Ballo di fine anno

Aperta a tutti gli studenti.

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    Corvonero
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    - Ti siamo sembrati in sintonia... solo per un saluto? O ci hai spiato anche dopo? - la mia espressione suggerisce dell'ironia, ed effettivamente è così, non potrei mai essere serio. Anche se riflettendoci una seconda volta, mi chiedo effettivamente in quale atteggiamento le siamo sembrati così in sintonia - la conosco da molto. Probabilmente è per questo - forse il giorno della piscina c'entra qualcosa. Forse quell'incontro ambiguo ha davvero cambiato le cose, anche la percezione che gli altri hanno su di noi: con tutti quei continui scontri verbali e di intelletto, ci hanno sempre considerati su due mondi ben distinti e separati, due rette parallele che non si incontrano nemmeno all'infinito. L'unico terreno comune era davvero la cultura, lì potevamo giocarcela ma fuori dall'aula, non potevano esistere due cose più diverse. Il giudizio di Daphne invece è totalmente opposto e mi viene da chiedermi se le cose possano davvero cambiare tanto velocemente, senza nemmeno darmi il tempo di realizzarlo. Magari è solo una sua percezione, magari si sbaglia... o magari no. Fatto sta, che mi dà una cosa in più a cui pensare.
    Il mio bisbiglio viene, purtroppo, percepito dall'ottimo udito della serpeverde. Mi schiarisco la voce - beh, tanto per iniziare... - se ci ripenso forse sono cose strane solo per me, ma comunque - ...ti ricordo una nonna - già mi sembra una roba di un certo peso - poi, non so... che ti senti a tuo agio, che sono un gentiluomo - anche il fatto di ripeterle ad alta voce mi stranizza eppure, a quanto pare, quelle erano le sue opinioni, le sue strane opinioni su di me. Ed erano tutti complimenti - o sei molto brava ad avanzare lusinghe, oppure solo molto onesta - ovviamente la prima opzione è una battuta; per quegli sporadici momenti in cui ho avuto modo di avere a che fare con lei, Daphne non mi aveva dato l'impressione di essere una che regala belle parole in giro. Si trattava di semplice intuizione, chiaro, ma qualcosa nel suo modo di fare mi suggeriva sincerità.
    Inoltre quando qualcuno ha una bugia da nascondere di solito non è molto bravo a sostenere lo sguardo altrui, no? Cosa che invece lei stava riuscendo a fare chiedendosi pure se non ci fosse una qualche ragione particolare per cui la stessi osservando con questa insistenza - no, non hai nlla in faccia - scuoto la testa -avevi solo uno strano riflesso negli occhi - la scelta dell'aggettivo non è casuale. Nelle conversazioni con la bionda, avevo fatto un uso sproposittao di quella parola iniziando pure a dubitare che il mio vocabolario non fosse poi così ampio. Eppure era la definizione più calzante per tutto quello che ci acadeva intorno.
    - Figurati - non che avessi molta scelta, chi l'avrebbe mai lasciata in quella situazione? Anche qua, nel mio immaginario, non avevo fatto nulla di straordinario. Eppure provo un'improvvisa sensazione di... smarrimento? Mi ritrovo a pensare che so cosa si prova a stare male e a non trovare nessuno a tenderti la mano. E pensa che merda quando non puoi nemmeno incolpare nessuno per questa cosa, perchè sei solo tu il povero stronzo che più soffre e più si ciude, non consentendo a nessuno di capire quale sia il suo reale stato. Davvero, immagina che stronzo. Ho permesso di varcare le mie difese solo a mia sorella e, dopo la morte di papà, neanche a lei. Non so perhcè ci stia pensando proprio adesso. Non ha senso.
    Mi mordo l'interno della guancia consapevole del fatto che quasi sicuramente ho passato gli utlimi secondi a fissare inespressivo un punto non meglio definito di fronte a me. La psicologa ha dato un nome a questo evento che mi capita regolarmnete, tutti i giorni, ed è dissociazione. Ma una volta che sento l'eco della voce di Daphne provenire da lontano, riesco a riconnettermi con il mondo - scusami, dicevi? - sembra che non stessi ascoltando. Non è che lo sembra, non la stavo ascoltando. Ma per mia immensa fortuna, recuperando qualche parola che è rimasta incastrata nel mio cervello riesco a ricomporre il senso della sua frase - tu e Chanel vi conoscete, siete arrivate insieme. Quindi perchè non passi il resto della serata con noi? Non credo che si offenderebbe - che dovrei fare? Una scelta? Mi sembra ridicolo lasciarla qui da sola.
    Almeno che sola non ci voglia rimanere.
    A quel punto, basta dirlo.


    Interagito normalmente con Daphne fino a quando non è stato assorbito dai suoi pensieri, scusalo tanto.
    Nominata anche Chanel.




    – – – – – –

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    C'era un altro aspetto di Hunter che aveva notato alla Stanberga: metteva le persone alle strette. Non sapeva se lo faceva apposta o no, sta di fatto che questa era la seconda volta che succedeva. Tuttavia, decise di rispondergli in maniera vaga, perché tra di loro era sempre stato così, le cose si dicevano a metà. «Potrei averlo fatto, forse no. Chi lo sa.» E così lui e Chanel si conoscevano da tempo, dettaglio interessante. Peccato che il corvonero là davanti non avesse capito che la ragazza stesse flirtando, si vedeva lontano un miglio che c'era qualcosa di più, oppure lo sapeva e faceva finita di niente, in quel caso era diverso. Scosse la testa, anche se fosse non erano affari suoi, quindi che ci pensava a fare? Hunter era libero di fare quello che voleva.
    «Mi sento a mio agio con te, è vero. E che sei un gentiluomo lo hai dimostrato poco fa. Non farmi dire per cosa, lo sai.» Tutto ciò che aveva detto era la pura e semplice verità, non si era inventata niente. Glissò sulla questione nonna, era un argomento delicato, non poteva di certo dirgli che il suo stare bene in sua compagnia fosse anche dovuto al fatto che le ricordasse la persona che più aveva amato al mondo, era qualcosa di troppo personale, troppo intimo. Non aveva parlato di sua nonna a nessuno, il solo ricordo la faceva piangere e la canzone suonata al funerale le aveva causato un attacco di panico, quindi era meglio pensare ad altro. «Direi onesta, non parlo tanto per.»Riflettendoci, era la prima volta che faceva così tanti complimenti a una persona in così breve tempo, non le dispiaque, infondo era stata una sua scelta e andava bene così. Rise quando Hunter le disse di che aveva uno strano bagliore negli occhi, non aveva mai sentito una cosa del genere, era davvero un tipo strambo. Per sua sfortuna, però, Daphne sapeva leggere tra le righe, quindi capì subito cosa intendesse. «È il tuo strano modo di dire che ho dei bei occhi?»Una volta suo cugino aveva fatto un complimento simile alla ragazza che gli piaceva, aveva paragonato i suoi occhi a quelli di una salamadra, originale, no? All' inizio era scappata in lacrime, pensando che l'avesse offesa, a quel punto era dovuta intervenire per spiegarle che non era affatto così anzi, quel cretino era pazzo di lei. Da lì erano diventanti inseparabili, era un ottimo cupido quando ci si metteva. Riportò la sua attenzione su Hunter, stava guardando un punto fisso e sembrava in trance. Non si muoveva, e non riuscendo a vedere i suoi occhi non seppe dire se fosse cosciente o meno. Quello era ciò che le succedeva ogni giorno. Preoccupata, gli prese il volto con entrambe le mani, avvicinandosi di qualche passo. «Stai bene!?» Odiava quando era vittima di quel potere, non aveva controllo su nulla e vedeva solo immagini di un passato che non ricordava. Quindi se anche lui era in quello stato non l'avrebbe sentita, sarebbe stato perso nei meandri della sua mente. I suoi occhi non erano vacui, ma verdi e luminosi, stava bene. Tirò un sospiro di sollievo, le aveva fatto prendere un colpo, dannato stronzo. Quando, però, le propose di passare la serata con lui e Chanel, per poco non lo schiantò. Lo guardò incredula, era serio? Gli aveva detto di andare da lei perché era chiaro che volesse stare un po' con lui, quando se l'era portato via l'aveva sentita. Lo lasciò andare e indietreggiò, forse più del dovuto, mettendo nuovamente le distanze. Le aveva fatto quella proposta per educazione, per empatia, per pietà?Poteva tenersela, non voleva essere compatita.
    Inoltre, non avrebbe mantenuto la candela a nessuno, meglio soli. L'espressione di fastidio mista a sorpresa scompave, e al suo posto ne mostrò una più tranquilla, non le piaceva che gli altri sapessero cosa pensasse. Aveva mostrato fin troppo di sé, si era già esposta a sufficienza. E si era anche preoccupata per quel panda smarrito, perché quello era, altro che bel fantasma tormentato. Forse era entrambi. Sto delirando. Come se fosse una novità, dopo la lezione di erbologia non ci capiva più niente. «Non preoccuparti, nel caso non resto sola. Oppure ci tieni a passare la serata con me?» Gli sorrise, era proprio curiosa di sapere cosa avrebbe risposto. Ma se aveva capito il tipo avrebbe tragiversato, oppure se ne sarebbe andato lasciandola lì.Chi poteva dirlo. O forse non voleva davvero lasciarti sola. Che pensiero stupido, lo facevano tutti. Da anni. E lui non sarebbe stato l'eccezione.




    Interagito con Hunter e citato Chanel. Le ha fatto prendere un colpo, e poi con la prospota finale l'ha lasciata in shock. Panda non ho parole per te.


