Lonely hearts

Kynthia

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    Halley Wheeler | quinto anno | prefetto grifondoro


    «I can buy myself flowers. Write my name in the sand. Talk to myself for hours. Say things you don't understand. I can take myself dancing. And I can hold my own hand Yeah, I can love me better than you can.»

    Quante volte aveva sentito Grace canticchiare quella canzone? Non ci aveva mai fatto troppo caso. Mai. Fino a quel giorno. Le parole risuonavano chiare, come un inno all’indipendenza da quella che doveva aver assunto i connotati di una relazione tossica e controproducente. Un po’ come la sua, in fin dei conti. La sua travagliata relazione stava passando, per l’ennesima volta, un periodo di crisi nera, incoraggiata dall’inesperienza di David nel comportarsi da essere umano dotato di senno. Niente di nuovo. Mille e più volte si era ritrovata da sola, in silenzio a tentare di rimettere insieme i pezzi della sua anima, andati in frantumi a causa di agenti esterni per nulla attenti alla sua enorme fragilità, mascherata dietro a un atteggiamento da finta dura e menefreghista. Quindi, beh, ci era tristemente abituata. Un’abitudine malata, alla quale avrebbe dovuto dire basta, una volta per tutte. Si aggrappò con forza al lembo del lenzuolo, ricacciando indietro le lacrime le quali minacciavano di rigarle il viso, lasciando che la sua tristezza fuoriuscisse per alleggerire quello spirito tormentato dagli errori commessi e ai quali non era in grado di rimediare. Per il momento. Si alzò in piedi, avvolta dalla sua coperta colo rosso-oro e raggiunse la finestra, osservando il paesaggio al di là della vetrata con aria completamente persa. Assente. L’inverno sembrava alle porte e le vacanze natalizie, di lì a poco, si sarebbero presentate all’appello, complicando la situazione –già precaria- della mora, ancora indecisa sul da farsi. Si voltò e raggiunse il suo comodino. Tirò il cassetto e ne estrasse il messaggio recapitatole quel pomeriggio. Il mittente? Seira O’Hara. In quelle brevi frasi, sua madre, lasciava trapelare tutto lo sdegno provato nei confronti di quella figlia ribelle, arrivata a porre in essere atteggiamenti, dal suo punto di vista, distruttivi ed inaccettabili. La sua fuga estiva, rappresentava una piccola sfumatura del suo pensiero. Ghignò, per nulla felice dell’ultimo punto, annotato proprio a piè di pagina dove, poco gentilmente, veniva invitata a prendere parte alla consueta cena natalizia, organizzata dalla sua famiglia. ”Ci sarà anche tuo padre.” Strano. Molto strano. Solitamente Jason Wheeler non perdeva occasione di impegnarsi in qualche astrusa missione, pur di sfuggire al controllo della moglie, ossessionata dalla facciata che la sua famiglia doveva offrire agli spettatori. Per questo si prendeva la briga di mettere in scena quel teatrino ogni fottutissimo anno. Patetico. La presenza di suo padre, però, era sintomo di qualche cosa di grave. Lo sentiva addosso. Quel periodo si sarebbe trasformato in un incubo, obbligandola ad affrontare il tutto in totale autonomia, lontano dai suoi affetti più cari. Sospirò e riconfinò l’infausto biglietto dove non avrebbe mai più rivisto la luce. Si guardò intorno e la solitudine le pervase il cuore. Nessuna delle sue compagne, ancora, aveva fatto ritorno e il silenzio regnava sovrano in quella stanza ornata di tutti gli averi delle ragazze. Si era rifugiata tra quelle mura per ritrovare il suo equilibrio. Le sue certezze. Per stare sola. Ma, proprio in quel momento, si rese conto di aver bisogno di altro. Il caos. Quello devastante. Lo stesso in grado di soffocare le urla che si sprigionava nella sua mente in totale confusione. Si sarebbe potuta accontentare di un altro confronto con il suo ragazzo, pur di lasciarsi alle spalle le preoccupazioni indotte dal farsi viva di sua madre. Tutto sarebbe stato meglio che focalizzarsi sull’idea che potesse aver preso decisioni drastiche riguardanti il suo futuro, senza neanche interpellarla. Si accasciò sul materasso, acchiappando il suo morbido cuscino per stringerlo forte tra le braccia, così come fosse l’ancora della sua salvezza. Tutto inutile. Sospirò sonoramente, socchiudendo le palpebre. Forse dormire non era poi un’idea così sciocca. Proiettarsi in una dimensione onirica l’avrebbe aiutata a vivere, anche solo per pochi istanti, in un luogo privo di inquietudine. O forse no. Con la fortuna che aveva, probabilmente, si sarebbe ritrovata rinchiusa in uno di quegli incubi simili ai suoi stupidi presagi di morte. Il rovescio della medaglia, quindi, non avvalorò la sua tesi che un buon sonno ristoratore l’avrebbe restituita ad un giorno nuovo, in buone condizioni. Punti di vista, in fondo. Si voltò su un fianco, dando le spalle alla porta ed infilò la mano sotto il guanciale. Avverti, forte e chiaro, il ritmo accelerato del suo respiro ricolmo d’ansia ma, dopo qualche istante, lo scattare della serratura la irrigidì. La sua condizione non era ottimale e un occhio attento come quello di Grace, avrebbe potuto scatenare un fiume di quesiti nei suoi riguardi, spingendola a confessare quanto fosse stata merdosa la giornata appena trascorsa. No. Non aveva scelta. Rimandare l’inevitabile non sarebbe servito. Si portò a sedere e ciò che vide le provocò un enorme sollievo. I suoi lineamenti si distesero e un accenno di sorriso le si disegnò sulle labbra. “Grazie a Merlino.” La mano destra si posò sul petto. “Sono felice di vederti!” Un’uscita strana ma sincera. Quella quiete iniziava ad essere insostenibile. “Come è andata la tua giornata?” Faceva sul serio? Da quando i suoi argomenti principali si focalizzavano su banalità di quel genere? Stava solo tentando di dissimulare il suo stato d’animo dietro a quella parvenza di normalità per sfuggire ad eventuali interrogatori ai quali non avrebbe saputo come rispondere per non risultare più idiota di quel che si sapeva già.



