frenemy.

with Freya.

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    david David era sempre stato un estraneo all'amore. Non ne aveva mai conosciuto la vera essenza, e di conseguenza non ne aveva mai avvertito il bisogno. Il suo mondo si limitava ai sentimenti di vendetta e al desiderio di eliminare suo padre. Tuttavia, l'ultimo anno aveva portato con sé un cambiamento inaspettato: Halley. Quella nana aveva acceso una scintilla nel suo cuore, offrendogli un assaggio, seppur fugace, di quel sentimento che aveva sempre ignorato. E David aveva vissuto quell' amore in modo torbido e deviato, perché cosa ci si poteva aspettare da un Harris? La normalità non era mai stata nelle loro corde. Aveva spinto Halley all'estremo, consumando la loro relazione fino all'esaurimento. Il loro rapporto, alla fine, era morto il 24 dicembre, come una fiamma che non aveva retto al gelo dell'inverno. Oggi erano quattro mesi che non si parlavano. Non una parola, neanche un messaggio. Il loro legame si era dissolto nel silenzio. Meglio così. Non voleva vederla. Quella rottura e il gesto da lei compiuto quella notte, così simile a quello del padre, lo avevano lasciato in balia di un dolore immenso e di una rabbia che, a volte, sembrava incontenibile. Quasi ogni giorno, spinto da un'incontrollabile frustrazione, finiva per sfogarsi prendendo a pugni qualcuno o qualcosa. Tuttavia, per evitare ripercussioni, lo faceva sempre al di fuori della scuola, lontano da occhi indiscreti. In quei mesi, aveva scelto di mantenere un profilo basso, rifugiandosi in una sorta di volontario isolamento. Perché adesso sapeva che la rabbia e l'impulsività non potevano essere la sua bussola. Non sempre almeno. Doveva imparare a dominare le sue emozioni, a riflettere con razionalità anche nelle situazioni più concitate. Solo così sarebbe riuscito a riprendere il controllo di sé stesso, che da tempo sembrava sfuggirgli, e ad affrontare con un minimo compostezza chi lo provocava. Come quel bastardo. Dean era calmo, calcolava le sue mosse e sapeva sempre come e quando colpire. E lui, come un deficiente, cadeva sempre nelle sue provocazioni, perdendo ogni controllo.Era arrivato il momento di cambiare strategia. Doveva imparare a non reagire d'impulso, a non farsi dominare dalla rabbia. Doveva trovare un modo per essere imprevedibie ai suoi occhi perché le sue reazioni erano troppo scontate, quello che pensava gli si leggeva in faccia e questo non andava bene. Perché David avrebbe fatto di tutto per raggiungere i suoi obiettivi. Tra questi c'era anche tornare dall'unica ragazza che aveva amato? Non lo sapeva. «Che rottura di coglioni.» Un sospiro di stizza gli sfuggì dalle labbra mentre si passava nervosamente una mano tra i capelli. La relazione tra lui e Halley era finita, anche perché si sentiva tradito dopo il gesto che la mora aveva fatto. Non si capivano. Per loro non c'era futuro. Eppure, la sua mente non faceva che riportarlo da lei, tormentato da un ricordo che non voleva svanire. A che scopo poi? Halley sembrava felice con i suoi amici e con quel Grifondoro di bassa lega. Com'è che si chiamava? Ah sì, Willy qualcosa. I pugni si chiusero con forza mentre accelerava il passo, reprimendo a fatica la gelosia che lo attanagliava. Non avrebbe ceduto, non sarebbe tornato indietro. La sua decisione era presa, irrevocabile. Se lo ripeteva come una cantilena, un mantra che scandiva il suo passo deciso. Quasi senza accorgersene, si ritrovò nei pressi del campo da Quidditch. Dopo essere stato nella squadra per più di un anno, quel posto era diventato un'abitudine per lui. Tuttavia, da quando aveva deciso di dimettersi dal ruolo di vice capitano e di prendersi una pausa per riflettere sul suo futuro nella squadra, le sue visite al campo si erano fatte sempre più rare. Frequentava il campo da Quidditch solo per le sessioni di allenamento private con il professor Lennox, l'unico che ancora lo sosteneva. Per il resto, non sapeva se sarebbe mai tornato a giocare con la squadra. Del resto, gli erano sempre stati tutti sul cazzo, tranne suo fratello e forse la Riis; anche se dopo il loro battibecco a lezione non era più così sicuro neanche di lei. Non si erano capiti. O forse era lui che non si era fatto capire, come suo solito, comportandosi da stronzo. In fondo, non gli era mai importato granché piacere agli altri. Nella vita aveva ben altre priorità, ma se voleva imparare a controllare la rabbia e tenere testa a quel bastardo, doveva anche imparare a non farsi influenzare dalle provocazioni e a non innervosirsi per ogni minima sciocchezza. E chissà, forse fu proprio per questo motivo che David, con fare sprezzante e indifferente, si accese una sigaretta e si diresse verso Freya, che era appena uscita da una delle porte del campo. O forse il vero motivo era un altro. «Riis.» La salutò con un cenno del capo. «Lennox è già andato via?» Per essere lui, non era un pessimo inizio di conversazione, diciamo. Almeno non era stato offensivo come al solito appena apriva bocca.

