One year later

Daphne

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    24 dicembre 2023, Francia, ore 15:32


    24 dicembre, una data che più che Natale per me significa altro. È un po' il motivo per cui ho deciso di non trascorrerlo neanche questa volta fra le mura del castello, altrove ho qualcosa da festeggiare di molto più privato. Esattamente un anno fa, sono riuscito a capire cosa passava dalla mente di Daphne quando ha deciso di allontanarsi un po', dopo quel primo bacio che c'è stato. È già passato un anno? Ogni tanto me lo ripeto e lo realizzo nuovamente, ci penso e mi passano in mente tutte le cose che abbiamo condiviso. Ammetto che questo pensarci è accompagnato da una strana sensazione di turbamento: non mi sono mai scoperto così tanto con qualcuno, non ho mai esternato quanto potessi essere testardo e possessivo quando la causa me lo concede. È una sensazione di disagio della durata di pochissimi attimi che però ogni tanto mi prende totalmente, sempre e soltanto quando sono da solo come adesso, impegnato a recuperare Whisky dal recinto in cui ha passato questi mesi. Poi la vedo in lontananza e di quella sensazione non vi è più traccia, sono completamente focalizzato su di lei e sul momento, cosa che altrimenti mi sarebbe sembrata impossibile. Eppure un certo senso di colpa lo provo: perché non riesco a stare totalmente in pace con me stesso? Perché il motore della mia vita deve essere il turbamento - eccomi, ho fatto - camuffo i miei interrogativi con un sorriso mentre avanzo verso la serpeverde per attirarla poi a me e così lasciarle un bacio sulle labbra - se abbiamo tutto, possiamo andare - la tengo per mano mentre avanziamo nella neve. Ci uniamo all'ondata di gente che ha deciso di rientrare a casa per le vacanze, una buona quantità di persone in verità e ovviamente la cosa non stupisce. Chiunque abbia una famiglia da cui tornare la mette come priorità, frequentare Hogwarts è praticamente come essere uno studente fuori sede nel mondo babbano, e quindi il ritorno a casa è sempre un qualcosa che tutti aspettano con ansia. Per me non ho così, non ho chissà quale famiglia da cui fare ritorno: mio padre è morto, mia madre in carcere, mia sorella sotto mio consiglio ha finalmente deciso di fare quel viaggio che tanto desiderava con le sue amiche, ci vedremo fra un paio di giorni. Ecco, è lei la mia famiglia da cui fare ritorno. E da un anno a questa parte si è aggiunta un'altra persona nella mia lista delle priorità. Persino Emilie ormai chiede spudoratamente di lei, invitandola anche di tanto in tanto ad uscire o a delle cene. Non mi sorprenderei se a breve scrivesse direttamente a lei senza chiedere a me. Emilie è così quando le piace qualcuno: fortemente entusiasta.
    La prassi è sempre la stessa, la solita pallina di neve che riporta al suo interno la miniatura del mio cottage in Francia ci serve da passaporta per arrivare a quella a misura reale. Ci smaterializziamo, in un momento ci troviamo in Francia. La neve è alta come l'anno scorso, come ogni anno in realtà. Il cielo per nostra fortuna, è azzurro ma il freddo si fa ugualmente sentire a questa altitudine. Motivo per cui corriamo subito in casa dove il camino è già acceso a scaldare l'ambiente, non ricordo di una singola volta in cui sia stato spento e sembra alimentato da una specie di fiamma eterna. È tutto come l'abbiamo lasciato l'ultima volta che siamo stati qui, tranne per alcuni dettagli: c'è qualche decorazione natalizia nella stanza come ad esempio un alto albero natale decorato solo da tante piccole lucine sospese, o una ghirlanda poggiata giusto sopra la bocca del camino. Io non ho uno spiccato spirito natalizio, in realtà mi è abbastanza indifferente, ma conosco qualcuno che invece si diverte moltissimo con queste cose - sono sicuro che qua ci sia la mano di Emilie - dico a Daphne mentre mi muovo per liberarla dal suo cappotto. Mia sorella sapeva che saremmo venuti qui e sicuramente ha ben pensato che fosse il caso di rendere la casa ospitale, calorosa e in perfetto stile natalizio. E ovviamente non mi ha detto niente ma questa ultima parte non mi stupisce, se era un effetto sorpresa che voleva creare allora direi che ha assolutamente portato a termine la sua missione. Mi libero anche io degli strati pesanti, mi avvicino a Daphne bloccando il suo viso fra le mie mani solo per poterla baciare intensamente una volta che siamo soli, nel posto dove tutto è iniziato. Le schiudo la bocca con la lingua mentre indietreggia verso la spalliera del divano e solo allora pongo un paio di centimetri fra di noi, solo per poterle parlare a fior di labbra - ti ricorda niente? Mi sembra un dejavù - sorrido appena prima di morderle lievemente il labbro inferiore - magari però questa volta ti vorrei mostrare un posto diverso, oltre che questo soggiorno - la bacio di nuovo, stringendola per i fianchi e lasciando che una mano scorre sotto il suo maglione. Poi realizzo che se continuo così, sarò io ad impedirle di vedere altro all'infuori di questa stanza quindi, per evitare di concludere la giornata troppo velocemente, metto un po' di distanza tra di noi guardandola megli occhi con lo sguardo di chi si è già pentito di questa scelta.
    - C'è un piccolo bosco qua dietro, ti ci vorrei portare - sono di buon umore, è evidente. E il merito è tutto di questa persona, che ha deciso di affidarsi a me come io ho scelto di fare con lei. Il pensiero a volte sarà strano, eppure in momenti come questo sembra tutto facile come respirare.



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    Il 24 dicembre era diventata una data importante per Daphne. In questo stesso giorno, un anno fa, aveva ritrovato una felicità che sembrava essersi persa per sempre grazie ad un corvonero dagli intensi occhi verdi che, con i suoi modi, la sua voce, il suo profumo, le sue mani, la sua eleganza e la sua gentilezza, l'aveva fatta perdutamente innamorare di lui. Così si era aperta, aveva urlato, aveva pianto, gli aveva raccontato della morte di suo fratello, di sua nonna, dei suoi genitori per poi, infine, mostrargli parte dell'oscurità che aveva dentro. Ciò nonostante, invece di scappare, Hunter era rimasto perché l'amava. Sorrise a quel ricordo mentre, a poca distanza dal recinto in cui si trovava Whisky, aspettava che facesse ritorno. La fredda brezza invernale le scompigliò i capelli, e quasi non le permise di scorgere in lontananza l'immagine del suo ragazzo che, vestito di tutto punto con un lungo cappotto nero che ne fasciava alla perfezione la figura, tornava da lei. Li spostò con entrambe le mani e, per un instante, si perse nel verde dei suoi occhi. Un tempo, quella persona, era stato solo un estraneo invece, adesso, ne aveva bisogno come l'aria: non c'era giorno, né notte in cui le sue labbra non fossero poggiate sulle sue, in cui non avesse le sue mani sul suo corpo, in cui non facessero l'amore. Era necessario, per lei, averlo vicino. Quando la raggiunse, lasciò che l'attirasse a sé e la baciasse dolcemente. Con le dita, gli spostò un riccio ribelle dal viso e gli diede un altro bacio a fior di labbra, poi si dedicò a Whisky. «Se sto con lui è solo per te!» Dopo avergli fatto un ultima carezza, tornò a guardare il suo ragazzo. Notando la sua strana espressione, scosse divertita il capo, gli gettò le braccia al collo e poggiò le labbra sulle sue, schiudendole con la lingua che, lenta, sfiorava la sua. Non c'era nessuno in giro, e ciò le permise di approfondire il bacio e di affondare le mani nei suoi capelli. Qualche tempo dopo si staccò e, felice, gli diede un bacio sulla guancia, per poi intrecciare le dita alle sue quando la prese per mano. «Sì, adesso possiamo andare.» Si lasciò guidare tra i corridoi del castello ricolmi di studenti che si apprestavano a tornare a casa dalle loro famiglie. Questo era il secondo Natale che passava con il corvonero ma, a differenza di quello precedente, aveva detto a sua zia e ai suoi cugini la verità. Tra l'altro, diversamente, non avrebbe potuto fare visto che glielo aveva presentato qualche mese fa. Qualche volta avevano anche cenato assieme, proprio come lei e ed Emilie. Hunter, ormai, era entrato nella sua vita a trecentosessanta gradi, faceva parte del suo passato, del suo presente e sì, anche del suo futuro.
    Erano tornati nel luogo in cui tutto era iniziato: in Francia. Si erano smaterializzati lì grazie ad una passaporta e, per sfuggire al freddo dell'inverno, avevano fatto una corsa verso quella che, adesso, riteneva quasi casa sua. Ad accoglierli c'era un camino acceso, un albero addobbato e un soggiorno pieno di decorazioni natalizie. «Direi proprio di sì, è stato molto gentile da parte sua. Sono contenta di averle preso qualcosa per Natale.»Sorrise. Ad Hunter, quella festività, non entusiasmava particolarmente, quella che più ci teneva a queste cose era, appunto, la sorella. Aveva avuto modo di conoscerla meglio, nel tempo, e la maggiore dei Moore si era rivelata essere una persona gentile e alla mano. Proprio come, dai suoi ricordi, era anche Ludde. Più tardi le avrebbe mandato una lettera per ringraziarla insieme al piccolo regalo che le aveva fatto. Nel mentre Hunter, da gentiluomo qual era, le sfilò il cappotto. Espresse il suo apprezzamento per quel gesto con un bacio sulla guancia, e lo avrebbe fatto anche a voce se non fosse stata travolta in un turbine di passione improvvisa: schiuse immediatamente le labbra quando quelle del suo ragazzo finirono sulle sue, una mano era, come di consuetudine, tra i suoi capelli mentre l'altra si era già insinuata sotto il suo maglione. Affondò la lingua nella sua bocca, gemendo dolcemente, e indietreggiò di qualche passo finché non si ritrovò bloccata tra la spalliera del divano e Hunter. «Mi ricorda molte cose, tipo questa.» Gli lasciò una scia di baci umidi lungo la linea della mascella, il mento e il collo, nel quale affondò delicatamente i denti. Salì su uno dei braccioli del divano, gli circondò la vita con le gambe e lo attirò verso di sé, muovendo, poi, il bacino in avanti. Con la punta della lingua gli leccò il collo e poi tornò a guardarlo negli occhi, sorridendo maliziosamente. «Prima mi salti addosso e poi vuoi mostrarmi qualcosa? Così non ci siamo. Proprio per niente.» Scherzò, sfregando la punta del naso contro la sua. «Di solito è il contrario, ma per questa volta me lo farò andare bene.» Prima, però, si lasciò baciare un'altra volta.
    Non riusciva a fare a meno di lui e del suo tocco, infatti non esitò nello schiudere ulteriormente le labbra per rendere il bacio ancora più profondo, così come non esitò nel far scorrere le mani lungo la sua schiena. Quei vestiti erano decisamente di troppo, ma se ne sarebbe liberata in un secondo momento; in fondo, avevano una giornata intera per fare l'amore. Hunter, tuttavia, sembrò essersi pentito di quella scelta non appena mise un minimo di distanza tra loro, al che Daphne gli avvolse le spalle con le braccia e avvicinò il viso al suo, fermandosi ad un millimetro dalle sue labbra. «Dopo sono tutta tua.» La passione, tra loro, era direttamente proporzionale all'amore che sentivano l'uno per l'altro e, a volte, l'intensità con cui quelle emozioni la colpivano le lasciava quasi senza fiato. Hunter amplificava tutto. Lo baciò di nuovo, con dolcezza, e poi gli prese la mano. «Portami dove vuoi.» Con lui sarebbe andata ovunque. Fuori c'erano zero gradi, faceva freddo e, se non volevano passare le vacanze a letto con la febbre, dovevano coprirsi. Visto che, di staccarsi anche solo per un secondo dal calore del suo corpo, proprio non ne voleva sapere, richiamò a sé i loro cappotti con un Accio e glielo porse.



