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Brighton, Grace

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    Grifondoro
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    Halley Wheeler | quinto anno | grifondoro


    Londra, Venerdì 14 luglio 2023.
    Ore 9.45

    Lo sguardo smeraldino puntava dritto sulla pagina del calendario, dedicata al mese di luglio. Cinque giorni. Scivolò con la schiena rivolta verso la parete e, lentamente, raggiunse il pavimento sul quale si posò, prima di accogliere la testa tra le mani e cadere nella disperazione data dalla palese pericolosità di quel dannato ritardo. Si era comportata da perfetta idiota. Lasciarsi trascinare dagli eventi senza mettere in moto il cervello? Pessima mossa, Hal! L’istinto aveva avuto la meglio sulla ragione e il risultato si rifaceva in una quantità d’ansia deleteria che non avrebbe giovato alla causa. Si tratta di un caso. Non è nulla. Il mese prossimo tutto tornerò normale e ci riderai sopra. O forse no. Si riportò nervosamente in piedi, cercando di allontanare l’idea che quella possibile gravidanza non fosse poi solo un’idea. Che avrebbe fatto? Come si sarebbe mossa a riguardo? Ne avrebbe dovuto parlare con lui? Tutte domande che sarebbero rimaste tali perché, nella sua visione ottimistica, quel piccolo intoppo, non era altro che frutto di quello stress che, giorno dopo giorno, si divertiva a tormentare la sua psiche, giungendo al suo fisico così, attraverso quei piccoli problemini insulsi. ”Mia. Ti accompagno da Grace. Ho bisogno di chiarire qualche punto sulla vostra vacanza, cerca di sbrigarti.” La voce della madre ruppe, bruscamente, quel flusso di pensieri intimi e maledetti, proiettandola in quella realtà che la voleva in partenza verso Brighton. Ci aveva messo settimane per convincere la Signora O’Hara -sempre più rigida nei confronti di quella figlia bugiarda- a concederle quella breve vacanza e, nonostante alla fine avesse acconsentito, si era riservata il diritto di essere al corrente di ogni spostamento effettuato. Un regime di detenzione in trasferta ma, d’altra parte, una soluzione migliore di quella che l’avrebbe vista tra le mura di quella villa che, oramai, non era altro che una gabbia. Afferrò la sua valigia e, con immensa gioia, si lasciò alle spalle quella dannata camera, sede dei suoi lunghi struggimenti mentali. “Non chiamarmi Mia.” L’abuso del suo secondo che ne stava facendo sua madre, indicava un suo tentativo di risultare lontana, distaccata da colei che non aveva fatto altro che andare contro la famiglia, omettendo quella verità che avrebbe preteso da una figlia grata dell’esistenza agita che le avevano donato. Tutto dovuto. Seira si voltò dall’altra parte, priva di reazioni. Il loro rapporto, già complicato, aveva trovato la più profonda distruzione e, probabilmente, non vi sarebbe stato nulla capace di rimettere insieme quei pezzi. Il silenzio, così come da pronostico, caratterizzò l’intero tragitto verso la dimora della Johnson.

    Brighton.
    Ore 13.30

    La passaporta, stregata da sua madre in persona, ebbe l’effetto desiderato e, dopo una lunga chiacchierata, le due ragazze furono libere di raggiungere la destinazione prefissata, senza particolari intoppi. Si sentiva esausta e mortificata a causa della battaglia posta in essere poco prima della loro partenza. Impossibile. Quella donna non aveva alcun ritegno. Con le sue parole non aveva fatto altro che sminuirla, in tutto e per tutto, portando a galla tutte le mancanze che aveva avuto nei suoi riguardi senza mai, però, fare riferimento al vero problema che l’aveva spinta a tacere. Halley poteva dirsi abituata. Da quando aveva fatto ritorno a casa, dopo l’anno scolastico, aveva ricevuto un trattamento paragonabile a quello che si riserverebbe ad un perfetto estraneo. La sua presenza non era per nulla gradita e suo padre, l’unico a riuscire a guardarla in faccia, era stato costretto ad assentarsi fino a data da destinarsi per una ricerca sul campo. Una delle tante che, come ogni estate, lo vedeva impegnato in chissà quale parte remota di quel mondo malato. “Ho diciannove anni!” Commentò tra sé e sé, rimarcando quel disagio che aveva provato fino a qualche minuto prima di svanire in quel nulla che si rendeva conto essere la sua ancora di salvezza. La sola. Tuffò le mani nella borsa e ne estrasse dei pantaloncini di jeans e un top di colore rosso. “Mi ha fatta sentire in imbarazzo, capisci?” Domandò retorica, come se potesse essere una risposta negativa. Quella donna aveva il potere di farla sentire una nullità e niente sarebbe servito a migliorare la situazione. “Hai sentito come cazzo mi ha parlato?” Come l’aveva dipinta? Come una sciocca ragazzina incapace di badare a sé stessa. Una sciocca ragazzina buona a nulla se non a prendere decisioni sbagliate. “Scusa, Grace!” Non aveva alcuna intenzione di gettare sulle spalle della sua amica le sue patetiche problematiche da bambina incompresa. Quelle rogne le appartenevano ma, di certo, non avrebbe voluto rovinare quei pochi giorni di quiete che avevano davanti a loro. Si lasciò prendere la mano e, una volta mostrato l’ipotetico outfit della giornata: “Che ne dici? Troppo allegro?” Abituata ai colori scuri, Halley, aveva pensato di darsi una possibilità giusto per variare quei gusti, di per sé, complicati. Si posizionò davanti all’ampio specchio posto sulla parete e si osservò