San Vale Who? 2Festa aperta a TUTTI (multiverso incluso!)

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    Non era il massimo.
    Non era il massimo aver dovuto attraversare mezza Europa il giorno prima; prendere una nave, svariate passaporte, usare la metropolvere ed infine una dannatissima carrozza per giungere in Inghilterra quel pomeriggio (e Merlino solo poteva sapere quanto odiasse volare!) Per non parlare della sensazione torci-budella che provava ogni qual volta che gettava quella maledettissima polvere volante in un camino.
    Insomma... quel viaggetto era stata una vera e propria epopea di nausee e malumori, ma se c'era una cosa che Theodore non avrebbe mai rinunciato - nemmeno sul suo letto di morte - era una festa. E poi, quale modo migliore per farsi conoscere da quelli che sarebbero stati i suoi nuovi compagni di semestre, se non buttarsi nella mischia.
    Al solito, aveva passato tutto il pomeriggio a profumarsi, imbellettarsi ed assumere tutto ciò che aveva portato con sé così da farsi passare la nausea, ed al solito, era giunto fino alle porte del locale carico di buone intenzioni: "Stasera non bevo", "Stasera faccio il bravo", "Stasera faccio quel tanto che basta per farmi qualche amico e poi torno a casa presto, così da iniziare qui ad Hogwarts fresco come una rosa"
    Se... come no.
    Cinque minuti dopo essere entrato nel vivo della serata si era già diretto al bancone dei drink con l'intento di prenderne "solo uno"; e no... non si trattava di indolenza, quanto piuttosto di debolezza... viziosità. Theodore semplicemente non sapeva dire di no a tutte quelle situazioni che forse, in qualche modo, sarebbero fiorite in occasioni: occasioni di divertimento, di fare esperienze nuove, di conoscere nuova gente, nuove amicizie, nuovi amori.
    Per quello si cacciava sempre nei guai: non era un bad boy, non era uno spietato ragazzino senza cuore o un futuro mago oscuro. Era impulsivo... aveva scritto d'impulso sulla bacheca della Sala Grande di Beauxbatons il suo nome per lo scambio culturale; anche se non aveva un galeone da parte, la sua relazione con Jiji era fragile come la sua determinazione nel portare a termine le sue buone intenzioni, era ad un passo dall'ottenere il titolo di "Miglior sorriso smagliante" sul settimanale studentesco e dal farsi sospendere per cattiva condotta, dopo aver ripetutamente cercato di flirtare con la professoressa ottantenne di pozioni per ottenere almeno un accettabile.
    A conti fatti, ripensandoci bene, il fatto che fosse stato selezionato per il semestre ad Hogwarts poteva essere stato un modo per liberarsi di lui.
    ...
    Comunque questo non lo esulava dal fatto che avesse rinunciato a quello che sarebbe sicuramente stato il "suo anno" solo per un colpo di testa dovuto alla noia, un po' di nausea post metropolvere non lo avrebbe di certo fermato, soprattutto dopo aver visto la barista.
    Si avvicinò al bancone perché voleva da bere, attaccò bottone solo ed unicamente perché la barista dagli occhi color ghiaccio era decisame la ragazza più bella che avesse mai visto, almeno... da quando aveva messo piede in Inghilterra venti ore prima.
    Mon dieu... è sempre così qui?
    E con "è sempre così" si riferiva a quel tipo che aveva visto su quella trappola infernale a forma di Thunderbird, shakerato a destra e a manca per poi essere fulminato per il gran finale.
    Non era abituato a quel genere di cose... a Beauxbatons erano lascivi, insolenti, a tratti meschini e tendenziosi. Facevano feste anche loro, ma erano per lo più all'insegna di coltellate alle spalle, liquori invecchiati, stupide chiacchiere sulla politica e leziosità che le signorine per bene si concedevano per poi pentirsene le settimane successive (Theodore era una di quelle signorine, ma ormai era assuefatto al pentimento e la vergogna).
    Si sedette, reggendosi con le mani il visetto incorniciato dai boccoli color oro. La ragazza doveva essere più grande, quel tanto che bastava per essersi già diplomata da qualche annetto; non che le importasse... ma preferì comunque non fare menzione della sua nuova avventura tra i banchi di una nuova scuola.
    Ad ogni modo io sono Theodore... e se vuoi scappare da dietro al bancone, sbatti due volte le palpebre e creo un diversivo.


    Holaaa!
    Theodore si siede al bancone e parla con Calliope ma prima di questo, potrebbe essere stato vittima dell'ingresso trionfale di Mackenzie (l'ho lasciato sul vago, quindi lascio decidere a te) e menziona Dragonov sul Thunderbird
     
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    Alexis Pierce

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    Immortalare il momento. Era stata quella la ragione che mi aveva spinta ad accettare la proposta di Khyntia di entrare nella cabina fotografica. Si, insomma, quella e il fatto che mi ci avesse praticamente trascinata all'interno senza chiedere alcun permesso. Che male può mai farci, una foto? avevo pensato, prima di afferrare il polso della Corvonero coinvolgendola in quella - almeno al principio - innocentissima proposta della Llyod. In fondo, uno dei miei più grandi rimpianti era proprio quello di non avere nessuna foto del mio passato e delle persone che avevano fatto parte della mia vita di prima: Soana, Thomas, Newt, Ellen, persino Lilith... di loro non rimanevano che ricordi sbiaditi che portavo nel cuore, ma che forse sarei riuscita a fermare in una fotografia se solo qualcuno mi avesse invitato a farlo. Così, un po' incitata dalla mia compagna di dormitorio e un po' eccitata - a causa dello strano drink che mi era stato servito - per via della presenza della ragazza che avevo appreso chiamarsi Kenzie, avevo implicitamente accettato di farmi coinvolgere in quella pazzia. Era quello che le persone normali facevano durante le feste, no?
    Fatta irruzione nello strettissimo abitacolo dove, almeno in teoria, avremmo dovuto scattarci qualche stupida foto però, fu chiaro a tutte e tre che eravamo state ingannate. O almeno fu quella la sensazione che provai quando, fallendo nel tentativo di uscire da quella stupida cabina, notammo che ci aveva sigillate al suo interno lasciandoci strette come delle sardine. Non che fossi dispiaciuta, in un primo momento, anzi. L'obiettivo della mia serata, lì al Wonderland - come avevo dichiarato persino alle mie compagne di stanza, prima di uscire - era quello di liberare la mente da tutto quello che l'aveva occupata in quell'ultimo periodo e svagarmi completamente, per cui ritrovarmi una bella ragazza seduta sulle ginocchia era qualcosa che andava ben oltre le mie aspettative riguardanti il come si sarebbe svolta la serata. Il problema nacque dopo, dopo che scoprimmo quale fosse il reale funzionamento di quella cabina.
    «Alexis questa sera con te, un tuo sguardo, una tua sola parola, mi dice più di tutta la saggezza di questo mondo.» confessò la Corvonero con una certa profondità sia nell'espressione che nel tono con cui pronunciò quelle parole. Eh? Per qualche breve istante rimasi interdetta da quella...dichiarazione. Cosa vorrà dire? Con la fronte aggrottata, mi domandai come fosse possibile che i figli di Priscilla fossero così criptici. Ma non dovetti riflettere poi tanto, perché Mackenzie rivolse una frase altrettanto stramba ed ermetica pure a Khyntia, motivo per cui scoppiai a ridere. Era ufficiale: quei cocktail erano stati incantati per farci fare figure di merda con chiunque avesse avuto il coraggio di frequentarci dopo averli bevuti. Divertite dagli effetti combinati dei nostri drink, decidemmo di approfittare della situazione per immortalare quel momento in qualche scatto buffo. E così facemmo, finché non ci rendemmo conto che il nome dell'attrazione in cui ci eravamo infilate, "Sette minuti in paradiso", non era un semplice nome, ma...«Per uscire penso che dobbiamo...baciarci.» annunciò la Rosier, mentre scuotevo incredula il capo. «Cosa? No, non può essere. No?» provai, cercando lo sguardo di Khyntia, improvvisamente imbarazzata all'idea di dover scegliere. Ma prima che potessero sorgermi altri quesiti, o che la Llyod potesse ribattere in qualsivoglia modo, la mora spiazzò tutte e due e ci baciò. Fu un bacio dolce e - nonostante tutto - meno casto di quanto avrei immaginato nel nano secondo che lo precedette. Ne fui così conquistata che mantenni gli occhi chiusi persino negli istanti immediatamente successivi, durante i quali la Corvonero concesse lo stesso trattamento alla mia compagna di stanza. Momento che durò giusto qualche secondo in più del precedente e che fu interrotto dall'inaspettata irruzione di...Carrie. «NON CI CREDERAI MA….. eccomi…qua...» la voce della Marshall frenò di colpo, come se fosse andata dritta contro un palo. Le due si staccarono improvvisamente ed io, che non ero poi tanto sicura di star guardando una persona in carne ed ossa, scattai a fissarla, come fossi stata colta in flagranza di reato. «Io… scusatemi, c-continuate pure» esclamò la Marshall, allontanadosi di scatto come colpita da un Depulso. «Cazzo. Scusatemi.» borbottai, facendo scendere immediatamente la mora dalle mie gambe per liberarmi dalla trappola mortale di quello spazio angusto e raggiungere - o almeno provarci - Carrie. Fortunatamente la intravidi malgrado la folla e riuscii ad arrivarla alle spalle. Mi guardai intorno, improvvisamente sobria e, dopo essermi schiarita la voce, feci per dire qualcosa. «Carrie?» la chiamai incerta, sentendomi inspiegabilmente in difetto. Stretta nelle spalle, attesi pazientemente che l'altra mi rivolgesse finalmente la parola.
    - Interagito con Khyntia, Mackenzie e infine con Carrie.
     
