riuscirò mai a farne a meno. Il mio pollice scorre sulle sue labbra quasi a volerle ripulire ma, allo stesso tempo, ammirare. Dovrei avere freddo, eppure non lo percepisco. Mi ruba le parole dalla testa prima di riprendere a baciarmi intensamente. Dura un secondo, il pensiero che guida le mie azioni, dura appena un secondo: mi smaterializzo indietro al cottage, per essere precisi sul letto della mia stanza al piano superiore. La luce è soffusa, c'è uno strano bagliore bluastro che proviene dall'esterno, un bagliore innaturale creato grazie ad un incantesimo che fa sembrare la stanza immersa sott'acqua. Per tutte le pareti, si vede il tremolio intermittente causato dalla luce stessa. Non lo vedo, vado a memoria, Perchè la mia attenzione è tutta focalizzata sulla serpeverde: seduto sul letto prendo a baciarla e ad intrecciare il suo corpo con il mio, la costringo a salire a cavalcioni su di me mentre le sfilo il maglione e procedo a lanciarlo sul pavimento. Le mie mani esplorano ogni centimetro del suo seno, del suo busco, dei suoi fianchi; le mie labbra scendono lasciando una scia umida sul suo mento, sul petto, passando fra i seni e poi sui capezzoli che stringo appena fra i denti. Spesso alzo lo sguardo su di lei, osservo le sue reazioni mentre la distendo sotto il peso del mio corpo. Così, sorreggendomi con le braccia, la guardo stesa sotto di me con i capelli fuori posto a circondarle il volto - dimmi cosa vuoi - glielo sussurro guardandola pieno di desiderio, trattenendomi quasi dall'avventarmi su di lei. Voglio sentirla, voglio sentire cosa le dà piacere. Ma non posso restare fermo troppo a lungo: le schiudo le labbra con la lingua e poi, quasi con prepotenza, lascio scorrere in essa due dita costringedola a leccarle. I suoi occhi mi comunicano già cosa vuole, però - voglio sentirlo - glielo sussurro. Con un movimento rapido, sollevo le sue braccia sopra la sua testa tenendole ferme per i polsi. Mi abbasso su di lei sfilando le dita dalla sua bocca, per lasciare spazio alle mie labbra che bloccano le sue in un morso. Le dita umide si spostano fino ad insinuarsi nei suoi slip dove, con soddisfazione, incontro la sua intimità e sento tutta la sua eccitazione mentre la mia la sfiora nel suo punto più sensibile. Le dita entrano in lei, improvvisamente. So di aver detto che avrebbe dovuto dirmi lei quello che voleva, ma la tentazione è stata troppo forte. Un paio di spinte convinte si alternano ad altre più dolci, le dita scivolano fuori dandole una tregua. L amia lingua scorre sul suo collo, su fino ad avvicinarsi al suo orecchio - dimmi cosa ti piace - le mordo il lobo, le dita tornano a muoversi in lei con movimenti irregolari come fossi in attesa, in una sofferente attesa.


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    Il fascio di luce inizia pian piano a dissiparsi per lasciare il posto alla figura della mia compagna... di cui l'altezza ad occhio e croce mi sembra la stessa, i contorni al cento per cento umani... insomma, un fallimento. Tranne per un piccolo dettaglio: anche io come chi prima di me, sono riuscito a trasfigurare solo una parte del suo corpo, ovvero le orecchie. Storco il naso per l'evidente errore nel lanciare l'incanto, ma per fortuna quantomeno non si e trasformata in qualche ibrido strano non meglio definito. Posso reputarla una vittoria? Non credo, mi attribuisco un generoso (almeno dal mio punto di vista) venti per cento di successo - tutto bene? - faccio per avvicinarmi alla grifondoro, giusto per valutare che davvero non ci siano altri ripercussioni. Sembra di no, così la Lynch arriva anche questa volta a riportare tutto in ordine insieme ai suoi bicchieri d'acqua. Andrà meglio la prossima volta dice Halley ma io, che da sempre sono stato un perfezionista eccessivamente severo con me stesso, non riesco molto a consolarmi con questa prospettiva. Magari è la stanchezza, magari la ragazza ha ragione e davvero andrà meglio la prossima volta. Intanto, mi guardo intorno come a voler concentrare la mia attenzione su altro che, come sempre, ricade sulla bionda di serpeverde che non sembra neanche lei molto soddisfatta del suo risultato. Le rivolgo un lieve sorriso con un'altrettanto leggera alzata di spalle, un "poteva andare meglio" velato che però non riesco ad esprimere a parole a causa dell'intervento dell'insegnante. Procede infatti nel dirlo cosa dobbiamo fare, ancora un'incantesimo prima che la lezione finisca, questa volta su un animale da riportare al suo stato originale. È un coniglio su ruote, letteralmente, una delle sue zampe è stata trasfigurata in una ruota di bicicletta incredibilmente sproporzionata alla sua figura. Insomma, è molto goffo, non sembra neanche riuscire a muoversi - non deve essere molto piacevole... - mi fa un po' pena vederlo in questo stato, motivo per cui mi posiziono subito davanti all'animale per cercare di rimetterlo a posto il prima possibile. Prima ovviamente faccio i miei soliti tentativi a vuoto per allenare il movimento, poi tocca al momento della concentrazione che almeno all'inizio fatico a trovare. Il precedente fallimento mi ha alquanto indisposto, ma devo sfruttare l'occasione per riuscire almeno in questo - reparifarge! - un flebile fascio di luce viene emanato dalla bacchetta, flebile inizialmente, poi più convinto, graduale, fino a quando in velocità non colpisce l'animale. Non ha più una ruota di bicicletta al posto della zampa, e anche lui sembra essere stupito quanto me dell'accaduto perché pensavo che non avrebbe funzionato. Sembra che alla fine qualcosa di buono sia riuscita a farla. Devo davvero passare dall'infermeria? Non lo so, ma preferirei di no. Ma Daphne non se ne dimenticherà mai. Però... potrei sempre provarci; tenenendo gli occhi sul coniglio affinché non salti via, mi allontano di qualche passo per avvicinarmi invece alla serpeverde a cui annuncio la mia presenza sfiorandole una spalla - mi accompagni da Whisky dopo? - tengo la mano poggiata sulla sua spalla e la guardo con gli occhi di chi spera che assecondi la mia proposta. Chissà se ci riuscirò davvero a distrarla.

    Hunter Moore, V anno, corvonero.

    Gli rode abbastanza per aver sbagliato l'incanto e si avvicina ad Halley per assicurarsi che non abbia altri effetti collaterali.
    Ascolta la spiegazione per il prossimo incantesimo e poi lo prova sul coniglio: l'oncanto è riuscito ma con un po' di fatica, probabilmente a causa della stanchezza di Hunter? Non lo so, maybe?
    Interagito con Daphne a fine post rivolgendole l'espressione più ruffianache riesce a tirar fuori.




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    Ma ciao benvent* fra noi! Università, cruccio di tutti noi... buona fortuna!
    Hai già pensato a che personaggio portare? Sappi che qua siamo tutti molto curiosi ✨️
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    Chloe Laincourt

