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.24 dicembre, ore 20.
Le onde del Mare Nord si infrangevano violente contro gli enormi massi sui quali, imponente, si ergeva la fortezza di Azkaban, la prigione per la comunità magica della Gran Bretagna. A differenza di qualche anno fa, per volere del ministro Kingsley Shacklebolt, i Dissenatori erano stati rimpiazzati dagli auror a causa della loro pericolosità. Una scelta che, sicuramente, sarebbe andata a vantaggio di molti. Era lì che, la sera della Vigilia di Natale, Ellen Blackwood, in tutta la sua eterea bellezza, varcava la soglia di quel luogo dimenticato da Dio. La pelle diafana e i capelli biondi erano un pugno nell'occhio in quel posto privo di colori: sembrava un angelo mentre, con il suo tailleur rosso, si dirigeva al banco della sicurezza per consegnare la bacchetta. Come di consueto, ogni uomo lì presente, si voltò per ammirarla. Tuttavia, sul viso di alcuni, era presente una palese espressione di sdegno: "cosa ci fa qui, questa donna?", "Chi si crede di essere?", " Perché è venuta qui vestita in quel modo?" Quelli dovevano essere i pensieri che aleggiavano nelle loro stupide e ritardate menti. Ellen non aveva neanche bisogno di usare il suo potere per capirlo, e nemmeno si sarebbe scomodata, visto che, dell'opinione di quegli auror, non gliene importava niente. Li guardò con indifferenza, alzando impercettibilmente il sopracciglio sinistro di fronte alle divise vecchie e sgualcite che avevano indosso. Le davano una sensazione di sporco, come i topi. Stavano gradualmente assumendo l'aspetto dei detenuti rinchiusi in quel carcere di massima sicurezza, il quale, tuttavia, aveva perso il suo primato dopo le evasioni di massa dei Mangiamorte del '96 e del '97. Tra l'altro, fra i tanti estimati auror che lavoravano lì, ce n'erano di corrotti e di facilmente manipolabili, ed Ellen si era servita proprio di quelli per mettere in atto il suo piano.
Quando si trovò davanti una spessa porta nera, la aprì senza indugio ed entrò. Dietro il banco della sicurezza, era seduto un uomo di sessant'anni con una profonda cicatrice sul viso che la squadrò dalla testa ai piedi; non le chiese chi fosse, lo sapeva già, la esortò invece, con tono perentorio, a consegnargli la bacchetta. Non le era piaciuto affatto il modo in cui le aveva parlato: la maleducazione che aveva dimostrato nei confronti di una donna come lei non sarebbe rimasta impunita. Socchiuse gli occhi, sorridendo falsamente, e poggiò il catalizzatore sul banco, il quale venne preso e riposto all'interno di un cassetto. Solitamente, i visitatori sarebbero stati sottoposti ad ulteriori controlli ma, grazie alla sue conoscenze e alla reputazione della sua famiglia, ciò non avvenne; le fu, invece, concesso di recarsi direttamente nel luogo in cui avrebbe incontrato il detenuto da lei richiesto. Si accomodò comodamente su una sedia in legno, accavallò con eleganza le gambe e attese in silenzio la sua visita. Dopo qualche minuto, una donna dai lunghi capelli corvini, la pelle chiara e gli occhi verdi segnati da profonde occhiaie si sedette di fronte a lei. Con estrema calma, poggiò i gomiti incatenati sul tavolo e la fissò. Non era cambiata molto in quegli anni: i suoi modi, così come il suo portamento, erano regali, tra l'altro, era riuscita a mantenere anche una certa dignità all'interno di quel carcere. Non si era lasciata spezzare. Sorrise, lei e Chloe Laincourt avevano molte cose in comune, più di quante pensasse. «Chloe, mi fa piacere rivederti. Come stai?» Domande di circostanza, necessarie per sviare l'attenzione della guardia che le stava sorvegliando. Di lui si sarebbe sbarazzata a breve. Prima di recarsi in quel posto, aveva preso tutte le dovute precauzioni per far sì che il suo piano andasse a buon fine. «Abbiamo tante cose da darci, tu ed io.» Era certa che la donna avrebbe appreso il significato che si celava dietro quelle parole. Un tempo, avevano lottato insieme per una causa comune, e avrebbero continuato a farlo se suo marito avesse tenuto la bocca chiusa. Chloe era una subdola, avrebbe