    Edited by Daphne. - 2/7/2022, 10:59
     
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    - Uh? - come sarebbe a dire che non funziona così? Aggrotto le sopracciglia evidentemente sorpresa dalla sua risposta. Non sapevo bene cosa aspettarmi, sicuramente non quello che sto sentendo. O forse sì, in parte sì: ho preferito accartocciare tutto, soffocare il rapporto e lasciare che morisse come una fiammella sotto ad una campana di vetro. Era più facile, più comodo, se avessi fatto qualche cazzata non ci avrebbe rimesso nessuno. E di cazzate ho pensato di farne tantissime; ci sono stati giorni in cui ho trascorso il mio tempo fra quattro pareti divorata dalla rabbia. Non mi è servito a molto spaccare cose in giro per casa, è stato solo uno sfogo momentaneo e talvolta, a causa di qualche attacco di magia incontrollato, anche involontario.
    Ma che non sapessi cosa,avevo distrutto... quello no, quello mai. Ed era stata proprio quella consapevolezza a fregarmi per tutto questo tempo, a farmi ripensare spesso al fatto che dopo di loro, dopo di lei, non ero più la stessa. Quindi sì, alcune delle cose che stava dicendo erano delle grandissime stronzate. Aveva il pieno diritto di incazzarsi, rispondermi freddamente, darmi anche della stronza volendo, alzare la voce con me. Ma le sue convinzioni, sicuramente maturate nel corso di tutto questo tempo distanti, stanno davvero iniziando a farmi male e riflettono l'immagine di una persona che non sono io, cazzo, non lo sono. Dal colore dei suoi capelli sembra che riesca a vedere fisicamente le sue emozioni cambiare, passare da uno stato all'altro. Gli occhi poi, neri come quelli del padre... impossibile non riconoscerli. Faccio esattamente come lei ha fatto con me, lascio che seguiti a sparare parola dopo parola trattenendomi dal dire la mia. Aspetto pazientemente mordendomi la lingua che arrivi nuovamente il mio turno, fino a quando “porca puttana, certo che so cosa ho perso Rose! Purtroppo lo so, avrei preferito restare ignorante” la voce si fa scura, chiusa “non ho paura di chiederti scusa se è questo che pensi” allargo le braccia e a quel punto, esausta, dico a voce sostenuta “mi dispiace cazzo, da morire! Meglio adesso?! Basta questo?! Ora tutto il dolore che ti ho causato è sparito? Sarebbe bello, sarebbe perfetto! Mi dispiace non essermi spiegata meglio, mi dispiace averti accartocciata e buttata via, mi dispiace se l'ho capito troppo tardi quanto eri importante! Ora è tutto sistemato?! Non credo!” pendo aria come se avessi appena corso una maratona. Non riuscivo a capire come quelle parole avrebbero potuto riportare tutto all'ordine. Non erano formule magiche per aggiustare situazioni, erano soltanto scuse inconsistenti se non ci fosse stato un vero impegno da parte mia ad avvalorarle. Percepisco un calore crescente all'altezza del petto, nello stomaco, a breve credo che lo avvertirò pure in gola “non hai mai smesso di esistere, anzi, ormai sei diventata un chiodo fisso. E nemmeno io so come comportarmi nei confronti di questa cosa.
    Non sono una vera grifondoro evidentemente. Ho paura. Per questo penso troppo. Ho paura di fare gli stessi cazzo di errori di sempre. E cosa ti devo dire, io non credo nelle parole e nei mi dispiace, credo nelle azioni. Ecco perchè sono qui! E questa è un'altra delle cose per cui mi dispiace davvero, averci messo così tanto tempo”
    non so se mi sta guardando, ma cazzo, sono qui a struggermi in un modo e per una ragione che non avrei mai pensato prima. Pesa, queste sensazioni mi gravano sul petto non lasciandomi respirare come mi piacerebbe fare. Però sono sincera. E questo lo posso dirlo guardandola negli occhi, con gli occhi lucidi, a testa alta.
    Si è conclusa così la nostra conversazione quindi? Senza una essere giunti ad alcun punto di arrivo, con i palmi delle mani graffiate dalla troppa forza con cui le ho chiuse in pugni serrati e con un leggero sentore di erba bruciata: è quell'odore a spingermi a distogliere lo sguardo dalle spalle di Rose in allontanamento per concentrarmi, invece, sulla linea di fuoco che a momenti non mi brucia la gonna del vestito. La scosto frettolosamente. Cazzo. Per fortuna è poca roba, si estingue in fretta. Sospiro. Anche questo assume tutt'altro significato, dopo lo scontro che abbiamo appena avuto.
    Riprendo aria, resto con la testa fissa su quella linea di erba bruciata mentre realizzo che lo spazio intorno a me si è colorato di un leggero azzurro. Questi cazzo di fiori, che idea di merda. Lo so anche da sola che sono triste. Quando poi Rose rientra nel mio campo visivo, mi sembra quasi un'allucinazione “Rose?” la chiamo, ma sembra non sentire. A questo punto faccio come un vero grifondoro: senza pensarci le vado dietro seguendola fino alla sponda del lago nero. Resto qualche passo indietro e la maschera che ha appena lanciato con rabbia, atterra proprio davanti ai miei piedi. La raccolgo avvicinandomi di mezzo passo “vedo che alcune cose non sono cambiate” la Rose super decisa di qualche sitante fa, è crollata proprio davanti ai miei occhi per colpa di un deficiente. Perchè questa ragazza ha sfortuna di non essere davvero apprezzata per ciò che è? “Tu non devi fare andare bene niente a nessuno, cazzo, hai capito? Se a lui non va bene qualcosa di te è lui a non essere adatto a te, non il contrario. Stupida” a quel punto abbasso la testa, scuotendola. Sembra di essere tornati indietro nel tempo, quando la riempivo di discorsi motivazionale di cui forse ogni tanto, ha ancora bisogno. Però non siamo tornati indietro, quindi non dovrei esserci io qui, adesso. Faccio dei movimenti all'indietro e poi mi volto, tornando sui miei passi. Ripercorro la strada, passo davanti al cespuglio di fiori ormai tornati trasparenti e passo dopo passo, arrivo al tendone stringendo ancora la maschera nella mano destra. Chissà la mia dove è finita poi, deve essermi caduta mentre parlavo. Non importa. Allung il collo per scrutare meglio la folla alla ricerca di quell'irritante faccia di culo. Eccolo lì. E subito capisco anche l'origine del fastidio di Rose: la modella gli sta molto vicina suggerendo una certa intimità. MI faccio spazio in mezzo alla folla tenendo gli occhi sull'obbiettivo. Non indossando più la maschera, questa volta sarà molto difficile per lui fare il vago fingendo di non conoscermi. Ha proprio la faccia come il culo, fastidiosa anche solo da vedere. Mi paro di fronte a lui e lo guardo moderando il tono della voce “quando hai finito” di fare il cretino, aggiungerei. Ma non lo dico, optando invece per un approccio più maturo tentando qualcosa di nuovo “sarebbe meglio che uscissi dal tendone” sollevo la maschera della tassorosso sbattendola contro il suo petto. Non credo che sia necessario fargli un disegnino. Gli sto dando l'occasione di dimostrare che fa meno schifo di quel che sembra. Ma non a me, a Rose. Mentre a lei voglio dare l'opportunità di fargli capire quanto davvero vale, ed è una cosa che deve assolutamente essere lei a fare.
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    Wow, forse sono riuscita ad evitare il mio solito approccio scorbutico. Good job.
    Poggio le mani aperte sul tavolo delle bibite, pesantemente, come se mi fossi appena sforzata di non farle schiantare contro la faccia del serpeverde. In realtà non sono una persona violenta, ma il contesto stasera non mi aiuta. Alzo lo sguardo sulla ragazza a cui ho rovinato il gioco, guardo il bicchiere vuoto proprio vicino a lei “quello era alcolico?” no perchè mi tornerebbe TANTO utile.

    Continuato a parlare con Rose. Mentre parlano i fiori alternano sfumature dell'azzurro e del viola, mischiandosi tra loro. Seguita sulla sponda del lago nero. Presa la sua maschera e tornata dentro il tendone. Interagito con David. Interagito con Reina, se hai roba alcolica con te è il momento di uscirla.



     
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    VOTATE QUI IL RE E LA REGINETTA DEL BALLO!
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    Edited by Dragonov - 2/7/2022, 18:58
     
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    Aveva bisogno di più alcol, così decise di scolarsi l'intera boccetta di vodka liscia che si era portato. Aveva i nervi tesi, il suo buon umore era andato a farsi fottere, gli seriva una canna ma con l'intero corpo docenti in agguanto non era una buona idea. Negli ultimi tempi stava cercando di usare più la testa che il cazzo e l' instinto, se voleva realizzare i suoi scopi doveva pensare prima di agire, anche se non era il suo forte. Era bomba ad orologeria, e se non poteva cambiare la sua essenza doveva, come minimo, avere più pazienza. Più facile a dirsi che a farsi, stava per scoppiare solo per le battute infelici che la Scott gli aveva rivolto. Quella pazza sapeva bene dove colpire, era una provocatrice nata, come lui d'altronde, quindi si sarebbe divertito a battibeccare con lei anche se rischiava di essere schiantata. Si girò in sua direzione, incrociando le braccia al petto e guardandola con sufficenza, come faceva con tutti. «Davvero? E io che credevo che avessero riaperto per curare gente come te. Oppure la tua condizione è così tragica che non esiste cura? » Mise su una finta espressione preoccupata. Nel mentre, dalla tasca destra della giacca tirò fuori un'altra boccetta, questa volta contenente rum. Ne bevve metà, prima di versare quel po' che ne rimaneva in un bicchiere. Si voltò di scatto quando sentì la parola padroncina, la rabbia che stava cercando in tutti i modi di contenere crebbe ancor di più. Lui non ubbidiva agli ordini di nessuno, men che meno di un tasso. Strinse i pugni, rovesciando a terra il bicchiere che aveva in mano. Calmati. Respirò a fatica, quella cessa sapeva bene dove colpire. «Tu invece sei stata abbandonata dal tuo padrone? Per questo sei così acida?» La povera piccola Scott era sola, che pena gli faceva. Vagava per la sala come un' anima in pena, e lui che era stato così gentile da rivolgerle la parola. Che ingrata.
    Continuò a provocarlo e la sua pazienza si stava esaurendo, aveva scelto di dipingerlo come un cane fedele al suo padrone. Quella era una parola che disprezzava, suo padre lo chiamava così, deridendo non solo suo figlio ma anche se stesso. Se non se ne fosse accorto anche lui era un cane dato che il gene proveniva da lui. Una volta glielo aveva anche detto, pessima idea. Per punirlo lo aveva preso a calci e aveva continuato fino a quando non gli aveva rotto le costole. Era stato a letto per un mese. «Dici così perché vuoi essere addestrata tu, mmh? Non hai trovato nessun volonario?» Era sul punto di esplodere, ciò nonostante se la stava cavando bene. Si conficcò le unghia nella carne all' ennesima batutta di quella stronza, perché una parte di lui sapeva che era vero. La coniglietta sembrava avere la cintura di castità. Aveva capito che era una verginella, ma per tutta la sera neanche un cazzo di bacio si erano dati. Non era fatto per i sentimentalismi, l'amore e altre cose erano cazzate per lui. Quella sera si era sfozato fin troppo, per cosa poi nemmeno lo sapeva. La cosa finiva lì però. Quando poi gli sussurrò di scondinzolare, David diede un pugno sul tavolo. Cercò di contenersi il più possibile, ma la Scott stava nuotando in acque pericolose. Un' altra parola e sarebbe finita male. Stava per rispondere, ma si bloccò quando sentì l'altra serpe mordergli l'orecchio. Con la mano destra gli alzò il viso, portandoselo a pochi centrimentri dal suo. «Mi mostri come si fa? Non ho mai scondinzolato a differenza tua.» La spinse indietro senza troppe cerimonie, ne aveva le palle piene di tutti quella sera. Però dovette ammettere che la sua offerta di fare qualche danno non gli dispiacque. «Ti piace giocare con il fuoco?» E bruciamo, allora. Stava per seguirla, peccato che il fenicottero gli lanciò la maschera di un coniglio. A quanto pareva il tasso era fuori da qualche parte, a fare cosa non ne aveva idea. Si passò una mano tra i capelli, si era rotto i coniglioni, davvero. Uscì scazzato dalla sala senza dire niente a nessuno, camminò senza una meta precisa e, non volendo, capitò proprio dove stava il coniglio. Eccola lì, di nuovo chiusa a riccio a piangere per chissà cosa. «Coniglio,non sai fare altro che piangerti addosso?» Scosse la testa, era per quello che la molestarice gli aveva detto di andare fuori? Per consolarla? Erano cazzi suoi se l' aveva fatta piangere, lui non c'entrava niente. «Prima mi dici di aspettare e poi che fai? Sei triste per un fenicottero.» La sua voce era piena di sarcasmo. Anche perché prima che la Scott gli proponesse di andare a fare casino la stava davvero aspettando, ma lei non era più rientrata e a lui era passata la voglia. Decisamente.



