Lezione di Difesa Contro le Arti Oscure A.S. 2022/2023ammessi studenti DAL 4° ANNO IN SU.

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar


    Group
    Serpeverde
    Posts
    297
    Location
    Oslo, Norvegia

    Status
    spymode
    Intinse la piuma nell'inchiostro, scrivendo quante più informazioni possibili sulle illusioni, un argomento che, sapeva, avrebbe sicuramente approfondito. La domanda di Hunter la fece voltare in sua direzione, era seduto di fianco a Reina due file dietro. Lo guardò con sguardo malinconico, poi tornò a prendere appunti sforzandosi di non pensarlo. La sua voce era stato una sorta di richiamo silenzioso, era da tempo che non la sentiva e poi il mentalismo era un argomento che le interessava particolarmente, visto che faceva parte di una delle tre branche elencante dal professore. Aveva fatto così tante ricerche in merito che sapeva a memoria le differenze tra i mentalisti. Voleva sapere perché Hunter avesse fatto quella domanda specifica, se per curiosità o altro ma, nella situazione in cui erano, non poteva chiederglielo. Era stanca di stargli lontana; tutto quello che avrebbe voluto fare era alzarsi, chiedere a Reina di cambiare posto e sedersi accanto a lui, ma non poteva, così scacciò via quel pensiero superfluo. Che poi, da quando si conoscevano quei due? Non li aveva mai visti insieme.
    Alzò gli occhi al cielo quando, per l'ennesima volta, David Harris venne richiamato. Alcuni serpeverde erano davvero degli idioti, aveva perso il conto di quanti punti, soggetti simili, avessero fatto perdere alla loro Casata. Aveva ben in mente i nomi di chi era stato e, non appena si fosse presentata l'occasione, gli avrebbe fatto scontare ogni sorta di punizione possibile ed era certa che il vicepreside le avrebbe dato man forte. Poco dopo, la spiegazione del docente, compresa la risposta alla sua domanda, proseguì senza ulteriori intoppi. Aveva già riempito un rotolo di pergamena, ne perse un altro e continuò scrivere. Molti studenti credevano che le lezioni di Dylan White fossero troppo teoriche e poco pratiche, ma Daphne non era d'accordo: per lei erano perfettamente bilanciate. Per poter affrontare al meglio gli incantesimi e gli esseri oscuri, era importante conoscere nei minimi dettagli tutto ciò che li riguardava perché, solo così, un mago sarebbe stato in grado di sconfiggerli. Buttarsi a capofitto nelle cose senza sapere chi hai davanti, è come gettarsi nel fuoco sperando di non bruciarti. Un'azione sconsiderata, illogica che avrebbe avuto un solo finale: la propria dipartita. Fu felice di sentire che Reina aveva fatto guadagnare qualche punto alle serpi, soprattutto visto quanti ne avevano persi a causa dell'atteggiamento sconsiderato di alcuni con la Huxley ieri. Si poteva essere più stupidi? Se erano come David, sì. Suo fratello sembrava essere più furbo, ma i geni erano quelli, sempre meglio stare allerta. Guardò Halley con la coda dell'occhio quando si fece riferimento alla sera di Halloween, non aveva dimenticato né il modo in cui l'aveva uccisa né quello che le aveva detto, com'era? Ah sì, le aveva dato della lurida stronza la cui fine era stata quella di morire sotto la suola delle sue scarpe. Che dolce. Riportò la sua attenzione sul vicepreside, avrebbe affrontato il caso Halley non appena si fosse presentata l'occasione e avrebbe fatto in modo di chiarire in che rapporti erano una volta per tutte. La loro non era più una semplice convivenza pacifica, non quando erano uscite insieme e avevano parlato di cose personali. Erano andate oltre. Cavolo, le aveva anche confessato di essere una veggente e poi pensava quelle cose di lei? Un paradosso. E Daphne odiava i paradossi, voleva fatti chiari. Nel mentre, uno specchio apparve sul suo banco e, senza perdere altro tempo, fissò la sua immagine riflessa nel vetro; poi fu come smaterializzarsi in un altro posto. Aprì gli occhi, era nella sua stanza, in Norvegia, ed era circondata da bambole. Non le piacevano quegli esseri finiti e inanimanti, non quando sua madre aveva provato per anni di trasformarla in una. Provò a muovere le braccia, le gambe e a girare la testa ma non ci riusciva, non aveva più il controllo del proprio corpo, com'era possibile? Cercò di parlare ma era stata privata anche della sua voce, era muta. Poteva muovere solo gli occhi, così guardò in basso il più possibile per capire cosa le fosse successo e, con orrore, si accorse che ai suoi piedi e alle sue mani erano attaccati dei fili e che non era più umana, bensì una marionetta. Venne tirata su dall'alto con forza, lo stesso accadde alle bambole intorno a lei, e si ritrovò a fare movimenti sconnessi e meccanici in quello che scoprì essere un teatro. Non era davvero la sua camera quella, ma una riproduzione di essa. Voleva urlare a chiunque la stesse manovrando di smettere, non voleva essere un oggetto senza vita alla mercé di altri, doveva essere lei a controllare e a scegliere per se stessa, nessun altro! Di colpo le si piegò il collo e i suoi occhi si ritrovarono a fissare quelli azzurri di Ellen. Era lei il marionettista. «Sei solo una bambola, Daphne, nient'altro. Sono io che decido cosa farai, cosa penserai e chi ucciderai. » In mano le apparve una bacchetta, alzò il braccio e la puntò contro la marionetta di suo fratello. Ludde era immobile, aspettava rassegnato la sua fine, era diverso dal bambino che aveva visto nei suoi ricordi: lui aveva lottato fino alla fine. Per la prima volta, dopo anni, era davvero arrabbiata. Si rifiutava di essere in balìa del suo vero carnefice. «Ora elimina quell'errore così saremo solo tu e io, proprio come avrebbe dovuto essere.» Rise. Come poteva ridere mentre lei stava provando solo dolore? La sua bocca si aprì, stava per pronunciare l'Anatema della Morte, ma non lo fece perché per quanto quell'illusione fosse dolorosa, non era niente in confronto a ciò che aveva vissuto nei suoi viaggi mentali con il professor White: quella era la realtà, non una mera fantasia. Non avrebbe più permesso a quella stronza di sua madre di manipolarla in nessuna dimensione, e non si sarebbe fatta ingannare da uno stupido specchio, non dopo tutte le lezioni private fatte con il vicepreside per controllare il suo mentalismo. Nella mia mente decido io cosa fare e questo spettacolo non è compreso.«Finite Incantatem!»





    Daphne Andersen, IV anno, serpeverde

    Citati Hunter, Reina, David e Halley. Guarda lo specchio e vive l'illusione di essere una marionetta. Alla fine però, grazie agli esercizi mentali a cui è stata sottoposta, capisce cosa fare e porta a termine l'incantesimo.


    Edited by Daphne. - 18/12/2022, 01:33
     
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Serpeverde
    Posts
    308
    Location
    Bronx, USA

    Status
    spymode
    null
    La mano che aveva poggiato sulla coscia di Rose andava su e giù, quella pelle candida che aveva toccato, morso e leccato qualche sera fa era liscia e morbida proprio come la ricordava, ma non poté godere di quel contatto perché gliela spinse via bruscamente. Se lo aspettava, il coniglio era sempre stato restio al contatto fisico di un certo tipo in pubblico, non solo in aula. Quando il docente lo richiamò, David alzò le mani in segno di resa e si allontanò con la sedia dalla figlia, mettendo la giusta distanza. Guardò diritto davanti a sé, l'atteggiamento che la caposcuola aveva con lui in determinate circostanze lo faceva irritare, soprattutto quando gli faceva la predica. Non era un bambino e faceva come cavolo gli pareva, se non le andava bene problemi suoi. Se ne era sempre fregato del giudizio altrui, gliene passava per il cazzo di cosa la gente pensasse di lui e di certo non modificava il suo modo di essere per gli altri. Quello lo avrebbe fatto in futuro e, onestamente, dipendeva anche da quello che voleva suo padre. Per quanto lo odiasse e stesse progettando il suo omicidio, ci sarebbero voluti anni prima di riuscire a farlo fuori quindi, per ora, doveva abbassare la testa e ubbidire. Sospirò, voleva qualcuno con cui fare qualche stronzata, voleva sentire il fuoco, la passione, il piacere della sfida. Era da tempo che non provava tutte quelle sensazioni e poi, dopo tutta la merda che era successa in estate, voleva svagarsi un po' a modo suo.
    Ascoltò svogliatamente le risposte dei compagni e le spiegazioni di faccia da culo numero due e si sforzò di scrivere qualche appunto, giusto per far vedere. Teoria, teoria e ancora teoria, ne aveva abbastanza di tutte quelle chiacchiere inutili, dov'era l'azione? Era stata più dinamica la lezione di Cura, qui era un mortorio. Oppure stava tramando qualcosa, da uno che era riuscito ad estorcere informazioni da suo padre si aspettava qualcosa, non poteva essere così mansueto. E infatti l'esercizio che avrebbero dovuto svolgere era insidioso. David era bravo nel corpo a corpo, nello sferrare pugni e nel sopportare il dolore, ma quando si trattava dell'universo della mente era negato. Nessuno, in famiglia, eccelleva in quelle arti, forse solo suo zio esiliato se la cavava, e questo perché era uscito fuori razza, un po' come Micheal. Sistemò lo specchio che era apparso sul suo banco, lo fissò e venne risucchiato al suo interno, o almeno così gli sembrò. Il luogo in cui si trovava era una cella, aveva mani e piedi bloccati da catene d'argento e la pelle lacerata. Strinse la mascella per non urlare, il dolore era insopportabile. Chi cazzo aveva osato ridurlo in quello stato? Si protese in avanti, cercando di spezzare le catene che lo tenevano prigioniero, ma fallì. «CAZZO!» Diragnò i denti, i canini più precisamente, e con gli artigli graffiò il muro dietro di lui. Era una bestia fuori controllo, voleva uscire da quel posto e fare a pezzi chiunque avesse osato incatenarlo. Sentì dei passi in lontananza e un odore famigliare, si gelò. La porta davani a lui si aprì e Dean Harris, vestito di tutto punto, fece il suo ingresso in quella che ora, sapeva, essere una delle celle di casa sua. «David, smettila.» Il tono di voce era basso e minaccioso, segno che aveva già perso la pazienza. Ubbidì, perché con quell' uomo non poteva fare altro. Lo vide fare qualche passo verso di lui, poi si inginocchiò e lo prese per i capelli, strattonandolo in malo modo. «Non servi a un cazzo. Sei debole, stupido e inutile. Lo sai anche tu che sei vivo perché io te lo concedo, e tu che fai? Vuoi ammazzarmi?» La bestia che albergava in lui stava uscendo fuori. David tremò. Chi cazzo gli aveva detto del suo piano? Sarebbe dovuto rimanere un segreto. Era davvero nella merda. «Non è.. vero! Non potrei mai, padre!» Gli diede un pugno in faccia spaccandogli la mascella, un altro e anche il setto nasale era andato. Poi iniziò a prenderlo a calci negli stinchi, sulle braccia, sull' addome. Ovunque gli capitasse. Dopo qualche minuto si fermò, buttando i capelli neri all' indietro e tornando calmo. E quando era calmo le cose non finivano mai bene. «Non dire bugie a me. Ora, non ti ucciderò perché sei pur sempre sangue del mio sangue, ma devi imparare a portarmi rispetto.» Un sorriso sadico si fece strada sul suo volto, gli occhi erano vuoti e il modo in cui lo fissava non prometteva niente di buono. Gli artigli uscirono fuori: li usò per laceragli il torace, la schiena e la guancia destra, poi gli ruppe una gamba a mani nude. E David urlò perché il dolore delle Cruciatus era niente in confronto a quello. Quella era un'illusione? O la realtà? Perché la sofferenza che stava provando era fin troppo reale.





    David Harris, V anno, serpeverde
    Citata Rose. La sua illusione è quella di trovarsi in una cella, incatenato e torturato da suo padre. Non riesce a dire l' incanto.
     
    .
  3.  
    .
    Avatar


    Group
    Grifondoro
    Posts
    427

    Status
    i'm sleeping
    Aveva letto la totale indifferenza nello sguardo di Daphne. Una sensazione davvero poco piacevole, visto l’impegno che ci aveva messo per entrare nelle grazie della Serpeverde. L’idea di averla persa per una stronzata si sarebbe, presto, tramutata in pesante insonnia, lasciandola lì ad arrovellarsi nel tentativo di trovare le parole adatte per giustificare un qualche cosa che neanche era mai accaduto realmente. Possibile che ci fosse rimasta così male, senza considerare che si trattava di un qualche cosa proiettato nella loro mente allo scopo di metterli l’uno contro l’altro. Un grande applauso. L’obiettivo che l’artefice si era prefissato, era stato raggiunto e senza troppi intoppi. Si sentiva una vera merda ed affrontare una materia come Difesa, in quello stato, non sarebbe stato così semplice. Troppi sbalzi umorali e le domande pressanti del Signor White che aveva appena palesato il suo disappunto sul silenzio di alcuni studenti –lei compresa-. Iniziamo bene. Nonostante avesse voluto intervenire, le parole morirono in gola, facendola sembrare una povera cretina, passata di lì per caso. Assurdo. Osservava il docente muoversi, da un posto all’altro, elogiando la Andersen ogni due per tre. Tralasciò il tutto ed annotò, nei minimi dettagli, le informazioni che reputava necessarie per riuscire ad avere una visione completa dell’argomento.
    Stava ancora riversa sulla sua pergamena quando, terminati gli interventi degli studenti, il Vicepreside riprese le parola, tornando sugli avvenimenti di Halloween. Con la coda dell’occhio cercò di captare un segno di vita proveniente dal banco a fianco. Niente. Non si scompose minimamente mentre, al contrario, Halley iniziò a sentirsi proprio a disagio in quella stanza. Puntò lo sguardo smeraldino sulla figura di riferimento ed, a fatica, ascoltò le spiegazioni che vedevano la scuola colpevole di una mancata accortezza sul livello di sicurezza. Mmmmmmm. Troppo tardi. Il danno era stato fatto, segnando, in modo permanente, gran parte della popolazione del castello costretta a confrontarsi con traumi più o meno importanti. Le si gelò il sangue mentre, senza troppi giri di parole, andò a spiegare in cosa si sarebbero dovuti cimentare quel giorno, lì, tra capo e collo, senza neanche una banalissima esperienza pregressa che li avrebbe aiutati in una circostanza alquanto spaventosa, per molti versi. Insomma, il corpo docenti aveva l’hobby della tortura, oramai ne aveva la certezza matematica. Tra avvelenamenti vari, voli su creature invisibili e tentativi di gettarli nel panico, gli adulti avevano dato il loro meglio senza neanche impegnarsi più di tanto. Per un attimo dubitò della parola dell’insegnante, dato che sua madre, difficilmente, conoscendola, avrebbe dato l’approvazione per quella specie di esperimento ma glissò, preferendo non perdersi in qualche cosa che avrebbe contribuito solo a deconcentrarla. Cosa importava, tanto avrebbero dovuto comunque effettuare quell’esercizio assurdo.
    Passarono solo pochi istanti e, come preannunciato, su ognuno dei banchi apparve uno specchio, dalle normali fattezze ma che celava qualche cosa di potenzialmente mostruoso e/o letale per quel che ne poteva sapere. Portò il suo volto in prossimità di quella lastra e, in un baleno, tutte ebbe inizio.