    Edited by Daphne. - 11/4/2024, 19:34
     
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    C'erano degli scambi di battute, delle parole, frasi intere che spesso su ripetevano nelle nostre conversazioni ed è una cosa che magari in altri tempo avrei ritenuto noiosa e monotona. Invece adesso tutto questo è entrato a far parte delle mie abitudini, tra le mie preferite. Daphne fa parte delle mie giornate come fa parte di una piacevole routine anche per me vederla interagire con Whisky, un pezzo di vita giornaliera che in qualche modo continua ancora ad affascinarmi.
    Con la stessa naturalezza di sempre, ricambio il suo bacio per poi prenderla per mano così da allontanarci da lì insieme; quello che sento adesso è assolutamente opposto a quello che sentivo esattamente un anno fa, sull'Hogwarts Express di ritorno a Londra. Quando l'ho vista entrare nella mia cabina era un insieme di confusione, delusione ed incertezza nate dal lungo silenzio che in quel periodo ci aveva separati, un lungo silenzio che solo dopo ho capito esserle servito per capire questa cosa che era nata fra di noi. Ci ho pensato anche io, sì, mi sono posto delle domande eppure allo stesso tempo gli interrogatori non sono stati in grado di fermarmi. Questa volta la differenza, oltre che ad uno stato d'animo nettamente più sereno, è anche che ci fermiamo prima dell'arrivo al treno poichè sarà la passaporta a trasportarci in un attimo dove dobbiamo essere. E anche questa casa in qualche modo ha riguadagnato valore, sembra di nuovo viva con le decorazioni natalizie con cui Emilie l'ha addobbata e le foto di nostra madre sparite dalla circolazione - cosa le hai preso? Sarebbe stata contenta anche se le avessi regalato uno stupido puffagiolo - perchè alla fine mia sorella è proprio quel tipo di persona, quella che si emoziona per le piccole cose e rivela tutta la sua essenza fin dall'inizio, nulla di nascosto o di fraintendibile. L'apprezzo, non ce ne sono molte persone come lei in giro e se ne frega se può essere una debolezza. Anche a Daphne aveva mostrato tutta sè stessa senza celare nemmeno lo spirito di protezione nei miei confronti, ma mostrandolo in giusta misura. Insomma, si è fatta conoscere.
    Invito Daphne a mettersi comoda aiutandola a liberarsi dell'impiccio del cappotto e poi, mosso dall'urgenza con cui ormai convivo da un anno, la costringo ad indietreggiare addossando il mio corpo al suo e il tutto non poteva non concludersi con un bacio intenso nello stesso punto dove tutto è iniziato. Quello che non mi aspettavo è che Daphne si sarebbe spinta così in là nella sua provocazione, lasciandomi per un attimo visibilmente stupito. Non perchè non fossi consapevole della passione della serpeverde - di cui ormai mi sono abbondantemente accertato - ma perchè non pensavo che avrebbe messo così a repentaglio la giornata che avevo pensato per noi. Espiro quindi, pesantemente e a denti stretti inarcando il collo di lato quando sento lo scorrere umido della sua lingua e, come reazione, stringendole con fermezza le cosce. Sento che potrei cedere ad un millimetro dalle sue labbra e dal suo respiro caldo e quindi sbuffo per la mia maledetta scelta - ...sei davvero pericolosa - poggio nuovamente, per un ultima volta, le mie labbra sulle sue per poi schiuderle e baciarla con maggiore intensità solo per poi dovermi separare nuovamente da lei, nuovamente deluso - certo che sì - le rispondo facendo scorrere le mani sulle sue braccia avvolte intorno alle mie spalle e lasciandole un finale bacio sul collo poco prima di recuperare i nostri cappotti, metterceli di nuovo addosso, e così uscire al freddo dove invece Whisky sembra trovarsi perfettamente a suo agio, come sempre. Lo lascio correre e fare casino, nonostante la stazza e l'aria da prepotente rimane un cane domestico che mai si sognerebbe di allontanarsi da casa sua quindi, tenendo stretta la mano di Daphne, intreccio le mie dita con le sue infilando le mani di entrambi nella tasca del mio cappotto scuro - è così vicino che potresti averlo notato dalle finestre di casa - infatti davanti a noi si para davanti una fitta distesa di alti alberi di abete, pino, e tuti quei tipi di conifere che trovano su queste montagne il posto perfetto in cui crescere. Al momento non soffia neanche un po' di vento, la luce del sole sbatte sulla neve bianca che la riflette e mi costringe ad alzare la mano libera a pararmi gli occhi - qua ci venivamo spesso con mia madre, quando io e Emilie eravamo piccoli - la mia voce suona tranquilla nonostante il ricordo di mia madre, non so, forse il mio cervello ha deciso di conservare alcune memorie positive e averne cura al posto mio. Gli alberi sono fitti per via delle chiome folte, ma in realtà i tronchi sono ben distanziati fra di loro e ciò permette di avere una buona visuale della strada che stiamo percorrendo: la neve ricopre tutto, dal terreno su cui stiamo camminando ai rami degli abeti. Non ci vuole molto prima che sentiamo un chiaro rumore di acqua a cascata ed è proprio lì che stiamo andando senza alcuna esitazione, perchè ormai conosco il percorso a memoria - guarda, eccoci - gli alberi si aprono lasciando aria ad uno specchio d'acqua non particolarmente grande. Vicino alla riva si è formato del ghiaccio ma la parte centrale resta nella sua forma liquida per via della pressione continua esercitata da una piccola cascata.
    Guardando bene si può scorgere come una sorta di grotta posta proprio dietro la parete d'acqua, così stabile da sembrare quasi ferma. La vera magia però inizia adesso che abbiamo oltrepassato il perimetro di questa zona ben protetta dagli alberi: la neve inizia lentamente a sciogliersi, il ghiaccio segue lo stesso destino e la temperatura sembra alzarsi di qualche grado. L'aria rimane fresca ma è decisamente meno pungente del gelo che ci siamo lasciati alle spalle. Mi volto a guardare l'espressione di Daphne, la sua reazione alla particolare magia che circonda questo posto - c'è un incantesimo a protezione della zona. In particolare questo rende più piacevole la temperatura vicino al laghetto - adesso sembra più un autunno piuttosto che inverno pieno. L'acqua si increspa formando dei bellissimi riflessi luminosi sulla superficie, è possibile scorgere ancora qualche macchia bianca di nave fra le pietre intorno allo specchio d'acqua. Chissà, fra un po' potrebbe spuntare anche qualche tartaruga - è stata mia madre a porre l'incantesimo in quest'area - è un bel ricordo, uno di quelli a cui mi aggrappo disperatamente nei momenti peggiori. Libero la mano di Daphne solo per potermi avvicinare all'acqua, mi piego sulle ginocchia accorgendomi che al suo interno pare esserci qualche pesce. Sembra così strano guardare oltre e vedere la distesa di neve bianca mentre qui è tornata la bella stagione.


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    Durante le cene con Emilie, Daphne aveva avuto modo di osservare il rapporto che Hunter aveva con sua sorella e si era accorta di quanto, entrambi, fossero protettivi l'uno nei confronti dell'altro. Alcune volte, dietro un sorriso, aveva nascosto il dolore che, improvviso, la coglieva quando ripensava a suo fratello e a come sarebbe potuto essere da grande: sarebbe stato più alto di lei? Quali sarebbero state le sue passioni? Avrebbero discusso o sarebbero andati d'amore e d'accordo? Domande, decine di domande che, come tante altre, non avrebbero avuto risposta. In quei momenti, Hunter le prendeva la mano sotto il tavolo e la stringeva, consapevole di quei pensieri assordanti che aveva nella testa. La conosceva così bene da andare oltre la sua maschera di cera e, anche se questo, un po', la spaventava, allo stesso tempo le faceva capire quanto profondo il legame fosse diventato il loro legame. Il calore del suo corpo la faceva rilassare all'istante e, dopo quei pochi attimi di sconforto, tornava quella di sempre, godendo della compagnia di Emilie. Era ben felice di passare del tempo con lei, e dopo tutti gli inviti che le aveva esteso, aveva deciso di ringraziarla con un regalo di Natale. Niente di troppo impegnativo, ovviamente, non voleva metterla in difficoltà. «Una piuma autoscrivente. Che dici, potrebbe piacerle?» Inclinò la testa di lato, chiedendo conferma. Voleva comunque fare una bella figura con una delle persone più importanti della vita di Hunter, in fondo, si sarebbero viste molto spesso in futuro. Essendo, inoltre,un'aspirante giornalista, ne avrebbe fatto sicuramente buon uso.
    L'ultima cosa che si sarebbe aspettata, una volta giunti in Francia, era ritrovarsi a baciare Hunter in quel modo. Dopo essersi lasciata andare, forse più del dovuto, gli sorrise maliziosa con la fronte appoggiata alla sua. «Mi ami anche per questo, no?»Sfregò la punta del naso contro la sua, lo baciò ancora con foga e poi, facendo appello a tutto il suo autocontrollo, si staccò, anche perché dal modo in cui aveva risposto era chiaro che avrebbe preferito fermarsi lì. La sua reazione la lasciò interdetta: dopo essersi approcciato a lei con tanta passione, perché trattenersi in quel modo? Forse, il pensiero a cui stava per dare voce, era irrazionale e privo di senso, ma con Hunter non aveva mai seguito la logica. Per questo, aggrottò le sopracciglia con espressione confusa e fece due passi indietro, urtando, nuovamente, il bracciolo del divano solo che questa volta, tra i loro, c'era una leggera distanza.«Ho esagerato? Ti sei trattenuto, volevi farmi vedere qualcosa e ti ho bloccato facendo così, in qualche modo? Non dovevo?» Il motivo doveva essere quello, la sua reazione era stata anche normale, razionalmente parlando, eppure, di riflesso, si strinse nelle spalle e si irrigidì. Un comportamento insensato, il suo, dettato da cosa nemmeno lo sapeva. Da tempo aveva persino smesso di cercare una spiegazione razionale alle sue azioni, con lui sentiva soltanto. Che reazione stupida sto avendo, odio quando faccio così. Ma con Hunter mi succede anche questo. Non oppose,comunque, nessuna resistenza quando la prese per mano e si lasciò condurre nel luogo che voleva mostrarle, con al seguito Whisky che, entusiasta come sempre, affondava le zampe nella neve. Era sua abitudine, quando faceva freddo, mettere le loro mani intrecciate
    all'interno di una delle tasche del suo cappotto, gesto che Daphne apprezzava particolarmente perché dimostrava quanta premura avesse nei suoi confronti. A differenza dello scorso anno, il sole era alto nel cielo e i suoi raggi riscaldavano l'ambiente circostante. La brina sui rami e le foglie degli alberi rendeva il tutto più suggestivo. L'inverno era decisamente la sua stagione, anche perché le aveva regalato qualcuno di speciale, invece di portarglielo via. «Che rapporto avevi con lei? » Lo guardò con la coda dell'occhio e, impercettibilmente, si avvicinò,poggiando il mento sulla sua spalla. Non glielo aveva mai detto, ma aveva visto una foto di sua madre, quella che aveva abbassato per non guardare il suo volto. Per sommi capi, sapeva che Hunter aveva un rapporto complicato con lei e difficilmente gliene parlava, ma dopo tutto quello che era successo in estate, esigeva anche lei che si aprisse. Voleva conoscere il suo passato, ogni singola sfaccettatura, solo così sarebbe stata in grado di capirlo pienamente. In lontananza, si udì il suono di una cascata. Dopo qualche istante, infatti, apparve. Socchiuse gli occhi, concentrandosi sul rumore dell'acqua che cadeva, simile a quello della pioggia dalla quale si lasciava cullare prima di addormentarsi tra le braccia del suo ragazzo dopo aver fatto l'amore. Erano quelle le notti che avrebbe sempre ricordato e associato ad Hunter. Sperò solo che quella pioggia, da lei tanto amata, non l'affogasse. Improvvisamente, il ghiaccio che ricopriva la superficie dell'acqua si sciolse. Qualcuno doveva aver incantato quel luogo, per questo c'era un'atmosfera così magica. Sorrise, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, e tornò a guardare il corvnovero, che non mancò di confermare il pensiero appena fatto. «È davvero molto bello, devi avere un sacco di bei ricordi qui.» Addolcì lo sguardo, mentre nella sua mente si faceva spazio l'immagine di un bambino dagli occhi verdi e i ricci ribelli che veniva trascinato da sua sorella che, piena di entusiasmo, gli chiedeva di giocare con lei. Chissà se anche lui era stato coinvolto in emozionanti e agguerrite battaglie di palle di neve, come quelle di sua nonna. Per quanto la disprezzasse, i ricordi di quei giorni passati insieme li avrebbe custoditi gelosamente, perché nonostante le bugie che le aveva raccontato e sentimenti che, forse, aveva solo simulato, era stato grazie a lei se il suo cuore non si era completamente ghiacciato e inaridito, rendendola simile a sua madre. Le aveva insegnato ad amare, in qualche modo, malgrado il fatto che, il suo, fosse solo un modo per redimersi e sentirsi meno in colpa per l'omicidio di una delle sue figlie. In lei, doveva aver visto una sorta di redenzione, la possibilità di rimediare al male che aveva fatto. Era stata egoista, aveva pensato solo al suo tornaconto personale. Era un vizio di famiglia, e lei non faceva eccezione. Il desiderio di monopolizzare il ragazzo che aveva di fianco, nasceva proprio dal suo egoistico bisogno di averlo tutto per sé, così che, nella sua vita, non ci fosse spazio per nessun altra ragazza a parte sua sorella. Questa oscurità latente che aveva dentro gliel'aveva mostrata diverse volte in quei mesi, e il fatto che accettasse tutto, di lei, e non l'allontanasse, le faceva capire quanto profondamente l'amasse. Quel sentimento li aveva legati pericolosamente l'uno all'altra e aveva assunto i toni di una dipendenza alla quale, mai, avrebbe rinunciato. L'astinenza non era nemmeno lontanamente contemplata. «Da come ne parli, mi sembra di capire che qualche ricordo positivo di lei ce l'hai.Vuoi raccontarmi qualcosa? » Gli spostò un riccio dal viso e poi lo lasciò andare, scrutandolo in silenzio mentre si piegava sulle ginocchia, forse per toccare l'acqua, come avrebbe potuto fare da bambino. Attese, poi, che le raccontasse qualcosa di quei giorni ormai lontani mentre si sedeva accanto a lui con le gambe stese verso la riva del lago