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    Grifondoro
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    Il tempismo di David era stato pessimo. L’agitazione della Grifondoro salì alle stelle e, per un istante, Halley, ebbe il timore che mandasse tutto a puttane e si lasciasse sfuggire quell’occasione d’oro. No. Non l’avrebbe permesso. Incassò lo schiaffò, uscendo allo scoperto con l’amica che, oramai, aveva intuito il grado di intimità tra i due ragazzi. Non aveva alcuna intenzione di farglielo sapere in quel modo brutale, così, all’improvviso, senza neanche avere modo di spiegarle la situazione ma, oramai, il danno era stato compiuto e, sicuramente, di lì a poco avrebbe dovuto inventarsi una scusa più che valida per non averle detto prima della sua pseudo relazione tossica con Harris. Accidenti. Allo stesso tempo il tocco del giovane, risvegliò il desiderio provato nella notte di capodanno quando, i due, avevano avuto il piacere di passare la notte insieme. Le sfuggì un sorriso il quale, però, non passò inosservato. Non lo rimproverò. Non aveva motivo per farlo. Una mano sulla natica non era nulla in confronto al resto, perché mai avrebbe dovuto scandalizzarsi per così poco. Altro discorso andava fatto per riguardo la poca sincerità nei riguardi della Johnson. L’aveva apostrofata per la sua scelta di presenziare al ballo in compagnia di Michael, predicando bene ma razzolando male.
    Dimenticata? E come poteva? Certo, la cosa sarebbe potuta rimanere tra loro, senza problemi ma le manie di protagonismo del giovane battitore di Serpeverde, presero il sopravvento, tirandola appresso in quel vortice fatto di pettegolezzi che ne sarebbero derivati. Si guardò intorno e, dopo essersi assicurata che nessuno avesse avuto modo di recepire quelle parole, lo guardò storto. “Chiudi quella bocca. So bene quello che ho fatto. E quello che rifarei!” Ahhh. Quella dannata abitudine di dire la verità in ogni situazione. Di lì a poco ci avrebbe pensato lei, senza dubbio ma, nel frattempo, fare uno sforzo non sarebbe costato molto. Per rincarare la dose, si menzionò anche Mike che, fortunatamente, sembrava aver preso la saggia decisione di non mettere piede in quel locale, rimanendo nel suo e fuori dalla portata di Mars e dal piano che lo vedeva protagonista. Dissentì con il capo quando, finalmente l’amica si lanciò convinta verso il palco. “Ogni volta che apri bocca, mi fai incazzare.” Quell’atteggiamento volto a mettere in difficoltà le persone, con lei, non sortiva alcun effetto. Non si spostò di un millimetro da lui. In fondo, prima o poi, l’intera scuola avrebbe saputo di quella cosa ma, ad Halley, non fregava un cazzo. Se avessero parlato poco male. Nel bene o nel male, l’importante e che se ne parli, no? Quella finta innocenza che si stampò sulla sua consueta faccia da schiaffi la stremò. Se solo fossero stati soli, in qualche remoto luogo dimenticato da chissà quale divinità, sarebbero finiti a replicare i loro incontri precedenti ma, essendo in pubblico, Halley si ricompose, reprimendo l’istinto primordiale che si sprigionava in sua presenza. Dopo mesi, ancora, non aveva ben chiaro quale procedimento chimico, innescasse quella reazione ma, in fin dei conti, farsi troppe domande avrebbe offuscato il desiderio che meritava di vagare libero in lei.
    “Non fare quella faccia. Non sono tutti come noi.” Tagliò corto prima di imbattersi in un’altra uscita sentenziosa. “Qualcuno crede nell’amore.” E con il cinismo ai massimi livelli, si mise a braccia conserte, godendosi il momento di gloria della sua piccolina. L’avrebbe sostenuta fino alla fine, qualsiasi fosse stata la sua scelta futura –con una sola riserva che tutti sapevano-.
    “Non ne ho idea. Forse un giorno diventerai un insulso damerino, uccidendo ogni mio ormone. Sono stata brava a farti avere un assaggio di come potrebbe essere la tua vita, in quel caso. Ricordi, tesoro?” Lo stava sfidando. Aveva perso il conto delle volta che era riuscita a farlo incazzare per così poco. Ops.
    Poche chiacchiere. L’alcol attendeva. Ordinò il suo e poi… “Effettivamente non fa una piega. Stavo solo cercando un aggettivo che non ci facesse sembrare pervertiti. Grazie, Principe.” Che idiota. Sbuffò e gli fece il dito medio. L’esagerazione in persona eppure quel tratto esasperato di David l’attraeva più del dovuto, facendola cedere ogni fottuta volta.
    La domanda su Mike non ebbe le risposte che avrebbe voluto ma sapeva anche che David, per qualche motivo, non si sarebbe lasciato andare a quel tipo di confidenze, soprattutto riguardanti Mike. “Il mio obiettivo è tenerlo alla larga da lei. Puoi starne certo!” Non credeva che fosse il tipo adatto a Grace. Bevve il suo drink, sorso dopo sorso. Ad occhi chiusi e, alla fine li riaprì trovandosi faccia a faccia con lui che, in pochi istanti, le prese il viso tra le mani e iniziò a baciarla con foga, spiazzandola un attimo. Le morse il labbro, accedendo quella cazzo di miccia. Stronzo. “Ora penseranno tutti che non sono più sul mercato, idiota!” Era una provocazione bella e buona con un fondo di verità.
    Bevve ancora e quando ebbe appoggiato il bicchiere, Halley, sentì una morsa allo stomaco. L’alcol entrava in circolo ma, allo stesso tempo, una sensazione assurda si impossessò del suo corpo. Si alzò e afferrò David per il bavero e lo attirò a sé, senza troppi complimenti, cancellando dalla mente l’affermazione che la vedeva preoccupata di cosa avrebbero pensato i ragazzi del suo status sentimentale. “Facendo due calcoli, ultimamente, è la sottoscritta a prendere l’iniziativa. Che aspetti?” Avrebbe fatto tutto ciò che rientrava nei suoi desideri più reconditi. Porca troia.


    Intereagito con David con il quale si trova faccia a faccia una volta bevuto il drink. OPPPPESE.
     
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    Grifondoro
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    “Esatto! Precisamente! Una foto per immortalare la nostra gnoccagine! ” la reazione di Alexis è ovvia: stupore, incredulità, confusione. Che alla fine sono le stesse sensazioni che provo se mi esterno dal mio corpo e mi guardo dall'esterno. Cioè, una foto, ma che cazzo? Quando mai ho avuto la voglia o peggio, la necessità, di fare questo genere di cose! MAI! Eppure adesso è una specie di bisogno primario, essenziale, se non lo faccio muoio “...maledetti drink modificati” è la vaga risposta che le do mentre continuo a trascinarla dall'altra parte della pista, con al seguito la corvonero. Massì, un'allegra comitiva creata da me medesima ed il mio improvviso è ingiustificato entusiasmo.
    Niente convenevoli, niente esitazione: le due finiscono sullo sgabello della cabina, una sopra all'altra perché il poco spazio non consente di stare comode. Io invece mi ritrovo schiacciata contro una... porta? Proprio alle mie spalle “oh, non ci avevo fatto caso” attimo di perplessità, effettivamente mi era sembrato ci fosse solo una tenda “vabbè” sticazzi insomma “oh sì, ecco il tasto” confermo alle ragazze anche con un certa fretta. Alexis però sembra esitare trovando qualcosa di più interessante su cui concentrarsi: gli occhi di Mackenzie. Che cazzo? “...che cazzo?” così, a caso, prende a fare la corte alla ragazza coinvolgendo in un certo senso me è il mio punto di vista “stupendi” annuisco con ampi movimenti della testa “incredibili” bisogna sempre assecondare i pazzi, ed è proprio ciò che faccio per tagliarla corta. Ma non sembra bastare perché dopo Alexis, come in una magica reazione a catena, anche l'altra parte ad intessere lodi alquanto imbarazzanti. Lei si impegna davvero un botto, le escono delle frasi che farebbero fruttare moltissimi soldi sonanti a chi produce cartoline per San Valentino “...inquietante” da brivido. Davvero da brivido. Sentendo le cose che escono di bocca a queste due, mi ritengo fortunata che il mio shot avesse come effetto solo quello di farmi venire gran voglia di farmi una foto. Va bene, passiamo a scattare fibalmente la tanto agoniata foto. Mi metto in posa mandando a fanculo l'obbiettivo davanti a noi ed un attimo dopo, la luce di un flash scoppiettante illumina per una frazione di secondo l'intera cabina e di conseguenza, i nostri volti. Finalmente la pace, la pace interiore: quella fretta, quella frenesia folla sparisce come se in primo luogo non fosse mai esistita. Tiro un sospiro di sollievo e con il volto alleggerito e rilassato, mi volto in direzione di Alexis poggiandole una mano sulla spalla “sì, possiamo andare” annuncio con soddisfazione “...scusatemi tantissimo. Non berrò più per stasera. E nemmeno voi, almeno non vicino a me” non voglio più sentirle dire cavolate come quelle di poco fa. Mi giro quindi alla ricerca della porta/tenda/qualunque cosa fosse in contemporanea con l'osservazione puntuale di Mackenzie: esatto, dove sta la porta? Poi non mi ero nemmeno accorta che fosse scomparsa. Continuo a tastare la parete come se fossi alla ricerca di qualcosa, una fessura, un segno, va bene tutto. Niente, è solo una parete perfettamente liscia. Sto tirando fuori la bacchetta dalla borsa, magari riesco a farci qualcosa. Ma mi fermo, mi impietrisco in realtà, quando sento la conclusione a cui giunge Mackenzie “che?!” quello shot era decisamente troppo forte, deve esserle andato di traverso “aspettate, aspettate, come fai ad esserne cos-” io volevo un attimo riflettere sulla cosa, considerare le alternative e POI agire. Invece no, la situazione si sta trasformando e sta diventando strana... strana e imbarazzante. Sono sicuramente le sensazioni predominanti, quelle che non mi permettono di avere un tempo di reazione più veloce quando la mano della mora si va a posare sulla mia coscia. Sto assistendo a distanza molto ravvicinata ad un bacio tra le mie compagne e io vorrei sparire, dileguarmi, liquefarmi perchè sono evidentemente nel posto sbagliato. Il problema è che non ho ancora visto niente, la sopresa vera arriva dopo: Mackenzie si sporge verso di me, allunga la sua mano e anche qua non riesco a reagire in tempo per evitare che lei effettivamente mi baci. Cosa stracazzo sta succedendo? Sbatto più volte le palpebre spuntando mentalmente una nuova esperienza di vita, ossia baciare una ragazza. Non che quel contatto mi abbia fatto schifo, noto anche un certo impegno da parte sua, però insomma... cosa? Che succede? Mi faccio indietro, mi ritiro dal bacio e dalla presa della ragazza “...direi anche basta, usciamo da qui eh” e come se non bastasse, improvvisamente, la porta che adesso è tornata una tenda si spalanca costringendomi a girarmi e a stringere gli occhi per via delle luci del locale che violentemente mi colpiscono dritto in faccia. Lato positivo: il bacio ha funzionato, siamo libere. Non entrerò mai più in questa maledetta trappola. Lato negativo: Carrie. È lei ad aver fatto irruzione spalancando la tenda “Carrie... sei venuta” capitan ovvio. Non c'è altro che possa aggiungere, anche perché Alexis fa presto a precipitare fuori dalla cabina, di corsa dietro alla nostra coinquilina. Spero che le dia una spiegazione degna, così che la grifondoro possa cancellare ogni film mentale sul nascere. Se così non dovesse essere, mi occuperò personalmente di spiegarle la dinamica dei fatti. O almeno, ci proverei.
    Consapevole del fatto che non ci sia niente da continuare, fisso confusamente Mackenzie prima di decidere effettivamente di uscire da quella specie di ripostiglio. Mi sento decisamente strana, come se fossi stata solo spettatrice di questi strani eventi e non parte attiva. Mi schiarisco la voce e mi sistemo la gonna appena respiro un po' di più fuori dalla cabina. E dunque... dunque siamo rimaste noi. Noi ed un denso strato di disagio perfettamente percepibile, almeno da me.
    “Che dire...” inizio spezzando il silenzio e spostandomi altrove nel mentre “...è stato un modo singolare di fare conoscenza” o magari per lei no, che ne so, ma effettivamente per me si “alcuni si baciano sulla guancia, e altri....” ironizzo, dai, si fa per scherzare “proporrei di lasciarci l'evento alle spalle così da-” il rombo violento di un fulmine mi interrompe costringendomi a voltarmi nella direzione del suono. Un thunderbird e Dragonov che viene colpito in pieno dal suo attacco. Non posso fare a meno di ripensare all'ultimo delizioso incontro ravvicinato che abbiamo avuto e quindi, non posso fare altro che chiamare questo evento karma. Che soffra un po', male non gli fa. Ha superato il limite.“dicevo... proporrei di lasciarci la cosa alle spalle così da evitarci imbarazzi futuri” allungo una mano che se vorrà potrà stringere per sancire simbolicamente il nostro patto “che ne pensi?”