    Interagito con Reina, Kynthia e Rose. Prima ha risposto a Reina con il suo fare antipatico, poi non ha detto niente al fenicottero e infine una volta uscito fuori ha beccato Rose, tuttavia il suo umore è pessimo quindi ha fatto la piaga che è.


    Edited by David_ - 2/7/2022, 20:13
     
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    C'era un motto inciso nelle pietre della scuola che diceva “Draco dormiens nunquam titillandus”. Il piccolo Harris, già di cattivo umore, non poteva pretendere di andare li, da una delle stronze del quartiere, a prenderla per il culo e poi aspettarsi che lei lo ringraziasse per la cortese attenzione che le aveva dedicato. Sarebbe stato sciocco pensarlo, o ingenuo. Mostrarsi ai suoi occhi nocciolosi con quel faccino imbronciato e sull'orlo della crisi di nervi era come sventolare una bistecca davanti ad un cane affamato. Un morsetto doveva pur darlo, lei che era così golosa.
    -In realtà hanno detto che sono così simpatica che non vogliono che cambi- distese le labbra in un sorriso che stonava terribilmente con il tono sarcastico usato. Sarebbe stato carino farsi visitare da qualche strizzacervelli, magari un giorno avrebbe provato per vedere chi sarebbe stato meglio una volta terminata l'ora a disposizione. Qualcuno avrebbe dovuto sacrificarsi per la causa. Lo osservò estrarre un'altra boccetta, chiedendosi quante ne avesse già bevute quella sera e pensando fosse una buona idea rincarare la dose di frecciatine da lanciargli. Tanto la serata era così piatta, un po' di pepe avrebbe solo fatto bene a tutti.
    -Mi hai scoperta- si portò una mano al cuore fingendo di essere ferita proprio li, su quel muscolo poco allenato che trovava così inutile -Però più che un padrone mi farebbe comodo uno sugar daddy- così, per dire. Ridacchiò. Se pensava di colpirla puntando su dati di fatto che tutti potevano vedere aveva capito male. La cessa, era ben consapevole della sua condizione, e sbattergliela davanti la faccia non le avrebbe fatto alcun effetto se non sano divertimento per la perfidia dimostrata. Chissà che entro fine serata quel David non le sarebbe risultato più simpatico di quanto avesse immaginato. Certo, il sentimento non sembrava reciproco, ma il ragazzino mi era un po' sensibilino. Non era molto bravo a gestire le emozioni. Che dolce, magari un giorno gli avrebbe dato ripetizioni. Continuò a guardarlo in volto, potendo scorgere benissimo la rabbia che stava covando, e sperò per lui che non giocasse mai a poker. Era così facile da leggere.
    Ormai aveva capito su che argomenti fare leva, la sua frustrazione era tangibile e la cosa lo stava facendo esplodere. Chissà, magari un giorno le sarebbe stato grato per avergli detto la verità, o almeno quello che lui aveva paura di sembrare. In quel caso, come minimo, le avrebbe dovuto offrire una burrorbirra. Che c'è? Era una ragazza semplice e affatto avara. Che diamine, le bastava poco per essere contenta. Miscredenti.
    -Sono una bestiolina ubbidente- alzò le spalle prima di lasciarle ricadere -Devo solo trovare il giusto padroncino- che non era troppo distante dalla realtà. Sapeva bene che se avesse trovato una figura di riferimento vi si sarebbe aggrappata con le unghie, accontentando ogni richiesta che le venisse rivolta. Sarebbe stata un'eccellente sicario, per dire. Non avrebbe fatto nemmeno domande.
    Le venne da sorridere quando si sentì afferrare il visto, mostrando una fila di denti bianchi, era così suscettibile e facile preda delle provocazioni, non avrebbe mai creduto di poter trovare un giochino così divertente quella sera. Si lasciò allontanare, si era divertita abbastanza per soli cinque o dieci minuti di chiacchierata. Non avrebbe potuto chiedere di meglio
    -Che ci vuoi fare Harris, sei divertente- ridacchiò di nuovo. Non c'erano altre persone arrabbiate quanto lui nei dintorni, a chi altri avrebbe potuto chiedere di distruggere la restante serata? E ci avrebbe scommesso che avrebbe accettato l'offerta, nonostante fosse stato sul punto di attaccarla al muro solo pochi istanti prima, ma il confettino incrociato sulla pista da ballo decise di portare via il suo nuovo amichetto di merende e di farlo uscire da quel maledetto tendone. Che disdetta.
    -Spiacente, niente alcolici- non sapeva nemmeno che sapore avessero, in realtà -Ma il tuo amico ne aveva un'intera collezione, se solo non lo avessi spedito via- la osservò inclinando la testa. Avrebbe voluto farle notare che le aveva portato via il suo nuovo giochino, ma lasciò perdere. Anche la ragazza sembrava piuttosto nervosa. Come mai tutti sembravano avere motivi per essere incazzati? Persino a bordo pista sembrava stesse per scattare una rissa, ovviamente scampata per colpa di quella mezza sega di giapponese. Figurarsi se si sarebbe messo a picchiare qualcuno, si poteva rompere un'unghia
    -Però penso che si potrebbero trovare un sacco di persone con sigarette della felicità se hai proprio bisogno di rilassarti- if you know what I mean. Anche se, in effetti, di tecniche di rilassamento ce n'erano parecchie.


    Interagito amorevolemente con David e Kynthia rimanendo vicino al tavolo delle bibite.
    Proposto a quest'ultima di cercare una canna :occhioni:

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    Ero consapevole anche io che Kynthia poteva essere arrivata a capire cosa aveva buttato all’aria ma non riuscivo a guardarla in modo compassionevole. L’avevo fatto, per la morte di sua madre che avevo conosciuto e ne portavo un dolce ricordo ma quando mi aveva allontanato in un nano secondo come se fossi stata un errore per lei mi aveva fatto cadere in frantumi. E cosa mi aveva detto? Che preferiva i fatti alle parole? Quali fatti e quali parole. La verità e che non aveva fatto e detto nulla, si era limitata a distruggere ed a sparire quindi le balle le stava dicendo lei. Nessun fatto era stato compiuto fino ad allora, forse nella sua testa ma non valeva, erano rimasti pensieri che erano serviti a ben poco. Quindi di cosa stava parlando? Comunque aveva voglia di parlare? Bene lo aveva fatto ma non bastava di certo un unico gesto, un unico momento per cancellare quello che era riuscita a fare con poche parole ben posizionate a colpirmi. Una frase, di tutto il discorso mi colpì in modo particolare: “mi dispiace davvero, averci messo così tanto tempo”. Bene, se l’era detto da sola, almeno aveva ancora la coerenza con se stessa. Quelle sue parole che mi ronzavano nella testa sparirono poco dopo appena entrai nel tendone e vidi David con una ragazza in atteggiamenti che andava oltre l’amicizia. Ed eccomi li a piangere vicino la riva del lago. Una voce arrivò dritta come una freccia... Kynthia. Forse mi aveva vista e seguita, non ne avevo idea perché nella mia corsa non avevo visto o riconosciuto nessuno. Ero solo corsa via senza badare a niente. Già alcune cose non erano cambiate ma in fondo lei cosa ne voleva sapere di cosa era cambiato o no. Alzai leggermente la testa senza guardarla, mentre la sua voce mi penetrava nella testa. “Tu non devi fare andare bene niente a nessuno, cazzo, hai capito? Se a lui non va bene qualcosa di te è lui a non essere adatto a te, non il contrario.” Cosa stava dicendo? Con la coda dell’occhio la guardai e poi le lacrime cominciarono a scendere più velocemente. Sapevo che aveva ragione. In una coppia di amici o di altro ci si modificava leggermente a vicenda per andare insieme in una direzione ma questo non doveva avvenire solo da un lato. Io non pensavo che David non stesse facendo nulla ma sembrava che ogni minuscolo segnale che cercavo di captare e che lui faceva poi veniva annullato subito da un gesto assurdo e che mi faceva male. "Stupida” In quel momento mi voltai con il viso rigato dalle lacrime «Si, sono stupida! Lo sono da sempre!» le quasi urlai scoppiando nuovamente in un pianto e nascondendo la testa tra le braccio ruotandomi leggermente per darle le spalle. Ero arrabbiata, delusa, mortificata e tanto altro. Sembrava che ogni volta che un sentimento si intrufolava dentro di me alla fine finiva sempre male. Le parole di mio padre mi ronzarono nella mente “Credi che ti vogliono bene per come sei? Loro vogliono solo approfittarsi di te e della tua posizione Mia.” Iniziavo a pensare che avesse ragione, su tutto. Forse vedevo qualcosa che non esisteva. I capelli non erano più ordinatissimi e scivolarono in avanti coprendo il viso. Sentii i suoi passi allontanarsi senza dire altro. Non mi voltai e lasciai che quel rumore svanisse piano piano. Qualche minutino dopo un’altra voce mi arrivò. David! Come osava dirmi quella frase? Come si permetteva di dire qualcosa del genere dopo quello che avevo visto? Strinsi il tessuto della gonna tra i miei pugni mentre le lacrime ricominciarono a scendere copiosamente. Non alzai la testa subito e nel mentre il serpeverde colpì con un'altra domanda. In quel momento mi mancò il respirò alzai il mio viso e mi alzai in piedi di scatto anche io. L’abito brillava alla luce flebile della notte che ci circondava. «Coniglio un cazzo David! Non devi parlare, non devi dire mezza parola. » Mi voltai completamente verso di lui e le mie gambe si mossero nella sua direzione trascinandomi «Tu! Tu sei un... un lurido e bastardo topo!» Quasi balbettavo dalla rabbia i miei capelli ripresero il colore rosso accesso … ero partita e dovevo dirgli tutto quello che mi passava nella mente, senza freni, come non lo ero mai stata. Nemmeno in piscina ero stata così diretta. «Io non so che piangermi a dosso eh? Tu non sai che strusciarti alle altre?» Mi avvicinai ancora, quasi inciampando «IO SONO TORNATA SUBITO DA TE! SUBITO! TU ERI IMPEGNATO A FARTI... » Quasi non riuscivo a parlare per la rabbia, la delusione e il “dolore” che provavo «... A FARTI MORDICCHIARE UN ORECCHIO CON UNA BELLA DAMA!» “Già ti ho visto perché io ero li”. «Sono una stupida! Come potevo minimamente pensare...» mi portai le mani alla testa girando leggermente «Kynthia...? No no... CHI MI HA FATTO DEL MALE SEI TU CON LA TUA AMICHETTA! » Mi avvicinai avventandomi e colpendolo con le mani a ripetizione sul suo petto a modo di "cuscino duro"da sfogo... non ci stavo andando leggera anzi stavo mollando dei bei colpi rabbiosi. Si volevo menarlo.«COSA SONO EH? UN RIPIEGO? UNA TOPPA? UN GIOCHINO DA PRENDERE E MOLLARE APPENA UNA PIU’ “INTERESSANTE" ARRIVA? COSAA?» Un pugno con abbastanza forza colpì il suo petto. «Che stupida! Io che sono corsa da te, subito, per stare insieme e per non farti indisporre come si era ben notato. Io non posso allontanarmi, tu puoi fare e parlare con chi vuoi eh? NON FUNZIONA COSI’! NO NON SONO IL TUO GIOCHINO.» Mi allontanai di qualche passo mentre le lacrime ripresero a scendere e mentre la fitta alla testa aumentava. Portai le mani al viso per nasconderlo. Cosa pensava eh? Che non potevo parlare con nessuno. Io ero fedele in amicizia e in altro e non poteva dirmi con chi o dove parlare. «Ah giusto... sono “La tua portata principale" eh? Pe questa sera... »Non lo guardai ma aggiunsi «Si, ho sentito!» Prima non sapevo di preciso cosa significasse ma in quel momento mi fu abbastanza chiaro il concetto di quella frase. «Vattene! Torna dalla tua amichetta, lei sa come farti divertire!» Portai le mani alle tempie per stringerle con forza, facendomi anche male. Non doveva arrivare il dolore in quel momento, di fatti cercavo di concentrarmi su un solo stato emotivo ma sembrava impossibile. Troppi ruotavano dentro di me e si confondevano, mischiandosi in un tornado di caos. Mai avevo urlato così contro qualcuno, forse solo Sky mi aveva vista in quel modo il giorno che mi salvò dalla mia rabbia e delusione.



