Posts written by aquamärine

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    Con un po' di ritardo, ti benvenuto anche qua! have fun xoxo
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    Lo stato d'animo non è dei migliori. Diciamocela tutta: questa lezione non è stata proprio come me l'aspettavo; per una come me, poco portata all'azione, le attività in dinamico divenire proposte dalla professoressa possono sembrare troppo; se a questo poi si aggiunge un compagno di squadra che non fa squadra, beh...
    « Se osi intralciarmi ancora ci saranno conseguenze » mai stata così seria. Kai il grifondoro è riuscito a farmi fare cento passi indietro sul piano dei rapporti sociali: ho per necessità dovuto fare affidamento su un'altra persona che mi ha remato contro proprio nel momento del bisogno e non solo. Messo di fronte al grave errore, mi attacca. "Senza di me non saresti nemmeno qui per poterti lamentare, dovresti fare come la tua compagna ed essere più gentile" La base di partenza è già agitata e le sue parole non possono che funzionare come benzina sul fuoco. Riduco gli occhi a due fessure mentre chiudo le mani in due pugni così stretti da far diventare le nocche gialle. Il calore che man mano mi irradia è divampante, quasi quanto il mio risentimento nei suoi confronti. In un altro momento nel mio recente passato, le probabilità che la sua testa saltasse come una zucca farcita al petardo sarebbero state molto alte. Oggi l'audace grifondoro corre un rischio un po' diverso ma non meno letale: potrei incenerirlo ma scelgo di andare via prima di ripetere l'errore commesso al falò. Non senza aver prima reso noto il mio giudizio rinnovato.
    « Stronzo. » e gli do le spalle, continuando da sola la mia ricerca del Mooncalf. Purtroppo quando guardo le mani sono praticamente infuocate, proprio come quel giorno. Fu così facile allora perdere il controllo e permettere alle fiamme di diffondersi: più volevo spegnerle, più tutto intorno a me prendeva fuoco. Oggi sono appena più consapevole: chiudo gli occhi e le spengo.

    Trovato l'animaletto, non passa molto tempo prima che l'ennesimo ostacolo si palesi. Dal buio infatti sbuca lentamente un'ombra scura e grossa, che avanza con pesantezza finché i timidi raggi lunari non rendono chiare le sue fattezze.
    L'ho sempre considerato un Bulbasaur evoluto male, fin dalla prima volta in cui ho visto la sua illustrazione. Non ricordo il suo nome ma le informazioni generali sì: avrei dovuto prevederlo, date le circostanze.
    Mi accorgo della sua presenza solo quando mi ha ormai caricata: il suo non è certo un passo felpato ed è forse proprio questo che mi salva, tuttavia sembra veloce ed anche forte. Non deve avvicinarsi. Lo fisso ancora una volta pietrificata dalla paura ma stavolta c'è in gioco qualcosa di diverso: non commetto due volte lo stesso sbaglio, ne va proprio del mio orgoglio. Indietreggio di un passo, con cautela; le sopracciglia, prima corrugate, si sollevano mentre gli occhi si spalancano. L'effetto del Wingardium Leviosa finisce nell'esatto momento in cui il mio braccio avvolge il corpo morbido del Mooncalf e lo stringo a me; con la bacchetta ancora in pugno ho la giusta prontezza per pronunciare un « Rictusempra! » rivolto alla new entry del labirinto. Il fascio di luce che nasce dalla punta del mio catalizzatore lo colpisce in pieno petto: aveva appena saltato. Lo vedo volare all'indietro e ricadere sulla schiena, dopo un paio di capriole, disturbato e distratto da un solletico invisibile e continuo. Ricomincio a respirare avida e incontro brevemente lo sguardo del Grifondoro. Senza proferire parola, iniziamo una corsa semi-disperata verso un'uscita che sembra lontana più che mai. Non ho mai usato il rictusempra prima d'ora e non ho idea di quanto duri il suo effetto: spero abbastanza da permetterci di uscire senza intoppi o, quanto meno, di costruire una netta distanza. Il Mooncalf, dal canto suo, piagnucola tra le mie braccia. Non credo gli convenga continuare a lamentarsi, l'alternativa allo stare con me è la morte. Vuole forse diventare la cena di bruttosaur?
    « Piangere non ti rende più leggero » è l'ultima cosa che dico prima di imboccare la curva che, fortunatamente, ci mostra l'uscita.

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    Victoria Crain, terzo anno serpeverde

    Dopo aver discusso con Yuki e manifestato il suo fuoco - stavolta senza incendi indesiderati - si trova faccia a faccia con l'Hodag (di cui non ricorda il nome ma le caratteristiche principali, avendolo collegato ad un bulbasaur uscito male è stato facile) che la carica per assicurarsi la cena. Pietrificata una volta è sufficiente: a questo giro, scottata un po' da tutto, mette il mooncalf sotto braccio e colpisce l'hodag con un rictusempra. Non sa quanto durerà il suo effetto per questo corre in cerca dell'uscita, che finalmente trova.
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    Onestamente non so che cosa sia successo con Kai: un attimo prima era molto amichevole, mi ha perfino fatto ascoltare una canzone dalla sua playlist per tirarmi un po' su di morale, mentre adesso è scontroso e bastian contrario. Abbiamo intravisto dopo non so quanto tempo passato a camminare tra corridoi tutti uguali la creatura che cerchiamo, lo invito ad affrettare il passo per non perderlo e lui cosa fa? Si inasprisce. Davvero, non capisco. "Victoria, non credo che questo approccio possa funzionare." senza contare poi il tono con cui sottolinea il mio nome: sembra quasi polemico.
    « Perché non dovrebbe? » rispondo senza smettere di camminare per seguire l'adoratissimo Mooncalf, salvo poi fermarmi nel realizzare che continuando di questo passo non riusciremmo mai a raggiungerlo. "Inoltre io non ho nessun sandwich con me. Se lo avessi avuto probabilmente lo avrei già mangiato. Ma se tu lo avevi, beh, lo hai scordato di là" A questo punto, mi volto verso di lui con un'espressione dubbiosa che vira all'acido.
    « Da quando non avere con sé qualcosa rappresenta un problema? Pronto: sei un mago, Kai. Senti: se non hai un'idea di riserva da proporre, faremo come ho detto. Posso concederti il beneficio del dubbio, ok? Magari su due piedi può essere difficile escogitare un piano... Hai modo di far trotterellare i cricetini le meningi e mettermi al corrente delle novità finché non vediamo il Mooncalf. Prenderò il tuo silenzio come un tacito accordo sulla validità della mia strategia. » insisto chiamandolo col nome sbagliato, perché davvero non ricordo quale sia il suo. Proprio come quello di tutti gli altri che non siano l'innominabile, Grace e Alan.
    « Accio sandwich. » non mi serve sventolare la bacchetta; sono sufficienti concentrazione e un movimento deciso del polso perché l'incantesimo funzioni.

    Sapere di avere rubato dallo zaino di qualcuno non mi crea problemi: avevo bisogno di una cosa e l'ho attratta. Si fa di necessità virtù, se si dice così. All'effettivo, mi tocca aspettare qualche manciata abbondante di secondi prima che l'oggetto richiamato spunti nel mio campo visivo. Non riesco ad afferrarlo al volo nonostante il tentativo; per fortuna la persona a cui l'ho sottratto l'aveva impellicolato per bene. Mi chino, sedendomi sui talloni, per poterlo raccogliere e lo squadro in breve prima di porgerlo al Grifondoro. Che si renda utile, quanto meno, facendo il porta-sandwich.
    « Tienilo tu, per favore. » il solo aver chiesto per favore dovrebbe fargli capire che sto cercando di tenere la nostra situazione su un piano civile e collaborativo, nonostante la categorica bocciatura della mia proposta senza avere ancora neanche provato ad avanzarne una di riserva e il suo tono fastidioso. In questo modo è automatico, lecito e legittimo che la strategia che attueremo sarà la mia. Sto per aggiungere dell'altro, un chiaro invito a non mangiarlo perché attraversata da un leggerissimo sospetto che però decido di ignorare. Non può essere così idiota da mangiarlo, se sa che mi serve. Gliel'ho detto chiaramente! Così, in silenzio e con un'aria tagliente tra di noi, continuiamo la ricerca del Mooncalf perduto finché non lo intravedo e m'illumino. Almeno è vivo, non mi sembra inseguito da qualche immonda creatura che se ne voglia cibare e, cosa più importante di tutte, se riuscissimo a trattenerlo potremmo considerare terminata la nostra spedizione. Senza proferire parola, spengo quindi la mia bacchetta e uso l'incantesimo Wingardium Leviosa contro la dolcissima creatura per rendergli impossibile l'ennesima fuga. Sono soddisfatta per essere riuscita a fermarlo senza imprigionarlo, o pietrificarlo, e quindi mi avvicino per una prima interazione. Voglio che sia tranquillo con me, non desidero costringerlo a seguirmi. Kai è rimasto indietro, nel frattempo: neanche ha pensato di avvicinarsi per accattivarselo o per passarmi il panino, avvantaggiandomi.
    « Tacito accordo, ricordi? Passami il panino, su » mi volto appena verso il Grifondoro, non voglio interrompere il contatto visivo con il Mooncalf rischiando di perdere la presa. Il mio compagno di squadra non accenna però a farsi avanti, sembra sparito e così mi ritrovo costretta a cercarlo. Quando lo ritrovo, sento le fiamme dell'inferno ardere con prepotenza nelle viscere. Ha le guance piene, la mascella in movimento, lo sguardo da idiota fisso su di me che in questo preciso momento potrei ucciderlo.
    Il mio pensiero si realizza: lui ha mangiato il panino, il mooncalf approfitta della mia bassa concentrazione per liberarsi e scappare di nuovo, io resto come la scema con la vena della tempia che mi pulsa violentemente.
    « Si può sapere che problema hai?! Quello non era il tuo spuntino, era la mia esca! » sbatto il piede sinistro a terra in preda alla frustrazione e gli punto la bacchetta contro.
    « Non ho intenzione di fallire per colpa tua! Se osi intralciarmi ancora ci saranno conseguenze » che cela, in realtà, un ti do fuoco prepotente. Schietta come poche altre volte da quando sono qui ad Hogwarts, determinata ad "eliminare" gli ostacoli sulla strada del successo, gli do le spalle e riprendo da sola la ricerca del mio lasciapassare per la libertà senza badare se lui mi stia seguendo o meno.
    Riaccendo la bacchetta - che vibra e pulsa, animata dalla mia energia in crescita - e sento lo stomaco in tumulto, la testa piena di pensieri recalcitranti - alcuni dei quali cattivi - e con l'ansia del tempo residuo che mi pesa.