nella sua completezza, soffermandosi particolarmente all’altezza del ventre piatto, ove brillava il suo piercing. Ripensò alla notte passata con David e, senza destare sospetti, si maledì per essersi lasciata andare alla mera passione, senza preoccuparsi di ricorrere alle precauzioni indicate dalla morale, in quel tipo di situazioni con le quali sarebbe stato meglio non giocare. Tardi sì, ma l’auto convinzione? Un’arma davvero potente. Prese a ripetersi mentalmente che tutto fosse al proprio posto riuscendo, in parte, a crederci quel poco che bastava per continuare ad avere un atteggiamento pseudo normale, che non facesse pensare che stesse nascondendo qualche cosa. Lasciò cadere i capi sul letto e si affrettò ad applicare un filo di lucidalabbra, giusto per sopperire alla sua solita apparenza che la vedeva vestire i panni del classico maschiaccio. “Ok, stasera niente musi lunghi. Ci divertiremo.” E così sarebbe stato anche nei giorni a venire. “Ce lo meritiamo. Non credi?” Risposta più che ovvia. Era stato un anno duro. Caratterizzato da avvenimento che ancora non credeva possibili eppure, a distanza di tutto quel tempo, poteva dirsi cresciuta, anche se non nel modo in cui sperava quella madre che, a quel punto, non sarebbe potuta essere il suo punto di riferimento. “Se dovessi deprimermi, hai il dovere di rimettermi in careggiata, anche con mezzi bruschi.” Terminò, voltandosi verso quella camera che le avrebbe ospitate, ispezionandola. “Carina! È esattamente come nell’opuscolo!” Chi ben comincia, è a metà dell’opera, no? Beh, almeno così si diceva.



     
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    «Sì mamma» ed uno, «sì mamma.» Grace nascose un sospiro sollevando la canotta a coprirle il viso per poi abbassarla sul letto e ripiegarla con cura. Sua madre, Heather, era da un’ora che stava blaterando raccomandazioni peggio d’una radio. Era insopportabile e la giovane Grifondoro non vedeva davvero l’ora di prendere e levarsi di torno qualche giorno vivendo di completa libertà ed autonomia. Quanto le mancava Hogwarts. Quell’estate più che mai. Il castello aveva rigide regole per quanto riguardava il coprifuoco ma almeno, lì, poteva fare ciò che voleva – rimanendo entro i limiti del regolamento – se voleva poltrire poteva farlo, se voleva allenarsi poteva farlo ma lì, a Londra, in quella che per lei avrebbe dovuto rappresentare casa, non poteva fare niente. La vedova Johnson le aveva imposto un severo coprifuoco alla sera e persino uno diurno che le imponeva d’essere a casa quando la donna avrebbe fatto ritorno da lavoro. Certo, dopo essere riuscita a strappare l’Accettabile – e dei punti extra per Grifondoro – la donna s’era vista più propensa, davvero di molto poco, nei confronti della figlia ma almeno, previo avviso, le era consentito estendere l’uscita pomeridiana fino a sera. Quanto mancava al rientro? Non avrebbe mai pensato di dirlo eppure quella domanda sembrava essere diventata a tutti gli effetti il suo mantra quotidiano che s’interrompeva solo quelle volte in cui la giovane aveva un impegno al pomeriggio che fosse con i suoi amici: Nathan, Victoria con la quale si scambiava alcune lettere via gufo come ne inviava alle altre compagne di stanza o la stessa Halley con la quale erano riuscite persino ad organizzare quella vacanza complice lo splendido rapporto tra le madri. Heather e Seira erano presto diventate amiche ma d’altronde le due ragazze non s’erano mai stupite in merito. Le due donne parevano l’identica faccia della stessa medaglia. Entrambe dispotiche, entrambe con la presunzione di sapere cosa fosse il meglio per le proprie figlie. L’unica distinzione poiché persino esteticamente erano abbastanza somiglianti stava nel fatto che la madre di Halley era una strega mentre quella di Grace una babbana. «No mamma non ci sarà nessun ragazzo. Te lo posso giurare! Saremo solo io e Hal» e la pace se Dio vuole! «No mamma, Nathan è un mio amico... Dai lo hai anche conosciuto a scuola quando mi sono fatta male!» Così come aveva conosciuto anche tutti i suoi amici, squadrandoli dall’alto in basso soffermandosi principalmente sulla Serpeverde a cui aveva degnato una lunga occhiata inquisitoria. Grace non aveva notato quell’occhiata concentrata com’era a riprendersi dalle complesse fratture che s’era guadagnata sul campo e a rifuggire dal bicchiere di pozione. A quanto pareva, avevano scoperto, per fratture nette e semplici bastava una singola somministrazione di Ossofast mentre per danni più complessi come poteva esserlo la rottura di un’articolazione, erano necessarie più somministrazioni. Ebbene Grace si era rotta ben due articolazioni e soprattutto nel secondo caso, la rotula, si poteva dire che il bolide avesse ridotto in pappa tutta la struttura.
    Fu il suono del campanello a salvarla dall’ennesimo monologo di raccomandazioni poi seguito da un’interrogatorio riferito al continuo vibrare del suo cellulare. Chi le mandava tutti quei messaggi? Grace era riuscita ad allontanarlo dalle sue grinfie, infilandolo in tasca, prima che la donna potesse anche solo scorgere il mittente di quei messaggi o avrebbe dovuto passare un’altra ora a cercare di spiegarle di nuovo che non ci sarebbero stati ragazzi in quella vacanza con il rischio che, un’eventuale sospetto precauzionale della donna, avesse fatto saltare la vacanza stessa e magari anche i programmi per il suo compleanno.