     
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    Ammetto che ogni tanto questi libri mi sembrano tutti uguali. Non lo so, vado avanti nella mia lettura e ad un certo punto l'autore sembra avere un giramento di testa e ripete qualcosa che ha già detto quaranta pagine fa. Oppure, ne chiudo uno e apro l'altro per vederlo iniziare con la stessa introduzione di quello concluso in precedenza. Sembra che si siano scopiazzati a vicenda o che abbiano deciso di prendere per il culo il lettore, non saprei, ma in entrambi i casi è snervante. Infatti sbuffo rumorosamente gettando la testa all'indietro sul bracciolo della grossa poltrona posizionata vicino ai camini, proprio in sala grande. La dama grigia mi guarda con un'espressione piuttosto sbalordita per poi fuggire via non appena si accorge che mi sono accorta della sua presenza. Io lo so che dietro quella faccetta timida in realtà ci giudica tutti, è una corvonero, ha un'opinione su tutto. Comunque basta, credo sia la decima volta che leggo "l'abilità di un elementalista consiste nell'avere particolare affinità con uno (ed uno solo) dei quattro elementi naturali" mi raccomando, "uno solo" sottolineato oppure evidenziato in grassetto. E fin qua, ci siamo. Ma come si sono sviluppati? Perché? Si parla di magia ereditaria, ma nel mio caso ereditata da chi? Ogni tanto mi sorge il dubbio che nella famiglia di mia madre non si nascondere qualche mago, un fondo mia madre stessa sarebbe stata una strega perfetta se non fosse stato per la mancanza di magia, o per il fatto che la magia ad un certo punto le è caduta in antipatia. Ha sempre amato ciò che era diverso, sono sicura che le sarebbe piaciuto essere una strega, le sarebbe piaciuta Hogwarts. Sto divagando, sto decisamente divagando. “Basta” sussurro fra me e me come a volermi imporre di non dilungarmi in pensieri che preferisco non fare, chiudo il grodso tomo gentilmente fornitomi dall'imperatore della biblioteca e dopo di che chiudo il libro e dichiaro così la mia resa, per oggi quantomeno. Decido di dare la priorità al mio armadio, decisamente in pessimo stato per via dei ritmi frenetici di questi giorni: allenamenti, ricerche, allenamenti legati all'elementalismo appunto. Mi tiro su, mi alzo dalla poltrona e mi dirigo verso il portone della sala grande, circondata da decorazioni natalizie che si levano da terra grazie alla magia degli elfi e si vanno a posizionare un po' qui un po' lì. Siamo quasi a natale d'altronde, Hogwarts ci tiene a fare bella figura. Mi lascio decorazioni, camini e tutto l'oro della sala grande alle spalle, cammino lungo i corridoio di pietra e poi su per le scale fino al dormitorio dei grifondoro. Saluto qualche mio compagno di squadra che occupa la sala comune mentre parla di non so quale diverbio sulla nascita di quale legge magica, non colgo bene il discorso, mi limito ad un saluto veloce e raggiungo la mia stanza da cui non pare provenire nessun suono. Eppure la stanza effettivamente non è vuota: c'è Halley distesa sul suo materasso e sì, sembra effettivamente sollevata del fatto che sia iona varcare la soglia e non qualcun altro “ehi! A cosa devo questa felicità?” le rispondo ironicamente chiudendomi la porta alle spalle e adagiando poi ai piedi del mio letto la pesante tracolla che portavo con me. Trovo la domanda di Halley piuttosto strana, non tanto per il contenuto in sè, ma più per il fatto che non mi sembra che ci siamo mai intrattenute in conversazioni che riportino il contenuto delle nostre giornate. Insomma, di norma si fa casino, la chiacchiere si sovrappongono, questa stanza è spesso un miscuglio di voci. Ho imparato qualcosa sulle mie coinquiline, ma forse non ho dedicato il giusto tempo a loro singolarmente. Ora si sta presentando un'inaspettata occasione di farlo “vuoi la versione lunga o quella breve?” e anche io mi accomodo sul letto con un pesante tonfo “la versione lunga sarebbe un noioso racconto di quello che ho fatto, spoiler: nulla di troppo interessante.
    La versione breve è: tutto sommato, non posso lamentarmi”
    dai, ho imparato che "l'abilità di un elementalista consiste nell'avere particolare affinità con uno (ed uno solo) dei quattro elementi naturali" quindi, tanto di guadagnato “la tua giornata invece? Impegnativa?” lo dico perchè dall'espressione mi sembra piuttosto stanca, ma potrei anche sbagliarmi. Mi metto un po' più comoda, slancio il collo di lato per rilassare i nervi “ è strano che in questa stanza ci sia tanto silenzio”.






    Edited by Kynthia - 19/12/2023, 22:29
     
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    Halley Wheeler | quinto anno | prefetto grifondoro