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    Chloe conosceva bene la sua interlocutrice. Non sapeva dire se fosse cambiata nel corso di quegli anni in cui non l'aveva frequentata, ma questo stava cercando di capirlo attraverso le sue risposte. Per il momento, da quel poco tempo che stavano condividendo, era emerso che Ellen era rimasta sempre la stessa, forse i suoi occhi si erano fatti ancora più gelidi per via di quella oscurità che come un parassita la consumava dall'interno. Era sempre stata una donna che aveva in mente una lista di priorità ben definita, una lista non soggetta a modifiche di alcun tipo se non dettate dalla volontà della donna stessa. Niente e nessuno - e questo Chloe poteva darlo per certo - avrebbe scombinato le priorità della sua lista. Quindi la mora non si aspettava davvero che nove anni prima, quando le furono messe le catene ai polsi, qualcuno sarebbe arrivato a salvarla. Soprattutto non Ellen. Un sorriso pragmatico, come quelli di sempre, precedette le sue parole
    «immagino che adesso la tua lista di priorità sia cambiata» ed è per questo che ti trovi qui. Chloe sapeva bene che la bionda avrebbe potuto chiederle qualsiasi cosa in quel momento, perché lei aveva qualcosa che le mancava: la libertà di scelta. Quei fili luminosi che le circondavano i polsi, l'avevano privata della libertà che adesso bravata quasi con disperazione. Ma mai, mai per nessun motivo al mondo, avrebbe lasciato che un barlume di quel sentimenti si potesse intravedere dall'espressione fiera che la caratterizzava. Sapeva di essere in svantaggio, di non essere lei quella a poter cambiare le sue stesse sorti, e questo la feriva forse più di non poter vedere i suoi stessi figli. Eppure, l'ironia della sorte vuole che siano proprio loro a trasformarsi nella chiave per la libertà, nella sua via di fuga dal quel posto lercio in cui era stata rinchiusa. Le orecchie della donna erano ben concentrate sulle parole dell'altra, chiare, inequivocabili. Si limitò a farsi sfuggire una risata sommossa quando Ellen fece allusione alla possessività della figlia, questo perché era consapevole di quanto Hunter dal canto suo fosse legato alle sue cose. Questo però non lo avrebbe detto, non avrebbe aggiunto altro così da lasciare ad Ellen il divertimento di scoprirlo da sola. Tornò poi a concentrarsi, le dita tamburellano sulla superficie seguendo i ritmi dei suoi pensieri, più veloci di qualsiasi parola potesse pronunciare «sono così buone, queste premesse?» fece poi ad interrompere il monologo della bionda «vorrei accertarmene di persona prima di giungere a qualsiasi conclusione, se non ti spiace» che le spiacesse o meno, non aveva davvero importanza: Chloe non amava non osservare le cose da vicino, non amava nemmeno delegare agli altri lavori che invece avrebbe preferiti seguire in prima persona. Potendo scegliere un dono da ricevere avrebbe optato per l'obiquità, così da essere in ogni luogo in ogni momento e avere tutto sotto controllo. Ahimè il mondo dei maghi era si grande e sbalorditivo, ma anch'esso aveva degli stupidi limiti che ogni tanto stavano stretti a Chloe, così ossessionata dal superare se stessa «tuttavia...» la mora prese a valutare le sue possibilità «la posizione in cui mi trovo attualmente non mi permette di avere grandi pretese» era la prima volta che durante quel colloquio Chloe aveva allentato la corda, fatto un passo indietro e sfruttato la logica che tanto le era cara per ottenere il massimo da quella situazione. Prese a guardarsi intorno, come se fosse alla ricerca di qualcosa. Fantasticare già di vedere il mondo fuori da quelle parete grigie e sporche, e considerando la proposta avanzata da Ellen, il prezzo da pagare non sembrava neanche così caro. Era normale per persone come lei, persone come loro, cercare sempre la fregatura in un accordo a primo acchito troppo conveniente. Così posò nuovamente lo sguardo sulla sua interloquotrice, mentre dalla sua bocca usciva un suono basso pronunciato a labbra strette, un mormorio che poteva dirsi essere il suono dei suoi pensieri «pensa a preparare un contratto adatto. La mia prima condizione, è che mio figlio non sarà mai un membro della tua famiglia, mai. Ciò che è mio, resta mio. Sono io ad avere la prima e l'ultima parola su quello che lo riguarda» la chiarezza e la freddezza nella voce della mora non lasciavano dubbi su quanto su quel punto fosse irremovibile. Si fermò solo per un breve momento prima di procedere con le sue richieste «la mia seconda condizione, è che prima mi fai uscire da qui. Non pensare ad un probabile tradimento Ellen, andiamo, non sono così stupida: sapresti dove trovarmi e io ho troppo da perdere per venire meno al nostro patto» Lione, il suo luogo di origine, sarebbe stato il primo posto in cui guardare. Poi bastava indagare fra le fila dei suoi collaboratori, e la fuggitiva francese sarebbe presto tornata nella cella di una lurida prigione. A quel punto, si sporse leggermente in avanti e, nonostante il movimento improvviso mise in allarme la guardia, a Chloe bastò freddarla con lo sguardo perché ritornasse al suo posto. Sembrava che l'intelligenza non rientrasse fra i requisiti di accesso per entrare a lavorare ad Azkaban «in fondo Ellen, creso che tu abbia altre ragioni per farmi evadere. Un accordo matrimoniale così facile? Davvero?» un contatto matrimoniale fra due ragazzi che, a quanto sembra, già si amano «sta succedendo qualcosa... non è così?» i gomiti si poggiano al legno, le mani si incrociano sotto il mento per sostenerlo e sul volto di Chloe torna l'ombra di un sorriso che a questo punto sembra quasi la naturale curvatura delle sue labbra. Restò in ascolto chiedendosi se Ellen avrebbe davvero risposto alle sue domande. Nel caso in cui le sue ulteriori morivazioni fossero legate a qualcosa di personale, non era così convinta che la donna avrebbe sputato il rospo così in fretta. Infatti non si aspettava altri dettagli, ma prima di uscire di lì avrebbe cercato di ottenere più informazioni possibile.


  8. .
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    Daphne sapeva essere anche apprensiva quando voleva esserlo, me lo aveva dimostrato svariate volte nei momenti in cui le ho mostrato il peggio di me; la sua preoccupazione, quell'ansia di non sapere cosa fare per farmi stare meglio, l'avevo avvertita forte come un'improvvisa fitta al petto, quasi fastidiosa, scomoda, inquieta. E io continuo a farla preoccupare, nonostante i miei sforzi sembra sempre esserci qualcosa che non fa che creare fastidi sia in me che, di conseguenza, in lei. Sospiro, consapevole di non poter vincere questa battaglia - se ti può tranquillizzare... va bene, passeremo dall'infermeria. Ma vedrai che sarà un viaggio a vuoto - le passo una rassicurante mano fra i capelli prendendo alla leggera quel problema che, ne sono sicuro, è solo dovuto alla mia testa incapace di prendersi un vero attimo di pausa.
    Ora devo recuperare tutta la concentrazione necessaria per superare la lezione, trasfigurazione ne ha davvero bisogno. In realtà non è neanche un male che io venga trasfigurato per primo, così posso prendermi ancora un attimo di tempo per prepararmi a quando sarò io a dover sperimentare con l'incanto. Intanto la Riis sembra prendere le mie parole alla leggera e non manca di rispondere con ironia. Quella che però sembra prenderla male in realtà è la grifondoro, Halley, l'amica con cui Daphne aveva passato il capodanno e che fino a quel momento non aveva aperto bocca. Evidentemente qualcosa deve averle fatto venire la voglia di intervenire, anche se ignoravo completamente cosa. Aggrotto le sopracciglia non vedendoci un gran senso nelle sue parole - non mi sembra che io e Daphne andiamo in giro a commettere atti osceni, non siamo neanche le persone più giuste per farlo - quindi, a cosa si riferiva la ragazza? Ai baci, alle carezze o al fatto che ci teniamo per mano mentre attraversiamo i corridoi? Cosa c'è di tanto diverso da quello che farebbe qualsiasi coppia? Mi è sembrato di vedere anche lei impegnata con un suo interesse romantico, quindi non capisco da dove viene l'acidità di questo commento. Comunque mi aspettavo un po' di più da lei, pensavo che conoscesse Daphne e che sapesse che lei non è quel genere di persona che darebbe spettacolo in giro... non penso ne sarebbe molto contenta. Comunque decido di non approfondire, non è nè il luogo nè il momento migliore per farlo. Mi metto in posizione pronto a subire la trasformazione che, dopo un po' di prurito e fastidio generale, avviene in misura decisamente ridotta: la serpeverde è riuscita ad ottenere solo una coda, beh, sempre meglio che una strana trasfigurazione deforme dico io. L'intervento dell'insegnante riporta tutto con facilità alla condizione iniziale, afferro il bicchiere d'acqua che mi viene offerto con un tacito segno di ringraziamento. Quel formicolio fastidioso è ancora presente, scuoto un po' braccia e gambe come a volermelo scrollare di dosso ma non credo che la cosa stia effettivamente funzionando granchè. Una situazione temporanea comunque, qualche attimo dopo la sensazione si attenua fino a svanire; rafforzo la presa sulla bacchetta e ripeto il movimento dell'incanto un paio di volte in rapida successione mentre prendo posizione di fronte ad Halley. Le si legge in faccia quanto non stia saltando di gioia per questa infausta - secondo lei - accoppiata. Quanto a me, siccome non ho potuto lavorare in coppia con Daphne, poco importa il gruppo di cui faccio parte fin tanto che posso portare a casa un risultato quantomeno buono. In questo caso non sarà facilissimo, non lo è mai quando si tratta di trasfigurazioni - non preoccuparti se dovesse succedere, posso sempre lavarle - rispondo alle parole della grifondoro e mi concentro sulla sua figura, perchè ritengo che questo possa aiutarmi nella riuscita dell'incantesimo - farò del mio meglio - sorrido a pena consapevole del fatto che dico il vero. Mi impegno sempre quando si tratta di lezioni, non amo sbagliare, quindi anche se la ragazza non può saperlo può contare sul fatto che metterò tutta la mia buona volontà nell'esercizio.
    - Vado - alzo la bacchetta, sguardo fisso sull'obiettivo e
    - furitum! - un fascio di luce investe la grifondoro ostruendomi la vista. Pochi secondi, e sarà il momento della verità.

