Lezione di Difesa Contro le Arti Oscure A.S. 2022/2023ammessi studenti DAL 4° ANNO IN SU.

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    Dylan
    2 Dicembre, metà mattina.

    Dicembre era giunto e con esso Hogwarts andava addobbandosi dei colori del Natale. Ghirlande, pungitopo e lucine di ogni tipo scaldavano la fredda pietra del castello. Il vicepreside guardò ad essi con un sospiro. «Non sia così tetro!» Lo aveva spronato il vecchio preside dalla sua seduta, gli occhi scuri scintillanti della gioia delle imminenti festività. “Il solito bambino”, l’aveva invece bollato il White rimanendo impassibile alla manata affettuosa che l’altro andava scontrandogli alle spalle. Aveva alzato una mano, di risposta, e aveva fatto un cenno non meglio definito ma che alludesse al fatto che appoggiava tutto quel teatrino seppure senza troppo entusiasmo. Aveva altro da fare. Riunioni da presiedere, incontri da tenere... soprattutto con i rappresentanti dei genitori di quei piccoli delinquenti che s’aggiravano per il castello. Dopo Halloween, come aveva previsto, il clima con i genitori era andato tendendosi; immediatamente erano scattati sulla difensiva delle loro piccole creature e a gran voce avevano richiesto la testa del responsabile. Edevane non aveva saputo uscirne balbettando frasette di circostanza che altro non avevano fatto se non scaldare ulteriormente gli animi. Divertente. Dylan aveva quindi dovuto assumere il controllo totale della situazione mettendo su, con l’aiuto del fidato Blackwood, una sorta di squadra d’inquisizione che, come per magia, aveva dato il risultato portando nell’ufficio del suddetto vicepreside il recalcitrante Romanov. Il ragazzo, investito della carica di capro espiatorio, in un primo momento non aveva accettato di buon grado quell’imposizione ma poi, quando il White lo aveva messo sottilmente con le spalle al muro proponendogli un accordo tutto sommato vantaggioso, aveva finito per accettare quella colpa e silenziosamente ne scontava lo scotto. Il consenso verso Dylan da parte dei genitori era quindi schizzato alle stelle e, sottobanco, tra di loro cominciavano a circolare commenti sempre più pressanti riguardanti l’inettitudine di Edevane e del suo operato, di quanto fosse oramai anziano e cagionevole e, i più temerari, avevano persino cominciato a caldeggiare l’idea che forse era giunto per lui il momento di ritirarsi in pensione. Dylan dentro di sé gongolava del risultato. Eccellente, persino meglio di quanto sperasse.

    La lezione delle classi di secondo e terzo anno si concluse priva di particolari intoppi. Qualche alunno, come al solito, era stato più vispo rispetto agli altri ma era bastata l’occhiata raggelante del docente a placare anche l’animo più sedizioso stabilendo l’ordine. «Per cui, signori, due rotoli di pergamena d’analisi sulla creatura e sul metodo d’approccio ad essa. In conclusione, poi, voglio che scriviate un paragrafo dettagliato d’analisi introspettiva di quelli che sono stati i vostri errori nell’approccio.» Un classico delle sue lezioni basate sulla conoscenza completa della teoria che avrebbe poi dovuto agevolare la reazione dello studente nel momento della pratica. Non sempre era così, alcuni lasciavano che fossero le emozioni a prendere il sopravvento e questo portava puntualmente ad un blocco nella reazione. Un classico, ma il suo compito risiedeva proprio in quel punto: insegnare loro come reagire alla paura. Il tutto, quindi, stava nel modo in cui si correggeva la propria traiettoria e questo poteva ammirarlo con più soddisfazione nei ragazzi degli anni superiori che cominciava ad entrare con più maturità in quel meccanismo. «Andate pure, a lunedì!» Tornò alla cattedra sistemando i rotoli di pergamena che aveva raccolto all’inizio della lezione e con alcuni colpi di bacchetta li ordinò in ordine alfabetico raggruppandoli distintamente insieme a modo che andassero successivamente a riporsi nello scomparto anteriore della valigetta scura. Si sedette alla cattedra aprendo l’agenda e spuntando l’ordine del giorno, la lezione successiva sarebbe stata agli studenti di quarto e quinto anno e, nonostante il suo disappunto, ad eventuali studenti del sesto anno che avevano bisogno di un rinfresco delle nozioni. Appuntò alcune informazioni e successivamente preparò l’aula a quanto avrebbero visto attendendo la successiva ondata di alunni. La lezione era quella di metà mattino e dalla porta nuovamente aperta poteva sentire il classico brusio del cambio ora.
    «Buongiorno a tutti», scandì aprendo un amabile sorriso che avrebbe fatto eco al benvenuto a palmi aperti verso gli studenti. S’alzò dalla cattedra e con un colpo di bacchetta, dopo una rapida occhiata all’orologio a parete, sigillò l’ingresso all’aula. Come i ragazzi ben sapevano Dylan ammetteva un ritardo massimo di cinque minuti d’orologio, dopodiché, il docente decurtava dieci punti per studente assente o ritardatario privo di giustifica. Prese quindi posto dinanzi la cattedra poggiandovi la parte bassa della schiena. La lezione poteva avere inizio!
    «Quest’oggi la lezione non sarà unicamente di teoria come la precedente, svolgeremo una parte più pratica che vi vedrà comunque preparati se avrete eseguito il compito che vi ho commissionato la settimana scorsa. A tal proposito lasciate pure le pergamene sui banchi. Ve le restituirò corrette con il voto la prossima volta... Per quanto riguarda quelle di settimana scorsa i miei complimenti vanno a...» con un cenno elegante della mano sui banchi comparirono i rispettivi compiti corretti nel cui angolo destro superiore era riportata la lettera del voto, «lla signorina Andersen. Davvero un ottimo lavoro!» Batté un paio di volte le mani in suo onore prima di darsi una leggera spinta per cominciare a passeggiare tra i banchi degli studenti. «Ebbene, nella lezione di quest’oggi avremo a che fare con l’arte delle illusioni. Cosa sapete dirmi in merito? Che tipologia d’incantesimi esistono? E che cosa permettono d’ottenere?» Si fermò, il suo incedere tranquillo lo aveva portato al centro dell'aula, inclinò il capo e attese che le prime risposte giungessero.


    Benvenuti alla prima lezione di DCAO per gli anni superiori al quarto.
    Eventuali ritardatari sopra i 5 minuti potrebbero non essere accettati, a vostro rischio e pericolo con il White!

    Ricordo a tutti le regole basilari di una role multipla: LO SPOILER.
    Per ogni spoiler dimenticato verranno sottratti 10 punti alla casa d'appartenenza del player dimentico.
    Siete tenuti a scrivere: Nome, Cognome, la casa di appartenenza e l’anno frequentato. In più, una breve descrizione delle vostre azioni nominando i pg con cui avete interagito o solamente citato.
    Esempio:
    “Tizio Caio, III anno, Dittorosa
    Entrato in classe e risposto ad una delle domande, interagito con Pinco Pallo”

    Questa è la prima lezione giocata on-gdr ma chiaramente le lezioni sono iniziate il primo settembre, ergo, conoscete Dylan per il suo essere autoritario ed intransigente.

    Promemoria per tutti: siamo a lezione, stiamo imparando un argomento nuovo... l'onniscienza non è ancora stata data di serie, giocatevi senza paura eventuali dubbi, domande, perplessità, errori in base al vostro pg e... BUON DIVERTIMENTO!
    Non esistono risposte propriamente giuste o sbagliate, sbizzarritevi con i ragionamenti!

    Per dubbi circa lo svolgimento di una lezione invito a leggere il regolamento di cui di seguito riporterò un estratto circa i ritardi:
    CITAZIONE
    “Indi per cui, post che arriveranno oltre la scadenza saranno valutati con un MALUS FINO A -30 PUNTI alla casa di appartenenza dello studente e, a discrezione del professore master della lezione, la cancellazione del post stesso con annesso punteggio dimezzato alla voce presenza e obbligo di recuperare entrambi i giri.”

    Scadenza lunedì 12 entro le ore 12.
    NON SONO ACCETTATE RISPOSTE OLTRE LA SCADENZA.
    Andrò avanti postando martedì. :flow:
     
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    Mars Carter-Johnson

    Cosa preferiva Marshall delle lezioni? Senza dubbio il cambio d'ora. Amava stare in mezzo alla gente, socializzare, prendere aria, fare due passi e...«Mars! Ehi! E' la mia merenda quella!» si lamentò una Grifa che, seduta su una panchina del cortile, vide sparire la merenda per via di una mano tatuata apparsa dalle sue spalle. Era da qualche tempo che avevano inaugurato quel breve rituale e, a dirla tutta, non gli dispiaceva affatto. L'aveva incontrata lì, la prima volta, proprio su quella panchina e così si era ritrovato a cercarla con lo sguardo, ogni tanto, ritrovandosela lì a giorni alterni. «Troppo tardi.» disse il biondo, alzando le spalle con fare teatrale, mentre si ficcava un biscottone al burro in bocca. Dicevamo: e amava mangiare!
    Passeggiando tra i corridoi, si domandò quale sarebbe stata la tortura seguente. «Vediamo...» borbottò, infilando una mano nella tracolla, in cerca dell'orario. Frugò per minuti interi senza riuscire a trovare quello che cercava, aveva di tutto lì dentro: pergamene, libri, boccette d'inchiostro, piume, ma dell'orario non sembrava esserci traccia. «Per la cacca di troll.» imprecò, fermandosi un momento in mezzo alla ressa di studenti nella speranza di scorgere qualche suo concasato, o almeno qualcuno del suo anno a cui chiedere informazioni. Quando intravide una bionda, dall'aspetto e dai colori familiari, ferma a parlare con un'altra studentessa poco distante da lui, Marshall non esitò. «Raggio di sole, cercavo proprio te.» la prese un po' in giro, avvicinandosi alla concasata. «Ti accompagno a lezione, non vorrei mai ti perdessi.» aggiunse, passandole un braccio intorno alle spalle.

    Fatta eccezione per pozioni ed erbologia, Marshall preferiva le materie pratiche a quelle teoriche. Difesa contro le arti oscure col professor White, però, era sempre una grossa incognita. C'erano giorni - pochi - in cui lasciava che i ragazzi si esercitassero sotto la sua supervisione, ma ce n'erano altri in cui le relazioni che chiedeva di scrivere erano una vera e propria tortura cinese. «Buongiorno, prof.» disse educatamente, accompagnando il saluto con un cenno del capo e si trascinò negli ultimi banchi. Non tanto perché desiderava nascondersi, quanto per la sua altezza che rischiava sempre di coprire la visuale ai compagni.
    Occupato il banco accanto alla Duvall, Marshall estrasse una pergamena un po' stropicciata dalla tracolla, la stessa su cui aveva eseguito il compito assegnato la volta prima dal professore e vi passò sopra i palmi per lisciarla al meglio, prima che il White lo richiamasse. Malgrado le apparenze, Marshall si impegnava molto nelle relazioni. Non era un secchione, ma ci teneva a non restare indietro. Insomma, faceva il giusto necessario, ma senza mai arretrarsi, così da non tirare l'attenzione dei professori su di lui.«Ti pare che mi devo stirare le pergamene?» sussurrò alla bionda, divertito. Quel tizio gli metteva davvero i brividi.
    Marshall Carter-Johnson, IV anno, Tassorosso

    - Interagito con Ruby;
    - Salutato il proff e posato la pergamena tutta stropicciata (compito assegnato) sul banco. :occhioni:


    Edited by -mars - 20/12/2022, 18:24
     
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    Si aggirava tra i corridoi. La lezione era appena giunta al termine e, con suo grande disappunto, si accorse di aver scordato il libro di Difesa nel dormitorio. Frugò con decisione all’interno della sua inseparabile tracolla ma niente. Si arrese al triste destino, girò i tacchi e, affrettandosi per non giungere in ritardo alla lezione del Vice Preside, si affrettò verso la Sala Comune. Il tutto le costò ben poco e, solo qualche istante dopo, si ritrovò a marciare fiera verso l’aula del Professor White. Quell’uomo aveva il potere di mettere in soggezione anche il più insensibile degli individui ma, tutto sommato, trovava le sue lezioni utili e approfondite al punto giusto per accrescere la sua conoscenza sulla materia in questione. Il Natale si trovava alle porte e ogni dettaglio, nel castello, sembrava essere al proprio posto, pronto ad allietare le giornate di coloro che non avessero avuto la possibilità di fare ritorno al tanto amato nido. Il discorso non valeva, certo, per la Duvall che, in fin dei conti, non vedeva l’ora di riunirsi a mamma e papà i quali, come ogni anno, avrebbero organizzato qualche cosa per allietare le menti e i palati di amici e parenti stretti. Niente di impegnativo ma pur sempre una grande occasione per riunirsi e celebrare quella tradizione per loro importantissima.
    Il suo percorso si arrestò quando, improvvisamente, si accorse che a pochi passi da lei si trovava Mary, una ragazza del suo anno con la quale aveva avuto modo di trascorrere del tempo, in biblioteca qualche giorno prima. Simpatica e di buona famiglia, un punto a suo favore. La salutò con un ampio sorriso stampato in faccia ma, poi, qualcuno si intromise, senza chiedere il permesso. Raggio di sole. Ottimo modo per attirare l’attenzione delle ragazze, non c’era che dire. Se solo non fosse stata nettamente difettata, sarebbe anche crollata nella sua rete, cedendo a quella galanteria alla quale, però rispose semplicemente con un sorriso. Si trattava dell’eccentrico Marshall, detto Mars per gli amici. Un Tassorosso che, a prima vista, avrebbero etichettato come strambo. Aggettivo che sarebbe, poi, stato confermato una volta conosciuto a fondo l’individuo. Poco male. Ruby non si era mai soffermata sulle dicerie e, per questo, si era trovata spesso a confrontarsi con colui che, ora, le stava davanti con aria da timorato di Merlino. Un’esperienza mistica che l’aveva portata a rivalutare il personaggio. “Non riesci proprio a fare a meno della mia presenza!” Scherzò, sapendo di poterselo permettere mentre, con un cenno del capo, fece capire, alla ragazza che era stata bruscamente interrotta, che avrebbero continuato il loro confronto più tardi, magari davanti al camino scoppiettante. “Che gentiluomo! Accetto volentieri.” Si fece abbracciare, convinta che quel gesto, prima o poi, sarebbe arrivata sulla bocca di tutti, attribuendole un potenziale flirt che, ancora, non aveva preso minimamente il via. Parlate. Bene o male non importa. Ma fatelo! I due si incamminarono verso l’aula in perfetto orario: “Come è andato il compito?” L’aveva trovato macchinoso ma nelle sue corde, senza far ricorso a troppe energie mentali, Ruby, pensava di aver dato il meglio quella volta ma solo il Professore, avrebbe potuto smentire il suo pensiero e, magari, ribaltare il risultato a suo sfavore.

    Si liberò dalla presa, così da non risultare inappropriata ed, insieme, fecero il loro ingresso nell’aula e, dopo un saluto educato verso il docente, i due si andarono a posizionare in quello che per la Duvall era un punto strategico, utile a mantenere alta la sua concentrazione per tutta la durata della lezione. Con compostezza estrasse il suo elaborato dalla borsa e, come da ordine, lo posizionò in bella vista sul banco. Volse lo sguardo alla sua sinistra e ciò che le si parò davanti le fece partire un brivido lungo la schiena: che cazzo ci aveva fatto con quella dannata pergamena? Bella domanda. Sembrava materiale per la pulizia del deretano, per essere fini. Roteò gli occhi, portandoli al soffitto e sbuffò. Un caso perso. Si sarebbe sentita a disagio a presentare uno simile scempio davanti ad uno sguardo attento come quello del professor White mentre, al contrario, il biondo, sembrava così rilassato da lasciarla disarmata e, a dirla tutta, un filino divertita. Annuì alla sua domanda, invitandolo a stirare per bene quella povera pergamena ed, infine, si focalizzò sull’argomento all’ordine del giorno.
    Illusioni. Interessante. Si era documentata a riguardo, ovviamente per portare a termine il compito assegnato ma, nonostante ciò, decise di arricchire il suo sapere, ascoltando attentamente gli interventi di coloro che vantavano una preparazione migliore della sua nella materia. Sì. Non sentiva di essere particolarmente ferrata e, soprattutto, non era nemmeno il suo punto forte.
    Prese la piuma e, senza indugiare, prese, freneticamente, a segnarsi dei piccoli appunti per facilitare il suo studio una volta da sola, abbandonata a sé stessa. Studiare con altri era fuori discussione, non voleva sentire volare una mosca durante le sessioni intensive dei suo lavoro. Distrarsi avrebbe voluto dire ricominciare da capo e considerando la sua fissazione per il tempo, sarebbe stata una vera e propria tragedia. Insomma, un caratterino niente male, smorzato unicamente dalla sua perenne allegria che, comunque, denotava una sorta di sicurezza in sé stessa, vantaggiosa nei rapporti interpersonali.
    Piegò la testa di lato e fece una breve panoramica sui compagni di corso e sul luogo che li ospitava. Accogliente, non c’era che dire e, da quando aveva messo piede lì dentro, si era sentita a suo agio, così come in tutti gli angoli di Hogwarts. Fine dei giochi, rimaneva solo di calarsi nell’argomento, senza tergiversare.


    Ruby Elise Duvall - V anno - Tassorosso
    Interagito con Mars, salutato il professore e sistemato il compito sul banco come ordinato.
    Inizia a prendere appunti sugli interventi dei compagni.
     
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    Serpeverde
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    Daphne uscì in tutta fretta dall' aula di Divinazione, una delle materie, se non l' unica, che odiasse. Era del parere che uno, il proprio destino, se lo creava da sé tramite le scelte che faceva. Già sapeva che il prossimo anno sarebbe stato più difficile del precedente dato che, quasi sicuramente, si sarebbe ritrovata faccia a faccia con sua madre e non aveva avuto di certo bisogno che qualcuno le leggesse la mano per capirlo. Le era bastata l'altra lettera che le aveva mandato dove la informava che presto le avrebbe fatto una sorpresa. Non si era nemmeno presa la briga di chiederle come stesse perché a lei, di sua figlia, non era mai importato niente. Per Ellen era solo una marionetta che, come gli altri, avrebbe mosso a suo piacimento; l' unica differenza era che stava più attenta visto che era il sangue del suo sangue e , se non l'aveva ancora uccisa era perché, a modo suo, le serviva e desiderava il meglio lei. Nella sua mente malata, la severa educazione che le aveva impartito e le lezioni private e di galateo che, fin da piccola, aveva ricevuto, avevano il fine di renderla una strega capace e una donna in grado di dominare l'alta società. Come lei. Voleva farne una sua copia. La cosa che più la preoccupante era che ci stava riuscendo; avevano lo stesso modo di fare, di pensare e, a volte, di agire. Ellen era una donna fredda e calcolatrice che ragionava su tutto, non lasciava mai niente al caso e voleva eccellere in tutto ciò che faceva, proprio come Daphne. Quell' incontro l'avrebbe stremata, ne era certa.
    Aumentò il passo, superando la folla di studenti che inondava il corridoio per arrivare puntuale alla lezione tenuta dal professor White, sperando di aver fatto un buon lavoro sul tema che aveva assegnato la settimana scorsa. Si era buttata a capofitto sui libri per non pensare a niente, soprattutto a un certo corvonero che avrebbe rivisto da lì a poco. Da quasi due mesi la loro unica forma di comunicazione erano sguardi fugaci e saluti di circostanza. Dopo tutto quello che avevano condiviso erano tornati ad essere due estranei. La colpa era perlopiù la sua, non avrebbe dovuto evitarlo in quel modo, ma che poteva fare ora? Non è già troppo tardi? Sospirò, sostituendo l'espressione malinconica che sapeva di aver fatto con una indifferente e entrò in aula. I suoi occhi si posarono immediatamente sul docente che, paziente, attendeva che tutti prendessero posto. «Buongiorno, professore.» Lo salutò educatamente con un sorriso. Voleva sedersi ad uno dei primi banchi ma erano tutti occupati, così optò per il secondo sulla destra, quello vicino alle finestre. Non perse tempo nel sistemare la roba sul tavolo, aveva anche portato due boccette d' inchiostro per sicurezza, non si poteva mai sapere. Era molto precisa nel prendere appunti visto che quello che si diceva in classe era più importante di quello che c'era scritto nei libri di testo. O almeno lei la pensava così. Sentì la sedia accanto a lei strusciare contro il pavimento, si girò e vide Halley sedersi accanto a lei. L'aveva trattata con la solita indifferenza dopo quello che era successo ad Halloween. Ce l'aveva con lei per quello che le aveva detto in quel sogno dove tutti avevano dato di matto. Pensava avessero, in qualche modo, superato le loro divergenze e che, pian piano, stessero diventando più che semplici conoscenti, invece adesso erano di nuovo al punto e a capo. Già si fidava poco delle persone in generale, quindi adesso aveva il dubbio che Halley, quelle cose, le pensasse davvero e lei non passava del tempo con chi aveva quell' opinione di lei. «Ciao Halley.» Un saluto asettico, il suo, ma non aveva voglia di parlare. E poi quello non era il né il luogo né il momento adatto per chiarire, la sua attenzione era tutta per il vicepreside. Tornò a guardare davanti a sé e, quando dalla porta vide entrare Hunter, strinse la piuma che aveva tra le mani. Odiava il fatto che le mancasse così tanto, che lo pensasse quasi ogni giorno e che avrebbe volentieri allontanato la rossa che gli girava attorno dalla lezione di Pozioni. Prese aria, controllando i nervi, e lo salutò con un cenno del capo quando le passò di fianco, cercando di apparire normale. Anche se sentire il suo profumo le fece chiudere gli occhi per un attimo. Si riprese quasi subito, tornando seria e controllata come se niente fosse successo e notando con piacere che il compito era andato bene. Sorrise sinceramente quando il professore le fece il complimenti. Il duro lavoro ripaga sempre. «La ringrazio. Le sue spiegazioni sono state essenziali.» Lo disse in tutta onestà, se aveva capito così bene l'argomento era perché il docente era stato chiaro nell'esposizione. Nel frattempo, lasciò la pergamena con il compito svolto per questa settimana sul banco.
    Incrociò le gambe e si mise in ascolto. Sapeva qualcosa sugli incantesimi illusori, infondo in quei due mesi non aveva fatto altro che studiare quindi alzò la mano e attese il suo turno. Quando le venne dato il permesso, parlò: «Le illusioni, o più precisamente gli incantesimi illusori, ingannano la mente e i sensi di una persona, facendo vedere loro cose che, in realtà, non ci sono o il contrario. Possono rendere la cosa più brutta di questo mondo come la più bella, modificare i ricordi, aggiungendo o togliendo qualcosa e questo vale anche per l'ambiente circostante.» A parte quelli mentali e le Maledizioni senza Perdono, erano i più pericolosi. Era difficile riconoscerli e c'era il rischio di rimanere intrappolati in una vita che non era la tua, proprio com'era successo a lei. «Ci sono anche oggetti che creano illusione, come il Mantello dell' Invisibilità.» Le sarebbe servito uno di quelli, peccato che ce ne fossero pochi in giro. «Ci sono creature che sfruttano questo tipo di incanti?» Da quel che ne sapeva le Velee erano tra queste, o almeno questo era ciò che le aveva letto nel romanzo di una delle scrittrici magiche più in voga degli ultimi anni: " Il Disincanto delle Arpie."





    Daèhne Andersen, IV anno, Serpeverde

    Dopo aver pensato alla madre, entra in aula e saluta il professore, sedendosi in seconda fila. Sistema la sua roba e interagisce con Halley salutandola freddamente ( tvb), saluta Hunter con un cenno del capo e poi torna a interagire con il docente, rispondendo alla sua domanda da brava secchiona e facendogliene una.