    david aron harrisposta timeline



    Edited by David_ - 28/4/2024, 03:39
     
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    Freya Estrid Riis | V | Serpeverde


    “A dopo” e come al solito non era una domanda, nemmeno un invito. Un ordine quello dato dal bulgaro che le fece scattare un sopracciglio verso l'alto, accompagnato da un ghigno divertito da quell'atteggiamento perentorio così tipico di lui. Sembrava che il moro ci avesse preso gusto ad indicarle cosa dovesse o non dovesse fare, quasi fosse una sua proprietà, e Freya non aveva ancora deciso come sentirsi a riguardo. La cosa avrebbe potuto farle piacere, quasi fosse una dimostrazione seppur bizzarra del fatto che il Serpeverde avesse un interesse nei suoi confronti e a tenere tutto sotto controllo, o se essere infastidita limitandosi a credere che fosse solo il modo di lui di gestire tutti quanti. Difficile capire dove propendere ma, fintanto che quegli ordini coincidevano con i suoi interessi, non era intenzionata ad opporsi. Poteva fargli credere di avere il pieno e totale controllo ancora per un po'. Ma la verità era un'altra: per quanto potesse sembrare fastidioso farsi comandare a bacchetta da un armadio est-europeo dalla voce bassa e roca in grado di stimolare corde dentro di lei capaci di farla vibrare, non si era mai sentita una marionetta tra le sue mani. Non le era mai sembrato il tipo di persona incapace di accettare un “no” se mai si fosse trovata in disaccordo con lui, non aveva mai percepito il suo tono come assoluto, non si era mai sentita come se le fosse stata privata una scelta. Lui, con quel suo modo di preoccuparsi per lei quando si erano sentiti in pericolo, o con la sua capacità silenziosa di tenderle una mano quando in difficoltà mostrandole gentilezza, o ancora di mantenere un segreto che era anche suo, era stato in grado di costruire qualcosa che in pochi erano riusciti a fare. Fiducia. Freya si fidava di Axel. Lui non le avrebbe fatto del male, non volontariamente per lo meno, e lei non aveva avuto motivo di ribellarsi. Sola nello spogliatoio, lasciò che l'acqua lavasse via i segni della fatica di quell'allenamento faticoso insieme agli strascichi che la recente Luna piena aveva lasciato. Immobile, mentre il getto di acqua calda le alleviava la tensione lungo la schiena, chiuse gli occhi ripercorrendo le fasi dell'esercitazione di quel pomeriggio. Un casino, erano ancora un casino. La squadra non si era ancora ripresa al meglio dal campionato precedente, reduce di diversi abbandoni e obbligata a trovare sostituti che fossero in grado di tenere testa alle altre squadre. Sorrise, non tutti i mali venivano per nuocere. Con tutti i cambiamenti degli ultimi periodi, aveva potuto cambiare il suo ruolo, trovandolo molto più adatto a quella che era la sua indole e, grazie anche allo stesso Dragonov che si era offerto di darle qualche dritta sul ruolo che prima ricopriva lui, aveva anche avuto l'occasione di giocare al massimo delle sue capacità. Nessun muscolo era stato trattenuto, aveva potuto dare sfogo alla forza che, con un'altra figura in porta, non avrebbe altrimenti potuto lasciare andare. Piacevole e liberatorio, una sensazione che nessun altro avrebbe potuto darle. Tuttavia non usava questa premura solo con lei, il modo in cui Axel si prodigava per la squadra, come li spronava, le indicazioni che dava, nessuno avrebbe potuto occupare il ruolo di Capitano meglio di lui e, Freya ne era convinta, Michael avrebbe concordato. Tornata in Sala Comune ne avrebbero potuto parlare. Con un colpo di bacchetta si asciugò i capelli che le ricaddero morbidi e ondulati sulla schiena, infilò distrattamente la divisa e in pochi minuti fu pronta per abbandonare lo stadio per dirigersi al castello, non prima di aver gettato un ultimo sguardo al campo dove il Capitano-to-be stava ancora parlando con Seth. Non si sarebbe mai abituata a quell'immagine, passato e presente che si mischiavano creando in lei una strana sensazione che non riusciva