    Edited by Daphne. - 11/4/2024, 19:36
     
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    Dopo aver appreso dell'esperienza dolorosa che Daphne aveva vissuto, mi sono spesso chiesto se fosse il caso invitarla con tanta frequenza a passare del tempo con me e mia sorella; lei non lo sa ma Emile, spinta dalla sua irrefrenabile nei confronti della serpeverde, ha chiesto più volte di incontrarla rispetto a quante poi non sia davvero accaduto. Non so perchè l'ho impedito, ho tirato le mie somme da solo pensando che forse per Daphne sarebbe stato troppo, fino a quando non ho voluto che lei entrasse davvero in quella ristrettissima cerchia che io definisco famiglia. E tutto questo perchè la amo, e ho promesso sia a lei che a me stesso di starle vicino - assolutamente, è perfetto per lei - adesso sembra completamente a suo agio persino con l'esagerato entusiasmo di mia sorella, la cosa mi piace, mi fa rilassare, così un po' come se i miei stessi pensieri - per una volta - mi stessero permettendo di sentirmi sollevato, le sorrido per poi poggiare le mie labbra sulle sue e lasciarci un leggero bacio.
    Il problema però è che ogni volta che io mi ritrovo solo con Daphne, non riesco a rimanere lì a guardarla da lontano per troppo tempo, no, sento una vera e propria urgenza, un'urgenza simile a quella che provoca l'astinenza da droghe, indomabile, al punto che devo solo arrendermi. Che altro posso fare? Non sono abbastanza forte per contrastarla, non voglio, e so che lei se ne approfitta e l'alimenta: si stringe a me con tutto il corpo, sento il suo calore nonostante non siamo ancora senza vestiti, né percepisco ogni minima ondulazione tanto da reggermi alla spalliera del divano contro cui l'ho bloccata e sospirare pesantemente mentre mi trattengo. E non perché non voglia fare l'amore con lei, questa possibilità è lontana anni luce dalla realtà, ma perché se iniziassi ora non saremmo più capaci di fate altro e io non troverei più un momento per darle il mio regalo di Natale. - È vero, ti amo anche per questo - anche io in tutta risposta poggio la punta del naso contro la sua, rilassandomi, realizzando improvvisamente quanto per me sia facile dirle che l'amo - e per un sacco di altri motivi - che forse un giorno le avrei elencato uno ad uno, ma per adesso vengo nuovamente trasportato dal momento e, bloccandole la nuca con la destra che intanto ha mollato la presa sul tessuto del divano, approfondisco ancora di più quel bacio come a voler imprime il suo sapore sulle mie labbra per sempre. Basta davvero poco, basta che Daphne poggi le mie labbra sulle mie e la ragiona va a farsi benenedire insieme ai miei buoni propositi. Non avere il controllo su di me, con lei è una dolce tortura. Un'altra volta il bacio si interrompe, complice l'intromissione della ragione; le accarezzo il viso portandole una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio, guardandola, sgranando un po' gli occhi quando ascolto ciò che viene dopo - cosa? - non perché non abbia sentito bene, anzi, temo di aver anche capito troppo bene cosa vuole dire. E non ha minimamente senso - avresti fatto qualcosa che non dovevi? E in quale modo? - le mie mani scorrono lungo le sue braccia fino ad intrecciarsi con le sue. L'attiro a me ancora una volta, ad intrecciare le braccia intorno alla mia vita. Da qui mi basta abbassare il viso di pochi centimetri perché le mie labbra tocchino di nuovo le sue, stuzzicandole, mordendole - la verità è che mi è piaciuto così tanto che se avessi continuato, non avremmo più lasciato questa stanza per i prossimi due giorni- è un sussurro a fior di labbra il mio, quando le nostre labbra si toccano di nuovo non è più neanche un sussurro. Sento il bisogno di eliminare definitivamente quella minima distanza fra di noi, di baciarla ancora una volta per farle percepire quanto si stesse sbagliando a pensare di aver fatto qualcosa che non doveva. Più ne sento il sapore e il profumo, più diventa difficile separarsene; le accarezzo la schiena su fino al collo, sposto i capelli che lo coprono, mi insinuo sotto di loro con le dita per sfiorare la pelle di Daphne e spingerla a puntare lo sguardo nel mio - non pensare mai più di aver fatto qualcosa di sbagliato, è solo che... ci tenevo a mostrarti una cosa - qui per un attimo è a me che sorge il dubbio di aver fatto qualcosa di sbagliato, di essere stato troppo improvviso, quindi le lascio un bacio sul mento nella speranza che le mie intenzioni le siano arrivate e con la promessa che più tardi avremmo ripreso da dove abbiamo lasciato.
    Sono contento che questo non l'abbia fermata dal seguirmi dove voglio condurla, un luogo speciale che conserva quei ricordi positivi che mi restano di mia madre, sono racchiusi quasi tutti lì. Quando Daphne mi chiede di lei, istintivamente la mia presa si fa più salda ed è un po' come se stessi prendendo la rincorsa prima di rispondere; c'è, infatti, una parentesi silenziosa in cui mi limito a guardare verso il fitto gruppo di alberi che abbiamo di fronte a noi. Come posso definire il rapporto che avevo con quella donna? - non lo so - è la prima cosa giusta che mi sento di dire - nè buono, nè cattivo. Da quel che ricordo non mi ha mai fatto del male - almeno non fisicamente - ma mi ha mentito su tutto. Io non la conosco, non so chi sia davvero - quella personalità dolce e protettiva a cui la associo, è reale? La persona che mi ha mostrato, esiste davvero? Ho sempre pensato che in fondo le persone non potessero agire in maniera troppo differente da quella che è la loro vera natura, nessun è davvero così bravo a recitare. Ma forse sono un ingenuo a pensarla in questo modo. Comunque non importa, non lascio che questi interrogativi oggi mi sovrastino quindi, semplicemente, sorrido rassicurante alla mia ragazza facendole strada fra gli alberi.
    Il rumore dell'acqua anticipa quello che a breve ci troveremo davanti, mi sorprendo a notare come tutto sia tutto esattamente come un tempo. Persino l'altezza degli alberi sembra rimasta invariata negli anni, ma sicuramente questa è soltanto un'impressione data dal fatto che anche io sono cresciuto. E che in realtà, quindi, non è altro che un'illusione: tutto è cambiato, ogni cosa, sia questo posto, che la mia vita che io stesso. Eppure mi va bene farmi illudere, credere che sia rimasto tutto come lo avevo lasciato... è un pensiero rassicurante da cui voglio farmi ingannare - mi ricordo che qui ho scoperto quanto è brutta la sensazione dei vestiti bagnati addosso. Ero con i piedi nell'acqua a e stavo osservando i pesci quando quel terremoto di mia sorella non mi è saltata addosso facendomi cadere- ho sempre apprezzato il coraggio di mia sorella, pronta a lanciarsi -letteralmente- in qualsiasi cosa attirasse il suo interesse. I miei genitori non potevano avere figli più opposti di noi. Sorrido guardando quello stesso specchio d'acqua che guardavo da piccolo e in quel momento, una volta che tutto il ghiaccio si è sciolto, mi viene voglia di immergerci le mani. Avanzo di qualche passo, Daphne mi raggiunge poco dopo per sedersi accanto a me. C'è una pace immensa in questo luogo, così grande da mettere ordine nella mia mente e permettermi di scavare nei ricordi che ho di lei, che ho di mia madre - qualcuno - sorrido impercettibilmente guardando di fronte a me, quasi come se quegli episodi così lontani si stessero adesso replicando davanti ai miei occhi - ci parlava delle piante delle zona, raccontava delle loro proprietà come fossero favole... le piante erano praticamente persone, anripatiche o simpatiche- scuoto la testa ridendo di quel modo strano che aveva di insegnarci le cose, anche all'epoca mi veniva difficile crederle. Eppure stavo al gioco, mi ingannavo all'epoca come adesso. Sollevo un po' d'acqua con la punta delle dita e con le stesse, lancio qualche schizzo a tradimento sul viso di Daphne. Sono contento che sia qui, con me, ha qualcosa di speciale. Mi faccio prendere da un'improvvisa euforia, la stringo dai fianchi e me la tiro addosso distendendomi sul prato con lei a farmi praticamenteda coperta. I suoi occhi sono dell'esatto colore del cielo invernale. Avvicino il suo viso al mio così da lasciarle un lento e dolce bacio sulle labbra - sai, non mi importa più cosa c'era di vero - faccio scorrere le dita sul suo viso, disegno il profilo del suo naso mentre mi lascio andare in quell'ammissione che non avevo mai fatto a voce alta - è un ricordo positivo, uno di quelli a cui mi aggrappo quando le cose vanno male - adesso disegno il contorno delle sue labbra che ormai conosco a memoria - ci sei anche tu fra questi - continuo a guardarle la bocca mentre lo dico così, distrattamente. Distrattamente? No, non sono distratto, sono rilassato e non mi sto creando problemi di alcun tipo. Raro, bello, ma ormai con Daphne dovrei smettere di sorprendermi per qualsiasi cosa. O forse no, forse è bello proprio per questo. Il mio pollice si sofferma al centro del suo labbro inferiore, lo tira giù a volerle schiudere le labbra per poterne di nuovo assaporare il gusto. Sono fredde, l'interno invece è talmente caldo da scaldare anche me. Poggio la mano libera sul suo fondoschiena per far aderire ancora di più i nostri corpi, come se fosse possibile farli avvicinare ancora.


    La lingua scorre sulle sue labbra morbide, il pollice adesso le trattiene il mento ed è come se ma costringesse a guardarmi negli occhi - ho una cosa per te - dico restando con la mente poggiata contro la sua - ti lascio scegliere se la vuoi adesso o dopo - non c'è un reale motivo, il mio è solo una sorta di gioco, di sfida alla sua curiosità. Le ho fatto un regalo pensando a tutte quelle volte che per cause di forza maggiore, non possiamo essere insieme. Sono andato a colpo sicuro, consapevole del fatto che per lei la distanza è pesante tanto quanto lo è per me. Non sarebbe perfetto se potessimo non avere altro che noi come preoccupazione? È un peccato che sia un desiderio irrealizzabile, ma almeno posso fare qualcosa perché queste preoccupazioni non si mettano fra di noi.




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    Edited by Kynthia - 17/1/2024, 16:21
     
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    Tra i due, il primo ad aver pronunciato quella frase composta da due parole e sei lettere, era stato lui. Lo aveva fatto in estate, ad agosto, nella casa che sua nonna le aveva lasciato in Norvegia e dove, a lungo,aveva vissuto nell'illusione di un falso amore. Quello che Hunter le aveva mostrato, però, era reale. Avrebbe anche potuto non dirlo mai, ad alta voce, e lei lo avrebbe sentito ugualmente, perché quel sentimento era così intenso da avvertirlo con ogni fibra del suo essere ogni volta che la sfiorava, la toccava, la baciava. Le parlava attraverso il corpo, lo aveva sempre fatto e lei, lo aveva sempre capito. Come i suoi silenzi. La sua mente era contorta, difficile da comprendere, per gli altri addirittura inaccessibile. Per lei invece, era una piacevole lettura, perché Hunter era la sua anima gemella. Si trattava di un concetto astratto riportato nel Simposio di Platone, un mito greco privo di concretezza. Completamente irrazionale. Daphne, che era la ragione fatta a persona, non aveva mai creduto, davvero, alle leggende del passato, eppure adesso che il cuore le batteva forte nella gabbia toracica dopo aver sentito, ancora, quelle parole, capì di non poter fare altrimenti. Questo bisogno quasi ossessivo di averlo sempre vicino era una conseguenza della mancanza che provava ogni volta che, per motivi di forza maggiore, dovevano passare brevi periodi separati. Per com'era fatta, l'unica spiegazione possibile a tutto ciò, era che Hunter fosse, effettivamente, l'altra metà della mela. «Ti amo anch'io. » Gli accarezzò i capelli alla base della nuca e sorrise a un soffio dalle sue labbra. «Tanto. » Chiuse gli occhi quando la baciò, rafforzando la presa dellesue gambe intorno alla vita mentre, in balìa della sue emozioni, affondava la lingua nella sua bocca. Fu un bacio intenso, sentito che, purtroppo, finì prima del previsto. Lo liberò, scendendo dal bracciolo del divano e lo guardò stranita, chiedendosi cosa c'era che non andasse, se avesse sbagliato o se avesse, persino, esagerato nel baciarlo in quel modo. Un'insicurezza nata dal nulla, senza un motivo apparente ma che ebbe, tuttavia, l'esigenza di esporre, perché avevano promesso di dirsi tutto. Di comunicare. Per questo aveva raso al suolo tutti i suoi muri per lui e, mai una volta, aveva rimpianto tale scelta. Era al sicuro, Mi fido ciecamente di te. Si rilassò impercettibilmente quando le accarezzò il viso, tanto da fare un passo avanti. Sembrò sorpreso dalle sue parole, non si aspettava una reazione così da lei. Quando la distanza che c'era tra loro venne colmata e il calore del suo corpo del quale, per un attimo, si era privata, tornò, ricambiò l'abbraccio. «Non appena mi tocchi, mi lascio andare, forse fin troppo. Pensavo che avrebbe potuto darti fastidio. Non farci caso, è un pensiero stupido.» Dall'imbarazzo, nascose il viso nell'incavo del suo collo e ne respirò il profumo dalle note legnose per calmarsi. Gli diede,poi, un delicato bacio sul mento e sospirò quando le morse le labbra.
    Lo imitò,prendendogli il labbro inferiore tra i denti e stuzzicandolo dolcemente. Lenta, fece scorrere la lingua sulle sue labbra per inumidirle prima di incontrare la sua in un bacio intenso e passionale. Gli gettò le braccia al collo, la bocca si schiuse di più e ciò le permise di approfondire quel contatto già di per sé così intimo. Questa volta non gli permise di ritrarsi, continuò a godere del suo sapore finché non ebbe la necessità di respirare di nuovo. Gli accarezzò il viso con la mano destra e sorrise, dimenticando quella stupida insicurezza. «Due, tre, quattro. Tutto il tempo che vuoi e che voglio.» Sospirò beata quando la baciò ancora. Incapace di resistere, intrufolò le mani sotto al suo maglione per toccare la sua pelle. Per dei lunghi, interminabili minuti, intrecciò la lingua con la sua, cullata dal calore del suo corpo e dal suo profumo, che respirò a pieni polmoni. Aveva già le labbra gonfie, ma andava bene così. «Grazie.» Sfiorò la punta del naso con la sua e lo prese per mano. «Sono curiosa, fammi strada. » Durante il tragitto, aveva posato il mento sulla sua spalla e gli aveva chiesto di sua madre. Il luogo in cui la stava portando doveva essere legato alla sua infanzia e ai giorni trascorsi insieme a lei. «L'avrei odiata se te ne avesse fatto.» Pronunciò quelle parole con voce gelida. Ellen le aveva fatto del male e continuava a fargliene, anche se non con la stessa assiduità di prima. Per questo, e per molte altre ragioni, le avrebbe regalato una morte lenta e dolorosa. Non era da escludere che quella fosse anche la fine della madre del corvonero se si fosse rivelata una stronza come l'attuale matriarca dei Blackwood. A differenza sua, non aveva arrecato alcun dolore fisico a suo figlio, ma solo l'ipotesi che qualcuno, deliberatamente, provasse a ferire il ragazzo che aveva di fianco, le faceva provare sentimenti negativi. A tratti pericolosi. «In che senso ti ha mentito? » Anche lui aveva vissuto una vita di bugie? Gli mise una mano sulla guancia e, con dolcezza, volse il viso verso di lei. «Io ho scoperto dopo chi era realmente mia madre e non è stato piacevole. Se mai, un giorno, dovesse capitarti la stessa cosa ricorda che non sei solo, ci sono io con te. Qualunque cosa accada, ti sarò vicina.» Non c'era esitazione nella sua voce. Dopo aver tenuto lo sguardo fisso nel suo per qualche secondo, si sporse in avanti e gli diede un delicato bacio sulle labbra. Gli circondò le spalle con le braccia e lo attirò verso di sé, stringendolo forte. Era sempre stata protettiva nei suoi confronti, ma dopo tutto quello che avevano condiviso, lo era diventata ancora di più. Perché capiva la sua sofferenza. Voleva solo che fosse felice, con lei. Nient'altro. Rafforzò ulteriormente la presa per fargli sentire la sua vicinanza, poco importava se a stento riusciva a respirare ed il seno le faceva male. Era abituata a quel contatto spasmodico. Schiuse le labbra e gli baciò il collo, poi si staccò e riprese la sua mano, sorridendo.
    La condusse in un luogo magico, protagonista indiscusso della sua infanzia. Gli chiese che di raccontarle qualcosa e, quando lo fece, lo ascoltò con attenzione. Le venne da ridere pensando al suo ragazzo da piccolo che, rassegnato al suo destino, usciva dal laghetto con i vestiti bagnati mentre Emilie lo prendeva in giro. «E lei avrà continuato a farlo perché tu, da bravo fratello, sei stato al gioco, non è così? » Con le persone che amava, Hunter era molto premuroso. Lo aveva capito osservandolo ed era felice di sapere che, tra queste persone, c'erano solo lei e la sorella. Nessun altro. Nel mentre, il corvonero si era avvicinato alla riva del lago toccando l'acqua, al che Daphne si avvicinò e si sedette accanto a lui con le gambe distese in avanti. «Ricordi i nomi che aveva dato a queste piante? » Aveva il sospetto che, le sue, non fossero semplici storie per bambini. Questa donna aveva ingannato suo figlio, aveva mentito al suo Hunter, al punto tale che non sapeva nemmeno chi fosse, sua madre. Era una manipolatrice come Ellen, una stronza senza scrupoli. Forse, il suo, era un giudizio affrettato, in fondo, non conosceva la sua storia, ma i bugiardi non li sopportava a priori e si fidava delle parole del suo ragazzo. Pertanto, era finita nella lista nera. Voleva chiedergli altro, ma venne interrotta da uno schizzo d'acqua in faccia. Indignata, si accinse a fare lo stesso. Purtroppo non ci riuscì: Hunter la prese per i fianchi e se la tirò addosso. Scosse la testa, divertita dall' intera situazione e felice di vederlo così spensierato. Si rilassò sopra di lui con le gambe incrociate alle sue mentre, con le dita, iniziò a giocare con i suoi capelli, tirando qualche boccolo. Gli baciò la punta del naso e poi, quando avvicinò le labbra alle sue, le schiuse. Lenta, fece scivolare la lingua contro la sua, tenendogli fermo il viso con entrambe le mani. Il pollice si posò, poi, sul suo mento, invitandolo a schiudere ulteriormente le labbra morbide. Quasi gemette quando il bacio si intensificò. Non avrebbe mai potuto rinunciare a tutto questo, era impossibile. Dopo un po' si staccò e si specchiò nei suoi occhi verdi. «Sono felice che la pensi così. » Poggiò la fronte contro la sua e, istintivamente, gli accarezzò il labbro inferiore con l'indice. «Hunter» Poggiò le labbra sulle sue. «sei già un ricordo a cui aggrapparmi quando le cose vanno male,sempre, ma se continuiamo così rischi di diventare la mia ossessione.» Quasi si meravigliò per la facilità con cui gli disse quelle cose. Con lui, non indossava alcuna maschera, non aveva paura di mostrarsi per quello che era perché sapeva che amava tutto di lei, compresa l'oscurità che si portava dentro. Quando le schiuse le labbra con il pollice, lo sfiorò con la lingua prima di accoglierlo all'interno della sua bocca e succhiare. Languida, mosse dolcemente il bacino in avanti e chiuse gli occhi quando sfiorò la sua intimità, sospirando pesantemente. Quel ragazzo, anche dopo un anno di relazione, la mandava fuori di testa. Non riusciva a trattenersi quando erano da soli, aveva bisogno di sentirlo, in qualche modo, non riusciva a farne a meno. Non ci riuscivano entrambi. Per questo si era trattenuto prima. Era stata una stupida, come aveva anche solo potuto pensare che potesse dargli fastidio il suo tocco? O il modo in cui aveva reagito a quella passione improvvisa? Voleva che si lasciasse completamente andare quando erano insieme, glielo aveva sempre detto. Perché la desiderava. La voleva. E la bramava nel suo stesso, identico, modo. Lasciò scorrere la lingua sulle sue labbra, emise un piccolo gemito e si mosse sopra di lui, mettendosi più comoda . «Dopo, così ti do anche la mia, di sorpresa.» Gli sorrise dolcemente. «Spero di riuscire a venire ogni anno qui con te.» Sperò, ingenuamente, in un per sempre che, forse, non avrebbe mai potuto realizzarsi. Quei pensieri, però, decise di metterli da parte, aveva di meglio da fare. Baciò Hunter con la stessa foga di prima, le mani, lente, sfiorarono i contorni del suo corpo e poi una di esse si posò sulla cintura dei pantaloni. Gli lasciò una scia di baci umidi sulla mandibola e il collo, tirò verso il basso il maglione e fece scorrere la lingua lungo la clavicola. Se continuavano così, avrebbero finito col fare l'amore sul prato. Poggiò, quindi, il viso sul suo petto, chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal battito del suo cuore con un sorriso sulle labbra. Felice.