    Il nuovo approccio con il Mooncalf è diverso, irruento, pratico. Ricorro ad un Incarceramus quando lo vedo, incantesimo che lo immobilizza sul posto permettendomi di raggiungerlo. Ho l'affanno sia per la lunga camminata che per l'agitazione, un'espressione dura in volto; sono stanca e sono delusa dalla mancata partecipazione di Kai nel progetto.
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    « Mi hai fatto penare. E sudare. E io detesto sudare. » sbatto le palpebre e l'incontro con i suoi occhioni spaventati che mi guardano un po' mi rompe dentro. Sono diventata il mostro della sua storia probabilmente, cosa che non ho mai voluto. La prima cosa che penso di fare è abbassare la bacchetta insieme alle spalle e provare un approccio fisico, allungando la mano verso la sua bocca e il suo naso perché mi annusi; l'albore di un contatto.
    « Non volevo farlo, il wingardium leviosa era meno aggressivo, ma non ho avuto scelta. Sei veloce per avere i piedi piatti » inclino la testa di lato e provo ad accarezzargli la testa spelacchiata.
    « E la mia pazienza ha avuto un brusco calo. Adesso ti libererò e faremo come ho detto, non scappare. » quella di parlare agli animali come fossero miei pari, persone, è una vecchia abitudine. In periodi bui della mia vita mi ha fatta sentire meno sola e tutt'ora la pratico, mi viene naturale e anche più facile rispetto alle interazioni con gli esseri umani. Comunque sia, dopo un Finite incantatem il Mooncalf torna libero di muoversi. Lo guardo e dentro di me fumo ancora dalla rabbia per il panino che non ho potuto offrirgli e al primo accenno di fuga uso di nuovo Wingardium Leviosa per poterlo portare con me senza rischi.
    Il Grifondoro è rimasto dietro di me per tutto il tempo. Mi accorgo della sua presenza quando cerco di capire la direzione da prendere: corrugo la fronte e mi acciglio, senza rivolgergli la parola.
    Che mi segua o no, non fa alcuna differenza: deve solo considerarsi fortunato che non gli abbia davvero dato fuoco. Cerco una via di uscita seguendo la stessa regola pensata all'inizio, quella che mi ha fatto guadagnare una benda alla mano sinistra: giro sempre a sinistra tenendo sempre il contatto con la parete mentre ripeto tra me e me una frase che ultimamente avevo messo da parte, ovvero "posso contare solo su di me".


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    Victoria Crain, terzo anno serpeverde - parte 2

    Interagisce principalmente con Yuki che se la prende con lei per una ragione non chiara. Le fa da bastian contrario senza apportare un contributo effettivo alla "spedizione", di conseguenza Victoria si ritrova ad agire da sola seguendo il suo piano. Recupera con un Accio un panino generico, appartenente a qualcuno di non ben definito (il mio Liam va benissimo, è tipo da avere sandwich in cartella), e lo affida al compagno per dividersi i compiti. Non l'avesse mai fatto: la prima volta che fermano il mooncalf con il wingardium leviosa, al momento di usare il panino si scopre che Yuki l'ha mangiato. Da qui, l'inesorabile crollo di pazienza e fiducia di Vic che lo minaccia di incorrere in conseguenze serie se solo oserà ostacolarla ancora. (un po' esagerata ma capiamola).

    Alla fine, dopo tante pene e tanto affanno, trova il Mooncalf. Usa incarceramus per fermarlo ma si fa intenerire dal suo sguardo; prova a socializzare facendosi annusare ed accarezzandogli la testa spelacchiata, lo libera e usa di nuovo wingardium leviosa per portarlo con sé a cercare l'uscita rigorosamente seguendo la regola della sinistra tenendo il contatto con la parete. Kai è alle sue spalle ma non gli parla più. (almeno per il momento).


    Edited by aquamärine - 30/1/2024, 21:07
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    L'umiliazione è bruciante. L'ultima cosa che mi aspettavo era di finire pietrificata dalla paura e alla totale mercé di un occamy imbestialito; avrebbe potuto uccidermi, smembrarmi o divorarmi ed io non avrei mosso un muscolo per difendermi. Neanche il fuoco s'è presentato, il che mi lascia pensare. Cos'ho che non va?
    Pur essendo consapevole del mio limite in quanto a coraggio, ho sempre creduto che con un pizzico di furbizia e di conoscenza sarei stata capace di tirarmi fuori dai guai; il più delle volte, almeno. Invece alla prima occasione utile ho dimostrato l'esatto contrario. Proprio con la Lancaster, poi, che non perde occasione per sottolineare sbagli e debolezze davanti a tutti. Maledizione. Mentre raggiungo l'uscita fianco al fianco con il Grifondoro, stringendo tra le braccia l'uovo d'oro, è proprio a lei che penso; al momento in cui ci troveremo l'una di fronte all'altra, i compagni a fare da spettatori della mia disfatta accademica. Potranno anche non avere assistito direttamente ma lo sapranno, perché sarà lei a dirlo. Sei stata bravissima prima, senza di te non avremmo mai trovato il nido la voce è lontana, capisco a malapena quello che dice. Sono ancora stordita da ciò che ho vissuto, intenso come lo strano e iper realistico sogno di Halloween dell'anno scorso.
    « Cosa? » non credo fosse qualcosa di cattivo perché quando lo guardo la sua faccia non me lo trasmette, ma ormai siamo fuori e non c'è più tempo per approfondire. Tuttavia mi sento un po' meno ostile nei suoi confronti.

    Consegnato l'uovo, è pallida come la morte che ascolto il commento della professoressa sulla mia performance. Effettivamente non dice nulla di particolare, non fa riferimento al fatto che sia rimasta inerme di fronte a una minaccia vera e tanto meno infierisce sul mio colorito cadaverico, ma io la vivo come una sconfitta. Dentro sento davvero ardere le fiamme dell'inferno. Detesto non essere la migliore, detesto non spiccare.
    Abbasso lo sguardo ed incasso giurando a me stessa che questa è stata l'ultima volta; una promessa che, per una (in)giusta legge karmica, trova immediatamente la strada per compiersi: ci tocca rientrare nello spazio magico di simulazione per una nuova prova. Sembra quasi un accanimento, potrei prenderla sul personale. Guardo allora di fianco, scocciata, incrociando la sagoma del grifondoro che mi ha accompagnato prima e mi domando: se prima abbiamo seriamente rischiato la vita per un uovo, cos'altro di diabolico e pericoloso avrà escogitato la sadica professoressa? La Lancaster avvicina una gabbia, nascosta da un telo, che cela una delle più tenere creature che conosco: un Mooncalf. Diciamo che la sua vista funziona come un video di gattini nei momenti tristi: è rincuorante. Lo guardo meravigliata, attratta dalla sua figura oggettivamente dolce e dai suoi lineamenti particolari, mentre gli altri spiegano le sue caratteristiche; addirittura sorrido osservando la lucentezza dei suoi grandi occhi e le sue orecchiette prima di spegnermi all'istante. Non vorrà liberarlo dentro quella specie di foresta infestata da qualche predatore, riservando a noi il compito di condurlo in salvo? Avanzo di mezzo passo quando apre la gabbia e lo lascia andare via, terrorizzato, oltre l'ingresso.

    Appena Aiden e Kynthia fanno ritorno, mi muovo d'impulso senza aspettare Kai.
    « Tocca a noi, andiamo » gli dico sbrigativa. Sono proiettata sui risultati da portare a casa, su quella che a tutti gli effetti è una rivalsa. (Soprattutto devo capire se davvero il Mooncalf è in pericolo, là dentro). Passo di fianco a Grace e Rain e mormoro un ci vediamo dopo, rivolto alla Grifondoro, prima di inoltrarmi nel nuovo, misterioso progetto.