    Interagito nella cabina con Alexis e Mackenzie.
    Diciamo che ha circa, tipo, ricambiato il bacio...? Si è fatta baciare, mettiamola così.
    Interagito con Carrie ancora sotto schock per quanto successo dentro la cabina delle foto.
    Esce dalla cabina e interagisce con Mackenzie. Citato Axel.
     
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    Carrie Marshall

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    Perché il mondo stava girando, tutto all’improvviso? Vedevo la gente in diagonale, cazzo, e non avevo ancora bevuto un bel niente. Le luci mi confondevano, sembravano triplicate. Okay, okay, dovevo decisamente trovare un posto dove sedermi.
    Dopo un breve momento di pausa, nel quale cercai di riprendere fiato, corsi rapidamente, verso la poltroncina più vicina, proprio quella a forma di culo… o forse doveva essere un cuore? Chissenefrega, tanto al momento non distinguo un bel niente!
    Ci piombo con la pesantezza di un sacco di patate ricolmo, e mi tolgo persino i tacchi, lanciandoli da qualche parte a caso, perché dopo tutta quella camminata avevo i piedi (per nulla abituati) già doloranti, e stava schizzando come un termometro la mia voglia di suicidio. Meglio evitare.
    Dovevo fare mente locale. Cos’è che era appena successo? Non ci capivo un cazzo. Probabilmente non lo avrei mai capito. L’unica cosa che sembravo comprendere era che… Alexis era decisamente facile ai baci. E non solo lei, a quanto pare. Forse era un modo moderno di dimostrare la propria amicizia…? O i baci, in generale, non avevano più quel significato profondo che avevo sempre creduto avessero…? Che altra spiegazione si poteva dare?
    Ciò che più mi feriva, di tutta quella storia, era che ora realizzavo che il bacio di Alexis non avesse significato… nulla di speciale. Assolutamente nulla di speciale. Le mie erano labbra come altre. E forse, dunque, il suo intento non era neppure farmi capire qualcosa: non le piacevo davvero. Forse era brilla, forse era un segno di amicizia, forse era… un semplice errore. Ma qualsiasi fosse stato il motivo, non c’entrava nulla l’amore. Era stata… un’illusione.
    Però c’era un lato positivo: voleva dire che tutte le seghe mentali che mi ero fatta, tutti gli scenari problematici che avevano assediato la mia mente, erano stati inutili. Ora non c’era più motivo di farsi domande… di provare tutto quel disagio che mi ero portata dietro per quasi due mesi. Eravamo ancora amiche. O, comunque, non di più. Potevo stare… serena sul quel frangente? E allora perché una parte di me era piombata nell’abisso della delusione più totale? Perché il mio cuore batteva così forte, facendomi quasi male? Mi accorsi solo in quel momento che mi ero portata la mano sul petto, presa dalle palpitazioni. Dal… dispiacere. Perché era dispiacere, no? Cos’altro se no? Mi dispiaceva che Alexis avesse baciato qualcun altra. Che fosse passata avanti. Che fossi stata solo una tra le tante. Che…
    «Carrie?»
    Mi voltai di scatto, spalancando gli occhi. Ed eccola di nuovo lì, di fronte a me: occhi-di-gatto. Con aria vagamente preoccupata. Ma no… probabilmente si vergognava solo di essere stata colta in un momento così intimo da esterni.
    Agitai subito le mani in aria, scuotendole come a volerla fermare subito in qualsiasi cosa stesse per dire, correndo ai ripari: – Non devi preoccuparti, Alexis, non ti giudico. Non sarei dovuta piombare così dal nulla dentro la cabina, rompendo la vostra privacy. È… una festa, vi state divertendo, no…? – stavo cercando di mettere una toppa al suo imbarazzo, di non darle neanche modo di darle una spiegazione… o forse… forse la volevo? Forse… ne avevo bisogno…?
    Mi morsi il labbro inferiore, ficcando con forza gli incisivi nella carne, soppesando la cosa. Dopo un breve momento di pausa, decisi di domandarglielo: – Voi… tu… c’è qualcosa fra di voi, comunque? Cosa diavolo mi sono persa? – era una domanda legittima, insomma, eravamo coinquiline e sarebbe stato bene d’ora in avanti avere la situazione in chiaro.
    – È… bellissima, Kynthia. E anche… quell’altra ragazza. Non devi… non devi sentirti a disagio, non devi giustificarti. Davvero. – mi rendevo conto di starla guardando, dal basso, con degli occhi da cucciolo bastonato. Ma non potevo farci niente. Speravo non ci facesse troppo caso in mezzo a quel caos di luci…
    – OH, SÌ… ne ho un bisogno maledetto! – afferrai un paio di bicchieri volanti dal vassoio di un tipo di passaggio, che neanche si accorse dello scippo. Buttai la testa all’indietro e trangugiai uno di seguito all'altro qualsiasi cosa ci fosse dentro, strizzando gli occhi, perché erano decisamente… forti, cazzo. Fortissimi. E mi sa che non avrei dovuto assolutamente mischiarli...

    Interagito con Alexis e trangugiato due drink a caso.



    Che drink a rubato – e ingerito – Carrie?: 9
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    • Inviato il
      26/2/2023, 15:23
      Lesbikerrie.
    Che drink ha rubato – e ingerito – Carrie?: 16
    • 1d17
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    • Inviato il
      26/2/2023, 15:23
      Lesbikerrie.
     
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    Marcel Anhalt-Dessau | III | Ravenclaw

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    Cazzo, sì! Bravo ragazzo!” Marcel, sepolto col viso tra le gambe della donna di fronte a lui ridacchiò, prima di tornare al suo duro lavoro, la mano scura e dotata di lunghe unghie rosse e rose della ragazza che si stringeva tra i suoi capelli e lo spingeva più verso di sé. Nascosti in uno dei bagno del locale, quello dello staff per la precisione, il rumore della musica era per loro solo un rimbombare di fondo. Non era la prima volta che Marcel passava del tempo sulle ginocchia, non era neanche la prima volta in quello specifico bagno o con Eveline – Eva per gli amici – una delle bariste in servizio quella sera.
    Calda e voluttuosa, Marcel lascio che raggiungesse l’apice del piacere nella sua bocca disponibile, le mani strette dietro la schiena dal morso dei legacci di pelle, gentile omaggio di Eva stessa.
    Raggiunto il piacere, rimasero ancora per un lungo momento in quella posizione, la testa di Marcel ora quietamente posata sulla gamba della donna, le labbra lucide e sporche di rossetto sbavato che si intonavano perfettamente con la matita nera che gli sfumava gli occhi.
    Vogliamo vederci a fine serata con calma?” propose la donna dopo che si fu rivestita, chinandosi per liberare le mani del ragazzo dalle manette e aiutarlo a rimettersi in piedi.
    Non posso, dobbiamo tornare in quel castello del cazzo.” Rispose il lussemburghese, massaggiandosi i polsi arrossati con ben poca delicatezza e malcelata esperienza. Fece anche per togliersi il collare - una striscia di pelle chiusa da un anello di metallo – ma Eva lo bloccò con un gesto della mano.
    Tienilo, pensalo come una promessa, me lo restituirai la prossima volta.” Gli disse con un sorriso, i canini bianchissimi da vampira che brillavano anche nella luce gialla e ronzante del bagno, prima di sussurrargli all’orecchio un “Ho una nuova croce su cui saresti perfetto” che era tanto una promessa quanto una proposta.
    “Sarà un piacere. Nel frattempo…” la donna sorrise, prima di chinarsi su di lui per un bacio finale, una pillola che passava tra le loro bocche.

    Fuori dal bar, minuti dopo, Marcel si ritrovò ad essere quasi stordito dalla forza della musica, sentendo nascere al contempo dentro di sé un’euforia violenta che era figlia della droga e del sesso in egual misura.
    Il suo corpo, ancora un po’ eccitato e accaldato dall’incontro di poco prima, era stretto in pantaloni di pelle nera che nulla facevano per dissimulare il suo stato, complice anche la vita bassa al punto da lasciar ben più che intravedere le ossa iliache delicatamente sporgenti del suo bacino.
    Stivali stringati di pelle nera e un’imbracatura del medesimo materiale e colore completavano il look, cui ora si era aggiunto anche un collare sempre in pelle nera. Le cicatrici sulla schiena erano insolitamente in bella vista, lasciate praticamente scoperte come il resto del torso muscoloso.
    Le orecchie erano insolitamente adornate da una serie di piercing argentei, particolarmente luminosi sotto le luci del locale. Era un outfit ben più conservatore di quello che avrebbe indossato se fosse andato in uno dei locali che frequentava di solito, ma per quello andava più che bene. Del resto era lì solo perché Eva gli aveva chiesto di passare a trovarla. Non avrebbe avuto, altrimenti, particolare piacere a spendere altro tempo con le solite persone di scuola.
    Era assurdo quanto, talvolta, si sentisse disconnesso dalle persone della sua età. Si sentiva così tanto più vecchio di loro, molto oltre i loro problemi fatti di primi amori e voti scolastici, come un intruso o un adulto che si trovava casualmente ad attraversare una classe di studenti.
    Poteva interagire con loro, toccarli e farsi toccare, ma non era come loro. Era l’intruso in mezzo a una manciata di futuri promessi. Un capolinea o una linea morta, condannata eternamente alla stagnazione.
    Ma un giorno, forse, dalla sua esistenza marcescente sarebbero nati dei fiori e in quei fiori avrebbe conosciuto un’esistenza più degna, sarebbero stati la sua eternità, l’unica dignità mai possibile.
    Fendette la folla con grazia, ignorando gli sguardi che pure poteva chiaramente percepire alla sua schiena ora scoperta, non gli importava cosa avrebbero pensato dei segni che la adornavano, un mix di frustate vecchie e fresche che lo coprivano dalle spalle fino a sparire in parte oltre l’orlo basso dei pantaloni.
    Non sapeva più neppure lui di cosa aveva voglia: forse di bere, più probabilmente di scopare, sicuramente di farsi a pezzi. Sai che novità.
    Nel frattempo si dirigeva però verso il bancone del locale, intenzionato a prendersi forse qualcosa da bere.