    Edited by Daphne. - 12/12/2022, 01:20
     
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    La giornata continuava e sembrava così lunga. Ultimamente avrei tanto voluto un momento di pausa ma non solo dalle lezioni ma volevo stoppare i mille pensieri che mi ronzavano nella testa. Certo nell’ultimo periodo tra le mille cose qualcosa di bello per me era arrivato alla fine ma anche li, il bello durava poco perché tutto doveva sembrare il contrario o quasi.
    Ero arrivata davanti alla porta dell’aula della prossima lezione. SI, esattamente, Difesa contro le arti oscure. Feci un piccolo respiro per cercare un autocontrollo che sapevo di poter avere ed entrai a passo normale ma spedito a prendere un posto. «Buongiorno, Professore!» dissi fermandomi un secondo senza incrociare il suo sguardo e anzi, feci scivolare i capelli davanti al viso e continuai la mia camminata verso il banco per prendendo posto. Mi controllai un secondino per costatare di essere in ordine e lo ero e una volta seduta iniziai a mettere fuori il quaderno e la matita per gli appunti. Ero concentrata su questi movimenti che non mi resi conto che qualcuno si era seduto al posto accanto al mio. Di fatti quando mi voltai vidi David, trasalii leggermente. «Hei...» gli dissi come se lui non dovesse essere li. Effettivamente non doveva ma non dissi niente. «Tutto bene?» chiesi con tranquillità e a bassissima voce, chiaramente mi riferivo alle lezioni precedenti. Adesso comunque la situazioni si complicava un pochino, la mia mente non doveva pensare a lui o a quello che era successo. Così mi schiarii la voce e feci un leggero sorriso come se nulla fosse, prendendo in mano la matita e picchettandola leggermente sul banco.
    Dopo poco, quando la classe fu ormai piena il Professore White iniziò a parlare con il suo solito tono e il mio sguardo rimase a fissare diversi punti anche della sua persona ma mai il suo sguardo. Chiese di mettere sul tavolo la pergamena con il compito richiesto la volta scorsa e così feci. Mi voltai a guardare David per vedere se aveva svolto il compito ma non dissi nulla mi limitai solamente a guardarlo forse un pochino più del dovuto. Posai la pergamena bella ordinata sul banco aspettando il suo ritiro. Mentre ciò accadeva il professore consegnò i voti con i compiti della scorsa settimana mentre si complimentava ancora una volta con Daphne! “Che novità!” pensai mentre un l’angolo della mia bocca si alzò leggermente come un sorriso di ovvietà e il viso si voltò verso il lato opposto guardando il muro. Ormai battere Daphne era impossibile e forse non ci stavo nemmeno più provando. Qualche tempo prima ci rimanevo male, ultimamente ero come rassegnata. Lo ero?
    Al battere delle sue mani ritornai a guardare il verso giusto cioè il tavolo di Daphne, senza badare minimamente al voto messo sulla pergamena, ormai ero convinta che nulla avrebbe fatto la differenza. La voce del professore risuonò nell’aula e nella mia mente e mi misi in ascolto. La lezione sembra super interessante ed ero pronta a prendere gli appunti che servivano ma non aprii bocca, avevo pensato a qualcosa ma non dissi nulla, anzi lo sguardo si posò su David che era seduto vicino a me. Uno sguardo assente, di quelli che guardi qualcosa ma pensi ad altro. I capelli rimasero neri senza cambio di colore come con gli occhi che erano scuri come la notte. Mi voltai leggermente per guardare dietro e comprendere chi di loro avrebbe aggiunto qualcosa a parte la Signorina Andersen. Okay, mi dovevo dare una calmata, lei non aveva colpe e io ero troppo innervosita dalla situazione, tant’è che guardai la ragazza e se il suo sguardo si fosse posato sul mio avrebbe notato un piccolo sorriso di saluto nella sua direzione. “Beh in fondo se è brava lo è” pensai quasi con una voce bassa e dispiaciuta nella mia testa.



    Rose Mia White – IV anno – Tassorosso.
    Arrivata a lezione in orario e preso posto. Salutato il professore e poi accomodata. (In accordo con la Player di David ho scritto che si siede vicino al mio pg)
    Posa la pergamena del compito richiesto su tavolo.
    Interagisce con David.
    Nomina Daphne e le sorride.
    Non risponde alle domande.


    Edited by Rose Mia White - 8/12/2022, 11:27
     
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    Halley Wheeler. Coraggio da vendere ma, quando si trattava di un’amicizia messa a repentaglio, riusciva a chiudersi a riccio, evitando il confronto per mesi, solo per paura. Era proprio ciò che le era accaduto una volta realizzato che, la notte di Halloween, seppur in una strana dimensione onirica, aveva decretato la fine di Daphne Andersen. Il loro rapporto –fin dal principio- era stato travagliato e ricco di incomprensioni ma, negli ultimi tempi, le divergenze erano state appianate con non poca fatica. Presa male. Anche a lezione, si preoccupava di non voltare mai lo sguardo verso la bionda, così da non sopperire ai suoi gelidi occhi, capaci di folgorarla. Certo, non avrebbe potuto continuare quella farsa per sempre ed, essendone consapevole, si era preparata un discorso mentale che sarebbe servito a scagionarsi dalle colpe che sentiva, pesanti, sulle spalle. Forse neanche sarebbe bastato ma il fare nulla non avrebbe giovato alla situazione e al suo morale gravemente compromesso dal senso di colpa.
    Niente era cambiato, nonostante fosse passato ben un mese dall’accaduto. Sbuffò e lasciò cadere i libri della lezione precedente ed, in tutta fretta, si appropriò del materiale di Difesa prima di salutare alcune compagne, confinate in un angolo della Sala Comune. Uscì dal ritratto, salutando la Signora Grassa, con educazione e facendole qualche complimenti e, alla fine, prese la strada verso l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure. Il Signor White le aveva sempre provocato un lieve disagio ma, tutto sommato, ci aveva fatto l’abitudine, evitando di frequentare le sue lezioni con l’ansia. Sì. I suoi nervi erano rilassati al punto giusto e la mente si trovava proiettata verso la concentrazione necessaria per incamerare più nozioni possibili che, in futuro, le sarebbero senza dubbio risultate utili per il suo percorso al di fuori di Hogwarts. Quella era una delle sue materie predilette ma sempre dietro a Cura delle Creature Magiche che, dopo un attento confronto con il padre, aveva posto in cima alla sua lista. Intraprendere la carriera del Signor Wheeler? Un sogno che, con un po’ di buona volontà e tanto studio, si sarebbe tramutato in realtà. Certo, la costanza non le mancava, soprattutto in ambiti che catturavano la sua attenzione. Chissà, tutto stava nel divenire e negli atteggiamenti posti in essere da parte sua, nei confronti della scuola. Non poteva di certo lamentarsi, fino a quel momento e il silenzio della madre ne era la prova tangibile. Se avesse avuto problemi a livelli di voti, la sua vecchia, l’avrebbe sbranata viva, facendola sentire l’ultima delle merde sulla faccia della terra.

    Entrò nell’aula. Un tuffo al cuore il quale, di conseguenza, perse un battito. Daphne era già posizionata al suo posto e, per un istante le sembrò che la stesse fissando. “Buongiorno, Professor White!” Esclamò, cercando di tenere a freno il suo disagio e si incamminò proprio verso la bionda o, meglio, verso il banco accanto al suo. “Daphne…” Si limitò a proferire, senza troppi convenevoli che non sarebbero serviti a nulla, soprattutto dato il contesto nel quale si trovavano. Dal suo saluto, la Grifondoro, comprese il profondo risentimento. Le aveva provocato un danno al quale sarebbe stato difficile rimediare con le mere parole o scuse fini a sé stesse. Ma allora? Questa volta neanche un appuntamento ai Tre Manici l’avrebbe salvata dal suo funesto destino. Temeva di averla persa per sempre e, con lei, anche la confidente degna di fiducia che era diventata. Posò gli occhi sul banco, incapace di reggere il confronto. Quel che aveva fatto ma, soprattutto, quella che aveva detto, era stato deplorevole, condito con quella cattiveria che mai e poi mai si sarebbe sognata di possedere, neanche lontanamente. No. Non pensava che fosse un pallone gonfiato. O almeno, l’aveva pensato all’inizio quando, ancora, non aveva idea di chi fosse quella giovane donna. “Io…” Tentò l’approccio ma subito, con un tempismo perfetto il Vice Preside prese la parola, così da dare inizio alla lezione che li avrebbe impegnati nell’ora successiva. Un salvataggio in corner, insomma. Frugò nella sua borsa e, come da istruzioni, posizionò il compito assegnato sul banco, dopo di che tentò di elaborare il quesito formulato. Stava per prendere la parola quando, dal fianco, la voce del Prefetto di Serpeverde squarciò il silenzio, andando a rispondere con estrema precisione. Rimase zitta, incapace di aggiungere altro, così da sembrare colei che gettava benzina sul fuoco. Sì, se avesse aggiunto qualche cosa, forse, avrebbe provocato una reazione brusca nella sua compagna. Rischiare sarebbe stata una mossa davvero stupida da parte sua, già abbastanza colpevole di qualche cosa che non aveva potuto controllare con le sue facoltà mentali. Insomma. Prese la piuma e scrisse velocemente ciò che era stato detto e, in più, annotò anche la domanda attenendo, poi, la risposta. Sentiva la pressione e gli occhi accusatori su di sé. Aveva sbagliato. Avrebbe dovuto affrontare quella discussione subito, non appena tornata vigile, quella stessa sera. Conosceva Daphne e, di certo, avrebbe pensato che quei pensieri fossero veritieri e che Halley, per qualche assurdo motivo, aveva voluto raggirarla per tutto quel tempo. Mi dispiace, cazzo. Pensò intensamente prima di comprendere che crogiolarsi in quel pensiero l’avrebbe distolta dal problema principale che, quella mattina, era esclusivamente Difesa. Allontanò i pensieri funesti, gettandoli in un improvvisato oblio e tentò di utilizzare le sue facoltà mentali, interamente per la lezione. Sì, una scelta che sicuramente l’avrebbe avvantaggiata almeno in quel frangente. Il resto? Il tempo non sarebbe mancato.


    Halley Wheeler - IV anno - Grifondoro
    Salutato il professore, interagito con Daphne e sentendosi in colpa per averla uccisa male nel sogno si ammutolisce.
     
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    Aveva saltato la lezione delle otto e trenta per dormire un' ora in più e, quando si svegliò, fu contento di trovare la stanza completamente vuota. Si era fatto una doccia, si era vestito e aveva anche fatto colazione da solo alla tavolata dei serpeverde senza che nessuno gli rompesse il cazzo. Un vero paradiso. Aveva, poi, fumato una canna alla Rimessa per rilassare i nervi, guardato qualche culo nei corridoi e adesso si dirigeva in tutta calma verso l'aula di Difesa. Sapeva che quello stronzo del vicepreside non tollerava i ritardatari e, se non fosse stato per l'ennesima lettera di suo padre dove lo incitava a fare il serio, non si sarebbe proprio presentato o avrebbe fatto qualche stronzata per essere sbattuto fuori. Tutto pur di non vedere quella faccia di cazzo. Tra gli insegnanti era quello che più odiava perché, in qualche modo, era riuscito a sapere della sua natura e la cosa non gli andava per niente bene. E poi non era un caso se si era ritrovato suo fratello come compagno di stanza, doveva esserci il suo zampino. Prima della fine dell'anno scolastico qualcuno avrebbe ritrovato un cadavere in quel dormitorio e non sarebbe stato di certo il suo. Il vermetto rischiava la pelle e, per sua sfortuna, non sarebbe più riuscito ad accoltellarlo mentre dormiva. Era un mannaro, ora, e come tale avrebbe percepito subito la sua presenza. Che poi perché li aveva messi insieme? Era stata una richiesta di suo padre oppure lo aveva fatto perché si era avvicinato a sua figlia? Ghignò, pensando al modo in cui l'aveva toccata quella notte, a come avesse sospirato sotto di lui e si fosse lasciata andare completamente, mostrando un lato di lei che David aveva particolarmente apprezzato. Si leccò le labbra mentre entrava in aula con un'espressione soddisfatta sul viso. «Professore.» Lo salutò scocciato, quel tipo gli stava troppo sul cazzo. La materia che insegava gli piaceva, il modo in cui la insegnava no. Troppa teoria e poca pratica, il preside avrebbe dovuto scegliere qualcuno di più adatto e dare a quel bastardo la cattedra di Divinazione, ce lo vedeva vestito da veggente con qualche strana divisa viola a leggere le carte. A stento trattenne una risata. Per quanto lo odiasse sapeva che l'avrebbe sbattuto fuori senza problemi quindi si diede un contegno. Se scriveva a suo padre era fottuto, rischiava davvero di trovarselo fuori la porta. Dean Harris che era l' unica persona che temesse e, visto la cazzata che aveva fatto in estate, era meglio tenerlo lontano da Hogwarts. Rischiava di crepare male.
    Si andò a sedere direttamente vicino a Rose che, non appena notò la sua presenza, trasalì. La guardò stranito, ma che aveva? Quella ragazza cambiava completamente quando erano in pubblico, ci teneva al decoro e alla apparenze e, a lui, quel lato di lei, non era mai piaciuto. Non gli era mai importato un cazzo di ciò che pensavano gli altri e gli dava fastidio essere trattato diversamente solo per quello. Per dispetto, avvicinò la sedia alla sua e le sussurrò: «Rilassati come quella volta.» Poi si allontanò, sistemando le sue cose sul banco. «Solito.» Non disse altro, gli aveva dato fastidio la reazione che aveva avuto non appena l'aveva visto. Prima l'avrebbe trattata malissimo, mandandola direttamente a fanculo, ma visto che si trattava del coniglio e che erano a lezione, si contenne. Tuttavia, non gliel'avrebbe fatta passare liscia. Sapendo quando fosse facile farla arrossire, le accarezzò una coscia. Fu una carezza breve ma era certo di aver ottenuto l'effetto desiderato. La voce del docente lo costrinse a concentrarsi su di lui e, non appena vide com'era andato il compito della scorsa settimana, roteò gli occhi. Il massimo che aveva preso era stata una A, oltre non andava. Ed eccolo che nominava ancora quella rompicazzo della Andersen per poi parlare di illusioni. Neanche si scomodò ad alzare la mano per rispondere, preferì incrociare le braccia e vedere cosa aveva in mente faccia da culo numero due. La prima era pur sempre Blackwood.