    Si fiondò nell’ascensore, seguita da sua madre e con impazienza scesero i piani trovando le due donne ad attenderle. Si allontanarono infilandosi in un vicolo appartato e quando furono lì – ovviamente – dovettero sorbirsi il doppio interrogatorio in una combo letale delle due madri.
    «Perché la mia? Ceh, ci ha dato il coprifuoco finché saremo lì! Ma ti sembra normale?» Ovviamente non lo era. Scosse il capo. «E di cosa? Siamo nella stessa barca amica» Le poggiò la mano all’altezza del bicipite stringendolo gentilmente in una presa solenne. Già, era nella stessa merda rappresentata da due madri tiranne che altro non facevano che dettare legge a bacchetta ignorando totalmente che, entrambe le giovani, erano maggiorenni. Cioè a Grace mancavano una manciata di giorni ma il punto rimaneva quello. Agli occhi della società erano due adulte, soprattutto nel mondo magico erano delle adulte fatte e finite nonostante avessero ancora un po’ d’anni prima di finire la scuola che diamine erano persino perseguibili per legge! Possibile che le due donne non potessero anche solo dar loro il beneficio del dubbio? «Wow! Sei di buon umore Morticia» ridacchiò prima d’infilarsi nel bagno della loro piccola, ma calorosa, camera d’albergo per infilarsi il costume... intero. «Ma ti sta divinamente!» Fece poi uscendo ed avvolgendole un braccio attorno alle spalle rimirando la loro immagine riflessa nell’ampio specchio. «Il rosso è il tuo colore, dovresti metterlo più spesso!» L’aveva sentita? Inclinò il capo e la lunga cascata di capelli biondicci legati in una coda scivolò penzolando di lato. Lo sguardo dell’amica era andato via via spegnendosi mentre le dita, distrattamente, giocherellavano con il gioiello appuntato all’ombelico. «Hal?» Lo aveva capito oramai da tempo che qualcosa la stava turbando ma ogni qualvolta la piccola Grifondoro aveva tentato di mettere sul piatto l’argomento la Wheeler era stata incredibilmente abile nello sviare l’argomento trovando mille scuse o attività con la quale distrarla ma lì, lì a Brighton, erano unicamente loro due e volere o volare Grace sarebbe riuscita a sficcare dalla sua bocca ciò che la turbava.
    «Ok, stasera niente musi lunghi. Ci divertiremo.» Quella col muso lungo era lei ma la Johnson non lo rimarcò preferendo stringere lo sguardo con cui la squadrò da capo a fondo. C’era poco spazio d’interpretazioni. «Mezzi bruschi tipo... alcool a fiumi?!» Perché poi la Wheeler effettivamente aveva ragione. Quell’anno era stato incredibile. Una montagna russa infinita di alti e bassi che solo e finalmente in quel momento Grace sentiva d’aver superato. Finalmente quiete che poi quiete non era. Era felicità, soddisfazione personale di dove si trovasse e cosa avesse conquistato nonostante tutte le battaglie che era stata chiamata ad affrontare quell’anno e che sapeva avrebbe dovuto combattere al successivo poiché, anche se in quel momento preferiva negare e dimenticare selettivamente il discorso, c’era sempre il problema del suo potenziale magico instabile e della quale avrebbe assolutamente dovuto indagare. Le serviva il coraggio di farlo poiché il suo timore consisteva tutto nell’eventualità che l’adulto esperto di turno emanasse una sentenza infausta che l’avrebbe condotta ad essere rinchiusa al San Mungo, o peggio, ad Azkaban per una sua possibile pericolosità nei confronti della comunità magica. La cosa la terrorizzava, letteralmente.
    «Dai, andiamo in spiaggia. È da tutto l’anno che sogno di mettermi in ammollo!» Le tirò un braccio conducendola fuori dalla stanza e poi, per estensione, al di fuori dell’albergo dove dopo un breve tragitto finalmente poterono stendersi al sole.
    Grace distese il telo e sfilò i pantaloncini con una leggera smorfia. Non era totalmente a suo agio seminuda ma questo era unicamente da imputare alle paranoie suscitate dalla sua giovane età che si trovava ad essere bombardata da tutte quelle immagini di corpi perfetti, come peraltro trovava quello dell’amica, riconoscendo invece in sé stessa difetti eccessivamente più esagerati di quanto fossero se non addirittura illusori. Si sedette, intrecciando le gambe salvo poi avvolgerle con le braccia soffermandosi a giocherellare con le dita sfiorando la superficie del ginocchio recentemente guarito. «Harris eh?» Puntellò ancora il dito disegnando un semicerchio prima di sollevare lo sguardo ceruleo in quello della Grifondoro. «Non sono cieca. Hai qualcosa che non va e...» abbozzò un sorriso cercando di smorzare la possibile tensione dell’amica incoraggiandola con quel ramoscello d’ulivo. «Siamo sulla stessa barca.» Il sorriso s’allargò, divenendo radioso nel momento in cui riprese le stesse parole che aveva utilizzato poco prima. Già, i fratelli Harris... Croce e delizia d’entrambe le ragazze. L’espressione di Grace mutò facendosi poi, di colpo, seria. «Quell’imbecille ti ha fatto qualcosa?» Lo avrebbe preso a pugni se così fosse stato quanto è vero che era una Grifondoro e questa volta Michael non avrebbe proprio potuto fermarla, la sua amica veniva decisamente prima di quell’idiota patentato che aveva per fratello per quanto potessero essere legati.