    Ha fatto le sue belle cosine - tra cui prendersi una pasticca - e ora se ne va verso il bancone. Addosso, per darvi l'idea, ha una cosa del genere X
     
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    Dietro il bancone avevo un'ampia vista su tutto quello che stava accadendo dentro il locale, riuscendo ad intuire che le persone si stavano divertendo. I drink, poi, aiutavano le povere anime indifese a dare una svolta a quella serata. I cocktail erano stati corretti dalle sapienti mani del proprietario del locale che aveva un certo repulso per la festa dedicata all'amore e lo aveva fatto con l'intento di mettere un pó di pepe nella vita amorosa di queste suddette coppie. Osservavo la stanza incuriosita da quello che avrebbero combinato i ragazzi una volta ingerite le varie bevande, pronta a godermi le varie scene con un sorriso stampato sul viso. C'era chi stava ballando, chi non riusciva a mettere a freno la propria lingua dando voce ai suoi pensieri piú reconditi, chi dedicava canzono d'amore, insomma la serata stava prendendo vita. Alcuni dei vari ospiti li conoscevo perché erano stati i miei compagni di scuola e mi era capitato piú volte di incrociarli tra i corridoi, altri invece mi sembravano nuovi, freschi di assunzione. Con un sorriso malinconico sul volto, riportai alla mente i miei anni di gloria e subito mi vennero in mente Helena, Ashton, Derek e Travis.
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    Eravamo un gruppo molto affiatato che non perdeva mai l'occasione per festeggiare o di creare un pó di scompiglio lá dove le cose erano troppo monotone. I professori ero sicura non sentissero per niente la nostra mancanza, specie dopo l'ultima lezione di pozioni in cui di proposito avevamo riempito l'aula di bolle. La classe era letteralmente fuori controllo, cosí come il professore che ci fece pulire i recinti delle creature magiche fino alla fine della scuola. Ad Hogwarts mi ero divertita come non mai e avrei pagato qualsiasi prezzo, pur di ritornarci anche solo per qualche istante. Persa tra i miei pensieri, non mi resi conto della presensa di un ragazzo che sostava davanti al bancone. Non era un ragazzo qualsiasi, bensí era Harry. L'erba cattiva non muore mai. E giá. Harry era venuto almeno un paio di volte ad importunarmi durante i miei turni al locale. Mi domandavo quando saresti arrivato. Lo provocai leggermente mentre toglievo dal bancone alcuni bicchieri ormai privi del loro contenuto. In arrivo qualcosa di forte, sicuro di riuscire a reggerlo? Guarda che questa volta non saró io ad aiutarti, perció non ci proverei se fossi in te. L'ultima volta era toccato a me soccorrerlo, giungendo poi alla conclusione che era solo un modo per potermi toccare. Questa volta non mi avrebbe fregato perché avevo capito che genere di ragazzo fosse. Callie. Risposi brevemente mentre mi accingevo a recuperare un bicchiere pulito per iniziare a preparare la bevanda da lui richiesta. Normale, per il momento non sta accadendo nulla che io non abbia giá visto. Lavoravo in questo locale da un pó e non era la prima volta che vedevo comportamemti strani in seguito all'aver buttato giú uno dei nostri drink, diciamo che quella era la prassi. Nel frattempo versai nel bicchiere un liquido bianco che si tinse di rosa non appena lo girai con alcune bacche di ribes che avevo precedentemente schiacciato in una ciotolina nera. Preferirei di gran lunga essere tra gli ospiti ma purtroppo devo pure sopravvivere in qualche modo. Sorrisi brevemente mentre aggiungevo al bicchiere due o tre cubetti di ghiaccio, la quantitá giusta che serviva per rinfrescare la bevanda. Odiavo quando nei bicchieri era piú presente il ghiaccio dell'alcol, cosí ai miei clienti cercavo di fare esattamente l'opposto: piú alcol e meno ghiaccio. Mi sembra una richiesta implicita, vorresti essere per caso tu quel qualcuno? Con un ghigno sul volto lo guardai prima di poggiare entrambe le mani sul bancone, sporgendomi leggermente in avanti. Provocare e giocare con i clienti faceva parte del mio lavoro, dovevo mostrarmi disponibile e affabile per contratto ma chiaramente non mi sarei mai spinta oltre. Il mio pensiero andó ad Erika, la quale mi stava aspettando per una chiacchierata notturna. Mi aveva chiesto di iniziare a frequentarci e di lasciare Ashton, una richiesta che mi aveva messa in difficoltá ma che avevo accettato pur di non vedere la norvegese scivolare nuovamente via da me. Sai che é maleducazione ridere delle disgrazie altrui? Effettivamente era divertente quello che era successo al ragazzo su quell'aggeggio infernale sul quale non avrei mai posato il mio sedere regale. Tieni. Allungai il bicchiere sul tavolo e nell'istante successivo mi sbrigai per levare di mezzo tutto quello che avevo utilizzato per preparare il suo drink al sapore di rum bianco al ribes. Intorno al bicchiere c'erano dei cristalli di zucchero con tutti i colori dell'arcobaleno che conferivano dolcezza alla bevanda. Passarono alcuni minuti, il tempo che serviva per creare altro movimento attorno al bancone delle bevande. Harry aveva levato le tende ma ero sicura sarebbe tornato presto, nel frattempo il suo posto venne occupato da un ragazzo biondo dai tratti somatici differenti rispetto a quelli dei ragazzi di Hogwarts. La conferma giunse quando pronunció le parole mon dieu. Sfortunatamente no. Risposi con un sorriso divertito sicura che dopo quella sera avrei proposto al proprietario della barracca di lasciare quell'aggeggio all'interno del locale. Avevo una vaga idea di quale tra i miei clienti con la mano lunga, avrei spedito lí sopra. Potrei sapere prima il nome di chi vuole salvarmi da questa serata cosí noiosa? Domandai con un sorriso. Cosa posso offrirti? Ero lí per quello, perció la domanda era piú che legittima. Non sei di qui o sbaglio? Nel frattempo che sceglieva la bevanda, cercai di capire qualcosa in piú sul suo conto.


    Interagito con Harry e poi con Theodore.
     
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    Harry Barnes

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    18 anni - V anno
    mood: rabbioso ed eccitato

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    – Perché mai hai un’opinione così dura di me? Mi ferisci. – o mi lusinghi, – Soprattutto dopo tutti i drink che ti compro… solo per incrociare il tuo sguardo – cazzate, le ordinava decine di drink solo perché era un alcolizzato del cazzo. Ma doveva ammettere che annegare nei suoi occhi ad ogni primo sorso lo eccitava dannatamente. Gli occhi di quella ragazza avevano qualcosa di magnetico ed estremamente sexy. Non poteva che immaginarla nella posizione di fargli un servizietto dietro al bancone, intenta a fissarlo dal basso, famelica e sottomessa. Dio, quanto avrebbe pagato per quello. Sarebbe stata un’escort di classe, però andava contro i principi del Barnes; pagare per il sesso era una cosa che faceva il padre, che aveva ormai una certa età, che avvenisse questo in denaro o tramite “favori” dati dal potere. Harry non aveva intenzione di abbassarsi a una cosa simile prima dei quarant’anni, ritenendolo superfluo. Però una topina del genere non si incontrava tutti i giorni…
    – Credevo fosse chiaro che l’altra volta i miei capogiri fossero più falsi di un galeone con una zanzara incisa sopra – ridacchiò senza vergogna ma, anzi, una certa soddisfazione nell’esser riuscito a tastare una delle sue chiappe sode… prima dello schiaffo atomico. Aveva un bel destro la tipa. Poco male.
    – Ca-llie… – și lasciò scivolare sulla lingua quel nome così grazioso, che di certo le si addiceva. – Fammi indovinare, abbreviativo di Calliope? O di Callisto? – a meno che non fosse un vezzeggiativo di Callo– Una ragazza come te non dovrebbe lavorare. Basterebbe avere il giusto uomo al proprio fianco. E tutti i tuoi problemi sarebbero risolti… – e il Barnes sarebbe stato molto contento di facilitarle la vita, – Certo, di contro questo posto perderebbe della buona clientela. Ma chi se ne frega. – era un modo sottile per complimentare il suo aspetto e farla sentire apprezzata senza risultare troppo una biscia. Allo stesso modo seguiva semplicemente il proprio flusso di coscienza, dando fiato ai propri pensieri. Harry difficilmente diceva qualcosa che non pensasse realmente – non in quelle situazioni, per lo meno.
    Harry ghignò ironico. Bingo, ragazza. – Mentirei se dicessi che non mi farebbe piacere. – il modo in cui si avvicinò al volto del serpeverde sporgendosi dal bancone, dopo avervi schiaffato entrambe le mani, aizzò i suoi sensi da predatore, inebriato dal lieve profumo femminile che ora gli solleticava le narici. Quello sguardo, quel maledetto sguardo. Harry si sporse a sua volta, a un palmo dal suo naso, sollevando un sopracciglio di sfida, mentre con la mano destra andava ad abbracciare il bicchiere che gli era stato, nel frattempo, allungato. La mangiò con gli occhi per qualche secondo, buttando giù il primo sorso senza staccare gli occhi dai suoi. Quel contatto fu però interrotto dall’arrivo di qualcuno, alla sua sinistra, che emanava un odore decisamente più forte di quello della ragazza. Un odore che Harry conosceva bene… e che adorava.
    Si voltò, curioso, sollevando un sopracciglio alla vista di una persona che proprio ripudiava: Marcel Anhalt-qualcosa. Un tipo inquietante, un poco di buono, un…
    Lo sguardo di Harry scivolò dal suo naso elegante alla sua spalla nuda, scendendo per il torso, andando a notare un abbigliamento decisamente vistoso, per quanto fosse un controsenso, vista la debole quantità di tessuto. Lo avrebbe schifato totalmente, come al solito, se solo le sue pupille non si stessero dilatando come un giaguaro che ha appena visto un’appetibilissima gazzella. Marcel, una gazzella? Ma che cazzo…?
    Gli occhi scuri del ragazzo scesero infine sul suo punto vita, al di sotto del quale veniva esibito un accenno di bozzo che, in risposta, fece lievitare anche il suo. La mascella di Harry cadde, portandosi una mano protettiva verso le parti basse, sconvolto da ciò che provava. Che cazzo significava quella storia?! Una rabbia cieca, improvvisamente, si impossessò di lui, che andò ad afferrare il biondo per i lacci in pelle che gli avvolgevano quei pochi centimetri di pelle, mettendo gli addominali in quasi completa mostra. Lo tirò dunque a sé, soffiandogli in faccia con fare minaccioso: – Che cazzo mi stai facendo, Anhalt-stoccazo??! – quell’estrema vicinanza, però, risultò subito un inaspettato problema: adesso respirava perfettamente il suo fiato sporco, e i suoi occhi si stavano inchiodando pericolosamente su quelle labbra così umide e invitanti. – Sai di sesso. – espresse soprappensiero, con la non chalance di uno che sta parlando del tempo. Parlava del suo alito. Ma in effetti la sua intera presenza sembrava urlare quella parola.
    Rabbioso, Harry lo sollevò per i lacci e andò a farlo sbattere contro la parete tonda del baretto centrale, ansimando, i denti digrignati. Avrebbe voluto mangiargli la faccia. Andò così ad afferrargli la mandibola con una mano, facendogli increspare quelle luride labbra. Chissà che cazzo stava combinando prima di sedersi al bancone, quella zoccola
    E poi incollò le sue labbra a quelle del lussemburghese, con una furia animale, emettendo dei bassi ringhi mentre le due lingue iniziavano ad incrociarsi.