    “Halley Mia Wheeler- O’Hara!” Quando riaprì gli occhi, immediatamente, le si presentò davanti il volto della madre in preda ad un’evidente crisi nevrotica. L’ennesima. Il suo tono accusatorio, inoltre, annunciò che la crisi era lì, dietro l’angolo. Non ricordava come era finita sulla poltrona che ornava alla perfezione l’ufficio della O’Hara ma, in ogni caso, la sfiga aveva voluto ciò e, quindi, non le rimaneva che affrontare a muso duro colei che, da sempre, le aveva dato filo da torcere. Osservava l’ambiente e, nonostante fosse schifosamente familiare, qualche cosa non tornava. L’atmosfera era diversa, tesa e la Grifondoro avvertiva un peso all’altezza del petto. Cazzo. La donna si alzò e iniziò a vagare per la stanza, su e giù, mantenendo il suo sguardo accusatorio fisso sulla figlia. Pronta a sferrare l’attacco che, durante gli anni, mai aveva avuto il coraggio di infliggerle. “Sei il nulla, Halley.” Cosa stava dicendo? “Sei un fallimento. La tua inutilità in ogni campo è imbarazzante!” Quella parole giunsero come una vera e propria coltellata alle spalle. Da sempre aveva creduto che Seira, con i suoi atteggiamenti al limite con lo psicopatico, tentava di tenerla lontana dai pericoli che il mondo, con la sua natura, avrebbe potuto riservarle, senza mai prendere in considerazione la poca fiducia nelle sue capacità. No, stava delirando, per forza. Non mosse un muscolo. Le labbra rimasero serrate, mentre la forza per una possibile ribellione venne meno. Una spettatrice impassibile di quello strano siparietto che di simpatico non aveva proprio un cazzo di niente. ”Hai presentato molte domande!” Dalla scrivania prelevò un foglio dove, nero su bianco, vi era la lista delle domande di lavoro, effettuate e firmate dalla mora. “Come cazzo fai ad avere qualche cosa di mio?” Era certa che mai e poi mai avrebbe condiviso informazioni di quel tipo con colei che, senza alcuno scrupolo, avrebbe volentieri rovinato ogni sua ipotetica carriera che non rientrasse nel suo gusto. ”Non sono affari tuoi!” Ah no? ”Pfffffff. Mi fai così tanta tenerezza che mi sento generosa.” Di cosa stava parlando? Con un colpo di reni, Halley, si portò in posizione eretta, trovando il coraggio di fronteggiare colei che l’aveva messa al mondo. ”Mi sono assicurata che NESSUNO e, ripeto, NESSUNO, prenda in considerazione queste tue candidature che, chiaramente, non saranno mai alla tua portata.” Un brivido le partì lungo la schiena ed, improvvisamente, si trovò a dover lottare contro la voglia impellente di mettere le mani addosso alla propria madre. Mai e poi mai un figlio avrebbe dovuto compiere un gesto tale ma, appositamente, la donna, stava tentando di spingerla al limite, se un apparente motivo. “Sei una stronza! L’ho sempre pensato.” Riprese le redini della sua pazienza ma, subito dopo, si sentì in dovere di rincarare la dose. “Non sarò mai al tuo servizio! MAI. Ficcatelo in quella testa priva di neuroni.” Riprese fiato. ”Ti ho fatto terra bruciata, mia cara. O Accetti di lavorare per me. Qui. Oppure beh, presto non avrai una casa in cui vivere.” E chissenefrega. Ed eccola lì, la scena che da molto tempo si aspettava. La sua vita si stava trasformando in un incubo. Il suo terrore di essere chiusa in gabbia, senza via d’uscita, era diventato realtà. ”Per non parlare della Veggenza. Ahhhhh un dono sprecato nelle tue mani. Non sarai mai come me! Nessuno ti prenderà sul serio.” Aveva appena finito di sparare quella stronzata quando, dietro alle sue spalle la porta si aprì. La Wheeler si voltò di scatto e, con sua grande sorpresa, riconobbe Kai, il ragazzo per il quale aveva una cotta inspiegabili. ”Ho sentito del trambusto!” Trambusto? Ma come cazzo parlava? ”Sono venuto ad assicurarmi che non ci siano problemi!” Halley rimase impietrita. Il suo autocontrollo stava per andare a farsi fottere. Lo sentiva nel più profondo delle viscere ma, come per la veggenza, stava cercando di mantenere –in ogni attimo della sua vita- un certo livello di concentrazione per contrastare ipotetici pericoli derivati da molteplici situazioni. “Che ci fai qui?” La risposta era lì, davanti ai suoi occhi stanchi. Parker era uno dei tanti leccapiedi della madre. Il ragazzo si avvicinò alla donna e, con un gesto amorevole della mano, andò a scostarle una ciocca ribelle. ”Stai bene, tesoro?” Il cuore della giovane donna perse un battito. ”Tutto bene, Kai. Stai tranquillo.” Si voltò e, senza preoccuparsi della presenza della figlia, lo baciò appassionatamente. ”Dopo la morte di tuo padre, ho trovato conforto in queste forti braccia. È stata colpa tua se non ti avesse portata in missione, a quest’ora sarebbe ancora qui. Invece tu e la tua incompetenza l’hanno portato a quella fiine deplorevole.” Tastò la muscolatura di quello che ricordava essere diverso da così e, poi, tornò a rivolgersi a lei: ”Anche lui ha preferito me, comunque. Ma come poteva essere altrimenti?” Suo padre era morto? Ma quando? Come? Perché? No. “Andate a fanculo! Io… io… non avrei mai messo mio padre in pericolo!” Prese a correre, uscendo dalla porta. Correva. Correva. Correva. Niente più sarebbe stato come prima. Si fermò e, per qualche assurdo motivo, indugiò sulla targa fissata sulla porta: “HALLEY MIA WHEELER O’HARA. ALLE DIPENDENZE DI SEIRA O’HARA” Qualche passo in avanti a ognuna delle scritte, riportava il suo nome e la dicitura della prima. No. No. No. “Basta!” Si disse. La tolleranza stava, lentamente, venendo meno ed era ora di porre fine a quella che per lei era una vera e propria tortura. Con tutte le energie che rimanevano in quel piccolo corpicino urlò: “FINITE INCANTATEM!” Cazzo. Basta. Sul serio. Non poteva rischiare una crisi di nervi, non in quel momento così delicato della sua esistenza.


    Halley Wheeler - IV anno - Grifondoro
    Citata Daphne e il professore.
    Si è messa a fare l'esercizio e si è ritrovata nell'ufficio di sua madre, che inizia a farla sentire una nullità. Cerca comunque di uscirne se San Dylan lo vorrà (?)
    Lascio, quindi a Dylan la decisione se il tentativo va a buon fine <3


    Edited by Halley. - 18/12/2022, 00:51
     
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    178

    Status
    i'm sleeping
    202cf7990ee71a41ec0ddf016d75b1cd
    Alzare la mano, Merlino che noia. Fosse stata una situazione in cui tutti si parlavano sopra poteva pure capire, ma in quella lezione sembrava che quasi nessuno avesse qualcosa di sensato da dire. Ebbe comunque la sensazione che, non fosse stata di Serpeverde, quei punti guadagnai li avrebbe invece persi per la mancata mano alzata. Dettagli.
    Aveva sempre trovato le illusioni particolarmente affascinanti, qualcosa di semplice ma funzionale, eppure da quando ci si era ritrovata dentro non avrebbe saputo dire se le piacessero o la spaventassero di più, carine da usare, meno da vivere, in poche parole. Ricordava quella sera, ricordava le sensazioni provate una volta risvegliata e i pensieri dei giorni a venire, ma non ne parlò con nessuno. In molti si aspettavano che lei si fosse esaltata, che lo avesse preso come allenamento per il futuro, e certo lei lasciò credere loro quello che preferivano sfruttando il suo totale disinteresse verso la loro opinione, ma si sbagliavano. Si sbagliavano e lei fu la prima ad esserne sorpresa.
    Certo era stata un'illusione guidata, qualcosa di preparato da una mente perversa con il senso dell'umorismo, ma niente di personale. L'artefice non li conosceva e non aveva usato niente che potesse in qualche modo sfruttare come vantaggio sulla loro psiche. Quello che, invece, chiedeva il professor White, era di mettersi volontariamente in un'illusione che avrebbe mostrato i loro più intimi ed infernali timori, e lei non aveva idea di cosa vi avrebbe trovato. Non ne era sicura per lo meno. Aveva paura dell'acqua, nonostante recentemente avesse tentato un approccio proprio per superare la cosa, fallito miseramente. E come diavolo avrebbe dovuto combattere acqua illusoria? Già ad Halloween si era ritrovata in una stanza che aveva preso a riempirsi di acqua e, mentre lasciava Barnes a morire, era riuscita solo a scappare nella direzione opposta per non dover subire la stessa fine. Invece era morta comunque, si, ma almeno non affogata.
    Osservò lo specchio comparso magicamente sul banco con un sopracciglio alzato, scettica sull'esercizio che sarebbero andati a fare, se così si poteva chiamare. Ad Halloween non sapevano di trovarsi in un'illusione, tutto era iniziato come se si trovassero ancora nel mondo reale, ora erano consapevoli del pericolo a cui andavano in contro. Tutto quello che avrebbe visto sarebbe stata una bugia, una finzione, non aveva motivo di credere che qualcuno se ne scordasse e vi rimanesse imprigionato. Sarebbe stata una passeggiata per tutti, pensò. Invece si sbagliava, e anche di molto.
    Afferrò lo specchio con entrambe le mani e se lo portò davanti al viso, senza guardarlo troppo e, invece, osservando i compagni poggiarvi contro la fronte per iniziare la tortura volontaria. Così, evitando di guardarsi sulla superficie riflettente, chiuse gli occhi e fece lo stesso, immaginando già di riaprirli mentre si trovava in mezzo ad un oceano. Si era sbagliata.

    Aprì gli occhi e sbatté le palpebre un paio di volte per abituarsi alla luce fredda e potente che illuminava ogni superficie, tutto era bianco, anche lei era vestita di bianco. Si guardò le mani, le unghie mangiucchiate con un'ombra di sangue rappreso sotto di esse, erano piene di tagli che continuavano fin sulle braccia. Più che tagli sembravano graffi, probabilmente se li era fatta da sola. Non stava capendo. Dov'era? Si tastò le tasche dei pantaloni e in vita alla ricerca della bacchetta, ma era sparita. Cominciò a guardarsi attorno per cercarla ma un rumore forte la fece voltare verso la porta che notò solo in quel momento
    “Coraggio, Scott, puoi tornare a casa, così finirai di guarire” la donna dal viso bonario le andò in contro sorridendo e allungando una mano. Non sapeva chi fosse, sorrideva in modo gentile e le prese la mano per farla avvicinare alla porta. Guarire da cosa?
    “Ti sono venuti a prendere” continuò questa con il suo tono pacato
    -Chi?- chiese la scozzese titubante
    “I tuoi genitori!” rispose la donna come se fosse scontato
    -Cosa?- stava per arrestarsi, per strappare la mano dalle grinfie della donna che ora non appariva più la donnina pienotta e gentile di poco prima. Stava per puntare i piedi, chiedere spiegazioni, forse anche urlare qualcosa, ma le parole le morirono in gola quando, varcata la soglia della stanza bianca, si ritrovò in una camera più piccola e a lei famigliare. Era sempre stata una stanza piccola ma, quando ci viveva, le appariva ben più grande di ora. Il cuore accelerò mentre osservava quella moquette polverosa e macchiata, avrebbe riconosciuto ogni segno su quel pavimento su cui era svenuta tante volte. Il letto sfatto ora era troppo piccolo per contenerla, ma ricordava bene come avesse dormito più volte sotto di esso che sopra. Posò una mano sull'anta rotta dell'armadio alla sua destra e, forse avrebbe persino sorriso per la nostalgia se una voce non l'avesse raggiunta
    “Oh Reeeina” il tono cantilenoso la gelò sul posto. Il cuore accelerò ancora, martellandole nel petto e risuonando fin nelle orecchie. Il respiro le morì in gola quando, con un cigolio, la porta si aprì lentamente, lasciando che la figura di un uomo ne varcasse la soglia. Lo fissò, gli occhi di solito socchiusi e maliziosi erano ora sgranati e spaventati, sbarrati dal terrore mentre si ancoravano in quelli dell'uomo. Forse un tempo le era sembrato più alto, più grande, come la stanza in cui si trovavano, ma questo non servì a farla sentire meglio.
    “Che fai? Non abbracci il tuo vecchio?” l'uomo fece due passi verso di lei, investendola con il tanfo di birra e tabacco che era solito circondarlo. Poi rise, una risata bassa e rauca di chi fuma troppo, mentre la ragazza indietreggiava fino a schiacciarsi contro l'armadio. Continuava ad avanzare senza che lei avesse via di fuga e, se in un primo momento rimase immobile ad osservare quell'uomo che non vedeva da tanto, poi cominciò a tastarsi di nuovo alla ricerca del suo catalizzatore
    -Se ti avvicini ancora di crucio- gli sputò addosso con la cattiveria e la rabbia che aveva accumulato negli anni al suo ricordo, ma la bacchetta ancora non saltava fuori. E lei non sapeva usare la maledizione Cruciatus
    “Cos'è che fai?” chiese ancora ridendo “Oh, Reina! Ancora a parlare dei tuoi abracadabra? Avevano detto che stavi migliorando!” non aveva idea di cosa stava parlando, fermò la sua ricerca e corrucciò le sopracciglia mentre anche lui rallentava la sua avanzata
    “Pensavamo che ormai lo avessi capito” rise ancora, un sorriso maligno, sembrava quasi tagliente
    -Di che diavolo stai parlando?- urlò lei di rimando senza che il cuore accennasse a rallentare. Bastava la sua sola presenza a farle sentire di nuovo addosso quattro anni.
    “Sei solo pazza, piccola Reina, non te lo dicono tutti?” il sorriso si aprì maggiormente quando le fu ad un solo passo di distanza “Sei pazza!” continuò prima che, con uno scatto, le afferrasse il collo con la mancina e cominciasse a stringere. Reina portò entrambe le mani su quella del padre, graffiando, tirando, cercando di liberarsi
    “Povera ragazza pazza, rinchiusa in mezzo ai pazzi, che pensa di essere una strega” rideva ancora di lei e non accennava a lasciare la presa, mentre le gambe di lei cedevano e ritrovandosi entrambi sul pavimento “Lo sanno tutti che sei pazza! Pensavi forse di essere speciale?” rideva di gusto oramai, così distratto che, finalmente, Rei riuscì a liberarsi e, dopo essersi messa carponi, si issò nuovamente sulle gambe e con una spallata lo superò catapultandosi fuori dalla camera
    “Non puoi fuggire da me!” le urlò dietro l'uomo. Arrivò in quella che doveva essere la cucina, si, la ricordava. Piatti sporchi e bottiglie vuote erano sparse un po' ovunque mentre una donna, di spalle, mangiava senza prestarle attenzione. La Serpeverde si bloccò, osservò i lunghi capelli neri della donna mentre la testa si piegava appena verso la spalla destra
    -Mamma?- la donna non si voltò, ignorò la ragazza che la chiamava, confermando così la sua identità. Ma ormai Reina si era fermata, e l'uomo fu di nuovo su di lei. Con una mano le afferrò i polsi, mentre con l'altra le afferrò il viso stringendola per la mascella
    “Guarda che cosa ci hai fatto!” il volto dell'uomo era ormai una maschera di rabbia “Eravamo felici prima che arrivassi tu! Sei una vergogna! Sei una pazza! Tu sei maledetta!” di nuovo la ragazza si divincolò, liberandosi dalla presa. Svelta andò verso il tavolo dove la donna la stava ancora ignorando e a momenti cadde all'indietro quando, guardando finalmente il suo volto, lo trovò sfocato, quasi non ci fosse. Lei non ricordava il volto di sua madre. L'ennesimo insulto dell'uomo le fece riportare l'attenzione su di lui. Afferrò una bottiglia vuota e la ruppe contro il tavolo, mettendosi poi in posizione difensiva, con l'arma improvvisata rivolta verso l'uomo che da sempre infestava i suoi incubi
    “Che vuoi fare con quella?” sembrò trovare la cosa esilarante “Vuoi uccidermi, Reina?” lei arricciò il naso in risposta, sentendo la rabbia montare dentro di lei. Perché non avrebbe dovuto farlo? Voleva ucciderlo, voleva infilzargli il vetro acuminato nel collo e guardarlo negli occhi mentre annegava nel suo stesso sangue. Avanzò verso di lui, un passo alla volta, quasi cercasse di contenere la rabbia che stava provando in quel momento, quando l'uomo indicò la parete
    “Guardati, Reina”
    Lei voltò lo sguardo fino ad incontrare se stessa riflessa nello specchio sbeccato appeso alla parete
    “Guardati!” questa volta l'uomo urlò, aveva smesso di ridere “Sei come me” e fu peggio che ricevere una pugnalata in pieno petto
    “Vuoi picchiarmi? Vuoi uccidermi? Come hai fatto ai tuoi amichetti ad Halloween. Ti sei divertita, non è vero? Ti è piaciuto! Hai goduto nel vederli soffrire, perché tu sei come me! Guardati!”
    Specchi. Altri specchi sembravano comparire dal nulla, come richiamati dalle grida dell'uomo. Si guardava, Reina, il volto contratto nella smorfia famigliare che tante volte aveva visto su di lui. Quegli occhi dal taglio ferino, così simili a quelli di lui. Non aveva mai amato guardarsi allo specchio.
    “Tu sei come me” ripeté ancora l'unica figura maschile della stanza, che ormai non era più nemmeno la cucina che conosceva. Sembrava di trovarsi in un vortice scuro fatto di specchi, cocci rotti, con l'uomo adirato con il volto contratto in una smorfia sadica e la donna senza volto. Lasciò cadere la bottiglia rotta, si portò le mani alle orecchie per non ascoltare quello che le diceva. Chiuse gli occhi per non guardarsi più agli specchi che le passavano davanti
    -Non è reale. Non sono come te. Non è reale. Non sono come te- continuava a ripetere a mezza voce più a se stessa che a lui. Specchi. La donna senza volto. Lei non ricordava il volto di sua madre, e li volto non c'era. Non era reale. Era davvero una strega.
    -Finite incantatem!- urlò a sua volta in ultimo, disperato, tentativo di sovrastare la voce dell'uomo e dimostrare, a lui e a se stessa, che non era ancora così pazza.