    Edited by yourgrace. - 15/8/2023, 00:30
     
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    Halley Wheeler | quinto anno | grifondoro


    Essere madre. Un concetto a lei totalmente estraneo. Viveva sulla sua pelle le preoccupazioni, le ossessioni e l’eccessiva protezione di quella donna ma, da figlia, non riusciva a capacitarsi come potesse permettersi di arrivare ad estremizzare quegli atteggiamenti nei suoi confronti. L’aveva delusa. Le aveva dato tutte le motivazioni per non fidarsi di lei ma, d’altra parte, non avrebbe potuto comportarsi diversamente. Il suo raggio d’azione era limitato e, anche solo per quella che si poteva catalogare come una stronzata, Halley si vedeva costretta a chiedere quel permesso che a diciannove anni, altro non era che un peso bello e buono. Assurdo. Avvertiva quell’astio così indistintamente da metterla a disagio ogni qualvolta lo sguardo incrociava quello materno. Una morsa allo stomaco ora accentuata da quel ritardo che non le permetteva un’attività respiratoria adeguata, per fingere la spensieratezza che si era preposta di mostrare nonostante le avversità. Più facile a dirsi che a farsi. Sospirò e uscì di casa, prendendo a camminare fianco a fianco con una O’Hara silenziosa e per niente incline al dialogo. Il suo volto era scuro, i suoi occhi accusatori. Niente lasciava presagire a qualche cosa di buono. Aveva accettato di spedirla a Brighton solo ed esclusivamente per una questione di immagine, così che nessuno potesse sospettare che tirasse brutta aria a Villa Wheeler dove, come in una sorta di Paradiso Terrestre, si cavalcavano unicorni e nulla indicasse l’aria di crisi che, invece, aleggiava sulle teste dei componenti della famiglia. Una facciata destinata a crollare di lì a poco quando, a due mani, Halley, avrebbe trovato il coraggio di ribellarsi definitivamente a quel regime autoritario perpetrato tra quelle quattro mura. I suoi occhi tornarono vigili solo quando, da lontano, scorsero il viso implorante di una Grace, arrendevole e pronta al terzo grado, quello che, a scanso di equivoci, avrebbero proposto entrambe le loro madri. Ogni regola corrispose a una roteata di occhi verso il cielo, consapevole che niente di quanto proferito sarebbe stato rispettato al cento per cento. Il coprifuoco. Davvero? Lasciarono che le argomentazioni si esaurissero e poi, finalmente, la liberazione fu nelle loro mani con grande sollievo.
    Scosse il capo, stanca di tutta quella pressione praticata su due ragazze che, fino a prova contraria, avrebbero voluto esclusivamente ricercare un po’ di pace, allontanandosi dalla stressante routine alla quale erano abituate. Tranquillità. Mare e, confidenze che, fino a quel momento, erano rimaste latenti in loro, smosse meramente da sporadici episodi impossibili da non commentare. ”Siamo nella stessa barca amica!” Aveva la sua più totale comprensione. Cresciute da madri despote, così abituate ad esercitare la loro autorità in maniera talmente arbitraria, Halley e Grace, sembravano essere state unite dal destino grazie ad un filo sottile che difficilmente si sarebbe sfaldato. Il volere delle giovani? Totalmente superfluo, così come il tentativo di ribellione. I suoi calcoli, però, non avrebbero trovato riscontro nella realtà e, presto, la bomba sarebbe esplosa, gettando la famiglia nel panico. ”Wow! Sei di buon umore Morticia.” Si lasciò andare a un sorriso sincero, il primo da quando si erano liberate delle zavorre.
    “Sono sempre a disagio. Non fa per me.” Ammise, osservandosi attentamente allo specchio. Si era, addirittura, presa la briga di recarsi in centro a Londra con tutta l’intenzione di accaparrarsi uno di quei costumi super costosi, capace di rendere giustizia al suo fisico e, tutto sommato, con l’aiuto di Cassie, aveva raggiunto il suo scopo, uscendo vincitrice da quella sfida personale che, in una situazione normale, non avrebbe mai accettato di fronteggiare. La sua poca femminilità l’aveva sempre tenuta alla larga da quel tipo di passatempo, tanto ambito tra le ragazze ma, era pur vero, che una volta messo a punto il su piano, si sarebbe trovata spesso in quel tipo di condizione, tanto valeva cogliere la palla al balzo e fare le prove generali per la sua libertà definitiva. “Sei troppo gentile e di parte! Non mi offendo, eh! Sembro una di quelle facili?” In fondo lo sei, l'hai smollata alla prima occasione utile, per poi fare un casino con le tue stesse mani! Sottolineò, piegando la testa di lato e studiando il costume intero dell’amica. “E tu? Così castigata. Non ti rende giustizia!” Avrebbe voluto commentare ulteriormente, sfornando qualche battuta che introducesse l’argomento, ma non era certa di come stessero realmente le cose tra lei e Michael. L’allegra biondina le circondò le spalle, entrando nell’immagine riflessa allo specchio. ”Hal?” Si stava isolando ancora una volta senza neanche rendersi conto, giocando distrattamente con il piercing all’ombelico. “Scusami, sono sovrappensiero.” E per una giusta causa che, presto, avrebbe dovuto confidarle, se l’intenzione era quella di non implodere in sé stessa. Certo, come avrebbe potuto trovare le parole adatte a una situazione di quel calibro? Non ne aveva la benché minima idea. Aveva agito d’impulso, lasciandosi andare a quella tentazione che l’aveva indotta a tralasciare elementi che, ora, non sembravano avere l’aspetto di banali dettagli. Tutto vero, certo, ma come spiegarlo? Scostò, d’istinto, la mano dal ventre ed, insieme all’altra, andò a legarsi i capelli in una coda alta, indirizzando la discussione verso ciò che avrebbe potuto allietare la loro serata.