    Hunter Moore, corvonero, VI anno.
    Interagito con Freya, la professoressa e Halley. Avverte ancora il formicolio dovuto alla trasfigurazione quindi si prende un attimo per essere nel pieno delle forze. Dopo un simpatico scambio di battute con la sua amica del cuore Halley, si posizione e lancia il Furitum su di lei (nastrino bianco)


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    Riuscita del Furitum: 2
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      2
    • Inviato il
      21/2/2024, 19:07
      .Moore.
  9. .
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    - Aggiudicato per domani pomeriggio, nella speranza che non mi vapiti qualche altro corvonero troppo paranoico tra le mani-insomma, sono tempi difficili questi. Se poi consideriamo anche questa mia strana e costante stanchezza, la cosa di certo non migliora - infermeria? Non credo serva, vedrai che dopo qualche ora di riposo extra mi passerà- questo almeno è ciò che spero. Le tiro indietro una ciocca di capelli biondi per poi bloccarla dietro al suo precchio destro e provo a mostrarle il sorriso più rassicurante che riesco a mettere su. Sì, qualche ora di sonno in più è quello che mi serve.
    Entriamo in aula, poco dopo la lezione inizia senza troppi preamboli e la reazione della professoressa mi fa realizzare che ho appena chiesto qualcosa di molto stupido - Per la verità mi riferivo m alle trasfigurazioni inter-specie... per capire se esistono alcune creature in cui non è possibile trasfigurarsi, per esempio. È colpa mia, non ho specificato- ci tengo ad aggiungere velocemente provando anche una certa vergogna nel dare l'impressione di non sapere nemmeno una cosa tanto ovvia come la legge di Gamp. Appaio piuttosto confuso, aggrotto le sopracciglia e mi gratto la fronte; possibile fare un errore così? Devo dare la colpa alla stanchezza, è come se dormissi solo un paio di ore a notte e l'indomani non riuscissi ad essere al massimo delle mie forze. Questo è il risultato, un intervento a metà e distratto.
    Mi dico che non importa, quantomeno faccio finta di passare sopra alla cosa e concentro l'attenzione sulla lavagna davanti a me su cui l'insegnante scrive il nome degli incantesimi che tenteremo oggi. Presto la Lynch ci rivela qual è il ruolo dei nastrini, annuisco guardando quello bianco che stringo fra le dita per poi deglutire quasi rumorosamente non appena realizzo che dovrà essere un mio compagno a trasfigurarmi. Era ovvio, ma non ero pronto all'eventualità di permettere a qualcuno di trasformarmi in un animale. Nonostante la professoressa ci tenga a rassicurarci per un attimo, istintivamente, guardo Daphne nella speranza che sia lei a lavorare in coppia con me, una persona fidata e capace. Intanto, terminata la spiegazione, conviene iniziare a provare i movimenti necessari visto che prima o poi capiterà proprio a me di dover trasformare qualcuno in furetto. Il primo, quello che dovrebbe trasformartiin scarafaggio, sembra decisamente più facile del secondo: lo testo pronunciando a voce bassa l'incanto, il movimento si fa man mano più sciolto dopo un paio di tentativi. Il secondo richiede un tentativo in più, giusto per assicurarmi di non sbagliare il senso dell'incanto quando dovrò effettivamente usarlo. Anche questa volta qualche tentativo dopo, la professoressa ci ferma e annuncia finalmente quali sono le persone con cui dovremo lavorare. Il mio è un gruppo da tre, e fra i nomi non c'è quello di Daphne. Mi viene un po' da storcere il naso consapevole del fatto che con lei mi sarei sentito più a mio agio ma a quanto pare, la fortuna non è stata dalla mia questa volta. Mi giro a guardarla, nella sua direzione c'è già io ragazzo di Grifondoro che invece l'affiancherà durante l'esercizio. Guardo anche lui, non lo conosco bene. Piego leggermente la testa così che si avvicini a quella di Daphne - buon lavoro, a dopo - sorrido alla serpeverde e anche io raggiungo quelle che sono le mie aguzzine e vittime di oggi. Prima però trattengo uno sbadiglio coprendomi la bocca con le mani, sembra che io non riesca davvero a carburare oggi. Mi unisco alle ragazze, Riis e Wheeler, entrambe amiche di Daphne da quello che ho avuto modo di capire. Quanto a me, beh, non ho grandi legami con le due ma questo non sorprende - sì Riis, è corretto - annuisco accennando un sorriso di cortesia. Poi ci tiene ad aggiungere dell'altro, qualcosa riguardo al fatto che tengo spesso Daphne lontano dalla sua stanza alludendo chiaramente al tipo di "attività" che svolgiamo insieme. Poco dopo ci raggiunge anche il terzo elemento, la grifondoro che sembra aver sentito la battuta dell'amica ma che allo stesso tempo si trattiene dal dare sfogo a reazioni troppo palesi - non pensi che non dovresti immaginare il tipo di servizi che riservo a Daphne? - il mio è un sobrio, chiaro ma pacato modo di suggerire alla serpeverde di non fantasticare troppo su quello che avviene tra me e la sua amica. Poi aggiungo anche qua un sorriso, un modo per alleggerire la cosa ed evitare che possa prenderla sul personale. Non ho niente contro la Riis nello specifico, ma la mia natura mi obbliga a imporre dei muri fra me e chi non conosco bene. Non vorrei nemmeno farmi prendere in antipatia fin dal momento zero ma forse, temo, di aver già fallito nel mio obiettivo. La Wheeler invece è piuttosto silenziosa, non aggiunge altro e si limiti ad ascoltare. Nemmeno a lei penso di stare troppo simpatico ma forse è solo una mia sensazione, non ho così tanti elementi per poterlo dire.
    - Per me potete partire voi, non è un problema - lascio che le due ragazze si accordino fra di loro su chi inizierà per prima e alla fine, sembra che sarà proprio la verde argento ad aprire le danze. Mi chiedo quale sara il risultato di questa tarsfigurazione - come te la cavi in trasfigurazione? - chiedo, giusto per precauzione... ma magari chissà, diventare un furetto potrebbe anche essere divertente. È un pensiero strano, uno di quelli di natura intrusiva che ogni tanto si impongono sugli altri senza alcuna appartente logica. Però forse è proprio per via di questo pensiero che serenamente mi pongo davanti alla Riis, allargo appena le braccia e mi preparo ad essere il bersaglio umano del suo incantesimo. La ragazza si prepara, chiude gli occhi alla ricerca della concentrazione che mi auguro profondamente che riesca a trovare. Poi alza la bacchetta e in quel momento realizzo che sto per essere trasformato in un furetto, nella migliore delle ipotesi almeno. La prima istintiva reazione è quella di stringere appena gli occhi e fare un leggero scatto all'indietro ancora prima che il fascio di luce fuoriuscito dalla bacchetta possa colpirmi in pieno. Allora chiudo gli occhi per il fastidio, sento come una vibrazione, è così che immagino mettere le mani dentro una vasca di vermi, un sorta di solletico fastidioso che percorre tutto il corpo, e poi quando apro gli occhi... con mia grande sorpresa il mondo è ancora ad altezza uomo. O sono un furetto di un metro e ottanta, o qualcosa è andato storto. Cerco di capirci qualcosa dalla faccia della mia compagna ma anche lei pare perplessa e questo non mi aiuta particolarmente - quindi...? - mi guardo le mani: tutto regolare. Anche le gambe sono al loro posto. Allora passo i palmi aperti sul viso, e anche lì non sembra esserci nulla di strano, nè peli nè orecchie sulla testa - ma non ha funzionato? Cosa... - solo allora, quando le mani percorrono la schiena fino ad arrivare in fondo, realizzo di avere una parte in più: una morbida coda bianca con la punta marrone ondeggia spargendo dal mio fondoschiena - oh - è la prima reazione appena la vedo. È strana, si muove contro il mio volere e fino a quando non la vedo o tocco con le mani direi che nel mio corpo non c'è niente di diverso. Mi giro da una parte e poi dall'altra per toccarne la parte più alta, effettivamente sento qualcosa, come se fosse effettivamente parte di me da sempre - beh... quantomeno è una bella coda, poteva andare peggio - faccio rivolgendomi alla serpeverde che a quanto pare non è riuscita ad ottenere una trasformazione completa. Poteva effettivamente andare molto peggio di così, non c'è tanto da scherzare quando si tratta di trasfigurazioni.

    Hunter Moore, Corvonero, VI anno.