    Reina Scott, Serpeverde IV anno.
    E' entrata nell'illusione ritrovandosi prima in una stanza di un manicomio, poi nella sua vecchia casa dove incontra il padre che cerca di farle del male e di farle credere di essere pazza, di non essere davvero una strega. Poi passa in cucina dove la madre fa colazione, giustamente, ma senza la faccia perché Reina non la ricorda, quindi non può essere nella sua visione. Qui si rende conto che la cosa che la spaventa di più è scoprire di essere tale e quale al suo carnefice, non solo nell'aspetto ma anche nei modi poco simpy. Lancia l'incantesimo che potrebbe riuscire perché gli specchi le potrebbero ricordare la lezione e il fatto che la donna non abbia una faccia potrebbe essere un leggero aiuto, ma lascio al proffe l'ultima sentenza ❤️
     
    .
  5.  
    .
    Avatar


    ★★★

    Group
    Corvonero
    Posts
    213

    Status
    spymode
    tumblr_278a09882104abc317d5d8bcce2d9a19_42ea688e_540
    Ogni volta che sento il nome di Daphne è come se realizzassi nuovamente che si trova in questa stessa stanza; mi ritrovo ad alzare lo sguardo dal foglio di pergamena e a guardare la serpeverde con la coda dell'occhio, come se questo sguardo fugace e non esplicito potesse confermare che si trova effettivamente lì. Poi senza neanche farlo apposta, mi ritrovo accanto una delle sue coinquiline a cui ho accennato una specie di saluto con la testa, la più eccentrica, che fino ad adesso è stata stranamente tranquilla. È soltanto perchè non ha ancora avuto modo di tirare fuori tutto il suo potenziale. La lezione è ancora lunga, c'è tempo.
    Torno a focalizzare la mia attenzione sul foglio scritto, un po' di soddisfazione la provo quando White mi fa capire che il mio intervento è pertinente alla lezione in corso. Parliamo di Dylan White, uno che - tolti i serpeverde - non ti dà chissà quante soddisfazioni, è raro. È evidente che abbia una preferenza per i verde argento e non si sforza nemmeno tanto per darlo a vedere, ma fin quando non penalizza me allora la cosa non mi crea particolare fastidio. Comunque qualcuno potrebbe notare il particolare interesse per la risposta del professore dalla pressione che impiego nel trascrivere le sue testuali parole. E se tutte le branchie del mentalismo sono capaci di creare un qualche tipo di illusione significa che potenzialmente ne sono capace anche io, sembra che cancellare ricordi possa avere più utilizzi di quanto credessi.
    Però fin tanto che rimaneva incontrollato, quel potere rappresentava più un ostacolo che altro: gli eventi di halloween citati dal White ad esempio, sono piuttosto offuscati nella mia memoria. Ricordo di aver visto dei ragazzi con il volto rigato dal sangue, di aver sentito urla strazianti provenire da ogni corridoio del castello ma sento che mi manca un pezzo, qualche elemento è stato censurato senza che io potessi impedirlo. Adesso era un po' come se ci venisse chiesto di far tesoro di quella esperienza, perchè si sa, quello che non ti uccide ti fortifica o ti fa solo diventare più pazzo. L'esercizio di oggi potrebbe avere questo effetto su alcuni e quando lo specchio si materializza anche di fronte a me, indietreggio appena con le spalle pensando che potrei uscirne con il cervello fottuto anche io. Sono uno che ha bisogno del suo tempo per analizzare le cose, ipotizzare gli sviluppo, supporre soluzioni per tempo, mentre invece la prova di oggi richiedeva una risoluzione immediata. Insomma, un bello schifo, una prova mentale contro se stessi. Guardo il mio viso riflesso sulla superficie dello specchio, di quello che apparentemente è soltanto uno specchio. Ma io ormai sono già proiettato oltre questa apparenza e nella mia stessa immagine vedo quello che potrei trovarmi ad affrontare una volta che mi sarò letteralmente immerso in questa specie di test psicologico. Avrei preferito un colloquio con un professionista ma direi che non mi resta alcuna scelta, sono a lezione, non ho tutta questa libertà di scelta su cosa mi piacerebbe o non mi piacerebbe fare.
    Abbandono la bacchetta come da istruzioni, la ripongo alla mia sinistra per poi afferrare con entrambe le mani lo specchio. Una parte di me spera che questo inferno sia clemente, l'altra parte sa perfettamente che non sarà così ed inizia anche ad immaginare cosa potrei vedere. Ho avuto tanto automaticamente da non rendermi conto di aver oltrepassato la superficie, ad occhi chiusi.
    Uno spiffero di aria gelida mi sfiora il collo, l'aria è densa ed umida, per niente piacevole.

    Dors mon enfant de rêve
    Dors mon coeur émerveillé
    Dors la nuit sera brève
    Dors mon coeur émerveillé
    Dors la nuit sera brève
    Dors mon coeur émerveillé



    La voce la riconosco nonostante non la senta da anni. È assurdo come certe cose restino ancora alla memoria, indelebili, impossibile da rimuovere nonostante gli sforzi.

    Dors mon enfant de rêve
    Dors mon coeur émerveillé...



    È la ninna nanna che mia madre mi cantava nella sua madrelingua, perché ha sempre ritenuto che il francese fosse tra le più raffinate delle lingue e lei amava apparire raffinata. In realtà lo era davvero senza particolare sforzo, il suo viso è sempre stato abbastanza delicato da conferirle senza sforzo l'aspetto di una persona a modo. Era raro, quasi impossibile vederla come la sto vedendo io adesso, al suo peggio - ...mamma? - lo chiedo come se fosse impossibile che quella donna con polsi e caviglie bloccati da spesse catene sia davvero mia madre. È davvero possibile? I lunghi capelli neri le ricadono sulle spalle. La sua voce si è fermata ma continua a dondolare sul posto abbracciando qualcosa al petto, non riesco a capire bene di che si tratta, non riesco a mettere a fuoco.
    - Il mio bel bambino - è irriconoscibile ma il tono della sua voce sembra essere l'unica cosa che non è mai cambiata, mi fa sentire così... sollevato. Non dovrei sentirmi così - il mio bellissimo Simon - non era mai stata troppo entusiasta della scelta del mio primo nome e da narcisista qual è, desiderava che anche io avessi un nome francese. Si accontentò di un secondo nome, ma finì per usare sempre e solo quello quando si riferiva a me. Non mi è mai importato troppo con che nome mi chiamasse, ma è da quando è stata arrestata che nessuno mi chiama più così. Non so come mi fa sentire ma automaticamente allungo una mano in sua direzione e realizzo che non posso spingermi oltre perché, a quanto sembra, sono incatenato alla parete esattamente come lei. Non è bene, è lei l'unica che dovrebbe stare in catene - perchè sei così severo con me? Non ti capisco - cosa - non vuoi stare qui a farmi compagnia per un po'?- sembra quasi che riesca a sentirmi pensare: non va bene - no, è stata una tua scelta. Io preferisco tornarmene a casa - non vorrei condividere con lei una cella di Azkaban: mi sollevo in piedi, lei fa lo stesso voltandosi poi lentamente verso di me. Sono quasi dieci anni che non la vedo, mi sono rifiutato decidendo piuttosto di tagliare ogni contatto con lei per preservare le belle memorie che avevo. Non me lo aspettavo, io credevo... io credevo che fosse irriconoscibile, invece il suo viso è proprio come me lo ricordavo. Nonostante i miei pensieri, nonostante ci siano molte domande a cui rispondere non emetto un singolo suono. Non riesco a pronunciare neanche una sillaba - guarda come ti sei ridotto... che hai fatto alle braccia? - sono segnate da brutti lividi sulla parte interna, proprio ad altezza del gomito. So di che si tratta, lo so fin troppo bene - no, io non faccio questo - ho visto come si riduce che si buca, ho visto come perdono definitivamente il senno e io non voglio questo, io voglio soltanto mettere il muro alle voci che sento nella testa per avere tregua, per respirare. Non sono così disperato - lo pensi davvero? - allora è vero che può sentirmi - lo pensi davvero? - me lo chiede ancora una volta, sempre più gelida in volto, sempre più severamente, sempre più vicina - io ti conosco Simon. Sei sempre stato un ragazzo così complicato - - che ne sai, tu non mi hai visto cresc... - - e lui non ha retto. Non ha retto tutto questo - una luce abbagliante e violenta si staglia dietro la sua figura illuminando a giorno l'intera stanza, lasciando solo lei in controluce. Lei e lui che pende senza vita dal soffitto. L'ho trovato io quel giorno. L'ho trovato così - era troppo debole per crescervi - sento il battito accellerare ad ogni maledetta parola pronunciata, sta facendo un monologo trovandomi impreparato a ribattere. Maledizione, non riesco a riordinare i pensieri, ad aprire bocca, riesco solo ad agitarmi accompagnato dal rumore della catene che sbattono sul pavimento in pietra ad ogni mio movimento - tu lo odi per questo - - io non lo odio! - -SI INVECE, NON SEI MAI STATO CLEMENTE CON LUI. TI REPUTI MIGLIORE? - bloccato, ferito, incatenato e adesso strangolato da qualcosa intorno al collo, qualcosa che non fa che aumentare la stretta come se fosse un maledetto serpente strangolatore.
    Invece è una corda, esattamente come quella usata da mio padre. Ed esattamente come se stessi rivivendo le sue sensazioni di quel giorno, mi sento trascinare verso l'alto e mancare sempre di più il respiro. Il battito accellera ogni istante - ammetti di odiarlo - mi fissa impassibile. Lei continua a fissarmi impassibile, come se non fossi suo figlio ma un fantoccio di stoffa. È questa la donna per cui ho pensato di provare rispetto? Per chi è che provato ammirazione? - AMMETTILO, SIMON - era la sua tenacia a piacermi, la sua fiducia in un progetto ma ora mi sento solo un idiota. boccheggio nel tentativo di parlare, nel tentativo di dire qualcosa.
    angry-timothee-chalamet
    Vorrei dirle che non sa nulla di come sono andate le cose, che non sa niente di come sono io, che non è la donna che vuol far credere di essere, che è lei a non essere migliore. Nè di me, nè di Emilie, nè di mio padre - fini..te... - non è migliore di nessuno di noi, non lo è mai stata, non sarò vittima della sua illusione - finite incantatem! - tutto d'un fiato mi escono di bocca quelle uniche due parole che forse possono far terminare questa follia. Mi ci aggrappo consapevole del fatto che possono essere l'unico modo per togliermi via la corda dal collo.

    Hunter Moore, V anno, Corvonero

    Interagito appena appena con Reina e citata Daphne.
    Dopo un attimino di esitazione, tuffa la faccia nello specchio e nel suo incubo vede la madre e il padre morto.
    Fa un primo tentativo nel pronunciare la formula ma non riesce. La seconda volta la pronuncia per intero.
    Ho lasciato l'azione in sospeso senza determinare con precisione il risultato!




    – – – – – –

    scheda | mailbox
     
    .
  6.  
    .
    Avatar


    ★★★

    Group
    Professore
    Posts
    163
    Location
    Kylkenny, Irlanda

    Status
    i'm sleeping
    Dylan
    L’esercizio a cui Dylan li avrebbe posti poteva sembrare una bazzecola per i più, forse animati dalla sfacciataggine data dalla loro giovane età, ma che in realtà nascondeva profonde insidie. Sicuramente, quei ragazzini, si sentivano invincibili magari spronati nella loro idea dalla stessa semplicità dell’illusione mista a comando data dalla formula sperimentale che l’Imperio aveva avuto su di loro. Se avessero sottovalutato il compito sarebbero periti una volta nello specchio, di questo l’uomo ne era certo poiché la presunzione non era mai la forma mentis ideale per affrontare una situazione sfidante come poteva essere l’inganno celato nello specchio. Dylan batté le mani richiamando ancora una volta la loro attenzione e scandendo a parole i tempi diede il via all’esercizio. Non tutti al via chinarono il capo verso l’oggetto, anzi, alcuni di loro si guardarono timidamente intorno cercando qualcosa d’indefinito negli altri compagni prima di voltarsi verso lo specchio e riflettersi al suo interno. L’oggetto era incantato con un sortilegio in grado di scavare nell’intimo della sua vittima ricreando l’illusione perfettamente reale ai suoi occhi – intesa come qualità dell’immagine – del proprio scenario infernale. Il molliccio riusciva a ricreare l’oggetto o la persona che invocava la propria paura, quello specchio invece la situazione. Sarebbe stato peggio di Halloween per loro perché se quel veleno aveva svegliato la parte più aggressiva e oscura, quell’illusione sarebbe andata a prendersi gioco del loro intimo ponendoli di fronte alla vera paura che si portavano dietro e ciò che era peggio è che l’avrebbero dovuta affrontare. Cosa si celava quindi dietro quelle facce arroganti? I suoi occhi freddi come l’ossidiana si fermarono sulla figlia, china sullo specchio, il viso per metà ingoiato dall’illusione, immobile, come lo erano tutti e si concentrò estendendo il potere alla sua mente per farsi un giro in quello che era il suo inferno. “Di cosa hai paura, Rosie?” Si chiede mentre le labbra si piegavano in una sbilenca linea di soddisfazione nel vederla correre attraverso un bosco, affannata mentre invocava il suo nome. Debole. Come sempre. S’atteggiava a adulta, cercava di bypassare la sua figura inventando mille stratagemmi per sfuggire al suo controllo e poi cadeva su cose banali come l’idea che non sarebbe venuto a conoscenza del suo comportamento da puttana con Harris. Confidare i segreti ad un essere così infimo e indegno della benché minima fiducia che non aveva perso tempo a sbugiardarla in pochi secondi. A lui non aveva cantato del suo dono, nemmeno un accenno e così facendo si era fregata con le sue stesse mani.
    «Finite Incantatem!» L’urlo di uno dei ragazzi lo ridestò dall’impicciarsi del loop della figlia. «Bentornato signor Carter-Johnson», mormorò pigramente un po’ deluso dal fatto che il primo ad uscirne non fosse una delle sue Serpi predilette – confidava in miss Andersen che si poteva dire essere la più allenata su quel fronte rispetto agli altri – ma un Tassorosso. Agitò la bacchetta comandando ad un bicchiere d’acqua di giungere presso il banco del ragazzo. «Beva e sfrutti questa attesa per riprendersi.» Sentenziò quello che era un ordine celato dalla cortesia. Un secondo respirò più affannati indicò che una nuova persona era riuscita a liberarsi. “Per poco.” Davvero una manciata di secondi separava la vittoria del Tasso dalla sua prediletta. Dylan le si avvicinò posandole delicatamente, con leggerezza, una mano sulla spalla mentre sondava il viso della ragazza quasi ad infonderle una sorta di sicurezza paterna ed invitò anche la prefetta a bere dell’acqua. Tornò a passeggiare tra i banchi osservando le nuche dei capi chini, privi di coscienza, di chi era ancora bloccato nel proprio scenario. Ancora un altro urlo mozzato, il fiato grosso dello spavento, che palesò il ritorno alla dimensione reale di un’altra studentessa seguita da altri, gli ultimi.
    «Ancora cinque minuti.» Sentenziò la voce del docente che imperturbabile passeggiava tra i banchi scrutando i capi di chi ancora non era rinvenuto dall’incubo. Il suo sguardo saettò verso alcuni, impaziente, mentre il ticchettio delle scarpe eleganti sul pavimento di pietra scandiva i secondi. “Avanti!” C’erano alcuni, i suoi preferiti, quelli che avevano dimostrato una certa attitudine verso la sua materia per la quale desiderava la riuscita, eppure, quei minuti di vuoto, di capo immerso nell’illusione, dicevano il contrario dimostrando al White che anche uno come lui poteva sbagliare, dono o non dono. Naturalmente, questo, il mago faticava ad accettarlo. Due ritorni in superficie quasi fossero in apnea, simultanei e perfino dello stesso banco. «Molto bene signor Moore», un nuovo sorriso elargito al Corvonero prima di posare i bicchieri a lui e alla Scott che venne graziata anch’essa per la performance. I suoi cavalli, alla fine, non sbagliavano mai ed il suo ego rimase ancora una volta intaccato. Lo sguardo integerrimo sorvolò la stanza soffermandosi sulle cinque teste ancora poggiate. «Non vi ho dato il permesso di chiacchierare, riposatevi per la prossima parte ma fatelo in silenzio.» Sentenziò plumbeo richiamando per il brusio di fondo che era andato a crearsi. Dylan, alle sue lezioni, non tollerava che volasse nemmeno una mosca. Attese ancora qualche istante gioendo che tra gli ultimi, tra i fallimenti, ci fossero entrambe le sue vittime designate: Harris e... sua figlia. Un piccolo passo alla volta avrebbero pagato.
    «Finite Incantatem!» Mosse con impeto la bacchetta per strappare dalla prigione dello specchio gli ultimi rimasti. Ovunque si fossero persi i ragazzi si sarebbero sentiti strappare da una forza mentre una potente luce bianca li avrebbe investiti travolgendoli e avvolgendoli riportandoli, infine, alla realtà. Sarebbero quindi tornati in superficie annaspando, in cerca d’ossigeno, magari guardandosi intorno con ancora negli occhi i fotogrammi dell’ultima scena che si era parata loro di fronte. Pura soddisfazione per il mangiamorte, al limite del godimento, assistere alla prima reazione dell’Harris. Trattenne la sua espressione affinché sulle labbra non si piegassero in una smorfia di soddisfazione e con un movimento del polso – e della bacchetta – nuovi bicchieri colmi d’acqua giunsero dai ragazzi.
    «Torneremo su questo preciso esercizio per le prossime tre lezioni. L’obiettivo finale e, possibile argomento d’esame, è la riuscita di questo incantesimo e per voi un esercizio, ulteriore certo, a combattere le paure», che non si dicesse che non lo faceva per loro – anzi! – a modo totalmente suo andava temprandoli. «Ma visto che più della metà dei partecipanti ha avuto difficoltà faremo uno step indietro e per farlo lavorerete a coppie. Le coppie sono: Andersen e Carter eccetera, Wheeler con Harris, Moore e Duvall, Scott e Métis...» continuò ad accoppiare gli alunni fino a che, dispari, rimase unicamente Rose. «White con me», scandì, tetro. «Nel prossimo esercizio vi insegnerò a creare un’illusione. L’incantesimo è estremamente semplice ma differisce dallo “Steleus” citato dal signor Moore per la tipologia. In questo caso specifico andremo a ricreare e immaginare un incubo e lo andremo a creare noi. La formula dell’incantesimo è “Obscura Illusio”. Sui vostri banchi compariranno delle sfere di cristallo nella quale, per dieci minuti, vi eserciterete singolarmente nell’incanto. Non appena la sfera si sarà colorata di una densa nube nera sarete pronti. È importante, affinché l’illusione prenda vita, che vi focalizziate sull’incubo che intendete far vivere all’altro mentre la controparte che subirà l’effetto, per uscirne, dovrà sempre utilizzare il “Finite Incantatem”. È tutto chiaro? Avete domande?» Lì osservò prima di compiere un ulteriore movimento della bacchetta che avrebbe richiamato le sfere di cristallo. Una ad una si sarebbero posate sui banchi permettendo ai ragazzi d’esercitarsi con l’illusione e, successivamente, quando si sarebbe colorata del fumo nero passare alla “cavia umana”. A turno, ognuno di loro, avrebbe richiamato da dentro sé il peggio.
    Fermò l’incedere davanti al banco di Rose dove, puntellando le estremità delle dita, si chinò: «la attendo alla cattedra quando avrà finito», le scoccò un’occhiata funerea e si voltò per andare alla cattedra dove avrebbe monitorato gli studenti compiere l’esercizio.