    Interagito con: David e Kynthia.
    Nominata Reina con l’appellativo di “amichetta” e Sky.

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    Non ci avevo creduto nemmeno io che la mia arma impropria potesse schiantarsi seriamente contro la nuca del Serpeverde, nemmeno in condizioni pessime avrebbe avuto dei riflessi tanto scarsi, pari addirittura a quelli di un comune individuo non troppo reattivo. Era impossibile. Lui era troppo speciale, troppo fuori dal comune per essere definito "normale" e non era certo il suo gene di lupo mannaro a renderlo tale, semmai aveva solo incrementato le sue doti già eccezionali di partenza, finendo per renderlo inarrivabile, incomparabile. Pure quando ciò che usciva dalle nostre bocche per descrivere l'altro era pura cattiveria, non avevo mai potuto negare a me stessa l'ammirazione che provavo nei suoi confronti, nemmeno allora mi era stato possibile farlo e lui, di tutta risposta, non faceva altro che incrementare ulteriormente tale mia opinione. Ci odiavamo, eppure, nonostante lo facesse controvoglia e sotto ordine di Ethan, mi proteggeva. Mi salvava dalle situazioni più spaventose che si potevano creare durante una missione e mi evitava persino di sporcarmi le mani con crimini che non mi sarebbero mai dovuti appartenere. Lui era fatto così, eppure si vedeva come un mostro e teneva le persone lontano da sé, quando al contrario, chiunque avesse avuto la fortuna di entrare a far parte della sua vita, ne sarebbe dovuto essere estremamente orgoglioso. Avrei ceduto volentieri tutto il capitale della mia famiglia pur di essere in gamba anche solo la metà di quanto lo era lui, tanto coraggiosa quanto decisa e determinata nelle mie scelte e decisioni, e invece no. Io ero perennemente spaventata, indecisa e debole. Non avevo il coraggio per gettarmi nel vuoto per poi affrontare le conseguenze che tale salto avrebbe portato con sé, non ne ero capace. Io temevo, ragionavo e ci mettevo mesi e mesi solo per prendere una piccola decisione, una minuscola scelta che avrebbe potuto cambiare in meglio o in peggio ciò che era la mia vita. Ed era per tali motivi, che alle sue domande pregne di rancore e risentimento, non feci altro che rimanere in silenzio. Zitta e tremante come ero solita essere quando si trattava di compiere una famosa scelta. Quando ero diventata tanto spaventata dalla vita, esattamente? Non lo ricordavo nemmeno. Da piccola ero una bambina felice, allegra e spensierata. Ero decisa e impulsiva, ma col tempo qualcosa era cambiato. Quella spensieratezza che mi apparteneva non era più ricomparsa e al suo posto aveva lasciato incertezze e paure che non mi abbandonavano mai del tutto. Prima al castello dei Métis e ora a Hogwarts, nulla era cambiato, ero rimasta la ragazzina spaventata e pronta a chinare il capo davanti alla paura di reagire. Mi avevano spezzato e per quanto tentassi di riassemblare i pezzi, mi pareva impossibile. «I-io...» Io cosa? Io non sceglierei mai qualcuno diverso da te? Io non potrei mai rimpiazzare una persona capace di riempire come solo tu sai fare il vuoto che spesso mi pervade? Ma per favore. Come avrei mai potuto rivelare ad alta voce delle simili verità? Sarebbe stato come essere forti, coraggiosi e io, come ormai appurato, non lo ero. Quale sarebbe potuta essere una buona motivazione capace di trattenerlo lì? Io non avevo nulla da offrirgli e spesso nemmeno mi consideravo alla sua altezza. Lui avrebbe potuto avere file e file di ragazze ben più esperte con cui divertirsi, con cui vivere in leggerezza e invece io? Io cosa avevo? Troppi pensieri, troppi problemi e una paura fottuta di guardarlo in faccia e dirgli ciò che ormai da mesi avevo realizzato? Con quale coraggio avrei potuto confessarglielo? Con quale faccia tosta avrei potuto osservarlo allontanarsi, giustificarsi e spiegarmi che non erano mai stati quelli i patti? Che non si era mai detto che fosse permesso buttare in mezzo dei sentimenti al nostro gratificante e fantastico sesso. Come avrei potuto? «I-io ho paura...»
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    Tutto qua quello che sapevi dire? Ho paura? Pure un bambino se ne sarebbe accorto che avevo paura. «Sono terrorizzata dal poter rovinare quello che c'è fra di noi» Mi sentivo così dannatamente nuda mentre gli rivelavo ciò... talmente nuda da non essere nemmeno in grado di guardarlo negli occhi mentre lo facevo, preferendo di gran lunga far saettare lo sguardo basso e spaventato verso le rive del lago, dove minuscole onde si infrangevano sui sassolini biancastri della spiaggetta davanti a noi. «Sono venuta al ballo con un'altra persona perché mi paralizzava la consapevolezza che ci sarei voluta andare con te, che avrei voluto passare con te dei simili momenti. Diamine. Mi fa una paura fottuta essere consapevole di voler passare tutte le mie giornate con te, e non solo facendo sesso. È questo che mi spaventa!» Deglutii tirando leggermente su con il naso nel tentativo di trattenere le lacrime che spingevano forte contro le mie palpebre per poter fuoriuscire e rigare le mie guance ormai rosse di fuoco. «Ho paura che per te non sia lo stesso Axel, per questo mi allontano, perché non voglio che sia tu a farlo per primo, non lo sopporterei, n-non ce la farei a vederti semplicemente scomparire» Ammisi infine voltando nuovamente il capo verso di lui, mentre i miei occhi lucidi e bicolore cercavano con urgenza il suo sguardo per leggerlo, studiarlo e infine, con mia grande paura, decodificarlo. «Ho paura che tu non voglia ciò che vorrei io...» Ogni fibra del mio corpo tremava, prossima a collassare su se stessa per lasciarmi sbriciolare al suolo. Nemmeno una maledizione senza perdono dritta nella mia direzione avrebbe saputo spaventarmi a quel modo. «Te Axel, è... è te che voglio, non Loki, non una qualsiasi altra persona... te!» Morte cerebrale imminente a parte, non era andata poi così male, se si escludeva la parete di fiori divenuta ormai interamente rosa, a prova di incomprensioni insomma e i minuscoli e soffici fiocchi di neve che cominciavano a cadere sulle nostre nuche e sul terreno circostante, a testimonianza di quanto quelle fossero per me emozioni per nulla esplorate prima di quel momento e in grado di spaventarmi a tal punto da innescare un potere che come tali sentimenti non ero minimamente in grado di controllare o beh... nascondere. Già niente male insomma.
    ★ ★ ★
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    Interagito con Axel.
    Che dire... sipario. Ecco come morì Skylee. Pace e amore a tutti.
     
