always and forever

Romania, Freya

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    Ogni promessa è debito! Impossibile tirarsi indietro, una volta data la propria parola. Sarebbe stata una condotta poco virtuosa e per nulla degna di uomo d’onore quale si considerava. Ed ecco perché si trovava lì, in quell’albergo, a centinaia di chilometri da casa. Si tirò a sedere, scostando le ampie lenzuola di seta che ornavano il suo letto a baldacchino, lasciandole scivolare via dal suo corpo semi nudo, fasciato meramente da un paio di boxer scuri. La notte era giunta al termine. Dalle tende filtravano i primi raggi del sole, illuminando a giorno l’intera stanza, arredata con un gusto discutibile ma, comunque, confortevole. Lasciò il materasso e raggiunse l’ampia vetrata al di là della quale si poteva osservare un panorama montuoso niente male, reso suggestivo proprio da quell’alba che si apprestava a dare il benvenuto al nuovo dì. Sospirò, lasciando andare l’apprensione che quel viaggio infondeva in lui e, dopo essersi motivato mentalmente, si abbandonò all’esigenza di una buona doccia rigeneratrice, così da iniziare con il piede giusto. Spari al di là della pesante porta di legno, laccata di bianco e si soffermò a studiare i particolari di quel bagno, troppo elegante per essere apprezzato a pieno. Corrucciò la fronte e si avventò sul miscelatore dell’acqua, muovendolo a destra e a sinistra, nella speranza che dall’erogatore ne sortisse una temperatura adeguata a non rendergli quel momento importante della sua routine, un vero e proprio inferno. Illuso. Sbuffò sonoramente ed, infine, mosso dalla frustrazione, afferrò al volo l’accappatoio in datazione e lo infilò, legandoselo alla vita, celando ogni centimetro di pelle. Tornò nella stanza, affondò la mano nella valigia, estraendone l’occorrente per l’igiene e, lentamente, si sporse al di là dell’uscio, assicurandosi che nessuno fosse nei paraggi. Una volta che la certezza gli fu davanti agli occhi, fece un passo in vanti, facendo scattare la chiave all’interno della serratura, così che nessuno potesse raggiungere i suoi averi. Duecentodieci. Scrutò le targhette e, finalmente, intercettò quella corretta. Poggiò le nocche sulla superficie di legno e bussò con forza, così da riuscire ad attirare l’attenzione della sua compagna di viaggio. “Riis!” Biasciò, tenendo un tono di voce consono per non tirarsi appresso le ire degli altri inquilini. “Sono io!” E chi se no? Chi avrebbe mai bussato alla sua porta a quell’ora del mattino, disperato e conciato in quel modo? “Andiamo, Freya!” Il suo lamento risuonò in quel corridoio, immerso nel più tombale silenzio. Roteò gli occhi e proprio nel mentre qualcuno iniziava a chiedersi i perché di quel trambusto, la Serpeverde si degnò di apparire sulla soglia, permettendogli di entrare nella sua stanza, ancora buia. “Buongiorno, raggio di sole!” Esordì, posando la mano sulla sua testa e muovendola in modo che i suoi capelli si scompigliassero più del dovuto. “Dormito bene?” Si stampò un sorriso ingenuo sulle labbra, cercando di distogliere l’attenzione dalla figura di merda avvenuta poco prima. Rimase in silenzio a fissarla, soffermandosi su particolari di lei che mai, prima di allora, si era preso la briga di osservare. La sua bellezza mozzava il fiato. L’ingenua bambina aveva lasciato il posto ad una giovane donna, spudorata e senza alcun tipo di filtro, capace di giostrare le situazioni a suo piacimento, esattamente come aveva fatto durante il loro primo incontro ad Hogwarts quando, mossa dal suo fare effervescente, era riuscita a mettere in difficoltà anche un tipo come lui, abituato a quel tipo di approccio. Eppure lei era lei. La ragazzina che, un tempo, stringeva tra le braccia in maniera totalmente disinteressata. Colei che non mancava di prenderlo per il culo ogni qualvolta lo beccasse a rientrare in casa ubriaco fradicio, mentre si cimentava in doti canore che neanche possedeva. Avrebbe potuto continuare quella lista all’infinito ma, tutt’un tratto, si rese conto di aver agito d’impulso, portandola in Romania senza mettere al corrente Oliver, come se le sue intenzioni necessitassero di essere tenute al segreto, lontano da occhi indiscreti. Arrestò quel flusso di pensieri, tornando serio e ricordandosi del perché avesse bussato alla sua porta di primo mattino, senza preannunciarsi, prima, con un messaggio. “Posso usare la tua doccia?” In caso contrario sarebbe stato nella merda. Rinunciare alla sua skin care quotidiana? Impossibile. Per questo motivo decise di non aspettare la risposta: “Bene, grazie.” Oltrepassò la ragazza e si precipitò nel bagno, molto simile a quello della sua camera, e si chiuse al suo interno, tirandosi a lucido, così da poter affrontare quella che sarebbe stata una giornata davvero impegnativa. Si legò l’asciugamano alla vita e tornò ad invadere lo spazio personale della ragazza -probabilmente ancora allibita dal suo scialbo teatrino- senza la benché minima vergogna, trascinandosi appresso anche l’ingombrante accappatoio, del quale aveva deciso di fare a meno. “Hai fame?” Domandò distrattamente, mentre si andava a specchiare per assicurarsi che la sua barba fosse incolta al punto giusto. “La colazione sarà servita tra poco.” E che vi era di meglio delle colazioni messe a disposizione dagli alberghi? Niente. “Credo che dovremmo approfittarne, prima di svelarti perché ti ho trascinata fino a qui.” Non che avesse opposto resistenza ma, d’altra parte, le aveva promesso di farsi perdonare per tutte le volte che, da piccola, aveva dovuto rinunciare alla pazza gioia, proprio per via della sua tenera età. “Ma prima…” Ovviamente. “I vestiti.” Un dettaglio del tutto trascurabile. “Posso contare sulla tua compagnia?” La scrutò con aria implorante, così che non avesse scampo. Si apprestò a togliere, momentaneamente, il disturbo quando si bloccò. “Ah, Freya…” Come chiederlo senza far sembrare tutto così ambiguo? “Oliver sa che siamo qui?” Il disagio si fece sentire. Non aveva alcuna intenzione di muoversi alle spalle del suo migliore amico ma, d’altra parte, non era certo che lui avesse ancora voce in capitolo sugli spostamenti della sorella. “Voglio dire…” Cosa? “Non ero certo che tu volessi fargli sapere della nostra gita fuori porta e mi sono fatto gli affari miei ma, forse, sarebbe meglio avvertirlo. In caso accedesse qualche cosa.” Certo, una mossa che gli avrebbe assicurato una buona dose di legnate, nonostante le sue intenzioni fossero più che pure. Limpide come l’acqua di un ruscello di montagna.

     
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    Freya Estrid Riis | V | Serpeverde


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    I giorni, quell'estate, avanzavano lenti, lasciando che Freya si cullasse nel dolce far niente che la faceva sentire sempre più annoiata e frustrata. Viveva troppo lontano, troppo fuori dal mondo perché qualcosa di interessante le allietasse le giornate e, tolti quegli incarichi che i genitori le fornivano soprattutto per levarsela dai piedi, non le rimaneva altro da fare. Il gufo di famiglia era sempre impegnato in qualche commissione per riuscire a mantenere i contatti con gli altri e mai le era stato permesso di possedere qualcosa di così babbano come un telefono. Per fortuna mancava poco al rientro dalle vacanze, per qualcuno poteva essere strano desiderare che la scuola e tutto ciò che comportava riprendesse, ma per chi, come lei, non vedeva l'ora di fuggire dalle costrizioni famigliari era tutto un altro paio di maniche. L'unica cosa che l'aveva salvata da quella routine da suicidio era stato il messaggio di Seth. Benedetto vecchiaccio. Lo ammetteva, oramai aveva cominciato a perdere le speranze, credeva se ne fosse scordato o, peggio, che glielo avesse proposto giusto per farla tacere quella sera nel suo ufficio. Invece, con sua sorpresa, eccolo quell'invito strano e assolutamente misterioso in cui le proponeva di raggiungerlo in Romania senza spiegare altro. Quindi lo raggiunse, ovvio, ridacchiando dentro di sé pregustandosi tutti i momenti in cui avrebbe provato a metterlo in difficoltà solo per il gusto di vederlo tirarsi indietro come un pulcino spaurito. Ormai non sapeva nemmeno se lo faceva per un reale interesse o solo per il gusto di metterlo in soggezione, in memoria di quel sentimento forse infantile che le aveva fatto compagnia per così tanti anni.
    “Riis!” aprì gli occhi di scatto mentre un pesante bussare annunciava la presenza del suo cicerone alla porta. Guardò oltre la finestra, notando un timido sole che si era alzato da poco, e subito la voglia di strangolare quell'energumeno si fece strada in lei. All'alba. Come gli veniva in mente? Si sollevò mettendosi seduta, stropicciandosi gli occhi con tutta la calma del mondo, ignorando le proteste all'entrata e facendolo aspettare per tutto il tempo che avrebbe ritenuto necessario. Si stiracchiò le braccia mentre avanzava in intimo abbandonando così il letto esagerato fornito dall'albergo e, finalmente, aprì la porta ritrovandosi davanti un Lennox in accappatoio che le confuse le idee. Che cazzo. Di nuovo, si stropicciò gli occhi credendo di aver immaginato cose ma no, era davvero mezzo nudo davanti alla sua porta. Sentì la sua mano scompigliarle i capelli, come se l'alzataccia non lo avesse già fatto da sola e tornò a puntare i suoi occhi chiari sulla figura di lui
    -Dormire ti fa così schifo?- mani sui fianchi, cercò di riorganizzare i pensieri che si perdevano tra le fantasie su quello che c'era sotto l'accappatoio, e il suo bisogno fisiologico di tornare nel mondo dei sogni -E perché sei in accappatoio?- tornò a sedersi sul letto, perfettamente a suo agio nell'essere anche lei mezza nuda, sorridendo anzi delle occhiate analitiche con cui l'aveva studiata -Non mi avrai portata fino a qui per andare alle terme, vero?- le aveva promesso di portarla nel suo posto preferito al mondo, se questo fosse stato una pozza d'acqua calda, sarebbe stato molto deludente. Si perse ad osservarlo, facendo scivolare lo sguardo sulla sua figura, e studiandone la muscolatura che lasciava intravedere. Si allungò sul materasso all'indietro, poggiandovi i gomiti così da poter rimanere sollevata abbastanza da poterlo guardare negli occhi e, doveva ammetterlo, anche per lasciare che lui la fissasse ancora, e per vedere quanto tempo ci avrebbe messo perché l'immagine di suo fratello, nonché migliore amico del biondo, facesse capolino tra i pensieri dell'uomo davanti a lei -Spero tu abbia almeno un buon motivo per avermi svegliata così presto- farle compagnia per esempio. Maledizione. Mancavano solo una decina di giorni alla luna piena e, questa, aveva già cominciato la sua opera di influenza su di lei, o forse era la scusa che si dava per desiderare che l'uomo entrasse nel suo letto. Presto detto, come al solito Seth non aveva nessuna voglia di darle la benché minima soddisfazione, andando a mostrarle direttamente per quale motivo si fosse intrufolato in camera sua ad un orario tanto sfigato
    -Cos.. fermo!- si alzò di scatto tentando di inseguirlo, ma l'ex Grifondoro aveva il suo bel vantaggio, riuscendo a chiudersi in bagno prima ancora che lei riuscisse a sfiorarlo -Seth! Maledizione vieni fuori da li!- batté contro la porta massiccia ma niente da fare, sentì avviarsi il flusso d'acqua e si arrese, sprofondando di nuovo tra le lenzuola del letto a baldacchino, insultandolo mentalmente per il rischio di lasciarla senza acqua calda. Rimase a fissare il soffitto per una manciata di minuti quando, finalmente, si decise a liberare il bagno mostrandosi ancora più scoperto di prima. Distrattamente afferrò un cuscino e glielo lanciò senza pensarci due volte in un vano tentativo di coprirlo alla sua vista ormai provata. Sembrava lo stesse facendo apposta, che si divertisse a provocarla, come fosse il gioco di un quindicenne che poi non aveva nemmeno le palle di concludere quello che aveva iniziato. Uno zotico.
    -Ma sei serio?- domandò quando lui si accertò del suo appetito -Lo sai che ho sempre fame- continuò con una smorfia sentendo il suo stesso stomaco brontolare. Si alzò, andandosi a posizionare davanti a lui e scrutandolo in cerca di indizi -Ed esattamente perché mi hai portata qui?- la curiosità faceva parte di lei, e se avesse potuto scoprire di più su quello che sarebbero andati a fare, se proprio dovevano lasciare quella camera, allora tanto valeva indagare a fondo
    -Ti farò l'onore della mia compagnia, tanto offri tu!- gli sorrise angelica così che non potesse rifiutarsi -E vedi di sbrigarti, ho bisogno di caffè- una dipendenza da cui dubitava si sarebbe mai separare. Poi eccolo li, il pensiero che sapeva sarebbe arrivato, la preoccupazione verso il maggiore e più protettivo dei suoi fratelli, che sapeva cosa Freya aveva sempre provato per il suo stravagante amichetto. Sorrise. Dapprima un sorriso appena accennato, quasi timido, che si trasformò subito dopo allargandosi ogni secondo di più fino a mostrare una fila di denti perfettamente allineati. Gli occhi si socchiusero, dandole un'aria quasi maligna mentre lo osservava in silenzio beandosi di quella sua preoccupazione mal celata
    -Stai tranquillo, Seth- la testa si piegò leggermente verso la spalla continuando a sorridere come una bambina dispettosa che ne aveva combinata un'altra delle sue -Gli ho scritto ieri sera, gli ho detto che avevi organizzato un appuntamento per noi due e non ci sarei stata per un paio di giorni- oh, come si divertiva. Già immaginò gli scenari a cui il fratello avrebbe pensato e, soprattutto, il terzo grado che avrebbe fatto al professore non prima di averlo attaccato al primo muro disponibile -Immagino lo riceverà entro oggi. E ora, se non ti dispiace- le mani si mossero andando a posizionarsi dietro la schiena, sganciando il gancetto del reggiseno che si apprestò a sfilarsi senza battere ciglio, il pudore non era di casa, per poi lanciarglielo come aveva fatto poco prima con il cuscino cercando di mirare direttamente alla sua faccia -Ora tocca a me fare la doccia- si voltò incamminandosi verso il bagno continuando a ridacchiare tra sé e sé -Lo sai che se la facevamo insieme risparmiavamo tempo?- si chiuse la porta alle spalle e, finalmente, poté dedicarsi a se stessa.
    Trascorsero circa trenta minuti fino a quando si considerò pronta. Non aveva la minima idea di dove sarebbero dovuti andare ma poco importava. Soldi in tasca e bacchetta alla cintura, uscì dalla sua camera per andare ad annunciare la sua presenza davanti alla porta di Seth
    -Ehi, nonnetto- bussò calciando leggermente con la punta delle scarpe scure -Ci muoviamo? Io ho fame!-