potuto usare molti modi per mettere a tacere quell'uomo, proprio come aveva fatto lei con Aleksander, eppure, persino quando aveva capito che era stato proprio lui, il capoauror - suo marito - a dare l'ordine di arrestare i soggetti coinvolti nell'attacco al Ministero, aveva scelto altrimenti. Per fortuna la sua debolezza era morta. Adesso nessuno avrebbe potuto intralciare i loro piani e, per questo, avrebbe dovuto ringraziare anche sua figlia che, ignara, le aveva fornito l'occasione perfetta per controllarla. Era già da tempo, ormai, che Ellen era a conoscenza dell'amore che Daphne provava nei confronti del suo ragazzo. Glielo aveva letto nella mente durante i loro incontri e, se le aveva permesso di continuare quella relazione, era perché lo riteneva degno di entrare a far parte della sua famiglia. Hunter Moore era un ottimo partito: era un ragazzo a modo con una media eccellente, prefetto, purosangue da generazioni e Chloe, sua madre, era un'ottima alleata. Il pacchetto era quasi completo, tuttavia, per decidere se proseguire, aveva bisogno di scoprire qualcosa sul suo conto. «Ad esempio» Si sporse in avanti, parlando a bassa voce in modo che solo lei potesse sentirla. «come si sono conosciuti i nostri figli.» Sorrise sorniona, andando diritta al punto. Le visite, in quel posto, erano piuttosto brevi ed il tempo scorreva veloce. Osservò la donna davanti a lei la quale, non appena si parlò di suo figlio, assunse un'espressione che Ellen conosceva molto bene. Proprio ciò che voglio.. -
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.La donna che stava osservando e, con la quale, se le condizioni lo avessero permesso, avrebbe stipulato un accordo, era stata tradita dai suoi stessi compagni. Dopo la caduta del Signore Oscuro, i mangiamorte, liberi dal dominio di un dispotico mezzosangue, avevano iniziato ad agire singolarmente, ricercando un potere che li rendesse superiori agli altri in termini di magia, soldi e influenza. Alcuni si alleavano per il raggiungimento di uno scopo comune, ma i tradimenti erano all'ordine del giorno e, di solito, era il più debole - o il meno furbo - a pagarne il prezzo. Chloe non rientrava in nessuna di queste due categorie: era stata, infatti, volutamente sacrificata poiché, il reale obiettivo dei suoi "alleati", era sempre stato quello di sbarazzarsi del capoauror allora in carica - suo marito - insieme a tutte le informazioni che aveva raccolto su di loro. Avevano, quindi, incastrato sua moglie, colpendolo dove faceva più male. Ellen, quelle persone, le conosceva e sapeva anche dov'erano situate. Per quanto riguardava, invece, la sua singolare amicizia con la donna in questione, era tutto da attribuirsi al suo ex marito,il quale, grazie al ruolo che ricopriva, le aveva permesso di ampliare la sua rete di conoscenze e, tra queste, c'erano le mogli di diversi auror. Aleksander aveva molti contatti con quel mondo dato che, prima di intraprendere la carriera politica, aveva frequentato l'accademia per gli auror. Era lì , infatti, che aveva incontrato Cristopher. I due erano amici di vecchia data. A sua volta, lei aveva conosciuto Chloe e adesso, per uno scherzo del destino, Daphne si era innamorata proprio dell'erede dei Moore. Tutto questo giocava a suo favore e se Hunter si fosse rivelato un mentalista come credeva, avrebbe fatto scacco matto. «Stavo cercando di essere gentile in nome dell'amicizia che ci lega, Chloe.» Sorrise falsamente. Se aveva passato nove anni in carcere era, in parte, anche colpa sua per essersi fidata delle persone sbagliate. Tra l'altro, non aveva elaborato neanche un piano di riserva, ma ciò non era altri che la conseguenza di una fiducia malriposta. Lei, però, stava per offrile qualcosa a cui non avrebbe potuto rinunciare: la libertà. «Potresti averla prima di quanto pensi.» La osservò e, quando capì il peso di ciò che le aveva appena detto, si sporse leggermente in avanti e annuì con la testa, come a volerle confermare che sì, aveva una proposta da farle. Una proposta nella quale, i soggetti principali, erano proprio i loro due figli.