    ”Mezzi bruschi tipo… alcol a fiumi?!” Aveva colto nel segno. Quanto avrebbe voluto lasciarsi trasportare dall’istinto e dimenticare, anche se per una sera, tutta la merda che la sua vita le aveva posto sul suo cammino. “Ehi! Da quando siamo diventate così sfacciate, signorina Johnson?” Il sopracciglio sinistro si inarcò, stimolato da quell’affermazione che non era tipica sua. “Devi essere proprio arrivata al limite della sopportazione per entrare nel tunnel dell’alcol!” Commentò con una punta di ironia. Non ricordava esattamente l’ultima volta che aveva avuto l’opportunità di annegare i suoi dispiaceri nell’alcol ma, quella sera, in ogni caso, non avrebbe potuto partecipare a quel tipo di festeggiamento –per ovvi motivi-. L’anno scolastico passato, però, aveva provocato parecchi grattacapi e, per questo motivo, non poteva biasimare l’amica. “Una di noi dovrà rimanere sobria quando l’altra cercherà di combinare cazzate, no? Siamo pur sempre donne con una morale!” Ed essedo la più grande, si sarebbe sacrificata, così da non destare neanche troppi sospetti. O si?
    ”Dai, andiamo in spiaggia. È da tutto l’anno che sogno di mettermi in ammollo!” La afferrò per un braccio, trascinandola fuori da quell’accomodante camera d’albergo, scenario perfetto per racchiudere al suo interno segreti irrivelabili. Il tragitto fu breve e, le due ragazze, giunsero in spiaggia. Il sole ardeva e la pelle non ci mise molto ad avvertire quella sensazione di calore bramata per troppo tempo. Distesero il telo e si liberarono dei capi superflui. Il costume aderiva perfettamente alle sue forme ma, nonostante ciò, si sentiva fuori luogo non essendo abituata a mostrarsi in quella versione di sé, estremamente femminile –per i suoi gusti-. Appoggiò le mani dietro al suo busto e riversò la testa all’indietro, esponendo il collo e osservando quel cielo completamente libero da nubi, con aria pensierosa. ”Harris, eh?” Quel cognome. Un fremito. I suoi occhi verdi raggiunsero, rapidamente, quelli azzurri di Grace. Halley era stata colta alla sprovvista, priva di barriere e di scuse per condurre il discorso fuori da quegli inevitabili binari. “Harris…” Ripeté, arrendendosi a quel particolare che le voleva unite anche da quel lato. ”Hai qualche cosa che non va e…” Abbassò lo sguardo sul bracciale stretto al polso e rivolse un pensiero ansioso a David. ”Siamo sulla stessa barca.” Si sorrisero a vicenda, constatando quanto la loro esistenza fosse simile. ”Quell’imbecille ti ha fatto qualche cosa?” Con un cenno del capo negò ma quello fu l’inizio della sua personale discesa all’inferno. Dare voce ai suoi sentimenti le arrecava un dolore immenso, portato all’apice a causa dell’incertezza che quella sua debolezza le aveva inflitto. “Grace. Mi sono sfuggite le cose di mano.” Totalmente. “Mi sono lasciata andare. Ho abbassato la guardia. Sono stata una stupida.” Eppure lui le aveva promesso che non l’avrebbe più fatta soffrire. “Da ottobre a questa parte, le cose sono cambiate. Io sono cambiata. E lui è sempre il solito stronzo, spavaldo, cazzone, arrogante ma…” Dirlo avrebbe posto davanti ai suoi occhi quella realtà che, accuratamente, aveva evitato per tanto tempo. Un passo indietro. “… siamo sulla stessa barca! Significa che…” Michael era entrato a far parte della sua vita, ne era certa. “… ti tratta bene?” Da quel che aveva potuto osservare, da spettatrice, il minore dei fratelli Harris, possedeva un temperamento decisamente più accettabile ma l’esigenza di sentirlo dalla bocca di Grace, si fece largo, così da riuscire a tranquillizzarla. “Voglio solo essere certa che non rischi nulla al suo fianco.” Ma anche se avesse rischiato qualche cosa, sarebbe stata in grado di andare contro i suoi stessi sentimenti, o si sarebbe comportata esattamente come lei, arrivando a perdonare un gesto ingiustificabile?



     
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    «È stato disegnato sul tuo corpo, non scherzare» Replicò con un sorriso all’amica e quella non era di certo una sviolinata priva di fondamento- giusto per ingraziarsi la Wheeler, anzi, Grace credeva a quelle parole proprio perché provava una sincera quanto sana invidia nei confronti della compagna Grifondoro. Trovava le sue forme equilibrate, accentuate al punto giusto e da quel poco che distrattamente aver scorto in spogliatoio o nella camera che condividevano al castello, in fin dei conti si cambiavano nello stesso ambiente, non aveva notato nemmeno il più vago segno di un imperfezione a sfigurare la pelle dell’amica. Assolutamente perfetta ai suoi occhi mentre di sé stessa non avrebbe potuto dire lo stesso. La Johnson, una creatura estremamente autocritica in ogni aspetto della sua vita! Quando si specchiava notava mille ed un difetto partendo dalla misura delle cosce, giudicate dalla giovane troppo abbondanti, o al contrario nella forma del seno della quale aveva da ridire poiché a suo giudizio troppo poco formoso o ancora passando ad auto-criticare il modo in cui le cadevano i capelli o come, in quel caso, quando s’era infilata il costume, aveva passato l'indice a sfiorare la piccola cicatrice rosea e longilinea che si trovava al centro del petto, a sfigurarlo. Un taglio di qualche centimetro oramai ben rimarginato dagli anni passati dall'incidente che le ricordavano proprio quella data e soprattutto quell’evento infausto. L’urto dell’auto contro il muro, la conseguente uscita degli airbag che non le avevano comunque risparmiato l'impatto, non del tutto, causando il trauma che aveva portato il suo cuore a fermarsi e ad essere rianimato poi d'urgenza dai paramedici dell'unità di primo soccorso. Ora quella cicatrice avrebbe sfigurato irrimediabilmente e per il resto della sua vita quel punto. Magari da grande avrebbe potuto optare per una piccola chirurgia estetica, qualcosa che le avrebbe permesso di cancellare quel difetto ma al solo pensiero la giovane si straniva. Non poteva farlo, quello era diventato un monito a sé e a cosa s'era convinta d'essere capace di fare quando la sua magia andava fuori controllo perché lo sapeva, lo sentiva, d'essere stata lei la causa di tutto e non poteva pensare di vivere cancellando quell’avvertimento come nulla fosse.