     
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    Un mattiniero. Lo era sempre stato. Non amava poltrire nel letto fino ad orari indecenti. La sua giornata ideale prendeva il via con un buon allenamento, doccia, colazione per poi dedicarsi al lavoro, quello vero tra le mura di Hogwarts. Da quando, però, la scuola era giunta al termine, la sua routine aveva subito un drastico cambiamento, facendolo passare per il fannullone di turno. Si era impigrito ma non quel giorno. La sua tabella di marcia lo vedeva già in ritardo e tutto per colpa della sua dannatissima stanza, non al passo con l’era moderna. Andiamo. Si era preso la briga di sfogliare fior fiore di pagine internet per scovare il meglio che potesse offrire un soggiorno in Romania e quelli erano i risultati? Che tristezza infinita. Stava per rimpiangere la sua, tanto adorata, Inghilterra, quando si rese conto di non essere propriamente sprovvisto di alternativa a quella di rinunciare alle sue abitudini. Freya Riss, in tutto il suo splendore, occupava la stanza proprio di fronte alla sua. E allora, perché non richiedere asilo politico, in nome di quella vecchia amicizia che li legava a doppia mandata? Ottima idea. Perché non ci aveva pensato prima? Si sarebbe evitato quello stress, colpevole di increspargli quella pelle perfetta che ancora oggi, dopo ben trentatré anni, lo aiutava a fare colpo sull’universo femminile. Non era il momento di tergiversare e pensare alle sue conquiste. Urgeva, assolutamente, la collaborazione della mora dagli occhi magnetici per arrivare vivo alla fine della giornata. Bussò, prima lentamente per poi aumentare il ritmo, così che potesse non sfuggire al, di per sé, sensibile udito della fanciulla dal piccolo segreto. Insomma, quella sua propensione, avrebbe giocato a suo favore. Ed infatti eccola, in tutta la sua bellezza, palesarsi davanti a lui. Un colpo al cuore. Cosa, cosa? La osservò, fingendo disinteresse ma, in quella stanza, a quanto pareva, a nessuno sembrava fregare qualche cosa del pudore. “Complimenti alla Singnora Riis!” Commentò distratto da quel ben di Merlino. Scrollò la testa, costringendosi a lasciar scivolare via le sue iridi dal corpo della Serpeverde, celando così i suoi più impuri pensieri che, sì, avevano assalito la sua mente, non appena la oramai giovane donna, era comparsa sulla soglia della porta. ”Dormire ti fa così schifo?” Ghignò, ricorrendo alla sua solita aria da perfetto idiota. “Dormire solo? Sì, mi fa schifo, effettivamente. Ci fosse stata qualcuna in grado di tenermi a letto più a lungo…” Le scompigliò i capelli con la mano, un gesto di poco conto ma così familiare da renderlo quasi naturale. Le strizzò l’occhio, alludendo a qualche cosa che potesse provocare in lei una reazione, un qualche cosa che avrebbe dato inizio ad uno dei loro battibecchi, volti a punzecchiarsi a vicenda. Nulla di nuovo. Un botta e risposta che avrebbe solo sottolineato il fatto che, si trattava pur sempre della sorellina del suo migliore amico e che, no, non sarebbe caduto nella sua rete di provocazioni così facilmente. Anche se, a dirla tutta, non avrebbe affatto disdegnato la cosa. “Vuoi che me lo tolga?” Domandò, inclinando il capo, come se quella fosse una sfida vera e propria e poi aveva perso il conto di tutte le donne che l’avevano visto nudo. La Riis andò a sedersi sul letto, esponendo ciò che aveva da offrire in termini fisici, all’attenzione di Seth, per nulla insensibile. Le terme. Che idea stupida. Lo stava distraendo. “Ti sembro il tipo da terme?” Più da palestra o da campo da quidditch ma le terme rimanevano un passatempo, sì rilassante, ma privo di quel fuoco di cui aveva bisogno per sentire di essere vivo, giorno dopo giorno, sempre di più. Le aveva promesso di portarla in uno dei suoi luoghi preferiti, così aveva fatto, tacendo ed omettendo la cosa anche al suo migliore amico che, diciamocelo, gli avrebbe cavato gli occhi dalle orbite se fosse venuto a conoscenza non solo del viaggio ma anche di come si era azzardato a guardare la piccola di casa Riis. Chi poteva fargliene una colpa? Era lì da vedere. Chiunque non si sarebbe girato dall’altra parte, davanti a quel panorama. In fondo era pur sempre un uomo, con testosterone annesso e l’astinenza che, oramai, lo rendeva sensibile al più flebile contatto, figuriamoci a quella visione celestiale. Si adagiò sui gomiti, stendendo il corpo sul materasso, consapevole di essere lì, sotto il suo sguardo attento. Seth non si lasciò scappare neanche il più piccolo dettaglio. Solo Merlino sapeva cosa lo trattenesse dal non gettarsi su quelle forme, esposte quanto bastava per annebbiargli il buon senso che tanto decantava. Deglutì. La difficoltà iniziava a farsi sentire. Fece qualche passo in avanti, come se stesse zoomando l’immagine già abbastanza chiara. “Mia dolce Freya.” Iniziò, con tono cantilenante. “Sempre più sfacciata.” Una realtà innegabile, in fin dei conti. Una realtà che, doveva ammetterlo, rischiava di piacergli più del dovuto –anzi, del potuto-. “Una doccia. Nulla più, purtroppo.” Non ci pensò minimamente a celare ciò che avrebbe fatto realmente. Che gli importava? Erano lì, lui e lei, senza nessun impedimento se non dal punto di vista morale che, poi, sarebbe servito a qualche cosa? Forse a far esplodere il desiderio, già in crisi. Scattò e si infilò nel suo bagno, facendo scattare la serratura, con un repentino gesto della mano. Sentì i suoi lamenti e il suo insistere nel bussare. “SONO NUDO; FREY!” Lagnò, alla stregua di un bambino di dieci anni. Non gli ci volle molto per tornare da dove era venuto, coperto esclusivamente da uno dei candidi asciugami, gentilmente offerto dall’hotel. “Ma ehi” Il cuscino giunse a destinazione, senza trovare ostacoli, dritto sulla sua faccia. La sua mano lasciò andare il nodo che aveva, appena abbozzato e il telo, minacciò pericolosamente di scoprire tutte le sue grazie. “Se vuoi vedermi nudo, mia cara, basta chiedere.” L’atmosfera fu smorzata da un cambio di argomento, forse per abbassare la temperatura che, involontariamente –o forse no-, si era alzata.
    Con un cenno del capo, accolse la sua buona intenzione a presenziare al banchetto al ristorante. ”Ed esattamente perché mi hai portata qui?” L’uomo roteò gli occhi. Tutta quella fretta di sapere. Ma, d’altro canto, la pazienza non stava di casa. “Lo scoprirai più tardi. Da sola. Niente anticipazioni.” E se fosse riuscito a togliere gli occhi da lei. “Offro io. Te l’avevo promesso, no? E poi mi sento in colpa nei tuoi riguardi.” Tutti gli anni passati ad ignorare quella ragazzina così triste per non avere la possibilità di seguire il suo fratellone nelle sue ripetute baldorie. Che tristezza. Già, suo fratello. Oliver. Il ragazzone dal fare burbero. Eppure, proprio con lui, aveva trascorso i momenti più felici della sua intera esistenza e, proprio per questo motivo, l’idea che si facesse un’idea sbagliata su quel loro viaggio, lo metteva a disagio. Freya, però, non mancò l’occasione di gettare tutto sul puro istigamento. Ridusse gli occhi a fessura e cercò di captare il minimo segnale che indicasse la presenza di un dannato bluff. No, non poteva aver compiuto una mossa così sciocca. Quello che ne venne dopo, ebbe dello sconvolgente. La mora si portò le mani dietro la schiena e si sganciò il reggiseno per poi voltarsi verso di lui. Che aveva in quella testa? Seth fece qualche passo in avanti, fino a quando non riuscì ad arpionarle il braccio, obbligandola a voltarsi verso di lui. La strattonò leggermente, fino ad incollarsela al suo petto. Pelle contro pelle. I loro corpi aderivano perfettamente. “… sì, mi dispiace.” Sentiva il suo calore e la osservava così da vicino da potersi specchiare nei suoi occhi chiari. Posò le labbra sulla sua fronte, passando il braccio dietro la sua schiena, lasciando che la mano scivolasse a sud. “Freya. Freya.” La lasciò andare, ritraendosi ed evitando il peggio. “Sono un uomo.” Ma va? Tornò verso la porta. “Ed è tutto sbagliato.” Schifosamente sbagliato ma dannatamente eccitante. “Sarà per la prossima volta.” Ironizzò.

    Una volta fatto ritorno nella sua stanza, le mille paranoie fluttuarono lì, davanti a lui. “Che cazzo ho fatto?” L’istinto aveva preso il sopravvento e non succedeva da quando si era portato a letto quella che poi si era rivelata essere una sua studentessa. Si passò le mani sul volto, pronto ad espiare i suoi peccati quando, improvvisamente, la Riis, interruppe il suo mea culpa
    Spalancò la porta e la osservò. “Nonnetto?” Ancora che metteva in dubbio il fatto che non fosse tempo per l’ospizio? “Hai così fretta?” Domandò, poggiando il palmo della mano sul muro. “Perché sei così impaziente?” Forse voleva allontanarsi dalle stanze? Beh, non aveva tutti i torti.