Non appena si riferì al suo, l'espressione che aveva sul viso cambiò gradualmente. Chloe era una donna piuttosto possessiva, se n'era accorta col tempo e, in particolare, lo era nei confronti del suo secondogenito. Solitamente, i figli maschi erano i preferiti delle mamme. E pensare che il suo l'aveva ucciso. Pace all'anima sua. Così facendo, Daphne aveva ottenuto il potere che le spettava di diritto eppure, nonostante il regalo che le aveva fatto, la sua dolce bambina voleva ucciderla. Sei proprio come me, piccola mia. Per farsi ubbidire, l' aveva torturata e le aveva svelato la vera natura di sua nonna, ma come ogni Blackwood che si rispetti, si era rifiutata di chinare il capo. Meglio così, una vittoria facile l'avrebbe annoiata. « La fortuna è dalla nostra parte.» Tra tutti gli studenti di quella scuola, Daphne si era innamorata proprio del figlio di Chloe e, conoscendola, era certa che, il suo, fosse un amore che sfiorava l'ossessione. Era quasi impossibile, per la sua bambina, legarsi davvero a qualcuno, ma quando succedeva, come nel caso di sua nonna, diventava ossessionata da quel legame. Ora che si era concessa, in tutti i sensi, ad un ragazzo, a che livelli sarebbe potuta arrivare? Non vedeva l'ora di scoprirlo. « A parte che mia figlia ha sempre avuto buon occhio. L'ho educata personalmente, quindi la cosa non mi sorprende.» Non avrebbe mai potuto mettersi con un sanguesporco o con un mezzosangue, di quello se n'era assicurata anche Ginevra. Sua madre, infatti, pur essendo una mangiamorte pentita, non avrebbe mai potuto accettare che sua nipote mettesse fine alla purezza secolare dei Blackwood, per questo, sin da piccola, le aveva detto di concedersi solo ad un purosangue come lei. Ed era ciò che aveva fatto. «Questo legame che c'è tra loro potrebbe esserci molto utile.» Prima di organizzare quell'incontro, si era assicurata che, tra di loro, le cose fossero serie. Daphne non avrebbe mai intrapreso una relazione se, alla base, non ci fosse stato un sentimento talmente forte da farla cedere. Tuttavia, non aveva voluto dare nulla per scontato; la generazione di oggi era diversa dalla loro, molte cose erano cambiate, i maghi si erano evoluti, eppure la tradizione dei contratti matrimoniali tra famiglie purosangue restava assoluta. Ed era proprio a quello che Ellen puntava. « Da quel che so stanno insieme da un anno, sono molto innamorati e anche Emilie sembra approvare. Fidati delle parole di una Legilimes.» Chloe sapeva sia del suo dono, sia della maestria con il quale lo usava. Non a caso, quelle informazioni le aveva ricavate direttamente dalla mente della diretta interessata senza che quest'ultima se ne accorgesse. «Prima di dirti altro c'è una cosa che devo sapere.» Poggiò i gomiti sul tavolo e la guardò seria. Se volevano negoziare, suo figlio avrebbe dovuto essere in possesso di un talento ben preciso, in caso contrario, non sarebbe stato utile alla causa. «E' possibile Hunter sia un mentalista?» La maledizione dei Blackwood, lei, non era stato in grado di spezzarla perché l'uomo che aveva scelto si era sposato con una sudicia sanguesporco. Ellen, però, aveva tutta l'intenzione di liberarsene per dimostrare quanto fosse potente e, perché no, anche di avere dei piccoli nipotini mentalisti da plasmare e sfruttare per vendicarsi dell'insolenza di sua figlia. Il suo scopo principale, tuttavia, era avere accesso non solo ai segreti custoditi dagli Andersen, ma anche a quelli dei Moore. Il suo ex marito, una volta recuperata la memoria, avrebbe fatto di tutto per recuperare il rapporto con sua figlia. Di tutto. E il prefetto di corvonero, per amore, cosa sarebbe disposto a fare? Erano queste le cose su cui avrebbe fatto leva per ottenere ciò che voleva.
