Feelin' insane

24 Dicembre / Axel

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  1. -RedFlag-
     
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    Freya Estrid Riis | V | Serpeverde


    Le parole di Axel risuonarono come un pugno nello stomaco di Freya, un duro risveglio dalla realtà distorta in cui si trovavano tutti, nessuno escluso. Che merda. Dragonov aveva ragione, non avrebbe potuto trovare parole migliori per descrivere quella situazione irreale in cui si erano ritrovati. Un omicidio, l'apoteosi dell'oscurità in grado di annidarsi nel cuore dell'umanità, un atto capace di riflettere la più profonda caduta morale di un individuo, eppure così ricco di sfaccettature complesse da non poterlo ridurre ad un semplice atto malvagio. La morale, poi, era qualcosa di così soggettivo che era difficile poter stabilire dei limiti universali che potessero adattarsi ad ogni essere umano che volesse considerarsi tale. Forse, se fosse stata una ragazza comune, sarebbe stato più semplice catalogare la questione come sbagliata senza possibilità di obiezione, ma Freya non era una ragazza comune per natura e, proprio quest'ultima, spesso le faceva risultare difficile porsi un limite. C'erano situazioni, quando la rabbia prendeva il sopravvento, quando la bestia fremeva sotto la pelle, stimolata dalle circostanze, che sentiva che sarebbe stata capace di ogni cosa, anche le più riprovevoli. Avrebbe mai potuto uccidere qualcuno? Sarebbe stato bello poter affermare con decisione e convinzione che no, non lo avrebbe mai fatto per nessun motivo, ma era davvero così? Ogni giorno era una lotta continua con se stessa, per mantenere il controllo costante e non lasciarsi andare agli istinti che facevano, a loro modo, parte integrante di lei ma, fosse stata onesta almeno con se stessa, avrebbe detto che no, non era davvero così. Per difendere una delle poche persone a cui teneva, e se stessa in primis, lo avrebbe fatto senza pensarci due volte. Egoista, forse anche opportunista, avrebbe piegato ogni briciola di morale che aveva in corpo e, era probabile, nemmeno si sarebbe sentita in colpa. Non sapeva dire, questo, che tipo di persona la rendesse e, quel che peggio, non se ne poneva neppure il problema. La complessità di quell'atto di puro male era in contemporanea repulsivo ed attraente e, questo, l'affascinava e terrorizzava allo stesso tempo. Più volte aveva avuto paura di se stessa e, il panico scatenato dagli avvenimenti di quella sera, fecero nascere in lei pensieri e ragionamenti a cui avrebbe preferito non prestare attenzione ma, almeno in quel momento, rimanevano pensieri marginali, soffocati dalla preoccupazione egocentrica verso se stessa. Il cuore le martellava in petto lasciando che il frastuono le riempisse le orecchie, il respiro divenne irregolare mentre, come un fiume in piena, lasciava trapelare pensieri sconnessi alternando stati d'animo diversi che la facevano sentire folle, incapace di rimanere all'interno dei limiti della logica, fino a quando non avvertì le mani grandi di Axel sul suo viso, il suo nome che le arrivò quasi ovattato, facendola fermare, frenando l'isteria senza calmarla del tutto. Lo sguardo di lei continuò ad alternarsi tra gli occhi del Serpeverde, senza riuscire a darsi pace. Era così sereno, almeno all'apparenza, placido e tranquillo, da immobilizzarla sul posto per dargli ascolto. Invidiava quella serenità che riusciva ad emanare e tentò di farla propria ascoltando, per la prima volta da quando avevano lasciato il banchetto, parole che non la ferissero “E perché no? Non hai fatto niente” poche e semplici parole, come da abitudine del moro, ma che ebbero comunque la capacità di frenare il flusso di pensieri della brunetta -Allora mi credi- non una domanda la sua, piuttosto una constatazione stupita che le fece sgranare appena gli occhi, sorpresa e, soprattutto, sollevata dopo quella delusione iniziale che l'aveva colta impreparata. Che Axel le piacesse era, oramai, un'informazione che aveva accettato, seppur con riluttanza, ma rendersi conto di quanto influente fosse il suo giudizio per lei era tutto un altro paio di maniche.