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    Un motivo le aveva chiesto, un singolo motivo per la quale mettere da parte quella collera, quella gelosia, perché di questo si trattava era inutile girarci intorno anche se il bulgaro rifiutava con tutto sé stesso di dare finalmente un giusto nome alle cose. Era geloso, possessivo e soprattutto profondamente deluso dall’ennesima promessa che la Corvonero aveva infranto. Era così brava a farlo sentire speciale, a farlo sentire accettato convincendolo di quanto non ci fosse nulla di sbagliato in lui. Convincendolo d’essere umano, di non essere unicamente la schifosa bestia sanguinaria che si trasformava ad ogni plenilunio. Lui non era questo, non era solo questo. Eppure, allo stesso tempo, era così naturale per lei mandare in frantumi ogni cosa. Perché sarebbe dovuto rimanere? Per bersi un’altra cazzata e farsi prendere per il culo?! “Non ti lascerei mai” e se n’era andata, “mi sento più sicura con te” e poi sceglieva un altro. Tutte cazzate! Axel non accettava più questa impasse, questo continuo tenersi in ballo ma allo stesso tempo, il cuore che batteva lento profondi tonfi sordi che gli risuonavano nelle orecchie, si malediceva per le sue stesse parole. Sarebbe cambiato tutto. Nel preciso istante in cui lei avesse aperto bocca, che lo avesse fatto in negativo – quanto si aspettava che lo schernisse, che lo schifasse ridendogli contro – o che lo avesse fatto in positivo. Ma c’era un positivo? Era questo che non sapeva, o meglio, a cui non voleva rispondersi. Una risposta avrebbe causato il definitivo cambiamento per quello che era il loro rapporto e lui non poteva permetterselo. Tutto sarebbe cambiato. Eppure, conscio di ciò, l’aveva comunque messa alle strette, all’angolo di fronte quella risposta che attendeva come un assetato in cerca d’acqua nel deserto. Aveva bisogno famelicamente di sentirsi dire che anche lei provava quella bruciante sensazione di bisogno nei suoi riguardi perché lui non ce la faceva a stare una giornata senza parlarle, anche se magari poi non lo facevano, non gliene fregava niente, aveva bisogno che gli ronzasse intorno che ci fosse, che fosse solo per rimbeccarlo fastidiosamente, per lanciarle un’occhiata in tralice, ma lui aveva bisogno di averla lì, di saperla lì presente ad accettarlo. Avrebbe voluto dire che non era da buttare e Dio solo sapeva quanto aveva profondamente bisogno di non sentirsi spazzatura come lo era stato per una vita intera. Skylee gli aveva lentamente insegnato cosa volesse dire sentirsi accettati... amati e ora, dannazione, aveva bisogno di quella sensazione. La fissò truce dopo aver scagliato ai suoi piedi lo stivale che lei gli aveva lanciato per trattenerlo. «I-io...» balbettò fissando un punto imprecisato in sua direzione ma senza cercare i suoi ardenti occhi verdi. Lei cosa? Axel non mosse un muscolo, in fervente attesa mentre il sangue continuava a rimbombare come un vortice nelle orecchie. Si sentiva bruciare e si sentiva incapace di riuscire a rimanere fermo in quel punto. Era come essere sui tizzoni ardenti. Avrebbe voluto muoversi, spostarsi da quella fiamma; eppure, l’unica cosa che riusciva a fare in realtà era stare immobile, una statua di gesso ferma in quell’espressione decisa che celava tutto quel subbuglio emotivo che si muoveva dentro. «I-io ho paura...» mormorò la Corvonero con un filo di voce spezzato. Aveva paura di lui? Sentì la sua postura rigida sciogliersi mentre colava a picco insieme a quell’informazione. Fece un mezzo passo indietro, quasi barcollando. L’aveva spezzata. Con tutta la sua merda, con tutta la merda che si erano trovati ad affrontare aveva finito per romperla nonostante le avesse tentate tutte per proteggerla e tenerla distante da ciò che Ethan stesso le chiedeva per metterla alla prova. Lui l’aveva coperta tentando di preservarla ma non era servito a nulla alla fine.
    «Sono terrorizzata dal poter rovinare quello che c'è fra di noi», terminò la sua voce straziata. Axel aggrottò velocemente le sopracciglia cercando di dire qualcosa mentre lei spostava lo sguardo lontano da lui, verso il lago, sfuggendogli. «C-cosa?» La sua domanda fu un sussurro impercettibile in mezzo a tutto quel silenzioso rumore. Non lo stava rifiutando? «Mi fa una paura fottuta essere consapevole di voler passare tutte le mie giornate con te, e non solo facendo sesso. È questo che mi spaventa!» Rimase senza fiato: era esattamente ciò che sentiva lui. Merda. «Skylee» sussurrò senza un motivo ben preciso, semplicemente esterrefatto e sopraffatto da quanto stava accadendo. Stava ammettendo di volere di più, stava ammettendo che tutta quella cazzata del sesso senza sentimenti non le bastava più e a ragione! Era da tempo che non facevano più solamente sesso. Era da tempo che Axel non si rivestiva più immediatamente dopo i rapporti ma che rimaneva nudo con lei, lasciando che lei si accoccolasse contro il suo petto e che gli chiedesse la storia delle cicatrici che gli solcavano la pelle finendo per baciargliele una ad una, baciandogli anche quella alla base del collo, l’origine di tutta la sua vergogna. Non facevano più solo sesso, erano passati senza nemmeno accorgersi a fare l’amore. Il suo respiro si fece più pesante mentre attorno a loro il caleidoscopio di luci date dai fiori smise di vibrare in quel marasma di colori per circondarli di un’unica omogenea luce rosa. Axel spostò lo sguardo su quei vili fiori capendo finalmente qual era la loro magia, capendo e rendendosi conto finalmente ciò che non si era mai permesso di provare nei confronti della ragazza. Richiuse la bocca, corrucciando l’espressione in una decisa. In due falcate coprì la distanza che li divideva, velocemente si chinò e finalmente tornò a respirare. Premette le labbra su quelle di lei, con avidità, con desiderio, con urgenza cercando di trasmetterle quello che a parole non era in grado di fare. Aveva bisogno di averla nella sua vita. «N-non mi voglio allontanare», non riusciva nemmeno a pensarlo. «Ma non posso darti ciò che vuoi», di questo ne era convinto. Non avrebbe potuto darle l’amore che lei voleva. Non ne era capace ed era rotto, maledetto. Tutto ciò che toccava finiva per rovinarsi, finiva per essere distrutto dalla bestia che aveva dentro. Scostò lo sguardo. Lei meritava felicità, gioia ed un futuro che lui non poteva e non avrebbe mai potuto darle. Avrebbe dovuto accontentarsi di quel tempo di passaggio, questo poteva e voleva egoisticamente darglielo, voleva trattenerla il più possibile prima di lasciarla andare beandosi di quella positività che gli regalava. Un fiocco gelido si posò sulla nuca, gelandolo. «Mi dispiace»