    Edited by Daphne. - 11/4/2024, 19:40
     
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    Sembrava così strano sentirle pronunciare quelle parole, ti amo, sembra anche così strano che ancora io me ne stupisca nonostante dirglielo sia in realtà tanto facile. Non ho mai vissuto niente del genere, me lo ripeto, me lo continuo a ripetere un po' con il timore che possa essere tutto momentaneo. Eppure nonostante ciò, la guardo sorridendo, stringendola fra le mie braccia e la sensazione non potrebbe essere più vivida. Ogni tanto mi chiedo se le mie emozioni le arrivino, perché esprimerle non è mai stato il mio forte. Fin da bambino non ero capace di esternare nè le emozioni negative nè quelle positive, ricordo che persino per un regalo mi risultava difficile- quasi imbarazzante - mostrarmi entusiasta. Eppure sono sempre stato consapevole di ciò che provavo e il fatto che gli altri non lo notassero, non avrebbe reso le mie emozioni meno vere. Ho vissuto per molto tempo accettando che in questo sensl non ero come gli altri, non sempre ridevo se ero felice o piangevo se ero triste; a volte era necessario fissarmi un po' più a lungo per capirmi. E non mi è mai importato che questo richiedesse uno sforzo da parte degli altri, non sono mai stati affari miei... fino a quando non è arrivata lei. La guardo quasi dispiaciuto che, anche solo per un attimo, possa essersi creato fra di noi qualche malinteso. Accarezzandole il viso e strigendola ancora a me, cerco di farle percepire quanto si è sbagliata a credere che potesse darmi fastidio stare a contatto con lei. Mi mette al corrente del suo "pensiero stupido", così come decide di chiamarlo; scuoto la testa stranito dalle sue parole, probabilmente ancora di quanto non lo fossi già - se questo pensiero è diventata una preoccupazione, allora immagino che non possa essere così tanto stupido - almeno questo è secondo la mia logica - forse io... sono un po' freddo a volte - poteva essere, se lo avessi creduto sarebbe stato plausibile - ma amo quando ti lasci andare. Non smettere - un po' come se mi sentissi colpevole, per sopperire a quella mia mancanza, avvicino il mio volto al suo lasciando che le mie labbra sfiorino impercettibilmente le sue. È all'orecchio che le sossurro - prometto che saprò farmi perdonare - in tutti i modi a cui riesco a pensare. Per adesso mi accontento di assaporarne a pieno il sapore ma le mordo le labbra prima di lasciarla andare, così ho la sensazione di trattenere quella sensazione piacevole più a lungo.
    Si fa condurre verso il luogo che ho pensato di mostrarle, un luogo in cui non ho mai immaginato di portare qualcuno prima di conoscere Daphne. Forse ero geloso del mio posto, forse avevo paura che tornandoci con qualcuno non mi sarebbe sembrata più la stessa cosa, forse per molto tempo ho creduto che fosse destinato solo alla mia famiglia. Forse però Daphne, che odierebbe mia madre per avermi trattato male, sta già iniziando a diventare un po' famiglia - non ce ne sarebbe stato bisogno, non sprecare il tuo tempo ad odiarla - lo consideravo davvero tempo perso, tempo tolto a quello che avrebbe invece potuto dedicare a me. Schierarsi contro una persona che non so nemmeno chi sia, sarebbe solo un inutile spreco di energie. Se dovessi poi elencare tutte le bugie di mia madre penso che la lista sarebbe così lunga da occuparci il resto della giornata, ma in realtà è facilmente riassumibile in poche parole. Istintivamente stringo la mia mano su quella di Daphne, non so se è per sfogare la rabbia o cercare una consolazione - lei... sì è sempre mostrata nella sua versione migliore. Sorridente, solare, gentile... - ed era impossibile non crederle, chi la conosceva condivideva la stessa opinione su di lei e questo significava soltanto che era incredibilmente brava a fingere - io ed Emilie eravamo la cosa più importante, cosi diceva. In realtà erano i suoi ideali ad essere la cosa più importante, ha perso la sua libertà per colpa di ciò in cui credeva- che stupida. Non ha saputo fermarsi quando era il momento giusto per farlo, è adesso ne paga le conseguenze. Ha sempre voluto troppo, una donna pericolosamente ambiziosa, e a cosa ambiva poi non l'ho mai saputo. Avrei potuto, avrei potuto indagare, avrei potuto chiederglielo direttamente eppure ho preferito restare nella mia ignoranza. tanto non avrebbe fatto alcuna differenza. Per un attimo mi assento, sono altrove con la mente, in più posti contemporaneamente: parte del mio pensiero va al passato, a quello che era.; il resto va alla donna che non riconosco più, che adesso è chiusa in una squallida prigione. Il petto mi si alza mentre riempio i polmoni d'aria e ascolto cos'ha da dirmi Daphne. Lei può capirmi, può capirmi anche se abbiamo due trascorsi diversi quindi figuriamoci quando invece condividiamo un sentimento. Ad entrambi le nostre madri hanno lasciato traumi in regalo non richiesti e adesso, siamo noi a doverli scontare come fossero la nostra condanna. Non importa se lei mi è vicino. La guardo restando in silenzio mentre cammino al suo fianco. Poggio il viso sulla mano di Daphne, fredda ma piacevole, mi godo il contatto anche quando si trasforma in un abbraccio che mi lascia in un primo momento incapace di capire come devo reagire. C'è qualcosa di particolare negli abbracci, forse per quanto riescono ad essere di conforto se ricevuti dalla persona giusta, forse perchè riescono ad essere anche più intimi di un bacio a volte. Fatto sta che in realtà capire cosa fare è semplicissimo: allungo le braccio sulla sua schiena ricambiando quella stretta che invece, al contrario delle sue mani, è calda. Chiudo gli occhi mentre piego la testa sulla sua spalla e forse lei non saprà mai quanto forte sto stringendo le palpebre per tenerle chiuse, non so perchè, ma lo faccio come se questo potesse cambiare qualcosa. Quando mi separo, mi inclino di lato per lasciarle un morbido bacio all'angolo delle labbra - grazie - lo so che ci sarai per me, lo so.
    Quando arriviamo sul posto, vengo come assalito da una grossa quantità di ricordi d'infanzia. Non capisco se sia la magia di questo bosco, ma la mia mente seleziona solo i migliori, quelli che in altri momenti avrei fatto fatica a ricordare. Così glieli racconto, le parlo del bambino che ero e di come mi facessi bullizzare da mia sorella. Alle parole di Daphne sorrido, perchè è una descrizione spaventosamente accurata - mi dicevo sempre che la prossima volta mi sarei vendicato, ma lei è sempre stata più veloce di me ad agire - e poi, quando pensava di aver esagerato, veniva a chiedere scusa preoccupata che potessi prendermi un'influenza. Emilie, è la stessa di sempre.
    - C'era la signora Geltrude, era la più grande delle piante, la nonna di tutti ma anche la più prepotente. Geltrude è quella pianta sempre verde che sopravvive all'inverno e si ruba lo spazio delle altre - sembra stupido ricordare quella che è una pianta parassitaria come una vecchia prepotente ed egoista. Oggi mi sembra stupido, all'epoca mi faceva sempre ridere immaginare che avessero una loro entità - poi... poi non riesco a ricordarne altre. Ci sono molte cose che non ricordo - è strano: quei giorni sono impressi nella mia mente come un marchio a fuoco, eppure è come se alcuni pezzi fossero stati tagliati via, le immagini improvvisamente si fanno confuse e perso il filo della storia. Mi chiedo se ci sia un rimedio, ma soprattutto mi chiedo se voglio davvero recuperare quello che è andato perso. In fondo adesso ho trovato qualcosa, anzi qualcuno, con cui creare altre memorie che voglio tenermi stretto e sono questi i ricordi che voglio salvare. Ad esempio il sorriso divertito di Daphne in un momento rilassato come questo. Provo sempre una certa irrequietezza quando le cose sono troppo serene e spensierate, questo perchè non ci sono abituato ed ogni cellula del mio corpo sta sull'attenti prevedendo l'imminente catastrofe. Eppure questa sensazione la voglio annullare, voglio cancellarla con la memoria della morbidezza delle labbra di Daphne e del suo sapore così intenso. Quando sento quel piccolo gemito poi, affondo ancora di più la lingua nella sua bocca come se cercassi di ottenere un risultato ancora più... soddisfacente. Mi piace sapere che effetto le faccio, mi piace vederlo e sentirlo. Così voglio che anche lei, in qualche modo, lo sappia - ossessione dici? - una parola dal significato tendenzialmente negativo, eppure - non vedo quale sia il problema - è illogico da parte mia dire così, è poco sano pensarlo... ma forse voglio davvero essere la sua ossessione. Se lei continua in questo modo però, con questa sensualità, credo che è più facile che avvenga il contrario: la guardo con occhi pieni di desiderio quando passa la lingua sul mio pollice, ho un sussulto quando la sento muoversi su di me sfiorando un punto che in questo momento è decisamente sensibile. Faccio presa sui suoi capelli alla base della nuca, inclino il suo viso di lato solo per avere un accesso migliore alla sua bocca. Piego appena la gamba incastrata fra le sue quasi a volerla bloccare in quella posizione. Quando lei risponde alla mia domanda poi, per un attimo mi sono dimenticato persino cosa le avessi chiesto. Questo contatto così lento fra i nostri corpi mi sta facendo diventare pazzo, al punto che sento la mia mente offuscarsi quando le sue mani iniziano a scorrere sul mio corpo. La lascio fare. osservo i suoi movimenti godendomi quello spettacolo. Le scosto i capelli stringendoli in una sorta di coda che le scopre il collo bianco e mi permette di ammirarla ancora meglio. La punta della sua lingua è bollente, morbida, sospiro vicino al suo orecchio quando sento le sue dita sulla cintura dei pantaloni. Che intenzioni hai Daphne? Le mordo il lobo e, ad un tratto, si ferma poggiando la testa sul mio petto. Lasciandomi così, desideroso di avere di più. C'è una pausa silenziosa di appena qualche secondo, una pausa in cui sto rielaborando e in quache modo riavviando il mio cervello.
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    Se è questo quello che ha provato quando prima mi sono interrotto, allora è una tortura.
    Allora piego anche il ginocchio, le mie mani scivolano sul suo sedere e con l'aiuto del movimento della gamba quello che faccio è spingerla un po' più su, più allineata al mio bacino. cerco i suoi occhi, siamo abbastanza vicini che la punta del mio naso sfiora la sua - scusami. Non ti stavo più ascoltando - le mani scivolano in avanti, si aprono sui suoi fianchi e con i pollici riesco a sentire il bordo dei suoi slip attraverso il tessuto della gonna. Scorro muovendomi con il bacino così che le nostre intimità entrino a contatto ancora una volta. E poi una volta ancora con un altro, lento movimento - che cos'è, un dispetto? - sussurro alludendo al fatto che si sia improvvisamente fermata e non abbia invece continuato a slacciarmi la cintura come mi aspettavo che facesse.Allora repentina la destra percorre la sua schiena in salita fino al collo che blocco e tiro verso di me così da poterle schiudere ancora una volta le labbra con la lingua, con urgenza, senza che il mio bacino si fermi e costringendo anche il suo a muoversi con una presa salda sulla sua coscia. Libero le sue labbra per dedicarmi ad assaporare il suo collo: prima ne lecco il sapore, poi lascio un segno mordendolo quasi come se fossi arrabbiato per il trattamento che mi ha riservato - ho capito, volevi vendicarti per poco fa- la provoco ancora - volevi farmi impazzire - spezzo la frase con un respiro pesante, la stimolazione inizia a farsi sentire e ora voglio che Daphne se ne prenda la responsabilità. Qua fa caldo abbastanza da non dover tenere il cappotto, è solo un ulteriore impiccio; glielo tiro giù dalla spalle, lascio che cada ai nostri piedi permettendomi di intrufolarmi indisturbato sotto al suo maglione. la destra sale seguendo il percorso della colonna vertebrale solo per interrompersi quando entra a contatto con il gancetto del suo reggiseno. Adesso anche questo è un elemento di disturbo.