    Alla fine, la domanda alla quale doveva trovare risposta era una sola: perché combattere? Valeva davvero la pena lottare per qualcuno che, in realtà, non aveva alcuna intenzione di essere salvato? Le parole di David risuonavano nella sua testa, confondendola. In un certo senso, però, ogni singola azione, a quel punto, assumeva un senso ben preciso. Persino il tentativo di strangolarla in quella dannata tenda. Certo. Ma ciò non giustificava il suo comportamento. Non contro di lei. L’unica che aveva cercato di stare al suo fianco, nonostante tutto e contro il parere di coloro che l’amavano davvero. Un azzardo costato caro. Ecco cos’era stato. Eppure quel ragazzo l’aveva stretta nella propria morsa, consegnando nelle sue mani il segreto più grande che potesse avere. E ora? Comunque fossero andate le cose tra loro, vi era un filo sottile che li avrebbe uniti per sempre. Un periodo davvero enorme che si sarebbe esteso a tutto il resto della sua vita. La sua condizione, però, sarebbe stata compatibile con ciò che desiderava lei? I loro voleri. Le loro priorità. Si sarebbero adattate le une alle altre? Ne dubitava ma, a quel punto, il tempo avrebbe fatto il resto, sanando i suoi dubbi e curando le sue ferite che, in ogni caso, le avrebbero lasciato un amaro ricordo. Calò e palpebre e respirò a pieni polmoni, cercando di riacquistare quella sicurezza in sé stessa che, ultimamente, mancava all’appello e messa a repentaglio anche a causa della novità assoluta del giorno: il suo ritorno a Londra per le vacanze. Doveva essere un incubo. Ne era certa. Di lì a poco si sarebbe svegliata e niente di quel che era avvenuto, si sarebbe rivelato reale. Come no. Le sue speranze si infransero proprio quando, improvvisamente, la porta si spalancò e la sua compagna di squadra si palesò davanti ai suoi occhi. Halley ne fu felice e un barlume di speranza si appropriò dei suoi nervi, distendendoli. Era al sicuro. Lontana dal pericolo. Lontana da lui e dalle sue forme di controllo che manifestava ogni qualvolta sentisse il pericolo di vedersela scivolare via dalle mani, così com’era accaduto in precedenza, dopo il tanto famoso incidente. “Sono stremata.” Si lasciò andare a braccia aperte sul letto, occupandolo per intero, mentre con lo sguardo smeraldino si focalizzava sulla figura longilinea a pochi metri da lei. “Ma l’idea di rimanere sola mi inquietava.” Ammise, senza neanche sapere bene il perché. In condizioni normali, si sarebbe guardata ben bene dal farsi vedere fragile ma, in quel preciso istante, non le fregò assolutamente nulla di lasciar fuoriuscire quel suo lato umano che, talvolta, era costretta ad affrontare. Certo, solitamente sarebbe corsa da Grace o da Nathan ma, entrambi, nutrivano più di una riserva sul verde-argento e, quasi sicuramente, l’avrebbero rimproverata e ricoperta di giuste raccomandazioni che avrebbero contribuito, meramente, al dolore che stava provando. L’idea di stare sola, invece, le era scaturita per via della stanchezza, per poi accorgersi di non aver bisogno assolutamente di ciò. Kynthia e la sua discrezione, in quel caso, avrebbero contribuito alla sua ricerca di equilibrio. O forse no. “Lo so, sono un casino. Un controsenso.” Che novità. Anche in quell’occasione mille e più rappresentazioni mentali si intersecavano, creando una spirale di incertezza su cosa sarebbe stato meglio per lei. Sbuffò e, finalmente, poté concentrarsi sul racconto della giornata altrui, sperando potesse essere definita migliore della sua. Beh, non che ci volesse molto ma, in fin dei conti, non aveva alcuna idea di cosa accadesse nella vita della Lloyd. Non era mai stata di molte parole. La reputava una tipa riservata, capace di lavare i panni sporchi a casa sua, senza per forza mettere in mostra psicodrammi inutili. Un punto a suo favore, certo. La invidiava? Ovviamente sì. Ma tutto il male se l’era voluto lei e lei soltanto. Con un pizzico di amor proprio in più, non si sarebbe trovata in quello stato. Libera da ogni preoccupazione inutile. David sarebbe rimasto con la remissiva Rose e lei sola, così come era sempre stata. Perché, sì. Si era sempre bastata. “Una conquista. Una giornata in più per te, portata a casa senza intoppi!” Quanto avrebbe voluto poter dire lo stesso della sua. Ma no. Sarebbe stata una gran cazzata. “Una merda!” Un concetto che ben riassumeva l’andamento delle ore passate al di fuori della sua amata tana. “Solite cose. Mi sono destreggiata tra lo studio, il quidditch e l’idiota.” Sapeva bene come definivano David e, di certo, avrebbe inteso al volo di chi parlasse. Fece spallucce, quasi volesse intendere che non vi fosse nulla di così strano anche se, di per sé, definire il proprio ragazzo “idiota”, era segno di un potenziale problema di difficile risoluzione. Annuì. Aveva ragione. L’assenza di Grace si faceva sentire. Chissà in quale angolo remoto del castello si trovava. Forse era stata risucchiata dalla passione per il fratello minore di David, con il quale intratteneva una relazione. Chissà. Guardò l’orario e di lì a poco, sicuramente, avrebbe fatto ritorno. “Meglio approfittarne.” Scherzò, consapevole che l’allegria portata dalla biondina, non eguagliava quella di nessun altro. “Se non ci fosse lei a tener alto il morale, saremmo spacciate.” Lei in primis. Ne avevano avute di compagne di stanza. Molte se ne erano andate lasciando quantomeno un ricordo, di altre neanche riusciva a ricordare il nome. Insomma. Loro due erano coloro dalle quali tornare una volta tramontato il sole e ne era grata. “Kynthia?” Attirò a sé l’attenzione della giovane. “Hai mai avuto dubbi su ciò che vorresti nella vita?” Una domanda a bruciapelo. Diretta e chiara. Stava cercando aiuto. Conforto. Un appiglio sul quale poter contare per non affondare del tutto in quella merda che, lentamente, la stava trascinando nell’abisso costituito dalla più devastate angoscia.