bene ad identificare. Il bulgaro non sarebbe mai venuto a conoscenza di quello che era successo tra Freya e il professore di Volo, così come non avrebbe dovuto sapere quali sentimenti li legassero ancora eppure, in un angolino egoista del proprio essere, avrebbe voluto che ne venisse a conoscenza, anche solo per scoprire se il ragazzo avrebbe provato lo stesso fastidio che coglieva lei ogni volta che lo sapeva tra le braccia di qualche altra ragazza. Un fastidio che, la verde-argento lo sapeva bene, non aveva alcun diritto di provare. Come sapeva che non avrebbe potuto fingere ancora per molto. Voltò le spalle a quella bizzarra scena, lasciando che un sospiro le sfuggisse dalle labbra carnose e, finalmente, si avviò alla ricerca di quel meritato riposo che era convinta di meritarsi. Ma, quel giorno, gli dei, i suoi antenati, maghi famosi o chi per loro, dovevano aver deciso di divertirsi alle sue spalle, lasciando che imprecasse i loro nomi nella sua mente quando una voce ormai nota la chiamò facendola voltare.
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    Harris, il gorilla che era stato in grado di farle venire voglia di cimentarsi nella sua prima rissa. Ci voleva coraggio per salutarla come nulla fosse visto il modo in cui l'aveva trattata. Coraggio o stupidità. Si voltò verso il moro inarcando le sopracciglia, soppesando la sua figura dall'alto in basso come se si fosse trovata davanti a chissà quale orrenda creature e tacque per diversi attimi, senza ricambiare quello strambo saluto, se così si poteva chiamare. Umiliata. Le aveva dato dell'incapace davanti al resto della classe, ergendosi a 'sto gran cazzo quando era stato il giocatore ad aver ottenuto i risultati peggiori di tutti. Ci voleva una gran faccia da culo che, ormai era chiaro, al più grande dei fratelli Harris non mancasse di certo. Ma non era stato solo quello. Quasi ci trovasse gusto a scavarsi la fossa con le sue stesse mani, aveva umiliato la sua stessa ragazza – oramai ex a giudicare dalle voci di corridoio, finalmente la Wheeler aveva ritrovato la ragione e aveva mollato la bestia che aveva al suo fianco -, l'aveva squadrata come un pezzo di carne e, come se quella percezione che l'aveva fatta sentire sporca non fosse stata sufficiente, si aggiungeva la consapevolezza che era stato fatto solo per cercare di toccare un nervo scoperto di Axel immaginando un legame tra i due che nemmeno la stessa Freya sapeva se ci fosse davvero. Era passata da onta per la squadra, ad oggetto sessuale per arrivare all'essere il semplice mezzo per arrivare al suo fine e, nonostante questo, ora la guardava come nulla fosse. Probabile che nemmeno si rendesse conto di niente, non sembrava il tipo di persona in grado di capire un concetto basilare come causa-conseguenza e, era probabile, non fosse nemmeno in grado di porre rimedio alla merda che spargeva in giro come un'onda d'urto respingente che usciva da lui. Aveva promesso a Mike che ci avrebbe provato, che avrebbe tentato di trovare un punto di incontro con quel suo discutibile fratello, ma dopo quel giorno ci aveva messo una pietra sopra
    -Sta parlando con Axel- confermò senza nascondere l'astio che traspariva dai suoi occhi smeraldini -Parlano di come riorganizzare la squadra dopo che certe fighette hanno deciso di abbandonare perché non avevano le palle di prendersi le proprie responsabilità- un ghigno maligno le incurvò le labbra, nonostante non fosse sicura che il riferimento alla sua persona potesse venir colto, non aveva questa gran considerazione della sua intelligenza o lui stesso si sarebbe comportato diversamente in quei mesi. Riprese il cammino voltandogli le spalle -Vai pure da loro ma, se per l'imbarazzo ti venisse da piangere, sappi che nello spogliatoio ci sono dei fazzoletti- si fermò, voltando il capo per guardarlo da sopra la spalla per regalargli un ultimo sorriso sarcastico -A meno che tu non ne abbia già nella tua borsetta- detto quello si voltò di nuovo, pronta a riprendere il cammino.