    So che il muro di rovi e foglie si chiuderà alle nostre spalle quando saremo dentro - l'ho visto succedere con la prima coppia - ma non posso evitare di voltarmi quando accade, per il rumore e per l'intimo disagio che naturalmente provo. Mi fa sentire in trappola. Impugno subito la bacchetta, sentendola vibrare sotto di me per l'emozione e il desiderio di dimostrare di cosa siamo capaci, e ne accendo la punta con decisione. Qui dentro è buio: un secondo fa era mezzogiorno, ora sembra mezzanotte.
    « Lumos » e così, facendo luce sull'ambiente che ci circonda, scopriamo di trovarci in un vero e proprio... labirinto.
    « Fantastico. » inarco scettica un sopracciglio prima di rivolgermi a Kai.
    « Come te la cavi con i labirinti? » io discretamente. Sono stata in un solo labirinto, nel 2002 più o meno, quello di casa Croft e mi ci sono voluti due giorni per memorizzare il percorso andata/ritorno - soprattutto riuscire a completarlo nei tempi previsti per scoprire il passaggio segreto. Finivo sempre col perdermi. Questo, però, non credo sia un aneddoto da tirare fuori: ne va della mia immagine di strega, dopotutto. L'unica cosa che ricordo è la regola della sinistra: di girare sempre a sinistra (o a destra, non credo faccia differenza) toccando la parete con una mano per non perdere l'orientamento finché non si trova l'uscita. Ma non ha senso, senza il Mooncalf.
    « So che se manteniamo sempre la sinistra, tenendo il contatto con la parete per non perdere l'orientamento, sarà più facile trovare l'uscita. La speranza è quella di trovare il Mooncalf senza inoltrarci troppo nel labirinto... » corrugo la fronte, pensierosa, prima di guardare in alto verso il cielo scuro e far cenno al mio compagno di proseguire. Il piccolo Mooncalf potrebbe essere in pericolo! Allungo quindi la mano verso la parete alla mia sinistra, dimentica che questa sia in parte costituita da rovi: la conseguenza è che mi pungo e poi graffio la mano nel ritrarla di scatto; me ne lamento, perché del tutto inaspettato.
    « Argh! Accidenti! » Com'è che non me ne va una giusta? Questa prova vuole proprio vedermi a terra e sanguinante! La stringo nell'altra, senza avere modo di illuminarla a dovere e capire cosa sia successo, e incasso nelle spalle.
    « Siamo ancora all'inizio e già mi sono fatta male, prima ho rischiato di morire. Inizio a credere che la Lancaster voglia farmi fuori! Col dovuto rispetto » la professoressa è una spettatrice nell'ombra, non ce lo dimentichiamo, e la mia nient'altro che una banale lamentela. Non si può negare però che ultimamente al castello sembri essere diventata una moda quella di morire. L'ultima vittima? La Lovecraft. Siamo ancora tutti basiti, in Sala Grande a cena non si parla d'altro.
    A smorzare un po' il tono terrifico di questa lezione di cura delle creature magiche ci pensa Kai, con un gesto del tutto inatteso. Mi porge una cuffietta e mi invoglia a prenderla; inarco il sopracciglio un po' scettica, guardando prima l'oggetto piccolissimo e poi il suo volto, prima di accettare: credo voglia risollevarmi il morale, a modo suo e senza parole che forse peggiorerebbero solo le cose, ed io confesso di averne davvero bisogno. La indosso e avvio la riproduzione senza star lì a scegliere, lasciando che tutta la mia perplessità si palesi man mano che la canzone va avanti. Non per dire ma la sua persona, la sua apparenza, mi ispirava tutt'altro. Di certo non una canzoncina così tanto orecchiabile, simpatica ed infantile.
    « Davvero ascolti questa roba? » lo sguardo mezzo divertito. Tocco ancora un po' la mano, ora fasciata con un incantesimo molto utile, e riprendiamo la marcia.

    Camminiamo per lo più stando in silenzio, io non sono granché loquace e lui sembra viaggiare sulla stessa frequenza. Tuttavia dopo un po' gli faccio una domanda che riguarda proprio la cena di Natale con crimine.
    « C'eri anche tu la sera di Natale, quando è morta la Lovecraft, non è vero? » tra Prefetti le notizie girano veloci. Continuo ad illuminare il sentiero, stando bene attenta a sfiorare appena la parete sinistra. Io ero ad Hogsmeade, invece, a pulire tavoli e vomito ma anche questa informazione la tengo per me. Ormai non so più dove siamo né quanto ci siamo allontanati dall'ingresso ma all'improvviso non è più importante: allungo il braccio verso la fine del corridoio perché ho visto un'ombra muoversi.
    « E' lui! Andiamo Kai » e avanzo il passo nella direzione presa dall'ombra che ho visto. Dubito che un approccio simile possa essere però risolutivo: il Mooncalf in questione è alterato e spaventato, se capisse d'essere inseguito non farebbe altro che continuare a scappare rendendo lo scopo di questa missione più lungo e difficile di quel che in realtà dovrebbe essere. Infatti rallento fino a fermarmi.
    « Così non va... se lo rincorressimo, continuerebbe a fuggire. Dovremmo attirarlo, ma in che modo? Cibo? Beh, potrebbe essere un'idea: chi può resistere al richiamo del cibo. » faccio spallucce, voltandomi a guardare di nuovo il corridoio deserto del labirinto. Il problema è che io non ho niente da offrirgli, magari il Grifondoro invece...
    In qualche maniera, comunque, riusciamo ad ottenere un sandwich e riprendiamo la ricerca del Mooncalf.
    « Il fatto è che scappa solo al vederci... Potremmo usare un Wingardium Leviosa per fermarlo e poi, solo poi, cercare di tranquillizzarlo offrendogli del cibo. Nel migliore dei casi potrebbe scegliere spontaneamente di seguirci... Nel peggiore... » così è. Non camminiamo ancora molto, né giriamo a vuoto lungo i corridoi del labirinto, prima di vederlo di nuovo: lui sembra non averci percepiti visto che siamo piuttosto distanti, così dopo aver spento la punta della mia bacchetta faccio cenno a Kai di fermarsi. Punto alla creatura e sottovoce pronuncio:
    « Wingardium leviosa » credo di poterlo ufficialmente annoverare tra i comfort spells. La dolcissima creatura muove le sue zampette mentre viene sollevata dal freddo terriccio; immagino i suoi occhi, rotondi proprio come la luna piena, guardarsi intorno spaesati e impauriti per l'improvviso cambiamento e desidero per istinto di rincuorarlo e fargli capire che va tutto bene. Senza perdere il contatto visivo mi avvicino a lui, quasi innamorata.
    « Hei. Tranquillo, non siamo qui per farti del male. Ti va un... po' di sandwich? » ho lasciato il sandwich a Kai, che fine ha fatto?

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    Victoria Crain, terzo anno serpeverde

    Interagisce principalmente con Yuki, citati tutti gli altri.

    La prima parte è una conseguenza/risposta al commento della professoressa.

    Nella seconda, un po' preoccupata per le sorti del mooncalf, entra nel labirinto motivata a trovarlo e tranquillizzarlo. Nota importante: si ferisce alla mano sinistra per avere toccato i rovi, riesce a bendarsi e a continuare.
    Cercano la creatura con un obiettivo, ovvero quello di sollevarlo con un wingardium leviosa prima di tranquillizzarlo con del cibo (un sandwich che potrebbe avere kai come anche evocato con un accio o un generico incantesimo di evocazione.) e fare in modo che li segua con le buone verso l'uscita. Non mi sono spinta oltre ma, dopo, per ritrovare l'uscita seguirebbe la regola della sinistra spiegata a Yuki (di cui sbaglia ufficialmente il nome).

    Se qualcosa non dovesse andare bene, fate un fischio che modifico.
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    E questo subito finisce in firma
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    Ci vuole poco a far degenerare una discussione. Un temperamento fumantino, una risposta al vetriolo in più, un intermediario incapace et voilà, les jeux sont fait. Per fortuna la professoressa Lancaster non lascia molto spazio al siparietto tra Grace, Rain e me, stoppandolo con poche parole ed uno sguardo eloquente. La sua severità mi annichilisce, anche se non lo do molto a vedere: non è necessario alzare la voce o minacciare qualcuno per incutere timore ed ottenere rispetto e lei ci riesce benissimo, senza scomporsi. Dal canto mio posso dire di tenermi lontana dalle grane come Ronald Weasley dai ragni eppure, ormai è chiaro, ho trovato il mio infallibile acciarino: Rain Scamander. Essere una presenza molesta sarà forse lo scopo della sua vita, se ogni qual volta che apre la bocca riesce ad infastidire più di qualcuno. No, è riduttivo spiegarla in questo modo: lei ha il talento più o meno straordinario di individuare in un gruppo di persone quella più fragile e delicata, punzecchia e infierisce nei punti deboli con una crudeltà becera e gratuita finché non ottiene il suo scopo, ovvero l'annientamento della sua vittima. La conosciamo tutti: i più furbi imparano subito a starle lontani (a meno che non ottengano qualcosa in cambio), i più temerari - come Grace, ad esempio - non riescono proprio a lasciarsi passare la mosca sotto al naso e sono quindi destinati ad alimentare i suoi giochetti. Ed è proprio per "colpa" di Grace se oggi mi sono esposta anch'io, in una veste quasi del tutto nuova: sono passata dall'attaccare io stessa la Madre Teresa dell'accademia di arti magiche al darle man forte contro quello che è, a tutti gli effetti, diventato un "nemico comune". Onestamente non credo lo resterà per molto: ora è facile fare di lei il mio punchball, con il dente ancora un po' avvelenato per la storia dell'innominabile, ma presto tornerà ad essere una presenza marginale nella mia esistenza. A meno che non mi capiterà di assistere ancora ad uno scontro che veda coinvolta Grace Johnson.