Edited by Ellen. - 23/12/2023, 00:22. -
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.«Nove anni fa non potevo aiutarti, avevo delle cose importanti di cui occuparmi e ostacoli da eliminare.» Sorrise sorniona e non si scompose più di tanto nell'udire quella precisazione intrisa di un leggero sarcasmo femminile. A quei tempi, era ancora sposata con Aleksander e sua madre controllava ogni sua mossa. Tra l'altro, il fatto che fosse una mentalista di chiusura, non le permetteva di anticipare le sue mosse. Era una delle poche in grado di tenerle testa in una battaglia mentale, e disfarsi di lei non era stato affatto semplice; per fortuna il cancro l'aveva indebolita ed Ellen, da brava figlia, per non farla più soffrire, le aveva regalato una morte priva di dolore con l'Anatema che uccide. Daphne, non volendo, aveva assistito a quella scena che, ovviamente, non aveva esitato a farle dimenticare. Sua figlia, però, come aveva previsto, aveva ereditato il dono dei Blackwood, rivelandosi una mentalista e, come tale, stava lentamente recuperando i ricordi. Non sapeva se avesse ricordato anche la morte di quell'essere che aveva messo al mondo per volere di Ginerva. Com'è che si chiamava? Ah sì, Ludde. Per la seconda volta, il suo bellissimo corpo era stato deformato, quei mesi erano stati un inferno per lei. Aveva bisogno solo di un erede, non di due. La sua bambina era quasi perfetta: fredda, distaccata, cinica e priva di sentimenti - o almeno quello era l'obiettivo - peccato che quella spina nel fianco di sua madre le avesse rovinato i piani. Per cosa poi? Redimersi. Patetico. Per questo le aveva insegnato ad amare. Eppure, al loro primo incontro, aveva scorto in lei l'oscurità che tanto cercava. Daphne era la sua copia sputata e, per quanto lo negasse, lo sapeva anche lei. In fondo, stava pensando di ucciderla, e questo la diceva lunga sul suo conto.
Ellen aveva già programmato la vita della sua bambina, tra cui il tipo di uomo che avrebbe dovuto sposare. Per uno scherzo del destino, si era innamorata del figlio di Chloe, il quale aveva tutte le carte in regole per poter essere approvato dalla matriarca dei Blackwood. «Puro da generazioni, come dev'essere.» Aveva fatto pagare caro a sua figlia il bacio con quel mezzosangue, anche se ci era andata leggera perché aveva scorto, in lei, il pentimento. Tradire gli ideali che sua nonna le aveva insegnato era stato un duro colpo. Con Hunter, invece, molti problemi non se li era fatti. Era stata anche brava ad arruffianarsi la sorella. «Sono molto innamorati e mia figlia è alquanto, come dire» Si passò un dito sotto il mento con fare pensante. «legata alle cose che ama, la definirei persino possessiva. Non lascerà andare tuo figlio molto facilmente, e noi sfrutteremo proprio questa cosa se le condizioni sono favorevoli.» Le due si scambiarono uno sguardo di intesa. Daphne credeva che non la conoscesse, quanto si sbagliava. Era pur sempre sua madre, nonché Legilimens. Sapeva dei suoi sentimenti più profondi, dei suoi desideri e delle sue pulsioni. Perché era come lei. Ragionava come lei. L'unica cosa della quale era all'oscuro riguardava il tipo di potere che aveva ereditato. Se era quello di Ginvera, sarebbe stato un problema in futuro ma, per adesso, non era nemmeno in grado di proteggere la sua mente da lievi pressioni esterne. Ne aveva ancora di strada da fare. Attualmente, il suo mentore era Christopher e, ovviamente, con un mago del suo calibro di progressi ne avrebbe fatti, però lei avrebbe potuto insegnarle cose che a scuola erano proibite, se solo avesse smesso di essere così testarda. Doveva spezzarla, con le buone o con le cattive anche perché, per ora, le serviva e non poteva ucciderla. «Ci tengo particolarmente. Perché, ormai, do per scontato che mia figlia resterà molto a lungo con il tuo viste le premesse.» Poteva anche avere qualche amante, se lo avesse voluto, ma questo dopo un figlio. Prima doveva assicurarsi di produrre un erede. «Un mentalista di cancellazione, interessante.» Nella sua famiglia mancavano, era ora di rimediare. Le brillarono gli occhi dall'eccitazione, era tutto così facile, così perfettamente in linea con i suoi piani. «La berrai molto presto.» Era ora di passare alle trattative. «Pensavo di ufficializzare il legame dei nostri figli. Sono così innamorati che una futura promessa di matrimonio e un contratto da firmare farebbe proprio al caso loro, non trovi, Chloe?» Così, le loro famiglie sarebbero state legate e quell'inetto del suo ex marito non avrebbe potuto fare niente: Daphne non avrebbe mai rinunciato ad Hunter per il figlio del Primo Ministro. Era chiaro. Tra l'altro, sarebbe stato un problema se una famiglia così potente e con tutte quelle conoscenze si fosse messa in mezzo per difendere la futura nuora. Gli accordi tra i purosangue, infatti, garantivano - anche se in certa misura- la fedeltà e la collaborazione di un alleato perché, per il suo mantenimento, c'erano delle condizioni da rispettare. Quello che i loro figli e la donna davanti a lei avrebbero firmato, sarebbe stato, però, un po' diverso dagli altri perché, su di esso, sarebbe stato lanciato un incantesimo vincolante di magia nera.