     
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    “Ti inquietava? Davvero?” non celo stupore nella voce, un po' perchè non ho mai visto la solitudine come inquietante probabilmente perché è stata ed è tutt'ora una mai fedele compagna: quando devo riflettere, fare chiarezza, scaricare i nervi, sembra che restare fra me e me sia il modo migliore per farlo. Penso a voce alta ragiono, giungo a conclusioni. Insomma, per carità, non che aborri così tanto l'idea di condividere con gli altri i miei pensieri ma sembra che sia semplicemente più brava a farlo da sola. Dall'altra parte la mia sorpresa è anche dovuta al fatto che questa frase che esce dalla bocca di Halley mi suona strana. Mi sono creata una sua immagine nella mia testa, per quello che l'ho conosciuta e per quello che ho potuto vedere. Fondamentalmente non mi è sembrata una persona dal bisogno disperato di socialità, ma evidentemente i momenti bui ci sono per tutti, no? E questi momenti bui, spesso, ti cambiano e ri fanno fare cose che in tempi normali non avresti fatto. Magari è così anche per lei “oh, andiamo, tutti nella vita ci contraddiciamo ogni tanto. Non farne una tragedia” e insieme a questa sincera riflessione, le rivolgo una sorriso che vorrebbe essere incoraggiante. La coerenza è sopravvalutata, la gente è mutevole, nessuno può restare uguale per sempre e l'importante è seguire le proprie sensazioni ed essere fedeli a sè stesso. Questa cosa me la diceva sempre mia madre, ed è una di quelle cose a cui do più valore ora rispetto a quando non fosse ancora viva. Mi dispiace aver capito troppo tardi cosa volesse dirmi, non ho avuto il tempo di ringraziarla. Ogni tanto sono troppo cocciuta nella vita, giungo troppo velocemente alle conclusioni e sono affrettata nel dare i miei giudizi; all'epoca credevo che le persone non potessero cambiare, stronzo nasci e stronzo resti. Oggi invece credo che si possa fare, almeno entro i limiti del possibile. Non come Ethan, lui così è nato e così morirà, non vedo alcun margine di miglioramento. Incredibile come ogni tanto il pensiero di quell'uomo arrivi a rovinarmi le giornate. Comunque, non oggi.
    E' vero, un'altra giornata portata a termine senza troppe rogne... pare che purtroppo Halley non possa dire la stessa cosa. E siccome al suo che merda inizio a pensare che la questione si sta facendo seria, mi autoinvito a sedermi sul bordo del suo letto perchè credo che la grifondoro abbia bisogno di essere ascoltata con un po' più di attenzione. Quando sento l'idiota poi, mi scappa un “aaaaaah” accompagnato dall'annuire della mia testa. Allora ecco a cosa ci stiamo riferendo “parli di Harris immagino” ok, ammetto che il mio tono non è completamente neutro. Ma perchè dai, è di Harris che stiamo parlando, un soggetto che si presenta da solo. E non lo fa sicuramente nella maniera più positiva. La relazione fra lui ed Halley non è di certo un segreto, ma perchè Harris, non è di certo una persona discreta. Ogni occasione è buona per pisciarle intorno, come no, è quasi nauseante... è una fortuna che la mia compagna di stanza possa vedere solo la mia espressione e non leggere i miei pensieri, credo.
    “Tu ci scherzi, ma mi sembra passato tantissimo tempo da quando sono riuscita a sentire i miei stessi pensieri!” la parlantina della nostra carissima compagna di stanza e di squadra, è famosa. Famosissima. Fondamentalmente è una radio, sia per la quantità di parole che pronuncia la giorno, sia per le notizie che quotidianamente porta con sè. Sempre aggiornata, sempre sul pezzo, Grace è come un giornalista in caccia di scoop. Dovrebbe considerarla una possibile carriera per il futuro “anche questo è vero, glielo concedo” insomma, se manca lei chi è che ricopre i ruolo dell'allegra del gruppo? Sicuramente non io. E sicuramente, vista la sua espressione, neanche Halley. La grifondoro è davvero strana oggi, non credo di averla mai vista così “sì?” rispondo al suo richiamo improvviso e seguito nell'ascoltare la sua domanda. Una domanda dalle sfumature esistenziali. Allargo gli occhi, corrugo la fronte facendomi in avanti con il busto come a volermi -e volerle- chiedere se ho sentito bene. Ho sentito bene? Mi sa proprio di sì “beh, dunque” nonostante lo stupore iniziale, inclino la testa di lato riflettendo seriamente sulla domanda: la risposta non tarda molto ad arrivare “sempre. Non ne ho proprio idea” verità, verità assoluta. Solo sincerità nelle mie parole, e un mezzo sorriso sul mio viso. Però... “però mi è capitato più volte di pensare a cosa non voglio. Ho realizzato che è più facile se cambi prospettiva, così senza accorgermene, ho creato la mia lista mentale delle cose che non voglio. Provare per credere” il mio è un invito, un invito a pensare almeno ad una cosa che non vuole. E poi ci provo, ci provo davvero a non approfondire, ma vederla così è troppo strano. Non è lei, non la Halley che sono abituata a vedere “Halley, non voglio farmi gli affari tuoi” davvero, è l'ultima delle mie intenzioni “ma per caso ha a che fare con l'idiota?” è davvero una persona come quella ad aver scatenato dentro di lei questa confusione che l'ha portata a porsi domande esistenziali come questa? No dai, non ci credo. Non voglio crederci, mi rifiuto.


     
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    Halley Wheeler | quinto anno | prefetto grifondoro