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    Zitta e a braccia conserte, cerco di capire di cosa ci occuperemo oggi. Mi capita di rivolgere appena un'occhiata al tipo alto del Grifondoro che mi affianca - un'occhiata che, come al solito, sembra giudicante ma non lo è - e alla strana coppia formata da Aiden e Rain, ma mi dedico per lo più alla lezione: la cura delle creature magiche in teoria è una materia fondamentale per le mie future aspirazioni professionali oltre che inclinazioni, ed è anche per questo che mi impegno a guardare oltre le specifiche richieste della scuola, tuttavia sono quel tipo di persona che desidera curarle ed assicurarsi che tutto sia fatto come si deve a debita distanza. Non mi ci vedo proprio con secchi di alluminio e scarponi a dar da mangiare ai Thesral, a spalare cacca di Ippogrifo tra un inchino e una carezza o a cercare nidi di Augurey nelle foreste (benché mi sia profondamente affezionata all'esemplare di cui conservo ancora la gemma). E nemmeno credo che partirei per missioni animaliste per difendere le uova di Occamy. Oltre ad essere schizzinosa sono anche poco coraggiosa. Punto a mio sfavore, visto che la lezione prevede un'avventura nella foresta.
    « Chiaramente. » mormoro tra me e me, guardando l'ingresso e la torcia della professoressa vedendomi già immersa nel verde scuro, in balia di insetti più o meno grandi che con buona probabilità incendierò, a lottare contro lo scopo dell'escursione che non infastidisce soltanto la creatura ma anche me. Perché proprio un uovo, che l'Occamy può riconoscere istintivamente come suo, e non un banalissimo calamaio nascosto comunque nel suo nido? Alzo quindi gli occhi al cielo, insicura su quello che farò e senza bluffare il mio malcontento. Almeno la Lancaster ha deciso di farci entrare in coppie. Sbatto le ciglia un paio di volte sperando in cuor mio di fare coppia con Grace - con lei ho scoperto di avere un certo feeling, un'inspiegabile connessione e sincronicità - salvo poi realizzare che entrerò col Grifondoro accanto a me. Non ricordo il suo nome ma non credo faccia molta differenza: quel che conta è riuscire a portare a termine l'esercizio pratico. La Johnson sembra essere stata lasciata indietro o dimenticata dalla fortuna: dovrà fare tutto stando legata a Rain. Guardo entrambe di sbieco e alzo il mento prima di voltarmi verso... com'è che l'ha appena chiamato la Lancaster? Argh. Penso molto sinceramente che la professoressa abbia frainteso luogo e contesto: siamo studenti, non allievi dell'accademia Auror o spezzaincantesimi. Quale diavolo di strategia pensa che dobbiamo elaborare? Cosa ne è stato del guidare dando l'esempio? Tutti che vogliono buttarci nella fossa dei leoni avendo dalla nostra solo conoscenze teoriche... Vincere d iventa una questione di principio.
    « Tu hai idee? » nessun saluto, nessuna presentazione. Non sono brava nei convenevoli quindi meglio passare direttamente al nocciolo della questione.
    « La Lancaster ha detto che dobbiamo recuperare l'uovo d'oro nascosto nel nido dell'Occamy. Non sappiamo quanto sia grande o dispersiva la foresta, quindi direi che la prima cosa da fare sia localizzare il nido con un incantesimo. Dopo di che... Come possiamo distrarre in maniera efficace una creatura tanto attenta e padronale? » picchietto l'indice sull'avambraccio mentre provo a riflettere, con lo sguardo diretto verso il recinto ma in realtà concentrato su un'immagine mentale. Il Grifondoro suggerisce una strategia che in un primo momento mi sembra assurda: si tratta di distrarre l'Occamy con dei ghiotti topolini (trasfigurati partendo da fili d'erba), sollevare magicamente l'uovo d'oro ed attirarlo con un Accio.
    « Vorresti sacrificare dei topi?» l'espressione che ho è un mix tra l'incerto e lo sconvolto. Deve essere proprio impazzito se pensa che accetterò una cosa simile. Questo Grifondoro, dall'alto della spavalderia che contraddistingue lui e tutti i membri della sua casata, ha avuto il barbaro coraggio di proporre a ME una cosa simile. Me, che ho rischiato la bocciatura in pozioni perché mi sono rifiutata di schiacciare delle lumache cornute o di tagliuzzare corpi vivi per produrre unguenti e pozioni. Fortuna che Fletcher - il mio amato Alan - ha capito e trovato una soluzione ideale per il mio proseguimento. Porto allora indietro i capelli tenendoli con entrambe le mani, segno di disagio, e chiudo gli occhi prima di scuotere la testa con vigore.
    « Non mi va di servire la cena ad un Occamy per ottenere uno stupido uovo e una stupida A. Cazzo » ma qui entra in gioco il conflitto di interessi: sono davvero disposta a non superare l'esercizio per una cosa che, in effetti, avviene per natura? Sbuffo un po' prima di inumidire le labbra e voltarmi a cercare Grace.
    « Ok, ok, ok, ragiono. Se i topi avranno il solo scopo di far scivolare l'Occamy fuori dal suo nido quel tanto che basta per recuperare l'uovo d'oro, allora sì. Si può fare. Spero che te la cavi bene in Trasfigurazioni. » e da qui lascio bene intendere che della trasfigurazione da filo d'erba a topolini dovrà occuparsi lui: credo fallirei miseramente pensando a cosa potrebbero servire. Quindi, una volta definito il tutto, assisto all'ingresso di Kynthia e Aiden ed aspetto il mio turno con la stessa ansia e mal di vivere che precedono un qualunque esame. Incrocio le braccia, picchietto le dita sugli avambracci, vorrei socializzare ma credo di avere sprecato già tutte le batterie. Lo sguardo cade su Grace e Rain di nuovo: un duo così assurdo e mal assortito che mi fa solo ringraziare di non essere io in una situazione simile. Così legate non so come potranno cavarsela.
    Quando tocca a noi, a me e al Grifondoro, mi sento come appena ridestata da un sogno ad occhi aperti. Hanno già finito? Ce l'hanno fatta? Studio le espressioni di entrambi, ma che dico... guardo Kynthia, che è la più affidabile sotto quest'aspetto; Aiden sembra sempre così piatto, apatico. E' capace di provare qualche emozione o vede sempre tutto grigio? mi chiedo, perché proprio non lo capisco. Bando alle ciance: la professoressa ci esorta a prendere la nostra strada. Faccio qualche passo e poi un rapidissimo check per assicurarmi che il collega mi stia seguendo, prima di imprecare mentalmente contro la Lancaster che a tutti i costi ha voluto metterci di fronte ad una situazione simile.
    « Per Merlino... » mormoro, sguainando la bacchetta e addentrandomi nella misteriosa foresta.

    Sono silenziosa, non mi piace parlare quando voglio restare concentrata su un obbiettivo e ancora meno con chi non conosco. Quella brava a farsi amici anche i sassi è Grace! Io ho bisogno di mesi, se non addirittura anni, prima di poter considerare amico qualcuno. In più sono fermamente convinta che in attività di questo genere rendano molto meglio coppie di persone già abbastanza affiatate. Costruire un'affinità in pochi minuti è davvero roba grossa, troppo grossa.
    Inchiodo dopo neanche un minuto di cammino prima di alzare la bacchetta e puntarla casualmente verso il Grifondoro: mi si è parato davanti, cosa posso farci?
    « Direi che ci siamo. » Sbatto le palpebre un paio di volte, ricordo la formula letta su qualche libricino casuale in biblioteca e con tono risoluto la pronuncio.
    « Avenseguim! » non sono proprio sicura di quali dovrebbero essere gli effetti di questo incantesimo, per cui resto in attesa a guardare il vuoto. Mi aspetto una sorta di scia luminosa, magari puntellata, che porterà me e il Grifondoro (non vorrei sbagliarmi ma sono quasi sicura che il suo nome contenga una k. Kevin? Kyle? Kai?) proprio davanti al nido dell'Occamy ma non succede niente. Assolutamente niente. Allora ci riprovo, perché sia mai che stia facendo una figura di merda davanti a questo tizio e alla professoressa? Sguardo fiero, spalle dritte, maledizioni e fatture sulle future sette generazioni di chi ha scritto il nome di questo incantesimo inutile.
    « Avenseguim » zero assoluto: la bacchetta si muove appena nell'aria fredda di gennaio, scandendo movimenti decisi ma fondamentalmente inutili. Sento già le guance diventare rosse per la vergogna e gli occhi di Kai fissi su di me in attesa di un risultato che non esiste.
    « Beh, che c'è? A te riescono sempre tutti? » voglio proprio vedere come te la caverai con i topolini. Assottiglio lo sguardo e muovo qualche altro passo, stizzita.
    « Non che m'importi, ci sono tanti altri incantesimi da poter utilizzare. Ad esempio... » - - sì, ad esempio cosa Vic? Fatti venire un'idea e subito! Guardo tra i fusti, i cespugli, le zone d'ombra fitta senza riuscire ad andare oltre. M'illumino e ghigno, puntandomi la bacchetta addosso.
    « Focus. »