    Edited by -RedFlag- - 30/4/2024, 10:43
     
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    david David, da che ne aveva ricordo, aveva basato ogni sua azione sulla rabbia. Era il suo combustibile, il motore che lo spingeva ad andare avanti anche quando la speranza sembrava svanita. A a fargli scoprire questo potere era stato suo padre attraverso umiliazioni, violenze e torture. "Se non vuoi morire, diventa più forte. Odia." Glielo ripeteva ogni volta che lo prendeva a calci. David aveva fatto di questa dura lezione il suo un mantra, un credo che gli permetteva di tenere a bada la disperazione e l'impotenza che spesso lo opprimevano. Che altro avrebbe potuto fare? Implorare pietà? Pregare il suo aguzzino di desistere? Sarebbe stato tutto inutile. Dean lo avrebbe ugualmente lasciato alla mercé degli altri membri del branco per per affinare i suoi sensi e i suoi poteri soprannaturali, eredità della maledizione che gravava sulla sua famiglia. Il suo destino era segnato: uccidere il capofamiglia o essere ucciso a sua volta. E poi anche la bestia dentro di lui si nutriva di quella rabbia, traendone forza vitale. Era prigioniero di un circolo vizioso: la rabbia alimentava la bestia, la bestia alimentava la rabbia. La sua ferocia incuteva timore in molti, alcuni lo detestavano, altri lo compativano, mentre pochi cercavano di comprenderlo. Micheal, accomunato da un destino simile, lo osservava con disapprovazione, esortandolo a riflettere e ragionare. Ma David era insensibile alle sue parole, convinto che la strada che aveva deciso di intrapendere fosse quella giusta. Che cazzo se ne faceva dei consigli di uno che non aveva vissuto neanche un decimo delle sue sofferenze e che non avrebbe mai potuto capire il suo bisogno di vendetta? Per lui, c'era altro nella vita. C'era la possibilità di andare avanti, di costruire un futuro migliore, di amare. L'amore, quel grande mistero della vita, un sentimento che David considerava stupido e inutile. Non ne aveva mai conosciuto il calore, neanche un assaggio in tutta la sua esistenza. E forse proprio per questo era diventato un assassino senza scrupoli, un uomo incapace di provare empatia o compassione. Tuttavia, le cose erano cambiate quando aveva incontrato Halley. Lei era riuscita a penetrare la sua corazza di rabbia e odio, a fargli provare qualcosa di nuovo e inaspettato. Per un breve periodo, David aveva creduto di poter finalmente assaporare la felicità, di poter finalmente mettere a tacere la bestia quando era con lei. Ma le cose, come spesso accade, non erano andate come previsto. La loro storia era naufragata miseramente, lasciando David ancora più solo e incattivito. Perché c'era sempre la rabbia. La rabbia che lo divorava dentro, che lo spingeva ad annientare tutto ciò che di buono provava, che gli impediva di amare correttamente. E dalla quale, in qualche modo, si doveva liberare altrimenti non sarebbe mai riuscito a tenere testa a suo padre e nemmeno a... niente. Per questo motivo, negli ultimi mesi, stava facendo del suo meglio per sviluppare