    Interagito con Callie e ... Marcel... maledetto drink dimmerda.
     
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    «Certo che no...» Risposi prontamente con un largo sorriso in volto accertandomi che le mie parole risultassero il più veritiere possibile. In fin dei conti non avevo bevuto ciò che lui pensava avessi mandato giù, ovvero alcol, bensì una pozione della pace per calmare i nervi. Non ne andavo fiera, ero sempre riuscita a controllarmi in autonomia, ma quel periodo si era rivelato così stressante che accumulato ai mille avvenimenti non ancora del tutto superati dei mesi precedenti mi ero vista costretta a richiedere un aiutino dall'esterno. Mi ero recata in infermeria e avevo millantato un forte sovraccarico di stress e ansia dovuto al duro studio per i G.U.F.O che avrei dovuto sostenere a fine anno misto ai mille impegni da caposcuola e l'infermiera molto gentilmente mi aveva consigliato di affidare i miei problemi all'innocua bevanda della pace, che se usata in piccole dosi e sporadicamente avrebbe aiutato ad alleviare lo stress, ma beh... ecco... dopo il primo utilizzo la sensazione di pace interiore era stata così intensa che forse avevo iniziato ad assumerla a giorni alterni, giusto per evitare di impazzire a causa dei mille pensieri che mi tormentavano ventiquattr'ore su ventiquattro la mente.
    Deviai poi il discorso verso il Thunderbird meccanico alle nostre spalle, un po' per evitare altre scomode domande e un po' per allontanarmi da quell'imbarazzante spettacolino che stavo dando sulla pista da ballo. Farsi dondolare dalle grandi mani del Bulgaro posate sui miei fianchi era piacevole, ma pestare i piedi a chiunque mi girasse attorno lo era molto meno e ora che l'effetto del drink andava via via sciamando mi sentivo pronta ad abbandonare la pista da ballo in favore dell'attrazione seguente. «Non lo dire nemmeno per scherzo! È maltrattamento animale questo!» Sibilai minacciosa alla volta di un Serpeverde decisamente troppo preso dall'astio verso il simil piccione dalle dimensioni abnormi e l'ormai ex professore di Cura delle Creature Magiche. «Si beh, evita di farti uccidere, un po' mi mancheresti poi» Scherzai beffeggiandomi amorevolmente di lui e della sua determinazione a riscattarsi dopo la pessima figura dell'ultima volta.
    Afferrai al volto la giacca che con fare urgente mi lanciò addosso e lo vidi prima firmare qualche carta strana e poi salire sulla riproduzione della creatura per dare il via a quello scontro all'ultimo sangue. Già pochi minuti dopo l'inizio la porzione di soffitto sopra la sua testa cominciò a coprirsi di minacciosi nuvoloni che, soli pochi istanti più tardi, cominciarono a far ricadere addosso a lui frotte e frotte di acqua che talvolta schizzava persino me, vista la vicinanza. Continuai a osservare il ragazzo con un ghigno divertito in volto e quando vidi un cameriere passare con molteplici drink su di un vassoio, pronti ad essere acquistati a scatola chiusa, non persi tempo e ne afferrai uno lasciando i corrispettivi galeoni necessari all'acquisto sopra al vassoio. Feci appena in tempo a prenderne un paio di sorsi che un tuono rieccheggiò nella sala comprendo per qualche secondo la musica, mi voltai preoccupata nuovamente verso il Bulgaro e vidi un fulmine colpirlo in pieno lasciandolo disteso sul dorso della creatura. Feci subito per correre in suo soccorso ma un membro del personale mi bloccò e mi disse che dovevano pensarci loro a tirarlo giù da lì e solo allora avrei potuto accertarmi delle sue condizioni. Attesi i pochi secondi che ci impiegarono a farlo e nel mentre mi voltai alla ricerca della fonte delle rumorose risate palesemente rivolte ad Axel e vi ci trovai un Harry fin troppo divertito. Pietrificandolo con lo sguardo gli rivolsi un gentilissimo dito medio alzato e gli domandai in seguito con gesti allusivi come stesse la sua mano dopo che, poche settimane prima, il mio bolide lanciato in partita si era schiantato sulla sua mano destra fratturandogli, con ogni probabilità, il polso, quello sì che aveva fatto ridere. Tornai poi a rivolgere la mia attenzione a un acciaccatissimo Axel che ancora stordito barcolava verso di me cercando, come suo solito, di non dare a vedere quanto il danno subito fosse in realtà grave. «Che dici? Ci sediamo un attimo?» Domandai trascinandolo verso le sedute più vicine, che avevano le rispettive forme di una paperella gonfiabile gigante per me e una soffice nuvoletta svolazzante per lui. «Vuoi ordinare qualcosa da bere?» Gli chiesi abbastanza certa che la risposta sarebbe stata un no. «Magari ti farebbe bene mandare giù qualcosa, guarda me... sto una favola!» Sorrisi a trentadue denti mandando giù l'ennesima sorsata del mio drink cominciando finalmente a percepirne gli effetti. «Non so se si può considerare propriamente una vittoria quella di questa sera.. sai?» Sogghignai insinuando che non ero ancora del tutto convinta della sua performance relativa al Thunderbird avvicinando la paperella gonfiabile alla nuvoletta per stare più vicini. Provocare? Il mio gioco preferito.

    ★ ★ ★
    Caposcuola Corvonero | Mailbox | Pensatoio

    Interagito con Axel e a distanza con Harry. Bevuto un nuovo drink e seduta in compagnia del bulgaro al lato della pista da ballo.

    schneider. Per il tuo innocuo obbligo dovrai utilizzare la persona che verrà sorteggiata come palo da lap dance mentre ti strusci contro lui o lei con fare da spogliarellista <3. Se rifiuti come da regolamento rimarrai in mutande e non avrai modo di riappropriarti dei tuoi vestiti fino a fine festa ehehe.

    1 Alexis
    2 Kynthia
    3 Halley
    4 Daphne
    5 Skylee
    6 Axel
    7 Hunter
    8 David
    9 Carrie
    10 Harry
    11 Theodore
    12 Marcel

    (Ho escluso i tuoi pg e le persone già uscite, l'ordine è quello di entrata se qualcuno se lo chiedesse)


    Quale drink mi tocca?: 11
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    • Inviato il
      27/2/2023, 12:35
      Skylee.
    Con chi scontrà l'obbligo Aron: 4
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    • Inviato il
      27/2/2023, 12:35
      Skylee.
     
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    Serpeverde
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    Axel
    Un cazzo di fulmine. Un maledetto cazzo di fulmine gli si abbatté addosso mandandolo ko ma non per questo riuscendo a fargli perdere la presa sulle piume di quel maledetto piccione. Col cazzo che avrebbe mollato! Nemmeno da stordito e semi svenuto avrebbe dato la soddisfazione alla Corvonero di vederlo fallire, non questa fottuta volta. Era rimasto aggrappato, in sella, per cui aveva vinto, nonostante la salute che ci stava rimettendo e, appena si fosse ripreso, avrebbe capito il perché gli avessero fatto firmare delle carte prima di salire su quel trabiccolo infernale. Per fortuna lui era un mannaro, nel suo DNA non era contemplato di morire per una roba del genere. Morire no ma crollare come una pera però sì. Riprese conoscenza quando delle mani – diverse – lo afferrarono staccandolo di forza dal dorso dell’attrazione e lui rinvenne di colpo scattando quasi sull’attenti per levarsi di dosso quel mucchio di gente. «Che cazzo fate?! Levatemi... Le mani... di dosso!» Ringhiò staccando con una certa forza per nulla dosata le dita che cercavano con tutte le buone intenzioni di sorreggerlo per aiutarlo a scendere dal gonfiabile. «Ma che cazzo...!» Sentenziò poggiando buona parte del suo peso sulle spalle della Corvonero che con una certa fatica avrebbe retto la sua stazza che superava senza difficoltà il centinaio di kili di muscolatura. Con uno sbuffo acconsentì a sedersi lasciando che lei lo guidasse e accompagnasse su alcune sedie – di dubbio gusto – avendo fortunatamente la bontà d’animo di cedergli quella più grossa e meno discutibile delle due: una nuvola. Axel ci sprofondò massaggiandosi la testa. Quel fulmine lo aveva sentito anche troppo ed il suo corpo aveva bisogno di qualche minuto per risistemare i possibili danni inflitti da quella scarica. L’unica certezza che aveva era che, seppur fosse una scarica elettrica, per utilizzarla su dei comuni esseri umani – per quanto maghi o streghe che fossero – non doveva avere un voltaggio elevato poiché quale bar avrebbe voluto chiudere con l’accusa di omicidio? Gli auror vi avrebbero applicato i sigilli per sempre, per cui, il mannaro, doveva solo aspettare che la maledizione – santa maledizione in questi casi – facesse il suo corso.
    «Vuoi ordinare qualcosa da bere? Magari ti farebbe bene mandare giù qualcosa, guarda me... sto una favola!» Sollevò lo sguardo direzionando il viso verso quello della ragazza per scoccarle un’occhiata in tralice mentre faceva scivolare la mano dalla tempia. «Col cazzo! Qui dentro non berrei manco l’acqua dei bagni», dei lavandini, per inciso. «Ci è andata bene prima e col ca...» S’interruppe. Qualcosa catturò la sua attenzione facendolo scoppiare a ridere con una certa foga che gli causò anche delle fitte di dolore alla testa. Le ignorò platealmente. Quello spettacolo era OLTRE. «Dammi la giacca! La giacca!» Incitò la ragazza con una certa urgenza allungandosi verso di lei per afferrarla. Una volta tra le sue mani rovistò nella tasca interna, quella all’altezza del cuore e vi sfilò un vecchio cellulare di seconda mano – gentile regalo del padrino, Ethan – con lo schermo il cui guasto minore erano dei graffi poiché sull’angolo in alto a destra svettava una piccola ragnatela fitta di crepe. «Quello non è quel coglione di Barnes?» Smanettò per sbloccare il piccolo apparecchio babbano aprendo la fotocamera e, attraverso uno swipe da sinistra verso destra, settò l’impostazione sulla ripresa video. «Haaaa! Questa me la devo segnare!» Avviò la ripresa immortalando quella rottura di coglioni personale rappresentata dal Barnes; quel filmino gli sarebbe tornato utile per la sua personalissima vendetta. Cercava d’ignorarlo il maledetto, soprattutto nei contesti pubblici scolastici dove lo avrebbero incastrato con una qualche punizione e lui di farsi punire per quel figlio di puttana non ne aveva nessunissima voglia anche perché poi, la punizione, sarebbe stata il meno, la vera rottura di palle l’avrebbe rappresentata la Corvonero quando avrebbe scoperto della cosa – perché lo avrebbe scoperto – e lì non ci sarebbero state scusanti a reggere il perché avesse reagito in un determinato modo – ovvero privandolo degli arti uno ad uno – nonostante il moro cercatore dei Serpeverde godesse nel provocarlo senza il minimo ritegno e attaccamento alla vita. Doveva ringraziare la Métis, dunque, se le mura del castello non avevano ancora la sua faccia spalmata.
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    «PIÙ LINGUA BARNES! Ora si che la smetterò di romperti le palle sui tuoi bimbi speciali. Cazzo... pure froci!» Quanto se la stava godendo e ridendo. Stoppò la ripresa quando il biondo, Marcel Arnh-cognome impossibile si mosse. Aveva ripreso abbastanza e soprattutto quanto bastava per utilizzarlo contro il Barnes. «Ora si che sono nel mood per bere qualcosa», esordì, tirandosi in piedi con nuovo ritrovato vigore. Spronò anche la Métis ad alzarsi e le circondò le spalle con il braccio. «Anche se... no. Non qui... Figa non mi avevi detto che gli piacesse prenderlo al culo, potevi dirmelo prima!» Avrebbe fatto molto meno storie alla ragazza da quel momento e poi, se Barnes fosse tornato a provocarlo, ora avrebbe avuto qualcosa per zittirlo poiché era abbastanza sicuro che quel comportamento fosse dovuto ad uno dei maledetti drink serviti dal locale e ancora più col cazzo che avrebbe bevuto lì dentro. Avrebbe fatto la sua scena e poi, quando ne avrebbe avute piene le palle del posto avrebbe trascinato la Corvonero alla Testa di Porco dove lì si che avrebbe dato fondo agli alcolici di Jack. «Che vuoi fare adesso?» Tralasciando il bere nel caso non fosse stato chiaro, «Lì c’è una ruota della fortuna... di là mi pare d’aver visto un cabina, potrebbe essere interessante...» Le sopracciglia del mannaro ebbero un tilt piuttosto eloquente. A prescindere dall’uso, quello poteva essere il luogo ideale per un po’ di divertimento assolutamente diverso ed approvato – in quel locale – dal mannaro. «Eccome se vale la galoppata!» Con il pollice libero indicò l’attrazione alle loro spalle. Oh se se la doveva far andar bene!