Edited by Ellen. - 5/1/2024, 00:42. -
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.Sorrise crudele di fronte alle parole della donna mostrando, per un attimo, la sua vera natura. Le sue priororità erano decisamente cambiate e la sua vita, in seguito alla morte di sua madre e di quell'abominio che aveva messo al mondo, era notevolmente migliorata. Ora mancavano solo due cose per raggiungere la perfezione: la disfatta definitiva degli Andersen e la sottomissione di sua figlia. Questi due obiettivi erano inestricabilmente legati perché il suo caro ex marito sarebbe crollato sotto il peso del dolore e del rimpianto per il trattamento che, in tutti quegli anni, aveva riservato al sangue del suo sangue. Aleksander, grazie all'aiuto di Daphne, avrebbe gradualmente recuperato la memoria. La sua dolce bambina avrebbe insinuato il dubbio nella mente di suo padre, portandolo ad interrogarsi su molte delle scelte che aveva fatto in quegli anni. Era solo questione di tempo prima che tutto ciò accadesse. Ellen, infatti, era consapevole del fatto che sua figlia avesse già riacquistato parte dei ricordi che le aveva cancellato e sapeva anche che la sua prima mossa sarebbe stata quella di mettersi in contatto con quell'uomo. Uniti dall'odio comune che nutrivano per lei, avrebbero cercato di eliminarla. Peccato che lei fosse sempre un passo avanti agli altri. Daphne era troppo innamorata del figlio di Chloe per scegliere di rompere con lui e legarsi al figlio del Primo Ministro, richiesta che il suo ex marito avrebbe quasi sicuramente avanzato. Povero ingenuo. Vista la situazione, Daphne avrebbe firmato il contratto che lei le avrebbe presentato, cadendo volontariamente nella sua trappola. Ah, com'era facile manipolare le persone facendo leva sulle loro debolezze. L'amore, poi, era la più potente di tutte. Certo, non era da escludere che Daphne, invece, la soprendesse decidendo di allontanarsi da Hunter per il suo benestare. Dubitava, però, che ciò potesse accade4re perché sua figlia era come lei: quando decideva che qualcosa o qualcuno le apparteneva, lo considerava suo per sempre. Inoltre, in casi estremi, le donne della famiglia Blackwood rischiavano di sviluppare una pericolosa ossessione per la persona amata. Ad Ellen non era successo, ma a Ginevra sì. E sarebbe successo anche a Daphne viste le premesse. Per realizzare il suo piano, però, necessitava della collaborazione di Chloe. Socchiuse impercettibilmente gli occhi quando affermò di volersi arcettare di ciò che le stava dicendo. Poggiò i gomiti sul tavolo e la osserverò con un falso sorriso dipinto sulle labbra. «Molto buone. Ma per accertartene di persona prima devi venire a bere un té con me. » Altrimenti sarebbe anche potuta restare in carcere per il resto della sua vita. Tra le due, chi aveva bisogno di aiuto non era di certo lei. Per fortuna, la sua vecchia amica non era una sprovveduta. Aveva sempre avuto una mente