un maggiore autocontrollo. Evitava di proposito le situazioni che in passato avrebbero innescato la sua furia, come le risse a scuola o il campo di Quidditch dove si allenava la sua ex squadra. La sconfitta subita l'anno precedente e gli scontri verbali con alcuni membri della squadra durante una lezione avevano alimentato la sua delusione e il suo rancore. L'orgoglio ferito lo spingeva a rifiutare l'idea di giocare ancora con loro, soprattutto dopo una prestazione così deludente. Era non solo un mannaro, ma anche il vicecapitano...come aveva potuto fare così schifo? Non aveva alcun cazzo di senso! Era diventato una barzelletta. Anche questo alimentava la sua rabbia, ma gli allenamenti individuali con Lennox lo stavano aiutando a migliorare come giocatore e a sfogare la sua frustrazione in modo diverso. Non a caso, era proprio per incontrarlo che si trovava fuori dal campo da Quidditch. Vedendo la Riis uscire, aveva ipotizzato che gli allenamenti fossero terminati ma non sapeva se il loro caro professore fosse già andato via. Così lo chiese a lei. Annuì alle sue parole senza replicare, alzando però un sopracciglio quando la serpeverde divenne più acida di uno yogurt scaduto. «Sarà, ma tanto ormai non sono più affari miei.» Inspirò a fondo dalla sigaretta, lasciando che il fumo denso riempisse i suoi polmoni. Poi, con un gesto deciso, espulse il fumo in una nuvola grigiastra che si disperse nell'aria. La cenere incandescente cadde a terra, spegnendosi lentamente sull'erba. «Ho lasciato tutti gli onori al tuo ragazzo, non sei felice per lui?» Pronunciò quelle parole con una calma che sorprese persino lui. Un tempo, di fronte a simili provocazioni, avrebbe già stretto i pugni e serrato la mascella, pronto a esplodere. Ma ora, pur provando fastidio, riuscì a mantenere il controllo. «Mi fai tipo da piangere per così poco?Mi offendi. » Scosse la testa con la sigaretta ancora accesa tra le labbra e si passò una mano tra i capelli spettinati. Con la coda dell'occhio, notò la Riis che si allontanava a passo spedito. Se il suo unico scopo fosse stato quello di sapere di Lennox, non l'avrebbe di certo fermata. Ma c'era qualcos'altro di cui voleva accertarsi. «Come pensi che stia la Wheeler?» Indossando il braccialetto donatogli da Halley, a volte avvertiva una strana sensazione, un presentimento indefinibile. Era tutto frutto della sua immaginazione o Halley era realmente in pericolo, minacciata da quel bastardo di Dean? La rabbia per la loro rottura, per il gesto del sua ex ragazza e per quel Willy che le girava intorno scondizolando la coda non si era placata, ma una cosa era certa: l'avrebbe sempe e comunque protetta da tutto e da tutti. Qualche secondo dopo si chiese se avesse fatto la scelta giusta a fare quella domanda proprio alla Riis. Era però convinto di sì, considerando che la ragazzina che si faceva suo fratello gli stava sul cazzo, così come quella figa di legno della Andersen. Fra tutte, Freya era appunto la più sopportabile, diciamo così.

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