    Passiamo alla ciccia. Riepilogando:

    ESITI DECISI DAI PLAYER:
    Daphne: riuscito
    David: fallito
    Marshall: riuscito
    Rose: fallito
    Ruby: fallito

    DECISI DAL MASTER:
    Hunter: riuscito
    Skylee: fallito
    Halley: fallito
    Reina: riuscito

    RIEPILOGO COPPIE:
    Rose con il prof
    Daphne - Mars
    Halley - David
    Hunter - Ruby
    Reina - Skylee

    Nel prossimo post vi viene chiesto di esercitarvi sul nuovo incantesimo: Obscura Illusio, l'incantesimo verrà inserito in elenco a fine della lezione ed è inventato da me. Le sue caratteristiche saranno:

    CLASSETIPOFORMULADESCRIZIONE
    STUD VNERObscura Illusioincantesimo in grado di generare un'illusione oscura. ©


    Essendo un incantesimo del V anno tutti gli studenti del IV presenti potranno darlo per appreso ed inserirlo a parte nel proprio pensatoio (ricordate a fine lezione di farlo o non potrete utilizzarlo, nel caso, fino al passaggio d'anno superiore - Buon Natale :*o*: )
    Al termine dell'esercitazione, quando la sfera darà fumo nero, potrete procedere a coppie. Organizzatevi i turni delle coppie come meglio credete l'importante è che uno dei due narri l'esecuzione dell'illusione sull'altro studente e la tipologia d'incubo in cui lo immerge. La vittima, invece, dovrà riuscire a uscire dall'incubo. A voi le vendette o i dispetti :pecorahell:

    Nel prossimo giro (e ultimo) invertirete la coppia: chi era la vittima passerà ad essere il carnefice e viceversa. Le vittime che non riusciranno ad uscire saranno ovviamente (o forse no? 👀) tirate fuori dall'incubo da Dylan. Per le vittime che decidessero di lasciare l'esito aperto sono pregate di specificarlo in spoiler così come se l'esito lo volete decretato da me o dal dado!

    Per Rose Mia White, inizia tu 🖤




    Ricordo a tutti le regole basilari di una role multipla: LO SPOILER.
    Per ogni spoiler dimenticato verranno sottratti 10 punti alla casa d'appartenenza del player dimentico.
    Siete tenuti a scrivere: Nome, Cognome, la casa di appartenenza e l’anno frequentato + LA COPPIA D'APPARTENENZA. In più, una breve descrizione delle vostre azioni nominando i pg con cui avete interagito o solamente citato.
    Esempio:
    “Tizio Caio, III anno, Dittorosa - IN COPPIA CON LOCKE
    Entrato in classe e risposto ad una delle domande, interagito con Pinco Pallo”

    Non esistono risposte propriamente giuste o sbagliate, sbizzarritevi con i ragionamenti e DIVERTITEVI!

    Per dubbi circa lo svolgimento di una lezione invito a leggere il regolamento di cui di seguito riporterò un estratto circa i ritardi:
    CITAZIONE
    “Indi per cui, post che arriveranno oltre la scadenza saranno valutati con un MALUS FINO A -30 PUNTI alla casa di appartenenza dello studente e, a discrezione del professore master della lezione, la cancellazione del post stesso con annesso punteggio dimezzato alla voce presenza e obbligo di recuperare entrambi i giri.”

    Scadenza martedì 27 entro le ore 23.59.
    NON SONO ACCETTATE RISPOSTE OLTRE LA SCADENZA. NON SONO ACCETTATI ULTERIORI STUDENTI DA QUESTO MOMENTO IN POI.
    Andrò avanti postando mercoledì. :flow:


    Si ringrazia Liv · per le sfere.


    Edited by Dragonov - 20/12/2022, 01:07
     
    .
  7.  
    .
    Avatar


    ★★

    Group
    Member
    Posts
    55

    Status
    i'm sleeping

    Mars Carter-Johnson

    Imperlato di sudore, Mars fu il primo - con sua enorme sorpresa - a riemergere dal suo inferno personale. Tornato alla realtà, impiegò qualche istante per riprendersi dall'ultima scena alla quale aveva assistito. Il cuore batteva forte, si sentiva la bocca secca e il respiro dimezzato. Fu solo quando il White lo incitò a prendere il bicchiere che aveva fatto fluttuare fino al suo banco, che Mars si rese davvero conto di essere tornato nella classe di difesa contro le arti oscure. «Grazie.» annuì brevemente al professore, facendogli un breve cenno col capo e senza farselo ripetere due volte, tracannò quell'acqua immaginando che fosse un bel boccale di burrobirra fresca. In effetti, avrebbe dovuto chiedere alla professoressa Huxley di insegnargli qualche trucchetto in proposito. Esistevano storie che raccontavano di un uomo che si divertiva a trasformare l'acqua in vino, Mars proprio non vedeva il motivo per cui lui non avrebbe potuto tentare di trasformarla in whisky, o tequila, o - appunto - burrobirra.
    Il tassorosso ascoltò distratto il professore mentre concedeva del tempo per riprendersi agli studenti che riuscivano a liberarsi dalle grinfie dello specchio incantato. Davanti agli occhi aveva ancora l'immagine delle fiamme che divampavano in quella che era stata, ed era ancora, casa sua. Percepiva il calore delle fiamme bruciargli il viso, sentiva lo scoppiettiò delle fiamme, il boato che emetteva mentre le fiamme divoravano tutto ciò che incontravano; aveva ancora l'odore di bruciato nelle narici. E poi, l'immagine della madre, il fratellino inerme tra le sue braccia, il padre che sembrava tornato in vita e - come aveva pensato tante volte, durante quegli anni - era deluso da lui.
    Quando sentì pronunciato il suo nome, Marshall ebbe un sussulto e si guardò intorno, come disorientato. «Psss, bionda. Cosa mi sono perso?» sussurrò il Carter-Johnson in direzione di Ruby, la concasata, ma prima che quella potesse rispondergli, tutto fu chiarito dal professore che, come se niente fosse, riprese a spiegare. Davanti all'anticipazione del White, il quale preannunciò che sarebbe tornato presto sull'argomento - ma soprattutto sull'esercitazione - gli studenti reagirono in tanti modi diversi: ci fu chi accolse la notizia come non fosse quanto di più simile ci fosse ad una ginocchiata sui denti, chi sospirò abbattuto e chi semplicemente annuì, manco avessero partecipato ad un pincnic. Mars, in particolare, non fu tanto entusiasto di sapere che non era tutto finito lì, ma poggiò una guancia al polso e restò ad ascoltare il professore, mentre questi divideva la classe in coppie e spiegava quale sarebbe stato il nostro compito. Si trattava principalmente di apprendere un nuovo incantesimo, uno che aveva il potere di dar via ad un'illusione negativa, per così dire. Insomma, niente unicorni, né nuvole di zuccherato filato, quando si trattava della magia oscura bisognava essere concreti, preparati (e soprattutto al peggio). Alzò le sopracciglia in un cenno di intesa che lanciò alla concasata, cercando di rincuorarla per l'esito incerto del suo precedente esercizio. In fondo, persino Mars era convinto che - se l'illusione non si fosse tradita all'ultimo - probabilmente ci sarebbe cascato persino lui.
    Osservò la sfera di cristallo che gli era stata posizionata sul banco e provò a bussare piano contro di essa, assecondando uno stupido istinto infantile. Sì, il fanciullino che dimorava nel tassorosso non si era mai spento, ma anzi, lo rendeva estremamente curioso e in grado di meravigliarsi anche davanti alle piccole cose. Una qualità che, probabilmente, lui non sapeva nemmeno di possedere.
    Memorizzati gli step in cui si sarebbe articolato l'esercizio e constatato che nessuno si sarebbe permesso di fare qualsivoglia domanda al professore, il biondo si armò di bacchetta e, raddrizatosi sulla schiena, si schiarì la voce. L'incanto non riuscì immediatamente, ma anzi, Mars si ritrovò a fare più tentativi, prima di vedere la nube scura espandersi dentro la sfera di cristallo. Quando finalmente ebbe successo, non ci pensò due volte e, senza nemmeno avvisare Ruby, prese posto proprio difronte a quella che era stata indicata come la sua avversaria in quel gioco piuttosto sadico in cui il professore aveva deciso di coinvolgerli. «Daphne Andersen, giusto?» fece lui, abbastanza certo di non aver sbagliato. Non c'erano tante ragazze dai capelli biondo platino e la pelle diafana, ad Hogwarts. «Il tuo peggior incubo è qui.» disse ironicamente, poggiandosi una mano sul petto e imitando una frasetta da seduttore che immaginava potesse usare un qualsiasi serpeverde, casata alla quale la ragazza apparteneva. «Scherzo, più o meno. Mars.» si presentò poi con un sorriso. Concluse le formalità, Mars accavallò le gambe, incrociò le braccia al petto e osservò la verde-argento per qualche minuto, cercando di immaginare cosa - la sua mente - avrebbe potuto inventarsi per riuscire a mettere in difficoltà la sconosciuta. Per quanto quella non fosse l'unica materia che avevano in comune e il suo nome non gli fosse sconosciuto, non si poteva dire che i due si conoscessero ed era piuttosto complicato spaventare qualcuno di cui non si sa praticamente niente. «Pronta?» la provocò il ragazzo, con un sorriso furbo sulle labbra. Era pronto per dar vita all'esercizio, aveva persino alzato il catalizzatore...quando si interruppe. «Ah, e vedi di non rigarmi la scopa, se dovessi riuscire nel mio intento.» la ammonì, fingendosi serio per qualche breve istante. «Obscura Illusio.» sillabò il tasso, con un movimento deciso del polso.
    E' un tardo pomeriggio di inverno, ti trovi nella strada principale di un villaggio dall'aria familiare, ma che non riesci a riconoscere, probabilmente perché ha conservato molto poco del suo glorioso passato: la maggior parte delle abitazioni sembrano in rovina, disabitate; quelli che un tempo erano negozi conservano solo le insegne, alcune delle quali cigolano a causa della fredda brezza invernale che le culla a cadenza irregolare, uno spiffero ghiacchiato che si insinua sotto ai vestiti di chi non è abbastanza coperto per affrontare un clima tanto rigido. Malgrado siano passate da poco le 18, intorno a te è buio. L'unica cosa che ancora illumina i vicoli intorno a te è il riflesso della luna che, timida, si fa spazio nel cielo nuvoloso. L'odore di stantio ti pizzica le narici a causa delle pozzanghere che si allargano tra i ciottoli irregolari di cui si compongono le strade. Ma non è tutto qui e se potessi farti luce con qualcosa, lo noteresti: enormi trame di fili sottolissimi di una sostanza fluida e gommosa ricoprono gran parte dei tetti degli edifici, delle facciate e si concentrano negli angoli più bui. Basterebbe un'occhiata più attenta per capire che si tratta di ragnatele, ragnatele enormi.
    Un susseguirsi fitto e veloce di rumori secchi, ma decisi ed insistenti alle tue spalle ti costringe a girarti su te stessa. Crak. Ti accorgi di aver schiacciato qualcosa. E' viscido e appiccicoso, lo noti dalla difficoltà che impieghi quando cerchi di allontanarti e te ne andresti, se solo qualcosa non si fosse mosso nel buio. Senti di nuovo i ticchettii, li senti muoversi da una parte all'altra, protetti dall'oscurità. Improvvisamente, quando finalmente ti sembra di aver intravisto una via di fuga, lo vedi: un'enorme ragno con otto occhi, una fitta peluria scura e un paio di pinze abbastanza grandi da mettere in allarme chiunque sia dotato di intelletto sta avanzando lentamente verso di te, facendo capolino dalle tenebre dentro cui era nascosto. Insieme all'enorme creatura, altre acromantule di piccola e media dimensione escono dalle tane e si calano dalle incredibili ragnatele proprio sopra la tua testa.
    Già, quello che hai schiacciato era un uovo di acromantula.

    Marshall Carter-Johnson, IV anno, Tassorosso - COPPIA: Daphne - Mars

    - Riemerso dallo specchio, Mars impiega un po' di tempo per riprendersi e ripensa a ciò che ha vissuto;
    - Interagito brevemente con Ruby, dopo essersi distratto un momento;
    - Si esercita per un po' con l'incantesimo, poi, non appena riesce ad ottenere il risultato sperato si fionda sulla Andersen per procedere con la prova vera e propria;
    - Nel primo spoiler c'è descritta l'incubo in cui si troverà Daphne.
    :flow:
     
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Serpeverde
    Posts
    308
    Location
    Bronx, USA