    David Harris, V anno, serpeverde

    Arrivato a lezione saluta scocciato il prof e si siede vicino a Rose, disturbandola a modo suo. Non risponde alla domanda e aspetta l'esercizio. Citata Daphne.
     
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    Lancio un fugace sguardo verso la mia borsa per assicurarmi che la pergamena da consegnare a White sia lì dove deve stare, ben riposta tra le pagine del libro di difesa contro le arti oscure. L'ho già controllato altre due volte circa, ma so di far bene a non fidarmi troppo ciecamente della mia memoria.
    Il professore sta per concludere il suo discorso sui vari conflitti tra maghi e giganti verificatosi verso la fine del diciannovesimo secolo; ne pala con grande fervore e in maniera piuttosto approfondita tanto che mi ritrovo a prendere diversi appunti di qualche chicca di cui ignoravo l'esistenza. Meno male direi, non sono ad Hogwarts solo per fare un ripasso generale di cose che già so.
    L'insegnante è costretto a fermarsi, si è decisamente lasciato trasportare dall'argomento fin troppo, tanto da dover sospendere il racconto proprio a metà. Per quanto gli si legga in viso il tempo a sua disposizione è finito e iniziamo tutti a smontare le tende per andare incontro ad una lezione decisamente impegnativa. Le lezioni di White sono tra le più interessanti ma anche tra le più difficile di affrontare, ogni volta sembra di dover aver a che fare con i luoghi più bui della mente. Insomma, necessita preparazione psicologica per i più deboli di psiche.
    Nel mio caso ci sono giorni in cui la fatica è doppia, altri in cui tutto sommato riesco a portarmi a casa la lezione senza troppo stress. A mia madre sarebbe piaciuto l'approcci duro dell'insegnante, è stata lei ficcarmi in testa il fatto che il mondo fosse un posto di merda ancora prima di imparare a parlare. Bisogna guardarsi da tutto, diffidare di tutti e con il senno di poi inizio a credere che si riferisse proprio a se stessa e che in fondo le sue parole erano tutte dei piccoli avvertimenti. E io sono nella lista dei deficienti che si è fatto fregare.
    Ultimamente i miei pensieri non sono dei più positivi, ne ho qualcuno di troppo fastidioso come un maledetto sassolino nella scarpa. Sono infastidito, nervoso e incazzato con mia sorella che crede nel buon cuore dei miei nonni, come se loro fossero quel genere di persona ad intelare rapporti senza interessi. Mi stupisco di come lei possa dargli fiducia. Eccolo poi, un altro sassolino nella scarpa... anzi, forse dovrei definirlo di più come un enigma irrisolto e io non amo lasciarli senza risposta. La bionda di serpeverde mi precede di qualche passo e non è difficile capire che la direzione è la stessa. I giorni trascorsi da quella sera in cui siamo stati più vicini che mai, alla fine hanno contribuito a porre tra di noi una distanza ancora più evidente: se prima riuscivamo ad incontrarci per scambiare qualche parola, adesso sembra già abbastanza se ci salutiamo. Sinceramente è anche a causa mia se il clima si è freddato tanto, non ho capito cosa è successo, perchè è così evasiva, perchè sembra sempre troppo di fretta come un ladro in fuga
    - buongiorno professor White -
    e con il passare dei giorni tutti questi interrogativi mi hanno stancato. Ne ho già abbastanza per i fatti miei.
    Eppure sento che non no provo pura rabbia nei suoi confronti, se così fosse non riuscirei a ricambiare il cenno del suo capo con tanta naturalezza. Quasi mi fa piacere che quantomeno mi dedichi quel minuscolo cenno. Se provassi solo rabbia, sarebbe più facile chiudere questo capitalo e smetterla di chiedermi cosa le sia passato per la testa, cosa sia successo per farla allontanare tanto.
    Siccome la lezione non ammette distrazioni o pensieri intrusivi quindi dopo aver riposto la mai pergamena sulla cattedra, cerco di trovare un posto trovandone poi uno in quarta fila. Caso vuole che sia proprio sulla stessa linea di Daphne, da qui nel mio campo visivo c'è continuamente la sua chioma bionda, la stessa che l'ultima volta non era poi così ordinata. Esattamente come si addice ad una studentessa modello come lei.
    Comunque la situazione Daphne adesso non cambia nulla, dovrei comportarmi come al solito, alzando la mano ed intervenendo ritenedolo necessario. Anche se volesse dire completare la risposta della serpeverde parlando subito dopo di lei - le illusioni agiscono sostanzialmente sulla psiche, quindi è tutto nella testa della vittima dell'incantesimo che può essere più o meno fragile.
    Un incanto come steleus, ad esempio, può causare dei particolari sogni ad occhi aperti e non sempre è detto che siano piacevoli -
    poi aggiungo - professore, anche un mago nato con una particolare abilità potrebbe avere le stesse capacità? Esiste, ad esempio, una particolare forma di mentalismo che permette di ottenere lo stesso effetto senza l'impiego di un incantesimo specifico? - ne approfitto per fare una domanda sull'argomento, che mi tocca personalmente. Ho già intinto la piuma nell'inchiostro, pronto a segnarmi qualsiasi cosa che possa essere utile.


    Hunter Moore, corvonero, V anno.
    Ha salutato White, risposto alla sua domanda e fatta un'altra domanda per interesse personale.
    Interagito ( freddamente) con Daphne ricambiando il cenno.
    Seduto in uno dei posti liberi a disposizione, quarta fila.



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    Una routine che non finiva mai, un loop di lezioni e studio che durava mesi e a cui si sarebbe abituata più o meno verso gli ultimi mesi, come ogni anno. Il più delle volte andava avanti ad inerzia, muovendosi ciondolante tra le brave formichine laboriose che si spostavano di classe in classe per ritrovarsi così a scaldare la sedia regalando la sua sola presenza senza nemmeno prestare attenzione alle materie che stava affrontando. Poche materie erano considerate dalla Scott degne di nota e di attenzioni, tra tutte quelle di Difesa sarebbero anche state le sue preferite visto l'interesse che aveva per l'argomento, ma il vicepreside White aveva questa strana passione per la teoria che la faceva ribollire d'impazienza. Ok, si, la teoria era importante per capire e blablabla, ma lei preferiva imparare sul campo. Una volta imparati formula e movimento della bacchetta perché non divertirsi? Perché non liberare un troll in Sala Grande in mezzo a loro e vedere chi sopravviveva? Metterli davanti ad una vera minaccia da affrontare avrebbe fatto spiccare l'inventiva, i riflessi e il sangue freddo di chi era portato in materia, e lei fremeva dalla voglia di scoprire se era in grado di affrontare tutto quello che le veniva messo davanti. Certo che, dopo gli eventi di Halloween, pensare a quello che sarebbe stata in grado di fare era alquanto disturbante. Deglutì e sbatté un paio di volte gli occhi nocciola, seguendo la scia di studenti verso l'aula designata per la lezione, scacciando il ricordo dalla testa distratta.
    -'Giorno- borbottò in direzione del fascinoso professore prima di guardarsi attorno. Passò lo sguardo sui presenti osservando i posti liberi rimasti ed incamminandosi verso uno di essi. Passando si portò due dita della mano destra alla fronte per poi allontanarle dalla stessa, quasi fosse un saluto militare in direzione della sua bionda compagna di stanza e di quella piaga di Halley, desiderosa di sedersi lontana dalle due che ancora non aveva capito se fossero amiche o meno. Superò qualche fila di banchi abitati da mezzi cadaveri che ancora non erano del tutto svegli, pur non essendo quella la prima lezione del giorno, e si lasciò cadere verso uno di quei ragazzi che vedeva sempre ma con cui non aveva mai nemmeno interagito. Non ricordava nemmeno che suono avesse la sua voce, tanto di rado lo aveva sentito parlare. Il compagno di banco perfetto, insomma: tranquillo, silenzioso, nessuna domanda di circostanza. Non chiedeva di meglio.
    -Mh- mugugnò in sua direzione nella cosa più simile ad un saluto che fosse in grado di fare, prima di estrarre pergamena, piuma e inchiostro dalla tracolla lasciata a terra, più che sicura di tutta la parte teorica che avrebbero affrontato di li a poco. La speranza che White tirasse fuori un vampiro da dentro un armadio era ancora presente, ma era più un sogno irrealizzabile. Il professore iniziò la sua lezione strappandole un sommesso -Tch- quando si complimentò con Daphne, figuriamoci. Ormai i due erano culo e camicia, e alla risposta di lei sussurrò un semplice -Ruffiana- con un ghigno a fior di labbra, così a bassa voce che forse solo il vicino avrebbe potuto udire. Niente da fare, quei due non gliela raccontavano giusta. Era sicura che al di la delle lezioni scolastiche ci fosse altro, una tresca magari, uno scambio di servizi se così si poteva dire. Lezione dopo lezione era sempre più convinta che alla bionda piacessero vecchi, nemmeno avesse bisogno di uno sugardaddy. Poi, sviolinate a parte, la lezione iniziò sul serio e finalmente si passò alle domande. Ascoltò i suoi compagni e attese che il vicino finisse di parlare per intromettersi nel discorso
    -Non direi solo della psiche, se prendiamo l'incantesimo ”Desilludo” questo trasforma davvero l'oggetto o il soggetto colpito in una specie di camaleonte per mimetizzarlo con l'ambiente- anche questa per lei era illusione. Quindi si voltò verso l'insegnante e continuò -Molti degli incantesimi illusori sono difensivi, tipo quello che protegge Hogwarts dai babbani, occultando posti o persone ma, in genere, non difendono da incantesimi diretti, anche se nascosti potremmo venire che ne so, schiantati per dire- finì continuando a giocare con la piuma sul posto prima di riflettere sulla seconda parte della domanda -Quello che si può ottenere immagino dipenda dall'obiettivo, fuggire per esempio, tendere un agguato ad una vittima ignara- le scappò un ghigno pensando alle idee che questa lezione le stava dando -Nascondere qualcosa, appunto. O magari solo della privacy. Anche gli incantesimi che non ci permettono di ascoltare conversazioni altrui si possono considerare illusori?- avrebbe comunque preferito un troll di montagna.


    Reina Scott, Serpeverde, IV anno
    Arrivata in classe e ha salutato daddy Dylan, ha salutato poi Daphne ed Halley con un saluto militare perché why not, e si è seduta di fianco ad Hunter. Ha risposto alle domande.
     