    La vita in 4k non è poi così male. Posso vedere tutto e in maniera meravigliosamente nitida: i fili d'erba, le gocce di rugiada, la polvere sui sassi, i capelli sulla divisa di Kai.
    « In questo modo dovrei riuscire a vedere in maniera nitida fino a trenta metri e, spero, anche il nido dell'Occamy con un po' di anticipo. » e muovo qualche passo in avanti per liberare la visuale, guardando tra gli arbusti mentre faccio un giro su me stessa, in cerca di un qualche indizio sulla direzione da prendere.
    « Per essere una foresta è molto silenziosa. » considero, non riuscendo a scorgere alcuna altra creatura a parte noi due man mano che ci facciamo strada nella vegetazione. Ho ancora la bacchetta in pugno quando finalmente scorgo qualcosa tra gli arbusti più fitti. Rallento e faccio segno al Grifondoro di fermarsi: è il momento in cui lui si occuperà dei topi mentre io andrò dalla parte opposta e cercherò di recuperare l'uovo. Ce lo diciamo a bassa voce, raccomandandoci di non fare rumore per non rovinare il piano, prima di separarci. Accade tutto molto in fretta: lui riesce ad evocare i suoi topolini, io a posizionarmi a debita distanza - forte del mio incantesimo - ma con una prospettiva perfetta che dovrebbe tenere i sensi della creatura non allertati da una minaccia. Ci siamo detti di lanciarci segnali luminosi a cose fatte, per avvisare l'altro di aver portato a termine la "missione". Il Grifondoro illumina quindi la punta della sua bacchetta dopo avere trasfigurato dei semplici fili d'erba in topi (o furetti?) ed averli indirizzati prima verso l'Occamy e poi distante dal suo nido; dopo essermi assicurata che la creatura sia effettivamente scivolata via - e la guardo mentre lo fa, con una morbidezza senza eguali - sbatto per bene le palpebre per mettere a fuoco, individuo l'uovo d'oro e casto un Wingardium Leviosa: l'oggetto tanto ambito fluttua a mezz'aria, non mi resta che usare un Accio per attirarlo a me.
    Tutto va per il verso giusto finché non calpesto e rompo un rametto. Essere agile e silenziosa non rientra nei miei talenti e nel momento in cui alzo le braccia per poter accogliere il "premio" indietreggio quel tanto che basta per disturbare il religioso silenzio che ci circonda. Attiro così l'attenzione della creatura che si volta subito, imbestialita, nella mia direzione. Il sorriso si spegne all'istante: la vedo muoversi veloce e strisciante, imponente e quasi inevitabile. Ammetto di provare paura nei pochi istanti che mi separano da una fine orribile: non era così che volevo andasse. Resto pietrificata di fronte a questa enorme figura, in altissima definizione, che mi punta; vorrei correre ma ho le gambe pesantissime; difendermi con un incantesimo ma ho la mente vuota. Stringo soltanto l'uovo più forte che posso. Chiudo gli occhi e trattengo il fiato.
    Ci ha pensato il Grifondoro a fermarlo. Non so come ma ce l'ha fatta.
    Lo ringrazio e con lui mi avvio verso l'uscita, stringendo l'uovo con entrambe le braccia e un colorito cadaverico. Lo consegno in silenzio alla professoressa e torno al mio posto, rincuorata dal fatto che nessun altro abbia visto niente.


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    Victoria Crain, terzo anno serpeverde

    (è stato un parto orribile e complicato, lo confesso.)

    Interagisce principalmente con Yuki, di cui non ricorda il nome, mentre elaborano la loro strategia.
    Quando entrano nella foresta prova un incantesimo letto da qualche parte che fallisce (non è presente nella lista, ho dato per scontato fosse inutilizzabile) e alla fine opta per aguzzare la vista e intravedere con fortuna e vantaggio il nido dell'Occamy, al fine di indirizzargli contro degli appetitosi topolini che lo distrarranno e lo porteranno a spostarsi quel tanto che basta per sollevare l'uovo d'oro ed attirarlo con un accio.
    Sul finale purtroppo Vic fa rumore, l'Occamy si accorge di essere stato ingannato e fa per attaccarla. Lei sopravvive perché non è da sola, e perché è tutto finto, altrimenti bye bye. Torna dagli altri bianca pallida e da l'uovo alla prof.
    Addio.
  7. .
    Heilà, benvenuto! Io sono aqua :) che bello leggere che tu abbia scelto proprio questo posto per riprendere a scrivere! Sono sicura che non te ne pentirai, a drama poi stiamo messi abbastanza bene!
    Beh, ci si becca in on allora :occhioni:
  8. .
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    Arrivo a lezione da sola e non nel migliore degli stati d'animo. Trasfigurazioni è stata difficile per me oggi: l'ultima relazione che ho presentato non è risultata brillante come mi aspettavo e la cosa mi ha molto infastidita. D'accordo, potrei essermi ridotta all'ultimo momento e quindi non avere dedicato all'elaborato il giusto tempo facendo confusione con le varie caratteristiche degli incantesimi in oggetto, ma è la prima volta che "fallisco" in questo modo e palesemente. Mi brucia e tanto. Per quanto il professore abbia cercato di rassicurarmi, spronandomi a far meglio la prossima volta, a me non piace sbagliare e quindi adesso sono nera. Con molta probabilità lo sarò fino a domani o finché non dimostrerò di essere di nuovo una strega promettente anche da un punto di vista accademico.

    Ho un'espressione dura sul viso quando mi fermo accanto ai pochi compagni già arrivati; ho le braccia conserte, il sopracciglio sollevato e le labbra strette. Siamo rimasti in pochi per colpa di una piccola epidemia esplosa nella scuola subito dopo il rientro dalle vacanze di Natale; niente che la guaritrice non possa risolvere con una pozione ma data l'abbondante domanda i tempi di risposta per la somministrazione si sono dilatati; di conseguenza siamo rimasti letteralmente quattro a seguire. Se non fosse per l'amara prospettiva di un'altra ora di scamander-show e di una lezione come dire privata, forse arriverei meno distrutta all'ora di cena. Oggi davvero la mia batteria sociale è a terra e rasenta di scavarsi la fossa da sola. La guardo splendere nella sua chioma fulva e l'aria di chi non può essere attaccato o distrutto da niente, mentre ride e civetta con Aiden. Ultimamente fanno coppia fissa: è riuscita perfino a risvegliare il morto penso. Un tipo solitario, interessato al particolare, che sceglie improvvisamente di accompagnarsi al suo opposto. Assottiglio lo sguardo e con cattiveria mi chiedo cosa gli abbia dato per riuscirci e, con altrettanta cattiveria, trovo la mia risposta senza dover andare troppo a fondo nella psiche, meschina. Faccio un cenno a Grace con la mano per salutarla. Quando la professoressa Lancaster fa la sua comparsa allargo un po' di più gli occhi e mi volto a cercarla, seguendola finché non trova posto davanti a noi e mettendo da parte almeno per il momento i miei pensieri. E' austera ed elegante, severa e allo stesso tempo graziosa: non saprei come definirla, se non affascinante. Non posso dire lo stesso sulla materia che insegna.
    Io adoro le creature. Davvero. Ho intenzione di dedicare la mia vita alla sensibilizzazione e al rispetto di esse e delle loro vite. Il mio problema sta nel doverci avere a che fare nel modo previsto dal programma scolastico: io voglio proteggerle ma stando lontana, a debita distanza. Controsenso? Può darsi ma la vita nella natura e all'aria aperta, tra nidi ed escrementi, non è per me. Secondo l'esperienza da spezzaincantesimi della professoressa, le probabilità che in un futuro ognuno di noi avrà un incontro ravvicinato con una creatura magica più o meno pericolosa sono molto alte così come la possibilità che da questi stessi incontri ne usciremo feriti, mutilati o addirittura moribondi. A dimostrazione di ciò, mostra a tutti la cicatrice sul collo. Mi limito a toccarmi, turbata, lo stesso punto. Confermo il mio voler salvare le creature a debita distanza.

    "Se vi trovaste davanti ad una creatura potenzialmente pericolosa, come reagireste?" ci chiede. La prima a rispondere, ovviamente, è Rain. Come cambiano le cose, mhm? Un tempo i suoi siparietti al vetriolo mi stavano anche simpatici, trovavo perfino spassosa la sua personalità pungente; oggi invece se potessi incollarle la lingua al palato senza conseguenze lo farei. Inumidisco le labbra e con nonchalance stringo l'impugnatura della bacchetta, solleticata all'idea di lanciarle contro una fattura. Mi schiarisco la voce e gratto il palmo sinistro: ho preso molto seriamente il ruolo che mi conferisce la spilla che luccica sulla divisa quindi devo per forza trattenermi e trovare un escamotage. Essere un Prefetto implica che il mio comportamento sia d'esempio per gli altri: non me lo posso mica permettere, ecco. Oggi sarà solo più difficile perché il suo ragazzo non c'è a placare la sua lingua biforcuta, distraendola ed impedendole di rompere il cazzo al prossimo. Pensa alla tua carriera accademica immacolata, Vic.
    « Perché, esiste davvero una creatura che sia disposta a morire con la bava alla bocca e in preda alle convulsioni mangiandoti? » freno la bacchetta ma non la lingua. Braccia ancora incrociate, sguardo ridotto a due fessure. Dio, vorrei davvero non essere costretta ad averci a che fare.
    « Le creature reagiscono ad un'eventuale minaccia: se non mi attacca, considerandomi un pericolo per la sua incolumità, non vedo perché dovrei farlo io per prima. Valutare la situazione ed i rischi è fondamentale. » rispondo alla domanda generale quando mi rendo conto che sia il mio turno - siamo pochi, impossibile sfuggire al dibattito - e poi passiamo agli Occamy. Creature interessanti, gli Occamy: il loro corpo, nonostante sia enorme, può diventare piccolissimo e riuscire ad entrare addirittura in una teiera.
    « Sono creature schive che popolano le terre orientali, trovarne da queste parti è assai difficile a meno che non si tratti di esemplari cresciuti in cattività o di contrabbando. Diventano aggressive quando si cerca di rubare loro le uova, famose e ambite per il guscio in argento puro. Il Ministero della Magia si occupa del loro commercio, che personalmente trovo assai controverso e disgustoso. » come l'avorio per i babbani, insomma. Potranno cambiare le culture e le possibilità ma il succo della storia è sempre lo stesso: l'essere umano fa schifo.

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    Victoria Crain, terzo anno serpeverde

    Arriva nera a lezione per ragioni sue.
    Interagisce direttamente con la professoressa, rispondendo alle domande, e con Rain cui vorrebbe incollare la lingua al palato per non doverla più sentire.
  9. .