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    Hunter l'aveva colpita fin dall'inizio: la sua gentilezza, il suo comportamento da gentiluomo e la sua premura verso di lei l'avevano conquistata completamente, creando un legame emotivo e fisico di profonda dipendenza. Dietro la sua apparente apatia, si nascondeva un ragazzo che sentiva i sentimenti in modo diverso dagli altri, ma non per questo meno intensamente. Daphne sapeva quanto potesse essere intenso: lo era quando la guardava, la sfiorava, la baciava. Lo era quando affondava in lei e le diceva che l'amava. In quei momenti era chiaro quanto la desiderasse; la sua pelle diafana, macchiata di rosso dai segni del suo possesso, era la prova inconfutabile della sua brama di possederla completamente. E lei, incapace di resistere, non poteva far altro che cedere a quel bisogno spasmodico di possederlo nello stesso modo. Non si era mai sentita poco desiderata, poco considerata o trascurata, al contrario, Hunter la riempiva di attenzioni, era sempre presente nella sua vita ed era diventato la sua costante. Tuttavia, a volte, l'irrazionalità scaturita dall'amarlo così tanto e un'insicurezza nata dalla paura di essersi esposta completamente con una persona, la portavano a fare pensieri stupidi, come quello che aveva appena esternato. Eppure, il suo ragazzo, invece di cambiare discorso o minimizzare, l'ascoltava e la supportava facendola sentire amata. Era arrivato persino a dire di essere freddo, delle volte, cosa non vera. Scosse, infatti, il capo dinnanzi a quelle parole mentre, con delicatezza, gli accarezzava i capelli alla base della nuca. «Forse con gli altri, ma con me mai.» Sussurrò con voce morbida, le labbra a sfiorare le sue. «Non ho mai pensato fossi freddo anzi, ti ho sempre trovato intenso, Hunter.» Gli spostò un riccio dietro l'orecchio e, senza esitare, insinuò la lingua nella sua bocca e lo baciò con passione. Rispose con la medesima foga, togliendole il respiro per il modo intenso e sensuale con cui faceva scivolare la lingua contro la sua. Dov'era la freddezza di cui parlava? Non c'era traccia di quell'aggettivo in questo bacio, non quando le stava divorando le labbra in quel modo. Dopo un po', quando non ebbe più fiato, si staccò e gli prese il labbro inferiore tra i denti, socchiudendo gli occhi. «Non lo farò.» In tutta risposta, gli sfiorò la guancia destra con la punta del naso e, quando raggiunse l'incavo tra il collo e la spalla, lo morse con leggera violenza, succhiando finché la pelle non divenne rossa e turgida. Leccò il punto in cui lo aveva morso e tornò a posare lo sguardo su di lui. «Vediamo se ci riesci.» Sorrise maliziosa prima di ricambiare il suo bacio. Ah, non ne aveva mai abbastanza di avere il suo sapore in bocca.
    Dopo quel momento intenso, si lasciò condurre nel luogo che voleva mostrale, stringendogli la mano con un sorriso appena accennato. Le piaceva quel lato di lui, più aperto e vulnerabile, che si svelava raccontando del suo passato, un passato che lei non conosceva. Lo ascoltò in silenzio, accarezzandogli il dorso della mano con il pollice. Il contatto con la sua pelle, seppur minimo, era per lei una necessità irrinunciabile. Tuttavia, quando l'argomento di conversazione divenne sua madre, quasi smise di farlo. Il suo sguardo, dapprima caldo e accogliente, divenne gelido. Con voce atona, Daphne non esitò ad esprimere il suo odio nei confronti non solo di quella donna, ma di chiunque avesse osato fargli del male. «Per me non è sprecare tempo. Non voglio che nessuno ti ferisca in alcun modo, soprattutto tua madre.» Perché so il dolore che si prova. Il trauma che deriva da quella fiducia spezzata era difficile da superare. Il fatto che non fosse mai riuscita, prima di adesso, a fidarsi di qualcuno era a causa di quella donna. Per qualche istante, il suo corpo si irrigidì, pertanto si avvicinò ancor di più a quello di Hunter per assorbirne il calore e rilassarsi. Davvero, l'idea che qualcuno, in qualche modo, potesse provare a portarglielo via le faceva rabbia. E Daphne era una persona che non si arrabbiava spesso però, quando succedeva, era un problema. Perché diventata la copia sputata di quella stronza di sua madre. Dopo qualche attimo, poggiò il mento sulla sua spalla e sporse in avanti il viso, sfiorando il suo collo con un bacio leggero. Le sue labbra poi si schiusero e le parole uscirono dure, cariche di significato: «Ha pagato il prezzo per ciò che ha fatto.» Le bugie, la manipolazione, il dolore inflitto ai suoi figli... che razza di madre era? Semplicemente non lo era, proprio come Ellen. «Se per lei non sei stato la cosa più importante, lo sarai sempre per me.» Sigillò la promessa con un bacio sulle labbra, poi strinse a sé con una forza che quasi le tolse il respiro. Il torace premuto contro il seno le faceva male, ma andava bene così. Aveva necessità di averlo vicino. Passò le mani sui muscoli contratti, lo sentiva rigido contro il suo corpo. Volse leggermente il capo e con bacio leggero, quasi impercettibile, gli sfiorò la pelle ruvida e pizzicata dal freddo. Poi un altro, e un altro ancora, una scia di baci che scendeva lungo il collo, un tocco morbido per tranquillizzare il suo animo inquieto. Il tutto mentre le sue dita si infilarono nei suoi capelli morbidi, accarezzandoli con dolcezza. Sfregò poi la punta del naso contro il lobo del suo orecchio e regolarizzò il suo respiro: adesso era lento e controllato, in sincronia con il battito del suo cuore. Hunter avrebbe potuto sentirlo pulsare contro il suo petto; i loro corpi erano pressati l'un l'altro e il suo ritmo lo avrebbe aiutato a non pensare a nient'altro che a lei. «Io non ti lascio.» Non seppe perché, ma sentì il bisogno di farglielo sapere. Forse lo aveva fatto perché, in passato, anche lei era fuggita da lui dopo il loro primo bacio. Non era un caso se nei primi mesi Hunter aveva avuto il timore che potesse farlo di nuovo. Pertanto, anche se ormai, adesso, era una presenza fissa nella sua vita, lo rassicurò. Quando lo lasciò andare, gli sorrise dolcemente e chiuse gli occhi quando la baciò. Ripresero a camminare e, una volta giunti a destinazione, Hunter le raccontò della sua infanzia, una che, tutto sommato, poteva dirsi felice grazie a sua sorella. «Non ti credo. Non lo avresti fatto perché le vuoi troppo bene, ormai ti conosco come le mie tasche.» Gli tirò un boccolo con fare scherzoso prima di dargli un bacio sul mento. «Quando ricordi qualcosa, promettimi che me lo dirai.» Puntò i suoi occhi azzurri nei suoi, seria. Voleva capire in che modo quella donna avesse giocato con la sua mente. Possibile anche i suoi ricordi fossero stati rimossi? Chiuse con occhi e stese e le labbra in una linea sottile, era tutto assurdo. Hunter doveva aver percepito il suo cambio di umore perché, dopo averle schizzato dell'acqua in faccia, la prese per i fianchi per tirarsela addosso e baciarla. Affondò la lingua nella sua bocca e Daphne gemette, arrendevole, schiudendo ancora di più le labbra per rendere il bacio più pieno e profondo mentre, con entrambe le mani, gli tenne fermo il viso per continuare ad assaporalo in quel modo. Quando si staccò, gli leccò il labbro inferiore, quello superiore e poi fece lo stesso con le sue, di labbra, per godere ancora di più di quel sapore famigliare. «Nessuno. Basta che anche io sia la tua, di ossessione.» Ogni fibra del suo essere doveva bramare solo lei, con un'intensità che non ammetteva distrazioni, che cancellava ogni altra priorità. Il suo corpo doveva anelare al suo tocco, doveva farlo in modo ossessivo. Come faceva il suo. Chiuse gli occhi, succhiando il pollice e, decisa, spinse il bacino in avanti mentre Hunter esplorava ogni angolo della sua bocca. Sentì la sua intimità sfiorare la sua e l'eccitazione che quel contatto le provocò, inumidì la carne laddove era più sensibile, celata tra le coscia tremanti. Le mani scivolarono sul suo corpo, sotto il suo maglione mentre la lingua assaporava la sua pelle calda. Le dita si poggiarono poco più sopra la cintura dei pantaloni, scesero e poi si fermano su di essa, senza fare altro. Questa volta fu lei a mettere fine a quel momento di passione, preferendo appoggiare il viso sul suo petto. Per un attimo, ci fu solo silenzio, poi i palmi aperti delle sue mani finirono sul suo fondoschiena, costringendo il suo corpo a risalire e le loro intimità a toccarsi attraverso quei fastidiosi strati di vestiti. Con occhi languidi, Daphne osservò il viso del suo ragazzo e sorrise. Proprio quello che voleva ottenere. «Non fa niente.» Sussurrò. Mosse il bacino contro il suo, tentando di andare incontro ad ognuno di quegli affondi, ma i vestiti che ancora, entrambi, indossavano ne limitavano i movimenti. «Forse.» Senza dire altro, schiuse le labbra e lasciò che Hunter insinuasse la lingua nella sua bocca, baciandola con irruenza. Nel mentre, le tenne fermo il bacino con una mano per non farla retrocedere nemmeno di un millimetro. Come se volessi. Daphne gemette, arcuandosi contro di lui e stringendo le gambe contro la sua vita. Lo prese per il colletto del maglione e lo tirò verso di sé senza mai smettere di baciarlo. Dio, non sapeva che un bacio potesse essere così intenso e profondo. Le sembrò di tornare a respirare dopo essere quasi annegata nel suo sapore quando si staccò, solo per ritrovarsi a sospirare pesantemente quando le morse il collo. «Ci sono riuscita?» Lo provocò, sfregando la punta del naso contro la sua. Un gesto delicato in quel turbine di passione. Si lasciò togliere il cappotto e sganciare il ferretto del reggiseno, poi si smise a sedere sopra di lui privandolo del contatto con la sua pelle. Gli sfilò il cappotto mentre le dita, affusolate e morbide, si infilarono sotto il maglione: il tessuto scivolò via in un gesto fluido, rivelando un torso definito e solcato da venature che Daphne, con
    delicatezza, si accinse a baciare e leccare. Le mani corrono verso il basso per togliere il bottone dalle asole e abbassare la cerniera dei pantaloni che, insieme ai boxer, strattonò verso il basso. Si allontanò quel tanto che bastava per puntare le ginocchia tra le sue gambe, la lingua calda e umida tracciava una linea sinuosa dalla base del collo fino all'ombelico. Poi, senza esitazione, le sue labbra si schiusero per lui, accogliendolo nel calore della propria bocca con un primo - lento - movimento del capo. Lo lambì dolcemente poi, alternando movimenti veloci e lenti, continuò a muoversi con affondi sempre più profondi. I gemiti sommessi che uscivano dalle sue labbra erano un invito a continuare, pertanto Daphne, con una mano alla base della sua eccitazione e l'altra stretta alla sua, continuò a dargli piacere finché non raggiunse l'apice. Era caldo. Chiuse gli occhi e percepì un sapore diverso da quando lo baciava, più intenso, ma non per questo meno famigliare. Tutto di lui lo era. Solo allora si ritrasse e, con dolcezza, si posizionò sopra di lui, facendo aderire i loro corpi. Gli spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e gli diede un bacio sulla guancia, dandogli il tempo di riprendere fiato. Poi lo guardò. Le labbra schiuse, gli occhi socchiusi ricolmi di passione, le guance arrosate. Sotto di lei, sentiva il suo torace alzarsi e abbassarsi ad ogni respiro. Era dannatamente sensuale ed era suo. Solo suo. «Non riesco a fare a meno di te.»Senza indugiare oltre, si avventò sulle sue labbra e, di nuovo, lasciò scivolare la lingua contro la sua in un bacio ardente, cullato dalla fredda brezza invernale.