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    Skylee Metis

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    Quella mattina, come da ormai un paio di mesi a questa parte facevo ogni volta che avevo un po' di tempo libero, mi ero data appuntamento con Harry Barnes in biblioteca per aiutarlo a studiare per il passaggio di anno che la scuola aveva offerto a tutti gli studenti che come lui, per un motivo o per quell'altro, avevano perso svariati anni di studi. Io per prima ero stata tentata ad aderire all'iniziativa, ma poi tra i compiti di Caposcuola e quelli da vice capitana di Quidditch mi ero resa conto che non avrei avuto modo di studiare quel tanto che serviva a recuperare un intero anno di scuola per poter accedere direttamente al successivo. D'altra parte aiutare il Serpeverde a farlo si era rivelato un ottimo modo per poter ripassare il programma del mio anno di corso per poter arrivare preparata a dovere a tutti quei compiti che il ragazzo avrebbe dovuto invece sostenere in una sola volta. Non sarebbe stato per nulla facile riuscirci ma nonostante la sua testaccia dura il suo orgoglio si era rivelato utile in quel contesto e pur di non essere preso per sempre per il culo per il suo fallimento si era dato seriamente da fare e quindi eravamo infine riusciti a organizzare una tabella di marcia piuttosto serrata e precisa per riuscire nell'intento che ormai interessava entrambi, perché oltre al suo orgoglio, in caso di fallimento, a ritrovarsi ferita sarebbe stata pure la mia reputazione di impeccabile Caposcuola dedita ai lavori a lei assegnati. Compiti che quell'anno per chissà quale ragione parevano essere molto più difficili rispetto a quelli dei miei colleghi Caposcuola. Da quel che sapevo nessuno di loro aveva ricevuto come regalo di inizio anno non uno ma ben due studenti problematici ai quali fare letteralmente da babysitter. Se uno dei due nonostante le mie minacce finiva per combinare qualche casino io subito venivo convocata per fargli da supervisore durante la punizione a lui assegnata. Mentre se l'altro saltava una lezione perché si era addormentato a letto io finivo per essere rimproverata assieme a lui come se il fatto che la sua sveglia suonasse o meno potesse dipendere in un qualche modo da me. Si fosse trattato di Marcel sarei potuta entrare nel suo dormitorio per prenderlo a calci nel sedere finché non si alzava dal letto, ma essendo Harry un serpeverde era per me impossibile accedere alla sua sala comune senza rischiare di beccarmi una bella punizione, o peggio ancora uno sguardo carico di rabbia da parte del Bulgaro che, ci scommetterei il fondoschiena, se mai facessi una simile cosa mi ritroverei sicuramente davanti per chissà quale strana coincidenza voluta dal fato. Chi mai avrebbe potuto tenerlo buono in una situazione simile poi? E chi mai avrebbe trovato velocemente un modo per giustificare il gesto prima che lui potesse pensare subito male nonostante le mie intenzioni oneste? «Ok ora devo andare a lezione, vedi di fare lo stesso pure te o ti appenderò a un qualche lampadario per le mutante. Non dimenticare che dopo la pausa pranzo abbiamo il secondo round di studio, intesi? Ciao» Esclamai a tono alto mentre mi allontanavo da lui per raggiungere in fretta l'aula di Difesa Contro le Arti Oscure per evitare di fare ritardo. Il vicepreside White non tollerava i ritardatari e visto che già mi sembrava che di tanto in tanto mi lanciasse qualche occhiataccia che nella mia mente era stata bollata come conseguenza al fatto che fossi tanto amica della figlia con la quale pareva avere un rapporto tutt'altro che idilliaco, volevo evitare di dargli altri buoni motivi per riservarmene altrettante. Fortunatamente riuscii a raggiungere la meta un paio di minuti prima dello scoccare dell'ora, ma quando entrai mi accorsi che la maggior parte degli studenti, probabilmente intimoriti dall'aura severa dell'uomo, si trovavano già in classe. Persino David era già arrivato e come un parassita per nulla intenzionato ad abbandonare l'organismo del suo ospite, che in questo caso si trattava sfortunatamente di Rose, le stava fin troppo appiccicato. Disgustoso. Pensai soffermandomi per un paio di secondi sulla soglia d'entrata osservandoli con un leggerissimo sguardo infastidito. Non c'era stato verso, per quanto avessi tentato di convincere la Tassorosso che quello era forse il partito per lei meno indicato la ragazza aveva continuato imperterrita a frequentarlo e ora, in tutta risposta alla loro vicinanza, non potevo fare altro che pensare a quanto fastidio mi desse il loro rapporto presumibilmente intimo scuotendo impercettibilmente il capo di tanto in tanto. Pur di non osservarli oltre mi sedetti da sola in prima fila e mi concentrai unicamente sulle parole del professore facendo ben attenzione, sapendo che l'uomo avrebbe potuto udire i miei pensieri se solo lo avesse voluto, a non pensare a nulla di compromettente per la mia persona. «Il "campo d'azione" delle illusioni è veramente molto vasto, esse difatti possono compromettere tutti i sensi di un uomo facendogli credere di star avendo a che fare con letteralmente qualsiasi cosa» Presi parola rispondendo alla domanda del professore dopo aver letto il voto del precedente compito e aver consegnato il nuovo dopo essermi assicurata di non aver sbagliato accidentalmente pergamena per chissà quale astruso motivo. Solo la settimana prima mi ero accorta all'ultimo che la ricerca che stavo per consegnare al professore di Cura delle Creature Magiche era invece il compito di Storia della Magia che mi aveva passato Barnes per controllarglielo prima che lo consegnasse al docente. «Oltre all'aspetto sensoriale delle illusioni esiste pure quello economico, difatti qualora qucuno volesse vendere a un'altra persona un qualche oggetto di scarso valore facendolo passare per qualcosa di particolarmente remunerativo potrebbe alterarne l'aspetto per farlo apparire più prezioso e antico all'occhio umano senza il bisogno di trasfigurarlo nella sua interezza, per questo molti rivenditori magici si sono visti costretti nel corso degli anni a ideare sempre nuove strategie per sventare tali tentativi» Conclusi pensando distrattamente e con una punta di fastidio che il merito per tali conoscenze in materia dovevo attribuito a quel sadico bastardo di Ethan. Oh beh, almeno per qualcosa mi era infine tornato utile quell'insegnamento per nulla richiesto all'uomo.

    ★ ★ ★
    Caposcuola Corvonero | Scheda | Mailbox | Pensatoio

    Skylee Metis.
    V anno. Corvonero.
    Seduta sola soletta in prima fila dopo aver lanciato un occhiataccia a Rose e David mentre mensa a quanto gli fanno disgusto vicini (v.v.b <3). Risosto alla domanda del professore e consegnato il compito della lezione precedente.
     
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    Dylan
    Dylan possedeva un dono e quel dono altro non era che una dote speciale che gli consentiva di percepire i pensieri altrui. Era un dono esclusivo di cui il mago – e mangiamorte – ne venerava la disciplina e il poter vantare stesso, con pochi intimi, di possedere tale abilità. Se in giovane, giovanissima, età aveva disprezzato quel costante flusso di pensieri che lo aggrediva, con l’incedere ineluttabile degli anni aveva presto imparato quale vantaggio rappresentasse: era sempre diversi passi avanti rispetto al suo interlocutore o avversario, figure che, molto spesso, coincidevano in una unica. Perché questo vantaggio continuasse a rimanere tale Dylan aveva imparato la discrezione; in pochi, pochissimi, eletti potevano vantare di essere a conoscenza di tale segreto e quei pochi sapevano di dover mantenere ben chiusa la bocca salvo incappare in effetti collaterali, a detta del White, molto spiacevoli.
    Con gli studenti difficilmente utilizzava il suo potere, piuttosto, lasciava che quel flusso di coscienze lo sommergesse rimanendo però relegate al sottofondo, quasi fossero una radio accesa. Le loro menti parlavano seguendo ragionamenti, paure e sentimenti che passavano rapidamente da un contesto al successivo rendendo, a volte, seguire quei meccanismi un vero mal di testa. Era per questo che il mangiamorte non se ne interessava selezionando all’occorrenza su chi eventualmente focalizzarsi. Queste poche persone erano sicuramente la figlia, Rose, che monitorava costantemente con il suo occhio indagatore; a volte di quelli che lei identificava come “amici” ma non erano altro che meri pugnalatori che si approfittavano della sua stupidità, ben le stava, i cui pensieri erano interessanti quanto una partita di gobbiglie e ci cui presto abbandonava le menti tranne il caso nella cui fattispecie aveva a che fare con una Grifondoro, tale Kynthia Lloyd, la quale a conoscenza del suo potere – di certo per merito della boccaccia larga della sua erede – si sforzava il più possibile di evitare i suoi attacchi mentali. I suoi tentativi gli strappavano un sorriso tutto sommato. Era simpatica per un certo qual modo e poi, come in quel caso, c’erano persone – sempre affiliate alla figlia – che urlavano i loro pensieri provocando nel mangiamorte vero e proprio fastidio che gli richiedevano un certo sforzo per trattenersi dall’agire e porre una fine definitiva alla causa di quel rumore. Il caso specifico in questione era il signor Harris. Un uragano di pensieri degni dei bassifondi popolari, tale era la levatura del ragazzo, che non rispecchiavano in nessun modo quelli che per il vicepreside erano i valori di un degno figlio di Salazar. Harris era rozzo, volgare ed il suo sangue era disgustosamente macchiato di proposito dalla maledizione della licantropia di cui quella becera famiglia oltreoceano andava fiera. Ma era un Serpeverde e in quanto tale doveva sopportarlo seppur tra tutti i membri della sua casa, chi più chi meno, Harris rappresentasse il primo che avrebbe eliminato senza la minima remora. Purtroppo per il vicepreside ed i suoi buoni propositi, quel giorno la mente del ragazzo aveva deciso di essere più rumorosa del solito presentandogli alcune immagini di sua figlia in pose piuttosto compromettenti con l’aberrazione stessa. Il suo sguardo funereo s’adagiò sulla giovane White soffermandosi sul suo viso candido. Compiendo un enorme sforzo continuò a muoversi nell’aula. «Esattamente miss Andersen, ottima panoramica. A breve vedremo anche questo ma prima qualcuno vuole aggiungere dell’altro? Sì, signor Moore. Prego», fece indicando il ragazzo di Corvonero per concedergli la parola. «Molto, molto bene», continuò il docente agitando l’indice per regalare al Moore un sorriso d’approvazione. C’era andato vicino e non sapeva quanto. «E per rispondere alla sua domanda le dico che è possibile e non solo per un’unica tipologia di mentalismo bensì per tutte e tre le branche!» Continuò a passeggiare per i banchi incontrando gli sguardi dei ragazzi che – almeno i più solerti – sollevavano lo sguardo per intercettare quello dell’uomo salvo poi piegarsi sulla pergamena. «Come forse alcuni di voi sapranno», concesse una rapida occhiata alla Andersen, «i mentalisti altri non sono che maghi o streghe con la capacità innata, quindi sin dalla nascita, di comandare una precisa branca della mente. I mentalisti di lettura», come il sottoscritto, «sono in grado di percepire i pensieri di chiunque lo circondi e perché no?! Persino manipolare questi pensieri se il mago ne è particolarmente dotato. Un mentalista di chiusura, invece, sarà in grado d’indurre la sua vittima alla trance chiudendone la mente in un loop temporale generato e deciso dal mentalista stesso e il ment... Signor Harris! Se la lezione non fosse di suo gradimento è libero di uscire dalla porta seduta stante per non farvi ritorno mai più anche se, le ricordo, difesa è una materia di sbarramento per tutti gli anni scolastici.» L’occhiata inceneritrice si posò ferma sul viso del ragazzo, il quale, con una certa veemenza, aveva accarezzato la coscia al di sotto del banco della compagna Tassorosso, nonché sua figlia. Al suo sguardo non era arrivata quell’immagine ma la mente viscida di quell’essere non aveva fatto altro che urlarglielo al limite dello sbeffeggiamento.
    «Come dicevo», cercò di continuare come se nulla avesse turbato quella spiegazione, «il mentalista di cancellazione invece, avrà pieno controllo dei ricordi della sua vittima tanto da permettergli di manipolare e cancellare gli stessi. Quindi, signor Moore, anche queste possono annoverarsi nelle illusioni più o meno forti che può, un mago dotato di tali poteri, mettere in pratica. E non solo un mago, esattamente come chiedeva miss Andersen, anche le creature sono dotate di tali sortilegi illusori quali i vampiri, come vedremo più avanti nel percorso di studi, le veela sicuramente, sirene, banshee... quasi tutti si potrebbe dire. Gli stessi mollicci che abbiamo affrontato gli scorsi anni sfruttano le illusioni per generare nella vittima la paura di cui essi si nutrono. Si potrebbe dire che l’unica creatura a non possedere tale dote, tra le più famose, sia il lupo mannaro!» Un accenno di sorriso alla sua platea di ascoltatori mentre lo sguardo andava a posarsi con fare denigratorio sul ragazzo ripreso qualche istante prima. «Tassorosso, Grifondoro... Qualcosa d’aggiungere?» Chiese poi osservando nella fattispecie i ragazzi appartenenti a quelle case nell’attesa che qualcuno di loro aggiungesse del valore aggiunto. «Come sempre», borbottò scuotendo il capo con un certo disappunto. «Non direi solo della psiche», intervenne una voce che attirò la sua attenzione. «Precisamente miss Scott, ottimo intervento da parte sua. La prego di alzare la mano più spesso. Quindici punti aggiuntivi verranno assegnati a Serpeverde! Le altre case dovrebbero prendere spunto...» disse facendo saettare lo sguardo ancora una volta sui membri dei Tassorosso e Grifondoro che erano invece rimasti in silenzio. «Un ultimo intervento prima di andare avanti... Sì, prego miss Métis», la indicò dopo che, con il suo passeggiare per l’aula, cosa che gli consentiva di tenere l'attenzione e i riflettori puntati su di sé scongiurando possibili “bighellonamenti sottobanco”, tornasse al punto di partenza poggiando la schiena alla cattedra. «Esattamente, oltre alle varie arti manipolatorie per la persona e sulla persona ci sono anche arti illusorie destinate alla sfera economico-finanziaria come ci ha illustrato la vostra compagna.» Sospirò.
    Era giunto il momento.
    «Come tutti ben sapete, recentemente, è successo un episodio riprovevole che ha coinvolto tutti i qui presenti e gli abitanti del castello. Il colpevole è stato individuato e neutralizzato ma quanto accaduto oltre a non doversi mai più ripetere, ha portato a galla una falla nella sicurezza del sistema della scuola. Il corpo docenti di Hogwarts si è immediatamente attivato in merito ma quanto ci siamo tutti trovati ad affrontare, voi nello specifico, ha dato da pensare quindi la lezione di oggi verterà appunto su questo tema poiché, come avete potuto saggiare, nemmeno la nostra scuola può definirsi sicura. Nessun luogo, per quanto ci esprima sicurezza potrà mai garantircela davvero ma io sono qui oggi per darvi gli strumenti tali da permettervi di difendervi!» Dylan parlava con calore, con emozione, infervorandosi in quella che era una totale recita. «La notte d’Halloween vi siete trovati vittima di una mera illusione ed oggi con il consenso mio, del preside e dei genitori vi eserciterete ad uscirne se la vita dovesse mettervi ancora una volta davanti ad un evento simile!» Quante bugie. Se il caso avesse ripresentato quello scenario nessuno di loro sarebbe stato in grado di uscirne semplicemente agitando la bacchetta poiché non si parlava del tipo d’illusione alla quale stavano per assistere bensì ad una sperimentazione della maledizione Imperius assimilata attraverso le pietanze. «Indi per cui gli specchi che appariranno sui vostri tavoli», e all’agitare della bacchetta del docente su ogni tavolo ne sarebbe comparso uno, «saranno incantati con un’illusione. Inutile dire che ci troviamo a difesa contro le arti oscure e non a divinazione pertanto questo specchio evocherà il vostro personale scenario d’inferno e sarete voi a doverlo combattere. Poggiate le bacchette, in questa fase non ci saranno utili. Gli specchi stessi fungeranno da catalizzatori. Al mio via posizionerete il vostro volto in prossimità dello specchio, questi vi immergerà nel vostro scenario. Il vostro compito è riuscire ad uscire dall’illusione utilizzando l’incantesimo: Finite Incantatem. Posizionatevi.» Dylan evocò gli specchi attendendo qualche minuto perché ognuno dei ragazzi si sistemasse. «Tre... Due... Uno. Via