     
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    Freya Estrid Riis | V | Serpeverde


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    Cazzo di problema avevano le persone mattiniere? Dai. Davvero, non capiva come si potesse decidere di alzarsi presto, abbandonando le braccia di Morfeo, ed iniziare subito a, bo, fare cose, quando l'alternativa era poltrire, stiracchiarsi tra le lenzuola fresche attorcigliate attorno al proprio corpo, rilassarsi e sprecare meno energie possibili per quanto più tempo si potesse. Era la parte più bella della giornata, soprattutto quando non si aveva nulla di impellente da fare dopo tipo seguire qualche lezione o interagire con sua madre, quei minuti di vivo rilassamento e beatitudine in cui si rimaneva ancora per un po' in quel limbo a metà tra il sogno e la veglia, in cui godersela proprio per riuscire a far partire la giornata con il piede giusto. Invece, quel giorno, gli Dei dovevano avercela con lei perché il risveglio fu tutt'altro che piacevole. Niente limbo, niente relax, niente di niente, solo un frenetico e fastidioso bussare alla porta che le avrebbe fatto prendere volentieri a cuscinate la persona che stava facendo tutto quel casino dall'altra parte dell'uscio. Seth, maledetto sia l'inferno da cui era sbucato quel ragazzino troppo cresciuto. Non si fosse trattato di lui se lo sarebbe davvero mangiato vivo ma, una volta aperta la porta, e averlo visto semi svestito, la cosa era passata in secondo piano. Alzò gli occhi al cielo al suo commento, prima la svegliava all'alba e poi nominava sua madre, avrebbe dovuto impegnarsi parecchio per migliorare la partenza di quella giornata che aveva tutta l'aria di essere molto lunga
    -Se prometti di non russare ti lascio dormire con me- commentò mentre lui le metteva ancora più in disordine la testa. Avevano tutto il giorno, potevano concedersele altre due ore a letto, per quanto non sapeva se sarebbe stata in grado di dormire sapendolo al suo fianco. Scrollò la testa scacciando quei pensieri che tanto sapeva non avrebbero avuto seguito, concentrandosi su altro che potesse distrarla e cambiare argomento, ma Seth rimaneva sempre il solito, con quella voglia di scherzare che dubitava gli sarebbe mai passata
    “Vuoi che me lo tolga?” sempre con la battuta pronta, ormai non riusciva nemmeno più a coglierla di sorpresa anche se era sempre in grado di farla sorridere. Lui giocava, cercava di provocarla, il problema era che ormai Freya sapeva che erano solo chiacchiere, glielo aveva fatto capire più di una volta, la sfidava quando era lui per primo a tirarsi in dietro
    -Si- infatti fu la risposta di lei, stesa sul letto sollevando un angolo della bocca. Perché mai avrebbe dovuto rifiutare, in fin dei conti? Era lui che si faceva le paranoie, lui che era un suo professore, lui che credeva di dover pensare prima ad Oliver. Non era la mora a far cadere le provocazioni nel nulla. Era solo un sadico.
    -Mi sembri uno che non sa più divertirsi- come già gli aveva accennato nel suo ufficio, eppure scherzava, perché se c'era una cosa che Lennox non avrebbe mai abbandonato era proprio il divertimento. Il dubbio era lecito in ogni caso, non capitava spesso che le persone se ne andassero in giro per gli hotel in accappatoio se non per andare alla spa ma, ancora, non le era chiaro perché proprio a quell'ora. Si lasciò guardare, studiandolo a sua volta, felice di constatare che gli occhi che un tempo la osservavano bonari e divertiti per la ragazzina che era, ora, avessero lasciato il posto ad uno sguardo più consapevole delle donna che era diventata, per quanto giovane. E se, per un fugace attimo, aveva pensato che a quelle occhiate sarebbe seguito qualcosa di più divertente che una gita alle terme, il mentecatto che aveva di fronte la riportò con i piedi per terra sgretolando i suoi sogni lussureggianti. Tirò un ultimo calcio non troppo pesante alla porta e, abbattuta, se ne tornò a raggomitolarsi tra le coperte, ben magra consolazione. Lasciò che le lenzuola si avvolgessero attorno alle sue gambe, chiuse gli occhi cercando di far spaziare la fantasia in ben altri lidi così da abbandonare ogni perversione che le era sovvenuta alla mente e, quando Morfeo stava giusto per stringerla ancora tra le sue braccia, ecco che l'uomo poco cresciuto fece di nuovo ritorno nella stanza, spazzando via ogni suo buon proposito e riportandole alla mente pensieri ancora più intrusivi. Osservò quelle rade goccioline d'acqua che ancora solcavano il suo corpo nerboruto desiderando quasi essere una di esse
    -Se volessi vederti nudo, Seth, sarei io a spogliarti- gli sorrise, molto meno angelica di quanto volesse sembrare, a metà tra il divertito e l'esasperato per quelle sue battute continue. Sembrava lei l'adulta tra i due quella mattina, ma solo perché era consapevole che non l'avrebbe mai sfiorata con un dito. Era solo convinta che quello fosse il suo modo di ripagarla per le provocazioni che lei stessa gli aveva lanciato a scuola, luogo in cui più che non mai il professore aveva le mani legate. Ed ecco che l'idea di legargli i polsi si fece strada prepotente in lei, dannati pensieri invadenti. Fu un bene che il discorso virasse sul cibo, l'idea di una colazione abbondante seguita da una damigiana di caffè era l'unica cosa, in quel contesto, che potesse far dirottare altrove la sua attenzione.
    -Fai bene a sentirti in colpa- mise su un'espressione imbronciata, da quando si era svegliata non faceva che darle mazzate su mazzate. Passi la frustrazione generale in cui la stava lasciando, sarebbe stato carino almeno sapere perché si trovassero nell'est Europa e cosa Merlino avesse in mente per lei. La curiosità la stava dilaniando da quando aveva letto il messaggio. Voleva sapere cosa fosse a scuotere il cuoricino dello stoico professore di Volo, quale fosse il suo posto preferito e, soprattutto, perché
    -Dai fammi uno spoiler, uno piccolo!- portò pollice ed indice della mancina quasi a sfiorarsi per sottolineare quanto le bastasse poco per farselo andare bene. Sapeva accontentarsi ma, dopo essersi fidata, aver raccattato le sue cose in fretta e furia, essere sparita senza dare spiegazioni ai genitori che gliel'avrebbero fatta anche pagare ed essere finita in quell'hotel uscito dagli anni '20, come minimo un piccolo anticipo glielo avrebbe potuto dare!
    Continuò a sorridere mentre osservava il fumo uscire dalle orecchie dell'ex Grifondoro che tentava di capire se stesse scherzando o meno sull'aver avvisato il suo miglior amico, ma da lei non avrebbe saputo altro. Non aggiunse nulla che potesse fargli credere che stesse scherzando o meno, beandosi di quella sua indecisione e lasciandolo crogiolarsi nel suo brodo. Tuttavia fece altro, non volendo essere da meno in quanto provocazioni, si liberò del reggiseno senza il minimo imbarazzo sotto lo sguardo sconvolto di lui, felice di avergli almeno fatto scaturire una reazione. Era pronta ad abbandonare la stanza quando sentì la mano di Seth afferrarle il braccio. Se avesse voluto avrebbe potuto liberarsi di quella presa in un battito di ciglia, avrebbe potuto lasciare che lui la strattonasse invano senza smuoverla di un passo, ma non volle farlo. Lo assecondò, lasciandosi trascinare fino ad aderire perfettamente al corpo di lui con ogni centimetro di pelle lasciata scoperta. Sentì il calore invaderla mentre ancorava gli occhi in quelli altrettanto chiari del giovane insegnate intanto che il cuore accelerava il suo ritmo martellante per l'eccitamento che la situazione aveva creato, almeno in lei. Perché lui non sembrava dello stesso avviso, baciandole la fronte come faceva fino qualche anno prima come fosse stata anche una sua sorella minore. Sembrava che nulla lo avrebbe discostato da quel modo di rapportarsi a lei. Un brivido le percorse la schiena li dove la sua mano la sfiorava, ma non ebbe nulla più di quello. La lasciò andare e, ormai arresa, arrivò ad accettare il fatto che anche lei avrebbe dovuto lasciare andare quel desiderio infantile che ancora si portava dietro -La prossima volta? Credi davvero sarai così fortunato?- ridacchiò nascondendosi dietro la porta della stanza da bagno, decisa a non mostrare che, in realtà, non era stato affatto piacevole sentirsi rifiutata per l'ennesima volta. Forse l'ultima. Tornò da lui solo una volta pronta, meno felice ma comunque curiosa di scoprire cosa l'aspettava
    SgjZa
    -Sono impaziente perché ho bisogno di un caffè- lo afferrò per il polso senza attendere oltre e se lo trascinò giù per le scale fino ad arrivare alla sala ricca di tavoli che non guardò nemmeno, andando diretta a riempirsi una grossa, davvero grande, tazza di caffè. Si sedette sorridendo annusandone il profumo e prendendone una prima sorsata che le scaldasse ogni parte di lei -Molto meglio- tornò quindi a dedicare la sua attenzione all'uomo che le sedeva di fronte, evitando di tornare con il pensiero a quello che era avvenuto poco prima per non guastarsi il resto della giornata -Ok, quindi? Ora puoi dirmelo o devo aspettare ancora?- chiese impaziente con gli occhi luccicanti di curiosità. Aspettare non era una qualità che si portava dietro, ne aveva altre nascoste da qualche parte, ma la pazienza non era un elemento che avrebbe mai potuto aggiungere al suo curriculum.
    -Almeno dimmi se è qualcosa che devo vedere, o magari qualcosa che faremo- e immaginare cosa, Seth, avrebbe potuto farle fare, fu davvero la scintilla che la fece preoccupare. Da quello strano ragazzone era possibile aspettarsi di tutto, da un giro a cavallo ad un lancio da un ponte con una corta legata alla caviglia. Da una passeggiata sulla spiaggia ad una gita in mezzo ai Troll di fiume, esperienza già vissuta e che avrebbe evitato di ripetere molto volentieri -Non mi avrai portata fino a qui per chiuderci in qualche Night club o qualche casinò, vero?- due possibilità a cui non aveva pensato fino a quel momento. Addentò una fetta biscottata cosparsa di marmellata e rimase in attesa, continuando ad affondare il naso nella sua tazza di caffè nero come la sua anima di mostro, come amava dire la sua adorabile mammina.

