irrational thoughts.

with Freya.

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    Freya Estrid Riis | V | Serpeverde


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    Le erano sempre piaciuti i rompicapo, sin da bambina si divertiva con piccoli giochi di natura logica che le tenessero occupata la mente. Era iniziato con suo padre che, fin dalla tenera età, l'aveva iniziata all'arte degli scacchi ai quali si era poi appassionata grazie a tutte quelle strategie che, di volta in volta le mostrava. Bloccare, prevedere, persino sacrificare laddove fosse necessario, una raffinata arte che era riuscita ad affascinarla e che l'aveva unita ancora di più all'uomo che, poi, non aveva più voluto farle da avversario. Non nel gioco per lo meno. La cosa era poi evoluta in altri passatempi della stessa natura, più solitari, ma che riuscissero comunque a distenderle i nervi quando servisse. Erano diventati diversivi, più che veri e propri hobby, qualcosa su cui focalizzare i propri pensieri per lasciare andare la rabbia e il nervoso che, di getto, le montavano dentro come una potenza crescente che minacciava di esplodere, quando la mente diventava fumosa, la pazienza si sgretolava e un turbinio di emozioni si impossessava del suo corpicino che, incapace di controllo, assumeva quei tratti tipici della maledizione che la costringeva, mostrando all'esterno ciò che più segretamente custodiva all'interno, solo per non dover subire gli sguardi carichi di disgusto dei suoi genitori che non accettavano, e mai lo avrebbero fatto, quella sua natura bestiale e, ai loro occhi, immonda. Ecco quindi come, quei giochi così innocenti, erano riusciti ad infonderle la calma che le avrebbe permesso, anche negli anni a venire, di mantenere quel controllo per lei imprescindibile per convivere con il suo segreto che non avrebbe voluto rivelare per non esporre quel mostro che albergava dentro di lei. Si era creato un dualismo in Freya, la logica del ragionamento contro l'istinto impulsivo che le era più naturale. Una dicotomia bizzarra ma che aveva trovato il modo di far funzionare: nonostante agisse di pancia, mossa da quella sua inclinazione selvaggia, riusciva sempre a frenarsi e non superare quel limite che l'avrebbe, per forza di cose, esposta. Forse era per quello che riusciva a saltare da un argomento all'altro senza troppe difficoltà, deviando le sue attenzioni su argomenti che sapeva avrebbero moderato le sue intenzioni. Con il tempo, quei giochi individuali erano poi stati messi da parte, trovando nella lettura delle persone un ripiego altrettanto efficace. Con alcuni era più facile di altri, ed erano proprio questi ultimi ad ottenere la sua maggiore attenzione. Ne aveva un esempio proprio di fronte, con Aiden, il biondino tutto silenzi e occhiate ambigue di cui non conosceva ancora l'esatta natura. Non riusciva mai a capire a cosa stesse pensando, prevedere le sue mosse era pressoché impossibile, forse proprio perché non vi trovava logica che vi si nascondesse “No, niente di tutto questo. Voglio toccarti per capire cosa provo quando lo faccio ” Scusami? Cosa avrebbe dovuto significare? Doveva essere un talento nascosto quello della Serpeverde, la capacità di circondarsi delle persone più contorte e bizzarre che avrebbe mai potuto trovare. Non solo Aiden, persino il taciturno Mike, al quale era ormai abituata a tirare fuori informazioni con le pinze, per non parlare di Axel, l'imperscrutabilità fatta a persona e, allo stesso tempo, quella che le premeva di più decifrare se non altro per capire cos'avrebbe dovuto fare con lui. Non sapeva mai come muoversi con il moro, o se muoversi, era tutto un gigantesco non detto che prima o poi le avrebbe fatto perdere l'equilibrio precario su cui viveva. Da una