acuta e una capacità di osservazione fuori dal comune. Non le ci volle molto per capire la situazione in cui si trovava: era in trappola, con le mani legate e la libertà negata, per questo le sue richieste erano limitate. «Neanche Daphne sarà un membro della tua famiglia o, per meglio dire, di quella dei Moore. Portano entrambi un cognome che non gli si addice affatto, non credi?» Dopo aver ottenuto ciò che voleva dagli Andersen, sua figlia sarebbe tornata ad essere una Blackwood a tutti gli effetti. Una vittoria su tutti i fronti, che avrebbe sancito la sua supremazia. «Hunter sarà disposto a essere tuo? Credi davvero ti ascolterà senza battere ciglio? I ragazzi di oggi sono molto testardi, con mia figlia ho dovuto usare le maniere forti per farmi ascoltare e comunque si continua a sbattere i piedi per terra.» Si comporta così anche perché sa che mi serve e non posso ucciderla. E poi mi dispiacerebbe mettere fine alla linea dei Blackwood dopo tutta la fatica che ho fatto per metterla al mondo. Le parole che pronunciò ad alta voce risuonarono nella stanza fredda e silenziosa. Se Ellen era egocentrica e sicura di sé, era anche una donna realista. Sapeva che se non voleva uccidere Daphne, doveva trovare un modo per sottometterla, per piegarla al suo volere. E l'unico modo che aveva per farlo era quello sfruttare il legame che aveva con il corvonero. Al contrario, la mangiamorte davanti a lei emanava un'inquietante sicurezza. Sembrava quasi certa di poter manipolare suo figlio come un burattino, convinta che il contratto che le aveva proposto non fosse altro che un lasciapassare per la libertà. Se le sue convinzioni fossero giuste o meno, lo avrebbe scoperto una volta evasa. «Comunque sono d'accordo sulla prima codizione. Per quanto riguarda la seconda» Con un'eleganza innata, si sporse in avanti e fissò lo sguardo in quello della sua interlocutrice. Ellen era sempre stata diffidente, abituata a navigare le acque infide del potere e a non fidarsi mai completamente di qualcuno. Le parole, da sole, non sarebbero bastate a convincerla. «non tanto. Mi capisci, non è vero?» Inclinò la testa di lato, assumendo un'espressione di falso rammarico. «Sono venuta qui per farti evadere, e lo farò, ma prima il mio collaboratore ti fornirà un foglio che dovrai firmare. Sai, fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio.» Soprattutto se si teneva conto della particolare abilità di cui era dotata Chloe. Volendo, avrebbe anche potuto non farsi trovare mai. «Non preoccuparti, è solo una formalità. Detto questo, si c'è dell'altro, ma lo saprai a tempo debito.» La cosa più importante adesso era farla evadere, dopodiché avrebbero potuto discutere i termini del contratto e stabilire i reciproci vantaggi. «Accetti?» Quelle erano le condizioni, chiare e ineluttabili. Ellen le aveva offerto un biglietto di sola andata per la libertà, ma per averlo, doveva sottostare alle sue regole..