    Interagito con Skylee. Citati Marcel e soprattutto Harry.

    Dopo il collasso sul piccione si fa aiutare da Skylee che lo trascina a sedere un po' per riprendersi dal fulmine. Lì mentre chiacchiera con la Corvonero nota ciò che sta succedendo ad Harry e si fa passare velocemente la giacca nella quale ha il telefono e con la quale si appresta a riprendere spronando - e sfottendo - Harry a darci dentro. Finito parte dello show, dato che ha abbastanza materiale, chiede alla Métis quale attrazione provare propendendo per la cabina 😏😏 (chiamalo scè).
     
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    Lo ammetto, celo una piccola quantità di stupore quando Daphne mi saluta in quel modo, un approccio che, dal mio punto di vista almeno, è più confidenziale di quanto mi aspettassi. Questo è un buon segno, dovrebbe voler dire che si sente a suo agio con me e non le interessa nascondere il nostro livello di confidenza che posso affermare con certezza essere abbastanza alto. Quindi in risposta, abbastanza automaticamente, l'attiro un po' a me sorridendole - capisco - Aaron è il nome di uno dei due, ma non è il primo a presentarsi. Daphne quindi mi stava aspettando davvero? Arriva anche il secondo, che conferma appunto il suo nome, come anticipato dal primo - piacere di conoscervi - non so se sia letteralmente un piacere, lo definirei piuttosto un sentimento neutro ma di certo non è quello che posso dire. Ammetto che l'approccio di questo tizio non è tra quelli che apprezzo di più: uno sconosciuto che commenta con aria sarcastica la relazione tra me e Daphne, un intervento che insomma poteva anche risparmiarsi. Chissà se Daphne la pensa allo stesso modo, comunque le rivolgo uno sguardo interrogativo come a tentare di capire se anche lei percepisce la stessa sensazione che percepisco io. Ad ogni modo sarebbe un motivo stupido per mostrarsi scorbutici, non ne vale la pena, quindi comunque mi do ai convenevoli mantenendo un'espressione rilassata e rispondendo senza troppi giri di parole al ragazzo - è quello che spero, in effetti - essere nei pensieri di Daphne. Non dico altro, mi limito a lasciare quelle poche parole sospese perchè la situazione non merita approfondimenti particolari. Sono sempre stato piuttosto allenato in questo genere di cose, quelle discussioni sopite che a me piace definire guerre fredde, con poche parole assestate, cose che vogliono dire tutto e niente allo stesso tempo. Diventa facile acquisire questa abilità quando metà della tua famiglia dà enorme peso alle apparenze e non può permettersi di fare promesse, devi imparare a parlare la loro lingua. Poi per entrare ancora più addentro a quel momento, prendo il bicchierino che mi porge Mars portandomelo alle labbra, salvo poi allontanarlo e tenero a mezz'aria quando la voce di Grace inizia a sentirsi forte e chiara nel locale. Forse anche un po' troppo forte e chiara, è facile capire che proviene dal palco ed è altrettanto facile capire dove vuole andare a parare. Non ci si può sbagliare, questa è una dichiarazione - ...che coraggio - commento un po' fra me e me, forse solo Daphne può sentirmi. E a proposito di lei, quando piego la testa verso il basso e la vedo poggiata a me con quella naturalezza mi colpisce una stranissima sensazione, molto vicina ad una realizzazione: non riesco più ad immaginarci come estranei, questo sì che sarebbe strano. Quindi senza bisogno di pensarci, la mano libera si poggia sul suo abbraccialo per accarezzarlo ripetutamente e lentamente mentre assistiamo a quella specie di strano spettacolo fuori programma che, a quanto pare, è dedicato proprio al biondo che mi ha passato da bere. Così sparisce in tutta fretta, seguito dalle parole di disappunto dell'amico che pare sentirsi di troppo. Un altro commento di cui avremmo potuto benissimo fare a meno, sento già che non ci potrà essere grande futuro fra me e questo ragazzo. Ho sinceramente pensato che avrei dovuto familiarizzare con le amicizie di Daphne ma questo tipo non me la rende per niente facile, soprattutto se la invita esplicitamente ad un supposto incontro per farsi, apparentemente, perdonare per qualcosa. Poso gli occhi su uno, poi sull'altra chiedendomi cosa abbiano in sospeso questi due e che tipo di precedenti abbiano. Tutti i miei interrogativi, adesso, mi si possono leggere in faccia e Daphne può praticamente vedermeli scorrere in fronte. Gli do voce però solo quando "il palo" si allontana lasciandoci soli - di cos'è che deve farsi perdonare? - ormai non penso di avere più intenzione di bere e così mi libero dall'impiccio posando il bicchierino sul bancone e ringraziando tacitamente la barista.
    Però se Daphne si volta verso di me in questo modo... è facile distrarsi, dimenticarsi delle domande che vorrei farle e concentrarsi su tutt'altro. Le mie mani vanno ad incrociarsi dietro la sua schiena, appena sopra al suo sedere che, forse, sfiorano morbidamente. E ora se parlassi a voce alta verrei frainteso, ma perchè mi sembra improvvisamente molto più fisica? Non solo fisica, espansiva? - anche tu sei molto bella - supero la parte dei complimenti a cui rispondo con un sorriso stranito, mi concentro invece sulla seconda parte - perchè, come ti guardo? - è una lieve provocazione la mia, anche perchè so benissimo cosa penso quando la vedo. E si tratta di tutta una serie di pensieri che volano dall'ammirazione ad altre sensazioni, affatto pure. Altri desideri insomma, che ogni tanto si intravedono quando dondolo in sua direzione avvicinando un po' di più il mio viso al suo. Le nostre labbra infatti si sfiorano quando inaspettatamente, avvolge la braccia intorno al mio collo. Un altro gesto strano, decisamente non qualcosa che di solito farebbe in un posto tanto affollato: le sue esternazioni sono sempre state modeste, sobrie, non è mai stata tanto plateale come adesso. Eppure ha bevuto solo uno shot quindi non può essere già ubriaca, il dubbio è lecito, la situazione inizia a farsi strana e Daphne inizia a farsi troppo loquace lasciandosi sfuggire una rivelazione... curiosa - ma... cosa - mi confonde. Cosa c'era in quell'alcol? Che si sono inventati a questa festa per fare impazzire la gente? - di cosa stai parlando? - sono sicuro di aver capito bene, ma non ho tutti i pezzi della questione. Inoltre si aggiungo elementi sempre più strani, sempre più espliciti, sempre meno nelle corde della serpeverde. Prima i complimenti, poi la rivelazione su un sogno, adesso quella che mi suona tantissimo come un attacco di gelosia, del tutto immotivato poi visto il soggetto della discussione. La grifondoro di cui parla Daphne, è ormai diventata una conoscente con cui mi ritrovo a condividere il banco a lezione ma da qui a dire che mi giri troppo intorno, mi sembra un po' come distogliere la realtà - non può sul serio preoccuparti Emily - andiamo, si può dire che la guardo solo quando cade per sbaglio nel mio campo visivo.
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    Ciò che dice è illogico ogni attimo di più e se continua così sfoceremo nel surreale - è lo shot a farti parl- - Daphne non sembra volersi arrendere, sfioriamo la follia quando si dichiara intenzionata a salire sul palco come aveva già fatto Grace - no, no, no, ehi! - la recupero allungando il braccio ad avvolgerle ancora di più il fianco per trattenerla - letteralmente - dal fare una grandissima cazzata di cui domani si pentirà - per quanto ammetto che sia divertente vedere questa versione inedita di te - le sussurro prendendole il volto fra le mani, magari se non guarda il palco cambierà idea - non posso permettere che tu perda tutta la tua dignità in questo modo idiota - qua una risata, lo ammetto, mi sfugge - parla direttamente con me se vuoi dirmi qualcosa. Non serve che sali sul palco - potresti cominciare ad esempio raccontandomi di queste sogni fatti in estate.Per adesso però non peggioro la situazione, continuo a distrarla parlando e allontanandola da lì. Il timore che possa voltarsi e correre all'improvviso verso il palco c'è; sono una merda se continuo a pensare che la cosa, in qualche modo, mi diverta? Non so se lei riesce ad accorgersi del fatto che sto stringendo le labbra per non farmi sfuggire nessuna risata. Mi chiedo che faccia farà non appena sarà svanito l'effetto del drink, inoltre ho ancora da approfondire quella faccenda delle mani...