     
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    Quella ragazza l’avrebbe condotto, man mano, al manicomio. Sulla via del non ritorno. Insomma, alla follia. Il suo modo di fare, di porsi, di giocare con lui, riusciva sempre a metterlo in difficoltà con estrema facilità. Lui, un uomo fatto e finito, inebetito a causa della presenza di quella giovane donna nel suo spazio vitale. Imbarazzante. Dirlo in giro gli sarebbe costata la reputazione. Eppure, udite udite, la realtà poteva essere riassunta, tranquillamente, in quel modo. Il perché? Materia oscura che, probabilmente, sulla quale sarebbe stato meglio non indagare affatto, per non incombere in tragedie greche di dimensioni esagerate. Roteò gli occhi e li puntò, categorici, su quell’esile figura per niente indifesa. Oh, sì! Sapeva il fatto suo. La squadrò attentamente, maledicendosi mentalmente di non aver calcolato la possibilità che si trovasse in déshabillé a quell’ora del mattino –possibilità pressoché scontata-. Dannatamente bella. Disarmante. Perse le parola ma, per non destare sospetti, dovette presto riprendere le redini di quella situazione che, in caso contrario, sarebbe potuta degenerare in qualche cosa di cui, sicuramente, si sarebbero entrambi pentiti. Oppure no? Mistero della fede. Il rischio? Grande. Il prezzo da pagare? Troppo alto. Gli era capitato di trovarsi in difficoltà, certo che sì, ma quel frangente gli fece rimpiangere i giorni difficili in cui, per una fottuta scommessa persa, si era dovuto obbligare a rifiutare ragazze interessate a lui per un intero mese. Bei tempi. ”… ti faccio dormire con me.” Le stava ancora, fanciullescamente, scompigliando i capelli quando arrivò la stoccata. Se solo non fosse stata una sua studentessa. Se solo non fosse stata la sorella del suo migliore amico. Se solo… Piantala, testa di cazzo. Non puoi! Sospirò grato alla sua coscienza di lavorare in maniera impeccabile, altrimenti qualcun altro avrebbe preso il sopravvento, offuscando la ragione e no, non pareva proprio il caso. La fissò, intensamente, dritto in quelle iridi smeraldine, pronto a ribattere, utilizzando lo stesso metodo provocatorio. “Sei proprio sicura che riusciresti a dormire, in quel caso?” Quanto avrebbe voluto vederla vacillare ma, d’altra parte, ammirava quel suo atteggiamento sarcastico capace di conferirle quell’ironia che, lui stesso, ricercava in una donna. Ok. L’attrazione nei suoi riguardi era evidente, innegabile ma la cosa giusta? Quale sarebbe stata? Di certo non cedere alla carnalità, lì e subito. Eppure, neanche provocarla per poi effettuare un passo indietro, non dava la giusta soddisfazione. ”Sì.” Cosa? La sicurezza nel rispondere a quella domanda che avrebbe messo in crisi gran parte dell’universo femminile, lo portò a riflettere su quanto, in realtà, fosse cambiata quella ragazza dall’aria ingenua. Fece qualche passo in avanti, giungendo accanto al letto prima di subito. “Desideriamo tutto e due ciò che non possiamo avere.” Le accarezzò il viso, delicatamente, quasi a volerla lasciare con il dubbio che non si sarebbe fermato a quello. Il desiderio esplose in lui. Scene be poco sacre si fusero nella sua testa. Una sopra all’altra. Lasciandogli l’amarezza di quegli scenari che, al momento, avrebbe dovuto accantonare.
    ”Mi sembri uno che non sa più divertirsi.” Dissentì. Quale orrore. Lui e il divertimento? A braccetto, sempre e per sempre. Forse il passare del tempo gli aveva imposto alcuni stop forzati ma, in tutta franchezza, riusciva a tenere testa al più insulso ventenne, convinto di avere il mondo nelle proprie mani. Insinuazioni senza alcun fondamento. Lui. Alle terme. Solo se in compagnia di un bel vedere e, con la Riis, da quel che poteva vedere, non sarebbe servito neanche munirsi di vasca idromassaggio. Spettacolo gratis, gentilmente offerto dalla casa. “Mi piaci, Frey!” Esclamò divertito. “Cerca di non farti odiare!” Non vi era niente di più pericoloso di un Seth risentito a causa del suo sentirsi vecchio. Si barricò nel bagno, lasciando che l’acqua lavasse via quella coscienza che, senza neanche fare nulla, si era macchiata di quella lussuria che non riusciva a tralasciare. Cazzo!! Al di là della porta vi era l’oggetto del suo desiderio. Inavvicinabile. Intoccabile. Fuori portata. Appoggiò la fronte al muro e spalancò il rubinetto dell’acqua fredda la quale cadde, prepotentemente sulla sua pelle già fradicia, nel tentativo di raffreddare quei bollenti spiriti. Rapido. Indolore. Doveva uscire da quel bagno e, successivamente, da quella stanza senza arrecare danni esistenziali a sé stesso e alla mora. Beh, i buoni propositi, si sa, sono fatti per essere mandati a puttane. Ed eccola di nuovo giocare in attacco, non appena Seth si affacciò. ”… sarei io a spogliarti.” Il ghigno sul suo volto lo confuse a tal punto da non riuscire a calibrare l’intensità della risosta derivata da quell’istigazione violenta. “Vuoi fare un tentativo? Potresti essere fortunata.” Lasciò scivolare le braccia lungo il corpo, mostrandosi per quel che era. Centimetro per centimetro, fatta eccezione per la porzione di pelle, coperta da quello striminzito asciugamano candido. “Non dovresti fare molta fatica. Non sono bravo a fissare gli asciugami in questo modo.” In compenso se la cavava molto bene a slacciare i ganci dei reggiseni. Niente male ma era davvero giunto il momento di focalizzare l’attenzione altrove e quelle lenzuola sarebbero saltate via, così come quei miseri pezzi di stoffa che coprivano, disgraziatamente, le sue curve perfette. Fece spallucce, sapendo di averle arrecato delusione in passato, nel rifiutare la sua compagnia durante le bravate con suo fratello ma era pur sempre una bambina: Un esserino indifeso da proteggere dalla cattiveria del mondo. “Ok.” Un piccolo spoiler non avrebbe fatto male a nessuno, soprattutto se falso. “Passeremo tutto il giorno a letto. Io e te.” Ridusse gli occhi a fessura, gongolando. “Insieme.” La voce si fece profonda. “Che ne dici?” Si passò la lingua sulle labbra mentre un sopracciglio si inarcò, in attesa di una risposta all’ennesimo tentativo di creare in lei una reazione. Uno scambio equo. In più, se fosse stato vero il fatto che suo fratello fosse a conoscenza del loro incontro clandestino, morto per morto, tanto valeva divertirsi. Quel che ne derivò dopo, però, andò ben oltre le sue aspettative iniziali. La verde argento si liberò del reggiseno e, con decisione, il giovane professore le fu addosso, incollando la nudità della ragazza al suo corpo ancora umido. Il suo calore lo destabilizzava e quel contatto non fece altro che aumentare il desiderio incontrollabile che, in lui, cresceva minuto dopo minuto, divenendo difficoltoso anche il solo volerlo domare. I loro sguardi si incrociarono, ora più vicini che mai. Tutto così sbagliato, eppure così eccitante non solo dal punto di vista fisico. “Allontanati.” Un bacio fugace sulla fronte, innocente. Tutto ciò che poteva offrirgli. “Forse no.” Sfortunato ma moralmente integro.

    Finalmente i vestiti al proprio posto. Grazie a Merlino. La vena si sarebbe chiusa. Di nuovo il pericolo in agguato? Intollerabile. Tutto sommato, però, aveva ragione. Come potevano fare a meno di un buon caffè. Freya lo afferrò per il polso, trascinandolo verso la sala allestita per la colazione. Il profumo del buongiorno lo raggiunse, invitandolo a prendere parte a quel banchetto che, a prima vista, prometteva davvero bene. La imitò, versandosi una quantità abbondante di quel liquido scuro che, come sempre, fungeva da carburante. La sua impazienza lo divertiva e, allo stesso tempo, infliggeva dubbi. Che stesse scappando da ciò che era avvenuto in quella camera? Tanto meglio. Non era di certo sua intenzione rischiare di tornare sull’argomento che grazie al suo spessore lo avrebbe rincoglionito e lasciato senza parole che spiegassero la avventata reazione. La ascolto attentamente, mentre avanzava ipotesi. “Qualche cosa di pericoloso.” Effettivamente quel che aveva in mente non poteva dirsi sicuro ma se si fossero tenuti a debita distanza, forse, sarebbe stata risparmiata loro la vita. Che simpatico burlone. Certo che non avrebbe permesso che le succedesse qualche cosa. Per chi lo avete preso? “Ho pensato che si sposasse perfettamente con il tuo temperamento, come dire…” Sì, come dire? “… esplosivo!” Un po’ riduttivo ma azzeccato.
    ” Non mi avrai portata fino a qui per chiuderci in qualche Night club o qualche casinò, vero?” Sì, e giocarsi tutto lo stipendio, come se avesse denaro da sperperare. “Acqua, acqua. Riis. Il gioco d’azzardo. Davvero è il massimo a cui riesci a pensare?” E poi non le suggeriva nulla lo stato in cui si trovavano? Eppure la Romania era famosa per quello. “Draghi.” Terminò, senza perdere il contatto visivo, così che potesse captare in prima persona ciò che ne derivava dalla notizia. “Andremo ad osservare i draghi.” Da lontano o da vicino, questo l’avrebbero deciso strada facendo. “Che ne dici? Come primo appuntamento non è male.” Scherzava, ovviamente. Sorseggiò il suo caffè, con l’aria compiaciuta stampata su quella faccia da schiaffi. “Puoi sempre tirarti indietro e ripensare alla possibilità di chiuderci in stanza tutto il giorno per…” Lasciò intendere, ma no. “… giocare a scarabeo O qualche altro gioco da tavola senza senso. “A te la scelta, mia cara!” Ammiccò, consapevole che non si sarebbe mai tirata indietro davanti a quel tipo di avventure.

     
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    Freya Estrid Riis | V | Serpeverde


    Non era mai stata una ragazza particolarmente ingenua e non ci teneva neppure a risultarlo. Era sempre andata dritta come un treno alla conquista di ciò che voleva, a volte andava bene, a volte meno, ma non era la possibilità di un fallimento a frenarla quando qualcosa la interessava. In realtà le persone ingenue non le andavano nemmeno troppo a genio, il più delle volte le facevano sollevare gli occhi al cielo per quanto risultassero sciocche secondo il suo giudizio ma, talvolta, fingere di esserlo era divertente. Non che fosse credibile, e non ci teneva neppure a risultarlo anzi, era quasi più divertente far intendere che quella fosse una recita e vedere se avrebbero deciso di assecondarla o meno
    -Oh- finse un'espressione sorpresa e, per l'appunto, ingenua -Perché? C'è forse altro che potremmo fare a parte dormire?- sbatté le lunghe ciglia scure inclinando appena il capo. Ma non finì qui, gli si avvicinò voltandosi e poggiando la schiena contro il petto semi coperto di Seth, prendendogli le braccia e portandole ad avvolgerle la vita in quello che era, a tutti gli effetti un abbraccio. Voltò il capo verso il viso dell'uomo per tornare ad osservarlo come nulla fosse -E io che speravo avremmo dormito a cucchiaio- gli schioccò un bacio sulla guancia mascherando una risatina e lo lasciò andare, così come avrebbe dovuto fare anche nella sua testa. Stesa sul letto ad osservare il professore che camminava per la sua camera, si continuava a domandare cosa ci facesse li e, soprattutto, perché continuasse a lanciarle provocazioni che non aveva nemmeno interesse che venissero colte. Che stesse facendo pratica per le sue conquiste future tra quei dinosauri che insegnavano con lui? Sollevò un sopracciglio un po' indispettita sentendosi giusto il passatempo del momento che non avrebbe portato comunque a nulla. Era stanca di sentirsi la ruota di scorta, il tappabuchi per il divertimento altrui, ma non aveva nemmeno intenzione di lasciarsi battere in quel gioco di provocazioni. Merlino com'era difficile prendere una posizione in certi contesti.
    “Desideriamo sempre ciò che non possiamo avere” si lasciò sfiorare il volto rimanendo in silenzio. Di norma era anche vero, il fascino del proibito attirava chiunque e chi affermava il contrario era un folle o un bugiardo ma, in quel particolare caso, quella frase beffarda non credeva rappresentasse la realtà
    -Non puoi o non vuoi?- domandò diretta. Si, lui era un professore, lei una studentessa, blablabla. Però, tecnicamente, non erano a scuola anzi, da li a Settembre sarebbe potuto succedere di tutto e lui avrebbe anche potuto non tornare a scuola. Il problema, se così si poteva chiamare, si poteva anche rimandare. In più, conoscendo il soggetto e le scuse che avrebbe potuto accampare, era sicura dall'ultima volta che aveva controllato che non fosse affare di suo fratello chi frequentasse o meno. E poi, quello che succedeva in Romania, rimaneva in Romania.
    Attese ad occhi chiusi, abbracciata al cuscino, nel vano tentativo di portare i suoi pensieri su altri binari, ma fu un esercizio inutile visto che, il vecchio amico si ostinava a torturarla in tutti i modi possibili. Rise alzando gli occhi al cielo all'ennesima provocazione, prima o poi sarebbe riuscita a metterlo spalle al muro e allora lo avrebbe finalmente visto tirarsi indietro come cucciolo spaventato da chissà cosa. Anche se, doveva ammettere, credere che si trattenesse per il suo ruolo o per Oliver, non erano altro che la scusa a cui si voleva aggrappare per non pensare al fatto che potesse non piacergli, per non sentirsi rifiutata per ciò che era, e parlava di se stessa, non della maledizione scorreva nelle sue vene. Non gliene aveva mai parlato e, era probabile, non lo avrebbe mai fatto. Per quanto la trattasse ancora come la piccoletta attaccata alle sue caviglie, Seth era casa lontano da casa, la paura che potesse guardarla in modo diverso le faceva più paura che se avesse continuato a considerarla una piccoletta pestifera e appiccicosa. Non voleva perderlo, in qualunque modo fosse rimasto nella sua vita.
    S43Lf
    “Passeremo tutto il giorno a letto, io e te. Che ne dici?” non male come programma. Per niente.
    -Tutto il giorno, dici?- il sorrisetto sghembo che l'accompagnava ogni giorno si ripresentò, mentre scostava le lenzuola e batteva il palmo della mano al suo fianco sul materasso, in un chiaro invito ad unirsi a lei. Continuò a fissarlo ghignando, consapevole che non avrebbe accettato quell'invito come nessuno degli altri fatti ed infatti eccolo li, che se ne andava parlando di colazioni e chissà quali programmi per la giornata, quelli veri. Lo aveva ascoltato provocarla, scherzare, giocare con lei e con quelli che sapeva fossero i suoi intenti, aveva incassato e aveva risposto mettendolo davanti all'evidenza del fatto che alla fine, tra i due, quello che non aveva il coraggio, o l'interesse, era lui. Quindi eccola li, che si denudava, in ultimo stuzzicante e folle tentativo di provocarlo per cercare un cedimento, o almeno di metterlo a disagio, ma certo non si sarebbe aspettata la reazione di lui che, invece di darsela a gambe l'aveva stretta a sé. Pelle contro pelle, mentre il desiderio che sentiva verso di lui cresceva, e gli istinti primordiali del lupo che era in lei scalpitavano per essere liberati. Il profumo della sua pelle nuda era una tentazione ad assaporarla, le sue labbra a così breve distanza erano un invito a prenderne possesso e i suoi occhi, di solito gentili, che ora la osservavano con una luce diversa non erano che un catalizzatore per la sua attenzione. Era tesa come una corda di violino, stretta tra le sue braccia forti in un modo che non avevano mai fatto ma, non appena sentì le labbra dell'insegnante posarsi sulla sua fronte, tutto si spezzò riportandola con i piedi per terra dove non era consentito lasciarsi andare in fantasie. “Allontanati”, eppure era lui ad essersi avvicinato. “Forse no”, pavido. Meglio prepararsi e continuare con il programma della giornata.
    Immoderata, Freya era totalizzante sotto ogni aspetto. Non aveva il minimo senso della misura, quando qualcosa non le andava a genio si incazzava con una verve eccessiva, quando stava male cadeva nella depressione più nera, così come quando teneva a qualcuno ne rivendicava il possesso nella sua mente, timorosa che glielo potessero portare via e, nello stesso, spropositato, modo, quando qualcosa le piaceva diventava una vera ossessione. Ecco, il caffè era proprio una delle sue fissazioni. Lungo, nero e non zuccherato, come il tunnel che immaginava fosse la sua vita, avrebbe fatto carte false per gustarsene una tazza gigante a qualsiasi ora della giornata. Se poi si parlava del primo mattino, allora non era nemmeno più una mania, ma un vero e proprio bisogno fisico impellente. Sorseggiando la sua tazza, che suppose fosse in realtà una ciotola per i cereali, sorrise lasciandosi alle spalle le delusioni che aveva subito all'interno di quella camera solo pochi minuti prima. Ormai vi era abituata a quel trattamento da parte sua. Ma certamente non aveva dimenticato il motivo per cui erano li, anzi, era del tutto intenzionata a scoprirlo. Gli occhi le si illuminarono nel sentirlo parlare di pericolo -Sei serio?- domandò sorpresa. Era passato dal non portarla con sé nemmeno ad una normalissima festa, all'invitarla a fare qualcosa che avrebbe potuto metterla in pericolo. Facevano progressi!
    -Esplosiva? Io?- si indicò stupita -Ma che ho fatto?- andiamo, era una coccola. Forse un po' irruente, ma nulla di più.
    Draghi. Quelli veri, quelli degli allevamenti. Quelli con le ali, i corni e il fuoco. Draghi. Posò la tazza sul tavolino e lo fissò a labbra schiuse per lo stupore -Non mi prendi in giro?- domandò seria e, soprattutto, speranzosa. Ora capiva perché quello era il suo posto preferito. La bruna aveva una passione per le creature, magiche soprattutto, e i draghi erano sicuramente le più maestose tra tutte. Chi non era in grado di apprezzarli? Pericolosi, grossi, potenti, aggressivi, un po' come il suo tipo ideale in effetti. Quella, sarebbe potuta essere davvero una bellissima giornata. Si stava già perdendo in fantasie su quello che avrebbero visto o fatto, quando una certa frase la riportò alla realtà
    “Che ne dici? Come primo appuntamento non è male” socchiuse gli occhi riportandoli sull'uomo davanti a sé, sollevando un angolo delle labbra e alzandosi lentamente dalla sua seduta.
    -Primo appuntamento? Quindi vorresti che ce ne fossero altri?- aggirò il tavolo arrivando al suo fianco e, senza chiedere il permesso, si sedette sulle sue gambe, voltando il busto di tre quarti per fronteggiarlo. Gli circondò le spalle con un braccio, reggendosi a lui, mentre con un dito della mano dominante percorse il profilo della mandibola del professore fino ad arrivare al mento, che sollevò. Di nuovo non chiese il permesso, né si preoccupò della sua reazione, avvicinò il volto a quello di Seth e posò le labbra sulle sue in un bacio casto che non tentò nemmeno di approfondire -Sei carino, Lennox- gli sussurrò a fior di labbra -Ma i draghi lo sono di più- sorrise e, senza aspettare una sua risposta, si alzò di nuovo trascinandoselo dietro dopo avergli preso la mano. Si precipitò fuori dalla sala e, subito dopo, fuori dallo strano Hotel
    -Quante specie ci saranno? Pensi potremmo avvicinarci?- camminava spedita senza nemmeno osservarlo, continuando a marciare in mezzo alla strada come nulla fosse -Oddio, pensi ci lascerebbero volare su uno di loro? Che ne so, qualche esemplare addomesticato, da compagnia!- camminò ancora per qualche metro quando si piantò di punto in bianco voltandosi verso il biondino -Si però non so dove dobbiamo andare- piccolo problema insignificante.