    L’idea di stare sola non le era mai andata a genio. Affatto. Eppure era certa che isolandosi dal mondo, avrebbe evitato ulteriori delusioni. Una sciocca convinzione, nata proprio grazie ai ripetuti trattamenti a lei riservati, da parte di coloro che avanzavano sentimentalismi che poi si rivelavano falsi e ipocriti. Annuì. La compagna appariva stupita dalla sua esternazione, probabilmente lontana dal suo punto di vista, tanto da essere opposta. Un tempo tutto era stato differente. Le serate in compagnia, le feste passate insieme attorno a un tavolo, a giocare a quegli stupidi giochi di società. Lo scambio di regali. I pettegolezzi. Piccoli stralci di ricordi che non sarebbero mai tornati ad essere attuali. Qualche cosa si era rotto in mille pezzi. Abbassò lo sguardo, consapevole dell’immagine che dava di sé stessa, avrebbe messo in allarme la giovane. L’ombra di sé stessa. La pateticità in persona. Se non si fosse data una smossa, la vita l’avrebbe affossata in un batter d’occhio e poi sarebbe stato troppo tardi per riemergere e riprendere il posto che le competeva. “Forse ho preso troppi colpi in testa durante gli allenamenti!” Cercò di sdrammatizzare ma, effettivamente, il problema era reale e presente. Forse per abitudine, oramai, si era accomodata in quei pomeriggi ricolmi di allegria –portata prevalentemente da Grace-, facendone la sua confort zone. L’idea di rimanere in balia dei suoi stessi pensieri la spaventava ma dare voce a quei complessi, risultava così difficoltoso che, dopo alcuni tentativi, si era arresa a tenersi tutto per sé, rinchiuso e gettato in un angolo della sua testa. Ma mai dimenticato. Ciò che la descriveva meglio, in ogni caso, era proprio la parola controsenso. Pensare in un modo e agire in un altro. Tipico. Se solo avesse saputo. Se solo fosse stata a conoscenza di ciò che le passava per la testa. Lì avrebbe compreso a pieno quanto fosse folle la sua situazione. “Una tragedia, eh?” Commentò, con una punta di sarcasmo, pensando a tutta la merda che le era franata addosso nell’ultimo periodo. “Forse hai ragione.” Fece spallucce, accogliendo di buon grado quel sorriso che raramente appariva sul volto della sua fidata cercatrice. Ci stava provando. Anche lei come gli altri suoi amici, tentava di strapparla a quel baratro, attraverso la vicinanza che poteva dimostrarle. Devo proprio essere arrivata a un punto di non ritorno! Aveva perso peso. Il suo volto non era più quello di una volta. La durezza dei suoi lineamenti non avevano nulla a che fare con la normalità. Non vi era ombra di felicità. Niente di niente. Solo un immenso cielo e immaginario cielo grigio sulla sua testa, nonostante fuori splendesse il sole. Perché? Perché mi sto riducendo in questo modo? Gli eventi non potevano sopraffarla e non poteva permettere al suo potere di prendere il sopravvento. “Oh, sì!” Quando si parlava di un idiota, non poteva che riferirsi a lui. David aveva dimostrato in lungo e in largo di ragionare come le persone normali non ragionerebbero mai, guadagnandosi così il disprezzo di molti abitati di quel castello e senza neanche troppa fatica. “Riuscirei a sostenere cinque ore di allenamento consecutive.” Quanta verità. “Ma sopportare le sue scenate di gelosia, è estenuante.” E poi per cosa? Perché un ragazzo le aveva lanciato di traverso un’occhiata. Roteò gli occhi. Ogni volta la stessa storia ma non riusciva a comprendere se si trattava della pochissima fiducia nei suoi riguardi, oppure semplicemente di insicurezza. In ogni caso non le importava. Dopo tutto quel tempo avrebbe dovuto conoscerla al punto da poter affermare a gran voce che al suo fianco aveva una persona degna di fiducia. Una ragazza che non si sarebbe permessa di fargli del male volutamente e se non fosse riuscito a comprenderlo, la loro relazione sarebbe naufragata quasi sicuramente e anche in malo modo, così come aveva predetto la piccola Johnson. La stessa che riusciva a soffocare i pensieri di chiunque abitasse con lei tra quelle mura. Rise e non poté che convenire con Kynthia. “A volte è un bene!” Poche parole, un grande significato. Doveva molto alla biondina tutto pepe. Così piccola ma ostinata a volerle stare accanto, senza aspettarsi nulla in cambio. “Grace riesce a distogliermi da pensieri altamente distruttivi, a volte!” Una dote che non tutti possedevano in realtà. “E poi siamo rimaste solo noi!” Altro punto a favore. In molte erano passate sotto le loro grinfie. “Siamo le sopravvissute.” Ricordava l’insopportabile Carrie. La poco furba Alexis e la dolce Phoebe –lei le mancava-, la dose di spensieratezza che non gustava. Troppi ricordi. Prese coraggio e spezzò il silenzio che si era creato, recitando il nome della Lloyd, come per attirare l’attenzione che aveva già. Ascoltò con interesse la risposta, stupendosi di quell’organizzazione mentale che, probabilmente, lei non avrebbe mai avuto. “E cosa non vorresti per il tuo futuro?” Da quando si sentiva così profonda? Forse da quando non aveva la minima idea di ciò che l’aspettava, nonostante le sue stupide visioni portatrici di sventura.
    ”… ha a che fare con l’idiota?” Anche. Non lo disse. Sapeva bene cosa avrebbe voluto per sé stessa ma, d’altra parte, metterci la mano sul fuoco sarebbe stata una mossa davvero stupida. “Non è così semplice.” Ridurre tutto ai minimi termini non era da lei. “Credo di non essere ciò che si aspettano.” Concluse a malincuore, come se fosse lei la sbagliata in quella situazione. “Ho deluso le aspettative della mia famiglia.” Più precisamente di sua madre la quale non la voleva giocatrice di quidditch e lo era diventata. La voleva impegnata con un bravo ragazzo, possibilmente figlio di qualche ricco amico di famiglia, senza grilli per la testa. E si era messa con David Harris, il male del mondo –questo ancora non lo sapeva, però-. Insomma una disfatta su tutta la linea. “Sai che ho trovato lavoro?” Se ne uscì, così, quasi a caso, per poter smorzare quella tensione che, lentamente, le stava per opprimere il petto. Anche il nuovo lavoro faceva parte del disegno che la proiettava verso una nuova esistenza, possibilmente migliore di quella che era stata fino a quel momento.