    Interagito direttamente con Daphne quando sono ancora nel corridoio fuori dall'aula. Si corregge per la domanda poco precisa e dà la colpa al sonno per la distrazione. Poi raggiunge Freya e Halley per l'esercizio. Interagito direttamente sia con Freya che con Halley (non vuole essere antipatico ma rischia di esserlo 🥲) si concede come vittima sacrificale. Il risultato dell'incantesimo è che l'unica cosa da furetto che appare, è una carinissima coda.
    Nastrino bianco




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    Essermi assentato per le vacanze di Natale mi ha catapultato in uno strano varco temporale; ho lasciato il castello pensando di passare le feste altrove e ho fatto bene, anzi, benissimo grazie ad una certa serpeverde... ma al mio rientro, ho notato un'incremento del tasso di nervosismo fra le mura del castello, ed è tutto cambiato così rapidamente per via dell'evento tragico capitato al banchetto. Sono stati solo alcuni giorni, ma sembra passato un anno o qualcosa del genere. Ci sono sempre stati battibecchi fra studenti, soprattutto fra i più piccoli che si emozionano quando scoprono cosa è in grado di fare la loro bacchetta ma ultimamente le questioni si fanno più personali e sono stati costretto ad intervenire anche per faccende più serie. Ormai molti dubitano anche del proprio compagno di banco ed ogni occasione è buona per puntare il dito. Non capisco addirittura se qualcuno se ne approfitti forse solo per avere un pretesto per buttare sugli altri la sua rabbia - hanno tutti perso il senno per caso? - faccio a Daphne non appena esce dalla porta del dormitorio serpeverde, lanciando anche un'ultima occhiata di disappunto ai due corvonero che anche oggi sono stato costretto a separare. Un diverbio fra famiglie, diventa un possibile movente di omicidio. Nonostante capisca che l'equilibrio della scuola è stato intaccato, per i miei standard è tutto estremamente insensato e illogico. Le rogne dell'essere prefetto.
    Adesso che anche questa crisi è stata scongiurata con successo, posso dedicarmi a Daphne e salutarla come si deve. La sorreggo stringedola dai fianchi accompagnando il suo movimento e avvicinandomi allo stesso tempo alle sue labbra per accogliere il suo bacio. Ci siamo visti appena qualche ora fa ma a noi non importa, se ci vedessero dall'esterno qualcuno potrebbe dire che questo è un abbraccio di ricongiungimento dopo giorni di distanza. Lo penserei anche io se mi vedessi dall'esterno, o forse penserei che sono cambiato in modo che non avrei mai pensato. Sento il suo sapore sulle sue labbra e io solito profumo floreale riempirmi le narici - Daphne - ricambio il saluto allo stesso modo, pronunciando il suo nome a voce bassa. Le sfioro le labbra con il pollice prima di affiancarmi a lei prendola per mano, così possiamo dirigerci verso la prossima lezione di oggi. Il sole è alto nel cielo, la luce illumina i corridoi e quando non ci sono litigi da sedare è anche piacevole camminare in giro - oh, sì. Stavo per perdere le speranze, ma l'ho trovato in una piccola libreria ad Hogsmeade per un paio di dobloni. Ti ci porto se vuoi, ha titoli interessanti- talvolta si trova la merce migliore nei posti più impensabili. La guardo e sorrido, Daphne sa apprezzare un buon libro e sono sicuro che troverebbe qualcosa che la incuriosisca. Riesco a scorgere in lontananza la porta dell'aula, normalmente avrei un passo più spedito ma oggi sembro procedere a fatica. Sento le gambe pesanti, è come se avessi dormito troppo poco... eppure non ho abitudini diverse dal solito - mh? Si nota tanto?- evidentemente sì, perché anche la serpeverde si è accorga che ultimamente non sono sveglio come dovrei. Sento anche un lieve bruciore agli occhi, tipico di quelle volte in cui dormo decisamente troppo poco - non saprei... nonostante dorma, è come se non mi riposassi davvero. Forse dovrei prendere qualcosa - se potessi, resterei con il viso poggiato sulla sua mano, chiuderei gli occhi e mi metterei a dormire. Purtroppo questo non mi è possibile: posso approfittare del calore della sua mano per qualche istante ma poi ma dovrò rimandare questo momento di relax a più tardi.
    La porta dell'aula è orma a pochi metri di distanza, sbatto rapidamente le palpebre per sintonizzarmi con il pianeta terra e poi avanzo con Daphne verso il brusio degli altri alunni arrivati prima di noi. Nonostante i cenni di saluto non siano rivolti a me ma alla ragazza alla mia sinistra, saluto anche io le facce conosciute e poi realizzo che la disposizione dell'aula non è la solita: i banchi sono posizionati ai lati dell'aula, al centro sono state lasciate le sedie, il che significa che forse ci servirà spazio per questa lezione. Lo scopriremo a breve suppongo. Sento la presa di Daphne farsi meno salda, le sorrido prima di prendere posto accanto a lei, una sedia con un nastrino bianco. L'argomento di oggi è la trasfigurazione umana, quindi non posso che prestare particolare attenzione almeno al massimo delle mie potenzialità, visto lo strano sonno che proprio non ne vuole sapere di lasciarmi in pace. Prendo un foglio di pergamena, una piuma e uso le mie stesse gambe come appoggio per scrivere qualche velocissima nota. Prendo la parola quando penso a qualcosa da poter aggiungere - una trasfigurazione umana inoltre richiede moltissima concentrazione e precisione. Il rischio è che la trasfigurazione non sia completa e che quindi il mago riesca a trasfigurare solo una parte del suo corpo in quella di un altro animale. Questa trasfigurazione prende anche il nome di inter-specie.
    Mi sembra di aver letto che nei casi peggiori anche stato stato possa essere irreversibile, rischiando di restare con solo una parte di corpo trasfigurata e non tutto il resto -
    mi preparo a segnare le eventuali risposte, anche quelle alle domande interessanti poste dagli altri. In particolare mi volto verso Freya quando nomina i maledictus. Non saprei come rispondere a riguardo. Si tratta di una trasfigurazione o si tratta più di una specie di timer per l'autodistruzione? Dal mio punto di vista è più la seconda, ma sono curioso di sapere che cosa ha da dire l'insegnante a proposito.
    - Professoressa esiste qualche caso specifico in cui una trasfigurazione non può assolutamente avvenire? Quali sono i limiti?-


    Hunter Moore, Corvonero, VI anno.
    Interagito con Daphne, arrivano in classe insieme mano manina e saluta con un cenno sia Halley che Freya.
    Prende posto dove si trova un nastrino bianco.
    Risponde alla domanda e ne fa un'altra a sua volta aspettando come un bravo secchione la risposta.