    Edited by Daphne. - 11/4/2024, 19:45
     
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    Mi sono sempre definito una persona coerente, coerente con sè stessa e con gli altri. Soprattutto con gli altri: mediamente le persone hanno tutte la stessa opinione su di me, ai loro occhi non è difficile inquadrarmi e definirmi come un ragazzo dall'aria intellettuale che ignora ogni cosa intorno a sé che non ritiene degna della sua attenzione. In qualche modo, non mi sento di dire che hanno totalmente torto... c'è del vero nel modo in cui appaio. Tuttavia sono sempre stato molto consapevole dell'altra parte di me, quella che invece ho tenuto privata e riservata a poche persone forse perchè mi sento più a mio agio così, lo preferisco. Non pensavo che mi sarei ritrovato a giustificarmi per questo mio modo di agire così freddo e distaccato, ero convinto di averci fatto pace e di non vederlo più come una difetto, ma come una caratteristica e basta, senza particolari connotazioni. Persino con mia sorella non mi era successo di riconsiderare come sono, probabilmente perchè mi sono adagiato sulla consapevolezza che lei mi accetterà a prescindere, qualsiasi sia il mio carattere. Forse l'ho dato troppo per scontato, finendo per non considerare che qualcun altro di molto importante per me potrebbe aver mal interpretato le mie azioni. Una parte di me lo vede possibile, mentre l'altra si chiede come Daphne, fra tutti, abbia potuto sentire del disagio da parte mia, devo aver pesato male i gesti. Eppure, l'attimo dopo essermi in qualche modo giustificato, sembra che tutto fosse nient'altro che uno stupido fraintendimento. Fisso il mio sguardo nel suo quando si avvicina a me, le labbra schiuse respirano la sua stessa aria che, calda, mi sfiora la bocca. Resto a guardare la sua, carnosa, prima che quella piccolissima distanza venga eliminata: il suo calore mi riempie la bocca, i suoi capelli si intrecciano fra le mie dita in una stretta che sembra impossibile da sciogliere e così avvicino il mio corpo al suo, ancora un po', per sentirla meglio - con te sono diverso - sorrido con la fronte poggiata alla sua e la mano ancora ferma sulla sua nuca. Sono diverso, sì, e mi piace come sono quando sono con te. - Farò del mio meglio - ricambio il suo sguardo pieno di desiderio, lo stesso che è molto facile scorgere nei miei occhi e nei miei gesti, nel modo in cui continuo a schiuderle le labbra con la lingua e nel modo in cui le mie mani scorrono lungo il suo corpo. Lascio che sia proprio quello a parlare, il corpo, che riesce ad essere più onesto di me.
    Sulla strada verso quello che posso definire un luogo speciale, le parlo di mia madre accennando alla maschera fatta di sorrisi e buonumore che ha indossato per anni. Chissà quando ha iniziato, chissà quando è stata la prima volta che guardandosi allo specchio ha deciso di vestire il ruolo di una persona che non è. Chissà se invece adesso, dopo tutto questo tempo, sta pagando le conseguenze della sua decisione. Sono domande che mi pongo, è vero, ma non mi impegno a cercare una vera risposta. E se non lo faccio io, se io per primo non spendo le mie forse a detestarla neanche Dpahne deve farlo. La fisso per un momento, sollevo una mano per sfiorarle il viso, c'è una grande certezza nelle sue parole... e tantissima sincerità - voglio lo stesso per te - voglio che nessuno la ferisca, sia esso un parente, un amico, uno sconosciuto. Io e lei la pensiamo allo stesso modo sul destino che è toccato a quella donna. Poi, per un attimo resto immobili davanti alle parole che pronuncia in seguito, le labbra restano schiuse liberando solo una debole nuvola di condensa causata dal freddo - ...Daphne - pronuncio il suo nome con fermezza, a bassa voce - non puoi più farti indietro - poche parole, forse pragmatiche, forse non chiare, ma spontanee. Sono i miei pensieri e te li sto affidando tutti. Così la stringo a me quasi per trattenerla e non lasciarla andare più via; le sue labbra fredde contrastano con la temperatura che invece sento sul resto del corpo. Le mie mani le carezzano la schiena seguendo la linea della spina dorsale, dall'alto verso il basso e viceversa, poi la mia testa si abbassa a posarsi sulla sua spalla, l'altezza perfetta sia per lasciarle un bacio all'angolo della bocca, sia per sentire quelle parole, "io non ti lascio" . Risuonano nella mia testa con una forza che no avevo previsto, questo è quanto è importante per me.
    Continuo con naturalezza a raccontarle episodi randomici della mia infanzia che lei ascolta come se fossero le informazioni più importanti che abbia mai sentito. Mi piace quest'attenzione che mi dà, ho paura di abituarmici ma allo stesso tempo temo di averlo già fatto. Sorrido - andiamo, non pensi che anche io possa essere cattivo? - l'attiro a me cingendole le spalle con un braccio e voltandole il viso nella mia direzione, mi assicuro che mi guardi mentre le parlo - ti racconterò tutto quello che mi viene in mente - ed era quasi un peccato che ne avessi così pochi. Secondo la psicologa che mi seguiva all'epoca, si tratta di un meccanismo di difesa attuato dal mio cervello per conservare i ricordi preziosi e rimuovere quelli meno gradevoli, una strana selezione basata sull'inconscio. E quindi le mie memorie, per anni, sono tornante sotto forma di sogni... solo che è difficile distinguere il vero dal falso quando non c'è nessuno che possa raccontarti come sono andate davvero le cose. A volte è frustrante, ma sembra che anche a questo ci abbia ormai fatto l'abitudine. Poi, in tutta onestà, quando sento il sapore di Daphne per me quella diventa la mia unica priorità del momento - lo sei già. Non so se riesci ad immaginare quanto - era pericoloso. C'è qualcosa di pericoloso nella nostra relazione, me ne rendo conto. La stessa cosa che ci unisce così intensamente, un giorno potrebbe diventare la nostra rovina. Lo so, eppure sembra che io abbia già decido di andare incontro al mio destino sorridendo, fregandomene delle conseguenze. I pensieri iniziano ad abbandonarmi uno per uno quando i movimenti del suo corpo si fanno più intensi mentre si posiziona comodamente sopra di me. La mia testa si svuota, come solo lei è in grado di fare; dei mie ricordi perduti, di mia madre, non resta neanche l'ombra perchè adesso c'è solo il desiderio a guidare ogni mio movimento e a farmi pronunciare ogni parola. Passo la lingua sul pollice che lei stessa ha leccato poco prima, come a voler divorare avidamente il suo sapore. Il mio corpo reagisce immediatamente, la cerca, la desidera, e ora ogni mia azione è atta ad averla: le stringo con fermezza le cosce morbide per non farla scappare, per non permetterle di distaccarsi da me, neanche un momento. Vuole davvero farmi impazzire. Mi risponde con un forse che dovrebbe lasciare l'ombra di un'incertezza che ci mette molto poco a svanire: la mia lingua si muove in profondità nella sua bocca, accarezzandola, succhiandola, faticando a lasciarle tempo per prendere aria. Le do tregua solo quando mi avvento sul suo collo a lasciare il segno del mio passaggio su quella pelle bianca e calda, delicata, basta poco per segnarla e per me è un piacere guardare il risultato delle mie attenzioni. - Direi di sì... - alzo il bacino in moda che possa sentire meglio cosa mi provocano le sue attenzioni, le rimuovo gli strati più superficiali per potermi avventare successivamente sul suo seno: non c'è molta delicatezza nei miei gesti, è come se avessi fretta di farla mia.
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    In un attimo siamo quasi pari, mi ritrovo a torso nudo su un prato all'aperto, in un posto che in qualche modo rievoca quello del nostro primo bacio anche se di quell'insicurezza non c'è più la minima traccia. Adesso è tutto diverso, Daphne non si vergogna a mostrarmi il suo desiderio e io non mi vergogno a mostrarle il mio: dai suoi movimenti capisco facilmente le sue intenzioni, resto a guardarla con le labbra schiuse mentre si sposta verso la mia evidente eccitazione, fregandosene di dove siamo, senza porsi alcun limite. Quando la sua lingua rovente tocca la mia pelle, stringo i denti, serro la mascella. E quando avverto il calore dell'interno della sua bocca, mi lascio andare in un soddisfatto sospiro a denti stretti - Daphne... - oddio, cosa mi fai. La mano libera, quella che non è intrecciata alla sua, si insinua fra i suoi capelli stringendoli appena, si allarga contro la sua testa e seguendone i movimenti, a volte lenti, a volte tanto intensi da farmi contrarre i muscoli del corpo e costringermi a gettare la testa all'indietro per il piacere. La sensazione continua a crescere in modo esponenziale, quando inizia a diventare insostenibile la presa sulla sua testa si fa più ferma, la spinge ad andare più a fondo. Deglutisco rumorosamente, tengo le labbra schiuse come se stessi boccheggiando alla ricerca d'aria e quando arrivo all'apice un suono gutturale mi lascia le labbra, le contrazioni si fanno più frequenti, la mano è ancora ferma sulla sua nuca come a voler prolungare quel piacere che mi godo per intero, chiudendo gli occhi. Il mio respiro è pesante mentre la guardo risalire. Cosa hai appena fatto? Cos'era? Se mi fai provare qualcosa di così intenso, dubito che riuscirò mai a farne a meno. Il mio pollice scorre sulle sue labbra quasi a volerle ripulire ma, allo stesso tempo, ammirare. Dovrei avere freddo, eppure non lo percepisco. Mi ruba le parole dalla testa prima di riprendere a baciarmi intensamente. Dura un secondo, il pensiero che guida le mie azioni, dura appena un secondo: mi smaterializzo indietro al cottage, per essere precisi sul letto della mia stanza al piano superiore. La luce è soffusa, c'è uno strano bagliore bluastro che proviene dall'esterno, un bagliore innaturale creato grazie ad un incantesimo che fa sembrare la stanza immersa sott'acqua. Per tutte le pareti, si vede il tremolio intermittente causato dalla luce stessa. Non lo vedo, vado a memoria, Perchè la mia attenzione è tutta focalizzata sulla serpeverde: seduto sul letto prendo a baciarla e ad intrecciare il suo corpo con il mio, la costringo a salire a cavalcioni su di me mentre le sfilo il maglione e procedo a lanciarlo sul pavimento. Le mie mani esplorano ogni centimetro del suo seno, del suo busco, dei suoi fianchi; le mie labbra scendono lasciando una scia umida sul suo mento, sul petto, passando fra i seni e poi sui capezzoli che stringo appena fra i denti. Spesso alzo lo sguardo su di lei, osservo le sue reazioni mentre la distendo sotto il peso del mio corpo. Così, sorreggendomi con le braccia, la guardo stesa sotto di me con i capelli fuori posto a circondarle il volto - dimmi cosa vuoi - glielo sussurro guardandola pieno di desiderio, trattenendomi quasi dall'avventarmi su di lei. Voglio sentirla, voglio sentire cosa le dà piacere. Ma non posso restare fermo troppo a lungo: le schiudo le labbra con la lingua e poi, quasi con prepotenza, lascio scorrere in essa due dita costringedola a leccarle. I suoi occhi mi comunicano già cosa vuole, però - voglio sentirlo - glielo sussurro. Con un movimento rapido, sollevo le sue braccia sopra la sua testa tenendole ferme per i polsi. Mi abbasso su di lei sfilando le dita dalla sua bocca, per lasciare spazio alle mie labbra che bloccano le sue in un morso. Le dita umide si spostano fino ad insinuarsi nei suoi slip dove, con soddisfazione, incontro la sua intimità e sento tutta la sua eccitazione mentre la mia la sfiora nel suo punto più sensibile. Le dita entrano in lei, improvvisamente. So di aver detto che avrebbe dovuto dirmi lei quello che voleva, ma la tentazione è stata troppo forte. Un paio di spinte convinte si alternano ad altre più dolci, le dita scivolano fuori dandole una tregua. L amia lingua scorre sul suo collo, su fino ad avvicinarsi al suo orecchio - dimmi cosa ti piace - le mordo il lobo, le dita tornano a muoversi in lei con movimenti irregolari come fossi in attesa, in una sofferente attesa.


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    L'unica forma di protezione che Daphne aveva conosciuto era quella di sua nonna. La percezione di essere protetta da ogni male del mondo era la sua unica certezza, costruita e consolidata negli anni. Eppure, la cruda realtà si era scagliata contro di lei come un fulmine a ciel sereno, sgretolando il castello di illusioni in cui viveva. La donna che considerava il suo porto sicuro si era rivelata un'ombra gelida, un'assassina a sangue freddo che aveva tradito la sua fiducia in modo efferato. Come poteva una persona che aveva le mani sporche di sangue provare amore? Come poteva una tale oscurità generare calore e affetto? Ellen, ad esempio, non ne era in grado: incapace di provare empatia, non aveva mai offerto a Daphne neanche un briciolo di affetto, lasciandola sola ad affrontare le sue cadute e le sue ferite, fisiche ed emotive. Per lei, ogni debolezza mostrata era uno spettacolo pietoso. Ancora vividamente impressi nella sua mente, i gelidi occhi di sua madre la fissavano con un giudizio spietato. La voce, priva di ogni emozione, le ordinava di smettere di piangere e di darsi un contengno. Al contrario, sua nonna la abbracciava e la rassicurava. Le dava conforto. Un falso confronto. Per lo meno, sua madre non aveva mai nascosto la sua natura spietata; chi l'aveva ingannata spudoratamente, creando un'immagine distorta di sé che ora giaceva in frantumi ai suoi piedi, era stata Ginevra. Eppure, nonostante il rancore che provava, non poteva negare che le bugie di sua nonna, per quanto orribili, l'avessero salvata da quell'abisso oscuro in cui era destinata a cadere. Era grazie a lei se aveva conosciuto l'amore, se aveva imparato a credere nella bellezza di un sentimento puro. Se non fosse stato per le sue menzogne, forse non si sarebbe mai trovata lì, in Francia, con il ragazzo che amava a credere alle sue parole. A credere che, come lei, volesse proteggerla da chiunque avesse provato a farle del male.
    Inclinò la testa di lato per far aderire la guancia al palmo della sua mano e chiuse leggermente gli occhi per godere appieno di quel contatto. Poi, senza esitare, gli confessò che sarebbe stata la persona più importante della sua vita. Era arrivata ad punto in cui, dopo di lui, non avrebbe potuto esserci nessun altro.«Non vado da nessuna parte, Hunter. Sono scappata solo una volta da te, ora non ne sarei in grado.» Lo strinse forte contro di sé mentre gli accarezzava i capelli alla base della nuca e e gli lasciava una scia di delicati baci sul collo. Rimase in quell'abbraccio rassicurante per dei lunghi istanti, quasi in trance, incapace di staccarsi da quel corpo che, ormai, conosceva a memoria. Dopo un po', si sforzò di lasciarlo andare per seguirlo verso quel luogo che tanto ci teneva a mostrarle. Seduti fianco a fianco, a pochi passi da un laghetto increspato dal vento, Hunter le raccontò della sua infanzia. L'attirò verso di sé passandole un braccio intorno spalle, al che Daphne, di rimando, poggiò il mento sulla sua spalla e, in un gesto spontaneo, sporse il viso in avanti, sfregando la punta del naso contro la sua quando si voltò a guardarla. «Con le persone che ami no, non penso.» Gli spostò un riccio ribelle dietro l'orecchio che insisteva a cadere sulla sua fronte, e si chinò verso di lui per baciargli dolcemente le labbra. «Però con la maggior parte sei freddo, quasi indifferente. Lo sei stato anche con i tuoi nonni qualche mese fa, ma ne avevi tutte le ragioni.» Daphne era abituata al calore di Hunter, non alla sua freddezza. Per questo, quando aveva assunto un atteggiamento così freddo e distaccato nei confronti dei suoi nonni, era rimasta sorpesa. Non avrebbe mai desiderato, nemmeno per un attimo, trovarsi al loro posto, o in quello di chiunque altro. Il suo unico desiderio era che Hunter continuasse ad amarla eternamente, che solo con lei fosse diverso perché, del resto del mondo, non gliene importava niente. «Meglio per me. Così nessuna prova a toccarti o a flirtare con te e io evito di fare la stronza.»Era un lato di sé che raramente emergeva, solitamente tenuto a bada con fermezza. Ma se una qualsiasi ragazza avesse osato oltrepassare il limite con il suo ragazzo, non si sarebbe fatta scrupoli. Sorrise sorniona prima di prendergli il viso tra le mani e baciarlo. Gli schiuse le labbra con la lingua, che affondò in profondità nella sua bocca, mentre godeva di quel sapore di cui mai si sarebbe privata. Quando non ebbe più fiato, si staccò ansimando leggermente. Poggiò la fronte contro la sua, e poi seguirono parole sussurrate, atte a non disturbare la quiete e la magia di quel luogo. «Lo farò anche io, anche se ho già recuperato parte dei ricordi che mia madre mi ha cancellato, compreso il giorno in cui è morto Ludde. Ma questo lo sai.» Fantasmi di morte, odio e terrore riaffioravano nella sua mente, ricordi che sperava di seppellire per sempre. Ad Hunter aveva raccontato della morte del fratello, ma taciuto i dettagli. Rivelarli avrebbe significato svelare la vera identità di sua madre, un segreto che non era ancora pronta a condividere. In quel momento, però, voleva solo dimenticare e perdersi nel presente. Così si abbandonò completamente, lasciandosi cadere su di lui mentre giacevano distesi sull'erba. «No, dimmelo tu quanto...» Gli sussurrò, prima di leccargli il labbro inferiore e baciarlo, lasciando scivolare la lingua contro la sua. Mosse con lentenzza il bacino contro il suo, consapevole di quanto la desiderasse e di quanto lei desiderasse lui. Per questo non si fermò, continuò a baciarlo con foga, mentre sentiva le sue mani posarsi su di lei. Le sue, invece, si infilarono sotto il maglione di lui, accarezzandogli la schiena con gesti languidi. Hunter non le dava tregua: la sua lingua calda esplorava ogni angolo della sua bocca, mozzandole il respiro. Daphne rispose con la stessa intensità, sospriando pesantemente mentre il suo corpo, scosso da brividi di piacere, tremava. Arcuò il collo per dargli maggiore accesso quando iniziò a succhiare la pelle sensibile che, presto, si sarebbe arrossata. La testimonianza del suo possesso. Chiuse gli occhi, abbandonandosi al piacere, e strinse con forza i suoi capelli tra le dita, quasi a volerlo ancorare a sé. Poco dopo, senza indugio, Hunter tornò ad assalire le sue labbra morndendole e leccandole, prima di schiuderle per perdersi in un bacio pieno e profondo. Il cappotto era ormai scomparso e istintivamente, inarcò la schiena quando le sue mani, guidate da un desiderio incontrollabile, sfiorarono il suo seno attraverso la sottile barriera del maglione. Le loro intimità si sfiorarono di nuovo, e gli abiti divennero un fastidio insopportabile. A quel punto, Daphne lo spogliò con gesti veloci, rivelando un torso candido solcato da sottili venature che non esitò a baciare, mordere, leccare. Con rapidi gesti, gli slacciò i pantaloni e scese sempre più in basso, seguendo la linea del suo corpo. La sua bocca si aprì per accoglierlo, desiderosa di dargli piacere, di dettare lei il ritmo di quell'abbandono reciproco. Lo sentì ansimare, pronunciare il suo nome a denti stretti e poi gemere quando raggiunse l'apice. Era caldo e famigliare. Risalì poi con dolcezza, lo guardò e poi lo baciò, affondando con irruenza la lingua nella sua bocca. Era talmente persa in lui che a stento si accorse della smaterializzazione che ebbe luogo. Adesso erano sul suo letto e lei a calvalcioni sopra di lui. Il maglione che ancora indossava finì per terra, le sue mani, guidate da un desiderio incontrollabile, si posarono su di lei, esplorando ogni centimetro di pelle; le labbra scesero lasciando una scia umida sul mento, sul petto, passando fra i seni per poi schiudersi ad accogliere il capezzolo sinistro, che morse e succhiò. Daphne gemette, gli strinse con forza i capelli e inarcò la schiena, invitandolo a proseguire, a esplorare il suo corpo con maggiore audacia. Con la mano libera, prese la sua e la guidò verso l'altro seno, in modo che il pollice toccasse il capezzolo ormai turgido. Venne poi sostituito dalla sua bocca, dai denti che esercitarono una piacevole pressione in quel punto delicato, mentre l'altro, già sensibile, era torturato dalle sue dita esperte. I gemiti di Daphne continuavano a riecheggiare in quella stanza avvolta in tonalità di blu. Quasi con irruenza, la distese sul materasso e si posizionò sopra di lei, lasciando che il suo corpo la sovrastasse. Si morse il labbro inferiore, socchiudendo languidamente gli occhi quando, finalmente, percepì il calore della sua pelle contro la sua. Gli cinse la vita con le gambe, attirandolo a sé, gli circondò le spalle con le braccia e prese a baciarlo di nuovo. Lo costrinse a schiudere ulteriorlmente le labbra, mentre la sua lingua scivolava contro la sua, in un languido intrecciarsi che non faceva altro che aumentare il bisogno di perdesi in lui. Lo desiderava con ogni fibra del suo essere. Stava perdendo il controllo. E anche lui. Lo capì dai movimenti del suo corpo, dal respiro affannato, dall' eccitazione che premeva contro la sua gamba, dall'irruenza con cui insinuò le dita nella sua bocca, che leccò e le morse appena. Per rispondere alle sue richieste, invece, mosse ripetutamente il bacino in avanti e passò la lingua calda sulle sue labbra non appena ne ebbe l'occasione. Provò, poi, ad articolare una frase di senso compiuto, ma il sapore inebriante che invase la sua bocca rese vano ogni sforzo. E poi, quelle stesse dita, affondarono in profondità dentro di lei. Fu costretta a staccarsi dalle sue labbra e a gettare il capo all'indietro. «Hunter...» Fu un gemito di puro piacere. Non sto capendo più niente, sento solo lui. Voglio solo lui. I suoi occhi languidi si posarono nuovamente su di lui, le labbra, gonfie per i troppi baci, erano appena dischiuse, la pelle era arrosata e segnata. Il bacino ondeggiava insistentemente in avanti,
    in perfetta armonia con il ritmo scandito dalle sue dita. Ma non era sufficiente. Voleva di più. E così diede voce al suo desiderio. «Voglio sentirti fino a dimenticare il mio nome.» Con un gioco di gambe lo attirò a sé, intrappolandolo in un abbraccio soffocante. La sua schiena si inarcò, schiacciando quasi dolorosamente il seno contro il suo petto; un altro gemito sfuggì dalle sue labbra, in un suono carico di desiderio e resa. «Voglio che affondi in me senza controllo alcuno mentre mi baci fino a non farmi respirare.» Avvicinò al suo, in un movimento lento e carico di tensione. La punta del suo naso sfiorò delicatamente la sua pelle, passando dalla fronte alla guancia, poi la sua lingua tracciò un percorso delicato sulla mascella, lasciando dietro di sé un'ombra di umidità e il desiderio di un bacio. Un urlo soffocato le salì alla gola mentre le sue dita, con un'irruenza quasi selvaggia, continuarono ad affondare in lei .Un desiderio impellente di ricambiare il contatto la spinse a muoversi, ma Hunter la teneva ferma, i suoi polsi bloccati in una morsa decisa.Frustrata, alzò la gamba, lasciando che la sua morbidezza sfiorasse, con una delicatezza quasi reverenziale, la sua intimità. E la stessa delicatezza si riversò nella sua voce quando, a distanza di pochi istanti, parlò con le labbra poggiate alle sue. «E voglio, e mi piace, quando dici che mi ami e che sono tua.» Sorrise. Poi, senza indugiare oltre, Daphne gli schiuse le labbra e lasciò che la sua lingua si insinuasse nella sua bocca nell' attesa che, finalmente, la facesse sua.