     
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    “Prova a cascare qualche altra volta sul campo da quidditch, magari ti si raddrizzano le idee” insomma, continuo sulla linea dell'ironia offrendole anche un sorriso, non voglio trasferire la chiacchierata su toni più seri, non mi sembra il caso. Non sono la persona più sensibile ai cambiamenti di umore degli altri, ma non sono nemmeno tanto insensibile da non cogliere che questo è un momento piuttosto duro per la mia compagna di grifondoro. Ancora non so bene quale sia l'origine del suo malessere ma più parliamo, più iniziano ad emergere un paio di dettagli che mi fanno avvicinare alla risposta. Un ragazzo. Possibile che Halley stesse davvero così per un ragazzo?! Ma soprattutto, QUALE ragazzo, è il soggetto di cui stiamo parlando che mi fa storcere il naso in una smorfia di disappunto. E quando poi accenna al motivo dell'evidente scontro che deve esserci stato fra i due - uno dei tanto sembrerebbe - annuisco come se quell'informazione non mi suonasse nuova. Io l'ho detto che le piscia un po' troppo intorno, in maniera così insistente da sembrare soffocante a volte, però ecco “partiamo da presupposto che io Harris lo conosco poco e niente” e dal tono della mia voce si può cogliere che la cosa non mi dispiace affatto, anzi, sembro quasi sollevata dal non doverci avere niente a che fare... probabilmente perchè è proprio cosi “però la cosa non mi suona tanto strana. Non lo so, direi che quell'insistente metterti le mani sul culo mi aveva suggerito in qualche modo che potesse essere possessivo” e questo no significava affatto che io li avessi osservati per chissà quanto tempo, non era necessario farlo: ogni volta che mi trovavo a scorgere Halley in giro per i corridoi era affiancata dal simpaticissimo serpeverde, sempre presente come un vero cane da guardia con i denti digrignati. All'improvviso vengo assalita da un dubbio che mi fa bloccare per qualche attimo. Spero di sbagliarmi insomma, devo sbagliarmi, è che da questo punto di vista temo di essere un po' paranoica “Halley... non è che durante queste scenate di gelosia è aggressivo, vero?” gli uomini che ho conosciuto, fatta eccezione per un paio, mi hanno insegnato che spesso tendono a risolvere le cose con la violenza, che non hanno nè pazienza nè la capacità di accettare un no come risposta. Di conseguenza è per esperienza personale che parlo, che chiedo, perchè sono sicura che non sia così, ma metti caso...
    “Hai ragione, vorrei avere il superpotere di smettere di macinare pensieri ogni tanto!” wow, l'ho detto davvero, proprio io che ponevo sempre l'azione davanti al pensare. In seguito agli eventi che hanno costellato la mia esistenza, il mio personaggio si è mosso verso un'evoluzione che non avevo mai considerato prima e che non vedevo tanto nelle mie corde. Eppure, non smetto mai di smentirmi “sono sopravvissuti i migliori” con la mia spalla do un colpetto a quella di Halley; tante ragazze avevano attraversato la porta della nostra stanza portando perlopiù disordine. Adesso invece, da quando siamo fra di noi, sembra che questo sia diventato davvero il nostro spazio, con il suo insolito equilibrio. Non ci avevo mai riflettuto prima d'ora ma effettivamente, era davvero così. I toni della nostra conversazione cambiano nuovamente, si fanno più seri e in qualche modo mi ritrovo a fare una sorta di stima della mia vita... penso di essere ancora troppo giovane per farlo, ma eccoci qua “non voglio ritrovarmi in una situazione in cui non sono fedele a me stessa. Nè tantomeno voglio circondarmi di persone a cui devo sempre delle spiegazioni” aveva senso come risposta? Per me sì, perfettamente; non ho mai sopportato l'idea di dover perdere il contatto con me stessa solo per far felice qualcun altro, e se mi circondo di persone che reputo amiche non vedo nemmeno perchè dovrei stare lì a giustificare le mie azioni. Ho sempre tenuto così tanto alla mia libertà, ho fatto tanto per ottenerla e ora non voglio permettere a nessuno di portarmela via, anche fosse solo un minimo “la vita è già stressante di per sè” aggiungo a voce bassa un po' come se fosse una riflessone fra me e me. Quindi figurarsi se reputavo giusto farsi rovinare l'esperienza da uno come HARRIS. Ok, non riesco a frenare il mio disappunto, questo perchè reputo Halley abbastanza intelligente da non finire con uno come lui. Boh, ci vedrà qualche fascino nascosto che io invece ignoro del tutto“mmh” il punto della questione però, non sembrava essere solo il serpeverde. Così annuisco, mi ritrovo ad aprire la bocca per poi richiuderla immediatamente, perchè quando si parla di famiglia non so mai come approcciare l'argomento. Eppure qualcosa mi sentivo in dovere di dirla “ed è una cosa così terribile?” aver deluso la sua famiglia, intendo. La grifondoro mi sembra una a posto, con la testa sulle spalle... cosa potrebbe aver mai fatto di tanto grave?
    “Davvero? Qualcosa in più da aggiungere alla tua routine già abbastanza piena” faccio dell'ironia, ma in realtà condivido questa iniziativa “che genere di lavoro?” mi ritrovo ad interessarmi alla questione e a condividere con lei molto di più di quanto non avessi mai fato. Che comunque, non è poi così male.

     
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    Halley Wheeler | quinto anno | prefetto grifondoro