    Ricordo a tutti le regole basilari di una role multipla: LO SPOILER.
    Per ogni spoiler dimenticato verranno sottratti 10 punti alla casa d'appartenenza del player dimentico.
    Siete tenuti a scrivere: Nome, Cognome, la casa di appartenenza e l’anno frequentato. In più, una breve descrizione delle vostre azioni nominando i pg con cui avete interagito o solamente citato.
    Esempio:
    “Tizio Caio, III anno, Dittorosa
    Entrato in classe e risposto ad una delle domande, interagito con Pinco Pallo”

    Non esistono risposte propriamente giuste o sbagliate, sbizzarritevi con i ragionamenti e DIVERTITEVI!

    Info per l’esercizio:
    Sembra banale ma siete chiamati ad evocare in tutto e per tutto il possibile loop o scenario infernale per quanto riguarda il vostro personaggio. I PG appoggeranno il capo nello specchio che lo inghiottirà e verrà catapultato nella visione. Sbizzarritevi con il peggior scenario che potrebbe mettere in crisi/spaventare/traumatizzare il vostro PG come può esserlo stato il sogno collettivo di Halloween. Per uscire dalla visione avrete 2 possibilità che vi lascio libere:
    - Riuscita: motivando le capacità del pg riuscirete, compiendo l’incanto, ad uscire dalla visione;
    - Non riuscita: nonostante tutto l’incantesimo non andrà a buon fine e rimarrete bloccati nella visione. In questo caso non temete, vi tirerà fuori Dylan.
    Ricordate di giocarvi i pg per quelle che sono le sue caratteristiche caratteriali e psicologiche pertanto, per quanto uno studente possa essere bravo nella materia o “secchione” si sta trattando comunque di affrontare il proprio scenario da incubo!

    +15 pt a Serperverde guadagnati da Reina Scott

    Scadenza lunedì 19 entro le ore 12.
    NON SONO ACCETTATE RISPOSTE OLTRE LA SCADENZA.
    Andrò avanti postando martedì. :flow:
     
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    Mars Carter-Johnson

    Fortuna volle che il Carter-Johnson riuscì a trovare una concasata alla quale accodarsi senza farsi troppe domande. Non si fece nemmeno problemi ad allacciare il suo braccio intorno alle spalle della bionda, ma sorrise alla sua amica, convinto che quel gesto sarebbe bastato a perdonare quell'intromissione improvvisa da parte sua. Per chi se lo stesse chiedendo: no, la sua non era arroganza, né un tentativo di fare colpo su una delle due, semplicemente Mars conosceva il proprio potenziale e non si vergognava di usarlo, a costo di apparire esageratamente espansivo. Abituato ad avere gli occhi della gente addosso, non si impegnava per apparire diverso da com'era. Anzi, tutta quella storia della divisa scolastica - che doveva essere uguale per ogni studente, in base alla casata di appartenenza - un po' lo soffocava. Non gli piaceva uniformarsi, motivo per cui aveva risolto la cosa personalizzando parzialmente la sua aggiungendo qualche spilla di troppo al maglioncino ed era raro che stringesse il nodo alla cravatta.
    «Passare il finesettimana in biblioteca non faceva parte dei miei piani, a dire il vero, ma tutto sommato credo di aver fatto un buon lavoro.» ammise, ciondolando per i corridoi insieme alla Duvall, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «E va bene, una Corva mi ha dato una mano...consistente, ma è successo prima che potessi rifiutare!» cercò di giustificarsi davanti allo sguardo inquisitore della concasata. Cosa importava che non fosse tutta farina del suo sacco, davanti alla prospettiva di un buon voto? In fondo, Marshall aveva collaborato alla stesura di quelle pergamene e non aveva mancato di leggere e rileggere il risultato finale. No, non era stupido e no, non si sarebbe fatto trovare impreparato davanti al professor White. Quell'uomo era un tipo tosto e pareva non avere una grande stima per tutte le casate che non fossero Serpeverde, o almeno questo aveva sentito dire... l'ultima cosa che Marshall voleva era provocare la sua ira. Per questo e perché aveva intercettato lo sguardo preoccupato della concasata, Marshall si impegnò a stirare al meglio le pergamene (ben due!) che contenevano il compito del giorno e, a sua detta, finì per fare un buon lavoro: di fatto, i fogli non apparivano più sgualciti, ma avevano solo qualche pieghetta all'altezza degli angoli. Un particolare che il biondo considerava del tutto irrilevante.

    Il Tassorosso ascoltò la spiegazione del White su quello che pareva essere l'argomento del giorno e riguardava le illusioni. Trovò interessante la classificazione dei diversi tipi di lettura mentale esistente e si chiese come dovesse essere poter leggere la mente di tutte le persone che si hanno intorno, delle ragazze... Sarebbe stato un potere ENORME quello di riuscire a infilarsi nella mente delle ragazze, le quali tendenzialmente dicevano una cosa ma ne pensavano altre mille. Grazie a quell'abilità innata, chiunque riuscisse ad assumerne il pieno controllo, poteva manipolare la mente delle persone. Un bel vantaggio, riflettendoci bene. Quella con cui invece doveva convivere Mars era un'abilità tutt'altro che utile, vista la sua completa incapacità di controllarla, ma di questo lui non era al corrente, né sapeva che la sua influenza su un elemento in particolare fosse un talento da esercitare per poter usare a suo favore. Semplicemente pensava che quello che succedeva alle fiamme - quando il suo stato d'animo era particolarmente alterato - fossero dei semplici scatti di magia involontaria.
    Quando il tasso vide lo specchio comparire sul proprio banco, quasi ci si specchiò dentro prima del tempo. Per fortuna fu fermato in tempo dalla Duvall proprio mentre il professore spiegava che gli specchi erano incantati affinché - una volta specchiatici dentro - ci si ritrovasse in un'illusione. «Buona fortuna, bionda.» sussurrò Mars alla concasata, eccitato per l'esercitazione che avrebbero affrontato e, contemporaneamente a tutti i compagni, posò la bacchetta sul banco e si immerse nello specchio, momento a partire dal quale si ritrovò ribaltato in un'altra dimensione.

    Caduto sul divano di quella che gli parve una copia molto simile di casa sua, Marshall non capiva il motivo di tutto quel fumo. «Mààà? Mamma?» chiamò, seguendo la scia in terra di quello che sembrava essere stato un fuoco, il tassorosso aggrottò la fronte quando si rese conto che era proprio sul divano che terminava quella scia scura, quasi avesse preso origine da lui. Confuso, si addentrò nel corridoio che avrebbe dovuto portarlo nella zona notte e lì le vide: lunghe lingue di fuoco uscivano da una camera da letto inondando il soffitto al rallentatore. No... Marshall fissò immobile la scena che aveva davanti agli occhi per qualche minuto, prima di riuscire a riprendere il controllo del proprio corpo e, quando fu di nuovo in sé, si precipitò in mezzo alle fiamme basse che ancora bruciavano all'ingresso della camera del fratello minore. «Cosa cazzo...?» riuscì a dire, quando si ritrovò tra le macerie di quella che era stata anche la sua cameretta, da bambino. Sua madre, seduta in terra, teneva tra le braccia il corpo inerme del figlio minore. «Tu. Ci sei riuscito alla fine. Sei riuscito a sbarazzarti di lui!» Marshall scosse il capo, guardandosi intorno in cerca di qualsiasi cosa potesse ricordargli come fosse arrivato fino a lì. No, non è possibile, io n-non... indietreggiò, finché non sbatté contro qualcuno. Si voltò e quello che si trovò davanti era suo padre che lo fissava, muto, con aria minacciosa. Non Arthur, ma il suo vero padre, quello che aveva sempre solo visto nelle foto che la madre gli aveva mostrato. Peccato, però, che quell'uomo fosse definitivamente morto. «Finite Incantatem!» L'illusione, alla fine, si era tradita, mostrandosi per quella che era.

    Marshall Carter-Johnson, IV anno, Tassorosso

    - Mars chiacchiera con Ruby nel tragitto che i due fanno insieme, finendo per confessarle che è stato aiutato da una Corvonero nel compito che il prof aveva dato loro;
    - Segue la lezione, augurando buona fortuna a Ruby;
    - Riesce nell'esercizio in quanto, seppur coinvolto emotivamente dagli avvenimenti, l'illusione gli mostra qualcuno che nella vita reale Mars ha perso: il padre (cosa che fa rinsavire il tasso).