    Victoria Crain | terzo anno | serpeverde


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    Accade tutto molto in fretta.
    Stiamo parlando e all'improvviso Grace dice qualcosa che rompe definitivamente il mio equilibrio già precario. Le sue parole sono la classica goccia che fa traboccare il vaso, o l'insignificante colpo che manda in frantumi un vetro fino a quel momento intatto. Credo davvero che mi stia etichettando come una pazza che si diverta ad incendiare ogni cosa che tocca, una lunatica dalla mente frammentata che si muove spinta da un inspiegabile istinto. L'ho sentito così tante volte venir fuori, anche dalle bocche di chi diceva di volermi bene, che non dovrebbe fare più così male; eppure detto da lei è come ricevere un diffindo dritto al cuore. Grace Johnson, la madre Teresa di Hogwarts, la crocerossina della scuola che mi da della pazza. Mi ferisce e di conseguenza esplodo. Tocco un cespuglio secco che va a fuoco, mentre le torce esterne della capanna del guardiacaccia rispondono al mio picco incontrollato di energia: le fiamme si innalzano, vibrando, e diventano più gialle e luminose. Grace deve notarlo perché le guarda spaventata, comincia a gridare il mio nome implorandomi di smetterla ma io non ci riesco, non ce la faccio, non posso. L'energia che divampa è il frutto di tanta rabbia, delusione, frustrazione, eccessiva pressione esercitata su me stessa in tutti questi anni. Provare a spegnerla e relegarla in uno spazio strettissimo e piccolo è pura utopia. Eppure...

    L'erba è secca per via delle temperature elevate: il fuoco, quindi, si espande a vista d'occhio tutt'intorno a noi insieme al fumo grigio, iniziando a rendere l'aria irrespirabile. Sono spaventata anch'io dalle proporzioni che questo incendio potrebbe raggiungere nel giro di pochi minuti, dalla mia paura che non farà altro che fomentarlo... sono terrorizzata dalle conseguenze, è chiaro. Incrocio lo sguardo di Grace, che nonostante tutto non accenna a scappare via né a chiamare un adulto perché risolva la situazione. Piuttosto, coraggiosamente si avvicina a me e mi prende le mani. Le stringe forte: le mie sono caldissime e anche le sue. Ho le guance rigate di lacrime e le labbra rosse mentre sussurro il suo nome.
    « Grace » sono cosciente di aver fatto un casino. Appiccare un incendio durante la festa di benvenuto non è assolutamente una cosa che può passare inosservata, specie se a farlo è un prefetto. Me lo sentivo e l'avevo avvertita. La mia colpa? Non essere stata abbastanza brava per evitarlo.
    Vorrei chiederle aiuto per la prima volta, vorrei potermi affidare a qualcuno che ritenga meritevole di fiducia, ma dalla mia bocca non esce più un suono. So di non voler morire, di non voler essere cacciata via dall'unico posto in cui mi sia sentita finalmente a casa, soprattutto non voglio farle del male. Questo casino è tutta opera mia, se continuo ad agitarmi e lasciare che i pensieri intrusivi prendano il controllo della mia mente non ne verrà fuori niente di buono... non avremmo scampo. Quindi, piangendo in silenzio, chiudo gli occhi e mi concentro. Desidero porre fine a tutto ciò, che torni tutto esattamente com'era prima, calmarmi. Mi focalizzo soprattutto sulla sua presa salda e vigorosa, che rappresenta in questo momento il mio punto fisso. Non mi accorgo che la fonte di luce e calore più intensa sia proprio tra noi due e che, quindi, non sia io l'unica ad avere un problema col fuoco.

    Man mano che scemano i singhiozzi anche le fiamme diminuiscono la loro potenza; il mio dispiacere si affievolisce e così la pressione sul petto. C'è ancora lo scoppiettio del fuoco in sottofondo ma non appare più pericoloso e prepotente come prima, soprattutto non sembra più alimentato dal mio malessere. E quando finalmente riapro gli occhi, rossi e gonfi, sento di non aver più tanta paura di affrontare le conseguenze. Sono alleggerita, ecco. Alleggerita. Come quella volta in cui ho incontrato Grace sotto i porticati: ero agitata, quasi quanto lei, e mi è bastato così poco per sentirmi nel posto giusto, al momento giusto, con la persona giusta. Mi guardo intorno e mi rendo conto che c'è davvero una brutta situazione.
    « Cazzo. » mormoro. E adesso? intendo. Torno sulla Grifondoro.
    « Mi dispiace tanto. » ho la voce che ancora trema ma la richiesta appare chiara.
    « Risolverò questo casino ma, te lo chiedo per favore, non giudicarmi. Imparerò a controllarla ma adesso devo... devo ripulire tutto. S-sono un prefetto, è mio dovere. » mi asciugo le guance col dorso della mano che un po' ancora trema e tiro fuori la bacchetta dal fodero che porto al fianco, nascosto dietro la camicia in tessuto leggero. Deglutisco ed inizio a spegnere le fiamme, intenzionata a castare tutti gli aguamenti necessari. Non faccio riferimento a quello che le ho involontariamente rivelato, alla storia che c'è dietro i miei malumori e la mia diffidenza, né tanto meno alla volontà di raccontarle tutto un giorno. Almeno, non subito.

  10. .

    Victoria Crain | terzo anno | serpeverde


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    Dall'esatto momento in cui entrambe lasciamo la festa per nasconderci in un posto meno affollato, viviamo un'escalation di emozioni che com'era prevedibile coinvolge il fuoco. Io sono quella che le innesca, Grace quella che subisce. Mi sembra di avere già vissuto qualcosa di simile prima, proprio con lei, ma è una considerazione così debole e rapida che lascia un segno troppo blando per poter essere interpretato. Il fuoco già vivo intorno a noi, presente sulle torce che illuminano la casetta del guardiacaccia, reagisce al mio turbamento e lo asseconda: scoppietta, si alza e si fa più luminoso nel momento di maggiore rabbia, poi quasi soffoca prima di stabilizzarsi grazie al tocco magico della grifondoro. Non sono nella condizione di accorgermene in prima persona perché concentrata a sfogarmi ma posso intuire cosa sia successo: lo sento dentro, chiaramente, e sono spaventata da quanto potrebbe ancora succedere per colpa mia. Manifestazioni magiche di questo tipo non mi sono nuove, nell'ultimo periodo si sono solo fatte più intense e pericolose. Assicuro che non è una sensazione piacevole quella di sentire il controllo di se stessi scivolare via dalle mani come sabbia, percepirsi come una bomba pronta ad esplodere da un momento all'altro e lo dico chiaramente anche a lei nella speranza che preferisca tornarsene alla festa e mettersi al sicuro. La Johnson ci ride sopra ma io no.
    « Sì. » e la guardo dritto in faccia, seria, mentre le stringo un po' di più le mani.
    « E credimi: non è una banale metafora. » non voglio fare scena e nemmeno amplificare una piccolezza per impressionarla. Io temo davvero di finire col fare un casino di proporzioni così grandi e drastiche che mi rinchiuderebbero ad Azkaban per il resto dei miei giorni. O al San Mungo, nel reparto psichiatrico se ne esiste uno. Allo stesso modo ho vergogna di parlarne: se lo dico ad anima viva la cosa diventa automaticamente vera; dovrei farci i conti, trovare un adulto che possa guidarmi ed aiutarmi nella gestione di una cosa fuori dalla mia portata e che esula dalla magia tradizionale. Perché sentirsi un tutt'uno col fuoco non è cosa da tutti, proprio come il saper parlare con i serpenti o avere inspiegabili doti curative. I maghi che non imparano a controllare la loro magia rischiano delle conseguenze terrificanti: in quest'anno di scuola mi sono impegnata davvero tanto per riuscire a far quadrare tutto, ho cercato di imparare a padroneggiare i miei poteri e controllare le emozioni ma adesso sento che è diverso, che non si tratta più solo di far esplodere torte oppure teste quando sono arrabbiata, di riordinare fogli portati via dal vento o allacciare i lacci delle scarpe della bambina più antipatica della classe facendola cadere col mento a terra. C'è di più.
    Il contatto diretto con Grace mi aiuta a tenere i piedi per terra e distribuire meglio il carico di ansia e preoccupazione, come se lo stessimo dividendo; tuttavia più mi parla e spiega cose che lei stessa ha vissuto nel recente passato più ho l'impressione di essere stata scoperta. Quante probabilità ci sono che due persone così diverse come lo siamo noi possano attraversare le stesse vicende e nello stesso identico modo? Rilasso le spalle e le braccia così tanto che le mani quasi si staccano da quelle di Grace, poi corrugo le sopracciglia.
    « Stai scherzando » Le torce che reagiscono al passaggio quando si è emotivamente instabili, sentire di dover raggiungere l'altra senza avere la benché minima idea del perché: lei non sta descrivendo se stessa, sta parlando di me. Sta descrivendo me e quello che mi è successo quando l'ho trovata sotto il porticato, in lacrime per quello spilungone inutile. Non può che essere così!
    « Sei una che legge le menti, o robe simili? » so che non può averlo saputo da me: suonava tutto così assurdo che, per quanto di mente aperta e comprensiva sia Grace Johnson, mi avrebbe presa per pazza. Per me che ho passato tutta la vita a sentirmi chiamare in questo modo, ad essere trattata così da tutti comprese le persone che dicevano di volermi bene, è naturale guardarmi dal parlare di tutte le cose strane e inspiegabili che mi sono successe. Quindi com'è possibile che lei sappia descrivere la cosa così tanto bene? Ed ecco che si fa di nuovo strada in me la diffidenza, la paranoia, la paura di essere tornata prigioniera dei vecchi schemi nonostante gli sforzi immani. Interrompo immediatamente il nostro contatto ed indietreggio di un paio di passi con i palmi rivolti verso di lei.
    « Trovi divertente che la pazza non sia in grado di controllarsi e se ne vada in giro a giocare alla piromane? Visto che siamo in pista balliamo, te lo dico: no, Johnson. Non è divertente bruciacchiare i tuoi compiti all'improvviso, dare fuoco alle cose che hai in mano solo perché ti agiti, nemmeno rischiare di arrostire tutti quanti perché non sei in grado di controllarti! Spoiler: non è divertente neanche convivere con la paura costante di finire rinchiusa tra quattro mura, magari sedata o legata, perché sei una mina vagante anche per questo mondo! Ah, già! Vogliamo parlare dell'inspiegabile forza che mi ha portata da te quando ne avevi bisogno? Ops, buco nell'acqua: non me lo so spiegare nemmeno io. Nemmeno lo sapevo dove stavo andando, figuriamoci che ci fossi tu ad aspettarmi dall'altra parte! » i ricordi si mescolano a questo punto: riemergono le tristi esperienze dell'ospedale psichiatrico, i timori per il futuro e la paura di essere additata e giudicata anche da chi ho creduto fosse buono. Sono così triste in questo momento, oltre che delusa e amareggiata, che ovviamente dev'esserci la ciliegina sulla torta: la manifestazione del mio fuoco, il quale mi incendia le mani - letteralmente - e alza in maniera importante le fiamme delle torce ai lati della capanna del guardiacaccia. S'innesca per l'ennesima volta il circolo vizioso di chi più capisce di essere agitato e più si agita. Indietreggio ancora di un passo, mi avvicino senza volerlo ad un cespuglio secco che prende fuoco subito. Sgrano gli occhi, terrorizzata, mentre le fiamme prendono piede.