    «Non hai niente per cui sentirti a disagio» Tsk! Fece un verso di disapprovazione schioccando sonoramente la lingua sul palato prima di discostarsi dall’amica per preparare il necessario di cui avrebbero avuto bisogno una volta spiaggiate sulla sabbia dorata di Brighton. «Perché?» Domandò quindi in replica al suo commento lasciando che lo sguardo vagasse sulla sua figura quasi a voler capire il motivo di una domanda simile. Certo il suo costume lasciava molta più pelle scoperta a confronto ma era anche naturale fosse così dopotutto la Johnson aveva scelto un intero piuttosto castigato che non lasciava il minimo spazio all'immaginazione. «Ma va! Non mi sembra nulla di esagerato, ciò che è necessario coprire è ben coperto. Ho visto di peggio su queste spiagge!» Sentenziò scrollando ricordando certi costumino striminziti, volgari e di sincero pessimo gusto che non lasciavano niente all’immaginazione dell’altro sesso. Tanto valeva scegliere una spiaggia nudista a quel punto, no? Quindi nulla a che vedere con quanto scelto dalla Wheeler, sexy ma non eccessivo a totale differenza sua. «Mh», mugolò guardandosi distrattamente, dalla distanza, e di sfuggita allo specchio a figura intera presente nella camera. Fu breve poi la Grifondoro scrollò le spalle prima avvolgendo e poi prendendo sottobraccio l'amica inducendola a seguirla: era ora di andarsene in ammollo dove Halley non lo sapeva ma la Johnson aveva ben pensato di sferrare il suo “attacco”. Aveva bramato intensamente quel momento, le vacanze, per tutto l'ultimo mese di scuola resistendo a quelle che erano le incombenze scolastiche o del quidditch proprio in vista di quegli brevi sprazzi di libertà che si era guadagnata con sua madre o, come in alcuni casi da lei studiati quando le riusciva e tutto andava come premeditato, “aggirando” quelle che erano le ferree regole talvolta esagerate imposte dalla vedova Johnson.
    «Scusami, sono soprappensiero.» Fece l'altra quando Grace la scosse dalla sua trance. Halley era distratta e nell'ultimo periodo, soprattutto, la bionda l'aveva vista fin troppo spesso in quello stato soprattutto quando pensava di non essere vista. C’erano molte cose della quale dovevano parlare, cose che erano state messe da parte, rimandate ad un momento giudicato migliore a causa degli eventi che le avevano investite – soprattutto la piccola tra le due – che le avevano e soprattutto avevano costretto Grace a mettere egoisticamente da parte il benessere dell’amica per venirne prima fuori della sua situazione che non lo aveva lasciato spazio per pensare ad altro. Ora quell’impasse era stata archiviata, altri pensieri certo le ronzavano in testa ma erano tutte cose che avrebbe affrontato poi in quanto ora voleva dedicarsi a vivere quel presente che la faceva stare bene; quel rapporto che, giorno dopo giorno, acquistava un significato ed uno spazio maggiore nel suo cuore ma adesso, nell’immediato, Grace doveva darci un taglio a quell’errore basato sull’egocentrismo, se lo era ripromesso: doveva essere un’amica ed una persona migliore. Strinse quindi lo sguardo quando Halley le palesò quella distrazione ma decise di soprassedere d’un primo acchito per dedicarsene poi una volta comode sulla battigia.
    «Da quando sto per diventare maggiorenne! Sei giorni Hal, sei maledetti giorni e poi potrò fare tutto quello che voglio!» Un minuto di silenzio prima di scambiarsi uno sguardo con l’altra e scoppiare a ridere. «Sì, sì lo so. Non ci credo nemmeno io. Ma hey! Almeno ad Hogwarts potrò firmarmi io le giustifiche e le autorizzazioni. Finalmente potrò andare ad Hogsmeade quanto mi pare e piace o... boh tornare a Londra per dei fine settimana» o fare qualsiasi cosa Michael abbia voglia di fare senza bisogno di firme. Proprio perché le pesava essere sempre l’ultima, quella lasciata indietro ed al castello proprio a causa di sua madre e della sua rigidità che non le permettevano di compiere nemmeno un passo al di fuori dei confini di Hogwarts.
