Feelin' insane

24 Dicembre / Axel

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    Freya Estrid Riis | V | Serpeverde


    Senza-titolo-15
    Era iniziata come una serata come tante, uno dei classici eventi formali tipici della scuola a cui, ormai, tutti si erano abituati. Si era poi trasformata in una serata giocosa, certo inconsueta vista la serietà con cui la maggior parte dei professori portava avanti la vita scolastica, apprezzabile che, per una sera, avessero deciso di cambiare le cose, alleggerendo il peso di compiti, relazioni ed esami che pesavano sulle spalle di quei ragazzi che annaspavano giornalmente tra gli impegni scolastici e il poco tempo libero disponibile. Il tintinnio delle posate, il fragore delle risate e il chiacchiericcio generale si erano fusi creando la giusta atmosfera per una serata di festa come sarebbe dovuta essere quella della vigilia di Natale ma, ancora una volta, tutto era cambiato. Un gelo bruciante si era propagato per la Sala Grande, aggrappandosi alle viscere di tutti i presenti, persino dei più coraggiosi, quando il corpo della professoressa di Divinazione, che doveva solo far parte di una scenografia inventata, venne scoperto davvero privo di quella linfa vitale che solo fino a pochi minuti prima scorreva in lei. Un omicidio era stato compiuto ad Hogwarts, davanti agli occhi ignari ed ingenui degli studenti le cui voci si erano ormai spente, lasciando il posto al cupo silenzio causato dallo sgomento e dalla confusione generale. Li, in piedi davanti ai più, lo sguardo di Freya rimaneva fisso sul cadavere dell'insegnante, incapace di discernere la realtà da un oscuro incubo. L'angoscia l'avvolse come un mantello pesante, stringendole lo stomaco con dita impalpabili intanto che la tensione aumentava tra i presenti nella sala, arrivando quasi a poterla tagliare con un coltello. Cosa stava succedendo? Non era stata lei, fu tutto quello che riuscì a dire al ragazzo che le si era avvicinato. Faticava a parlare, sentiva il nodo alla gola stringersi sempre di più. Ora, il gioco che la vedeva colpevole e vincitrice non sembrava altro che una sciocca burla, la beffa con cui il reale omicida si stava prendendo gioco di loro. Quanto ci avrebbero messo i primi sospetti a farsi strada tra i cuori impauriti dei ragazzi? Quando avrebbero cominciato a sollevare le loro dita giudicanti, pronti a puntarle contro i loro sospetti proprio come avevano fatto, giocando, poco prima? Solo una cosa era certa: l'idea che Hogwarts fosse un posto sicuro era, oramai, solo un'illusione.
    Voleva andarsene. Allontanarsi in fretta da quella situazione. Il nervosismo provato fino a poco prima, quello che la faceva scattare per ogni minima cosa, in quel momento sembrava nulla in confronto a ciò che provava. Si sentiva esposta, vulnerabile, fino a quando non avessero scoperto il motivo che aveva mosso qualcuno a far fuori un'insegnante, non si sarebbe sentita al sicuro. Poteva essere personale come no, poteva essere una vittima casuale o la prima di tante, il mondo magico non era certo nuovo a genocidi in nome di qualche strano ideale e, il seme della paranoia che da giorni cresceva dentro di lei, le faceva immaginare gli scenari più impensabili che potessero vederla coinvolta. Tutti sapevano che la Lovecraft era una veggente, niente le vietava di supporre che qualcuno si fosse messo in testa di fare fuori i diversi. Quasi le avesse letto nel pensiero, la presa sicura di Axel la fece sobbalzare, frenando il suo treno di pensieri e facendola voltare verso di lui “Andiamo” se in un altro contesto lo avrebbe guardarlo piccata per quell'imposizione, in quel momento la forza rassicurante del suo tocco le suggeriva un'urgenza che non poteva essere ignorata. Quella presa salda sul polso non solo le dava un senso di sicurezza, ma le faceva anche da da bussola in quel labirinto di ansia e confusione che non si decideva a farla tornare in sé. Camminava dietro di lui, concentrandosi su quella connessione come ad un ancoraggio nel caos crescente, cercando di tenere il passo lungo quei corridoi interminabili e all'apparenza deserti in cui le fiaccole, che di