  11. .
    eh ma allora...
    sono sensibile io!

  12. .

    Victoria Crain | terzo anno | serpeverde


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    Potessi scegliere, non ne parlerei. Innanzitutto perché non sono abituata ad esprimere i miei sentimenti - a meno che non sia arrivata al limite della sopportazione e quindi, per forza di cose, il mio malessere viene fuori senza controllo - e poi dire ad alta voce quello che ho appena realizzato mi farebbe sentire stupida, debole e sfigata. Mi considero una ragazza attenta quindi come ho potuto non notare prima ciò che mi stava succedendo praticamente sotto al naso? Devo essermi distratta molto: la prova che sia tutto sbagliato.
    Grace dal canto suo non ne sa niente. Cade dal pero, proprio come me poco fa. "D-deve esserci una spiegazione Vic, magari…", mi fa. "Magari quella stronza si è offerta di dargli ripetizioni. Lo fa con chiunque, no? Va lì con quei modi da smorfiosa facendo tutta l’ochetta e si propone e Nathan deve averle dato corda. È tanto timido ed ingenuo… le avrà creduto quando gli ha fatto gli occhi dolci" a me fa solo salire di più il nervoso perché non credo sia andata così. Ora che finalmente ho incenerito i prosciutti vegani che avevo davanti agli occhi, ricordo la chimica che c'è stata alla prima lezione in cui siamo stati insieme. Ricordo i gesti e gli sguardi e li leggo in un'altra chiave, più consapevole. Si conoscevano, erano già in confidenza e c'era chimica. Benzina sul fuoco. Stringo il pugno sinistro molto forte, le unghie quasi mi si conficcano nella carne; continuo a darle le spalle e inveisco. "Non avevi detto che Nate si era mostrato interessato?" a questo punto freno il passo e mi volto a mezzo busto, semi sconvolta.
    « Cosa? No! Io » ho gli occhi sgranati e lucidi per la rabbia, le punte delle orecchie rosse e qualche chiazza sul decolleté.
    « IO lo sono » muovo un passo in avanti mentre la frustrazione si impadronisce di me. Allargo appena il braccio destro e porto la mano sinistra sul petto, indicandomi in modo anche piuttosto teatrale.
    « Lui interessava a me, ho chiesto... per me » non so perché ma, per quanto rassicuranti siano il suo viso e la sua energia, l'unica cosa che vorrei davvero in questo momento è esplodere. Liberarmi di questo peso che mi opprime il petto, mi annebbia il cervello e mi appesantisce tutta. Tuttavia siamo a scuola, è il primo giorno e si suppone che a quest'ora io abbia il pieno controllo dei miei poteri. L'anno scorso ho fatto esplodere una torta, sarebbe un upgrade fin troppo esagerato far saltare per aria mezza radura. Anche se il pensiero di vedere pezzi di cappello e un occhietto azzurro piovermi davanti alla faccia è allettante. Inizio a fare respiri più pesanti e brevi per l'agitazione e trovo la forza di dirle che devo fermarmi perché rischio di esplodere: quindi mi tengo le mani, nascondo il collo nelle spalle e le rivolgo uno sguardo supplichevole. Non ho idea di che cosa succederebbe se liberassi tutta la pressione che sento. A sensazione, direi che finirebbe male.

    La Grifondoro mi suggerisce di allontanarci da dove ci troviamo; fa strada verso l'interno del boschetto ed io la seguo senza dire una parola, preoccupandomi soltanto di tenere a bada quel fuoco che mi brucia dentro. Sono incredula: avevo letto da qualche parte di maghi incapaci di controllare la loro magia, maghi che devono essere seguiti e controllati e a volte perfino isolati perché pericolosi, ma non ho mai pensato di poter essere tra questi. Mi sono imposta di imparare come e più degli altri, di dominare il mio potere alla perfezione entro un anno ed ora? Ora mi ritrovo confinata in un boschetto in compagnia della persona più dolce che conosca col serio rischio di esplodere e farla saltare in mille pezzi. La osservo: mi affianca senza il benché minimo timore né ripensamento. A quest'ora potrebbe essere a divertirsi alla festa, a mangiare muffin o bere acquaviola in compagnia di Harris e dei suoi millemila amici... invece ha scelto di seguire me.
    « Non è necessario che resti » è il mio modo di dirle che voglio si metta al sicuro, che non voglio finisca col farsi del male, e lo faccio con un tono piuttosto severo. Lo sento che qualcosa dentro di me non va come dovrebbe, che sono instabile e pericolosa. Se le succedesse qualcosa per colpa mia non me lo perdonerei mai. Tuttavia la Johnson è testarda: mi ignora e mi chiede come sia giunta alla conclusione che Nate sia cotto di Rain. Vorrebbe aiutarmi a razionalizzare le emozioni e quindi calmarmi, ma c'è un piccolissimo dettaglio che sottovaluta perché forse non lo conosce: quando mi arrabbio, non vedo più niente. Non sento ragioni. Colpisco e basta. Siamo nei pressi della capanna del guardiacaccia: posso sentire nitidamente lo scoppiettio delle torce, il movimento delle fiamme, il loro calore che mi avvolge. È così attraente per me quasi fosse il canto delle sirene per i marinai. Alzo gli occhi al cielo e sbuffo un po'. Mi impegno per concentrarmi su di lei e non sul dolce richiamo che sento, pur conservando il collegamento.
    « Non c'è bisogno di dirle certe cose se hai degli occhi che parlano ma, per essere completamente chiari, io ho guardato Nate come lui ha guardato Rain quando è spuntata tra le braccia del prode destriero. Credo sia abbastanza evidente come prova, no? C'era desiderio, c'era attenzione, c'era... aspettativa OH INSOMMA la stava aspettando, che altro serve? Io non gareggio con nessuno, io ho una mia corsia preferenziale e non ho intenzione di condividere interessi con nessuno a meno che non si tratti di gossip spicciolo o dell'ultimo episodio di una serie di Flanagan! » ho straparlato. Ho straparlato, realizzo con gli occhi sbarrati mentre con tono calmo e affettuoso mi dice che è tutto ok e mi stringe le mani. Prova a strapparmi un sorriso e straordinariamente ci riesce. Conquista perfino l'espressione sorpresa di chi non si aspettava di calmarsi, alla fine. Non l'ho notato ma mentre parlavo, mentre cercavo di spiegarle che io non sono il tipo di persona che si presta a giochi e competizioni di nessun tipo, le fiamme hanno manifestato un certo movimento: depressione nella prima fase, incremento nella seconda fino a tornare stabili nel momento in cui Grace ed io abbiamo stabilito un contatto.
    La cosa pazzesca dell'averla con me è che inspiegabilmente le nostre energie si stabilizzano nel momento stesso in cui ci tocchiamo. Ora che ci penso, è capitato poco tempo fa qualcosa di simile a parti invertite: lei era molto agitata ed io ho provato a tranquillizzarla. Parlare l'ha di certo aiutata ma credo che il gioco di equilibri sulla bilancia emotiva sia cambiato quando ci siamo connesse. Mi aiuta a distribuire meglio il carico e a non sentirlo più pesante come un macigno che mi comprime.
    « Sì, chissene. Il mare sarà anche pieno di pesci ma io troverò quello d'oro. » sminuisco così la mia delusione che ancora scotta. Credo mi servirà del tempo per smaltirla ma ne uscirò vittoriosa. Come sempre. Sorrido vagamente più rilassata e abbasso gli occhi sulle nostre mani; mordicchio l'interno della guancia e le studio. Inizio a farmi delle domande.
    « C-come ci riesci, Grace? Come riesci a dare alle persone quello di cui hanno bisogno? Ad aiutarle sempre? » ricordo che questa cosa all'inizio mi dava un enorme fastidio. Madre Grace da Hogwarts, l'avevo rinominata per la sua indole da crocerossina. Ora mi rendo conto che senza di lei oggi con molta probabilità avrei messo su un vero e proprio casino.
    « Non ti secca? A quest'ora dovresti essere a divertirti, non a giocare all'artificiere »


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    ciao furu! bentornato! spero che questa sia per te la volta buona! <3 ci si becca in on!
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    Victoria Crain | terzo anno | serpeverde