    Status
    spymode
    null
    David non aveva mai dato importanza agli incantesimi mentali, si poteva dire che li aveva sempre sottovalutati perché non li trovava di alcun utilizzo, soprattutto durante un duello perché ciò che gli avevano insegnato era che, per vincere, la forza e l'agilità erano tutto. Era vero per il corpo a corpo, in quello era esperto perché, nel Bronx, le cose si risolvevano così, la magia, spesso, passava in secondo piano a meno che non si trattasse delle Maledizioni senza Perdono. Era così che suo padre ragionava e infatti lo torturava a mani nude, quando era particolarmente arrabbiato, o tramite Cruciatus quando era di buon umore. Ed era esattamente ciò che stava facendo nell' illusione di cui era vittima. Il dolore era talmente forte e reale che non era riuscito a pronunciare la formula per mettere fine a quella tortura. Urlava nella sua mente, mentre sentiva le ossa spezzarsi sotto le mani di suo padre, era atroce quello che gli stava facendo. Giurò a se stesso che lo avrebbe fatto fuori nel peggior modo possibile, prima quella puttana e poi lui, nessuno sarebbe scampato alla sua ira. D' un tratto venne strappato via da quel posto, riaprì gli occhi e si ritrovò di nuovo in aula. Respirò a fatica, portandosi una mano in gola per accertarsi di essere ancora vivo, lo aveva visto prendere una corda prima di essere smaterializzato altrove. Che cazzo voleva fare? Soffocarlo? Si massaggiò le tempie e un brivido di terrore gli percosse la schiena; sapeva che lo avrebbe fatto anche nella vita reale, ne era capace. Dean Harris era un sadico bastardo che provava piacere nel vedere le sue vittime soffrire e per lui era lo stesso. Erano pur sempre padre e figlio, qualcosa in comune dovevano averla. Forse non era ancora al suo livello, ma ci stava lentamente arrivando. Bevve tutto d'un fiato il bicchiere d'acqua davanti a lui, ne aveva bisogno. Controllava a stento la sua forza, era così nervoso che per poco non lo ruppe.
    Dopo averlo sbattutto sul tavolo, guardò con la coda dell'occhio Rose, anche lei era sconvolta. Voleva dirle qualcosa ma la voce di faccia da culo numero due glielo impedì. Che palle, Merlino. Di nuovo in coppia, si era rotto il cazzo di collaborare. Quando sentì il nome della sua partner, però, ghignò. Gli era andata bene, si sarebbe divertito a tormentare Halley paladina di 'sto cazzo Wheeler. A quanto pare erano destinati a farsi fuori una dimensione alternativa. Ascoltò con attenzione la spiegazione del docente, finalmente un po' di pratica! «Fallo soffrire, Rose.» La incitò. Era in coppia con lui e, anche se non sapeva niente del rapporto tra i due, era palese a tutti che qualcosa non andava. Quel bastardo era andato verso la Andersen, non verso di lei. Il minino che poteva fare era fargliela pagare per un' umiliazione simile. Nel mentre, sul banco apparve una sfera, una di quelle che si usavano a Divinazione. Altra materia inutile. L'incanto gli piaceva particolarmente, così, senza pendere tempo, prese la bacchetta e si esercitò per dieci minuti, applicandosi per la prima volta da quando era iniziato l'anno scolastico. Si trattava pur sempre di magia nera, utile per la sua futura vendetta. L'avrebbe testato anche sul vermetto. Dopo svariati tentativi una nube particolarmente scura apparve all' interno della palla di vetro, bene. Più scura era più potente sarebbe stato l' incanto, o almeno così credeva.
    I dieci minuti erano passati, vide Rose alzarsi e dirigersi lentamente verso la cattedra e la Wheeler andare in sua direzione. La aspettava a braccia incrociate e con un sorriso sadico in volto. Quella ragazza lo stuzzicava in modo particolare, faceva uscire il peggio di lui e, in un certo senso, anche quella che era la sua vera essenza. «Paladina di 'sto cazzo di nuovo insieme, non sei contenta?» Ma certo che lo era, infondo era in compagnia di David Harris. Si sedette e lui si girò completamente verso di lei con la bacchetta in mano, gli occhi neri si strinsero leggermente e, prima di iniziare l'esercizio, le osservò per un attimo le gambe. In Sala Trofei non ne aveva avuto la possibilità. Anche lei ha belle gambe come Rose. Si leccò le labbra e si concentrò, non era il momento di pensare a quelle cose. «Pronta a frignare?» Lo avrebbe fatto, eccome se lo avrebbe fatto. Visualizzò nella sua mente l' incubo a cui l' avrebbe sottoposta e poi con voce decisa disse: «Obscura Illusio.» Agitò il polso e lasciò che l'inferno la inghiottisse.

    CITAZIONE
    Sei in un cimitero sotto forma di fantasma, davanti a te c'è una bara con dentro il tuo corpo. Persone senza volto ti stanno dando l' ultimo saluto, sono vestite di nero e dicono parole in una lingua sconosciuta. Un uomo in rosso ha una tua foto, la brucia alzandola in alto. Non sai se è un funerale o un sacrificio. La bara viene chiuse, messa sotto terra e coperta dal terreno bagnato. Poi non sei più un fantasma, sei di nuovo dentro il tuo corpo. Apri gli occhi e vedi solo il buio: sei seppellita viva.




    David Harris, V anno, serpeverde
    Esce dall' illusione, prende aria e si assicura di essere vivo. Ascolta la spiegazione, cita Daphne e poi interagisce con Rose. Si esercita, poi aspetta Halley e quando arriva interagisce. Poi dice l' incanto.


    Edited by David_ - 23/12/2022, 00:25
     
    .
  9.  
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    178

    Status
    i'm sleeping
    zen300
    Non capì immediatamente di essere tornata alla realtà. Ci mise qualche secondo a rendersi conto di non sentire più la voce di suo padre ma solo il tacchettio delle scarpe del professore sulla fredda pietra e i sospiri esausti dei compagni che, come lei, erano riusciti a venirne fuori. Riaprì gli occhi lentamente trovandosi davanti quel maledetto specchio che le restituiva il suo riflesso. Non aveva segni sul collo, niente gote arrossate, nemmeno il fiato corto di chi ha davvero provato a scappare e lottare contro una persona, solo il battito accelerato era il segno rimasto di ciò che era accaduto e la conferma di averlo vissuto davvero nella sua mente. Si fissò ancora nei suoi stessi occhi, quegli occhi che ora le risultavano più cattivi, e poi abbassò la superficie riflettente verso il banco così da non doversi più guardare. Afferrò il bicchiere gentilmente offerto dal professore e, dopo aver alzato il calice (?) verso Hunter, mormorò un sommesso -Salute- prima di avvicinarlo alle labbra e berne un sorso
    -Mh. Sarebbe stato meglio se fosse stato rum- bisbigliò tra sé e sé mentre l'uomo era concentrato a riportare alla realtà Harrys e la bella White. Quei due si erano proprio trovati.
    Combattere le paure, diceva il vicepreside, ci aveva provato poco tempo prima buttandosi in piscina e credendo che quello fosse il suo più grande problema, ora scopriva invece tutt'altro. Forse sarebbe stato più utile mettersi davanti ad un molliccio prima per scoprire cosa avrebbe dovuto combattere dopo, ma in fin dei conti non le dispiacevano le sorprese, di questo tipo almeno. Mettevano la giusta dose di pepe alle cose, e i traumi formavano il carattere, dicevano. Quindi non si lamentò nello scoprire che avrebbe provato a tormentarli per tre lezioni consecutive, quasi le piaceva questo livello di sadismo a cui si stavano sottoponendo. Invece, mentalmente, si lamentò di ciò che venne dopo: coppie. Di nuovo. Mannaggia a quella puttana di Morgana. Ma che avevano tutti contro l'individualità? Avrebbe accettato di buon grado le coppie solo nel caso li avessero fatti duellare, tutto il resto era solo un enorme fastidio, anche se si trattava di Difesa. Se poi si aggiungeva il fatto che dovesse avere a che fare con la Caposcuola di Corvonero, i suoi occhi non si trattennero dall'andare a fissare il soffitto. Di bene in meglio. Non aveva mai avuto modo di parlarci o interagirci, di lei sapeva ben poco a parte che fosse un dito in culo quando si trattava di regole, sempre precisa in modo quasi maniacale, era il suo esatto opposto. Si fermò ad osservare la biondina anche dopo che la sfera comparve sul suo banco, decisa a pensare prima a cosa farle vivere, invece di lanciarsi direttamente sulla palla di vetro senza idee. Di Skylee sapeva solo una cosa: frequentava Dragonov. Fine.
    Era quello il tipo di ragazza adatta ad un burbero musone? Era forse lei la persona cara, o una delle persone care di cui parlava Axel? Anche lui era caro a lei?
    Merlino, per un esercizio del genere sarebbe stato molto più bello trovare qualcosa di personale, qualcosa che le facesse tremare le viscere e stare sveglia di notte a ripensarci, ma per qualcosa del genere avrebbe dovuto conoscere bene la sua vittima. Reina avrebbe potuto sfruttare solo le poche informazioni sulla bionda che poteva estrapolare da ciò che aveva visto, con il rischio che non si spaventasse affatto e renderle l'esercizio più facile del previsto, oppure puntare su qualcosa per nulla personale, universalmente spaventoso, ma assolutamente banale. I polli, per esempio. Essere circondata da galline dagli sguardi crudeli, con becchi affilati e quelle disgustose creste rosse che ondeggiavano ad ogni passo artigliato. Buoni, eh! Da cotti. Comunque, la banalità l'avrebbe lasciata sempre ad altri, che vita sarebbe stata senza un po' di rischio?
    Alzarò la mano con un sorrisetto soddisfatto verso il prof. Va come impara, la ragazza! Una studentessa modello. Da ora avrebbe sempre alzato la manina. Forse. Comunque non aveva alcun dubbio, solo curiosità che non era in grado di tenersi in tasca, così attese che il proffe le desse la parola
    -Ed è una tecnica usata spesso nei duelli o in situazioni.. particolari? In fin dei conti mentre la vittima è bloccata nell'illusione, il suo corpo rimarrebbe qui e potrebbe capitarle qualunque cosa, no?- chiese, ricordandosi di come, ad Halloween, si fosse risvegliata con la faccia nel piatto e una patata nel naso
    -Una versione psicologica di un Incarceramus- partendo da quella base c'era il potenziale per fare di tutto, dalla più basilare tortura, alla distrazione, al rallentamento o all'ostacolare per tentare una manovra d'attacco. O uno scherzo tra amici. Insomma, gli scenari erano vari ed eventuali, rimaneva il fatto che quell'incantesimo era un equivalente di una prigione mentale, e ora il professor White stava insegnando loro a scassinare la serratura. Molto interessante.
    Rivolse poi la sua attenzione alla sfera di cristallo comparsa sul banco e, dopo averne studiato la trasparenza, si concentrò ad immaginare qualcosa di adatto per la piccola e tenera corva finita sotto le sue grinfie. Afferrò la bacchetta messa da parte in precedenza, la usò per grattarsi la tempia destra mentre, ad occhi chiusi, immaginava uno scenario adatto
    -Obscura Illusio- enunciò dopo aver puntato la palla di vetro con il catalizzatore ma, probabilmente, non vi stava imprimendo la giusta volontà o forse il quadro che si era dipinta nella testa non aveva abbastanza particolari da risultare soddisfacente, infatti la sfera si riempì solo di una nebbiolina leggera, e si ripeté di nuovo un paio di volte. La fronte si corrucciò andando ad aggiungere dettagli per rendere tutto credibile, pensò al colore del cielo notturno, ai rumori udibili nella foresta, a quelle minuzie che non erano mai protagoniste al primo sguardo ma la cui assenza avrebbe lasciato un enorme vuoto. Pensò all'odore del muschio umido ai riflessi della luna sulle pietre e sulle pozze d'acqua. O di sangue. Quindi, di nuovo, raddrizzò le spalle ed allungò la bacchetta davanti a se, quindi pronunciò le parole dell'incantesimo e attese fino a quando la sfera non venne riempita da un denso fumo nero. Sembrava esserci riuscita, ghignò e si alzò per raggiungere Sky alla sua postazione
    -Metis- la salutò subito prima di ammiccare in modo lascivo con l'occhio sinistro, quasi ci stesse provando con lei -Spero di strapparti almeno un sussulto- l'angolo destro della bocca si alzò verso l'altro -Pronta?- chiese poi attendendo una sua risposta affermativa prima di cominciare.
    Come al suo banco, raddrizzò la sua postura solitamente rilassata, stese il braccio, e puntando la bacchetta verso il volto serafico della compagna ripeté l'esercizio -Obscura Illusio-

    È notte e stai facendo la tua ronda da Caposcuola insieme a quello di Grifondoro. Il castello è silenzioso esattamente come dovrebbe essere, quasi troppo, nemmeno i fantasmi vagano per i corridoi. Vi spostate di stanza in stanza e nulla sembra fuori posto, fino a quando giungete davanti al portone d'ingresso che è stato aperto. L'aria fredda che entra dallo spiraglio aperto porta con se delle grida, una ragazza urla disperata, così ti proponi di andare a controllare mentre il Grifonscemo continua con l'arduo compito di camminare. Fuori si gela, la luna è alta e illumina il tuo cammino. Continui ad attraversare il parco della scuola cercando quella ragazza spaventata che hai udito ma altri rumori attirano il tuo sguardo, rumore di vestiti che si strappano e carne che si lacera, senti l'odore ferroso del sangue nell'aria e poi altre grida, maschili, disperate anch'esse. Ma tu la riconosci quella voce, e fai appena in tempo a renderti conto di chi è quando Axel ti appare davanti. È coperto di sangue, forse il suo? Non sai dirlo in principio. Lo guardi ma non è il solito Axel, ha un coltello in una mano e la bacchetta sguainata nell'altra, entrambe insanguinate e ti si aggrappa alle braccia senza ferirti, in un gesto disperato di supporto. Lo guardi meglio e noti i suoi occhi afflitti ricolmi di lacrime. “Aiutaci!” ti supplica "Io non volevo", continua a piangere e a chiederti aiuto mentre ti fa strada fino ad una radura in mezzo alla foresta. Qui trovi una ragazza, i capelli rossi e la faccia da gallina sono inconfondibili, è Rain. È coperta di sangue, grossi sfregi le hanno distrutto la divisa e aperto profondi solchi. Il sangue continua ad uscire formando una pozza attorno a lei, li dove Axel si accascia sulle sue stesse gambe, tentando poi di premere su quelle ferite troppo grandi, troppo profonde, da cui è uscito fin troppo sangue. E ti guarda, con gli occhi arrossati e sgranati, continuando a chiederti un aiuto che non puoi dargli, anche se “Sky, io la amo” ti rivela tra le lacrime prima di chinarsi sul viso anch'esso sfregiato e baciandole le labbra ormai fredde.


    Reina Scott, Serpeverde, IV anno
    Coppia Reina – Sky
    Rinviene dall'illusione e beve l'acquetta fresca di Dylan, interagisce brevemente con Hunter. Fa una domanda a caso al prof perché non mi faccio mai i cazzi miei nemmeno io e poi fissa Sky. Quindi si esercita al suo posto con la palla di vetro e, una volta che il fumo diventa nero, raggiunge la bella corva per spararle in faccia con la bacchetta.


    Edited by Reina Scott - 23/12/2022, 14:32
     
    .
  10.  
    .
    Avatar


    Group
    Tassorosso
    Posts
    609

    Status
    spymode

    2021011215131_5
    Mentre ormai pensavo che non m i avrebbe tirato fuori da li per qualche stano motivo o insegnamento, sentì quasi come se il mio corpo o meglio la mia mente venisse prelevata con una forza tale a una centrifuga e una luce bianca mi avvolgesse. Mi ritrovai seduta al mio posto nell’aula, ansimante mentre i miei occhi era fissi sul banco. Sentii il respiro di David e mi voltai a guardarlo, sembrava scioccato e non so con quale forza ma posai una mia mano sulla sua per un secondo e poi la tolsi «Stai bene?» chiesi con un filo di voce. Mi preoccupavo sempre ma non attesi una risposta, conoscendo David avrebbe potuto non darmela. Era gelida la mia mano e tremava come un piccolo fuscello che viene colpito dal vento. Eppure sembrava, all’esterno, che mi fossi ripresa leggermente prima rispetto agli altri. Il bicchiere che arrivò sul mio tavolo lo afferrai ma feci solo finta di bere, posando le labbra al bordo e facendo appoggiare qualche gocciolina di Acqua. Sembrava strano ma era come se la mia mente si fosse abituata a riprendersi prima dalle intromissioni esterne, oppure mi sbagliavo ma la cosa che faceva più male erano i sentimenti. Il Professore riprese a parlare e quando dichiarò le coppie i miei occhi si spalancarono voltandomi istintivamente verso di lui per poi restare a fissarla per qualche secondo. La voce di David arrivo come un qualcosa di familiare e allo stesso tempo confortevole, tanto da farmi distogliere lo sguardo da mio padre. Un piccolo sorriso si formò sulle mie labbra verso il serpeverde ma nello stesso tempo una piccola lacrima rigò la guancia. Mi voltai e l’asciugai consapevole che li dentro nessuno avrebbe capito quello che provavo o che sentivo. Uno perché non sapevano nulla due perché non sapevano la me e anche David ne faceva parte. Lui odia chi si piangeva addosso ma non sapeva minimamente quello che Io stavo passando e per lui sarebbe rimasto solo un piagnucolio. In coppia con mio Padre, quello si che era un dilemma. Cosa lo avrebbe spaventato? La Andersen che moriva? O qualcuno di serpeverde che si trasformava in me stessa? Sorrisi sincera a questo pensiero, non avevo nemmeno idea da dove mi fosse venuto in mente! Non era un segreto che il Professore White amasse le sue serpi. La palla di vetro apparve sul mio tavolo e scacciai via ogni pensiero per concentrarmi su quello che vi era da fare. Iniziai ad osservarla e a cercarce di farmi venire in mente qualcosa, appena ebbi una piccola idea provai a dire l’incanto ma la nube nera non si vide. Ero li immersa nei miei pensieri e tenevo a mente un preciso scenario mentre il resto della classe sembra essere scomparso dai miei radar sensoriali «Obscura illusio!» In un secondo la nube nera e densa riempii la palla di cristallo! Non staccai gli occhi da essa e rimasi concentrata! Era una delle prime volte in quell’anno scolastico che un incantesimo a difesa mi usciva a colpo. Mantenni quello stato per un po’. Ero da sempre stata brava ad estraniarmi se lo desideravo e questo incanto mi sembrò quasi semplice. Volevo farcela li, davanti al professore White e non per qualcosa di speciale come la gloria o il suo complimento, che ormai non aspettavo più, ma per me, per dimostrarmi che potevo riuscirci che non ero da buttare. Adesso il problema era pensare a qualcosa che imprigionasse nell’illusione mio padre. I miei occhi vagarono per un attimo e un'idea mi era balenata in mente. Ero certa che non avrebbe funzionato ma un ritaglio di giornale nella mia borsa mi aveva dato un'idea e quando lo sguardo si posò su Sky per un attimo e poi su David quell’idea si era ampliata e concretizzata, in più un idea mi balenò nella testa, c’era un qualcosa che lui odiava e me lo ripeteva spesso potevo aggiungerlo a tutto.. Feci un piccolo respiro quasi come a scacciare ogni remora ma non funzionò proprio del tutto, ma anche attendere non sarebbe servito. “Bene, tocca a me!” dissi nella mia mente quasi con un piglio eguagliante a quello di mio padre. Mi alzai e mi avvicinai alla cattedra con il mio solito passo eppure c’era qualcosa di diverso «Posso Professore?» chiesi educatamente senza nessuna espressione sul volto. Quegli atteggiamenti verso i serpeverde e verso la Andersen mi avevano dato, quel giorno, una bella pugnalata. Ormai dovevo essermi abituata eppure continuava a farmi male. A un suo cenno mi accomodai. Era strano ma per una volta non dovevo vederlo solo come mio padre ma era il mio Professore e io stavo imparando qualcosa per un futuro, la scuola quello insegnava.
    Era chiaro che il primo step toccava a me quindi presi parola come non mi aveva mai sentito in quei mesi. «Sono pronta! Quando lo è lei inizio...» Via i sentimenti, via ogni cosa che era di Rose, le parole dell’illusione mi risuonavano nella mente e si univano a quelle del nostro incontro e a quelle dette in aula poco fa. Non ero arrabbiata ero delusa ma dalla delusione stava scaturendo un qualcosa che non conoscevo, un sentimento che mi faceva reprimere tutto o quasi e la voglia di riuscire nell’incantesimo mi stava dando uno sprint. Quanto sarebbe durato non ne avevo idea ma meglio approfittare. A un suo ennesimo cenno chiusi gli occhi per concentrarmi un secondo e dalla mia mente sparì la classe e i suoi rumori, così come mio padre. Rimase l’uomo, il professore, e quello che dovevo fare. «Obscura Illusio!» dissi seria e concentrata verso l’uomo di fronte a me.