parte l'istinto le suggeriva una direzione ma, la logica, le indicava la via opposta e, la strada verso cui era predisposta, cambiava di giorno in giorno in base a ciò che vedeva e sentiva. Una situazione non facile per lei che, lentamente, si rendeva conto di desiderare sempre più la compagnia di quel ruvido ragazzone dai sorrisi centellinati, forse perché parte della sua stessa anima le ricordava di lui, ed era difficile ignorarlo. Non fece in tempo a replicare, chiedendo al biondo di spiegarle cosa intendesse, che eccolo partire in quarta avvicinandosi a lei, sfiorarle dapprima la mano e, successivamente, avvertì la mano delicata del verde-argento sul suo viso. Il tocco gentile sulla sua guancia la lasciò immobile, gli occhi leggermente sgranati per lo stupore di quella vicinanza inaspettata si fissarono in quelli di Aiden incapace di anticiparne le intenzioni. Avrebbe potuto allontanarlo in qualsiasi momento, spingerlo via e sottrarsi a quelle carezze leggere ma non lo fece. Immobile, irrigidita per la sorpresa, rimase a fissare il ragazzo che non avvertiva come un pericolo, sapeva che non le avrebbe fatto del male e che, probabilmente, si trattava solo di un altro dei suoi esperimenti. Eppure avvertì il disagio, l'impaccio del non sapere cosa fare ma, repentino come era iniziato, tutto terminò prima che riuscisse a fare davvero qualcosa -Più che fastidio, mi hai presa di sorpresa- ammise con un sorrisetto nervoso. Avrebbe voluto che lo rifacesse? No. Quell'immediatezza che il biondo aveva avuto nell'avvicinarsi, senza che si fosse creata un'occasione naturale perché questo avvenisse, l'aveva fatta sentire come l'ennesimo esperimento che il ragazzo avrebbe voluto studiare. Diceva di aver capito, ma cosa? Non lo chiese, ancora scombussolata da quella prossimità inaspettata e da quel tocco estraneo così diverso dalle mani a cui, almeno in quell'ultimo periodo, era abituata -Lo so che ti piace studiare le reazioni degli altri- cominciando a rilassarsi di nuovo, ora che le distanze erano state ripristinate, sorrise di nuovo, a metà tra il divertita e lo sconcertata -Ma se non vuoi rischiare di venire picchiato con una busta di arance da tutte le ragazze del castello, forse dovresti provare a creare la situazione- inclinò la testa ondeggiandola in senso di diniego, con quel sorriso che ora pareva quasi canzonatorio verso un ragazzo senza speranza che continuava a fare cose buffe. Un consiglio spassionato da un'amica disinteressata insomma. Sarebbe stato un peccato vederlo in infermeria con entrambi gli occhi neri.
    Forse Aiden era bipolare. Quello fu il primo pensiero della ragazza quando, dopo quella breve parentesi bizzarra, il ragazzo cambiò di nuovo argomento puntandolo su qualcosa di più serio ed impellente. Meglio così, l'avrebbe tolta dall'imbarazzo momentaneo, pur trovando quel cambio di mood ancora più assurdo di quelli che coglievano lei quando passava dai discorsi seri e depressi a quelli più allegri e frivoli
    -Davvero mi stai chiedendo se la possibilità di venire trucidati tutti mi spaventa?- aveva passato giorni a pensarci, a chiedersi cosa sarebbe successo, ad aspettarsi altri omicidi che, invece, non erano avvenuti -Sarei una stupida se dicessi di no- non conoscevano le ragioni che stavano dietro quel singolo attacco ma, a giudicare da come nel resto della Gran Bretagna le cose si stavano muovendo, era chiaro che ci fossero piani ben più grandi dietro tutto quello e, Hogwarts, era un campo di battaglia che già una volta era stato scelto. Chi muovesse le fila e quali fossero gli obiettivi era ancora qualcosa di ignoto ma, nella mente di Freya, era ormai dato per scontato che ci sarebbe stato un secondo attacco. Restava solo da capire quando, come e, soprattutto, verso chi.