    -Non voglio darti problemi- ruvido, scostante, a tratti arrogante, se ne potevano dire molte sul bulgaro, ciononostante si era sempre dimostrato disponibile con lei, carino, persino in quel momento in cui aveva ogni ragione per volerle stare distante ma, pareva, non aveva intenzione di farlo per evitarsi un problema in più. Gli angoli della bocca si sollevarono verso l'alto, sollevata, pure se una parte di lei si chiedeva se lo avrebbe fatto per qualunque delle ragazze che si portava a letto. Ma era li, con lei, quando avrebbe potuto essere con chiunque altra. “Non sei un mostro, okay?” l'ondata emotiva che la investì le fece ascoltare a fatica il resto del discorso del verde-argento -Ci.. ci proverò- fu la sua risposta pragmatica alla quale seguirono attimi di silenzio. Quante volte si era sentita dire il contrario? Ogni volta che da bambina si feriva e le lesioni guarivano sotto i suoi occhi. Mostro! Ogni volta che si arrabbiava e perdeva il controllo lasciando che gli artigli venissero allo scoperto. Mostro! Ogni volta in cui rientrava in casa, stanca e sporca, dopo una notte di Luna piena. Mostro! Ogni volta in cui non si trovava neppure nella stanza ma riusciva a sentirli mentre usavano quella stessa parola al posto del suo nome. Mostro! Ogni volta in cui avevano rifiutato un matrimonio combinato senza dare troppe spiegazioni. Mostro! Gratitudine e sollievo furono le prime sensazioni che la pervasero nei confronti del moro ma, al tempo stesso, il senso di colpa e l'idea di non meritarselo presero il sopravvento, facendole afferrare le mani del bulgaro e liberandole il volto, riportandole lungo i fianchi -Come lo sai? Che non sono un mostro- lo sguardo si abbassò su quelle stesse mani che non aveva lasciato andare, aumentandone la presa -Tu non sai.. io..- balbettò intanto che le frasi le morivano in gola prima di trovare il coraggio di continuare -Non l'ho uccisa io, ma nemmeno mi importa che sia morta- ammise infine ostinandosi a mantenere lo sguardo basso -Mi preoccupo per me, per te, per i miei amici- Per Seth -Ma per quella donna non sento niente. Questo non mi rende un mostro?- solo alla fine sollevò di nuovo gli occhi smeraldini, pieni di imbarazzo, per incontrare quelli pacifici di lui. Aveva sempre saputo di essere un'egoista, ma non aveva mai realizzato fino a che punto. Così come non sapeva perché lo stava rivelando proprio ad Axel, a cui avrebbe voluto piacere ma, invece, stava rivelando la parte peggiore di sé, quasi lo stesse mettendo alla prova. Per cosa, poi, non lo sapeva neppure lei. Quel loro rapporto era ancora un'incognita a cui non sembrava potesse trovare una risposta nel giro di breve tempo. Lasciò le mani al Battitore, come se non meritasse di entravi in contatto -Vuoi sapere un segreto?- si spostò i lunghi capelli su una spalla, incapace di stare ferma -Sai cos'ho pensato mentre lasciavamo la Sala Grande oltre ai miei interessi?- le mani si serrarono a pugno, le gote si tinsero di un leggero colorito roseo e le sopracciglia si corrucciarono in un'espressione colpevole -Che sentivo odore di bistecche, e non ce le hanno fatte nemmeno assaggiare- auto-sabotaggio, puro e semplice. Se prima non aveva motivi per starle lontano, ora ne aveva a sufficienza. Non sapeva se ridere di se stessa o rimanere seria, oltre che imbarazzata per mostrarsi tanto sincera. Si strinse le spalle, impalata davanti al ragazzo, sentendosi ancora più piccola di quanto già non fosse in confronto a lui, nuda anche se vestita per l'ennesima volta davanti allo stesso ragazzo.

     
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