    Effettivamente. Una botta in testa sarebbe potuta servire per riportare quell’anima semi-perduta sulla retta via. Doveva essere andata proprio in quel modo. Non vi era altra spiegazione per dare un senso a quella serie di idee di merda affiorate nella sua mente contorta. Quei colpi erano stata la causa scatenante. Se così non fosse stato, invece, la ricerca della verità andava fatta scavando lì, nel profondo, e le risposte sarebbero potute risultare alquanto scomode. Oh, sì. Tremendamente. Le sue labbra si aprirono in un sorriso. Non aveva nessuna intenzione di provocare preoccupazione in colore che, per un motivo o per l’altro, si trovavano a relazionarsi con lei ogni giorno. Liam. Kynthia. Grace. Nathan, Daphne. Ognuno di loro si era fatto un’idea ben precisa su quali fossero le ragioni che vedevano Halley, sfortunatamente, alle prese con un periodo per niente brillante. Eppure, per colpa della sua testardaggine, nessuno conosceva le vere motivazioni che l’aveva spinta in quel baratro, chiudendosi a riccio e abbandonando la vita mondana, fatta eccezione per i suoi impegni prestabiliti. Come per dimostrare la sua teoria, attese che la compagna di stanza introducesse l’argomento Harris. Un grattacapo continuo. Detestava ammetterlo ma, di quel passo, da quella relazione non avrebbe tratto alcun beneficio. Ne era consapevole. Probabilmente sarebbe durata meno di un gatto in tangenziale. Il futuro al suo fianco, quando ci pensava, assumeva contorni non definiti. Sfumati e deboli, come se bastasse un soffio per farli svanire nel nulla, da dove erano venuti. Aveva lottato per lui. Era rimasta con lui ma, l’impressione che aveva avuto era che non se ne fosse minimamente accorto. Gli eventi non l’avevano smossa ma in quel preciso istante, dopo tanto tempo, si interrogava quanto fosse sana la sua condotta. Tutto ciò, dove l’avrebbe condotta se non alla disfatta totale di quei sentimenti? Un salto nel vuoto che, forse, non era disposta a compiere, senza prima ricevere delle risposte nette e chiare. Abbassò lo sguardo. Avvertiva a livello del petto un peso. La sensazione lancinante di essere trattata alla stregua di un fottuto oggetto. Il suo giocattolino personale. La sua possessività tossica li avrebbe distrutti ancora prima di poter sperare in qualche cosa in più. Doveva comprendere. Doveva interrogarlo e porlo davanti a quella che per lui corrispondeva alla realtà. Cosa provava realmente? E lei? Era pronta a fiondarsi tra le braccia di un mostro? Perché, in fondo, era ciò che le si richiedeva anche se tacitamente e non direttamente. Senza contare le scenate di gelosie che era solito mettere su, per qualsiasi stronzata urtasse il suo sensibilissimo sistema nervoso. La domanda di Kynthia la spiazzò. Completamente. Alzò la testa e scosse il capo, decisa. Dopo l’incidente africano, mai più David si era permesso di utilizzare la sua forza su di lei. Al contrario. Ci aveva tentato con tutta la sua buona volontà a tenere a freno la sua irascibilità e, dopo le sue rivelazioni, Halley, aveva anche compreso il perché di quella follia che, di tanto in tanto, scintillava nei suoi occhi scuri e spaventosi. “No.” Negò, tralasciando quei particolari che, oramai, non avevano più importanza. Li aveva superati o, almeno, credeva di esserci riuscita. “So cosa può sembrare!” Un perfetto stronzo. Se con lei aveva subito un mutamento, seppur minimo, con gli altri era sempre il solito David. Il bastardo senza cuore che non si curava minimamente dei sentimenti altrui. Un atteggiamento malato. Dispotico. Tossico. Chi era davvero? La persona che l’aveva invitata a rimanere con lui o il ragazzo incapace di provare emozioni positive? Le due personalità, per quanto la riguardava, non potevano coesistere perché sì, per il bene di qualcuno si poteva anche compiere un sforzo, quantomeno per evitare di avere tutto il mondo contro. Ma no. A lui non interessava e seguitava la sua campagna contro l’umanità. “Credo che, a modo suo, ci tenga a me, tanto da avere paura di perdermi.” Gliel’aveva promesso. Non le avrebbe fatto del male ma, nonostante ciò, più di un dolore l’aveva inflitto, seppur non dal punto di vista fisico. Un modus operandi il suo. La feriva e poi si comportava come se fosse l’unica ragazza sulla faccia della terra. La riferiva e in seguito le confessava di essere innamorato, come se fosse un concetto così scontato da non essere neanche degno di sottolineatura. “Se dovesse mai osare toccarmi, gli farei rimpiangere di essere nato!” Tentò di rassicurare la cercatrice. “Puoi starne certa!” Una promessa fatta a sé stessa. Mai più avrebbe perdonato una violenza da parte sua. Mai. In quel caso avrebbe troncato di netto ogni ponte. La sua mente elaborava in fretta ogni informazione, problema e novità che scalfivano le loro giornate, rendendole anche più o meno interessanti. Proprio per questo motivo avrebbe meritato un periodo alla larga da qualsiasi pensiero. Mettersi in pausa. Come fosse una canzone in quell’aggeggio babbano che tanto andava di moda. Grace, per lo meno, l’aiutava in questo senso. Ascoltare i suoi deliri e le sue avventure romantiche con l’altro Harris, quello normale –a suo dire-, la rilassava. “Mi hai sempre dato l’impressione di essere una Grifondoro anomala, sai?” A differenza di lei e di Grace, infatti, sembrava essere quella più assennata. Capace di anteporre il pensiero all’azione. Insomma, un punto a suo favore che le avrebbe evitato parecchie grane. La cosa certa, però, era che la Wheeler non poteva dire di conoscere a pieno la giovane davanti a lei. Forse per via delle differenti dimensioni che abitavano o, più presumibilmente, per la riservatezza della Lloyd, infatti, Halley non era in possesso di informazioni così approfondite della compagna di Casa. Un vero peccato ma, perché no, vi era sempre tempo per recuperare. “A differenza mia…” E di Grace. Non lo disse ma per pure la biondina, l’agire precedeva il calcolo dei pro e i contro. “La capacità analitica è dalla tua!” Alzò le spalle, roteando gli occhi, maledicendo Morgana e Merlino per non averle messo a disposizione la pazienza per riflettere a pieno su ciò che andava a compiere. “Però sì. Siamo una bella squadra. Non solo in campo!” Si poteva dire che quella era la sua famiglia. Nel bene e nel male. La fossa dei Leoni era la sua Casa. In quel momento come non mai. Ma cosa ne sarebbe stato di loro in un futuro, quando quell’involucro fatto di spensieratezza, lentamente, si sarebbe inevitabilmente sfaldato per lasciare spazio alla vita vera, quella al di fuori delle mura? “Ambiziosa.” Si trattava della pura e semplice libertà. Un principio che iniziava a conoscere proprio in quel periodo, dopo la sua drastica decisione di fuggire dal nido. “Credo sia inevitabile, però.” In un modo o nell’altro, rendere conto a qualcuno sarebbe stato sempre un pericolo in agguato. “Pensa a quando sarai sposata!” Ammiccò, cercando di smorzare quell’atmosfera che lei stessa aveva reso pesante, con la sua depressione andante. “O quando avrai dei figli.” Che scenario apocalittico. Era in vena di stronzate.
    ”Ed è una cosa così terribile?” Ed ecco la prova provata che, per sua fortuna, non aveva avuto modo di conoscere Seira O’Hara. Annuì. “Quando hai Crudelia De Mon come madre, sì!” Per lei già che fosse nella squadra di quidditch era motivo di delusione. Esagerata. “Se dovessi morire a vent’anni di infarto, beh, sapete il perché!” Scherzò. Il lavoro le serviva per campare ma, allo stesso tempo, era riuscita ad entrare nella sua confort zone. “Lavoro da accessori di prima qualità per il quidditch!” Annunciò fiera. “Ora potrò parlare di quidditch, senza apparire invasata!” O forse lo sarebbe sembrata comunque. Beh, poco importava. Il salario sarebbe arrivato nelle sue casse e avrebbe contribuito al pagamento del suo appartamento, una volta entrata in possesso di esso. “A proposito. Come vanno gli allenamenti?” Spesso si era ritrovata impegnata in altre attività e, quindi, il dialogo con il resto della squadra si era ridotto ai minimi termini e sì, la cosa non le andava a genio. “Cercherò di essere più presente! Parola di lupetto!” Mimò il giuramento, come una bambina dedita alla vita degli scout. Una promessa andava mantenuta.