    Interagito con Mars, Aaron e Daphne. Nominata Callie,
    Non ha bevuto il drink perchè interrotto dallo strano comportamento di Daphne, che trattiene dal fare cagate.
    Ringraziami.


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    Alexis Pierce

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    Che Carrie non fosse come tutte le altre ragazze, lo avevo notato sin dal nostro primo scontro. La sua presenza era sempre forte, a tratti caotica, impossibile da ignorare. Su di me, la sua personalità aveva fatto facilmente presa. Attratta dalla sua energia, dalla sua vitalità e da quel sorriso sincero, avevo flirtato con lei per mesi, mesi in cui la Marshall aveva fatto lo stesso con me, facendomi credere che, in qualche modo, il mio interesse nei suoi confronti fosse ricambiato. Per quello, e perché odiavo restare in balia degli eventi senza prendere una posizione, avevo deciso di invitarla al ballo della vigilia, occasione perfetta - avevo stupidamente pensato - per fare coming out e confessarle che stavo cominciando a provare qualcosa per lei. Per una volta nella mia vita, ero riuscita a fare tutto nei giusti tempi e mi ero impegnata per non essere impulsiva come al solito e avevo pensato persino che il tutto avesse funzionato. O almeno, lo avevo creduto finché Carrie non era letteralmente sparita. Non un messaggio, né un gufo, niente. Per tutte le vacanze di natale, la Marshall mi aveva ignorata completamente e quando era rientrata al Castello aveva fatto - evidentemente - tutto ciò che era in suo potere per evitarmi. Un comportamento, quello, che se inizialmente avevo cercato di giustificare, pensando fosse l'imbarazzo di un momento, alla fine mi aveva indispettita: avrei preferito qualsiasi cosa al mutismo, ma visto che apparentemente desiderava il silenzio, l'avevo accontentata.
    Quella sera, era la prima volta che - dopo la Vigilia - mi concedevo un po' di leggerezza. Come avevo detto alle ragazze prima di uscire, non desideravo altro che divertirmi. Erano stati mesi in cui avevo pensato molto e avevo covato fin troppo risentimento, un sentimento che nemmeno mi apparteneva!. Dovevo darci un taglio, e il party di San Valentino mi era sembrata un'ottima idea per lasciarmi Carrie alle spalle, ma sfortunatamente non fu lì che me la ritrovai. Quando la Grifondoro fece irruzione nella cabina, tutte le sensazioni negative che mi ero trascinata addosso per mesi erano tornate con lei e quando la vidi scappare, non riuscii a fare niente di diverso che seguirla.
    La ritrovai seduta, scalza, su un divanetto, con le mani sul petto. Sembrava dispiaciuta ed io, sebbene sentissi di non doverle alcuna spiegazione dopo il suo comportamento, pensai fosse l'occasione giusta per parlare, ma la mia concasata mi precedette. Non devi preoccuparti, Alexis, non ti giudico. Non sarei dovuta piombare così dal nulla dentro la cabina, rompendo la vostra privacy. È… una festa, vi state divertendo, no…? mi domandò e per qualche motivo quella sua analisi lucida della situazione mi infastidì. Tutto, di quella situazione, mi innervosiva, ma davanti alla sua reazione non riuscì a reagire come mi sarei immaginata avrei fatto alla prima occasione. «Mi dispiace, noi.. sai, i drink qui sono..»...corretti. Stavo per dire con l'intento di chiarire quello che era un grosso malinteso, più o meno, ma l'altra mi interruppe, ed io presi un profondo sospiro, cercando di "ingoiare il rospo", così come facevo da mesi d'altronde. Voi… tu… c’è qualcosa fra di voi, comunque? Cosa diavolo mi sono persa? Mi massaggiai la fronte con la mano destra. «Tra di noi, chi?» domandai, infastidita da quella forma di vittimismo che mi faceva esplodere le tempie e desiderare di essere ovunque, tranne in quel locale, difronte a lei. È… bellissima, Kynthia. E anche… quell’altra ragazza. Non devi… non devi sentirti a disagio, non devi giustificarti. Davvero. continuò Carrie e quasi sorridendo dal nervoso, presi finalmente parola. «Sai cosa, Carrie? Hai ragione tu.» dissi indispettita, estrando un pacchetto di sigarette dalla tasca interna del giubbotto di pelle nera. «Non devo giustificarmi, né con te, né con nessun altro. Quindi, se vuoi scusarmi.» feci, avvicinando il pacchetto di sigarette alle labbra per estrarne una, intenzionata a superarla per uscire dal locale. «Ah, e quei drink sono corretti. Buona fortuna.» le augurai, imitando mollemente il segno di un saluto militare.
    Mi feci spazio tra la folla praticamente a gomitate e uscii dal forno in cui si era trasformato il locale, senza preoccuparmi della temperatura rigida che invece vigeva all'esterno. Accesi frettolosamente la sigaretta ed inspirai profondamente il fumo, perdendomi per qualche breve istante nella sensazione di pace illusoria che solo la nicotina riusciva a donarmi nei momenti di nervosismo. Poi, anestetizzata anche grazie all'aiuto del freddo, appoggiai la schiena alla prima parete libera che trovai e mi chinai sulle ginocchia. Scossi il capo, amareggiata ed espirai una piccola nube di fumo. Forse quella di buttarmi nuovamente nella mischia con tutto ciò che ne derivava a livello emotivo, non era stata una grande idea, o forse non lo era stata Carrie. Di sicuro, ci avrei pensato bene prima di impelagarmi in qualunque altra ipotetica relazione.
    Fumai il resto della sigaretta nel più completo silenzio e, da lontano, intravidi Grace insieme allo spilungone di cui ci aveva riempito la testa per settimane. Sembravano finalmente sereni insieme e, se da una parte ero immensamente felice per lei, dall'altra un po' le invidiavo il candore con cui si approcciava al mondo delle relazioni. Distolsi lo sguardo dalla dolce coppietta nel momento in cui lui sembrò avvicinarsi a lei e, preso un ultimo tiro dal mozzicone, me ne liberai lanciandolo lontano. Stanca di quella stupida festa, decisi di incamminarmi in direzione Castello. Ne avevo abbastanza di tutti.
    - Interagito interamente con Carrie;
    - Citati Grace e Mars.
    - Uscita dal locale, si è incamminata sulla via del ritorno al castello.
     
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    Quello che aveva in mente Mackenzie per quella serata, si allontanava parecchio da quello che era appena successo. Inizialmente aveva accettato di seguire le due grifondoro in una cabina per farsi una foto con loro due, con la sola intenzione di fare amicizia e di allargare le sue conoscenze. Peró mai si sarebbe aspettata di avere il coraggio di buttarsi in una situazione del genere. La cabina in cui si erano ritrovate bloccate, era una specie di imitazione del gioco "sette minuti in Paradiso", il che comportava che per uscire di lí dovevano per forza baciarsi. La giovane Rosier, in altre occasioni avrebbe conservato la sua integritá morale e il suo autocontrollo impedendo al suo istinto di spingerla cosí oltre. Solo che quella sera in gioco c'erano state davvero tante cose che avevano intaccato la sua personalitá. La prima e forse l'emozione piú importante che aveva dato vita ai suoi gesti, era stata la curiositá. Erano anni che si interrogava sul suo orientamento sessuale e si domandava se fosse stato giusto lasciare il suo ragazzo storico per qualcosa che ancora non aveva la certezza di sapere. Forse aveva preso quella come scusa per fuggire da una relazione che non la soddisfaceva piú di tanto e si era convinta che ci fosse altro sotto. Non aveva mai avuto il coraggio di esplorare e conoscere quella parte di sé cosí intima e a tratti irraggiungibile e quella le era sembrata l'occasione giusta per darle voce. In un primo momento non aveva nemmeno pensato a cosa avrebbero pensato le altre due, se erano d'accordo di quell'incontro ravvicinato o se avevano qualcosa in contrario. Aveva semplicemente scelto di seguire i suoi sentimenti e le sue sensazioni perché conoscendosi, sapeva che se avesse iniziato a rifletterci troppo non avrebbe concluso molto. Si avvicinó prima ad Alexis che era la ragazza piú vicina a lei, lo fece con qualche esitazione che terminó nel momento in cui le loro labbra si sfiorarono in un bacio lento e dolce. Non sapeva a quale emozione associare quel gesto, se le stava piacendo o meno perció chiuse gli occhi cercando di godersi il momento. Il bacio duró qualche breve istante, poi la corvonero decise di riservare lo stesso trattamento anche all'altra ragazza. Forse per avere una conferma? O perché in preda all'effetto della bevanda si sentiva in dovere di baciare anche l'altra per non mancarle di rispetto? Non sapeva nemmeno quello ma non permise ai suoi dubbi di rovinarle quel momento. Anche il bacio con Kynthia fu dolce e sotto alcuni aspetti, inaspettato. Le due ragazze avevano rappresentato per lei il suo primo bacio dato ad una ragazza, in questo caso due. Non lo aveva mai fatto prima d'ora ma dopo essersi allontanata anche dall'altra ragazza, ebbe la conferma che quel contatto non era poi cosímale. Aveva ancora il cuore che scalpitava nel suo petto mentre passava in rassegna tutte le emozioni che aveva provato durante quei baci. Poi, un'altra voce femminile la riportó alla realtá. Si sistemó al suo posto sentendosi irrimediabilmente in imbarazzo e vide uscire di corsa Alexis. Diventó rossa in volto mentre anche i sensi di colpa fecero capolino nella sua testa. «So che non sono affari miei o forse sí, arrivate a questo punto a questo punto. Non lo so...» Pronunció queste parole in uno stato confusionale evidente. «...tra loro c'é qualcosa? Perché mi dispiacerebbe se litigassero per colpa mia.» Abbassó la testa per evitare volutamente di guardare l'altra ragazza che era rimasta con lei. «Mmh...sí, diciamo che non tifo molto per le cose ordinarie. Abbozzó un sorriso, cercando di ironizzare su quanto appena successo. Continuó a maledirsi mentalmente per come si era comportata, non sapendo bene come agire e cosa dire. Le situazioni imbarazzanti non le facevano tanto effetto ma quella volta, non poteva non sentirsi trascinata dentro quell'abisso di disagio. «Certo, affare fatto.» Strinse delicatamente la mano della grifondoro per poi ritrarla e seguirla verso il vivo della festa. Voleva cercare Alexis e l'altra ragazza per cercare di spiegare il malinteso. «Tu le riesci a vedere?» Domandó alla grifondoro, sperando in una sua risposta affermativa.