    Edited by -mars - 20/12/2022, 22:57
     
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    Aveva prestato attenzione a ogni intervento, perfino la frecciata di White diretta a coloro che si era astenuti nell’intervenire era giunta chiaramente alle sue orecchie, lasciandola leggermente irritata. Meglio tacere che parlare a sproposito. Non aveva abbastanza esperienza in merito e tutto ciò che aveva appreso, l’aveva riportato attraverso il compito assegnato. Fine delle trasmissioni. Perché sprecare fiato inutile? Nonostante il fastidio per essere stata ripresa, Ruby, trovava l’argomento interessante e degno di essere trattato in modo decente, così da contribuire alla sua scoperta relativa a ogni antro della magia. Allo stesso tempo, per qualche assurdo motivo, la bionda provava un disagio importante nei confronti delle spiegazioni del professore. Una sensazione che attanagliava lo stomaco, trapassandolo e confondendola. Inutile chiedersi il perché, in quel preciso istante, l’avrebbe solo portata fuori strada e distratta dall’obiettivo che si era prefissata. Ci avrebbe pensato successivamente a quello strano incidente. Aveva quel potere, la calma di estraniarsi e allontanare i problemi, lavorando a favore di un bene superiore, così da non inciampare e rischiare di fallire. Una gran cosa ma, come tutto, i limiti si sarebbero presto presentati. Annotò domande e risposte, senza tralasciare nessun dettaglio, così da poter avere tutto a portata di mano, una volta sola. Gettò una rapida occhiata al suo compagno di banco e sospirò nel vederlo totalmente assorto nei suoi pensieri che, probabilmente, nulla avevano a che fare con la lezione del giorno. Non era la sua baby sitter e, nonostante tutto, aveva le capacità di tirarsi fuori da eventuali guai causati dalle sue lacune.
    La storia del mentalismo di chiusura. Ecco cosa era stato in grado di inquietarla. Quel potere doveva essere devastante se utilizzato in maniera errata. Un brivido percorse la sua schiena da Tassa che, in fin dei conti, la portava a volere la pace nel mondo –o forse no-. La manipolazione un dono di Merlino. Possedere un qualche cosa di simile, avrebbe assicurato ogni realizzazione di qualsiasi tipo di sogno. Utile. Basta tergiversare. La lezione stava per addentrarsi in qualche cosa che, forse, avrebbe portato qualcuno ad un attacco di panico. Lei per prima se avessero toccato i punti giusti.
    L’uomo inquietante sospirò e, alla fine, si lasciò andare ad una spiegazione su quanto era avvenuto tra quelle mura, durante la notte di Halloween. Una falla nel sistema di sicurezza lo aveva definito. Sì, come no. Avevano fallito su ogni fronte, mettendo a repentaglio la salute degli studenti. La colpa? A chi si poteva addossare? Beh, inutile piangere sul latte versato. Tornare indietro sarebbe stato impossibile e i traumi sarebbero rimasti lì, nelle viscere di coloro che avevano avuto modo di sperimentare quella dannata esperienza.
    ”… oggi con il consenso mio, del Preside e dei genitori vi eserciterete ad uscirne…” Cosa cosa? Si stava prendendo gioco di loro? Insinuava che, di loro spontanea volontà, sarebbero dovuti immergersi in una fottuta illusione, solo per tentare di scappare da essa. Granò gli occhioni azzurri e li gettò in quelli di Marshall, denotando una certa preoccupazione. Non poteva dire sul serio. Ohhh, certo che sta dicendo sul serio, è White, non è famoso per il suo spiccato senso dell’umorismo!. Già. Uno specchio comparve davanti a lei, sul suo banco. Lì dentro vi era l’illusione che l’attendeva e che non avrebbe risparmiato nulla, proiettandola in chissà quale scenario infernale. Posò la bacchetta, con qualche riserva e, alla fine, attese il via per dare inizio a quella cosa. “Buona fortuna a te, biondo.”
    Treeeee, dueeeee, uno…. Vai Ruby, ricordati non è reale. Non è reale. Ma poteva sempre essere un qualche cosa di mostruoso.
    Posò il volto sulla superficie e subito fu strappata da Hogwarts, in malo modo.

    Quei dettagli tanto familiari. Lo sguardo al soffitto. Solo in un secondo momento si accorse di essere sulla soffice superficie del letto di casa sua. Quella stanza che conosceva nella sua totalità, però, suggeriva che ci fosse qualche cosa di diverso nell’aria. Si portò a sedere e, sulla parete di fronte vi era un poster che, mai prima di quel momento, aveva avuto modo di vedere. Raffigurata sopra vi era quella che sembrava una cantate, e sul basso, a caratteri cubitali vi era scritto: “Dua Lipa”. La Tassa piegò la testa di lato. Quella donna rimase lì, ferma con gli occhi fissi in un punto. Era certa di non avere mai attaccato niente di simile e neanche sapeva chi fosse quella tizia immobile e dallo strano outfit. Fece due passi indietro e si portò davanti alla sua cassettiera dove, gelosamente, custodiva la sua bacchetta magica durante la sua permanenza a Londra. Tirò il cassetto e vi trovò un diario munito di lucchetto e, dentro a una scatoletta, una piccola chiave luccicava. Da quando aveva bisogno di ciò per tenere al sicuro i suoi più impuri segreti? Ma, soprattutto, che fine aveva fatto la sua bacchetta in legno d’Ebano? No, qualche cosa non andava. “MAMMA!” Un urlo squarciò il silenzio della residenza appartenuta ai Duvall. Ruby aprì la porta con forza e, con rabbia, scese le scale, dirigendosi verso la cucina –regno indiscusso di sua madre-, sempre in movimento grazie alle spugne volanti che svolgevano il lavoro sporco al posto della donna. Ma non quel giorno. La madre se ne stava lì, appresso al lavello, intenta a lavare i piatti con le sue manine delicate. Il fatto la interdisse non poco. Non ebbe il tempo di proferire parola quando, dalla porta sul retro, giunse un rumore molesto. Si affacciò e ciò che vide peggiorò la situazione che si era creata poco prima. Il padre, spingeva un oggetto infernale che, da quel che poteva intuire, aveva il compito di falciare il prato. No. Ed ecco il primo accenno di ansietta farsi largo in lei. Sentiva le mani gelide e un nodo in gola. “Tesoro, come è andata il compito in classe di matematica?” Domandò la genitrice, senza distogliere lo sguardo da ciò che stava facendo. Il compito di checcccosa? Cosa stava dicendo? “Volevi dire Aritmanzia, forse?” Finalmente la degnò della sua attenzione. “Hai toccato la mia bacchetta?” Chiese seccata. “La tua cosa? Ruby, stai bene? Stai delirando? Hai mica la febbre? Aspetta che ti prendo del paracetamolo.” Si apprestò ad asciugarsi le mani e aprì l’anta dei medicinali. La bionda barcollò, reggendosi alla parete ed, infine, sedendosi sullo sgabello. “NO NO NO NO!” La testa tra le mani. Iniziava a comprendere ciò che avveniva. “CHE CAZZO STAI DICENDO?” Sbottò così come mai si era permessa contro la madre. “NOI SIAMO MAGHI. PUROSANGUE.” Ed ecco il picco. “TU NON LAVI I PIATTI. MIO PADRE NON TAGLIA L’ERBA E IO NON FACCIO MATE… QUELLA ROBA LI!” Le urla attirarono l’attenzione del padre che, una volta spento il motore dell’oggetto babbano, fece la sua entrata nella cucina, rimanendo di stucco a causa delle parole della figlia, in evidente stato di alterazione. “RIVOGLIO LA MIA BACCHETTA. E RIVOGLIO I MIEI POSTER DELLE SORELLE STRAVAGARIE E QUELLI DEI FALCONS.” Non che fosse molto tifosa ma i giocatori meritavano. ”Tesoro. Calmati. Vieni qui!” Scansò il tentativo affettuoso della donna e, alzandosi velocemente scappò in direzione della camera. Thomas Duvall la prese per un polso. ”Adesso basta! Andiamo al St. Thomas. Hai le allucinazioni. Hai bisogno di aiuto!” Porca troia. Quelli che avevano bisogno di aiuto erano loro. NO. “LASCIAMI ANDARE. NON TI PERMETTERE! NON SONO PAZZA. SIETE VOI IL PROBLEMA. VOI E I BABBANI!” Riuscì a liberarsi dalla presa. Quella era la fine di tutto. Non le rimaneva nulla. Forse avevano ragione loro, si era immaginata tutto e altro non era che una stupida babbana, insulsa, senza poteri e con la massima ambizione di lavorare in un fast food una volta terminata la scuola. La sua testa doleva e non riusciva a pensare a nulla se non alla fine che avrebbe fatto, se quella fosse stata la realtà. Il panico, oramai, aveva preso il posto della ragione. “SMETTILA DI SEGUIRMI, SCHIFOSO BABBANO!” Disse quando si accorse che il Signor Duvall le stava alle costole, impugnando quello che, da quel che sapeva, doveva essere un telefono.
    Vide la sua vita passarle davanti, convincendosi che sarebbe stata meglio la morte che un’esistenza così triste, senza uno straccio di obiettivo futuro.


    Doveva uscire da lì ma il suo stato d’animo non le permetteva di ragionare. Si mise a correre per gli ampi corridoi di quella che credeva la sua casa. Raggiunse il bagno e si fiondò al suo interno. “FATEMI USCIRE DA QUESTO INFERNO!! VI PREGO!” Le lacrime iniziarono a rigarle il volto. Non poteva accettare una cosa simile. Non a mani basse. “AIUTATEMI, CAZZO!” Respirava a fatica e, di lì a poco, sarebbe svenuta senza dubbio se nessuno l’avesse aiutata. Il terrore l’aveva pervasa, senza darle una via d’uscita e mettendo in discussione il suo futuro, l’unico tasto dolente per la Tassa.


    Ruby Elise Duvall - V anno - Tassorosso
    Interagito con Mars e poi compiuto l'esercizio.
    Ruby vive l'illusione di essere una babbana, un tasto davvero dolente per lei e i suoi sogni di gloria. Portandola sull'orlo della follia. Sotto a un treno, insomma e, per questo, rimane chiusa lì, pregando che qualcuno la aiuti. ç_ç
     
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    Quando Sky entrò il mio sguardo per un attimo si posò su di lei per poi distoglierlo e guardare altrove. Fui distratta da David che avvicinò la sua sedia alla mia e io rimasi ferma cercando di comprendere cosa volesse e poi sussurrò una frase che mi diede un brivido lungo la schiena. Spalancai gli occhi e quasi mi maledì da sola. No non li con mio padre che poteva leggere tutto quindi lo fulminai con lo sguardo ma nella mia testa iniziai a esporre una filastrocca pur di non pensare a cosa che mio padre non doveva sapere. Quando avvertii la sua mano sulla mia coscia trattenni il respiro, arrossii leggermente e poi gli presi la sua mano che si era prese delle libertà e la strinzi forte spostandola con la stessa forza e intensità sulla sua coscia sussurrandogli a denti stretti «Smettila per favore... non qui...» Il mio sguardo poteva ben essere paragonato allo stesso di mio padre in quel momento e chiaramente la sua voce riempì la stanza rivolgendosi a David. Drizzai la schiena e guardai altrove pur di non incrociare lo sguardo di mio padre, mentre mi morsi il labbro così forte fa farmi restare il segno rosso. Certo David non aveva colpe o meglio non sapeva che il Professore White leggeva nella mente ma sapeva che quel Signore ferreo e duro era mio padre e stavamo a lezione, doveva contenersi.
    Presi degli appunti mentre il professore continuava la sua spiegazione e quando interpellò la mia casa, tassorosso, chiusi gli occhi come a voler per un secondo scomparire.
    Riprese la spiegazione e quando nominò “l’incidente” di Halloween non potei non rivolgere lo sguardo verso il professore, era stato un qualcosa di orribile e che non avrei mai più voluto rivivere. Ma... come non detto … Feci un piccolo respiro pensando che alcune lezioni mi sembravano delle piccole torture per me ma continuai ad ascoltare e quando lo specchio apparve sul mio tavolo guardai David ma il mio sguardo era pieno di preoccupazione non solo per me ma anche per lui. Era stupido preoccuparsi per qualcun’altro? Forse, ma io ero così.
    Rimasi a fissare lo specchio per qualche attimo “ perché?” mi chiesi nella mia mente. Poi chiusi per un attimo gli occhi “Ok! E’ inutile aspettare... affrontiamoci!” Spaventata? Molto e con molta ansia ma mi toccava e quindi...
    Mi abbassai con la testa e l’appoggiai allo specchio e un secondo dopo vidi tutto nero.