    -A te non preoccupa? È già stata combattuta una guerra qui e abbiamo ancora una torre a ricordarcelo, davvero non hai mai pensato che l'intero castello potrebbe fare la stessa fine?- un cumulo di macerie affrescate con il loro stesso sangue. Freya non era una Grifondoro, una di quelle persone inutilmente e stupidamente coraggiose. C'erano situazioni e forse anche persone per cui si sarebbe lanciata nel fuoco senza pensarci due volte ma, tolti casi specifici, non aveva alcun interesse nel combattere una guerra se questa non l'avesse coinvolta in qualche modo che toccasse quelli che erano i suoi affetti o i suoi, non sempre nobili, ideali. Fintanto che ciò che le interessava fosse stato al sicuro, non si sarebbe fatta coinvolgere ma, se uno scontro si fosse tenuto a scuola, allora non avrebbe avuto altra scelta e allora buona pace allo sciocco che avesse disturbato la sua tranquillità apparente. C'era una cosa che la serpe temeva più delle altre: la gabbia, e non si sarebbe data tanto da fare per sfuggire a quella in cui i genitori volevano rinchiuderla per finire in quella di qualche altro pazzoide, vincolandola al suo volere, qualunque questo fosse.
    -Si- ammise in modo candido scrollando le spalle. Tutti mentivano, in un modo o in un altro, anche quando non erano tenuti a farlo -Ci sono menzogne che vale la pena dire. Bugie bianche, se preferisci chiamarle così- lei mentiva ogni giorno, limitando le sue capacità, moderando i suoi impulsi naturali, omettendo la sua natura con i suoi amici con un'unica, sola, eccezione ma, se fosse stata sincera sempre e con tutti, avrebbe scatenato qualcosa che non avrebbe voluto fare. In quella società di bigotti non sarebbero stati pochi quelli che avrebbero avuto paura di lei, nemmeno fosse stato suo desiderio andare in giro a trasformare persone o a sgranocchiare le loro ossa e, soprattutto, avrebbe rischiato di perdere quelle poche persone che, invece, avrebbe voluto tenersi vicina. Fintanto che non conosceva la loro opinione, non si sarebbe presa il rischio di rivelare chi o cosa fosse in realtà -A te non capita mai?- non sembrava il tipo, ai suoi occhi appariva come un bambino innocente che stava giusto scoprendo il mondo attorno a sé, che studiava e faceva domande per prendere coscienza di quell'universo di cui pareva essere stato privato fino quel momento. E a proposito di studio, fu su quello che si concentrarono le attenzioni della brunetta -Si, direi che io e Rain siamo amiche- con la schiena poggiata contro il tronco ruvido, ghignò pensando a quella ragazza iperattiva e ipercritica che aveva da subito catturato la sua simpatia, pur se i suoi gusti in fatto di uomini le causavano ancora del fastidio a livello dello stomaco. Finché si fosse intrattenuta con quel biondo rosso-oro, però, poteva dirsi tranquilla -É un po' strana ma ci si fa l'abitudine- quello che successe in seguito ebbe di nuovo il potere di lasciarla basita. Certo che avrebbe voluto sapere cosa avesse dedotto su di lei, ma nemmeno il tempo di rispondere alla domanda che Aiden le fece una rivelazione più unica che rara. Era un rettilofono. Uno vero! In carne ed ossa. Ora si capivano tante cose -Aspetta, che?- si staccò dall'albero avanzando di un passo quasi avvicinandosi avrebbe potuto capire meglio quello che stava dicendo il biondino -Ma chi se ne frega di quello che ho da raccontare io! Sganci una bomba del genere e ti aspetti che non voglia sapere di più? Quando è successo? Anzi no, quando lo hai capito? Come? Quindi ora puoi parlare con Lilith?- gli occhi verdi scintillarono per la curiosità che quella nuova informazione le fece nascere, attendendo che il ragazzo si spiegasse pendendo dalle sue labbra -Poi ovviamente voglio sapere anche cosa hai capito “studiandomi”, ma prima racconta!- un'imposizione la sua, per quanto amichevole, dettata dalla voglia di spare di un potere di una rarità che risvegliava nella ragazza esaltazione e voglia di conoscenza. Le cose si facevano interessanti.

     
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