    Quando il buio inghiottirà la Vostra mente, Vi ritroverete nel vostro studio (caro Padre). Ogni cosa sembra distrutta e piena di polvere, i quadri di mamma saranno squarciati e ogni cosa come la bellissima scrivania sembrerà essere stata tagliata in due oppure fatta esplodere, eppure per terra vi sono ritagli di giornale dove diversi titoli sono ben visibili e la vostra faccia è impressa li. “White nel ciclone della povertà” “La famiglia White perseguitata dalle sventura” “ Finita la ricchezza dei White!” “ Scalpore tra i maghi, Famiglia White all’astrico”.

    Tutto di quello che restava sembrerà essere solo un ricordo mentre la porta dello studio si aprirà ed apparirà un piccolo ragazzino di circa sette anni. Vi chiamerà NONNO e vi somiglierà molto e vi chiederà di seguirlo. Attraverserai il corridoio di casa White distrutto come lo studio e arriverai nella sala da pranzo. Li prima di entrare un uomo alto e austero, ben vestito vi sorriderà e vi dirà che è molto contento di conoscere il Padre di sua moglie. Quando si sposterà facendovi segno di accomodarvi, Vi troverete un tavolo vuoto da posate e piatti, ma su di esso vi sarà Rose completamente piena di sangue e di morsi e altro. Un odore di sporco misto a sangue colpirà i vostri sensi e sarà nauseabondo. In quel momento i due soggetti di poco prima si metteranno vicino al corpo di Rose e l’uomo ben vestito vi guarderà con un ghigno accarezzando i capelli della ragazza. Vi ringrazierà per aver scelto lui come sposo della Vostra dolce e gustosa figlia e vi dirà che voi sarete il pasto principale della porta. In quel momento altri esseri insieme ai lupi vi circonderanno con l’intento di mangiarvi vivo mostrando le loro zanne o artigli. Il vostro nipotino vi guarderà e vi ringrazierà di aver ucciso la sua mamma dandola in pasto a loro con la Vostra decisione e l'uomo mostrerà gli artigli che fuoriescono dalle mani per farvi comprendere che avete sbagliato scelta e siete stato ingannato. Qualcuno si lancerà sul vostro polpaccio azzannandolo e gli altri sono pronti a seguire la sua scia. (Rose sul tavolo avrà la stessa espressione e posizione della sua mamma Clelia quando morì nello studio perché è un ricordo mezzo cancellato che riemergerà nell’illusione ma che non sarà fatto proprio di proposito.)


    Rose Mia White – IV anno – Tassorosso.

    Coppia Rose White – Professore White

    Ritornata dall’illusione Interagisce con David e nomina Sky e Andersen.
    Prova l’incanto sulla palla di vetro e con sorpresa dopo un tentativo solo fallito gli riesce.
    Si avvicina alla cattedra e attua l‘incanto sul Professore.
     
    .
  11.  
    .
    Avatar


    Group
    Grifondoro
    Posts
    427

    Status
    i'm sleeping
    Spaventata. Sì, parecchio. Per la prima volta dopo mesi, Halley, si sentiva inerme, impotente davanti a quello schifo che, per qualche assurdo motivo, era comparso nella sua mente, come fosse un vero e proprio incubo dal quale non poter fuggire. Perché? Che fosse troppo agitata per vantare una concentrazione sufficiente utile a riemergere da quel baratro? Non ne aveva la benché minima idea ma, dopo poco, un lampo di luce potente invase la sua visuale, segno che qualcuno aveva avuto un minimo di accortezza nel riportarla nel mondo reale dove, probabilmente, si sarebbe scontrata con il volto deluso del Professor White. Poco male. Meglio l’umiliazione di non essere riuscita a portare a termine il compito, piuttosto che rimanere in quell’universo parallelo che avrebbe avuto la meglio su di lei e, forse, portandola ad una profonda depressione dalla quale non si sarebbe salvata neanche per un miracolo.
    Finalmente tornò vigile e si voltò con apprensione verso Daphne che, nonostante tutto, sembrava essere rilassata e sicura di sé. Da quella ragazza non traspariva nessuna emozione. Niente di niente, come una bambola di porcellana, così come suggerivano le sue fattezze. Inquietante ma pur sempre sua amica, se solo l’avesse perdonata una volta per tutte per quella maldetta sera. Non era in lei. I suoi sensi si erano amplificati, contro la sua volontà. Rimase in silenzio, seguendo il consiglio del Vicepreside e, soprattutto, così da essere pronta per un’eventuale, ulteriore, incubo che avrebbe dovuto affrontare. Posò la testa tra le mani, respirando profondamente ed, a fatica, allontanò l’immagine della madre che ficcava la sua lingua biforcuta in quella del ragazzo che, fino a quel momento, era stato l’unico a catturare la sua attenzione dal punto di vista fisico. Che schifo. Continuava a ripetersi, come se fosse una cosa sana. Era una stupida illusione, piantala di fare piangina, quanti anni hai? Due? Basta, Mettere un punto, in quel momento, avrebbe voluto dire, magari salvare il salvabile e non prendere un voto di merda per via della sua poca inclinazione a lasciare andare i ricordi anche se fittizi. Stupida che non sei altro, Hall! Che poteva farci? In fondo quella scenetta non molto allegra non era poi così lontana dalla realtà anzi, al contrario, molte volte la madre aveva tentato di insinuare in lei dubbi riguardanti le sue capacità e, ora, dopo quell’esperienza, avrebbe visto con altri occhi tutte le vessazioni messe in atto contro la sua persona.
    Detto questo, riportò lo sguardo smeraldino verso White che, intanto, aveva riportato tutti quanti all’interno della classe, senza indugiare ulteriormente. "Grazie, Professore!" Non era stata la sola ad aver avuto problemi nel viaggio di ritorno e, per questo, si sentì meno in colpa. Sbuffò e attese le spiegazioni che non tardarono ad arrivare, forti e chiare alle sue orecchie. Sul banco, come da manuale, comparve una sfera che, Halley, si fermò a studiare attentamente. Sembrava una di quelle usate per le lezioni di Divinazione, Né più, né meno. Che poteva mai esserci di insidioso in quella palla di cristallo? Tutto chiaro. Attraverso quell’oggetto avrebbero vissuto ed, in seguito, fatto vivere un incubo al proprio compagno di sventura: ”Wheeler con Harris…” La Grifondoro piegò la testa di lato. Sembrava che, negli ultimi tempi, i due ragazzi avessero un qualche cosa che li univa: chiamatelo destino. per Halley altro non era che pura e semplice sfiga.
    Si esercitò per i dieci minuti decretati, mettendoci tutto l’impegno possibile, prestando particolare attenzione alla concentrazione che, precedentemente, aveva sottovalutato tanto da rimanere rinchiusa in quella merda: “Obscura Illusio!”. Ok. Poteva dirsi abbastanza sicura di sé e, dopo aver prelevato la sua sfera -dipinta da una soffocante nube di colore nero-, la giovane donna prese a camminare verso quello che il fato gli aveva assegnato come compagno.

    Il suo sguardo sadico giunse come un fulmine a ciel sereno. Senza contare quel sorrisetto idiota che, perennemente se ne stava lì sul suo volto privo di sensi di colpa. Ancora non avevano iniziato e già pareva godere nel vederla in difficoltà. Roteò gli occhi, palesando il disprezzo che provava nei suoi confronti. Non riusciva a spiegarsi il perché le circostanze riuscivano sempre a vederlo in coppia, quasi come se intercorresse, tra loro, un legame di natura davvero incomprensibile. “Non si vede? Sono tutta un fremito.” Se ne uscì sarcasticamente mentre, senza degnarlo di attenzione, si sedette appresso a lui. Quel ragazzo le provocava sentimenti contrastanti: se da un lato lo avrebbe preso, letteralmente, a pugni, dall’altro riusciva a mantenere alto il suo livello di interesse, forse per permetterle di capire cosa lo affliggesse per essere cosi coglione al limite con l’imbarazzante. “Datti una mossa, Harris! Poche parole e più fatti!” Lo apostrofò, così da intimarlo a porre fine a quell’attesa snervante.
    ”Obscura Illusio!” Sentì la sua voce appena. Mentre nella sua mente, la Wheeler, continuava a ripetersi: Qualsiasi cosa vedrai, questa volta, ricordati che non è reale. Una grande verità la quale, una volta appresa, avrebbe permesso di uscire da qualunque incubo le si fosse parato davanti.

    Dove cazzo sono? Quel luogo non aveva mai avuto il “piacere” di visitarlo prima di quel momento. Le ci volle un po’ prima di rendersi conto di essere stata catapultata in quello che aveva tutta l’aria di essere un cimitero. Un classico luogo di culto che in molti frequentavano per rendere omaggio ai cari defunti. Bhe, quella non doveva essere, per forza di cose, una visita di cortesia. Sarebbe stato davvero troppo facile. L’atmosfera lugubre le provocò un brivido lungo la spina dorsale, facendola sentire a disagio. Si rese conto che lì, proprio davanti a lei, vi era una bara aperta. Già inizio male! Si disse tra sé mentre, mossa da un coraggio che, per natura, vantava, Halley si sporse per cercare di comprendere se ci fosse, per davvero un cadavere al suo interno e il suo cuore perse un battito. Il corpo all’interno di quella gabbia infernale, le apparteneva. Un urlo morì in gola. Si voltò verso destra e un conato di vomito salì dal suo stomaco o, almeno, da quello che una volta lo era stato. Che era diventata? Un fantasma? Un fottuto ectoplasma inutile e condannato a vagare in eterno in chissà quale dimensione. No. Non poteva essere. Indietreggiò e, quando lo fece, si scontrò con quella che sembrava una scena di vita vera. Non è reale! Halley. No. Ci sei già passata! Mantenere le redini della ragione, ora, risultava di estrema importanza. Non poteva lasciarsi andare e scivolare nella perdizione, non per colpa di un’altra persona che di lei non sapeva un cazzo. Riuniti, intorno al suo feretro, vi era un gruppo di persone vestite di nero. Ingenuamente, Halley, si precipitò verso di loro, con l’illusione che avessero potuto aiutarla. Senza una logica. Niente. Perché mai avrebbero dovuto darle una mano. Dipendeva tutto da lei, senza se e ma. Un vero incubo. Si pentì amaramente di essersi lasciata andare così da permettere di ritrovarsi faccia a faccia con uno di loro. Faccia? No. Ne erano sprovvisti. Di chi si trattava? Erano stati loro ad ucciderla? Al centro, una figura in rosso teneva la sua foto in mano e, con qualche cosa che non riconobbe, andò ad incendiarla, lasciandola sgomenta con gli occhi sbarrati: “Che cazzo stai facendo? Grandissima testa di cazzo????” Parlavano ma non riusciva a comprendere. Si trattava di una setta e, lei, altro non era che una vittima sacrificale? Una facile preda da ingabbiare alla prima occasione. “CHI SIETE? COSA MI AVETE FATTO?” Stava cadendo nella loro trappola. Lasciarsi andare alla paura l’avrebbe, senz’altro indotta alla follia, impedendole di fuggire. Non impari proprio un cazzo! Quella sfumatura sui loro volti non le permetteva di distogliere lo sguardo, tentando invano di riconoscerle. Era stata la sua fine? Ma per quale motivo? Si trattava di una morte naturale? Le avevano fatto del male? Che fosse un sogno premonitore. No. Non poteva accettarlo, così, passivamente. Fanculo. Corse verso la figura centrale e le si scagliò contro ma, il suo tentativo andò a vuoto, oltrepassandola. “Cazzo!” Fece un respiro profondo e socchiuse gli occhi ma, dopo qualche istante, quell’angosciante contenitori fu chiuso e calato all’interno di un buco scavato appositamente nel terreno che, a prima vista, doveva essere bagno dalla pioggia o da chissà quale agente atmosferico. “FERMATEVI, MALEDETTI” Ma che parlava a fare? Vide la bara svanire e, improvvisamente, fu tutto buio, eppure era convinta di non aver chiuso gli occhi per niente. Ho perso la vista? Sembrava essere la cosa più sensata ma no. Non si trattava della risposta esatta. Anzi…
    Aprì le braccia ma ci riuscì fino a un certo punto, poi toccò quello che sembrava legno e, dopo una breve riflessione, cominciò a comprendere dove fosse. Era tornata nel suo corpo che, fino a poco prima, si trovava inerme, senza alcun segno di vita. Un triste epilogo. Con i pugni andò a battere, con tutta la forza, sull’interno del coperchio attanagliata dalla paura che da lì a poco, un altro scherzo del destino, l’avrebbe portata a soffocare miseramente. “Fatemi uscire, schifosi bastardi!” Le unghie si infransero contro la superficie e fu certa che da quel gesto ne sarebbe derivata un’importante uscita di sangue. Quel che le parve strano, però, stava nel fatto che dai suoi occhi non cadde neanche una lacrima. Che fosse una sorta di consapevolezza? Sì. Doveva pur voler dire qualche cosa. “Non mi avrete.” O meglio: “Non mi avrai. Non questa volta!” Si concentrò, allontanandosi da tutti i pensieri negativi. “FINITE INCANTATEM!” Le sembrò che la voce rimbombasse ma, proprio lì, sdraiata nel suo ultimo letto, si ripromise che da quel giorno, non avrebbe mai più permesso a nessuno di fare della sua mente ciò che voleva. Mai più.


    Halley Wheeler - IV anno - Grifondoro
    Coppia: Halley Wheeler - David Harris
    Citata Daphne una volta tornata e osservato il professore e ringraziato per averla tirata fuori.
    Halley si esercita e alla fine raggiunge David e, dopo averlo perculato un po', esegue l'sercizio e, questa volta, porta a termine l'incantesimo.