    Interagito con Sky
     
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    Lo avevo fatto, avevo finalmente trovato il coraggio di rivelare, almeno in parte, la natura dei demoni che abitavano la mia mente. In maniera impacciata ed estremamente spaventata, ma lo avevo fatto e ora toccava fare i conti con quel dannato salto nel vuoto. Cosa poteva mai esserci di buono in un salto senza paracadute? Nulla. Ecco cosa. Si finiva solo per schiantarsi su di un metaforico duro e impenetrabile suolo. Ossa rotte, cranio sfracellato o in questo caso cuore frantumato. Me lo sentivo, ero certa lo avrebbe preso e sbriciolato in microframmenti irrecuperabili e invece? Ciò che fece fu avvicinarsi per poi eliminare la distanza che ci divideva, premendo con desiderio le sue calde labbra contro le mie, gelide e tese per via della tensione provata circa la sua risposta. Non dissi nulla, lo accolsi soltanto cingendo il suo collo con entrambe le braccia. Era aria quella che respiravo di nuovo? Percepire le sue labbra sulle mie era stato come ricevere una boccata di ossigeno della quale non si credeva di avere bisogno. Era questo per me, una sana e vitale boccata di ossigeno. Al suo fianco mi sentivo capita, compresa e sapevo che nonostante tutto non mi avrebbe mai giudicata con durezza. Non mi illudevo sarebbe stato sempre tutto rose e fiori, ma sapevo che con un po' di impegno tutto avrebbe trovato il modo naturale per incastrarsi. I nostri demoni, le nostre paure e persino le nostre incertezze avrebbero finito per assopirsi fino a scomparire. Noi ci facevamo bene a vicenda. Io lo sapevo e lui lo sapeva, il difficile era soltanto ammetterlo e accettarlo. «Axel... tu mi dai già ciò di cui ho bisogno e nemmeno te ne rendi conto...» Mi morsi appena il labbro inferiore afferrando con delicata decisione la nuca del Serpeverde per avvicinare nuovamente a me il suo volto, mentre piccoli fiocchi di neve continuavano a sporcarmi la punta del naso. «Axel tu, tu mi fai stare bene, mi... mi fai sentire accettata e capita, non puoi nemmeno immaginare quanto ne sentissi segretamente la necessità, quindi cosa? Cos'è che non mi potresti dare?» Chi stava parlando? Quella non ero sicuramente io. Non ero capace di dire a voce alta certe cose, non ero in grado di trovare la sicurezza necessaria a far valere ciò che pensavo, non quando si trattava di questioni di cuore. Eppure. Eppure la voce usciva, eccome se lo faceva e riversava sul Bulgaro tutta le verità taciute fino a quel momento. «Amore? È questo che non credi di potermi dare?» Lo guardai con sguardo incredibilmente serio e penetrante. «È esattamente ciò di cui avevo paura, ciò che mi impediva di essere sincera con te, ma diamine, guarda...» Indicai col palmo aperto davanti a me la parete fiorita che finalmente aveva smesso di assumere le più svariate tonalità di colore, lasciando il posto a un unico e deciso rosa acceso. «Se tu non fossi in grado di darmi ciò, non si sarebbe accesa di un solo colore... non di questo colore almeno» Lo stavo ammettendo? Lo stavo facendo veramente? Diamine non era così che avevo immaginato potesse evolvere la serata. Certo, speravo fosse divertente, speravo che almeno un po' saremmo riusciti a stare assieme, ma mai e dico mai avrei potuto immaginare che mi sarei ritrovata dinnanzi a una parete fiorita col cuore in mano, pronta a mostrarglielo mettendolo a nudo. «S-so che fa paura. Io sono terrorizzata, sto tremando...» Gli mostrai la mano che non tenevo appoggiata sul suo viso per confermare le mie parole. Tremava eccome. Pareva quasi che un terremoto la abitasse. Era puro terrore quello. «Ma... ma vorrei tentare, vorrei provarci davvero... nessuna etichetta nessuna costrizione, solo... solo provarci. Ti pare davvero così impossibile? Ti pare così orribile come possibilità?» Non credevo fosse umanamente possibile, ma il panico provato fino a quel momento era nullo dinnanzi alla risposta che le mie orecchie e il mio petto prossimo a scoppiare per i battiti troppo accellerati, attendevano. «Possiamo provare a farci stare meglio assieme senza più allontanamenti? Senza più incomprensioni?» Domandai infine con un filo di voce guardandolo ancora una volta nei suoi occhi smeraldini coperti dalla maschera di lupo, uno sguardo intenso e carico di speranza. Uno sguardo che gli voleva far capire che andava bene avere paura e che sarebbe stata quella stessa paura di rovinare tutto, che avrebbe potuto darci la possibilità di stare finalmente meglio. Accettati uno dall'altra senza più ostacoli, perché ce lo meritavamo. Diamine se ce lo meritavamo. «Possiamo provare a capire assieme cosa significa amare prima se stessi e poi un'altra persona? Ti prego, a-almeno proviamoci, non ti chiedo altro...»
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    Axel
    Se avesse potuto le avrebbe dato il mondo, lo sentiva. Ma quella bruciante cicatrice sul suo collo gli ricordava esattamente chi lui fosse, cosa fosse. Non avrebbe mai potuto tenerla con certezza al sicuro, non se lei gli stava così vicina. Avrebbe finito per fare la fine di suo fratello, Petar, il suo primo omicidio perpetrato in sembianze di lupo, quell’omicidio che aveva finito per definirlo e cambiargli la vita. Non voleva che anche lei fosse una vittima di sé stesso. Abbassò lo sguardo, incapace di riuscire ad incrociare la purezza speranzosa del suo dopo che lo aveva infranto con quella richiesta di scuse. Non avrebbe mai potuto darle ciò che voleva per quanto si fosse sforzato. «Tu mi dai già ciò di cui ho bisogno e nemmeno te ne rendi conto» mormorò con delicatezza sfilandogli la maschera che portava a coprirgli il viso, le emozioni, quella maschera che rappresentava tanto per lui, più di quanto avesse messo in conto all’uscita del dormitorio per andare alla festa. Mai avrebbe pensato che le cose si sarebbero evolute a quel modo, non quella sera quantomeno. Skylee depositò quella copertura con delicatezza nel suo grembo mentre con occhi vividi, la neve che si posava sulle sue guance un secondo per sciogliersi il momento dopo arrossandole la pelle, tentava di scrutare in fondo alla tempesta che si celava dietro quello sguardo di smeraldo. «Cos'è che non mi potresti dare?» Lo sguardo del bulgaro rifletteva costernazione in quello bicolore della Corvonero. Era così pura, così ingenua, non avrebbe mai potuto darle l’amore che voleva, quell’amore per cui avrebbe detto sì all’altare. Lui poteva darle solo miseria, dolore e tante morti sulla coscienza. Non avrebbe mai potuto darle figli, mai, per nessun motivo e sentiva, Axel, nel profondo di sé che lei sarebbe stata una madre eccezionale, una compagna eccezionale. Ma lui era condannato, come avrebbe potuto privarla di quella parte di futuro che gli aveva detto già in passato di bramare? Skylee gli indicò la parete di fiori che li circondava, diceva che già gli stava dando amore altrimenti non si sarebbero mai potuti colorare a quel modo, uniformemente. «Potrebbero essere solo il riflesso di ciò che senti tu» biascicò debolmente, non credendoci davvero nemmeno lui. Aveva visto quella parete cambiare, accorgendosene solo con la coda dello sguardo. Il modo in cui si era spenta, annerendosi mentre era con Kynthia e l’aveva vista con un altro, il modo in cui poco prima si era colorata intensamente di riflesso e d’accompagnamento alle sue urla contro la stessa Corvonero. Quel sentimento adesso non poteva essere solo merito suo. «S-so che fa paura. Io sono terrorizzata, sto tremando...» alzò una mano tra loro a testimonianza di quanto vero fosse ciò che stava dicendo. Axel fissò con attenzione quel tremolio, l’espressione ancora corrucciata di un bambino che vorrebbe ma non può. Le afferrò le dita, con gentilezza, stringendo quella mano così piccola e fredda nella sua. Tremava davvero, ma era bastato stringerla nella sua, ruvida e calda, perché quel tremore s’affievolisse e perché dentro di lui quel fuoco febbrile trovasse pace. Gli chiedeva di darsi una possibilità, di provarci, senza etichette, senza regole e costrizioni. Continuare ciò che avevano come unica strada percorribile se voleva avere una chance di averla nella sua vita. Espirò. «Ti faro del male, Skylee» asserì con la certezza di un condannato a morte in prossimità del patibolo. «Tu pensi il contrario, sei come al solito testarda e convinta delle tue ragioni ma finirò per ferirti.» Lo sapeva, ne era certo. Sapeva di non essere cresciuto con la giusta educazione emotiva. Era burbero, disinteressato, egoista e pure egocentrico. Guardava solo al proprio interesse e mai al benessere altrui ed era solo per un fortuito caso che la bionda era entrata nella sua vita ed era riuscita a minare alle difese di quel burbero lupo mannaro. Il destino le aveva dato le giuste carte si poteva dire, ma quando avrebbe finito con lei forse non avrebbe più reputato quella conoscenza così fortunata. Le aveva già fatto del male in passato, basti solo pensare al modo in cui l’aveva ferita in Bulgaria. Axel sapeva come colpire il suo avversario e non si faceva scrupoli a giocare sporco. Se doveva colpire lo faceva senza remora alcuna fregandosene delle conseguenze. «Tu mi... mi dai dei vanti che non ho. Sono solo uno schifoso egoista e proprio perché lo sono non riesco a fare la cosa giusta. Dovrei allontanarti e basta ma non voglio», fece una smorfia sollevando le spalle in un gesto strafottente. «Non voglio capisci?» Egoista. Egoista. Egoista. «Nessuna costrizione, okay?!» Si accertò affilando lo sguardo trasformando quella che era una dichiarazione da parte di lei in una nuova stipula di contratto. «Ma voglio l'esclusiva. Non me ne frega un cazzo delle regole sociali o delle etichette. Non condivido e basta.» Perché se avesse dovuto imbarcarsi in quella cosa assurda lo avrebbe fatto con le sue regole. «Prendere o lasciare.» Tutto in lui trasmetteva autorità, freddezza, ma conosceva solo quel modo anche se dentro di sé il cuore batteva all’impazzata e
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    non gli sembrava possibile che lei non fosse in grado di avvertirlo distintamente mentre tamburellava come un forsennato insieme al suo. Un fiocco gli cadde sul naso attirando i suoi occhi che finalmente si focalizzarono su quella stranezza. La neve. A giugno. «S-sei tu che stai facendo questo?» Non era la prima volta che il ghiaccio si presentava tra loro due. Glielo aveva visto scagliare contro, glielo aveva visto conficcare nel petto di un uomo e adesso, delicatamente, ricoprire loro due e loro due soltanto in quella piccola porzione di verde adiacente al Lago Nero.


    Do gli ultimatum a Sky :fiu:
     
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    Era stato crudele a dire quelle cose a una ragazza che stava piangendo, ne era consapevole, ma la sua rabbia aveva avuto la meglio e aveva riversato la sua frustrazione sulla coniglietta. Lo aveva fatto anche per un altro motivo: l'aveva lasciato da solo e non era andata da lui come aveva promesso. Aveva, anche se di poco, abbassato le difese con lei e il fatto che non fosse tornata gli diede fastidio. E adesso eccola qui a piangere per un fenicottero, quando era con lui che doveva stare quella sera. Non si era rispramiato, gli risuciva facile sputare veleno, quello che non sapeva fare era spiegarsi in altro modo, evitando di ferire gli altri. Anche chi non lo meritava perché lui era fatto così, era crudele con le parole. E infatti ebbero subito effetto, Rose si alzò di scatto e inizò a urlare, avanzando verso di lui con il volto stravolto dalle lacrime e la stessa rabbia di quella volta. Tuttavia, i suoi insulti non gli fecero male, aveva sentito di peggio, lurido topo era nulla in confronto. Ciò che catturò la sua attenzione, invece, furono le cose dette dopo. Il coniglio era geloso! Quella era una conferma, e poi era subito tornata da lui a detta sua. Sorrise senza volerlo, e la rabbia provata prima andò scemando. «Ma che cazzo dici!? Non mi sono strusciato sulle altre, se non te ne fossi accorta sono stato tutta la sera con te!» Le altre nemmeno le aveva guardate, aveva solo scambiato due chiacchiere con Chanel e quella pazza della Scott e lei se ne usciva così. «Oh, andiamo! Non mi ha morso l'orecchio per farsi scopare, Rose! Mi stava letterlamente facendo girare il cazzo, e non in quel senso. Nemmeno so perché ti do tutte queste spiegazioni!» Si massaggiò le tempie, perché lo stava facendo? Era qualcosa che non aveva mai fatto prima, lui non passava tutto quel tempo con una sola ragazza e di certo non tollerava scenate di gelosia. Invece, con il coniglio non solo era andato ad un ballo ma gli faceva anche piacere che lo fosse. Perché? Qual era il motivo? Perché la coniglietta l'hai presa il custodia e ti piace stare in sua compagnia. Era l' unica spiegazione possibile. Non era mai stato possessivo nei confronti di una persona, ma c'era sempre una prima volta. Ecco qui. David Harris voleva tenere qualcuno per sé . Per farci cosa non lo sapeva, fatto sta che la ormai non poteva più scappare da lui. «CAZZO CONIGLIO, NON STO CON LA SCOTT, TE LO RIPETO! E smetti di colpirmi, che tanto è inutile!» La lasciò fare ancora per un po', prima di bloccarle entrambi i polsi. La guardò diritto negli occhi, respirando a fatica. Aveva urlato anche lui come lei, per la frustrazione gli occhi gli divennero gialli per un attimo. Prese aria, non sapeva se voleva gettarla nel lago o farla urlare per altro, forse entrambe le cose. «DANNATO TASSO! HAI FATTO TUTTO DA SOLA! VUOI SAPERE CHE SEI EH?» La lasciò andare e la baciò con forza, al diavolo il consenso. Non usò la lingua, ma impose le sue labbra sulle sue per farla calmare, perché non solo gli stava facendo girare i coglioni ma lo stava anche eccitando, perché sì, quando cacciava fuori quel lato di lei la trovava estremamente sexy. Si staccò poco dopo, sicuro gli avrebbe dato uno schiaffo. Pazienza, tanto ormai l'aveva già menato. «Sei la mia Rose.» Glielo disse a voce bassa, come se fosse un segreto. Gli era costato fare quella dichiarazione, non si esponeva mai così. Alzò un sopracciglio quando parlò di "portata principale". Aveva sentito anche quello che gli aveva detto Chanel? Si portò le mani alle tempie, distogliendo lo sguardo dopo averlo incitato ad andarsene. Col cazzo. Doveva capire che quelle erano tutte conclusioni a cui era arrivata da sola, e poi era anche un tasso estremamente geloso, chi l'avrebbe mai detto. La raggiunse e l'abbracciò, chiedendosi per l'ennesima volta cosa cavolo stesse facendo, doveva aver perso la testa. No, sto solo trattenendo ciò che è mio. «Calmati, dannazione! E respira, che hai urlato come una benshee!» Le accarezzò i capelli cercando di farla calmare, era esplosa come in fiume in piena, e lui si era contenuto rispetto al solito. Stava migliorando, anche se aveva rischiato di schiantare quella pazza della Scott. «Non pensavo fossi così gelosa, sai coniglietta.» Rise, cercando di alleggerire la tensione. Nel mentre, continuò a stingerla. Decise, infine, di essere onesto per una volta. «Ti stavo aspettando.» Disse riferendosi a prima, sicuro che avrebbe capito. Rise amaramente, aveva mostrato un lato di lui che non usciva da anni, in che cazzo di situazione si era messo?