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    Sembrava così strano sentirle pronunciare quelle parole, ti amo, sembra anche così strano che ancora io me ne stupisca nonostante dirglielo sia in realtà tanto facile. Non ho mai vissuto niente del genere, me lo ripeto, me lo continuo a ripetere un po' con il timore che possa essere tutto momentaneo. Eppure nonostante ciò, la guardo sorridendo, stringendola fra le mie braccia e la sensazione non potrebbe essere più vivida. Ogni tanto mi chiedo se le mie emozioni le arrivino, perché esprimerle non è mai stato il mio forte. Fin da bambino non ero capace di esternare nè le emozioni negative nè quelle positive, ricordo che persino per un regalo mi risultava difficile- quasi imbarazzante - mostrarmi entusiasta. Eppure sono sempre stato consapevole di ciò che provavo e il fatto che gli altri non lo notassero, non avrebbe reso le mie emozioni meno vere. Ho vissuto per molto tempo accettando che in questo sensl non ero come gli altri, non sempre ridevo se ero felice o piangevo se ero triste; a volte era necessario fissarmi un po' più a lungo per capirmi. E non mi è mai importato che questo richiedesse uno sforzo da parte degli altri, non sono mai stati affari miei... fino a quando non è arrivata lei. La guardo quasi dispiaciuto che, anche solo per un attimo, possa essersi creato fra di noi qualche malinteso. Accarezzandole il viso e strigendola ancora a me, cerco di farle percepire quanto si è sbagliata a credere che potesse darmi fastidio stare a contatto con lei. Mi mette al corrente del suo "pensiero stupido", così come decide di chiamarlo; scuoto la testa stranito dalle sue parole, probabilmente ancora di quanto non lo fossi già - se questo pensiero è diventata una preoccupazione, allora immagino che non possa essere così tanto stupido - almeno questo è secondo la mia logica - forse io... sono un po' freddo a volte - poteva essere, se lo avessi creduto sarebbe stato plausibile - ma amo quando ti lasci andare. Non smettere - un po' come se mi sentissi colpevole, per sopperire a quella mia mancanza, avvicino il mio volto al suo lasciando che le mie labbra sfiorino impercettibilmente le sue. È all'orecchio che le sossurro - prometto che saprò farmi perdonare - in tutti i modi a cui riesco a pensare. Per adesso mi accontento di assaporarne a pieno il sapore ma le mordo le labbra prima di lasciarla andare, così ho la sensazione di trattenere quella sensazione piacevole più a lungo.
    Si fa condurre verso il luogo che ho pensato di mostrarle, un luogo in cui non ho mai immaginato di portare qualcuno prima di conoscere Daphne. Forse ero geloso del mio posto, forse avevo paura che tornandoci con qualcuno non mi sarebbe sembrata più la stessa cosa, forse per molto tempo ho creduto che fosse destinato solo alla mia famiglia. Forse però Daphne, che odierebbe mia madre per avermi trattato male, sta già iniziando a diventare un po' famiglia - non ce ne sarebbe stato bisogno, non sprecare il tuo tempo ad odiarla - lo consideravo davvero tempo perso, tempo tolto a quello che avrebbe invece potuto dedicare a me. Schierarsi contro una persona che non so nemmeno chi sia, sarebbe solo un inutile spreco di energie. Se dovessi poi elencare tutte le bugie di mia madre penso che la lista sarebbe così lunga da occuparci il resto della giornata, ma in realtà è facilmente riassumibile in poche parole. Istintivamente stringo la mia mano su quella di Daphne, non so se è per sfogare la rabbia o cercare una consolazione - lei... sì è sempre mostrata nella sua versione migliore. Sorridente, solare, gentile... - ed era impossibile non crederle, chi la conosceva condivideva la stessa opinione su di lei e questo significava soltanto che era incredibilmente brava a fingere - io ed Emilie eravamo la cosa più importante, cosi diceva. In realtà erano i suoi ideali ad essere la cosa più importante, ha perso la sua libertà per colpa di ciò in cui credeva- che stupida. Non ha saputo fermarsi quando era il momento giusto per farlo, è adesso ne paga le conseguenze. Ha sempre voluto troppo, una donna pericolosamente ambiziosa, e a cosa ambiva poi non l'ho mai saputo. Avrei potuto, avrei potuto indagare, avrei potuto chiederglielo direttamente eppure ho preferito restare nella mia ignoranza. tanto non avrebbe fatto alcuna differenza. Per un attimo mi assento, sono altrove con la mente, in più posti contemporaneamente: parte del mio pensiero va al passato, a quello che era.; il resto va alla donna che non riconosco più, che adesso è chiusa in una squallida prigione. Il petto mi si alza mentre riempio i polmoni d'aria e ascolto cos'ha da dirmi Daphne. Lei può capirmi, può capirmi anche se abbiamo due trascorsi diversi quindi figuriamoci quando invece condividiamo un sentimento. Ad entrambi le nostre madri hanno lasciato traumi in regalo non richiesti e adesso, siamo noi a doverli scontare come fossero la nostra condanna. Non importa se lei mi è vicino. La guardo restando in silenzio mentre cammino al suo fianco. Poggio il viso sulla mano di Daphne, fredda ma piacevole, mi godo il contatto anche quando si trasforma in un abbraccio che mi lascia in un primo momento incapace di capire come devo reagire. C'è qualcosa di particolare negli abbracci, forse per quanto riescono ad essere di conforto se ricevuti dalla persona giusta, forse perchè riescono ad essere anche più intimi di un bacio a volte. Fatto sta che in realtà capire cosa fare è semplicissimo: allungo le braccio sulla sua schiena ricambiando quella stretta che invece, al contrario delle sue mani, è calda. Chiudo gli occhi mentre piego la testa sulla sua spalla e forse lei non saprà mai quanto forte sto stringendo le palpebre per tenerle chiuse, non so perchè, ma lo faccio come se questo potesse cambiare qualcosa. Quando mi separo, mi inclino di lato per lasciarle un morbido bacio all'angolo delle labbra - grazie - lo so che ci sarai per me, lo so.
    Quando arriviamo sul posto, vengo come assalito da una grossa quantità di ricordi d'infanzia. Non capisco se sia la magia di questo bosco, ma la mia mente seleziona solo i migliori, quelli che in altri momenti avrei fatto fatica a ricordare. Così glieli racconto, le parlo del bambino che ero e di come mi facessi bullizzare da mia sorella. Alle parole di Daphne sorrido, perchè è una descrizione spaventosamente accurata - mi dicevo sempre che la prossima volta mi sarei vendicato, ma lei è sempre stata più veloce di me ad agire - e poi, quando pensava di aver esagerato, veniva a chiedere scusa preoccupata che potessi prendermi un'influenza. Emilie, è la stessa di sempre.
    - C'era la signora Geltrude, era la più grande delle piante, la nonna di tutti ma anche la più prepotente. Geltrude è quella pianta sempre verde che sopravvive all'inverno e si ruba lo spazio delle altre - sembra stupido ricordare quella che è una pianta parassitaria come una vecchia prepotente ed egoista. Oggi mi sembra stupido, all'epoca mi faceva sempre ridere immaginare che avessero una loro entità - poi... poi non riesco a ricordarne altre. Ci sono molte cose che non ricordo - è strano: quei giorni sono impressi nella mia mente come un marchio a fuoco, eppure è come se alcuni pezzi fossero stati tagliati via, le immagini improvvisamente si fanno confuse e perso il filo della storia. Mi chiedo se ci sia un rimedio, ma soprattutto mi chiedo se voglio davvero recuperare quello che è andato perso. In fondo adesso ho trovato qualcosa, anzi qualcuno, con cui creare altre memorie che voglio tenermi stretto e sono questi i ricordi che voglio salvare. Ad esempio il sorriso divertito di Daphne in un momento rilassato come questo. Provo sempre una certa irrequietezza quando le cose sono troppo serene e spensierate, questo perchè non ci sono abituato ed ogni cellula del mio corpo sta sull'attenti prevedendo l'imminente catastrofe. Eppure questa sensazione la voglio annullare, voglio cancellarla con la memoria della morbidezza delle labbra di Daphne e del suo sapore così intenso. Quando sento quel piccolo gemito poi, affondo ancora di più la lingua nella sua bocca come se cercassi di ottenere un risultato ancora più... soddisfacente. Mi piace sapere che effetto le faccio, mi piace vederlo e sentirlo. Così voglio che anche lei, in qualche modo, lo sappia - ossessione dici? - una parola dal significato tendenzialmente negativo, eppure - non vedo quale sia il problema - è illogico da parte mia dire così, è poco sano pensarlo... ma forse voglio davvero essere la sua ossessione. Se lei continua in questo modo però, con questa sensualità, credo che è più facile che avvenga il contrario: la guardo con occhi pieni di desiderio quando passa la lingua sul mio pollice, ho un sussulto quando la sento muoversi su di me sfiorando un punto che in questo momento è decisamente sensibile. Faccio presa sui suoi capelli alla base della nuca, inclino il suo viso di lato solo per avere un accesso migliore alla sua bocca. Piego appena la gamba incastrata fra le sue quasi a volerla bloccare in quella posizione. Quando lei risponde alla mia domanda poi, per un attimo mi sono dimenticato persino cosa le avessi chiesto. Questo contatto così lento fra i nostri corpi mi sta facendo diventare pazzo, al punto che sento la mia mente offuscarsi quando le sue mani iniziano a scorrere sul mio corpo. La lascio fare. osservo i suoi movimenti godendomi quello spettacolo. Le scosto i capelli stringendoli in una sorta di coda che le scopre il collo bianco e mi permette di ammirarla ancora meglio. La punta della sua lingua è bollente, morbida, sospiro vicino al suo orecchio quando sento le sue dita sulla cintura dei pantaloni. Che intenzioni hai Daphne? Le mordo il lobo e, ad un tratto, si ferma poggiando la testa sul mio petto. Lasciandomi così, desideroso di avere di più. C'è una pausa silenziosa di appena qualche secondo, una pausa in cui sto rielaborando e in quache modo riavviando il mio cervello.
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    Se è questo quello che ha provato quando prima mi sono interrotto, allora è una tortura.
    Allora piego anche il ginocchio, le mie mani scivolano sul suo sedere e con l'aiuto del movimento della gamba quello che faccio è spingerla un po' più su, più allineata al mio bacino. cerco i suoi occhi, siamo abbastanza vicini che la punta del mio naso sfiora la sua - scusami. Non ti stavo più ascoltando - le mani scivolano in avanti, si aprono sui suoi fianchi e con i pollici riesco a sentire il bordo dei suoi slip attraverso il tessuto della gonna. Scorro muovendomi con il bacino così che le nostre intimità entrino a contatto ancora una volta. E poi una volta ancora con un altro, lento movimento - che cos'è, un dispetto? - sussurro alludendo al fatto che si sia improvvisamente fermata e non abbia invece continuato a slacciarmi la cintura come mi aspettavo che facesse.Allora repentina la destra percorre la sua schiena in salita fino al collo che blocco e tiro verso di me così da poterle schiudere ancora una volta le labbra con la lingua, con urgenza, senza che il mio bacino si fermi e costringendo anche il suo a muoversi con una presa salda sulla sua coscia. Libero le sue labbra per dedicarmi ad assaporare il suo collo: prima ne lecco il sapore, poi lascio un segno mordendolo quasi come se fossi arrabbiato per il trattamento che mi ha riservato - ho capito, volevi vendicarti per poco fa- la provoco ancora - volevi farmi impazzire - spezzo la frase con un respiro pesante, la stimolazione inizia a farsi sentire e ora voglio che Daphne se ne prenda la responsabilità. Qua fa caldo abbastanza da non dover tenere il cappotto, è solo un ulteriore impiccio; glielo tiro giù dalla spalle, lascio che cada ai nostri piedi permettendomi di intrufolarmi indisturbato sotto al suo maglione. la destra sale seguendo il percorso della colonna vertebrale solo per interrompersi quando entra a contatto con il gancetto del suo reggiseno. Adesso anche questo è un elemento di disturbo.