     
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    A chi voleva darla a bere? Le sue espressioni ingenue non erano altro che recitate. Finte. Seth aveva ben chiaro chi fosse la donna davanti a lui e non ebbe la più piccola esitazione nello scegliere le modalità con le quali approcciarsi a lei. Provocazione dopo provocazione, entrambi, giunsero in un quello che poteva considerarsi un campo minato. Sì. Se da un lato, Seth, avvertiva il bisogno di porsi sull’attenti per evitare atteggiamenti che lo avrebbero esposto a un potenziale pericolo, dall’altro si trovava attratto da Freya più del dovuto, soprattutto in quella particolare situazione che prevedeva la presenza di un abbigliamento succinto. Troppo per un uomo suscettibile come si considerava lui stesso. Non ci diede troppo peso e, ingenuamente, si lasciò sfuggire battute che un professore non avrebbe mai dovuto rivolgere a una studentessa. Perché, sì, di quello si trattava seppur si trovassero ad una quantità notevole di chilometri da Hogwarts, lontani da qualsiasi occhio indiscreto. Tirò un sospiro, acquistando coscienza di quanto fosse difficile interpretare il ruolo dell’adulto, di tanto in tanto e roteò gli occhi, portandoli al soffitto in segno di totale resa a quella sfacciataggine che cominciava a mettere a dura prova il suo autocontrollo di uomo. La carne era pur sempre carne, per Merlino. Un po’ di tregua. Posò le mani sui fianchi e la scrutò con aria seria, dalla testa ai piedi, senza nascondersi. Se non fossi chi sei, mia cara… Interruppe bruscamente quel pensiero inappropriato e cercò di darsi un contegno mentre, minacciosa, si fece avanti facendo di lui quel che voleva, trovando la sua strada completamente libera da ostacoli. Gli fu addosso, la sua schiena aderì perfettamente al suo petto e l’istinto suggerì scenari che non avevano nulla a che fare con un rapporto amichevole. Rimase immobile. Muto. La voce morì nella gola che, invece, prese a deglutire involontariamente. Seth Wyatt Andrew Lennox in palese difficoltà. Beh, non era una scena che si poteva vedere tutti i giorni. Quando l’ossigeno tornò a circolare nei pressi del suo cervello, finalmente, trovò la forza di reagire a quello che, a tutti gli effetti, era uno stimolo più che invitante. Quindi si abbassò leggermente, giungendo a sfiorare il lobo dell’orecchio della Riis: “Se solo io non fossi io e tu non fossi tu, Freya!” Scandì il suo nome con un tono profondo di voce, ricolmo di rammarico per la verità appena proferita a malincuore. Ne approfittò per stringerla a sé, fino ad arrivare a liberarsi della sua presa e scendere verso sud, sfiorandole il ventre e arrestando la sua corsa poco sopra l’elastico dei suoi slip. “Stanze separate. Mai scelta fu più saggia.” Ardua ma saggia. Negare che la Serpeverde suscitasse in lui pensieri poco puri, era inutile ed infantile. Era lì da vedere. Tangibile e tutto alla luce di quel sole appena sorto sulla nuova giornata. Accolse l’ennesima stoccata, lasciandosi sfiorare la guancia da un bacio casto. Tornò a sdraiarsi e Seth si trovò a scuotere la testa, più per allontanare i pensieri che per il dissenso. Che si credeva? Che fosse tutto rosa e fiori? Che non avvertisse il benché minimo impulso? Forse sarebbe stato meglio ma, d’altra parte, su di loro aleggiava una presenza. Oliver. Provarci con sua sorella non sarebbe stato saggio e, probabilmente, avrebbe posto fine a quell’amicizia prima di subito e per Seth, quel bestione, era un fottuto fratello. ”Non puoi o non vuoi?” Che differenza faceva? Il suo ruolo, la sua condizione e la sua testa di cazzo, non gli permettevano di lasciare andare il dovere, lasciandosi trascinare da quel piacere che, senza dubbio, si sarebbe rivelato interessante se sperimentato. I lineamenti si indurirono, lasciando trapelare quel dispiacere provato a causa della privazione che si era appena auto imposto. “Non posso.” Tagliò corto, in risposta a quella domanda tanto diretta quanto naturale. Guardare ma non toccare o, per lo meno, darsi una regolata e non oltrepassare quel limite che lo avrebbe messo nei guai. “Vorrei poter fingere che non ci sarebbero conseguenze.” Puntualizzò, così da chiarire che non si trattava di lei o del fatto che non l’apprezzasse. Calò lo sguardo su di lei, osservandola abbracciata a quel cuscino e, per un attimo, tornò indietro nel tempo quando non era altro che una ragazzina imbronciata e attaccata alla convinzione di avere il mondo tra le mani. Le stesse che picchiettava sul materasso come chiaro invito a raggiungerla per esaudire quell’ingenua richiesta. Lottò contro quell’indole esplosiva, canalizzando il flusso dei suoi pensieri altrove, lontano da quell’imminente pericolo. Tentativo fallito. Freya volle esagerare, arrivando a credere che denudandosi così, in quel modo, non avrebbe ottenuto alcuna reazione da parte sua. La incollò a sé. Pelle contro pelle, senza lasciare alcuno spazio tra quei corpi. Tutto troppo semplice. Tutto troppo eccitante. Era pur sempre un uomo. Un uomo davanti a una, oramai, donna bellissima e che rispecchiava nei minimi particolare i canoni a lui affini. Fanculo! I suoi occhi chiari andarono ad analizzare, centimetro per centimetro, le labbra carnose di lei, desiderandole sulle sue. Il profumo familiare della sua pelle lo destabilizzò, gettandolo in una sorta di panico smorzato, poi, da un barlume di ragione ancora presente nella sua mente annebbiata dalla lussuria. Si convinse che tutto fosse sbagliato, terminando quell’idillio con un bacio sulla fronte, sancendo in maniera definitiva la sua posizione. Il timore che potesse prenderlo mentalmente, minuto dopo minuto, si fece più acuto così la allontanò controvoglia. Fosse stato un momento, basato unicamente sulla mera attrazione fisica, Seth, l’avrebbe accettato, mettendo in chiaro che qualsiasi cosa fosse successo lì, in Romania, lì sarebbe rimasto ma no. Il discorso aveva tutta l’aria di essere più ampio e più pericoloso di quel che poteva sembrare. Meglio concentrarsi sulle attività per le quali siamo qui. Sì, certo. Una parola. Come se fosse stato facile scordare quel contatto tra nudità. Lasciò la stanza e si andò a preparare per la battaglia.
    Tornato in compagnia, deglutì a fatica, portando a galla un programma niente male che sapeva lei avrebbe gradito. Il pericolo era pur sempre il loro mestiere. Lui da perfetto idiota Grifondoro e lei, beh, per via della sua natura un tantino sopra le righe –così l’aveva sempre definita-. La vide illuminarsi nuovamente, riportando l’atmosfera su un piano decisamente più respirabile rispetto all’imbarazzo sceso tra loro pochi istanti prima. “Io sono sempre serio.” Beh, più o meno, apprezzate lo sforzo. Comunque lo era. Ci aveva pensato tanto se compiere o meno quell’azzardo e poi, alla fine, aveva optato per qualche cosa di fuori dall’ordinario, così da poterla colpire e farsi perdonare per tutte le volte che aveva rifiutato la sua presenza in passato. “Esisti.” E da quel giorno, l’avrebbe reputata non solo esplosiva ma addirittura un pericolo per l’incolumità di quei poveri maschietti che tentavano un approccio puramente amichevole (?) con lei. Draghi. Sì. Quelle creature maestose che, parlando chiaro, piacevano a tutti. Grandi e piccini. Ragazze e ragazzi, senza distinzione. Insomma una fottutissima idea geniale per accaparrarsi le attenzione dell’affascinante sorella del suo migliore amico. Aprì le braccia esterrefatto. Come poteva pensare che la stesse ingannando. “Siamo in Romania. Ti avrei proposto un tour del castello appartenuto al famoso conte Vlad. Sembrava un po’ mainstream.” Troppo convenzionale per un tipo come la Riis. Fece spallucce, negando di prenderla in giro. “Tutto vero, mia cara.” Di lì a poco si sarebbe potuta deliziare con un panorama da urlo e, perché no, forse sarebbe stata così fortunata da poter sfiorare il pericolo da vicinissimo. Chiese il suo parere, per educazione, nonostante potesse già immaginare quale sarebbe stato il suo pensiero. Primo appuntamento? Quindi vorresti che ce ne fossero altri?” Cazzo. Che libertà si stava prendendo? La fiamma che credeva sopita si riaccese. Rimase immobile, subendo ogni gesto posto in essere contro la sua persona e la inchiodò con lo sguardo, implorante, come se le chiedesse tacitamente di terminare quella tortura che lo stava incasinando. E poi? Poi il bacio. Le labbra della verde argento si posarono caste su quelle del professore. Non rispose. Insieme si alzarono e raggiunsero il sentiero che li avrebbe portati dritti alla loro meta. La sua mente elaborava ciò che era appena accaduto mentre al suo fianco Freya, come se nulla fosse, continuava a porgli domande a raffica. “Da quella parte.” Ignorando i quesiti precedenti a causa della sua concentrazione verso qualche cosa che esulava dall’argomento. Approfittò della quiete e la prese per mano, addentrandosi nella vegetazione rapidamente, senza un apparente motivo. “Che era quello?” Forse sarebbe stato meglio essere più specifici, a scanso di equivoci. “Quel bacio. Che era?” Mai stato più serio di così. Fece due passi in avanti, bloccandola tra il suo corpo e il ruvido tronco di un albero. “Cazzo, Frey.” Un lamento. “Fanculo!” Passò la mano dietro la nuca della ragazza e con ostentata sicurezza si avventò sulle sue labbra, schiudendole con la lingua, andando ad approfondire quel bacio rimasto tristemente a metà. Si staccò solo quando ebbe terminato l’ossigeno. La fissò incredulo per quanto era appena avvenuto, per niente appagato in quanto avrebbe voluto di più Impossibile. “Sono draghi selvatici.” Rispose con un filo di voce, immaginando uno scenario ben diverso ma caratterizzato dalla stessa insidia. Prese a baciarle il collo, senza freni, mentre le sue mani scesero a sfiorarle il seno per poi terminare la loro corsa sui fianchi. “Selvatici. Pericolosi.” Stava proprio lì il bello.