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.«Te lo farò sapere al più presto. » Percisamente non appena sarebbe evasa dal carcere. Avevano molto di cui parlare e c'erano dei dettagli da definire circa il contratto che stava per proporle. Ellen non aveva alcun dubbio sul fatto che avrebbe accettato non solo la sua proposta, ma anche gran parte delle sue condizioni. Era ovvio che chiunque si sarebbe comportato allo stesso modo. Chi mai vorrebbe marcire in prigione? E poi, per due persone come loro, assetate di vendetta, la reclusione era una tortura insopportabile. Chloe fremeva per farla pagare a chi l'aveva tradita, e Ellen non poteva che comprenderla appieno. Anche lei desiderava annientare i suoi nemici, proprio come aveva già fatto con sua madre e suo figlio. Sebbene le loro storie fossero diverse, il fuoco della vendetta bruciava con la stessa intensità in entrambe. «A tempo debito lo faranno.»Sorrise sorniona. Pregustava già l'attimo in cui Daphne, con gli occhi carichi di disperazione, avrebbe ammesso di essere come lei. E se il ragazzo di cui si era innamorata era come la donna che aveva davanti, beh, era un' ulteriore prova a sostegno della sua tesi. Perché sua figlia era naturalmente attratta dalle tenebre. Non conosceva personalmente il figlio di Chloe, ma dai frammenti di ricordi di Daphne e dalle voci che circolavano, si delineava la figura di un ragazzo enigmatico, avvolto da un'aura di oscurità. D' altronde, sua madre era una Mangiamorte, e come dice il proverbio, la mela non cade mai troppo lontana dall'albero. Certo, era plausibile che l'erede dei Moore non avesse subito le stesse atrocità di Daphne, né fosse stato testimone di efferati omicidi per mano della madre. Di conseguenza, non covava dentro di sé lo stesso odio di sua figlia, sentimento necessario per cedere al male. C'era d'aspettarselo; d'altronde, Ellen era sempre stata più incline a gesti estremi rispetto a Chloe. E poi, quelle morti erano state necessarie, non certo frutto di un capriccio. «Onesto, dici? Intressante. Mia figlia è il contrario, non mi racconta mai niente.» Finse rammatico. In realtà non le importava minimamente se Daphne continuava a tergiversare. Avrebbe comunque scoperto tutto leggendole la mente. L'unica vera complicazione sarebbe stata se sua figlia avesse ereditato il potere di Ginevra. Quello era un mistero che ancora doveva svelare, non solo perché Christopher non si era lasciato sfuggire una parola a riguardo, ma anche perché nella mente di Daphne non aveva trovato alcun accenno alle lezioni private con il vicepreside. Era come se la sua mente inconsciamente si barricasse contro le sue intrusioni. Se già partiva così, era quasi certo che sarebbe diventata una mentalista di alto livello come lei. Non c'era da stupirsi, dopotutto le donne dei Blackwood possedevano un talento mentale fuori dal comune, sebbene spesso ottenuto a caro prezzo a causa della maledizione che da generazioni gravava su di loro: sacrificare i secondogeniti per preservare il talento magico della famiglia. Se ciò non accadeva, era semplicemente perché questi ultimi non erano mai nati. Non che questo fosse un probiema; del resto, Ellen aveva ucciso tante persone nel corso della sua vita per accrescere il suo potere.
«Di certo converrai con me che questo non sia il luogo più adatto per avere dei chiarimenti. Per quello c'è il té. » Rispose con un sorriso enigmatico, imitando quello di Chloe. Cosa si aspettava, che le raccontasse ogni dettaglio in quei pochi minuti a disposizione? L'impazienza, in simili circostanze, era nemica del buon senso. E poi, prima di svelare il suo piano, Ellen doveva essere certa della lealtà di Chloe. Non se ne faceva niente della sua gratitudine o delle sue promesse vane. Per questo aveva preparato un documento speciale da farle firmare. Come previsto, accettò. Ellen si voltò poi verso l'Auror corrotto, un uomo dal volto cinico e dagli occhi spenti, ormai completamente asservito al suo volere. Con un semplice cenno del capo, gli trasmise le istruzioni. L'Auror annuì con obbedienza, comprendendo perfettamente il compito che gli era stato affidato. «Ti verrà dato poco prima di tornare in cella e, dopo averlo firmato, avrai una bacchetta.» Le spiegò brevemente quello che sarebbe successo da lì a poco. Per il resto doveva cavarsela da sola, non che questo fosse un problema: con il talento che aveva, una volta evasa difficilmente l'avrebbero ritrovata. «Tra poche ore» concluse Ellen, fissando Chloe con i suoi occhi glaciali «ci rivedremo. E a quel punto, tutto avrà inizio.» In un silenzio carico di tensione, le due donne si guardarono negli occhi, siglando un patto silenzioso di lealtà e determinazione. Non aggiunse altro, si erano giò dette tutto. E poi il tempo che avevano a disposizione era finito. A quel punto, Ellen si alzò elegantemente dalla sedia su cui era seduta e, con passo deciso, si diresse verso l'uscita. Dopo aver raccolto con cura i suoi pochi effetti personali, rivolse un sorriso dolce alla vecchia guardia che l'aveva accolta ad Azkaban. In fondo, era una delle poche persone che avrebbe visto prima di morire, essere educati era il minimo, no?
Edited by Ellen. - 7/5/2024, 00:00. -
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