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    scheda | mailbox
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    Dopo aver appreso dell'esperienza dolorosa che Daphne aveva vissuto, mi sono spesso chiesto se fosse il caso invitarla con tanta frequenza a passare del tempo con me e mia sorella; lei non lo sa ma Emile, spinta dalla sua irrefrenabile nei confronti della serpeverde, ha chiesto più volte di incontrarla rispetto a quante poi non sia davvero accaduto. Non so perchè l'ho impedito, ho tirato le mie somme da solo pensando che forse per Daphne sarebbe stato troppo, fino a quando non ho voluto che lei entrasse davvero in quella ristrettissima cerchia che io definisco famiglia. E tutto questo perchè la amo, e ho promesso sia a lei che a me stesso di starle vicino - assolutamente, è perfetto per lei - adesso sembra completamente a suo agio persino con l'esagerato entusiasmo di mia sorella, la cosa mi piace, mi fa rilassare, così un po' come se i miei stessi pensieri - per una volta - mi stessero permettendo di sentirmi sollevato, le sorrido per poi poggiare le mie labbra sulle sue e lasciarci un leggero bacio.
    Il problema però è che ogni volta che io mi ritrovo solo con Daphne, non riesco a rimanere lì a guardarla da lontano per troppo tempo, no, sento una vera e propria urgenza, un'urgenza simile a quella che provoca l'astinenza da droghe, indomabile, al punto che devo solo arrendermi. Che altro posso fare? Non sono abbastanza forte per contrastarla, non voglio, e so che lei se ne approfitta e l'alimenta: si stringe a me con tutto il corpo, sento il suo calore nonostante non siamo ancora senza vestiti, né percepisco ogni minima ondulazione tanto da reggermi alla spalliera del divano contro cui l'ho bloccata e sospirare pesantemente mentre mi trattengo. E non perché non voglia fare l'amore con lei, questa possibilità è lontana anni luce dalla realtà, ma perché se iniziassi ora non saremmo più capaci di fate altro e io non troverei più un momento per darle il mio regalo di Natale. - È vero, ti amo anche per questo - anche io in tutta risposta poggio la punta del naso contro la sua, rilassandomi, realizzando improvvisamente quanto per me sia facile dirle che l'amo - e per un sacco di altri motivi - che forse un giorno le avrei elencato uno ad uno, ma per adesso vengo nuovamente trasportato dal momento e, bloccandole la nuca con la destra che intanto ha mollato la presa sul tessuto del divano, approfondisco ancora di più quel bacio come a voler imprime il suo sapore sulle mie labbra per sempre. Basta davvero poco, basta che Daphne poggi le mie labbra sulle mie e la ragiona va a farsi benenedire insieme ai miei buoni propositi. Non avere il controllo su di me, con lei è una dolce tortura. Un'altra volta il bacio si interrompe, complice l'intromissione della ragione; le accarezzo il viso portandole una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio, guardandola, sgranando un po' gli occhi quando ascolto ciò che viene dopo - cosa? - non perché non abbia sentito bene, anzi, temo di aver anche capito troppo bene cosa vuole dire. E non ha minimamente senso - avresti fatto qualcosa che non dovevi? E in quale modo? - le mie mani scorrono lungo le sue braccia fino ad intrecciarsi con le sue. L'attiro a me ancora una volta, ad intrecciare le braccia intorno alla mia vita. Da qui mi basta abbassare il viso di pochi centimetri perché le mie labbra tocchino di nuovo le sue, stuzzicandole, mordendole - la verità è che mi è piaciuto così tanto che se avessi continuato, non avremmo più lasciato questa stanza per i prossimi due giorni- è un sussurro a fior di labbra il mio, quando le nostre labbra si toccano di nuovo non è più neanche un sussurro. Sento il bisogno di eliminare definitivamente quella minima distanza fra di noi, di baciarla ancora una volta per farle percepire quanto si stesse sbagliando a pensare di aver fatto qualcosa che non doveva. Più ne sento il sapore e il profumo, più diventa difficile separarsene; le accarezzo la schiena su fino al collo, sposto i capelli che lo coprono, mi insinuo sotto di loro con le dita per sfiorare la pelle di Daphne e spingerla a puntare lo sguardo nel mio - non pensare mai più di aver fatto qualcosa di sbagliato, è solo che... ci tenevo a mostrarti una cosa - qui per un attimo è a me che sorge il dubbio di aver fatto qualcosa di sbagliato, di essere stato troppo improvviso, quindi le lascio un bacio sul mento nella speranza che le mie intenzioni le siano arrivate e con la promessa che più tardi avremmo ripreso da dove abbiamo lasciato.
    Sono contento che questo non l'abbia fermata dal seguirmi dove voglio condurla, un luogo speciale che conserva quei ricordi positivi che mi restano di mia madre, sono racchiusi quasi tutti lì. Quando Daphne mi chiede di lei, istintivamente la mia presa si fa più salda ed è un po' come se stessi prendendo la rincorsa prima di rispondere; c'è, infatti, una parentesi silenziosa in cui mi limito a guardare verso il fitto gruppo di alberi che abbiamo di fronte a noi. Come posso definire il rapporto che avevo con quella donna? - non lo so - è la prima cosa giusta che mi sento di dire - nè buono, nè cattivo. Da quel che ricordo non mi ha mai fatto del male - almeno non fisicamente - ma mi ha mentito su tutto. Io non la conosco, non so chi sia davvero - quella personalità dolce e protettiva a cui la associo, è reale? La persona che mi ha mostrato, esiste davvero? Ho sempre pensato che in fondo le persone non potessero agire in maniera troppo differente da quella che è la loro vera natura, nessun è davvero così bravo a recitare. Ma forse sono un ingenuo a pensarla in questo modo. Comunque non importa, non lascio che questi interrogativi oggi mi sovrastino quindi, semplicemente, sorrido rassicurante alla mia ragazza facendole strada fra gli alberi.
    Il rumore dell'acqua anticipa quello che a breve ci troveremo davanti, mi sorprendo a notare come tutto sia tutto esattamente come un tempo. Persino l'altezza degli alberi sembra rimasta invariata negli anni, ma sicuramente questa è soltanto un'impressione data dal fatto che anche io sono cresciuto. E che in realtà, quindi, non è altro che un'illusione: tutto è cambiato, ogni cosa, sia questo posto, che la mia vita che io stesso. Eppure mi va bene farmi illudere, credere che sia rimasto tutto come lo avevo lasciato... è un pensiero rassicurante da cui voglio farmi ingannare - mi ricordo che qui ho scoperto quanto è brutta la sensazione dei vestiti bagnati addosso. Ero con i piedi nell'acqua a e stavo osservando i pesci quando quel terremoto di mia sorella non mi è saltata addosso facendomi cadere- ho sempre apprezzato il coraggio di mia sorella, pronta a lanciarsi -letteralmente- in qualsiasi cosa attirasse il suo interesse. I miei genitori non potevano avere figli più opposti di noi. Sorrido guardando quello stesso specchio d'acqua che guardavo da piccolo e in quel momento, una volta che tutto il ghiaccio si è sciolto, mi viene voglia di immergerci le mani. Avanzo di qualche passo, Daphne mi raggiunge poco dopo per sedersi accanto a me. C'è una pace immensa in questo luogo, così grande da mettere ordine nella mia mente e permettermi di scavare nei ricordi che ho di lei, che ho di mia madre - qualcuno - sorrido impercettibilmente guardando di fronte a me, quasi come se quegli episodi così lontani si stessero adesso replicando davanti ai miei occhi - ci parlava delle piante delle zona, raccontava delle loro proprietà come fossero favole... le piante erano praticamente persone, anripatiche o simpatiche- scuoto la testa ridendo di quel modo strano che aveva di insegnarci le cose, anche all'epoca mi veniva difficile crederle. Eppure stavo al gioco, mi ingannavo all'epoca come adesso. Sollevo un po' d'acqua con la punta delle dita e con le stesse, lancio qualche schizzo a tradimento sul viso di Daphne. Sono contento che sia qui, con me, ha qualcosa di speciale. Mi faccio prendere da un'improvvisa euforia, la stringo dai fianchi e me la tiro addosso distendendomi sul prato con lei a farmi praticamenteda coperta. I suoi occhi sono dell'esatto colore del cielo invernale. Avvicino il suo viso al mio così da lasciarle un lento e dolce bacio sulle labbra - sai, non mi importa più cosa c'era di vero - faccio scorrere le dita sul suo viso, disegno il profilo del suo naso mentre mi lascio andare in quell'ammissione che non avevo mai fatto a voce alta - è un ricordo positivo, uno di quelli a cui mi aggrappo quando le cose vanno male - adesso disegno il contorno delle sue labbra che ormai conosco a memoria - ci sei anche tu fra questi - continuo a guardarle la bocca mentre lo dico così, distrattamente. Distrattamente? No, non sono distratto, sono rilassato e non mi sto creando problemi di alcun tipo. Raro, bello, ma ormai con Daphne dovrei smettere di sorprendermi per qualsiasi cosa. O forse no, forse è bello proprio per questo. Il mio pollice si sofferma al centro del suo labbro inferiore, lo tira giù a volerle schiudere le labbra per poterne di nuovo assaporare il gusto. Sono fredde, l'interno invece è talmente caldo da scaldare anche me. Poggio la mano libera sul suo fondoschiena per far aderire ancora di più i nostri corpi, come se fosse possibile farli avvicinare ancora.