     
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    Freya Estrid Riis | V | Serpeverde


    S4OPA
    Anni erano passati dalla prima volta che se lo era ritrovato in casa a camminare tronfio dietro quell'armadio di suo fratello e, se la prima impressione era quella che contava, di certo non aveva fatto una grande impressione agli occhi della piccola di casa Riis. Spavaldo, sbruffone, quella punta di arroganza tipica dei poco più che ventenni come lui, all'inizio lo trovava fastidioso ma, incontro dopo incontro, le cose erano cambiate e anche di parecchio. Per una a cui era stato fatto credere che nessuno l'avrebbe mai apprezzata all'infuori dei suoi stessi fratelli, quel biondino che riusciva a farla ridere si guadagnò presto un posto speciale nel suo cuore raggrinzito e zoppicante, e forse era proprio perché non sapeva quel suo segreto che le cose stavano così, ma non aveva intenzione di cambiarle. Le stava bene che non sapesse niente, così da non rischiare che la guardasse con occhi diversi, nonostante fossero gli stessi che la osservavano senza malizia lasciando che si riflettesse in quelle pozze verde chiaro per quello che era: una bambina. Più lui era gentile e divertente, più lei si convinceva che fosse il ragazzo perfetto, più la faceva ridere e la affascinava con le sue storie, più quell'affetto che provava per lui cresceva, arrivando a farle credere che fosse il grande amore. E forse lo era anche stato, per quello che significavano quelle parole a quell'età dove tutto era totalizzante, ma lui l'aveva tenuta sempre bonariamente a distanza, senza mai fomentare in modo volontario quei sentimenti ingenui che erano nati nella bruna. Niente sarebbe cambiato per lui, o così aveva sempre creduto, diventando per lei quel obiettivo irraggiungibile. Certo, non si poteva dire che ad oggi fosse innamorata di Seth, in realtà dubitava che sarebbe mai riuscita a provare nulla del genere per qualcuno, ma quell'affetto era rimasto, così come era rimasto il fatto che lui fosse il ragazzo che non era mai riuscita ad avere, e non solo perché lo avrebbero arrestato per pedofilia. Fu con enorme soddisfazione personale che, in quella camera, aveva potuto constatare che, ora, anche il biondo si era reso conto che quella bambina era sparita da un pezzo o, almeno, poteva sembrarlo all'esterno perché, ogni volta che si parlava di lui, quella ragazzina infantile tornava un po' a riemergere, capricciosa, per sfidarlo in quella lotta senza armi e vedere se sarebbe poi riuscita a farlo cadere in tentazione. Ovviamente non era solo una questione di orgoglio, Lennox era bello da togliere il fiato, e quell'affetto era ancora vivo in Freya, seppur non più così romantico, lasciando un po' di posto al più istintivo desiderio
    -O forse è proprio perché tu sei tu- accennò appena un sorriso reclinando la testa all'indietro e poggiandola contro la sua spalla osservandolo con la coda dell'occhio. Non fosse stato così, nemmeno si sarebbero trovati in quella camera in cui ora la tensione era tangibile. Però Seth aveva ragione, lui era lui e lei era lei, ma va? E questo, purtroppo, avrebbe sempre fatto in modo che quelle provocazioni cadessero nel vuoto e non venissero mai raccolte, purtroppo per lei e per i suoi ormoni impazziti alla vista di lui in quella mise che lasciava fin troppo spazio all'immaginazione. Che volesse assecondare quel desiderio che si portava dietro da così tanto tempo era ormai evidente, come un tarlo nella mente, un chiodo fisso che non l'avrebbe mollata fino a quando non fosse riuscita a soddisfare le fantasie che ormai impazzavano ma, tra i due, quello su cui avrebbe pesato ogni cosa era lui
    “Non posso. Vorrei poter fingere che non ci sarebbero conseguenze” accusò il colpo, sapere che non fosse una questione di volerla o meno era si una vittoria, ma la fece comunque sentire in difetto, a tratti, per quell'insistenza con cui lo aveva martellato senza sosta per provocare in lui un cedimento.
    -Capisco- si limitò a rispondere. Sarebbe stata ora di finirla, mettersela via e passare oltre a quella cotta che si portava dietro da più tempo di quanto avrebbe voluto ammetterlo ma, ovviamente, non sapeva nemmeno da che parte si cominciasse a lasciar perdere qualcuno che aveva desiderato per così tanto tempo, quindi giocò un ultima volta convinta che gli avrebbe strappato un sorriso o un alzata di occhi al cielo, invece si ritrovò quasi completamente nuda e stretta tra le sue braccia. Lasciare andare cominciava a diventare sempre più difficile, e ci si era pure ficcata da sola in quella situazione. Se non fossero bastati gli occhi di lui, in cui il desiderio era ora leggibile, ci avrebbero pensato la pelle accaldata e il cuore accelerato che gli martellava nel petto a dare a Freya la sicurezza che lui la volesse almeno quanto lei voleva lui in quel momento e, se non fosse stato per il professore che mise fino a tutto nel modo più casto possibile, gli avrebbe gettato le braccia al collo per prendersi quello che voleva in barba ai sensi di colpa che solo poco prima le erano venuti. Se quel weekend fosse stato o meno una buona idea era ancora da capire, quello che era ormai ovvio era che le cose, tra loro, sarebbero di certo cambiate in un modo o nell'altro.
    Per fortuna, la colazione venne loro in soccorso, dandogli modo di alleggerire il clima e di farli interagire come persone qualunque davanti ad una tazza di caffè qualunque
    -Seth, ti prego- lo guardò in modo eloquente, tirando un angolo della bocca mentre inclinava il capo nella medesima direzione -Quando mai sei stato serio in vita tua?- ricordava ancora l'ultima occasione in cui ad Oliver venne dato il consenso di invitarlo ad uno dei ricevimenti in casa loro, per la precisione il compleanno di suo padre, in cui i due giocatori di Quidditch avevano ben pensato di cadere il sapone di uova di rane dentro il punch. Decisamente aveva movimentato la serata ed erano riusciti a strapparle ben più di una risata, ma sentirlo ora parlare di serietà stonava con tutto ciò che sapeva di lui
    -Oddio,- continuò poi come se avesse realizzato solo in quel momento una profonda verità -in realtà è un bel po' che non ci vediamo, scuola a parte, magari lo sei diventato davvero- gli sorrise nonostante ci fosse anche un velo di malinconia -Chissà che persona sei diventato!- un adulto responsabile, quello lo aveva dimostrato, sebbene fosse stata lei a farne le spese. Tuttavia, le informazioni che le rivelò subito dopo stonavano con il senso di responsabilità e serietà di cui si parlava. Quale adulto assennato l'avrebbe mai portata in mezzo a dei draghi?
    -Il mio pipistrello si chiama Conte Vladimir, poteva aver senso anche una gita al castello, ma i draghi sono meglio- Sorrise a ottantasei denti felice come un bambino in un negozio di caramelle
    -Grazie Seth- si fece un po' più seria senza abbandonare del tutto il sorriso -Mi ci voleva una pausa- da casa, dalla noia, da sua madre, dai pensieri su se stessa che da anni le arrovellavano la testa. Ormai viveva per quei momenti che le facessero scordare di non essere del tutto normale, li bramava oltre misura, godendosi ogni istante per farne tesoro fino a quando non se ne fosse presentato un altro. Non si sarebbe lamentata del pericolo, anzi, fu più che felice di scoprirlo e non vedeva l'ora di incontrare uno di quei bestioni alati tanto che, abbandonando quella parte razionale che solo pochi minuti prima aveva abbracciato, convinta ormai di voler prendere le distanze da quell'uomo che tanto si preoccupava delle conseguenze, che arrivo a stringere di nuovo le distanze e, anzi, annullarle del tutto baciandolo. Appena accennato, uno sfiorarsi di labbra, dato senza secondi fini nonostante le battute di lui sul riportarla in camera, anche perché era chiaro che solo quello erano, battute, ma ebbe comunque il potere di far nascere un brivido lunga la schiena della ragazza che, già da subito, riprese a fantasticare su quell'uomo che non poteva avere e che stava cercando di non volere, analizzando tutta una serie di motivazioni poco sentite ma molto ragionate, perché restassero solo una coppia di amici che capitava fossero anche professore e studentessa. Lo sentì irrigidirsi, e forse avrebbe voluto ridere di quel suo impaccio momentaneo, lui sempre così strafottente e spavaldo, ma evitò decidendo di prendere in mano la situazione e trascinarlo fuori dall'hotel per incamminarsi li dove le creature attendevano. Mille domande passarono senza filtro dalla sua bocca, cercando risposte che non sembravano arrivare. Sembrava diventato di sale, limitandosi a seguirla senza fiatare ed ignorando ogni quesito
    -Ti senti bene?- aggrottò le sopracciglia mentre, poco distante da loro, un corvo gracchiava appollaiato su un ramo basso di un vecchio albero. Per tutta risposta, si sentì afferrare la mano e lo seguì nella vegetazione
    “Che era quello?” con le sopracciglia ancora aggrottate, Freya lo guardò confusa, faticando a trovare le parole adatte e cominciando a chiedersi cosa ci fosse nella colazione -Ma.. credo fosse un corvo- indicò con il pollice alle sue stesse spalle, che il professore avesse la fobia dei pennuti?
    “Quel bacio, che era?” Ah. Merlino, non sapeva nemmeno lei cosa le fosse preso, o meglio lo sapeva fin troppo bene, ma non sapeva come le fosse venuto in mente visto gli sforzi di lui per tenerla alla larga. Invece no, come al solito aveva fatto di testa sua ignorando quelli che fossero i desideri dell'uomo
    -Oh andiamo, era solo un bacio- si strinse le spalle, in difetto -Fingi fosse sulla guancia, che vuoi che ti dica? Può non voler dire niente, se vuoi- avrebbe mentito a se stessa se avesse detto che non vi era stata dietro un po' di malizia, ma li si sarebbe potuta fermare se solo non si fosse ritrovata, di nuovo, premuta contro di lui ed intrappolata contro un albero senza alcuna via di fuga, costretta a far riaccendere quel desiderio che stava provando a sopprimere
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    -Seth, io n..- ma le parole le morirono in gola quando sentì le labbra di lui premere contro le proprie. Dopo un primo momento di smarrimento, si ritrovò a gettargli le braccia al collo, mandando a quel paese ogni buon proposito a cui si stava appellando, lasciando andare ogni freno inibitorio e schiudendo le labbra per dare il via a quella danza intima fino a quando il corpo non implorò per la carenza d'ossigeno. Lo aveva desiderato per così tanto tempo che ora non sembrava nemmeno reale
    -Cosa?- domandò confusa mentre scendeva a tormentargli il collo. Adesso aveva deciso di rispondere alle sue domande? Ma era serio? -Interessante- non quanto le labbra dello stesso Seth che le baciavano il collo, suo punto debole
    -Oh beh, non sono i soli- ghignò. Con gli occhi velati di lussuria, fisso un punto alle spalle del ragazzo per concentrarsi, dominare gli impulsi e mantenere quel minimo di lucidità indispensabile per non lasciare che la sua parte più animalesca prendesse il sopravvento, per non lasciare che quella parte selvatica diventasse pericolosa per quell'uomo a cui non aveva mai rivelato la sua natura. Intrecciò le dita della dominante tra i suoi capelli chiari, costringendolo a smettere di dedicare attenzioni alla pelle sensibile del collo e prendere nuovamente possesso delle sue labbra mentre, con la mancina, prendeva ad esplorare il suo corpo da sopra quei fastidiosi vestiti intanto che lui faceva altrettanto, facendola fremere sotto le sue mani. Il corvo gracchiò di nuovo in lontananza, risvegliandola da quell'estasi in cui era così incline a cadere. “É tutto sbagliato. Allontanati. Non posso. Ci sarebbero conseguenze.” Le parole di lui le risuonarono nella mente.
    -A-aspetta- con la mano sul petto muscoloso di Lennox, fece pressione quel tanto che bastava perché si staccassero e mettessero una manciata di centimetri da loro -Seth, cosa.. sei sicuro di quello che fai? Che non vuoi fermarti qui?- interrompersi fu quasi doloroso, ma la verità era che ci sarebbe stato altro che avrebbe fatto ancora più male. Non voleva essere un rimorso, non volevo che si sentisse in colpa subito dopo, non voleva che se ne pentisse o che, peggio ancora, se ne vergognasse -Perché a me sta anche bene, ma se da domani non mi guarderai più in faccia- o quella di Oliver -Allora sono io a chiederti di fermarti- e la verità è che non era sicura di quale risposta volesse sentire di più.