    Interagito interamente con Kynthia e citate Alexis e Carrie.


    Edited by mackenzie. - 27/3/2023, 16:54
     
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    «Puoi farlo anche adesso.» Le sussurrò, mordendole l'orecchio e attirandola a sé. C'erano delle stanza disponibili nel locale, bastava prenderne una e poi l'avrebbe portata in paradiso come aveva fatto già altre volte. Erano passati due mesi da quando l'aveva fatta sua la sera di Capodanno, doveva riaverla e mordere la sua pelle per ricordarle di chi era ora. Stava sviluppando una sorta di ossessione nei suoi confronti, il pensiero che qualcun altro avrebbe potuto toccarla come aveva fatto lui gli faceva salire il sangue al cervello. Voleva sottometterla al suo volere, ma sapeva che la nana si sarebbe ribellata in tutti i modi, sfidandolo e provocandolo come aveva sempre fatto. «E immagino che la tua amichetta sia una di quelle.»Commentò schifato. Aveva perso la dignità davanti all'intera scuola per riconquistare un poeta sfigato, dopo averlo appeso per stare con suo fratello. Micheal aveva scansato un fosso bello grosso, era stato fortunato. E poi, se cercava l'amore, lui non avrebbe potuto darglielo visto il tipo di famiglia in cui era cresciuto. David era cosciente del fatto che non avrebbe mai potuto avere una relazione normale con qualcuno, eppure suo fratello si ostinava a credere di poterlo farlo, di poter essere diverso da quel bastardo. Stava solo sprecando il suo tempo, non ci sarebbe mai riuscito. E adesso che era un mannaro, la situazione si era complicata ulteriormente visto che il loro caro paparino avrebbe fatto di tutto per metterli l'uno contro l'altro e decidere, con uno scontro all'ultimo sangue, il suo successore. Non sapeva che a morire sarebbe stato lui, un giorno.
    Appoggiò il braccio sul bacone, in attesa del suo drink. L'alcol era scadente, ma chissene frega, non era lì per quello. Il motivo della sua presenza a quella festa era un altro: portarsi a letto la Wheleer. La guardò da capo a piedi, quel vestito rosso fuoco accentuava le sue curve e il desiderio di strapparglielo di dosso era sempre più forte. Il suo autocontrollo stava andando a farsi fottere. In tutti i sensi. «E tu potresti finire sottoterra. Ricordi com'era?»Le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e le sorrise crudele. Sembrava aver dimenticato il modo in cui l'aveva uccisa, quella notte, in quell'illusione collettiva. Ah, se solo sapesse quanto aveva goduto nell'ammazzare la gente non solo in quel sogno, ma anche nella realtà, nel vederle supplicare, urlare e poi spegnersi. Le schiuse le labbra con il pollice e la baciò, sfiorandole delicatamente il collo con le dita. Con una presa più salda glielo avrebbe spezzato, sarebbe stato così facile, bastava un attimo e... Si allontanò leggermente, bevve il suo drink e la baciò con foga, affondando la lingua e mettendo da parte, per il momento, quello strano pensiero. «Sai che perdita.» E poi sul mercato non c'era più da quando era diventata una sua proprietà. Non era stato esplicito nel farglielo capire, la stronza avrebbe potuto giocare quella carta a suo favore e farlo uscire fuori di testa, quindi, per il momento, si sarebbe mostrato indifferente ad ogni suo probabile interesse. D' improvviso, gli venne voglia di fare una partita a Quiddpong. «Vie...» La mora non gli lasciò finire la frase, lo afferrò per il colletto della maglia e lo tirò verso di sé, a un centimetro dalle sue labbra. Poteva lasciarsi sfuggire l'occasione di toccarla intimamente in pubblico per mandare un chiaro messaggio a tutta la popolazione maschile? Ovviamente no. «Rimediamo subito.» Si avventò su di lei, baciandola con passione. Le sue mani finirono entrambe sul suo seno, stingendolo, stuzzicandolo, prima di posarsi sui suoi fianchi e attirarla a sé, bloccandola tra lui e il bancone del locale. Si staccò, prendendo il labbro inferiore tra i denti, e la baciò di nuovo, mentre le mani scivolarono, lente, sul suo fondoschiena. «Ti voglio, ma prima giochiamo a Quiddpong.» Si allontanò e la prese per mano, ma si bloccò a metà strada non appena vide suo cugino baciare un ragazzo. Che cazz...? «Harry, se lo sa tuo padre ti ammazza!» Uomo, o mezzo uomo a questo punto, avvisato mezzo salvato. Il suo lo aveva fatto, adesso era arrivato il momento di giocare.



    Interagito con Halley e Harry da lontano. Dopo aver bevuto il drink, ha voglia di giocare a Quiddpong ma prima fa atti osceni in pubblico ( Halley colpa tua sks), ma nota suo cugino baciare un ragazzo. Gli urla qualcosa da lontano e poi aspetta di fare la sua partita.
     
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    Quella serata si stava rivelando per me parecchio caotica e...strana. Ero sempre stato l'animale da festa per eccellenza, lí dove c'ero io si creava un'atmosfera di delirio e divertimento. Amavo far ridere le persone, anche a costo di prendermi in giro, solo che in quella serata dedicata all'amore mi sentivo un pesce fuor d'acqua. Tutti sembravano avere qualcuno con cui condividere quel giorno cosí speciale. Tutti tranne me. Non me ne dispiacevo piú di tanto perché alla fine, io non credevo nel vero amore, per me erano solo un mucchio di stronzate alle quali le persone si aggrappavano per autoconvincersi di essere felici. Guardavo quei ragazzi cosí tanto innamorati e continuavo a convincermi che nessuna di quelle coppie, sarebbero resistite a lungo. Che pena che mi facevano. Dopo che Mars mi aveva piantato in asso per correre dietro ad una ragazza della mia stessa casata, avevo deciso di abbandonare Daphne e il suo compagno o qualsiasi cosa fossero. La biondina ce l'aveva con me e io non avevo nessuna intenzione di rovinargli la sua serata speciale ma mi sarei scervellato per trovare un modo per farmi perdonare. Mi sentivo terribilmente in colpa per come mi ero comportato, se soltanto avessi pensato prima alle conseguenze delle mie azioni non mi sarei mai permesso di trattarla in quel modo. La veritá era che le mie emozioni mi avevano soffocato a tal punto dal non farmi pensare lucidamente e dal convincermi che evitare Daphne era la soluzione migliore. Mi ero allontanato nuovamente da lei, sparendo senza darle nessun tipo di spiegazione. Sorseggiai il mio drink ma subito dopo, buttai il liquido nuovamente all'interno del bicchiere perché il suo sapore non mi convinceva molto. La pessima qualitá delle bevande mi spingeva ad abbandonare il locale al piú presto ma prima di fare ció, decisi di provare una delle attrazioni della festa: la ruota della fortuna. Ma si poteva parlare davvero di fortuna? Girai la ruota, sperando in un obbligo degno della mia portata e quello che uscí, mi lasció senza parole. In pratica dovevo utilizzare una persona come palo da lap dance mentre mi strusciavo contro di lui o lei con fare da spogliarellista. La cosa mi divertí parecchio e sembrava anche abbastanza allettante ma la persona che uscí e con cui avrei dovuto fare l'obbligo, probabilmente mi avrebbe odiato per sempre. Daphne. Sussurrai il suo nome mentre mi interrogavo sul da farsi, indeciso se accettare o meno quell'obbligo. Solitamente mi sarei buttato a capofitto dentro una situazione del genere ma quella volta c'erano parecchie cose da tenere in conto, incominciando dal fatto che la biondina ce l'aveva a morte con me. Se avessi compiuto quel gesto, non sarei mai riuscito a farmi perdonare. Poi, nella mia mente, si attivó una specie di meccanismo che mi spinse ad accettare l'obbligo: ero venuto alla festa con l'intento di portare scompiglio tra le coppie e quella occasione faceva proprio al caso mio. Peccato che la vittima sacrificale sarebbe stata la vita amorosa di Daphne. Quanto avrei dovuto faticare per ottenere il suo perdono. Attesi una canzone che fosse adatta per l'obbligo e mi addentrai in mezzo alla folla alla ricerca della serpeverde che era ancora in compagnia del suo amico/fidanzato/compagno di vita o chissá cosa. L'occasione di prenderla e allontanarla dal ragazzo, si presentó nel momento in cui la biondina sembró allontanarsi da lui. Mi avvicinai ai due e prima che il ragazzo potesse attirarla nuovamente a sé, le afferrai le mani e la trascinai in pista. Guardai Daphne, assumendo uno sguardo che mi facesse sembrare sotto l'effetto di qualche bevanda e, senza nemmeno pensarci troppo, mi sfilai la maglietta aderente e la lanciai verso una ragazza che era a qualche passo da noi. Non prima di averla avvolta intorno alla biondina per avvicinarla a me, in quello che sembrava un momento di pura pazzia. Dopo di che rivolsi la schiena alla ragazza, assunsi una posizione di semi-squat e, un secondo dopo, stavo tentando di twerkare sulla ragazza. Dio solo sa quanto l'erba e l'alcol mi avevano facilitato la realizzazione di quell'obbligo. Continuai a ballare su di lei per tutta la durata della canzone, compiaciuto del fatto che le persone si stavano divertendo. Terminata la canzone, mi ritrovai a guardarla a pochi centimentri di distanza dal suo viso. Mi sembrava incazzata, forse avevo esagerato e avrei provato a spiegarle cosa era successo se nella sala non avesse iniziato a suonare una melodia del tutto differente: piú lenta e meno allegra della precedente. Le sorrisi compiaciuto prima di prestare maggiore attenzione a quelle parole che nella mia testa risuonavano come una melodia giá ascoltata. Kiss me hard before you go, summertime sadness. Mi bloccai, come se fossi entrato in trance e dei flashback sfocati mi ricordarono del perché mi sembrava di aver giá sentito quella canzone. Vidi una stanza buia, illuminata da delle luci blu e rosa fluo, non mi sembrava di essere solo: altre persone sembravano agitarsi intorno a me. Poi, la riconobbi, il volto sorridente di Daphne mi apparve chiaro e nitido davanti ai miei occhi. Sembrava felice e rilassata, probabilmente aveva alzato il gomito quella sera. La mia confusione aumentó, quando vidi il suo volto davanti al mio. Tu ed io, ci siamo baciati. Non potevo dirlo con certezza perché il mio ricordo non era preciso ma quello che avevo percepito mi suggeriva che tra di noi c'era stato un bacio.

    Interagito con Daphne e citato Hunter.

    Aaron ha portato Daphne al centro della pista e ha eseguito il suo obbligo.
    Poi siccome il danno non mi sembrava giá abbastanza irreparabile, ho deciso di fargli ricordare del bacio. Oppese.
     
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