    Edited by Halley. - 25/12/2022, 15:26
     
    .
  12.  
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Member
    Posts
    33

    Status
    i'm sleeping


    Sudava. Sentiva le mani appiccicose. Nella testa martellava una pericola sensazione di panico. Ruby non era il tipo da lasciarsi sopraffare dalle emozioni ma, in un certo senso, era stato toccato un tasto dolente della sua esistenza e, per questo motivo, non poté fare a meno di sentirsi in balia della follia. Portò le mani al capo che, intanto, iniziava a vorticare. Fermati. A quel punto le parole non sarebbero state in grado di spiegare il suo malessere, non più solo mentale. Urgeva l’intervento di qualcuno o, alla fine, avrebbe cominciato a credere di essere stata catapultata direttamente all’inferno, munita di un solo biglietto di andata. Non respiro. Un attacco d’ansia in piena regola. Permettere ciò, avrebbe segnato a vita la sua persona così schifosamente debole. Perdonarselo? La cosa più difficile. Tutto, però, terminò con un lampo di luce abbagliante. Riaprì gli occhioni azzurri e, finalmente, si trovò davanti il professor White, artefice di quel disastroso compito. Grata di quel salvataggio, la francese, dopo aver sorriso al docente, abbassò la testa puntando lo sguardo sul banco di legno. Che figura di merda, senza contare il fatto che ora, probabilmente, qualcuno, era a conoscenza della sua repulsione per mezzosangue e babbani. Le cose potevano andare peggio di così? Assolutamente si e la cosa fu subito chiara quando fu assegnato l’esercizio successivo. Un’altra volta. Ci doveva godere nel vederli in difficoltà, altrimenti non si spiegava minimamente la cosa. Lamentarsi avrebbe motivato ulteriormente la crudeltà e, per un certo verso, la cosa l’attraeva parecchio ma decise di non fiatare e di andare incontro al suo triste epilogo. Non vi era molto da dire. L’esercitazione non sarebbe dovuta essere un particolare problema, in fondo non differiva eccessivamente da quella precedente e, per questo, le aspettative si innalzarono, vista l’esperienza alle spalle. Sì, non sarebbe più caduta nella trappola. Un Ministro della Magia caga sotto, non si può vedere! Tentò di motivarsi, facendo leva sulla volontà di diventare qualcuno di importante un giorno. Con quei presupposti, ci sarebbe stato poco in cui sperare ma, vista la giovane età, avrebbe avuto un ampio margine di tempo per migliorare sul piano accademico ma non solo. Le emozioni, in un modo o nell’altro, riuscivano spesso a fotterla anche contro la sua volontà. Arrendersi davanti alla prima difficoltà, però, non sarebbe stato nella sua indole. Ce l’aveva con sé stessa per non essere riuscita, con le sue sole capacità, a sfuggire a quell’illusione. Eppure lo sapevo! Pensieri inutili. Piangersi addosso non sarebbe servito a migliorare la situazione. Sbuffò mentre, davanti a lei comparve la sfera, come preannunciato. La osservò attentamente, in tutta la sua inoffensività che presto avrebbe lasciato spazio a qualche cosa di spaventoso. Poche cose la spaventavano, effettivamente e quando comprese il nome di colui che le era stato assegnato, tirò un sospiro di sollievo. Hunter Moore. Non sapeva molto di quel giovane e, per quel che la riguardava, non avrebbe potuto puntare su qualche cosa di personale, un punto debole, per metterlo in difficoltà. Una bella grana ma, in fin dei conti, questo significava che la stessa cosa valeva anche al contrario. Una specie di fortuna in tutto quel casino di follia, insomma. Fece un sorriso al ragazzo, da lontano mentre, come suggerito, tornò a concentrarsi sulla piccola sfera. Mille e più pensieri si annidarono nella testolina bacata ma, alla fine, sciolse quel groviglio portando l’attenzione esclusivamente sulla riuscita del compito. No, non posso permettere che White mi creda fessa! Anche se, probabilmente, era già tardi e l’etichetta stava lì, sulla sua fronte da ebete. Ok. “Obscura Illusio!” Il tutto sapeva di estremamente inquietate, formula compresa. Si esercitò per il tempo necessario, fino a quando la sfera non fu pronta e invasa da una nube nera. Si alzò in piedi e raggiunse il Corvonero dalla faccia seria. Non aveva mai avuto modo di confrontarsi con lui ma, in un certo senso, non sembrava un tipo losco o sadico. Insomma, nutriva una grande speranza in lui.
    “Buongiorno, Hunter!” Si limitò a dire prima di sedersi davanti a lui. “Tutto bene?” Chiese, così, per intavolare un discorso. Ruby non faceva fatica ad esporsi con il prossimo anzi, al contrario, utilizzava modalità con le quali escludeva una possibile ostilità da parte del suo interlocutore. Sospirò. “Ti chiedo scusa in anticipo. In un altro contesto, mai e poi mai, mi permetterei di fare una cosa del genere.” Mise le mani avanti, in fondo era pur sempre una piccola e ingenua Tassorosso. Ahhhh, fortuna che esistono le apparenze! L’unica cosa che riuscivano a salvarla in corner. Se solo avessero saputo la nuda e cruda verità. Che vergogna. “Sei pronto?” La sua immaginazione si mise in moto, disegnando uno scenario davvero poco simpatico e, per il quale, iniziava a sentirsi in colpa. L’incantesimo che avrebbero imparato quel giorno, in tutta probabilità, le sarebbe tornato utile, forse, un giorno, per portare a termine i suoi piani malefici.
    La sfera si era scurita e, quindi, tutto era al posto giusto. Si poteva dare inizio allo show. “Buona fortuna, Moore!” Un ghigno mal celato e: “Obscura Illusio!” Lanciò l’incantesimo e rimase in silenzio a fissare il viso pallido del compagno. Sono certa che ce la puoi fare! O, almeno, se lo augurava.
    È notte, ti trovi una casa apparentemente disabitata, mai vista prima. I raggi della luna fanno capolino dai piccoli lucernari, illuminando l’immensa sala. All’apparenza tutto è tranquillo e niente anticipa il pericolo che, da lì a poco, crollerà su chiunque si trovi all’interno di quella trappola. Improvvisamente, dietro le tue spalle, un bagliore attira la tua attenzione. Ti giri e puoi osservare che, proprio lì, a pochi metri da dove ti trovi è divampato un incendio che ti costringe a iniziare a correre. Sì, ti viene incontro, minacciando la tua incolumità . Corri e corri. Alla ricerca di una via di fuga. Man mano che scappi, le travi di legno iniziano a crollare, la villa inizia a sgretolarsi, senza un motivo. Devi trovare una via d’uscita ma, a sommarsi a questo scenario drammatica, una voce attira la tua attenzione. Una voce familiare che implora disperata il tuo aiuto. Devi salvarla. Devi capire dove si trova.


    Ruby Elise Duvall - V anno - Tassorosso
    Coppia: Hunter Moore - Ruby Duvall
    Ringraziato con un cenno il professore per averla fatta uscire da quello schifo. Si esercita e una volta pronta si sposta verso Hunter e lancia l'incanetsimo.


    Edited by voodoo doll. - 25/12/2022, 23:03
     
    .
  13.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode

    Skylee Metis

    tumblr_6410ea82609d6c72138b785f9a32926b_3e2ba15f_540_0
    Forse era rassegnazione quella che sentivo crescere in me, mi ero rassegnata al fatto che dopo tutto il male che avevo procurato all'unica persona che non mi aveva mai abbandonata nonostante tutto, non avrei mai potuto continuare a vivere impunita la mia vita. Avrei sofferto, me ne sarei fatta per sempre una colpa e non avrei mai superato una simile cosa. Valeva allora davvero vivere ancora? La vita valeva più di un intera esistenza fatta di colpe e rimorsi? Non ne ero certa, mi ero sempre interrogata sul senso della vita e mai vi avevo trovato una concreta risposta, immaginavo potesse avere molti significati in base a come decidevi di viverla o magari non aveva affatto senso e tutte quelle domande servivano solo a distrarmi da tutto lo schifo che avevo attorno. Strinsi fra le mie braccia il corpo ormai esanime di Axel e lo avvicinai al mio petto dove spaventato e disperato, batteva instancabilmente il mio cuore. Non sapevo che avrei fatto, non sapevo come avrei trovato la forza per allontanarmi da lui, questa volta definitivamente e prima che potessi deciderlo da me un fascio di luce bianca mi trascinò via. Tentai di opporre resistenza, non lo volevo lasciare, non ancora, non ero pronta e volevo continuare a vivere nell'illusione che lui fosse ancora lì, stretto al mio petto addormentato e che da un momento all'altro si sarebbe risvegliato e invece no, la luce fu molto più forte di me e mi strappò dal corpo insanguinato del ragazzo per riportarmi alla... realtà? Annaspai in cerca d'aria guardandomi nervosamente attorno. Dov'ero? Muri, banchi, studenti. Ero in classe? Sì, ero tornata davvero in classe e ora cominciavo a ricordare, quella appena vissuta era un solo un illusione un orribile e disturbante incubo atto a insegnarci a combattere le nostre paure e io beh... avevo fallito ancora una volta. Quando si trattava di affrontare ciò che più ci tormentava l'anima io facevo veramente schifo, ero una codarda e invece che affrontare le mie paure tentavo di scappare da esse o nelle peggiori ipotesi mi ci lasciavo soffocare. Ancora terribilmente provata da quanto appena vissuto nella mia mente avvicinai la mano al bicchiere d'acqua che era stato fatto fluttuare fino al mio banco, ma quando andai per stringerlo la superficie vetrata dello stesso si ricoprì di brina e il liquido al suo interno cominciò a gelarsi. Allontanai subito la mano e con il braccio opposto, stando ben attenta a toccarlo solo con la manica della divisa, lo spostai di lato come a nasconderlo dalla mia vista, l'ultima cosa che mi serviva era un monito fisico di quanto non fossi in grado di controllare un bel niente nella mia vita. Feci un respiro profondo e tentai di tornare in me per poter ascoltare le parole del professore, ma solo brutte notizie giunsero alle mie orechie. Eravamo appena usciti da un incubo e già uno nuovo ci attendeva, questa volta scelto dai nostri compagni di classe. Mi concentrai sulla sfera di cristallo davanti a me e impugnando con una salda presa la mia bacchetta adornata da piccole schegge di ametista tentai di castare l'incanto richiesto. All'interno della sfera non comparve assolutamente niente e nonostante dentro mi sentissi parecchio frustrata tentai ancora una volta cercando di focalizzare a dovere l'incubo che avrei voluto far vivere alla Scott, ma ancora una volta non successe nulla. Temevo che il punto fosse che non avevo motivo di far soffrire un'altra persona e che quindi la mia determinazione non era nemmeno lontanamente sufficiente a far apparire il fumo nero richiesto. Perché avremmo dovuto farci nel male fra noi, non aveva senso e se nonostante la pronuncia perfetta e i movimenti della bacchetta impeccabilmente eseguiti non accadeva nulla, beh... forse significava che nessuno avrebbe dovuto utilizzare incanti simili senza la concreta intenzione di far soffrire il prossimo.
    Passarono una manciata di minuti e dalla mia sfera appariva ancora solo una nebbiolina grigiastra, stavo per castare l'ennesimo incantesimo di prova quando la Serpeverde mi raggiunse per cominciare l'esercizio. Evidentemente per lei era più facile far soffrire il prossimo senza un'apparente ragione e del tutto intenzionata a non rispondere a quello sfacciato occhiolino o alle sue provocazioni verbali rimasi in silenzio in attesa del mio destino.
    Un fascio di luce scura mi colpì velocemente e immediatamente il mio corpo fu risucchiato in un illusione. La consapevolezza di star vivendo l'ennesimo incubo era scomparsa e l'unica domanda che tormentava la mia mente era perché diamine stessi affiancando quel rincitrullito del Caposcuola di Grifondoro, colui che ogni volta che trovava un Grifo per i corridoi oltre l'orario di coprifuoco voltava bellamente la testa dall'altra parte per evitare di punire i suoi concasati. Uno stupido scimmione, questo era e quando udii delle urla provenire dal giardino quasi fui sollevata, perché ciò significava che le nostre strade si sarebbero divise, essendo mio compito sorvegliare l'esterno del castello mentre lui si preoccupava dell'interno. Tentai di seguire la voce a passi svelti cominciando quasi a correre quando le urla si fecero più intense ma a metà strada, da dietro un piccolo gruppetto di alberi, apparve qualcuno che mi tagliò la strada. «Mannaggia a Merlino, Axel, mi hai fatto venire un infarto» Protestai agitata prima di rendermi conto delle sue condizioni. Era ricoperto di sangue, il che per lui non era nemmeno troppo strano, lo avevo visto una miriade di volte in quello stato purtroppo, ma quello che mi stranì furono i suoi occhi lucidi grondanti di lacrime. «Axel che succede?» Domandai senza ricevere risposta. Lui non piangeva mai, non lo avevo mai visto farlo e tale visione mi stranì non poco. Per qualche attimo passarono in sottofondo persino la sua bacchetta sguainata e un anonimo coltellino insanguinato che non gli avevo mai visto maneggiare. Ne aveva tanti e ognuno di essi era a modo suo unico, quello invece era del tutto anonimo, ma immaginavo che mi sarei dovuta concentrare maggiormente sul sangue e sulle urla ormai meno intense per capire cosa stesse succedendo. Il Serpeverde mi trascinò fino al luogo "X" e quando a terra vidi il corpo lacerato e sanguinante di un'altra studentessa andai come nel panico. «Che cazzo è successo?» Il mio sguardo andò istintivamente verso la luna, come a cercare di capire se la sua pienezza potesse essere in un qualche modo riconducibile a quanto avvenuto, ma era ancora ben lontana dall'essere piena il che significava che difficilmente il ragazzo poteva essere stato influenzato da essa. «Io non capisco, com'è accaduta una cosa simile?» Mi piegai subito sul corpo cercando di aiutarlo a tamponare le ferite e a castare incantesimi curativi nei quali ahimè non ero affatto una cima. Poco importava delle dinamiche dell'aggressione, l'importante era tentare il tutto e per tutto per salvare quella vita. “Sky, io la amo.” Il sangue mi si raggelò nelle vene e la prima reazione che ebbe il mio corpo quando lo vidi avvicinarsi alle labbra della ragazza fu quella di allontanare le mie mani dal suo corpo smettendo di tamponare le sue ferite. Era una reazione orribile e ingiusta, lo sapevo bene, ma faceva così male che non avevo più la determinazione che mi sarebbe servita per continuare a tentare l'impossibile pur di salvarla. Che fosse gelosia o delusione non lo capivo,
    tumblr_c47f8da3df09da3da61c124ccd05fcd6_3ee93376_540
    sapevo solo che in quel momento mi sentivo spenta e quasi ci speravo che colei che mi aveva portato via Axel stesse per scomparire da quel mondo, ma poi un pensiero mi balenò in testa e le mie labbra si mossero in automatico. «No, tu non la ami, questo è tutto sbagliato...» Se davvero axel avesse amato quella persona non avrebbe mai potuto farle del male, questo lo sapevo per certo. In Bretagna era riuscito persino a controllare i suoi impulsi di lupo pur di non ferirmi, si era fermato ed era tornato in sé e per quanti difetti poteva avere ero convinta che l'unico momento in cui avrebbe potuto fare del male a una persona che amava davvero era durante la luna piena, quando privato della sua umanità non poteva avere il controllo delle sue azioni, ma lì, ben lontano dal trovarsi mutato in forma di lupo era impossibile che le avesse fatto ciò pur dicendo di amarla. Era tutto sbagliato, tutto, e come una lampadina che si accendeva, qualcosa nella mia mente mi fece tornare lucida. Era tutto sbagliato perché non era vero. Axel non amava quella ragazza e non aveva ucciso nessuno ed io mi trovavo solamente immersa in una stupidissima allucinazione. «Finite incantatem!» Fu un'esclamazione decisa e priva di emozione quella che mi riportò alla realtà, ma quando i miei occhi si riaprirono e incrociarono lo sguardo della Scott mi sentii come improvvisamente pii determinata a spedirla nel suo imminente scenario infernale.

    ★ ★ ★
    Caposcuola Corvonero | Scheda | Mailbox | Pensatoio
    Skylee Métis. Corvonero. V anno.