     
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    La situazione stava sfuggendo di mano. Quelle provocazioni stavano prendendo una piega ambigua. Nessun ritegno. Freya sembrava non aver alcun interesse nell’arginare la sua predisposizione a sferrare attacchi diretti al suo vecchio amico ma, d’altro canto, Seth incassava e restituiva con estrema abilità, se non per poi terminare il tutto nel nulla cosmico. Che ci tenesse alla pelle, beh, era risaputo ma quella ragazza ce la stava mettendo tutta per metterlo in difficoltà davanti a quelle istigazioni. Che sarebbe accaduto se, mosso dall’istinto, avesse deciso di cadere in quella dolce tentazione? L’avrebbe tenuto per sé, certamente, ma sarebbe riuscito a guardare il suo migliore amico, mascherando il turbamento e i sensi di colpa scaturiti dal fatto di aver desiderato sua sorella? Chi avrebbe potuto dirlo. La mora, però, non escludeva colpi e, minuto dopo minuto, la tensione presente in quella stanza, dava segno di voler aumentare, così come il calore che, ora, avvertiva addosso. Che gli stava accadendo? Mai prima d’ora si era lasciato intimorire da quel tipo di situazioni ma, vero anche che mai si era ritrovato faccia a faccia con il proibito perché, sì, la piccola Riis altro non era che una creatura off-limits, lontana e fuori dalla sua portata. Lui era lui e lei era lei. Dato oggettivo e banale. Sotto agli occhi di tutti. Una verità che, sotto certi aspetti, infondeva un dolore. Disinvolta, come se nulla potesse scalfirla. Un coraggio non indifferente quella della verde-argento. ”O forse è perché tu sei tu.” Poggiò la testa alla sua spalla, lasciandolo interdetto per qualche istante, indeciso sul da farsi. Un senso di inadeguatezza. Rispondere a quella frase sarebbe risultato superfluo ma, nel tono di voce della ragazza, era certo ci fosse una nota di rammarico, come se il significato fosse ben più profondo di quel che si poteva immaginare. Le conseguenze. Oh, sì, sarebbero state moltissime e una peggiore dell’altra. Il gioco doveva valere la candela ma se anche fosse caduto in quella rete che, diciamocelo, si stava creando con le sue stesse mani, quell’idillio quanto sarebbe durato? Un mese? Giusto il tempo di tornare tra i banchi di scuola dove, logicamente, non avrebbe mosso un dito per incentivare una relazione che andava contro ogni etica e morale. Ma a che stai pensando? Sei impazzito? Un milioni di pensieri poco adeguati si annidarono nella sua mente mentre, innocentemente, cercava di uscire da quel labirinto fatto di enigmi e domande sul perché cadesse in panico davanti a una faccenda che sarebbe dovuta essere di facile risoluzione. E invece no. Mai dare nulla per scontato, soprattutto se nei paraggi si trovava un tipo come la sexy serpe, semi nuda che ora si trovava praticamente tra le sue braccia. I loro corpi aderivano e il calore accese in lui la repentina esigenza di darle ciò che, da quel che aveva potuto osservare, avrebbe voluto ardentemente, cambiando radicalmente il corso degli eventi e della loro storia, così casta fin a quel giorno. Ne era certo. Si trattava di una cotta passeggera. Sarebbe cresciuta e la sua attenzione sarebbe stata catturata da uno dei tanti ragazzi della sua età, privo di problematiche e convinto di vivere la loro storia alla luce del sole, cosa che lui non avrebbe potuto donarle a causa delle differenze che li affliggevano in maniera piuttosto evidente. La lasciò andare controvoglia, godendosi quel panorama ancora per qualche istante, fino a quando non fu richiamato all’ordine dal leggero languorino mattutino che stava attanagliando il suo stomaco sotto forma di leggeri crampi. Parola d’ordine? Colazione. La mattinata era iniziata bene ma il cibo avrebbe contribuito a dare l’energia necessaria ad affrontare la giornata che li attendeva. Una giornata folle che le aveva riservato per farsi perdonare di quelle volte in cui, lui e suo fratello, si erano comportati da veri stronzi lasciandola tra le mura domestiche. Sospirò quando il tutto si riassestò, tornando ad un clima più respirabile, alla mano, privo di imbarazzo. Bevve un sorso del suo caffè e, una volta posata la tazza, si posizionò a braccia conserte, come se avesse appena ricevuto una gravissima offesa. “Questa è la considerazione che hai di me?” Quale affronto. Sollevò il sopracciglio destro, fingendosi oltraggiato dalle sue parole. Bambina cattiva e insolente. Non aveva tutti i torti. Gli anni erano passati e i cambiamenti erano stati inevitabili da ambo i lati. Radicali. Profondi. L’adolescente spensierato era andato eclissandosi, lasciando che un uomo diverso, responsabile, si facesse largo. Le delusioni, poi, avevano fatto il resto. L’abbandono materno e il menefreghismo di quel padre che, ora che ci pensava, non aveva alcuna idea di che faccia avesse dopo tutto quel tempo. Le sfighe che gli erano crollate addosso, si erano premurate di cancellare definitivamente la sua spensieratezza alla quale tanto teneva durante i suoi anni d’oro. Lontani ricordi. Per la nostalgia, però, non vi era spazio. “Un uomo tutto da scoprire!” In tutti i sensi! Effettivamente. La provocazione risuonò come un’amara realtà. L’età dell’innocenza non era altro che un lontano ricordo e quella consapevolezza fu come svegliarsi da uno di quei sogni bellissimi e memorabili. Ogni tanto, però, la sindrome di Peter Pan si riaffacciava, dandogli quella parvenza di libertà che mancava in quella vita costellata da doveri. Ed eccolo a proporre di fronteggiare draghi. Quelli veri. Quelli in grado di porre fine alla loro esistenza con un soffio di fiato. “Conte Vladimir?” Domandò retorico. “Sarebbe il tuo animale da compagnia?” Strano ma neanche troppo. Che fosse un tipo sopra le righe non era un segreto per nessuno e lo notizia non fece altro che divertirlo, confermando quanto fosse interessante la piccola Riis. Il suo entusiasmo si accese e quel che accadde fu qualche cosa di estremamente sbagliato ma che, allo stesso tempo, non riuscì ad evitare. Le loro labbra si toccarono appena e quello che sembrava un bacio casto e puro, volto solo a dimostrare quanto fosse felice dell’attività che avrebbero svolto, divenne motivo di turbamento. Lasciò correre, cercando una motivazione per quello slancio verso di lui e, nel farlo, prese a camminare verso il luogo di ritrovo dove sarebbe partito il loro tour alla scoperta di quelle creature maestose e affascinanti. Niente. Liberarsi di quel pensiero fu impossibile, tanto da spingerlo a richiedere immediatamente spiegazioni alla diretta interessata, senza mezzi termini. Tentò di sminuire, furbescamente, riferendosi a un corvo. No. Non l’avrebbe permesso. Puntò i suoi occhi seri addosso alla verde-argento, inchiodandola sul posto ed aspettandosi la verità. Poteva non voler dire nulla ma, per quanto ne poteva sapere, poteva anche voler dire tutto. Tutto o niente? Bella domanda. “Fanculo!” Le mozzò le parole sul nascere, guadagnandosi l’accesso alla bocca carnose ed invitanti della giovane donna, assaporandola e lasciandosi circondare il collo dalle sue braccia. Al comando non vi era più la ragione ma l’istinto, lo stesso che l’aveva indotto in quella tentazione dalla quale non sarebbe uscito facilmente e non senza quelle conseguenze tanto decantate all’inizio quando si era trovato pelle contro pelle con la mora. Quanta forza di volontà aveva avuto. Lasciò le labbra, esplorando ogni centimetro del suo collo, tormentandolo senza pietà, nel tentativo di farle perdere la ragione e lasciarsi andare a quel piacere che sembrava desiderare tanto quanto lui. Le mani presero a muoversi frenetiche, intenzionate a prendere possesso l’uno del corpo dell’altra. Le sfiorò il seno, sopra a quei vestiti maledetti e inutili a quella causa. Puntò i basso e, finalmente circondò le sue natiche, stringendole e costringendola ad avvicinarsi ancora di più, come fosse in trappola nelle sue braccia. Qualche cosa accadde. Un qualche cosa di ambiguo. Un qualche cosa che insinuò il dubbio in Freya che lo allontanò giusto per prendere la parola e porre quella domanda che, tutto sommato, Seth si aspettava. ”… sei sicuro di quello che fai?” Certo che no! Lo faro? Sì. Tipico comportamento da Lennox. Si specchiò nei suoi occhi e addolcì i lineamenti senza proferire parola alcuna, come ipnotizzato. Annullò la distanza e si appropriò delle sue labbra, schiudendole e andando ad approfondire quel bacio al meglio, così che potesse essere di per sé una risposta chiara alle sue domande. La strinse e alla fine prese la sua decisione, prendendola per mano e tornando sui passi appena percorsi, velocemente, in direzione della villa che li ospitava. La hall, ancora mezza deserta, fu percorsa in qualche secondo e in men che non si dica si trovarono al piano dove, una di fronte all’altra, vi erano le stanze. Seth spalancò la porta della sua e, senza perdere tempo, piombò su di lei e la prese tra le braccia, adagiandola sul letto. “Non sono mai stato più di così sicuro in vita mia!” La tranquillizzò mentre, distrattamente, cominciò a lambirla dolcemente, insinuandosi sotto la sua maglietta impaziente di levarla dal suo percorso. “A te sta bene?” Nel dirlo la mano raggiunse i pantaloni di Freya e con un gesto repentino li slacciò. “Perché in tal caso…” Entrò dall’elastico del suo intimo, sfiorandole lentamente la sede del suo piacere. “… potrei continuare.” La istigò, senza arrestare il movimento delle dita che, ancora, la stuzzicavano. “La scelta è tua.” Cessò di parlare, andando a sincronizzare la movenza a sud con quella a nord rappresentata da baci lenti sul collo.

     
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    Freya Estrid Riis | V | Serpeverde