    Intergaito con Rose. e.e


    Edited by David_ - 5/7/2022, 21:36
     
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    «Tante persone mi hanno fatto del male in vita mia... ormai dovresti saprerlo e se c'è anche solo la minima possibilità che ciò non accada, beh, sarei una sciocca a lasciar perdere tutto questo» Se per provarci avrei dovuto mettere in conto che prima o poi Axel mi avrebbe potuto far soffrire, ero pronta a farlo, dopotutto quei mesi ne erano stata la prova. Senza poter stare con lui nel modo che avrei voluto, soffrivo e basta e quindi perché non smettere di farlo? Se il rischio era solo una probabilità che ciò accadesse di nuovo, mi pareva un compromesso decisamente onesto da accettare. «Io mi fido ti te, dico sul serio... lo sai questo?» Era unicamente lui a non fidarsi di sé stesso, a non fidarsi della parte più pericolosa di lui, ma in passato era riuscito a controllarsi, era riuscito a reagire ed io ero certa che in caso di pericolo, lo avrebbe fatto di nuovo. Lo avrei aiutato in questo, mancava poco, dannatamente poco e la pozione che speravo avrebbe dato per sempre una svolta alle sue dolorose e incontrollabili trasformazioni, sarebbe stata ultimata. Mi ero allenata come una matta in quei mesi ed avevo finito per quasi esaurire addirittura le numerose scorte di ingredienti necessarie per tale antidoto, ma sapevo che mio padre avrebbe capito, ero certa che ovunque fosse, se solo avesse potuto vedermi consumare il lascito dei suoi svariati ingredienti rari e costosi per una simile causa, sarebbe potuto essere unicamente orgoglioso per me e per la persona che ero diventata. Altruista e amorevole, decisamente più simile a lui e a mia madre, piuttosto che alla feccia dei Métis. «Nemmeno immagini quanto io sia felice per il tuo essere egoista in questo momento» Ammisi stringendo le labbra fra i denti, intenta a nascondere un sorrisetto che lasciai poi aprirsi largo sui denti bianchissimi, all'udire delle parole che vennero dopo. «Nessuna costrizione!» Esclamai decisamente più eccitata ed emozionata di quanto non fosse lecito apparire. Talmente eccitata al pensiero che stesse accettando, che stesse dando realmente una chance a ciò che poteva esserci tra noi, che il mio corpo sfuggì al mio controllo e si mosse più velocemente del mio buonsenso, finendo così per saltare in braccio al Bulgaro per riempirlo di veloci baci sparsi su tutto il viso.
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    Ero felice. Lo ero davvero tantissimo e sarei voluta rimanere così per sempre, avvinghiata al suo corpo e con le sue calde braccia a stringermi contro il suo petto. «Prendere, decisamente prendere» Sorrisi nuovamente senza arrestare la corsa delle mie labbra sul suo viso, salvo poi fermarmi unicamente per porre a mia volta una condizione. «La voglio pure io l'esclusiva però, non voglio dover vedere nuovamente qualcuno tradire la mia fiducia o... me...» Non mi aspettavo che fosse proprio lui a insistere su tale punto. Per non sembrare subito quella che pretendeva troppo da un qualcosa che si supponeva non dover avere costrizioni, avevo tentato di trattenermi dall'esternare tale desiderio, sperando solamente che avesse il buon senso per farlo da sé, ma hey, se voleva rendermi le cose così facili bastava dirmelo, dopotutto dove lo avrei trovato il tempe per andare pure con qualcun'altro, i nostri incontri sotto le lenzuola erano divenuti così freqienti che avevo a mala pena il tempo necessario a studiare per mantenere la mia media scolastica impeccabile, figuriamoci poi se avessi dovuto rendere conto pure ad una seconda persona, non che questo pensiero sfiorasse minimamente la mia mente. Io già l'avevo davanti a me l'unica persona con la quale volessi condividere la mia intimità, non era nemmeno necessario chiedere di dargli l'esclusiva. Lui l'aveva sempre avuta.
    Mi avvicinai maggiormente a lui con tutto il corpo, decisamente non intenzionata a sciogliere la stretta delle mie coscie attorno alla sua vita e stringendolo con delicatezza gli circondai il collo con entrambe le braccia. «Grazie...» Riuscii ad aggiungere unicamente tale piccolo e apparentemente superficiale commento, che celava in realtà una moltitudine di emozioni che mai sarei probabilmente stata in grado di trasportare a parole. Ero troppo felice per parlare, troppo emozionata persino per prenderlo in giro per quell'apparente freddezza che era solito usare quando non aveva intenzione di rivelare il suo reale stato d'animo. Forse pure lui era stralunato come me dalla velocità con la quale era accaduto il tutto e di come quello che aveva tutte le carte in regola per diventare uno dei nostri animati litigi, fosse invece terminato in un tale modo tanto inaspettato quanto perfetto. Non avrei voluto altro, noi non eravamo perfetti, diamine quanto eravamo distanti dall'essere prefetti, eppure nella nostra diversa stravaganza ci riuscivamo a trovare, a capire e andava benissimo così. «I-io... sì» Perché continuare a nasconderlo? «È colpa mia, perdonami non so come farla smettere...» Ammisi sottovoce con un pelo di vergogna nel tono, mentre chinavo leggermente lo sguardo verso il basso e accennavo a un imminente discesa da quello che era stato un mio impeto di emozioni, che aveva obbligato il Mannaro a ricorrere ai suoi riflessi sovrannaturali per potermi prendere al volo ed evitare così che entrambi ci ritrovassimo distesi per terra. «Quando provo emozioni troppo forti succede questo... o meglio, di solito succedono cose brutte, come in Bretagna... questa è la prima volta che pare essersi manifestato in maniera innocua» Forse era un buon segno. Magari gli allenamenti assieme a Rose stavano cominciando a fruttare qualche miglioramento, o forse, più semplicemente, non mi era mai capitato di provare così intensamente un'emozione positiva in grado di innescare l'interruttore che era quel potere tanto imprevedibile. «N-non ti sta facendo male vero? Io io, davvero, non ho la piu pallia idea di come fermarla...» Era imbarazzante vedere le proprie emozioni venire messe in bella vista a quel modo, ma non potevo farci nulla, non ero ancora in grado di decidere a mio piacimento quando e come far comparire un tale dono e mi spaventava che all'improvviso potesse mutare, trasferendosi così in un qucosa di decisamente più violento, letale. Era spaventoso non avere il controllo di sé, ma pure su questo aspetto ero certa il Serpeverde potesse comprendermi appieno. Pure lui sapeva bene cosa significasse perdere il controllo di se stessi.
    ★ ★ ★
    Prefetta Corvonero | Scheda | Mailbox | Pensatoio