    La lingua scorre sulle sue labbra morbide, il pollice adesso le trattiene il mento ed è come se ma costringesse a guardarmi negli occhi - ho una cosa per te - dico restando con la mente poggiata contro la sua - ti lascio scegliere se la vuoi adesso o dopo - non c'è un reale motivo, il mio è solo una sorta di gioco, di sfida alla sua curiosità. Le ho fatto un regalo pensando a tutte quelle volte che per cause di forza maggiore, non possiamo essere insieme. Sono andato a colpo sicuro, consapevole del fatto che per lei la distanza è pesante tanto quanto lo è per me. Non sarebbe perfetto se potessimo non avere altro che noi come preoccupazione? È un peccato che sia un desiderio irrealizzabile, ma almeno posso fare qualcosa perché queste preoccupazioni non si mettano fra di noi.




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    Edited by Kynthia - 17/1/2024, 16:21
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    Chloe Laincourt

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    «Un'amicizia di cui avrei avuto molto bisogno, nove anni fa» Chloe rispettato la donna davanti a sè, ne apprezzava le doti e in fondo ne apprezzava anche i difetti: superbia, saccenza e sadismo erano appellativi che spesso accompagnavano la donna insieme ad un'altra sfilza di aggettivi che contribuivano a creare un quadro quantomeno disturbante. La francese lo sapeva, ne era a conoscenza e tuttavia riteneva non solo che tali caratteristiche fossero perfettamente allineate alla sua persona, ma anche che potessero rappresentare un punto di forte della bionda. Tuttavia, Chloe era anche da sempre stata molto brava a serbare rancore, a covarlo ed alimentarlo e nella sua lista di persone da andare a trovare una volta uscita da quel posto, c'era anche Ellen. In onore della loro presunta amicizia, s'intende. In realtà un sentimento puro come quello non si addiceva alle due donne, che piuttosto avevano trovato un equilibrio mel reciproco rispetto e nella collaborazione. Tutto era filato liscio tranne fino a quel giorno di primavera di nove anni prima. E adesso Ellen era seduta proprio davanti a lei, libera, disposta ad una chiacchierata e ad offrirle forse molto più di questo. Le dita di Chloe si fermarono non appena la sua vecchia conoscenza non pronunciò una frase che alludeva a molto altro rispetto a quanto non esprimesse a parole e questo era palese, almeno agli occhi della francese che ormai ne conosceva a memoria movimenti e modi di fare. Quel suo avvicinarsi, quel farsi penetrante dello sguardo infatti, suggerivano che Ellen fosse lì per ragioni molto più interessanti che una semplice una chiacchierata. Questo, adesso, era decisamente interessante. La mora si mise quindi in ascolto e in attesa del momento giusto per parlare, perché credeva fortemente che fosse meglio dire poche parole ma al posto giusto piuttosto che troppe e a vanvera.
    Non ci volle molto perchè venisse fuori il nome di Hunter, il suo ragazzo, quello che da lei aveva ereditato il modo di pensare ma non il punto di vista sul mondo. Era un peccato, davvero un peccato che fosse tanto delicato. Ma non è ancora troppo tardi per recuperare il tempo perso.
    Chloe allora sorrise al pensiero di suo figlio e della figlia di Ellen insieme, a questa coincidenza fortunata, come Ellen stessa l'aveva definita «puoi fidarti se ti dico che Hunter è un buon partito. Credo che diverse sue qualità potrebbero piacerti, a partire dalla sua linea di sangue » il pedigree, qualcosa a cui la bionda teneva particolarmente, un requisito necessario per entrare quantomeno fra le sue simpatie. La mora non era da meno e in maniera perfettamente coerente con i principi che ha difeso per tanto tempo, era da sempre stata amante di una linea di sangue che fosse pura perché solo così sarebbero potuti nascere maghi forti e davvero capaci. Per questa ragione era un bene che Hunter avesse scelto di unirsi ad una famiglia che conosceva personalmente, perché questo le avrebbe consentito di tenere d'occhio la relazione in maniera ravvicinata. Chi in questo momento aveva però l'onore di poter osservare davvero la cosa, era proprio Ellen. Merito della sua libertà e della sua abilità mentale «mi fido del giudizio di mia figlia. È molto brava a giudicare le persone, quasi quanto un Legilimens» ed era un peccato che Emilie non avrebbe mai permesso a sua madre di sfruttare questo suo sviluppato sesto senso, si sarebbero potute evitare molte situazioni spiacevoli.
    Chloe cercava sempre di prevedere le parole e le azioni dei suoi interlocutori e solitamente aveva anche una buona abilità nel farlo; in questo caso lo schema seguito da Ellen era molto facile da seguire, se si conosceva la donna. E lei la conosceva, non aveva certo dimenticato la pasta di cui era fatta. Chloe infatti sorrise, soddisfatta, quando la sua previsione si rivelò effettivamente vera: era il sangue l'interesse di Ellen «vedo che hai sviluppato un certo interesse per mio figlio. So quanto tieni a tramandare il tuo potere» il dito indice della mano sinistra, batte di nuovo un paio di volte sopra la destra «suo padre lo era, un mentalista. Di cancellazione per essere precisi» e Hunter aveva mostrato qualche sintomo che faceva dedurre che avesse ereditato proprio lo stesso potere, ma questo Chloe si curò di non precisarlo «io sono tanti anni che non lo vedo, come ben sai. Se potessi prendere quella famosa tazza di tè fuori da qui, sarebbe un'ottima occasione per... coniscerlo meglio» un modo in codice per chiedere ad Ellen cosa avesse in mente, a cosa aveva alluso fino a quel momento e cosa ci facesse davvero in quel posto la vigilia di Natale. Chloe chiaramente l'aveva già intuito, si poteva intravedere da uno strano luccichio luminoso nei suoi occhi, lo sguardo di chi stava intravedendo la via di fuga e attendeva soltanto che le venisse porsa la chiave.