    Si è ropresa a fatica dall'incubo del giro precedente e ha poi tentato più volte di castare l'incantesimo sulla sfera, fallendo. Ha poi affrontato il nuovo scenario e questa volta è riusicta ad uscire da esso grazie alla consapevolezza che Axel non potrebbe mai fare del male a una persona amata (fino a prova contraria eheh...). È ora decisamente più motivata a spedire Reina all'inferno.
    <3
     
    .
  14.  
    .
    Avatar


    Group
    Serpeverde
    Posts
    297
    Location
    Oslo, Norvegia

    Status
    spymode
    Si era rifiutata di cadere vittima di quell' illusone dopo che per mesi, nella sua mente, aveva visto scenari reali che un semplice incanto non avrebbero mai potuto eguagliare. Cosa c'era di peggio nel vedere tua madre uccidere tua nonna e tuo fratello a sangue freddo con un sorriso stampato in faccia? Niente. I ricordi le erano stati tolti per uno scopo ben preciso e non era stato un caso se aveva assistito in prima persona a quegli omicidi: faceva tutto parte di un piano più grande, quello nato dalla mente di Ellen Blackwood. Quella donna era spietata, priva di scrupoli e per farla fuori doveva esserlo anche lei. In quelle visioni non era da sola, insieme a lei c'era sempre stato il vicepreside che l'aveva sostenuta, proprio come stava facendo adesso poggiandole una mano sulla spalla. Accennò un sorriso, ringraziandolo con un cenno del capo e poi prese il bicchiere d'acqua che era apparso sul tavolo, bevendo lentamente. Sentiva gli occhi di Halley su di se, la osservò freddamente ma non disse nulla, adesso doveva solo portare a termine l'esercizio che, da lì a poco, avrebbe dovuto affrontare. Le sarebbe stato sicuramente utile per esercitare il suo potere, come tutto quello che aveva a che fare con la psiche umana. Controllare la sua, così come quella degli altri, era un'obiettivo che si era prefissata dopo che aveva scoperto tutto quello che le avevano fatto. Da oggi sarebbe stata lei il marionettista.
    Posò il bicchiere sul tavolo, riposandosi e ripassando tutti i consigli che il vicepreside le aveva dato e ricordando ciò che lui aveva fatto per abbattere gli ostacoli, perché anche osservare era importante per imparare. Le sfuggì un sorriso quando il cognome di Hunter venne pronunciato, ma durò solo un attimo, le sue priorità, adesso, erano altre.
    Incrociò le gambe, ascoltando attentamente la spiegazione del professore e prendendo appunti. Sospirò quando furono messi di nuovo in coppia, ormai si era abituata a collaborare con i suoi compagni. Questa volta, almeno, la sua vita non sarebbe dipesa da altri come a Pozioni. Segnò a grandi lettere l'incantesimo da usare, segnando in basso anche come andava eseguito per una giusta riuscita. Essere precisi era essenziale in questi casi. Posò la piuma e spostò di lato la pergamena quando apparve la sfera e, senza perdere altro tempo, cominciò ad esercitarsi. Agitò il polso con decisione più volte fin quando una nube nera come la pece non fece la sua comparsa all' interno della sfera, quella era l'illusione da plasmare. La guardò affascinata mentre il fumo andava ad occupare tutto lo spazio disponibile, somigliava ad un Obscurus. Quello si che sarebbe stato interessante da controllare, infondo la magia nera non era di per sé cattiva, dipendeva sempre dall' uso che se ne faceva. Come quella bianca. Per questo era interessata ad apprendere anche quella, perché la conoscenza era ciò che le permetteva di essere un passo avanti agli altri. Sentì la sedia accanto a lei strusciare sul pavimento, Halley si era alzata e al suo posto vide giungere quello che sarebbe stato il suo partner di giornata: un certo Carter qualcosa. Era un tassorosso un po' alternativo, spigliato e sicuro di sé, se ne accorse dal modo in cui si presentò. «Sì, sono io.» Lo invitò ad accomodarsi e sorrise sorniona al suo simpatico avvertimento. «Siamo molto sicuri, vedo.» Non le sembrava il tipico snob altezzoso quindi rispose di buon grado. Le era capitato un tipo apposto per una volta, non invidiava Halley che se la doveva vedere con quella piaga di David Harris. «Puoi andare prima tu se vuoi.» La osservò per un attimo e la prese in parola, puntato la banchetta e pronunciando l'incanto. Non ebbe neanche il tempo di ribattere alla sua provocazione perché venne subito trasportata all' interno dell' illusione.
    Un vento gelido le scompigliò i capelli, era buio e non c'era nessuno in quello che, all'apparenza, era un villaggio disabitato. Un tempo doveva essere stato un luogo allegro, pieno di gente, ma tutto quello che restava, ora, erano solo macerie. Gli edifici erano crollati, i vetri dei negozi erano sparsi per terra e ragnatele decoravano l'interno, mentre il cigolio delle insegne mosse dal vento rendeva il tutto ancora più inquietante. L' unica fonte di luce era la luna che, con il suo flebile bagliore, illuminava il viso di Daphne. Iniziò a camminare, provando uno strana malinconia: era già stata lì, ne era certa, ma non ricordava esattamente quando. Che fosse un altro ricordo cancellato? No, è tutto falso. Si ricompose, le sensazioni provate nell' universo mentale possono ingannare, in questo caso l'ingannatore era colui che aveva lanciato l' incantesimo e che voleva provasse queste emozioni. Lo aveva letto in un libro tempo fa, durante i suoi studi sul mentalismo e lo aveva testato in prima persona durante le trance: alcune delle cose che vedeva erano false, non era tutto era reale. Continuò a camminare, gli occhi si erano abituati a quell'oscurità ed era più facile farsi strada tra le rovine di quel posto. D' improvviso sentì un rumore, si girò di scatto e si accorse di aver calpestato qualcosa di viscido e appiccicoso, una sostanza simile all' albume. Aggrottò le sopracciglia, c'era qualcosa che non andava . A quel punto prese la bacchetta e si fece luce con un Lumus Maxima, dopodiché guardò a terra e con orrore vide di aver schiacciato un uovo grosso quanto un pallone da spiaggia. Brutto segno. Si allontanò velocemente, facendo qualche passo indietro ma non ebbe il tempo di pensare a niente perché davanti a lei apparve un ragno enorme con otto occhi, una fitta peluria nera gli ricopriva il corpo e aveva pinze pronte ad uccidere. Era arrabbiata, quei mostri facevano un strano ticchettio quando lo erano e, vista la stazza, doveva essere una femmina. A lei si unirono anche i suoi figli, come se avere una madre ragno incazzata non fosse abbastanza. Avanzarono lentamente mentre Daphne indietreggiò, un senso di schifo la invase e per poco non lanciò un urlo. Odiava gli insetti e, ancora oggi, non capiva quale fosse la loro utilità a parte fare schifo. Le acromantule, dopo aver osservato la loro cena, iniziarono a correre e lo stesso fece Daphne. Quelle creature avevano otto zampe ed erano più veloci, infatti, quando si voltò, vide un ragno pronto a balzarle addosso. Muori. «Arania Exumai!» Lo scaraventò di lato. Sperò di averlo ammazzato e, se avesse potuto, li avrebbe sterminati tutti. La madre, dopo aver visto un altro dei suoi figli perire a causa di quell' umana, non ci vide più. In un attimo le fu addosso, Daphne cadde e si ritrovò a fissare più vicino di quanto avesse voluto quell' essere immondo. Era immobile, quasi paralizzata dalla sua stessa paura e il fatto che la stesse avvolgendo nella sua ragnatela non aiutava. Chiuse gli occhi, prese aria e svuotò la mente. Tutto quello non era reale, era un'illusione, una bugia e lei ne aveva abbastanza di essere manipolata, per non parlare del fatto che se si fosse lasciata sopraffare da questa visione non avrebbe avuto alcuna possibilità contro sua madre che era un'esperta nella manipolazione della psiche. Non poteva permetterselo. Aprì gli occhi, decisa a mettere fine a quell' inganno. Non sarebbe stata la cena di nessun insetto. «Finite Incantatem!» I contorni di quel mondo cominciarono a sfumare.




    Daphne Andersen, IV anno, serpeverde
    Esce dall' illusione, beve un po' d'acqua e ringrazia il prof. Citati Hunter, David e Halley. Dopo che appare la sfera, si esercita per dieci minuti poi viene raggiunta da Mars e interagisce con lui. Nella seconda illusione è in un villaggio al buio, calpesta un uovo e si fa luce con la bacchetta. Capisce essere di acromantula quanto si trova una schiera di ragni. inizia a correre, ne scaraventa uno di lato ma cade e si trova la mamma arrabbiata che la avvolge nella ragnatela. Alla fine si calma, si rifiuta di soccombere a quell' inganno perché altrimenti contro Ellen non avrebbe alcuna possibilità. Quello è il vero incubo. Pronuncia la formula e riesce ad uscire dall' illusone.
     
    .
  15.  
    .
    Avatar


    ★★★

    Group
    Corvonero
    Posts
    213

    Status
    spymode
    tumblr_cf2e0e78bcd5d3fa4cc2c960cee740f8_eb5c066c_540
    Quando la corda inizia a stringere sempre di più intorno al mio collo come fosse un dannato serpente, trovo da qualche parte la voce e la convinzione che mi serve per pronunciare l'incantesimo e uscire da questa illusione un po' troppo vera per i miei gusti. La familiare sensazione di stare in un'aula mi accoglie quando con uno scatto all'indietro del corpo vengo fuori dallo specchio. Non so quando è successo, ma sembra che inconsciamente abbia trovato un appiglio sul bordo del banco probabilmente per sfidare su qualcosa la frustrazione che quell'incubo mi ha provocato. Mi è rimasta attaccata addosso la sensazione fantasma dell'avere una corda intorno al collo che sfioro, quasi per confermare che lì non c'è niente. E nonostante questa certezza mi faccia rilassare un attimo, ho comunque quella fastidiosa sensazione di pesantezza sul petto tipica dell'ansia. Prenderei una pillola di qualcosa, ma non mi sembra il momento adatto quindi abbandono l'idea e piuttosto che apparire troppo strano agli occhi del White o di tutta la classe preferisci deglutire mandando - metaforicamente - giù quel boccone amaro. La magia è davvero spietata a volte.
    - Grazie professore - ottimo, sembra che questa prova siamo riusciti a portarcela a casa. Quando poi mi guardo un attimo intorno, realizzo che anche la mia compagna di banco è tornata alla realtà. Afferrò il mio bicchiere d'acqua che purtroppo continuo a non poter accompagnare con nessuna pillola. Ne ho davvero così tanto bisogno? Forse le parole di mia madre in quell'incubo non erano tanto lontane dalla realtà - sempre meglio di niente - rispondo al commento sussurrato della serpeverde e alzo anche il bicchiere in sua direzione - salute - mi concentro sulla sensazione dell'acqua fresca che mi scende in gola, solo su quella, ignorando qualsiasi altro pensiero spiacevole.
    Chissà lei cosa ha visto... chissà anche cosa ha visto Daphne. Nonostante il silenzio prolungato, mi interesserebbe comunque sapere cosa ha visto; se lo sapessi, sono convinto che apprenderei in una volta sola molte più cose su di lei è magari riuscirei anche a rispondere a qualche domanda. Ma per diverse ragioni devo rinunciare all'idea. Ovviamente.
    La lezione non è ancora finita, nemmeno gli incubi lo sono: il prossimo esercizio ci vede divisi in coppie e per svolgerlo, dobbiamo spostarci altrove. La domanda della mia ex compagna di banco poi è piuttosto pertinente... cosa accade al corpo quando la mente è troppo occupata a vivere il suo incubo? - e se la vittima non dovesse riuscire a liberarsi dall'illusione?- mi collego alla serpeverde dando voce ai miei pensieri e ai miei quesiti - quell'icubo diventerebbe la sua nuova realtà?- chissà quanto tempo serviva che passasse prima che il povero malcapitato morisse di stenti... o per follia.
    Individuo la bionda con cui devo fare coppia, Ruby Duvall, una tassorosso di cui non so niente. Sembra che anche lei mi abbia notato, così ricambio il sorriso con un cenno della testa. Però, prima che possa spostarmi da qualunque parte, ci tengo a riportare le varie informazioni su carta e a prendermi il mio tempo per esercitarmi sull'incanto. Mi dispiace per la tassorosso che dovrà rivestire il ruolo della vittima ma fino ad un certo punto, questa è pur sempre una lezione e non ci stiamo davvero mettendo in pericolo di vita. Il risultato di questa lezione potrebbe essere una notte un po' più agitata... sia per lei che per me.
    - Obscura Illusio - un'altra volta giusto per stamparmi nella testa formula e movimenti - Obscura... - alzo la bacchetta in direzione della sfera -...Illusio - eccola tingersi di nero, esattamente come aveva previsto l'insegnante. È quindi arrivato il momento di affrontare l'incubo della Duvall, mh? - Ehi - e con il busto rivolto alla tassorosso e quindi alla sfera che ci separa, mi presto a rispondere alle sua domanda di circostanza. Non ci conosciamo, non è davvero interessata a come sto, è soltanto un modo per non cadere in un silenzio imbarazzante poco prima di iniziare a svolgere l'esercizio - come uno che è appena uscito da un incubo- che sia ironia o un rimarcare l'ovvio, lascio a lei immaginarlo ma in ogni caso il tono sempre piuttosto pacato, così come l'espressione.
    - Non serve che ti scusi, fa parte della lezione - quindi non abbiamo particolare scelta - e poi fra non molto sarò nella tua stessa posizione - faccio spallucce quindi incrocio le braccia poggiandole sulla superficie in legno del banco. - Pronto - e anche se non dovessi esserlo completamente, fingerò di esserlo.
    Le ultime parole che sento sono quelle pronunciate dalla ragazza, è la formula che mi dovrebbe catapultare nell'incubo che lei ha disegnato per me.
    Un pavimento scricchiola sotto i miei piedi, posso riconoscere distintamente che non si tratta di quello in pietra dell'aula di difesa, non più, adesso sempre di poggiare la suola su delle vecchie assi di legno. L'illuminazione non è molta, mi tocca accontentarmi di quei pochi raggi di luce pallida che filtrano attraverso piccole finestrelle poste in alto. In alto di cosa? Della stanza, del salone... una grossa sala. Quando gli occhi si abituano al semi buio dell'ambiente riesco a prendermi un attimo per capire meglio dove mi trovo, prendere confidenza con il posto. Sembra di stare nel salone di un'antica tenuta di qualche importante famiglia reale, sembra un posto con della storia alle spalle ma allo stesso tempo altamente generico: non ci sono elementi particolari, nulla che possa permettermi di ricondurlo a un qualche periodo storico specifico, nulla che possa suggerirmi una posizione geografica... specifico ma altamente generico. Nonostante non conosca il posto, la sua calma non mi permette di attivare alcun campanello d'allarme. È solo un grosso posto vuoto e silenzioso. Ma sono costretto a ricredermi quando sul pavimento si proietta la mia ombra, ben più grande di com'era in precedenza. E un calore alla schiena mi costringe a girarmi
    - ...merda - alla luce delle fiamme davanti a cui mi ritrovo, avrei preferito che la stanza rimanesse buia e silenziosa. Invece il fuoco avanza, mangiando i metri che ci separano. Non serve a nulla, ma mi viene istintivo ripararmi la testa con le braccia quando le travi del soffitto iniziano a cedere e si abbattono, violentemente, contro il pavimento. Indietreggio, accellero il passo e cerco di scappare verso una porta dall'altra parte della sala. Sto scommettendo tutto su quella maledetta porta e se non dovesse essere l'uscita? Sarei fottuto. Non lo so, non ho il tempo di considerare la cosa, ovunque lontano dalle fiamme va più che bene. E devo anche fare in fretta, prima che qualcos'altro crolli bloccando la porta. Non è un corsa lineare, sembra che stiano venendo giù persino le pareti - Hunt... - chi è? - HUNTER! - Emilie? Non è possibile. Perché deve essere qui, in un luogo come questo, perchè - DOVE SEI EMILIE - urlo, ho appena il tempo di farmi di lato per evitare un altro pezzo di struttura crollate. No aspetta. Non ce la faremo mai - ti prego Hunter, aiutami! - eppure mi muovo in direzione di quella voce, anche se qui dentro dovessimo morirci insieme. Non sarò responsabile della morte di mia sorella.
    Finalmente la vedo, vedo i suoi capelli, il suo braccio che si agita dietro a qualche pezzo di intonaco crollato. Non può stare lì. Morirà. La raggiungo, ci divide una trave infuocata - aqua eructo! - devo eliminare qualunque ostacolo che si piazzi fra di noi e portarla fuori con me. La sento tossire - non respirare, copriti bocca e naso! - lo raccomando a lei prima di cacciare a mia volta un brutto colpo di tosse - wingardium leviosa! - faccio affidamento sulla magia, quella grande amica che può ribaltare facilemente ogni situazioni. Ma la mia speranza viene distrutta quando realizzo che l'incanto non ha effetto. Lo ripeto, ancora una volta. Sono agitato, troppo agitato - non funziona - è la mia ansia. Un altro rumoroso frastuono , la situazione sta gradualmrnte peggiorando così come il mio livello di disperazione mentre cerco freneticamente e a mani nude di spostare travi e cemento - Hunter... scappa - è la voce stanca di mia sorella, io non ho intenzione di andare da nessuna parte - no, no, devo solo pensare! - ma non ci riesco con questa agitazione, questo frastuono, questo calore.
    - Vorrei che ci fosse la mamma... - e nonostante sia completamente preso dalla volontà di liberare il corpo di mia sorella, quella frase mi blocca come se avessi sentito il suono più strano del mondo.
    window2
    La mamma? Emilie non direbbe mai una cosa del genere. Emilie non ha mai più nominato nostra madre da quando è finita ad Azkaban, non le chiederebbe mai aiuto, preferirebbe morire.
    Tu non sei Emilie, vero?
    Quella frase accende un interruttore nella mia mente, mi ricorda di qualcosa di importante di cui mi stavo dimenticando: mi ricordo a causa di chi sono qui - Finite incantatem! - e fu come gettare del fumo su quello scenario di distruzione, come subire una brusca spinta che rapidamente mi allontanava da quello scenario infernale. Sempre di più.

    Hunter Moore, V anno, Corvonero.
    Interagito con il professore e posta una domanda.
    Interagito direttamente con Reina.
    Nominata Daphne.
    Interagito direttamente con Ruby.
    È entrato nell'incubo che lei ha creato provando inizialmente a salvare la sorella Emilie dalle fiamme. Ritorna ala realtà e casta il Finite Incantatem quando Emilie si tradisce con una frase che gli fa capire che quella non è la realtà.
    Vendetta.




    – – – – – –

    scheda | mailbox


    Edited by .Moore. - 27/12/2022, 23:45
     
    .
40 replies since 5/12/2022, 08:30   1136 views
  Share  
.
Top
Top