    Aprii gli occhi e sentii una strana sensazione su un lato del mio corpo. Ero stesa per terra su erba e terra e quando iniziai a mettere a fuoco il tutto capii di essere in un bosco o qualcosa di simile, perché pieno di alberi altissimi e piante non curate ma l’ambiente era molto scuro quasi da non vedere bene oltre alcuni arbusti. Mi misi in ginocchio guardandomi intorno e poi uno strano rumore mi attirò. Mi voltai e mi misi in piedi, il rumore sembrava avvicinarsi sempre di più ed erano dei passi non potevo sbagliarmi. Feci alcuni passi indietro e cercai di capire dove andare quando una voce familiare mi arrivò dritta «Vuoi scappare?» Il cuore si fermò per un attimo e i miei occhi si puntarono verso un punto ben preciso. Da li uscì un uomo, alto austero e anziano. Era mio nonno o meglio il Signor Atticus White! Le mie labbra si socchiusero e «Nonno?» dissi piano «Non chiamarmi così! Non sei che uno stupido errore che mio figlio ha commesso...» Beh non era una novità quella ma mi faceva sempre male, poi continuò «E visto che lui non ha voluto ascoltarmi farò IO quello che avrebbe dovuto fare lui diciotto anni fa!» I miei occhi si spalancarono, non era possibile... Lo vidi alzare la sua bacchetta e in un secondo mi ritrovai a spostarmi dietro un albero mentre lui aveva lanciato un incantesimo che mirava ad uccidermi. «Scappa, tanto sai che è la fine che meriti! Ed è quello che avrai!»
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    Correvo tra alberi e piante mentre alcuni rami di arbusti mi ferivano. Eppure la sua voce era sempre vicina a me come se fosse a pochi metri. Inciampai e rotolai a terra mentre la mia paura era a livelli assurdi. «Rose!? Dove sei piccola Rose?» Non era possibile. Perché? Perché voleva uccidermi! Perché ero un errore? Ero sua nipote la figlia di suo figlio! Fu in quel momento che vidi mio Padre avvicinarsi lentamente. Era reale? Era lui?«Professore... io...» provai a dire piangendo ma mio padre non si mosse. Fermò la sua avanzata e mi fissò «Papà...il nonno vuole uccidermi...» dissi quasi urlando con le lacrime agli occhi mentre dalle spalle incantesimi si scagliavano sulla natura spezzando alberi e tutto ciò che si frapponeva tra me e mio nonno. Mio padre alzò un sopracciglio e solo in quel momento la sua voce uscii e rimbalzò nella mia mente «Sei sola! Io non esisto per te!» I miei passi rallentarono e si fermarono per un attimo. Avrebbe lasciato che mi ammazzassero? «Padre...! PAPA’!» dissi a voce sostenuta mentre lui aggiunse «Guardati! Una nullità! Non sei in grado nemmeno di respirare! Sei sola Rose! Sola! Chiama i tuoi amici ad aiutarti! Giusto, non hai nessuno! Vorresti la tua mamma? Anche lei ti ha abbandonato da subito!» Ogni parola era come una pugnalata al cuore. Le lacrime scendevano mentre io continuavo a ripetere «No... no! Non è vero! Smettila...» Lo vidi sorridere ed aggiungere «Sei sola! Abbraccia il tuo destino che ti sta inseguendo! Per una volta fai la scelta giusta per tutti! Sei solo un peso per gli altri!» I miei piedi iniziarono a muoversi ed iniziai a correre nuovamente ma la voce di mio padre continuava a risuonare nella mie orecchie mentre gli incanti lanciati da mio nonno continuavano a colpire i tronchi vicino a me. Misi il piede male e scivolavi in una buca non profondissima ma abbastanza da inghiottirmi. Non riuscivo a venirne fuori mentre ero completamente piena di terra al buio e SOLA. Ero sola e non avevo nessuno! La mia paura di restare da sola era realtà. I passi di mio nonno si fecero vicini «Roseee...! Dove sei? So che sei qui...» cantinelò con una voce profonda ma allo stesso tempo così paurosa che mi tappai le orecchie. «Finite... finite...» provavo a dire la formula ma non avevo la forza mentale per metterla in atto. «Vi prego, aiutatemi! Per favore! » dissi presa dallo sconforto e dalla paura. “ Padre, aiutatemi! PAPA’!” Pensai con tutta me stessa mentre sentivo i passi di mio nonno ormai al bordo della fossa.

    «Nonno»
    «Dylan»






    Rose Mia White – IV anno – Tassorosso.

    Nominata Sky e Interagito con David.

    Entrata nello specchio e mi ritrovo in un bosco da sola e quasi al buio. I personaggi che si muovono al suo interno sono: il Nonno Atticus e il padre Dylan.
    Cosa accade nell'illusione:
    Atticus vuole uccidere Rose perché per lui la sua nascita è un errore mentre Dylan le dice che è sola e deve accettare il destino di morire.
    Rose si trova ad affrontare la sua più grande paura:
    - Restare da sola nella vita senza essere amata.
    Prova ad uscire dall'illusione ma è così spaventata e distrutta che non ci riesce e chiede aiuto!


    Edited by Rose Mia White - 17/12/2022, 11:08
     
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    Skylee Metis

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    L'argomento della lezione mi interessava parecchio e non fu per me affatto difficile distogliere l'attenzione da Rose e David per riporla totalmente verso le parole del professor White. Mi avevano sempre affascinanto le illusioni e i poteri mentali legati ad esse, tant'è che più di una volta ero stata tentata di provare ad apprendere l'arte del mentalismo, più precisamente la branca della legilimanzia. Quella più di tutte mi affascinava, trovavo fosse un qualcosa di veramente incredibile poter udire i pensieri delle persone che ti circondavano, era un'abilità veramente pazzesca e portava con sé dei vantaggi che a chiunque altro sarebbero rimasti preclusi. Fu con tale pensiero in testa che continuai ad ascoltare con interesse le parole del White fino a che non ci illustrò il primo esercizio della giornata. Quello mi piaceva nettamente meno, mi affascinava il concetto di illusuoni ma al contrario non amavo per nulla prenderne parte, odiavo non avere il controllo della situazione e odiavo ancora di più l'idea che il mio stesso corpo e cervello potessero ingannarmi in un tale modo tradendomi e obbligandomi a vivere qualcosa di orribile. Storsi visibilmente il naso quando lo specchio mi fu appoggiato sul banco e distolsi lo sguardo da esso come a sperare che se lo avessi ignorato per abbastanza tempo sarebbe semplicemente scomparso, ma ahimè non accadde e quando i primi ragazzi furono risucchiati nelle loro illusioni capii che non avevo scelta. Dovevo buttarmi come tutti e dovevo cercare di rimanere lucida per non essere da meno a nessuno, dovevo farcela e almeno la consapevolezza che pareva che nessuno avrebbe visto il mio incubo in mondovisione, mi tranquillizzava.
    Avvicinai il volto alla superficie riflettente davanti a me e subito fui come risucchiata dallo stesso. Mi ripetevo che sarei dovuta rimanere in me ma quando fui catapultata all'interno del mio personalssimo inferno persi totalmente la ragione. Non sapevo più dove mi trovavo, perché ero lì o come ci ero finita. Non sapevo quasi nemmeno chi ero ma tutto cominciò ad acquistare un senso quando vidi le mie mani ricoperte di sangue e un corpo privo di vita disteso sul pavimento al mio fianco. «N-no non può essere n-non può essere» Sussurrai con tono disperato cercando di tamponare il torace sanguinante dell'uomo. Aveva uno spuntone di ghiaccio conficcato in mezzo al busto e sapevo di essere stata io ad averglielo scagliato contro. Avevo perso il controllo, avevo lottato per sopravvivere e quando avevo capito che ciò non sarebbe stato possibile avevo reagito violentemente, inconsciamente. La mano si era aperta davanti a me e da essa era partita la stalattite che ora trafiggeva il suo corpo. Era lì immobile e sanguinante davanti ai miei occhi. Le mani tremavano e sentivo la mia umanità sgretolarsi granello dopo granello, ero sola, tutto ciò che era rimasto erano i sensi di colpa per quanto fatto, mi sentivo sporca, ero sporca, sia dentro che fuori, il sangue dell'uomo continuava a defluire sporcandomi pelle e abiti e più si macchiavano e più la mia stessa anima si macchiava di una colpa che mai avrei voluto avere. L'omicidio. «Vivi, ti pregoo, vivi!» Sussurrai con voce tremante continuando compulsivamente a premere le mie mani sul suo petto nella speranza che avvenisse un miracolo. Era morto, dentro di me lo sapevo ma non potevo accettarlo, non potevo accettare di aver perso il controllo, non ancora, non così. «Vivi!» Urlai battendo questa volta un violento pugno sul suo petto. Ero disperata, non volevo che finisse tutto in quel modo e fu allora che un rumore sospetto giunse alle mie spalle. Mi voltai velocemente e prima che il mio cervello comunicasse al corpo ciò che gli occhi avevano appena visto le mie mani si mossero meccanicamente in direzione della fonte del rumore e ancora una volta da esse fuoriuscì tutto il controllo che ormai avevo perduto sottoforma di affilati spuntoni ghiacciati che trafissero il corpo sfocato davanti a me. «No no no» Fu una frazione di secondo, tutto accadde in una sola frazione di secondo, una frazione di secondo che parve durare secoli. Nella mia mente il corpo difronte a me cadde all'indietro come a rallentatore e quando toccò il suolo fu la fine del mondo, la fine del mio mondo. «Axel, Axel ti prego, ti prego, no, non te, non te. Svegliati ti prego» Scossi con forza il suo corpo. Quando gli ero piombata addosso? Solo un secondo prima mi trovavo dall'altra parte della stanza. Quand'ero arrivata lì? «Ti prego Axel, ti prego, scusami, scusami» Come era accaduto? Perché dalle mie mani si era sprigionato ancora una volta un potere tanto potente quanto indomabile, perché mi aveva portato a fare del male all'unica persona che avessi mai realmente amato. «Ax, svegliati, io io ti amo, ti prego svegliati, non mi lasciare da sola, io io non volevo, non volevo farti del male, ti prego svegliati» Le lacrime scesero copiose sul mio volto. Non gli avevo mai detto che lo amavo e ora era tardi, lui stava lì, immobile come l'altro corpo che mi ero lasciata alle spalle e non respirava più, non pensava più, non amava più e non c'era più. Ero nuovamente sola ed ero stata io l'artefice del mio destino, io gli avevo strappato la vita che gli pulsava dentro al petto e facendolo avevo come strappato pure la mia. Abbassai lo sguardo e solo allora mi accorsi di essere a mia volta piena di schegge ghiacciate su tutto il corpo. Non sentivo dolore, non sentivo nulla, non più. Non aveva senso, nulla di tutto quello aveva senso, non poteva avercelo, non poteva essere la realtà, se Axel fosse realmente morto sentivo che il mio cuore si sarebbe spezzato, frantumato in mille pezzi e il mio stesso corpo si sarebbe ammutinato a me lasciandomi priva di materia, una placida fiammella avvolta dal buio, un pensiero astratto e nulla più. Non poteva essere la realtà, mi rifiutavo di crederlo e negando con ardore che ciò che mi circondava rispecchiasse la realtà tentai di castare l'unico incantesimo che conoscevo in grado di riportarmi a un presente meno doloroso. «Finite Incantatem» Era un disperato tentativo mosso unicamente dal totale rifiuto di continuare a vivere in quell'inferno, ma se non avesse portato a nessun risultato mi sarei convinta che quella era la realtà e che probabilmente ci sarei morta in quella stanza perché non riuscivo a immaginare il proseguire della mia vita dopo quanto commesso. Non potevo immaginare la mia vita senza Axel al mio fianco.

    ★ ★ ★
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    Skylee Metis.
    V anno. Corvonero.
    Citati David, Rose e il provlfessore.

    Lascio decretare a DylanW. la riuscita o il fallomento del mio incanto perché essere masochisti è bello.
     
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40 replies since 5/12/2022, 08:30   1136 views
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