    Edited by Daphne. - 11/4/2024, 19:52
     
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    È paradossale che una persona come me dia tante certezze, ma non mi suona affatto strano che invece sia io quello che ne ha bisogno; non ho mai chiesto nè ai miei genitori nè a mia sorella di farmi promesse, questo perché non ho mai creduto davvero nel potere che le promesse possono avere. Le ho sempre viste come un qualcosa di estremamente fragile, tanto fragile al punto che sembra che siano loro stesse a chiedere di essere infrante. La gente se le fa per rassicurazione, o come forma di garanzia, nonostante sia consapevole del fatto
    to che una promessa può essere tradita non appena la persona che te l'ha fatta non volta le spalle. Eppure, se siamo consapevoli dei rischi, perché è così rassicurante? Perchè ci facciamo prendere in giro? E perché faccio parte di questo sistema anche io, volendo volontariamente farmi prendere in giro? Ironico, davvero ironico e stranamente difficile da comprendere. Ancora una volta, devo supporre di aver fatto male i miei calcoli perché il peso che do alle sue parole -che suonano proprio come una promessa- è forse troppo grande... eppure va bene così - brava, non provarci più- ricambio quella stretta come sempre, mi sciolgo dall'abbraccio solo per condurla al lago. Ci sediamo alla riva, guardiamo la superficie dell'acqua incresparsi appena mentre i miei racconti di infanzia, quei frammentati ricordi che ho, prendono in un certo senso vita. Ne parlo guardando i luoghi in cui quei stessi ricordi si sono formati ed è strano, è un'esperienza mai fatta prima - devo apparire come una persona davvero buona ai tuoi occhi - mi inumidisco rapidamente le labbra mentre la guardo, un po' come a voler trattenere il suo sapore. Mi parla di me stesso e di come in alcuni contesti riesca ad essere una persona completamente diversa da quella che lei è abituata a vedere. Ci rifletto per un attimo, mi soffermo a pensare - ogni tanto non capisco se tu tiri fuori il vero me stesso o se invece sei l'unica che riesca a farmi provare determinate cose - questa volta lo dico con voce sospesa, come se stessi effettivamente valutando le possibilità, come se stessi indagando la mia vera natura. È solo che pensavo di conoscermi davvero molto bene prima di incontrare Daphne, ma adesso tutto sembra messo in discussione. Il mio flusso di pensieri viene interrotto da ciò che Daphne sceglie di aggiungere poco dopo, un qualcosa che non mi aspettavo dicesse a voce alta e che sul momento mi fa sorridere. Gelosia, eh? Gelosia o forse possessività? Forse entrambe, un po' come quelle che provo io quando la vedo relazionarsi con altri ragazzi all'infuori di me. Anche la serpeverde prova queste sensazioni, la cosa mi sorprende solo in parte: nei nostri momenti più intimi, non manchiamo di dirci quanto apparteniamo l'uno all'altra. Non sono frasi di circostanza, dettate dalla passione del momento, ma è qualcosa in cui entrambi crediamo davvero - non oso immaginare in quale stronza potresti trasformarti- e forse un po' in questo la sottovaluto, non saprei, ma considerato quanto mi piace darle tutte le mie attenzioni dubito che ci sarà mai il rischio di scoprirlo. Incontro le sue labbra sorridendo prima di schiuderle e assopararla appieno, ormai i baci per noi sono come un sorta di punteggiatura in mezzo ai vari discorsi che affrontiamo. Mi aveva raccontato dei ricordi di cui è stata privata, ricordi importanti che riguardavano il fratello che aveva perso e per cui, silenziosamente, soffriva - vupi recuperarli tutti, un giorno? - perchè io penso invece che alcune cose sia meglio lasciarle andare per sempre, che restino nel passato a cui appartengano così da non turbare il presente. Forse sono diventato indifferente ai miei ricordi persi, o forse sono solo troppo codardo per affrontarli.
    È facile distrarsi quando lei decide di essere così provocatoria; con ogni movimento che fa alimenta le mie fantasie e il mio desiderio, mi assale una sorta di dolce sofferenza la cui consolazione è sapere che alla fine ne varrà davvero la pena - al punto da essere pericoloso, Daphne - le rispondo a voce bassa mentre lei si concentra sulle mie labbra facendo scorrere su di esse la sua lingua bollente, anticipando qualcosa si più che entrambi sappiamo volere. Incuranti di dove ci troviamo, la nostra sola priorità diventa l'altro: le mani scorrono, le labbra non sembrano volersi separare neanche per un attimo e invece si cercano con insistenza. Nonostante conosca il suo corpo a memoria, quando insinuo le mani al di sotto del suo maglione le accarezzo il seno con la stessa intensità di sempre con l'intenzione di darle piacere. Mi stacco dal suo collo su cui invece mi ero fiondato voracemente e ammiro il risultato delle mie attenzioni, la sua pelle arrossata e a tratti leggermente violacea. Apprezzo persino quella leggera pressione Tutto il suo corpo inizia a muoversi, inizialmente su di me, poi scorrendo verso il basso facendomi immaginare quali siano le sue intenzioni. Non oso fermarla, sono come ipnotizzato da lei, da ogni minuscola sensazione della sua pelle che sfrega contro la mia e l'ipnosi sembra farsi attimo dopo attimo più profonda. Non riesco a fare altro se non a pronunciare il suo nome con un filo di voce e lasciare che quel piacere mi scuota da dentro. L'attiro a me praticamente subito e improvvisamente, quasi come non fossi stato deliberatamente io a sceglierlo, ci troviamo catapultati nella mia stanza, sul mio letto, dove prendo a darle tutte le attenzioni che voglio. Mentre la mia bocca è occupata sul suo seno, sento che la libera viene condotta sull'altro che accarezzo, stringo improvvisamente come se una strana pulsione animalesca avesse preso il sopravvento. Qui non c'è più niente a fermarci, dentro questa stanza non dobbiamo trattenerci. Comincio a pensare che qui, fra queste mura, posso farle quello che voglio. E che lei, se lo vorrà, potrà farlo a me. La voce della serpeverde riecheggia nella stanza, quei piccoli suoni di piacere che emette mi fanno soltanto desiderare di essere l'unico che potrà mai sentirli. Forse è la forza di questo pensiero egoistico a spingermi a distendermi sul suo corpo con tanta irruenza, attimo per attimo la ragione si annebbia lasciando spazio al malizioso desiderio di possederla in ogni modo possibile. I sui occhi si fanno languidi, in perfetta sintonia con i miei. Faccio aderire i nostri corpi e sospiro a bocca schiusa per quella sensazione di benessere che inizio ad avvertire stando a contatto con la sua pelle. Ed è guidato da queste sensazioni che faccio scorrere le dita sul suo mento, sulle sue labbra che l'indice schiude così che lei le possa accogliere nel calore della sua bocca. La sensazione è rovente, umida, morbida... mi avvolge appieno, è quasi un peccato ritrarre le dita. Non aspetto risposta a nessuna delle mie domande, impaziente di andare oltre e di vedere la sua espressione cambiare a causa del desiderio, a causa mia. Forse è questa una delle parti che preferisco quando facciamo l'amore.
    I suoi polsi sono bloccati, la costringo a rispondermi e la vedo avere qualche difficoltà nel mettere due parole in fila. Sorrido appena a vedere l'effetto che le fa il fatto che io la stia toccando. La bacio ancora, succhio le sue labbra trattenendole fra le mie; sono gonfie, arrossate, dolci come sempre, o forse anche un po' di più. Non lo so, non è facile riflettere nel mio stato attuale. E nonostante senta letteralmente il desiderio consumarmi dall'interno, mi prendo il tempo di fare le cose con calma, di rallentare in ritmo solo per tormentarla - e tormentarmi - un po' con una piacevole ma dolorosa attesa. Chissà, forse sto anche scoprendo di essere un po' masochista in fondo. Certo, Daphne rende tutto più difficile: mi sento improvvisamente tirare verso di lei, questo grazie alle mie difese basse e al suo intreccio fermo ed insistente intorno al mio bacino. Resto senza parole, l'unica cosa che lascia le mie labbra è un sospiro pesante, la stretta intorno ai suoi polsi si fa più forte. Mi sto trattenendo. Per cosa? Puro masochismo, il mio. Non dico niente, il mio corpo reagisce alle sue carezze e provocazioni e si muove verso di lei quasi come se avesse una coscienza sua. La bacio con irruenza e mentre la mano destra e impegnata a darle piacere, la sinistra inizia a liberare i suoi polsi. La mia è una scelta obbligata, perchè ora che una certa idea si sta delinando nella mia mente mi serve la mano per recuperare una maglietta dal cassetto affianco al letto. Procedo a tentoni per qualche secondo, prendo la prima che riesco a sentire e poi, quasi improvvisamente, anche l'altra mano si ferma. Le lascio un morso sul mento prima di poggiarmi sui gomiti, ai lati del suo viso. Mi tiro su, continuo a non dire una parola ma Daphne potrà iniziare a sentire il tessuto della maglia scura che le sfiora il viso - dicono che quando un senso viene annullato, tutti gli altri si affinino - il mio petto si poggia sul suo mentre quella specie di benda improvvisata le cala sulla fronte e poi a coprirle gradualmente gli occhi.
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    Non so come potrebbe reagire una come lei, una che sa benissimo cosa vuole e che di solito si muove per ottenerlo. Eppure desidero che si lasci andare a me. Le sfioro il lobo dell'orecchio destro con le labbra, mentre le mani vanno a stringere un debole nodo dietro la sua testa, qualcosa da ci probabilmente si libererà presto ma che almeno per un po' contribuirà ad aumentare l'intensità dell'esperienza. Mi sollevo ancora su di lei, guardarla in questo istate è un onore. Lascio una scia di baci in mezzo ai suoi seni, sul suo ventre e poi, di nuovo, le mie mani si staccano dal suo corpo. Lei non può vederlo, ma potrà certamente sentire il suono leggero dei miei pantaloni che scendono giù lungo le mie gambe lasciandomi libero di muovermi. Così come potrà sentire la mia eccitazione sfiorare la sua quando mi abbasso di nuovo su di lei e ora, all'improvviso, le mie mani posarsi rispettivamente sul suo fianco e poi, di nuovo, sul suo polso che tengo ben fermo contro il materasso - sei mia Daphne - lentamente, inizio a scivolare in lei - solo io posso farti questo - ancora, scivolo ancora dentro di lei e sospiro a denti stretti gettando la testa all'indietro. Nonostante sia lei quella che non riesce a vedere, tutto questo è ancora più eccitante anche per me. Poi una spinta decisa, la mia mano sul scivola sul suo collo, si poggia sulle sue clavicole mentre continuo a mantenere un ritmo lento. Mi abbasso su di lei, respiro il profumo che emana la sua pelle, passo la lingua sulle sue labbra per poi baciarla ancora con foga. Il suo corpo si contrae sotto al mio, sento le sue gambe stringersi sempre di più intorno al mio bacino. Sento di star impazzendo, sento di fare una grande fatica a mantenere il ritmo lento che ho imposto ad entrambi. Così accelero, inizio a darle ciò che mi ha chiesto, gradualmente. Abbasso il viso fino a sfiorare il suo, afferro il suo sedere spingendolo in alto e costringendola così a seguire i miei movimenti - lo senti? è così che ti piace? - non mi sento più me, mi libero da ogni inibizione come se fossi in uno stato di trance. Però mi piace. Mi piace morderle il collo, lasciare i segni del mio passaggio sulla sua pelle. E voglio che anche lei mi dica quanto le piace.