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    C'erano degli scambi di battute, delle parole, frasi intere che spesso su ripetevano nelle nostre conversazioni ed è una cosa che magari in altri tempo avrei ritenuto noiosa e monotona. Invece adesso tutto questo è entrato a far parte delle mie abitudini, tra le mie preferite. Daphne fa parte delle mie giornate come fa parte di una piacevole routine anche per me vederla interagire con Whisky, un pezzo di vita giornaliera che in qualche modo continua ancora ad affascinarmi.
    Con la stessa naturalezza di sempre, ricambio il suo bacio per poi prenderla per mano così da allontanarci da lì insieme; quello che sento adesso è assolutamente opposto a quello che sentivo esattamente un anno fa, sull'Hogwarts Express di ritorno a Londra. Quando l'ho vista entrare nella mia cabina era un insieme di confusione, delusione ed incertezza nate dal lungo silenzio che in quel periodo ci aveva separati, un lungo silenzio che solo dopo ho capito esserle servito per capire questa cosa che era nata fra di noi. Ci ho pensato anche io, sì, mi sono posto delle domande eppure allo stesso tempo gli interrogatori non sono stati in grado di fermarmi. Questa volta la differenza, oltre che ad uno stato d'animo nettamente più sereno, è anche che ci fermiamo prima dell'arrivo al treno poichè sarà la passaporta a trasportarci in un attimo dove dobbiamo essere. E anche questa casa in qualche modo ha riguadagnato valore, sembra di nuovo viva con le decorazioni natalizie con cui Emilie l'ha addobbata e le foto di nostra madre sparite dalla circolazione - cosa le hai preso? Sarebbe stata contenta anche se le avessi regalato uno stupido puffagiolo - perchè alla fine mia sorella è proprio quel tipo di persona, quella che si emoziona per le piccole cose e rivela tutta la sua essenza fin dall'inizio, nulla di nascosto o di fraintendibile. L'apprezzo, non ce ne sono molte persone come lei in giro e se ne frega se può essere una debolezza. Anche a Daphne aveva mostrato tutta sè stessa senza celare nemmeno lo spirito di protezione nei miei confronti, ma mostrandolo in giusta misura. Insomma, si è fatta conoscere.
    Invito Daphne a mettersi comoda aiutandola a liberarsi dell'impiccio del cappotto e poi, mosso dall'urgenza con cui ormai convivo da un anno, la costringo ad indietreggiare addossando il mio corpo al suo e il tutto non poteva non concludersi con un bacio intenso nello stesso punto dove tutto è iniziato. Quello che non mi aspettavo è che Daphne si sarebbe spinta così in là nella sua provocazione, lasciandomi per un attimo visibilmente stupito. Non perchè non fossi consapevole della passione della serpeverde - di cui ormai mi sono abbondantemente accertato - ma perchè non pensavo che avrebbe messo così a repentaglio la giornata che avevo pensato per noi. Espiro quindi, pesantemente e a denti stretti inarcando il collo di lato quando sento lo scorrere umido della sua lingua e, come reazione, stringendole con fermezza le cosce. Sento che potrei cedere ad un millimetro dalle sue labbra e dal suo respiro caldo e quindi sbuffo per la mia maledetta scelta - ...sei davvero pericolosa - poggio nuovamente, per un ultima volta, le mie labbra sulle sue per poi schiuderle e baciarla con maggiore intensità solo per poi dovermi separare nuovamente da lei, nuovamente deluso - certo che sì - le rispondo facendo scorrere le mani sulle sue braccia avvolte intorno alle mie spalle e lasciandole un finale bacio sul collo poco prima di recuperare i nostri cappotti, metterceli di nuovo addosso, e così uscire al freddo dove invece Whisky sembra trovarsi perfettamente a suo agio, come sempre. Lo lascio correre e fare casino, nonostante la stazza e l'aria da prepotente rimane un cane domestico che mai si sognerebbe di allontanarsi da casa sua quindi, tenendo stretta la mano di Daphne, intreccio le mie dita con le sue infilando le mani di entrambi nella tasca del mio cappotto scuro - è così vicino che potresti averlo notato dalle finestre di casa - infatti davanti a noi si para davanti una fitta distesa di alti alberi di abete, pino, e tuti quei tipi di conifere che trovano su queste montagne il posto perfetto in cui crescere. Al momento non soffia neanche un po' di vento, la luce del sole sbatte sulla neve bianca che la riflette e mi costringe ad alzare la mano libera a pararmi gli occhi - qua ci venivamo spesso con mia madre, quando io e Emilie eravamo piccoli - la mia voce suona tranquilla nonostante il ricordo di mia madre, non so, forse il mio cervello ha deciso di conservare alcune memorie positive e averne cura al posto mio. Gli alberi sono fitti per via delle chiome folte, ma in realtà i tronchi sono ben distanziati fra di loro e ciò permette di avere una buona visuale della strada che stiamo percorrendo: la neve ricopre tutto, dal terreno su cui stiamo camminando ai rami degli abeti. Non ci vuole molto prima che sentiamo un chiaro rumore di acqua a cascata ed è proprio lì che stiamo andando senza alcuna esitazione, perchè ormai conosco il percorso a memoria - guarda, eccoci - gli alberi si aprono lasciando aria ad uno specchio d'acqua non particolarmente grande. Vicino alla riva si è formato del ghiaccio ma la parte centrale resta nella sua forma liquida per via della pressione continua esercitata da una piccola cascata.
    Guardando bene si può scorgere come una sorta di grotta posta proprio dietro la parete d'acqua, così stabile da sembrare quasi ferma. La vera magia però inizia adesso che abbiamo oltrepassato il perimetro di questa zona ben protetta dagli alberi: la neve inizia lentamente a sciogliersi, il ghiaccio segue lo stesso destino e la temperatura sembra alzarsi di qualche grado. L'aria rimane fresca ma è decisamente meno pungente del gelo che ci siamo lasciati alle spalle. Mi volto a guardare l'espressione di Daphne, la sua reazione alla particolare magia che circonda questo posto - c'è un incantesimo a protezione della zona. In particolare questo rende più piacevole la temperatura vicino al laghetto - adesso sembra più un autunno piuttosto che inverno pieno. L'acqua si increspa formando dei bellissimi riflessi luminosi sulla superficie, è possibile scorgere ancora qualche macchia bianca di nave fra le pietre intorno allo specchio d'acqua. Chissà, fra un po' potrebbe spuntare anche qualche tartaruga - è stata mia madre a porre l'incantesimo in quest'area - è un bel ricordo, uno di quelli a cui mi aggrappo disperatamente nei momenti peggiori. Libero la mano di Daphne solo per potermi avvicinare all'acqua, mi piego sulle ginocchia accorgendomi che al suo interno pare esserci qualche pesce. Sembra così strano guardare oltre e vedere la distesa di neve bianca mentre qui è tornata la bella stagione.


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    24 dicembre 2023, Francia, ore 15:32


    24 dicembre, una data che più che Natale per me significa altro. È un po' il motivo per cui ho deciso di non trascorrerlo neanche questa volta fra le mura del castello, altrove ho qualcosa da festeggiare di molto più privato. Esattamente un anno fa, sono riuscito a capire cosa passava dalla mente di Daphne quando ha deciso di allontanarsi un po', dopo quel primo bacio che c'è stato. È già passato un anno? Ogni tanto me lo ripeto e lo realizzo nuovamente, ci penso e mi passano in mente tutte le cose che abbiamo condiviso. Ammetto che questo pensarci è accompagnato da una strana sensazione di turbamento: non mi sono mai scoperto così tanto con qualcuno, non ho mai esternato quanto potessi essere testardo e possessivo quando la causa me lo concede. È una sensazione di disagio della durata di pochissimi attimi che però ogni tanto mi prende totalmente, sempre e soltanto quando sono da solo come adesso, impegnato a recuperare Whisky dal recinto in cui ha passato questi mesi. Poi la vedo in lontananza e di quella sensazione non vi è più traccia, sono completamente focalizzato su di lei e sul momento, cosa che altrimenti mi sarebbe sembrata impossibile. Eppure un certo senso di colpa lo provo: perché non riesco a stare totalmente in pace con me stesso? Perché il motore della mia vita deve essere il turbamento - eccomi, ho fatto - camuffo i miei interrogativi con un sorriso mentre avanzo verso la serpeverde per attirarla poi a me e così lasciarle un bacio sulle labbra - se abbiamo tutto, possiamo andare - la tengo per mano mentre avanziamo nella neve. Ci uniamo all'ondata di gente che ha deciso di rientrare a casa per le vacanze, una buona quantità di persone in verità e ovviamente la cosa non stupisce. Chiunque abbia una famiglia da cui tornare la mette come priorità, frequentare Hogwarts è praticamente come essere uno studente fuori sede nel mondo babbano, e quindi il ritorno a casa è sempre un qualcosa che tutti aspettano con ansia. Per me non ho così, non ho chissà quale famiglia da cui fare ritorno: mio padre è morto, mia madre in carcere, mia sorella sotto mio consiglio ha finalmente deciso di fare quel viaggio che tanto desiderava con le sue amiche, ci vedremo fra un paio di giorni. Ecco, è lei la mia famiglia da cui fare ritorno. E da un anno a questa parte si è aggiunta un'altra persona nella mia lista delle priorità. Persino Emilie ormai chiede spudoratamente di lei, invitandola anche di tanto in tanto ad uscire o a delle cene. Non mi sorprenderei se a breve scrivesse direttamente a lei senza chiedere a me. Emilie è così quando le piace qualcuno: fortemente entusiasta.
    La prassi è sempre la stessa, la solita pallina di neve che riporta al suo interno la miniatura del mio cottage in Francia ci serve da passaporta per arrivare a quella a misura reale. Ci smaterializziamo, in un momento ci troviamo in Francia. La neve è alta come l'anno scorso, come ogni anno in realtà. Il cielo per nostra fortuna, è azzurro ma il freddo si fa ugualmente sentire a questa altitudine. Motivo per cui corriamo subito in casa dove il camino è già acceso a scaldare l'ambiente, non ricordo di una singola volta in cui sia stato spento e sembra alimentato da una specie di fiamma eterna. È tutto come l'abbiamo lasciato l'ultima volta che siamo stati qui, tranne per alcuni dettagli: c'è qualche decorazione natalizia nella stanza come ad esempio un alto albero natale decorato solo da tante piccole lucine sospese, o una ghirlanda poggiata giusto sopra la bocca del camino. Io non ho uno spiccato spirito natalizio, in realtà mi è abbastanza indifferente, ma conosco qualcuno che invece si diverte moltissimo con queste cose - sono sicuro che qua ci sia la mano di Emilie - dico a Daphne mentre mi muovo per liberarla dal suo cappotto. Mia sorella sapeva che saremmo venuti qui e sicuramente ha ben pensato che fosse il caso di rendere la casa ospitale, calorosa e in perfetto stile natalizio. E ovviamente non mi ha detto niente ma questa ultima parte non mi stupisce, se era un effetto sorpresa che voleva creare allora direi che ha assolutamente portato a termine la sua missione. Mi libero anche io degli strati pesanti, mi avvicino a Daphne bloccando il suo viso fra le mie mani solo per poterla baciare intensamente una volta che siamo soli, nel posto dove tutto è iniziato. Le schiudo la bocca con la lingua mentre indietreggia verso la spalliera del divano e solo allora pongo un paio di centimetri fra di noi, solo per poterle parlare a fior di labbra - ti ricorda niente? Mi sembra un dejavù - sorrido appena prima di morderle lievemente il labbro inferiore - magari però questa volta ti vorrei mostrare un posto diverso, oltre che questo soggiorno - la bacio di nuovo, stringendola per i fianchi e lasciando che una mano scorre sotto il suo maglione. Poi realizzo che se continuo così, sarò io ad impedirle di vedere altro all'infuori di questa stanza quindi, per evitare di concludere la giornata troppo velocemente, metto un po' di distanza tra di noi guardandola megli occhi con lo sguardo di chi si è già pentito di questa scelta.
    - C'è un piccolo bosco qua dietro, ti ci vorrei portare - sono di buon umore, è evidente. E il merito è tutto di questa persona, che ha deciso di affidarsi a me come io ho scelto di fare con lei. Il pensiero a volte sarà strano, eppure in momenti come questo sembra tutto facile come respirare.



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