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    Vengo costretta a fermarmi. Dipendesse da me, raggiungerei quel decerebrato figlio di troll che si è tuffato da un'altezza improponibile e sfogherei su di lui tutta la mia fottuta frustrazione; invece vengo bloccata - braccata, stalkerizzata, impossibilitata a proseguire (?) - a metà strada da Grace. Grace, che cazzo fai? All'inizio nemmeno riesco a metterla a fuoco, tanto sono infervorata da quello che mi è appena successo sotto al naso, ma poi la Grifondoro mi parla e mi tocca e non posso ignorarla oltre. La squadro da capo a piedi, alla fine poso gli occhi sul suo viso che mi appare ancora sfocato nei dettagli. La riconosco solo perché mi è familiare, ad essere sincera. Mi sento come sul punto di esplodere e l'ultima cosa che desidero è restare in mezzo a tutte queste persone. Credevo di avere conquistato una sorta di equilibrio con la magia involontaria, di essere cresciuta e maturata molto sotto quest'aspetto frequentando l'istituto, invece mi ritrovo a dover fare i conti con picchi improvvisi e, lo sento, ancora più pericolosi. Ne sono spaventata perché si sono intensificati nell'ultimo periodo e non mi sembrano affatto i tipici incidenti dei piccoli maghi. No: c'è sempre e solo il fuoco di mezzo. Dev'essere qualcos'altro. Non ne voglio parlare, non c'è nemmeno niente di cui parlare! mi dico e provo a ripeterlo ad alta voce per magari scoraggiarla a trattenermi. Non so che cosa mi prenda quando siamo insieme ma è come se mi si aprisse il rubinetto delle parole: mi fa dire cose che ho sempre tenuto per me e soprattutto le parlo con una franchezza che sa di dolce e familiare che non riesco ad usare con nessun altro. "Permettimi di aiutarti". Non voglio essere aiutata, io non ho bisogno di aiuto, non ho bisogno di nessuno! penso. Allora apro e chiudo entrambe le mani e guardo oltre le sue spalle, brevemente. Un po' la sua gentilezza mi ammorbidisce, come al solito: essere rude con lei sarebbe davvero imperdonabile... accenno ad una smorfia, cerco la scusante di Halley e faccio per andare via di nuovo ma è testarda. Tipico del Grifondoro. Halley è impegnata, mi dice, e non ho problemi a intendere con chi. Stringo le labbra e sollevo un sopracciglio. Dovrebbe darle un po' di tregua; finirà per consumarla, cazzo. Poi sbatto le palpebre mentre, meschina, penso anche A chi tanto, a chi niente. È forse una colpa quella di avere probabilmente un tipo e che questo tipo sia difficile da raggiungere? Alan, dopotutto, è un professore; ha intorno a sé quell'aura sexy da nerd tormentato, la faccia pulita e i modi cortesi... Senza contare l'innegabile fascino del proibito. Nate è bello, bello da togliere il fiato e adoro vederlo arrossire, specie quando si incarta nei suoi stessi discorsi. Bello e anche desiderato.
    « Ok. Falla finita, ti seguo » non lo dico in modo scortese, ma è chiaro che abbia una certa fretta.

    Muoviamo i primi passi, io non mi curo se mi sia di fianco o indietro preoccupata come sono di fare una strage proprio il primo giorno. Mi stringo le mani, poi le nascondo sotto la maglietta, poi nelle tasche. Sono loro il mio problema, sono loro. E i miei dannatissimi sentimenti. La mia compagna si preoccupa, pensa che Nate abbia fatto qualcosa di sbagliato nei miei confronti. Mi strappa un sorrisetto isterico.
    « A parte mollarmi per seguire Rain? » fare i conti con il cuore spezzato, chi non c'è passato? Ti prendi una cotta e nel peggiore dei casi scopri che è già impegnato. A parlare adesso è proprio quello, il mio cuore pieno di crepe e fratture. Non che sia stata abituata a vincere, e quindi adesso soffro perché mi è stata preferita un'altra quando avevo la certezza di essere io la prescelta (su quali basi, poi?), solo ero certa i nostri "tipi" non fossero uguali e che non ci saremmo mai trovate a contenderci le attenzioni di qualcuno. Anche perché lo sa tutta Hogwarts che se la rivale è Rain... c'è poco da fare. Dio, non potevo restare focalizzata sul mio piano principale? Un adulto, non un coetaneo? Un tipo responsabile, con una buona carriera già avviata, magari ricco da fare schifo?
    « La stava aspettando. È venuto per lei. » e anche qui è palese il mio risentimento. Come ho potuto non accorgermene? Come ho potuto permettere a questi sentimenti di svilupparsi? I suoi occhi quando l'hanno vista: credo sia stato quello il momento in cui mi sono un po' rotta.
    « E io non me ne sono accorta! Credevo fosse solo troppo impegnata nei cazzi suoi per condividere le cose belle capisci? Invece doveva farsi la cosa bella. Tipico di lei, no? Lei condivide solo quando trova un nuovo giocattolino » neanche mi preoccupo di specificare il soggetto in questione, tanto sono agitata. Si prevede che prima di parlare si pensi... e pensando si visualizzano immagini. Nel mio caso, tutto questo funziona come benzina sul fuoco. Letteralmente.
    « Argh, che scema! » scuoto la testa e visualizzo di nuovo il viso di Nate che si illumina, Rain nel suo bellissimo costume... assurdo come possa sentire il cuore pulsarmi in gola e le mani bruciare. Le tiro fuori dalle tasche e me ne porto una sulla fronte. Non mi sento molto bene, quando mi agito così tanto succedono cose strane.
    « Basta. Ok? Basta. » inizio a mormorare, poi la guardo. In genere mi calmo quando siamo insieme, non so quale tipo di cristallo possieda ma funziona. Per questo mi avvicino di un passo.
    « Grace. Non- io devo calmarmi. Perché sento che sto per esplodere. Letteralmente. »


  15. .

    V i c t o r i a C r a i n

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    Non ce la faccio. Non voglio restare qui un minuto di più, a meno che non voglia portarmi sulla coscienza le vittime di una strage clamorosa.
    Credevo di conoscere Rain, di avere capito in un certo senso il tipo di persona che è, i suoi modi di fare e perfino le sue preferenze. Soprattutto ho creduto davvero che mi stesse bene. È una provocatrice, una di quelle che si prende ciò che vuole - un po' come me, su questo - e che adora avere attorno (e addosso) personalità forti e autoritarie (qualche volta mi è anche capitato di intravederla flirtare spudoratamente con la Montagna, in Sala Comune) quindi mi sono convinta che fosse quello il suo tipo. Fin tanto che i nostri gusti in fatto di ragazzi non si sono incrociati, il fatto che trovasse tanto divertente "sbaragliare la concorrenza" con la sua prorompente verve non mi creava certo problemi; guardavo le ragazze a cui ha soffiato la cosiddetta "polpetta dal piatto" a metà tra la compassione e la pietà, restandone fuori e pensando "se solo provasse a fare la gatta morta con Alan la metterei subito al suo posto, non come loro". Oggi mi sono dovuta ricredere su questo: non la metterei a posto marcando il territorio e sottolineando la mia posizione, no; io le darei fuoco. E non perché abbia provato ad attirare le attenzioni specifiche del mio professore preferito, ma perché ha messo gli occhi (e quasi certamente anche le mani, da quello che ho capito) sullo stesso ragazzo che interessa a me.
    Sento la palpebra dell'occhio sinistro che pulsa, preda di un tic nervoso, mentre la mia acqua-viola inizia a bollire e il mio bicchiere s'infiamma. Allora lo spengo, risentita e gelosa marcia, a suon di calci mentre lei si comporta da Rain. La situazione però non migliora: vorrei dire di essermi calmata ma sfortunatamente più lei resta nei paraggi più il mio malumore cresce. Nathan non se lo lascia ripetere due volte, si scusa con me e la segue. La testa mi scoppia e le mani mi prudono. Non ci posso credere. Quindi colgo al volo, come fossi una racchetta di badminton nelle mani di un giocatore professionista, l'opportunità di sfogare la mia frustrazione su quel figlio di troll che ha ben pensato di tuffarsi nel lago da un'altezza spropositata. Lo faccio nero, mi dico, gli toglierò così tanti punti che per recuperare dovrai farti il culo a quattro insieme ad altri cinquanta come te. Sempre che non dia fuoco a tutto prima. Ho i paraocchi, non vedo nessuno se non l'obiettivo su cui voglio accanirmi adesso finché non sono costretta a inchiodare. Il volto allarmato di Grace si impone davanti ai miei occhi e mi costringe a metterla a fuoco: faccio fatica, ho le tempie che pulsano e le mani che tremano, è tutto sfocato e ballerino. Mi parla, vuole trattenermi, mi chiede se sto bene. Ti pare che sto bene? Sono rossa in viso, ho gli occhi lucidi dalla rabbia e l'espressione incattivita.
    - Nate ha di meglio da fare. Con Rain. - mi strappa, inviperita. Ma che dico, perché lo dico? Sbatto le palpebre: l'oversharing che mi ispira Grace Johnson cozza con la mia natura riservata. Faccio giusto in tempo a riprendermi.
    - Senti, non ne voglio parlare ok? Io-io ho di meglio da fare, adesso. Soprattutto, scordati quello che ho detto l'altro giorno in corridoio. Non ne voglio sapere niente. Ora divertiti, io vado a cercare Halley. - il sorriso che mi viene fuori è così tirato che sembra più uno spasmo, ma in questo momento non riesco a fare altro. Di sorridere non ho proprio voglia.



    Ha interagito indirettamente con Rain e Nathan, direttamente con Grace e nomina Halley.
    Vic esce <3 tnxxxxxx
143 replies since 15/2/2007
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