    Edited by Halley. - 22/3/2024, 12:07
     
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    Mai stata particolarmente brava a dare consigli, questo perché le mie capacità di immedesimazione nell'altro sono un pelo scarse. È una mia mancanza, un qualcosa a cui provo a rimediare usando invece strumenti a me più affini, il sarcasmo fra tutti. In buona sostanza cerco sempre di non restare in silenzio quando qualcuno si rivolge a me, ci provo e alla fine il risultato che ottengo non è poi dei peggiori: Halley accenna ad un sorriso, che non so se sia sincero o artefatto, giusto per farmi un attimo contenta. In questo caso fake it until you make it, prima o poi questo sorriso diventerà vero. Chi può dirlo.
    Questo sempre ammettendo che il problema di possessività di Harris non sia in realtà molto più grave di quanto la mia compagna grifondoro non voglia far credere. Credo che la mia domanda, quindi, nasca dalla mia diffidenza: verso Harris in primo luogo, ma verso il genere umano in generale. Ho questo grande problema, faccio un'estrema fatica a fidarmi e penso sempre che l agente in qualche modo voglia fregarmi. Giusto? Sbagliato? Non lo so, so però per certo che la mia personalità sia stata deformata da quelle sfighe pazzesche che mi sono capitate , e che mi hanno fatto credere che prima o poi la fregatura arriva in qualsiasi rapporto. Inizialmente è partito tutto da una cotta di scuola, poi la cosa si è evoluta e si è diffusa all'interno della mia famiglia. Ad un certo punto era diventato come un tumore di cui continuano a comparire le metastasi e quindi ad un certo punto ti rassegni, ti prepari mentalmente a quello che verrà, ti fasci la testa in anticipo per non subire troppo bruscamente il colpo quando arriverà. Glielo chiedo abbastanza direttamente in modo che Halley capisca a cosa mi riferisco, noto nel modo in cui mi guarda che non si aspettasse questa domanda da parte mia e forse è anche meglio così. Quando mi risponde con sicurezza di no, il mio corpo sembra rilassarsi tutto d'un colpo “ok, bene, menomale” mi fido di quel che dice, perchè si mostra consapevole della persona che ha deciso di mettersi vicino. Non pare avere le fette di prosciutto sugli occhi insomma, Harris è un coglione e lei sa benissimo come appare all'esterno “oh, non ho dubbi!” so anche che Halley sia perfettamente in grado di difendersi da sola.
    “Davvero? ” faccio eco alla sua osservazione, senza però mostrare un vero stupore nella voce. Anzi, le mostro invece un sorriso abbastanza consapevole “dici che l'infallibile cappello questa volta ha sbagliato? Non sei la prima che me lo dice” mi ero già sentita dire questa cosa in passato, sembra che agli occhi degli altri una parte di me sia molto grifondoro e che invece in alcuni aspetti io risulti, appunto, anomala per la casa a cui appartengo. La cosa non mi ha mai dato nè fastidio nè fatto piacere, in realtà sento che sia un'affermazione esatta probabilmente perchè io per prima non mi sono mai trovata benissimo con queste suddivisioni. Quindi ecco cosa mi distinguerebbe da un grifondoro qualsiasi, la capacità analitica “non sono sempre stata così, ho fatto tutta una serie di cazzate e poi ho capito che dovevo iniziare a contare quantomeno fino a cinque prima di agire” una skill guadagnata con l'esperienza quindi. Ho capito che quando fai qualcosa di particolarmente avventato, la gente tende ad escludere il contesto giudicando invece solo l'atto in sè. E quindi, mi sono fatta furba “vero, vero, mi tocca ammetterlo” alzo le mani in segno di resa: nonostante sia sempre stata un po' più esterna alle meccaniche del gruppo, inizio a vederlo nella sua totalità. In qualche modo vengo coinvolta anche io e sì, la conclusione è che siamo un gruppo con un buona mescolanza di caratteri. Chissà se poi ad Halley non potesse sembrare strana la mia, per così dire, ambizione di vita. La verità è che non riesco a pensare ad altro “giaaà” e lo dico con un po' di amarezza. So che la mia è una pretesa troppo grande, eppure sembra solo tutto quello di cui ho bisogno. Bah, non lo so, forse sto delirando. Nella vita bisognerà sempre rendere conto e ragione a qualcuno prima o poi, essì, purtroppo così è. Ma sposata... mi volto con un'espressione scioccata. Ai limiti dello spaventato. Espressione che peggiora quando nomina una cosa pure più brutta del matrimonio: i figli “ti prego, smettila di terrorizzarmi cos'” chiedo umilmente pietà “se mai dovesse accadere, chiama aiuto perchè con ogni probabilità sono sotto imperio” mi metto a ridere pensando che in effetti quello che avevo detto era da prendere sul serio. Davvero, cioè, adesso Halley aveva la responsabilità di venirmi a salvare in caso di matrimonio.
    Comunque a quanto pare c'è dell'altro, e questo altro sembra più complesso dell'Harris di turno. La famiglia... annuisco, pensando che in effetti la famiglia non è così facile da evitare. Dovrei saperlo in effetti “non sembra molto rassicurante” infatti la definisce Crudeltà De Mon, una donna spietata che trasformerebbe cuccioli di cane in pellicce. Decisamente non rassicurante. “E non pensi che possa esistere un'alternativa per evitare questa fine tragica?” enfatizza con la voce, ci ironizza anche, ma la mia domanda in realtà è seria “forse devi solo trovare il modo giisto di... fregarla un po'” ok, forse non è il consiglio più saggio che mi sia uscito di bocca oggi. Non voglio entrare nel merito, in qualche modo sento di essermi fatta abbastanza i fatti suoi e chiedere anche della madre mi sembra una brutta invasione di privacy. Le lascio spazio per quello che vuole condividere oppure, che ne so, anche solo per starsene zitta.
    “Ma dai, fate sconti amicizia? Mi serviva giusto del lucido nuovo per la scopa...” sorrido ammiccando in sua direzione “hai fatto bene comunque ogni tanto il lavoro è meglio della terapia” ti tiene la testa impegnata, ti stanca e così non hai più la voglia di stare a riflettere su cose scomode. Praticamente perfetto. Alla domanda seguenge di Halley invece, mi si illumina come una specie di lampadina in testa “mediamente bene, però...” mi alzo dal letto, cammino verso il mio armadio e così, distrattamente, apro un'anta “i miei tempi sono buoni ma ho difficoltà con le virate. E insomma, un cercatore dovrebbe riuscire a cambiare traiettoria piuttosto velocemente” riposta all'interno di un borsone color cuio, si trova tutta la mia attrezzatura. Pettorine varie ed eventuali, ginocchiere, protezioni per i gomiti “hai da fare adesso? Ci sarà ancora un'ora di luce da poter sfruttare” la mia proposta arriva piuttosto diretta, senza aspettarsi neanche una risposta. Insomma, basta con questi discorsi seri, abbiamo entrambe bisogno di impegnare la testa in cose meno fondamentali.


     
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