norma si limitavano ad indicare la via, in quel momento sembravano gettare ombre sinistre attorno a loro che impedivano a Freya di liberare la mente. Sentiva le gambe deboli, una novità per una che, la debolezza, era qualcosa che raramente aveva assaporato, era come se si aspettasse che il pavimento sotto di lei si aprisse inghiottendola in una voragine -Axel, aspetta- quanto avevano camminato? Aveva perso la concezione del tempo. Solo fermandosi, gettando uno sguardo alle pareti che li circondavano, riuscì finalmente a capire che si stavano dirigendo verso i sotterranei, probabilmente nella quiete della Sala Comune. Si portò una mano al ventre, mantenendo l'altra nella presa di Axel che sperò non lasciasse andare. Chinò leggermente il capo e le spalle in avanti, facendo respiri profondi nel tentativo di riprendere il contatto con la realtà ed allentare i nervi per riprendere la lucidità che da troppi minuti le era scivolata via dalle dita -Io non.. non avevo mai visto un cadavere prima- di cose strane ne aveva viste e subite ma, per sua fortuna, non era mai stata coinvolta abbastanza negli affari dei suoi genitori da arrivare ad assistere alla morte di qualcuno. Non aveva alcuna prova che i suoi genitori fossero degli assassini, anzi, li aveva sempre considerati troppo vili per partecipare in prima persona in qualcosa del genere, eppure era convinta che qualche morto gravasse sulle loro spalle, pur se non erano le loro le mani sporche di quel sangue. I suoi occhi saettavano da una pietra all'altra che costituivano il pavimento senza realmente vederle, mettendo ordine ai suoi pensieri, facendo mente locale e cercando di ritrovarsi in mezzo a tutto quel casino. Non le piaceva farsi sopraffare dalle sensazioni, come fosse una preda a cui era stata fatta un'imboscata. Poco alla volta, i muscoli che aveva tenuto in tensione per tutto il tempo cominciarono a sciogliersi e l'ansia a scemare. Riportò gli occhi chiari sulla figura del bulgaro, concentrando su di lui le sue attenzioni. Se prima, prima ancora del gioco, prima della cena, prima dell'evento, il nervosismo aveva preso possesso del suo corpo, da quel momento seppe che non ve ne era più motivo. Axel era una certezza, che lui ne fosse consapevole o meno. Al contrario degli altri che, era convinta, erano ormai sul punto di scoprire il segreto della sua maledizione, con lui quel pericolo non c'era. Il Serpeverde già sapeva e non aveva alcun motivo per svenderla ad una società ancora troppo bigotta per accettare tra loro dei ragazzi maledetti come loro. D'altra parte non lo aveva fatto neppure per gioco. Ora che erano soli, parte di tutto quel nervosismo poteva essere lasciato andare.
    -Scusa, sto bene. Credo- non era vero, non stava bene ma la verità era che non avrebbe saputo trovare una definizione a come si sentisse in quel momento. Non le era mai importato niente di quella donna, e continuava a non interessarle della sua morte ma, in ogni caso, era l'evento in sé ad averle fatto scattare più di un campanello di allarme -Cosa pensi succederà, ora?- affiancò di nuovo il moro, riprendendo ad avanzare senza più quella necessità di venire guidata, cercò sul suo viso qualche segno che potesse farle intuire i suoi pensieri o il suo umore chiedendosi, anche, come mai si fosse affrettato a volersene andare, nonostante gli fosse grata di questo. Superarono l'entrata della Sala Comune ma non si fermarono, andando diretti verso la stanza del bulgaro, evitando così tutti i loro compagni che presto sarebbero rientrati ai loro dormitori. Ferma, immobile in quel suo abito rosso che ora appariva ridicolo, si limitò a guardarsi attorno come se non avesse mai visto prima quella stessa camera -Sono un'idiota se dico che ho un po' paura?- sorrise amara continuando ad osservare i dettagli di quell'ambiente che avrebbe potuto ricondurre ad Axel, cercando di coglierne quelle sfumature private che non avrebbe mostrato fuori da quelle stesse mura. Solo alla fine, quando non le era rimasto più niente da osservare, tornò a puntare gli occhi chiari sul ragazzo. Lui ne aveva mai?

     
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