    «Una di noi dovrà rimanere sobria quando l’altra cercherà di combinare cazzate, no? Siamo pur sempre donne con una morale!» Grace sgranò le lunghe ciglia chiare portandosi una mano al petto. «E vuoi dirmi che vuoi essere tu l’adulta tra le due?» Spalancò le labbra montando su un’espressione più scioccata dal normale, di proposito, per prenderla in giro. «Inaspettato Wheeler!» Mormorò con fare suadente seguendo l’amica che aveva già preso la via per l’attraversamento stradale, pochi passi e avrebbero sostituito l’asfalto con la sabbia dorata dove i piedi sarebbero affondati in quella dolce sensazione avvolgente ma d’un primo acchito infuocato dato dallo zenit del sole. Scottate corsero fino alla riva dove la Johnson arrestò la sua corsa divertita quando mise i piedi in acqua. «Che meraviglia!» Commentò trovando sollievo dalle scottature, successivamente seguendo l’altra si spostarono al confine dove la sabbia asciutta incontrava quella umida e lì, sull’asciutto, depositarono i loro averi spogliandosi anche dei capi superflui che a nulla sarebbero serviti loro in acqua. Diede una rapida occhiata al cellulare e digitò tre risposte: una per la madre, rapida e sintetica; una per Michael, avvisandolo d’essere arrivata e che presto si sarebbe assentata in mare e una a Nathan che le strappò un sorriso più accentuato. Niente, proprio non ce la faceva a non preoccuparsi per loro! «Nathan ti saluta, dice di fare le brave e... poi non ho capito. Magari più tardi mi faccio mandare una foto di cosa intende!» Aggrottò le sopracciglia rileggendo e tentando di decifrare la parole che l’amico le aveva scritto per indicare chissà quale diavoleria tecnologica del mondo babbano e che lui, purosangue da generazioni, non conosceva finendo per storpiare il nome dell’oggetto. A Grace quelle storpiature facevano sempre molto sorridere. «... O lo chiamiamo diretto. Si sa mai faccia saltare casa per aria!»
    Si rannicchiò sul telo facendo per qualche istante i conti con se stessa con il disagio suscitato dalla parziale nudità, guardandosi attorno e allo stesso tempo cercando di ignorare o quantomeno razionalizzare il peso suscitato dalla visione di quei corpi rapportato al suo. Non vi riuscì per cui scelse di levarsi il dente azzardando un cognome – caro ad entrambe – che avrebbe funto da preambolo al discorso vero e proprio.
    «Harris...» fece eco lei con un sospiro prima di sollevare lo sguardo smeraldino, titubante e tormentato negli occhi azzurri e limpidi di Grace. Continuò. Bastò quel “la”, quella nota, perché il fiume in piena della Wheeler rompesse gli argini riversandosi su di lei. Da quanto attendeva quel momento? «Hey, piano!» le posò la mano sul braccio stringendolo appena con l’intento d’infondere la sua vicinanza, a prescindere sarebbe stata con lei qualsiasi cosa le avrebbe detto. Come le aveva rimarcato più volte in quella giornata erano sulla stessa barca e nessuna meglio di lei avrebbe potuto capirla in quella precisa occasione.
    «... lui è sempre il solito stronzo, spavaldo, cazzone, arrogante» e ti pareva. Poteva essere diversamente con lei? Lo aveva sperato per l’amica ma in cuor suo sapeva che c’era poco da sperare con quell’elemento. David non le era mai piaciuto, a pelle le suscitava proprio antipatia e e doveva dire che quel poco – fortunatamente – che aveva dovuto averci a che fare aveva unicamente confermato se non addirittura aumentato quella sensazione ma Michael... beh era suo fratello, questo voleva dire sopportarlo e da ogni sfortunato fronte!
    «“Siamo sulla stessa barca”! Significa che ti tratta bene? Voglio solo essere certa che non rischi nulla al suo fianco» Rischiare? Grace si stranì corrucciando l’espressione. «Rischiare?» Diede voce a quel pensiero. «L’unica cosa che rischio è l’infarto da quanto è bono Replicò scegliendo di buttarla sull’ironia per quanto quel pensiero fosse reale. «No Michael è...» Il sorriso si disegnò naturalmente sulle labbra mentre un lieve rossore donava vita al suo sguardo. «È premuroso, gentile... Davvero mi tratta bene. Vorrei solo si aprisse con me. L’unica cosa è quella... È molto riservato, a volte fin troppo ma scalfirò quel ghiaccio ma ora dimmi. Perché dici questo? Perché dici che le cose ti sono sfuggite di mano?» Inclinò il capo osservandola e con la mano cercando un contatto con l’altra. «Prima hai negato ti avesse fatto qualcosa» cominciò andandoci cauta, «però poi mi dici che hai abbassato la guardia e che sei stata stupida. Perché?» Allungò la mano in una carezza che finì a scostarle i capelli dietro la schiena. «E quello che roba è?!» Scostò rapida la mano raddrizzando le spalle mentre una rabbia non indifferente le montava dentro. Cos’era quella roba che aveva di fronte? Quella mezzaluna in corso di cicatrizzazione che culminava in due fori più accentuati. «Ma» che cazzo?! «Te l’ha fatta lui ‘sta roba?» Le metteva le mani addosso? Per quello ora stava così?