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    Cosa sapeva dell'uomo che aveva di fronte? Molto poco, in effetti, e se ne rese conto solo in quel momento quando, abbandonate le provocazioni, si ritrovarono a parlare davanti ad una meritata colazione. Era facile capire perché, in passato, si fosse presa una cotta colossale per quello che era un ragazzino troppo cresciuto: tolto il suo aspetto che certo aiutava, a parte i suoi fratelli, Seth era l'unico che la trattasse come un normale essere umano, che la facesse divertire e le strappasse sempre una risata in qualunque momento e, agli occhi di una ragazzina vessata in continuazione dalla sua stessa madre, quei momenti erano acqua fresca. Se da una parte vi era la signora Riis, che non faceva che sottolinearle quanto fosse disgustosa e di come nessuno avrebbe mai potuto apprezzarla, all'altra vi era Seth che, senza nemmeno rendersene conto, rimaneva il suo punto fermo per convincere se stessa di quanto la donna si sbagliasse. Eppure ben poco sapeva dell'uomo che era diventato, certo non era a Freya che raccontava i suoi segreti o i suoi sfoghi, nessuna idea del suo passato o della sua famiglia, neppure dei suoi desideri. Di lui conosceva solo quella personalità sempre sul filo dell'arroganza ma che nascondeva solo gentilezza
    -Bhe ho detto che non sei mai stato serio, mica ho detto che è una cosa negativa- nascose il sorriso dietro la tazza di caffè -Come sei diventato permaloso- continuò a prenderlo bonariamente in giro. Era sempre li, il ragazzino spericolato che aveva conosciuto, solo un po' più appannato, nascosto sotto le responsabilità della vita adulta e, chissà, forse di qualche dramma personale del quale la giovane di casa Riis non poteva essere a conoscenza
    -Il suo è un invito a conoscerla, professore?- sapeva di darsi la zappa sui piedi a ricordare quali fossero le loro posizioni ma, allo stesso tempo, era divertente cercare di prenderlo in contropiede rendendo quelle frasi così ambigue quasi sbagliate. Il fascino del proibito, forse. E, per quanto lui fosse più bravo di lei a trattenersi, le aveva fatto ben capire che la cosa era una tentazione per lei quanto per lui. Dov'era quel coraggio tipico dei Grifondoro? Che avesse perso anche quello insieme alla leggerezza della giovane età? Magari lo stava solo tenendo da parte per quando si sarebbero poi trovati davanti ai draghi, argomento che attirò immediatamente le attenzioni della licantropa che già era partita con le fantasie su quelle maestose creature che sognava la portassero a fare un giro in volo
    -Certo che lo è- rispose piccata sollevando un sopracciglio -Non ti piace il nome?- erano stati pochi i giorni in cui poté godere della compagnia del suo adorabile pipistrello, terminata la scuola aveva dovuto affidarlo alle cure di Aiden e, adesso, non vedeva l'ora di vederlo di nuovo sperando almeno si ricordasse di lei. Lennox continuava a punzecchiarla, inesorabile, salvo poi tirarsi sempre in dietro per mantenere quella parvenza di distacco che avrebbero dovuto tenere in quanto professore di e sorella di, niente che importasse alla verde-argento che, per tutta risposta, azzardò un gesto sconsiderato sfiorandogli le labbra con le proprie e dimostrando quello scatto di coraggio che, il professore, non era riuscito ad avere. Orgoglio e coraggio, come no. D'altra parte i Grifondoro non erano altro che Serpeverde che non ci avevano creduto abbastanza, era giusto che lei gli mostrasse come si facesse. Sarebbe dovuto restare un gioco, una provocazione al pari delle altre, Freya non si aspettava nulla di più di quello che si era presa da sola o, al massimo, una ramanzina ad parte del biondino ma, forse e finalmente, quel gesto bastò a rompere le barriere mentali che il poco più che trentenne aveva cercato di tenere in piedi fin da quando si era presentato nella sua camera mezzo svestito e, se l'averla bloccata per chiedere spiegazioni non fu un indizio sufficiente ad intenderlo, lo capì quando le loro bocche si incontrarono di nuovo in un bacio molto meno casto del precedente. Il cervello si spense e con esso la ragione, lasciandosi finalmente andare per godersi quel momento che per anni aveva bramato, rassegnata ormai all'idea che non sarebbe mai arrivato. Insinuò le mani sotto la maglietta di lui, studiando quel corpo di cui aveva avuto solo un assaggio visivo. Nelle orecchie martellavano i battiti accelerati di un cuore in preda all'eccitazione e non sapeva dire se fosse il suo o quello di Seth, forse entrambi. Ogni secondo era un attimo in più verso la più totale perdita di lucidità, ogni sospiro che le strappava mentre le tormentava il collo facendola fremere sotto il suo tocco era un motivo in più che le annebbiava la mente. Ma Freya, questo, non poteva permetterselo.
    S66rd
    Lasciarsi andare completamente voleva dire far venire a galla quella parte di lei segreta e nascosta che non poteva rischiare si scoprisse. Incastrò di nuovo la mano dominante tra i suoi capelli sottili, tornando a prendere possesso delle sue labbra e trovandovi subito facile accesso. Una battaglia continua tra ragione e sentimento, combattuta tra il desiderio di stringerlo sempre più a sé e la consapevolezza di doversi modulare, la sete di volersi arrendere al piacere tra le sue braccia e la coscienza di quello che succedeva al suo corpo quando le emozioni diventavano troppo intense. Quella maledizione faceva schifo. Portò una gamba a circondargli i fianchi per sentirlo ancora più vicino, in barba a tutti i paletti che di solito si metteva, continuando a baciarlo senza sosta, pronta a fregarsene di quelle preoccupazioni che, di solito, la bloccavano in quel contesto. Era Seth, era lui, e se questo pensiero avrebbe dovuto rassicurarla sulla situazione, nel darle la sicurezza che non avrebbe corso alcun pericolo con lui, ebbe invece l'effetto opposto. Era Seth. Cosa sarebbe successo dopo? Freya si fermò, mettendo nuova distanza tra i loro corpi, tornando con entrambi i piedi a terra, letteralmente e non. Tutte le parole di lui le erano tornate alla mente, facendole domandare se non fosse stato un azzardo troppo grande e se le conseguenze non sarebbero state troppe. Per tutta risposta lui la baciò, aveva preso la sua decisione, e ogni esitazione cadde al suolo mentre la brunetta rispondeva al bacio senza nascondere quanto avesse sperato che quella fosse la risposta.
    -Certo che potevi deciderti prima- ridacchiò mentre lo seguiva verso l'albergo appena abbandonato con passo svelto, impaziente di raggiungere una sistemazione più comoda anche se, doveva ammetterlo, anche restare nella boscaglia avrebbe avuto il suo fascino. Nonappena varcarono la soglia della camera gli fu di nuovo addosso, con una mano dietro la nuca del professore lo avvicinò di nuovo a sé annullando le distanze ed avventandosi sulle sue labbra. Le mani, frenetiche, presero di nuovo a scivolare sul suo corpo arrivando ad afferrare l'orlo della maglietta che gli sfilò costringendoli a separarsi ancora. Si lasciò sollevare e, una volta sul letto, alzò le braccia in un chiaro invito a spogliarla a sua volta
    -Davvero me lo stai chiedendo?- lo fissò impaziente intanto che tremava sotto il tocco abile di lui. Il capo si reclinò all'indietro mentre le labbra si lasciavano sfuggire un gemito di piacere. Troppo tempo era passato dall'ultima volta che aveva goduto di attenzioni del genere
    -Spogliami- una richiesta smaniosa mascherata da finto ordine, sollevò il bacino perché fosse più semplice sfilarle i jeans e, approfittando di quel momento, fece saltare il bottone dei pantaloni dell'uomo insinuandovi una mano al di sotto, intenzionata a dargli un assaggio della sua stessa medicina -Mai stata più sicura in vita mia- gli sussurrò a fior di labbra prima di riprenderne possesso. Con un colpo di reni e, in realtà, nessuna fatica, sovvertì le posizioni fermandosi solo il tempo di liberarsi, di nuovo, del reggiseno prima di scendere di nuovo su di lui a lambirne il collo.

     
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  11.  
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    La serietà. Così sopravvalutata. Così ordinaria da annoiarlo. Concretamente, però, gli ultimi anni non erano stati così facili da permettergli di vivere la sua esistenza con quella nota di leggerezza che aveva sempre apprezzato. Un male per sé e per i suoi nervi messi a dura prova da agenti esterni ed, ampiamente, evitabili. Il rapporto con la sua famiglia si era andato, lentamente, a sfaldare e, per questo, ringraziava Merlino. Sì. Non aveva alcun interesse nel mantenere saldo quel rapporto che non aveva alcun motivo di esistere. Sospirò, lasciandosi alla spalle quelle preoccupazioni che, diciamocelo, non ci azzeccavano nulla con quel momento. Divino. Abbozzò un sorriso ma, d’altra parte, era consapevole che vi era della verità nelle parole della piccola ma neanche troppo Riis. Un cambiamento in lui era avvenuto. Contro la sua volontà. Contro ogni pronostico. Il vecchio ragazzo affetto da una patologica sindrome di Peter Pan, aveva lasciato spazio a un uomo maturo, capace di porre sulle proprie spalle il peso di quei doveri che aveva tentato di scansare durante il suo periodo da giovane adulto irresponsabile. Fece spallucce. Effettivamente avrebbe potuto scoprire molto sul suo conto, una volta applicatasi alla materia. Lati interessanti, altri meno ma comunque a chi non faceva piacere una visione d’insieme? Bevve un altro sorso del suo caffè completamente amaro, come la sua vita e, alla fine, si rivolse un sorriso sincero in direzione di quella giovane donna che, un tempo, aveva stretto tra le braccia senza alcuna malizia. “Sai dove trovarmi.” In ufficio. In quel buco di appartamento che era costretto a chiamare casa. Insomma, nei paraggi. Bene o male i luoghi frequentati dal professore erano sempre gli stessi e Freya ne era al corrente, sarebbe bastato poco e lui non avrebbe avuto obiezioni in tal senso. Stranamente. Certo era che non si smetteva mai di conoscere qualcuno e la mora continuava a dargli modo di pensarlo. Un pipistrello? Non la immaginava proprio a coccolare un esemplare di pipistrello ma, forse, le apparenze lo stava proprio traendo in inganno in maniera eclatante. Annuì con eccessiva enfasi. “No! Mi piace molto.” Ci pensò un po’ su. Tutto combaciava. “Nei prossimi giorni potremmo fare una breve visita al castello del Conte.” In fondo perché non approfittarne, distava solo qualche chilometro dal punto in cui si trovavano e si sarebbe potuto rivelare interessante a fini culturali. Mistero. Fascino. Insomma quei luoghi avevano il loro perché tutto da scoprire e anche se, a prima vista, non ci avrebbe scommesso neanche un galeone. Le loro animati discussioni continuarono fino a quando, improvvisamente, l’atmosfera mutò a causa di un avvicinamento repentino tra quello che era un Professore e la sua allieva, sorella di un Oliver che l’avrebbe scassato se fosse venuto a conoscenza di quella particolare circostanza. Assurdo. Tutto accadde in pochissimi attimi, neanche dargli il tempo di imbastire una tattica per sfuggire alla sua forte tentazione di toglierle ogni centimetro di tessuto che ricopriva la sua invitante pelle. Cazzo! L’impulso era stato più forte della ragione e, così, le loro labbra si unirono in un bacio che aveva desiderato per tutta la mattina, sin da quando aveva messo piede nella sua stanza con la scusa dell’acqua fredda. Tutto. Tutto era andato infrangendosi. La morale era andata a farsi fottere. Che male vi era nel lasciarsi andare? Stava commettendo un crimine? No. Eppure i dubbi preso ad aleggiargli nella mente, impedendogli per un attimo di godersi ciò che avveniva sotto i suoi occhi chiari. Non era il solo. Anche la verde-argento fu scossa da interrogativi sulla piega che avrebbe poi preso un possibile futuro, quello tra le mura di Hogwarts. Che avrebbero fatto? Si sarebbero evitati? Avrebbero finto che quel giorno non fosse mai esistito? Cosa? Socchiuse le palpebre, lottando con la sua coscienza e, alla fine, prese quella decisione che non avrebbe mai dovuto prendere. Alla faccia dell’etica. La prese per mano e tornò sui suoi passi, convinto che quello fosse l’unico epilogo possibile per quella giornata che, inizialmente, sarebbe dovuta essere dedicata ai draghi. Beh, vi era tempo. Nessuno li obbligava a tornare in patria l’indomani. ”Certo che potevi deciderti prima." La osservò ghignare, mostrando la sua propensione a continuare ciò che avevano iniziato tra una battuta e l’altra. Il trasporto mentale e fisico si tradusse in desiderio e i gesti vennero da sé. In tutta fretta tornarono in quella sottospecie di albergo nel quale avevano deciso di alloggiare e, finalmente, si lasciarono trasportare da quegli interessanti eventi che non finivano di susseguirsi. Con estrema naturalezza le sue mani presero ad esplorare, nel dettaglio, ciò che non avrebbe mai pensato di potersi godere. Lentamente, senza bruciare le tappe. Con calma. Il tempo era dalla loro e, dopo tutto, meritavano quella tranquillità di movimento. La maglia venne sfilata e la sua muscolatura tesa fu lì, in bella mostra e una volta ricevuto il nulla osta dalla controparte, prese a lavorare meticolosamente per regalarle quel piacere tanto bramato. Un sorriso appena accennato. Un semplice gesto che lasciò trasparire molto di più. ”Spogliami.” La vena si chiuse. La razionalità fu annebbiata dal puro istinto e i vestiti scomparvero dal suo percorso ben pensato nella sua mente. Le sue dita si muovevano, dando un assaggio di quel che sarebbe stato. Pochi attimi e l’impazienza della Riis prese il sopravvento e le posizioni furono invertite. Seth ghignò. Quell’intraprendenza eccitante sarebbe stato un vero e proprio problema ma, senza dubbio, avrebbe trovato pane per i suoi denti. Si soffermò quel tanto che bastava ad osservarla e quando si avventò su di lui fu raggiunto dalla pace dei sensi. Si trovava esattamente lì, dove sarebbe dovuto essere. Lei rappresentava ciò che per lui poteva dirsi casa. Il suo luogo sicuro. Con lei il disagio non aveva motivo di essere vissuto. Si alzò di quel tanto che bastava per incollare il suo corpo a quello nudo della giovane e, con destrezza, fece in modo di fondersi con lei in una danza proibita. Una danza che difficilmente avrebbe avuto modo di essere scordata. Almeno, non per quel che lo riguardava.


    Conclusa 😢
     
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