     
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    Chi era quella ragazza? Che fine aveva fatto la sua combattiva Skylee che non si sarebbe lasciata mettere i piedi in testa da nessuno? Axel era esterrefatto. Nemmeno per un secondo si era lasciata scoraggiare, anzi, dalle sue parole aveva trovato la conferma a quanto bramava e lui faticava a comprendere quella gioia che stava man mano delineandosi sui tratti del suo viso addolcendo quei lineamenti solitamente mostrati al mondo come spigolosi. Skylee era questo per gli altri: una ragazza inflessibile, rigida, con la mania per le regole che difficilmente sorrideva, sempre imbronciata o, nelle giornate migliori, con quell’espressione seria in viso che cozzava con la sua giovanissima età. Sembrava – e in realtà lo era – presa da mille pensieri e problemi che la giovane s’arrovellava per risolvere non trovando una via d’uscita; ma era in presenza del bulgaro che si trasformava e adesso, Axel, guardandola, riusciva a rendersene conto per la prima volta. Il suo viso emanava gioia, s’illuminava per quella semplice risposta che le aveva dato. Quella conferma di volerla esclusivamente per sé. “Mi fido di te” aveva asserito con totale sicurezza, senza il minimo briciolo di tentennamento in quei meravigliosi occhi bicolore che tentavano di strappare una risposta dalla maschera da poker che invece lui teneva perennemente indosso. «Perché sei una pazza irresponsabile» la rimbeccò duramente prima che la linea delle sue labbra s’increspasse in un sorriso appena accennato in superficie ma che rivelava il profondo sollievo che invece albergava dentro di lui. Per fortuna che era una pazza! Altrimenti ora non si sarebbero nemmeno per sbaglio trovati a quel punto. Solo una pazza poteva giurargli cosa? Amore? Dopo essersi presa una dose non indifferente di maledizioni cruciatus addosso, forse le avevano fatto saltare definitivamente qualche rotella. Però lei era lì, consistente nella sua stretta solida che non l’avrebbe lasciata andare più. «Nemmeno immagini quanto io sia felice per il tuo essere egoista in questo momento» ed il sorriso del bulgaro s’accentuò evidenziando quanto lui stesso, a sua volta, benediva la sua testardaggine che la lasciava salda tra le sue braccia senza la minima possibilità di fuga. Lo avrebbe fatto, okay, avrebbe dato una chance a quella follia ma doveva assolutamente puntualizzare una cosa. Non avrebbero avuto stupide etichette del cazzo, del tipo che nessuno dei due adesso sarebbe andato in giro dicendo di essere “il ragazzo o la ragazza di”, assolutamente no, come non avrebbe subito l’imposizione di tenerla per mano “perché doveva” o altre puttanate di questo tipo come mesiversario, gufi del buongiorno o della buonanotte, no, lui non era questo. Le avrebbe dato l’esclusiva, quello sì, quello se lo era guadagnato nonostante per il bulgaro fosse una novità. Una novità in cui però si era ritrovato naturalmente negli ultimi mesi, quindi, che poteva mai andare storto? Era già stato fino a quel momento lontano dalla caccia ed era stato bene, per cui...
    «Prendere, decisamente prendere!» Fortunatamente aveva i riflessi del lupo o non sarebbe mai stato in grado di afferrarla al volo impedendo entrambi di spalmarsi al suolo. Seduto sul terreno, con lei cavalcioni, cercò di trattenerla mentre lo tempestava di baci su ogni punto del viso che riusciva a raggiungere. Non era abituato e la cosa lo stava mettendo in un piacevole disagio che non faceva che strappargli enormi sorrisi. «Métis calmati, cazzo» fece indietreggiando con la schiena nel vago tentativo di sfuggire a quell’attacco di dolcezza della ragazza. Ma che diamine le stava prendendo? Facendo forza sulle cosce si strinse contro di lui ed il mannaro fu immediatamente distratto da quel contatto. «Se continui così» disse facendosi serio ma, allo stesso tempo, guardandosi rapidamente attorno con l’aria furba di uno che la sapeva lunga. Le strinse i fianchi, scivolando sulle cosce coperte dal vestito. «me ne sbatterò il cazzo dei professori e mi prenderò i giusti ringraziamenti piegandoti su quell’albero laggiù, okay?» La minacciò sapendo che, una volta vista la posizione del suddetto albero, in bella mostra, la Corvonero avrebbe probabilmente esitato dal rispondere affermativamente a quella proposta. Magari però, avrebbero potuto contrattare per una zona più appartata ed era proprio a quel proposito che lo sguardo del bulgaro era saettato lungo le rive del lago. Però, e scosse il naso quando l’ennesimo fiocco vi si depositò sopra, quella nuvola di maltempo esattamente sopra le loro teste non era esattamente discreta. «I-io... sì. È colpa mia, perdonami non so come farla smettere» ammise, sottovoce, fuggendo dal suo sguardo smeraldo che invece, ammirato, guardava quel piccolo fenomeno meteorologico. Le succedeva sempre col ghiaccio – quelle volte che era successo in sua presenza – non doveva essere un caso. «No, no è fredda. Esattamente come la neve vera. In Bulgaria non nevica spesso... ma ricordo che da bambino uscivo sempre con Petar a fare battaglie in giardino. L’amavo» ricordò con una certa nostalgia di quei momenti spensierati, quando ancora la vita non era una totale merda incasinata. «Uhm... vediamo» la sua era una teoria, ma se tanto gli dava tanto forse avrebbe funzionato. D’altronde Axel aveva appena scoperto che ciò che si muoveva dentro di lei, quello stesso bisogno, quello stesso fuoco era reciproco. Quindi... Le lasciò andare una coscia posando la mano con delicatezza sulla sua guancia, scivolando con morbidezza lungo di essa fino ad arrestarsi al di sotto del mento. Le sollevò il viso, incontrando quello sguardo pieno di vergogna e sporgendosi incontrò di nuovo la sua bocca sfiorandola con leggerezza, con delicatezza mimando un bacio che si erano dati già in passato. Era il due di novembre dell’anno precedente in una delle stanze abbandonate ed in disuso dei sotterranei quando lei, con la bontà che la contraddistingueva aveva reso meno orribile il suo compleanno. Lo stesso bacio casto, pieno di quello che allora non aveva voluto saperne di classificare come amore si replicò in quell’istante con delicatezza quasi come se lei fosse di vetro ed il minimo impeto avrebbe potuto infrangerla. Si scostò di poco osservandola. «Meglio?» Un leggero sorriso ad increspargli la bocca, lui sì, per inciso. «Vuoi tornare dentro? Ti stai perdendo la baldoria?» Lui non se la stava perdendo di sicuro.


    e niente <3
     
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    Tassorosso
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    Urla. Urlavo io ed urlava lui come in uno scontro di uragani. Io non avevo mai urlato tanto con qualcuno, forse con nessuno se non con me stessa… Ero un mix di sensazioni che mi riducevano in poltiglia, ma questo non lo poteva sapere nessuno. Si certo, era stato tutta la sera con me ne dovevo dare atto ma c’era qualcosa di cui bisognava parlare e sembrava che fosse arrivato il momento. Iniziò a parlare e a cercare di spiegarsi mentre le mie lacrime ancora scendevano senza chiedere permesso, bagnando le mie guance pallide. Non gli ha morso l’orecchio per scopare? No, stava solo cercando di stuzzicarlo, che a lui non andasse a genio era un altro discorso ma quello che avevo visto era lei e lui vicini in un momento che potevo definire particolare e intimo. Mentre colpivo il suo petto le sue parole urlate mi colpirono, da un lato mi facevano innervosire ma dall’altro mi facevano sentire sollevata, il perché non lo comprendevo del tutto. Mi bloccò i polsi con forza e fermezza. Quel gesto mi fece paura, tanto da bloccarmi il respiro e muovermi per liberarmi dalla presa mentre un “No” sussurrato e supplichevole uscì dalle mie labbra senza rendermene conto. Alzai lo sguardo verso il volto di David ma mi apparvero gli occhi di mio Padre. Poi osservai meglio e tornai alla realtà perché per un attimo mi sembrò che gli occhi che avevo davanti, quelli di David, avessero preso un colore diverso e anche la forma della sua pupilla mi era sembrata strana. Ecco, perfetto, adesso il miscuglio di sensazioni mi faceva vedere cose strane. Mi urlò ancora una volta e stavo per prendere coraggio e per urlargli contro ancora una volta quando mi sentii tirata verso di lui e le sue labbra premere contro le mie. Cosa stava facendo? Stavamo dando di matto e mi baciava. Mi mossi con forza per allontanarlo ma di certo aveva più potenza lui di me. Quando si staccò, il primo istinto fu di tirargli uno schiaffo ma non lo feci, mi allontanai dandogli le spalle. Mi confondeva, mi mandava in tilt. Non riuscivo a capire nulla. Cosa voleva? Mi trattava male, poi bene, poi nuovamente male e poi ancora bene. Le mie tempie pulsavano come se il cuore si fosse trasferito nella mia testa. Un attimo dopo successe qualcosa che non avrei mai detto. Le parole dette a bassa voce da lui mi fecero chiudere gli occhi e il respiro si bloccò. David che diceva una frase simile mi sembrava assurdo ma allo stesso tempo avrei dovuto chiarire alcune cose. Ancora li ferma mi voltai e in un secondo sentii su di me due braccia calde che mi circondavano… Volevo divincolarmi ma quell’abbraccio aveva qualcosa di strano e particolare. Non venivo abbracciata da tanto tempo. Lo lasciai finire mentre il pianto al contatto con lui si intensificò e quasi singhiozzai. Posai le mani sul suo petto e lo allontanai delicatamente, staccandomi da lui. «Si ho urlato certo e non è questione solo di essere gelosa David…» Presi fiato asciugando con una mano una guancia «Se una donna fa qualcosa lo fa con un intento… Certo che sono tornata, sarei tornata comunque se avessi visto che non stavi uscendo come ti avevo chiesto. Secondo te come faccio a sapere quello che ha fatto la ragazza, cioè la Scott, visto che sai anche chi è…? Perché ero li e vi ho visti. Quindi non mi sono inventata nulla. » Gli dissi mentre i capelli non cambiavano ancora colore ma i miei occhi stavano prendendo delle sfumature sul grigio. «Dobbiamo chiarire delle cose David… non voglio più scattare così e non voglio stare male.» Portai una mano sulla fronte e continuai «Non puoi fare così! Tutta la serata hai cercato di allontanare le persone con cui potevo rivolgere due parole. Persone che sono mie amiche. Non sono tua in quel modo ne adesso ne mai! Sai perché? Perché questa si chiama fiducia e sembra che tu non ti fidi di me.» Il tono non era piatto ma era agitato e tremante, ancora leggermente alterato ma soprattutto stanco. Avevo bisogno di alcune pause per poter prendere fiato e parlare non ero abituata a fare sfuriate, anche questo era nuovo per me. «Non parlare di me agli altri come “coniglio” iniziano a girare voci e questo è l’ultima cosa che mi serve… Non dirmi che non lo hai fatto perché le voci girano…» avevo avuto una conversazione durante una ronda dove era venuto fuori il nomignolo coniglio nei miei confronti e non ci volle un genio a capire che era stato David a dirlo. «Se ti creo vergogna dimmelo. Non lo comprendo ma di sicuro non voglio farti del male o danneggiare te.» aggiunsi timidamente mentre i miei occhi si riempirono di lacrime ancora una volta al pensiero di poter essere motivo di vergogna per qualcuno. Portai le mani al viso per nasconderlo.
    Cercai di concentrare i pensieri ed incanalare le emozioni per non esplodere nella mia testa. Non volevo che accadesse davanti a qualcuno il dolore lancinante che mi perforava la mente quando andavo in sovraccarico di emozioni. Presi ancora fiato, ero più calma e stavo cercando di chiarire i punti. «Mi hai detto che sono tua ma dimostramelo con atti concreti, questo non significa che mi devi allontanare dal mondo… perché così facendo mi allontani da te! Non ti piace che ti si dica con chi parlare o che ti si comandi vero? Beh non piace nemmeno a me. Ti ascolto se hai qualcosa da dire e ne parliamo ma non sono un oggetto che puoi spostare a tuo piacimento.» Barcollai leggermente ma riuscì ad avvicinarmi a lui. «Non capisco di cosa hai paura… te l’ho già detto, non sono come le altre. Questo comprende tempi e modi diversi… Nessun modo è sbagliato ma io sono solo diversa!» era chiaro che per alcuni versi sembravo in ritardo sulla “tabella di marcia” per alcune cose, ma avevo le mie ragioni e non volevo essere forzata. Le forze mi stavano venendo meno anche se ero riuscita a calmarmi leggermente. Sembravo un piccolo fuscello che stava per piegarsi su se stessa ma ancora era in piedi. «Vorrei conoscerti, vorrei capire e se lo vorrai vorrei scoprire cose nuove ma permettimelo. Parlare con una mia amica non vuol dire lasciarti solo, non vuol dire abbandonarti. » i miei occhi spenti, tendenti al grigio e come offuscati dai troppi sbalzi causati dalle diverse sensazioni si posarono nei suoi cercando un riscontro «Non chiedo nulla David davvero, vorrei solo non essere legata con una catena e vivere quello che sento in libertà… almeno con te e se tu lo vorrai…qualsiasi cosa sia… riesci a comprendermi?» Mi sembrava che quel ragazzo dietro i suoi atteggiamenti potesse nascondere qualcosa, forse sbagliavo forse era la mia stupida empatia a parlare. “Mi confondi!” pensai ma non uscii nulla all’esterno, si fermò tutto sulle mie labbra, anche se il senso era chiaro nelle frasi appena dette.



    Interagito con: David
    Nominata Reina
    Abito

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