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    «Altrimenti che fai?» Lo provocò, mordendogli il labbro inferiore prima di sciogliere l'abbraccio in cui entrambi si erano rifugiati. Poco prima, Daphne gli aveva detto che non sarebbe mai più riuscita a staccarsi da lui, e in effetti era la verità. Eppure, era curiosa di scoprire come Hunter avrebbe reagito nel caso in cui l'avesse fatto. L'avrebbe inseguita fino ai confini del mondo? L'avrebbe rapita? Oppure l'avrebbe lasciata andare per sempre, dimenticandosi di lei? Quest'ultima ipotesi la feriva immensamente. Voleva che la ricordasse per sempre, perché nessun altra donna avrebbe mai dovuto invadere la sua mente e il suo cuore. Hunter le apparteneva. E Daphne non era mai stata il tipo di persona che si lasciava sfuggire ciò che era suo. Aveva combattuto per tutta la sua vita per ottenere ciò che desiderava, e non avrebbe di certo ceduto ora che aveva finalmente trovato la sua anima gemella. «Perché lo sei. Di persone crudeli ne ho conosciute e tu non sei tra queste.» Si sporse in avanti, sfiorando le sue labbra con un bacio delicato e, incapace di resistere alla forza che la attraeva a lui, gli gettò le braccia al collo e nascose il viso nell'incavo tra il collo e la spalla. Lo scroscio delle onde del lago, in sottofondo, creava una melodia rilassante che accompagnava quel momento di intima tenerezza. Rilassò il corpo contro di lui, lasciandosi avvolgere dal suo calore e dal suo profumo muschiato. Per lunghi istanti, rimase in quella posizione, assaporando quella sensazione di pace e di completezza che solo lui era in grado di darle. Si era ormai arresa a questa necessità impellente di toccarlo, perché come una droga potente e inebriante, la felicità che provava in sua compagnia era ormai una parte irrinunciabile della sua vita. Probabilmente, il bisogno che aveva di lui era alimentato anche dalla consapevolezza che Hunter era l'unico a cui potesse mostrarsi senza veli, senza maschere, senza filtri. In casa, non era mai stato possibile. I suoi genitori, soprattutto sua madre, erano abili predatori di debolezze, pronti a sfruttare ogni minima crepa nella sua corazza per ferirla e controllarla. Astrid e Felicia non erano da meno. Per questo motivo, era costantemente all' erta, attenta a non lasciar trapelare nulla che non fosse il vuoto gelido nei suoi occhi. Ma questo continuo stare sull'attenti era faticoso, estenuante. Si sentiva prosciugata di ogni energia, svuotata di sé, ridotta a una marionetta senza anima. Una bambola. Però al fianco del ragazzo che amava e che le faceva battere il cuore con un ritmo forsennato, tutto questo non succedeva. Era in pace. «Vorrei che fossi sempre con me.» Gli sussurrò, tornando a guardalo. Le dita scivolarono delicate sulla sua guancia, accarezzarono i suoi capelli e si fermarono alla base della nuca. Con una pressione leggera ma decisa, inclinò il capo verso di ldi, facendo sì che le loro labbra si incontrassero. Gliele schiuse e, quando la lingua scivolò contro la sua, diede il via un bacio dolce e lento. I corpi si pressarono l'uno contro l'altro e Daphne emise un gemito sommesso quando, qualche minuto dopo, si staccò. «Forse entrambe le cose. Non lo so, Hunter. Io non avevo previsto di innamorarmi così tanto di qualcuno e di voler fare l'amore con lui ogni giorno. Nemmeno credevo fosse possibile.» Poggiò la fronte contro la sua mentre un leggero rossore le colorava il viso. Non arrossiva spesso come una volta, ma ogni tanto, soprattutto quando si trovava a fare ammissioni di quel tipo, succedeva. Certe volte si era anche ritrovata a chiedersi se avesse mai potuto provare le stesse emozioni con un altro. La risposta era quasi certamente no. Da Hunter era stata colpita sin dalla prima volta in cui lo aveva visto, e per una come lei, abituata a tenere le distanze e a non lasciarsi travolgere dai sentimenti, era un caso più unico che raro. Ed era proprio questo il motivo del suo possesso e della sua gelosia; tratti caratteriali, così simili a quelli di sua madre, ch nemmeno credeva di avere. E invece, si era sbagliata. Adesso aveva quasi paura della reazione che avrebbe potuto avere nel vedere il suo Hunter in atteggiamenti intimi con qualcuno che non fosse lei. Per fortuna, il suo ragazzo non era affatto il tipo. «Non sono molto facile da gestire quando mi arrabbio sul serio.» E quello era un dato di fatto. Diventata sarcastica, fredda, calcolatrice e a tratti dispotica. Come Ellen, appunto. Nel mentre, schiuse ancora le labbra e lasciò che Hunter affondasse la lingua in profondità nella sua bocca intanto che lo stringeva a sé per averlo ancora più vicino. Quanto mi piace il suo sapore. Sospirò e lo baciò con maggiore foga. Quante volte lo aveva baciato da quando erano arrivati? Aveva perso il conto, così come ogni controllo e inibizione. A stento riusciva a trattenersi. Solo quando non ebbe più fiato liberò le sue labbra, gli diede un bacio sul naso e poggiò la testa sulla sua spalla. «Sì, voglio ricordare tutto quello che mia madre mi ha potato via.» Anche se suo fratello, indietro, non lo avrebbe più avuto. «Tu non vuoi?» Lo osservò con la coda dell'occhio mentre, con la mano destra, gli accarezzava la gamba. Quei gesti innocenti erano diventati più esplici e adesso erano stesi su un prato, proprio come la prima volta che l'aveva baciata. Anche adesso lo stava facendo e, come allora, le sue mani percorrevano ogni centimentro del suo corpo. «Non mi importa. Se sei tu, non mi importa.» Se era lui, poteva farle quello che voleva. Socchiuse leggermente gli occhi e sospirò pesantemente nel sentire l'umidità e il calore della sua lingua sulle sue labbra gonfie e arrossate e nella sua bocca. Le mani strinsero i suoi capelli ei l viso si inclinò di lato così da permettergli di farle mancare quasi l'aria per la profonodità di quel bacio. Di quei baci. Quando le sfiorò il seno con un tocco leggero ma deciso, linarcò la schiena in un sospiro di piacere trattenuto. Un brivido di eccitazione la percorse, e si morse il labbro inferiore per non gemere mentre lui le lasciava una scia segni violacei sul collo. Quella parte di lei gli era sempre piaciuta, se n'era accorta col tempo. Con movimenti frenetici, lo spogliò, lasciandosi a sua volta disvestire. Le labbra si posarono sul suo torace, baciandolo, leccandolo e mordendolo. Poi gli diede piacere, osservandolo mentre gemeva il suo nome e raggiungeva la prima volta l'apice. A causa sua. Fece appena in tempo a stendersi su di lui e a baciarlo, che si ritrovò smaterializzata nella sua stanza e sul suo letto. Ed è qui che Daphne si ritrovò a gemere senza ritegno quando la sua bocca, calda, si posò sul suo decolleté. Succhiò, morse e leccò i capezzoli già turgidi per l'eccitazione. Le piaceva quando la toccava così, forse anche troppo. Inarcò la schiena, offrendosi completamente a lui, e gli tenne ferma la testa con una mano per non farlo allontanare nemmeno di mezzo millimetro dalla sua pelle. Il bacino, quasi per istinto, iniziò a ondeggiare avanti e indietro, sfiorando la sua intimità. Lo voleva. Hunter sembrò leggerle nella mente perché, con impaziente irruenza, la sovrastò con il suo corpo. In risposta, Daphne gli cinse la vita con le gambe per attirarlo a sé e baciarlo con foga. Un sospiro le sfuggì quando affondò le dita in lei per darle piacere con movimenti lenti, intensi, veloci e frenetici. Avrebbe voluto immergere le mani nei suoi morbidi capelli, ma Hunter le bloccò i polsi; a quel punto, usò le gambe e la schiena per premere il corpo contro il suo, annullando ogni possibile distanza. Abbandonandosi al suo tocco, Daphne assecondò poi la sua richiesta, lasciando che i suoi desideri prendessero voce. Mai avrebbe immaginato di potersi esporre in quel modo, ma la fiducia che riponeva in lui era totale e incrollabile. Non appena le sue labbra tornarono a sfiorare le sue, le aprì senza esitazione, lasciando che le loro lingue si incontrassero ancora, ancora e ancora. ll suo sapore, unito al calore del suo corpo, le stavano facendo perdere quel poco di controllo che le era rimasto. Voglio che non smetta mai di toccarmi così. Ormai era dipedente da tutte le emozioni che Hunter le faceva provare: amore, felicità, gioia, serentà, passione, piacere. Con lui accanto, nel suo cuore non era più inverno.
    Il bacino ondeggiava, seguendo il ritmo scandito dalle dita di Hunter. La bocca si muoveva avida, divorando le sue labbra; gli morse il labbro inferiore, tirandolo verso di sé, e poi riprese a baciarlo con foga. Non ne aveva mai abbastanza. Quando, però, le sue dita raggiunsero un punto particolarmente sensibile dentro di lei, Daphne fu costretta a interrompere il bacio con un gemito soffocato. Qualche istante dopo le lasciò andare i polsi, e lei ne approfittò per far scivolare una mano lungo la sua schiena, in un tocco delicato che si trasformò in una sensuale carezza sul fondoschiena che, poi, strinse con fermezza. La macina era tra i suoi capelli mentre la bocca, ora sul suo collo,si schiuse per assaporarne il sapore. Affondò delicatamente i denti, succhiò e poi passò la lingua calda sul segno violaceo che gli aveva lasciato. Gli baciò la linea della mascella, la guancia destra e poi, ancora, le labbra. Sentì il suo braccio muoversi per afferrare qualcosa, seguito dal suono metallico di un cassetto che si apriva. Quando le sue carezze si interruppero e lui si alzò sui gomiti, lo fissò per qualche istante, con gli occhi ancora velati da un piacere di cui era stata temporaneamente privata. Faceva freddo, voleva di nuovo il suo corpo su di lei. «Hunter...» Sussurrò a bassa voce, socchiudendo gli occhi e inarcando la schiena. Con un movimento fluido delle gambe lo attirò a sé, sollevandosi leggermente dal cuscino. Il seno si schiacciò contro il suo petto mentre la testa si inclinava all'indietro, così da permettergli di coprirle parte del viso con una maglietta intrinsa del suo profumo. l buio improvviso la avvolse, ma tutti gli altri sensi erano acuiti, pulsanti di vita. Non aveva paura. Si affidò a lui completamente, lasciandosi guidare dalle sue sensazioni. Abbandonandosi di nuovo al materasso, accolse il peso del corpo di Hunter con un sospirò di piacere che risuonò tra le mura della sua stanza. Gli circondò le spalle con le braccia e lo strinse forte. «Non allontanarti. Ti voglio vicino.» Sfregò la punta del naso contro la sua, poi con il pollice cercò le sue labbra e le dischiuse. Gli leccò il labbro inferiore e poi lo baciò, affondando in profondità la lingua nella sua bocca, costringendola poi ad aprirsi di più in un bacio profondo
    e intenso che li lasciò entrambi senza fiato. Stanca di quei vestiti che ancora indossava, con un gesto deciso abbassò la gonna, le calze e gli slip. Un gemito sommesso sfuggì alle sue labbra quando le loro intimità si incontrarono senza barriere e, proprio come sul prato, mosse il bacino in avanti e lo sottomise ad una lenta e sensuale tortura. Si morse il labbro, godendo del calore della sua lingua sulla pelle mentre le baciava e le leccava il solco tra i seni e, poi, il ventre. Con un movimento fluido, Hunter si sollevò leggermente per abbassarsi i suoi pantaloni. Il suono dello sfregamento dei tessuti era più vivido che mai ora che non poteva fare affidamento sulla vista, così come lo era il tocco di Hunter. Per fortuna, quella separazione fu breve, perché subito tornò a stendersi su di lei. Le sue gambe si avvolsero intorno alla sua vita con forza, così come il braccio che gli cingeva le spalle. Lo strinse con intensità tale da provare quasi dolore, perché ogni centimetro della sua pelle doveva essere a contatto con la sua quando facevano l'amore. Sempre. "Sei mia, Daphne." Le sue parole, sussurrate mentre finalmente affondava in lei, la fecero gemere e sospirare allo stesso tempo. Assecondò i suoi movimenti, lenti e decisi, che man mano crebbero di intensità. «Sono sempre stata tua.» Probabilmente lo era stata fin da quando si era seduto accanto a lei in quella lezione che le aveva fatto quasi perdere la testa. Da quel momento, non aveva fatto altro che cercarlo con lo sguardo, incuriosita da ogni suo gesto e parola. Aveva combattuto l'istinto di toccarlo, di sfiorare la sua pelle con la punta delle dita, consapevole della tensione che si era creata tra di loro. E forse, il suo corpo, ancor prima della sua mente, aveva capito quanto lo desiderasse. Perché, da quanto lo aveva avuto la prima volta, non aveva più smesso di farlo suo. Per questo, quando la baciò ancora, di nuovo le mancò il fiato per quanto era pieno e profondo. Hunter accelerò, le sue spinte divennero decise, frenetiche, intense, ormai prive di ogni controllo. Daphne urlò il suo nome, desiderosa di specchiarsi nei suoi occhi verdi. Slacciò il nodo della magliatta, la gettò via e quando i loro sguardi si incrociarono, sorrise: anche lui era lì, con le labbra dischiuse, rapito dallo stesso piacere che la stava consumando. Proprio quello che voleva vedere. «Mi piace così come piace a te.» Boccheggiò. Iniziò anche lei a muovere il bacino freneticamente, rilassando i muscoli del corpo per permettergli di riempirla completamente. Gli prese il viso tra le mani e lo baciò, a lungo, al punto tale che il suo sapore quasi si impresse nella sua bocca. Continuò a farla sua, in un modo così intenso, profondo e irruento che la portò all'apice. Si staccò dalle sue labbra e un gemito, quasi un urlo, le sfuggì per il piacere e il godimento di quell'istante. Il corpo venne scosso da fremiti e la sua mente, incapace di elaborare il caos di sensazioni che la travolgevano, si offuscò. Era come se l'istinto avesse preso il sopravvento, dominato da un desiderio ardente e incontrollabile di sentire solo Hunter che, senza sosta e quasi con violenza, continuava ad affondare in lei, spingendola in un baratro di passione senza fine. Le sue labbra, calde e morbide, scivolarono sul suo collo, sulla mascella, delineandone i contorni e poi si posarono sulle sue, di labbra. «Sei mio, solo mio.» Tornò a baciarlo. La lingua esplorò ogni angolo della sua bocca, riempendosi del suo sapore, respirò il suo profumo muschiato, toccò la sua pelle, udì i suoi sospiri. Lo sentì sprofondare in lei. Ogni senso di cui era dotata percepiva solo lui. Esisteva solo Hunter. Per un tempo indefinito, la face sua e poi, quando anche lui raggiunse l'apice, riversò in profondità il suo calore dentro lei. Di riflesso, Daphne serrò la presa sul suo bacino per tenerlo fermo, per sentirlo di più, mentre il suo corpo tremava dal piacere.l Amava quella completezza, quella totalità. Quel bisogno inteso che aveva di lui. Lo gaurdò: aveva le labbra schiuse e gli occhi annebbiati, proprio come i suoi. «Solo io posso averti così.» In quel modo così pieno, totalizzante, simbiotico. E quella di Daphne era una pretesa.



    Edited by Daphne. - 14/4/2024, 13:18
     
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