    Edited by yourgrace. - 15/8/2023, 00:31
     
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    Halley Wheeler | quinto anno | grifondoro


    Non aveva mai puntato un granché sulla sua fisicità. La sostanza era sempre stata al primo posto nella scala delle priorità. Con il passare del tempo, però, si era resa conto che la femminilità si sarebbe potuta rivelare come un punto a suo favore, se giocata con astuzia. A nulla valeva prestare attenzione alla forma fisica se, comunque, non si utilizzavano i risultati ottenuti con il sudore della fronte, sfoggiandoli nelle occasioni designate come adeguate. E quale occasione migliore di quella? Un costume. Niente di impegnativo, certo, eppure un passo in avanti per una personalità insicura come la sua, costellata da quella visione di difetti imprescindibili. Si fermò un istante in più, osservando quell’immagine riflessa allo specchio la quale, per molti versi, nulla aveva a che vedere con la solita alla quale si era abituata. Ci aveva messo ore per scegliere quei pezzi di stoffa –perché, sì, di quello si trattava- ma, tutto sommato, poteva dire che ne fosse valsa la pena. Il disagio, lentamente, scivolò via, lasciando maturare in lei l’idea che, forse, avrebbe fatto bene a lasciarsi andare a quell’esperienza nuova, senza per forza farne una tragedia. Non vi era nulla di male oltrepassare quella confort zone che, probabilmente, ben presto, sarebbe arrivata anche a stancarla del tutto. Doveva darci un taglio. Pensare meno e agire di più, proprio come una volta quando, in tempi non sospetti, si lasciava guidare dagli eventi, ignorando le conseguenze che sarebbero potute franare su di lei. Il suo istinto non l’aveva mai tradita o, meglio, mai fino a quel momento. Perché, allora, non darsi quel beneficio del dubbio che, in fondo, credeva di meritare? Fece spallucce, come per voler sminuire il suo commento precedente. “Se mia madre fosse qui e mi vedesse…” Probabilmente l’avrebbe spedita in chissà quale angolo remoto del mondo, con il solo scopo di redimere quell’animo dannato di una figlia, nel quale non vi era altro che la perdizione pura. Roteò gli occhi, consapevole di aver nascosto alla sua vecchia, quel capo di abbigliamento così succinto da non avere alcuna chance di essere approvato. Tutto era diventato una menzogna o, in casi meno gravi, una mezza verità. Persino uno stupido costume, sarebbe diventato oggetto di un potenziale scontro. Come poteva essere accaduto? Perché erano diventate ciò che, Halley, aveva sempre temuto. Nemiche. Il bianco e il nero. Poli opposti, pronti a respingersi. “E poi, diciamocelo…” Finalmente sorrise, cimentandosi in una mezza piroetta improvvisata al momento. “… fa piacere essere guardate, no?” Inutile mentire a sé stesse e agli altri. Come una legge divina. Guardare ma non toccare, ovviamente ma, affermare il contrario, sarebbe stato così ipocrita e ridicolo.
    Brighton, da sempre, rappresentava la parte solare dell’Inghilterra. Meta ambita, suggestiva e ricca di opzioni per esaudire la fame di divertimento di ragazzi e non. Le sue spiagge, nonostante non fossero le più calde in assoluto, vantavano un gran numero di turisti ogni anno e, loro, avrebbero potuto godere di quel relax, senza allontanarsi troppo da Londra. “Bellissimo!” Il mare. Quell’immensa distesa d’acqua che non aveva avuto modo di vedere per troppo tempo. Le era mancato. Ricordava perfettamente le gite fuori porta organizzate dal padre, le corse infinite sul bagnasciuga e le serate passate intorno ai falò. Tempi andati ma quei ricordi sarebbero rimasti vivi, giorno dopo giorno, nella sua mente. Si zittì, forse per un periodo troppo lungo per passare inosservato. Se lo aspettava. Da un momento all’altro la sua distrazione sarebbe stata oggetto di un’inquisizione da parte della bionda, costretta a subire quei suoi vuoti, senza neanche aver ben chiara la situazione. Si sentiva in colpa ma, d’altra parte, non credeva di essere pronta a parlare di ciò che, realmente, l’angosciava a tal punto da aver pensato che sarebbe stato più facile se avesse posto fine alla sua vita. No. La Johnson avrebbe reagito così male da peggiorare, in lei, quel turbinio di malessere dal quale faticava a riemergere ogni volta. ”Da quando sto per diventare maggiorenne!” Si trattenne dallo scoppiare a ridere. Certo, un bel vantaggio ma ignorava il fattore madre assillante che non avrebbe, comunque, frenato, neanche una volta compiuti i suoi diciotto anni. “Quello che vuoi?” Fece eco, inarcando il sopracciglio sinistro, incredula. “Quanto siamo ingenue. Delle stupide a credere a queste storie di fantascienza.” E non le era rimasto che un pugno di mosche e più sotto controllo che mai. La questione veggenza, poi, non aveva fatto altro che peggiorare il suo stato di prigionia. “Incontri clandestini con una certa persona. Non sono nata ieri, Johnson.” Tra tutti i benefici, quello, sembrava essere il più allettante. Le sfiorò il braccio con il gomito, alludendo palesemente a quel ragazzo così serioso e secchione da farle venire l’orticaria. In ogni caso, l’età adulta non sarebbe stata una valida motivazione per farsi scoppiare il fegato o, almeno, non in quella situazione. Abbassò fugacemente lo sguardo all’altezza dell’ombelico, focalizzandosi, nuovamente, sul suo piccolo problema. Cazzo! Come poteva essere stata così stupida da non pensare alle conseguenze? Domande inutili. Piangere sul latte versato non aveva alcun senso. ”E vuoi dirmi che vuoi essere tu l’adulta tra lei due?” Posò le mani sulla sabbia, esponendosi completamente a quel sole che le scaldava non solo la pelle ma l’anima. “Qualcuno dovrà pur sacrificarsi per la causa? E poi sei tu la festeggiata. Io sono disposta a guardarti le spalle!” Come fosse una co-protagonista di uno di quei film scadenti che tanto piacevano ai babbani. “Davvero sono così poco credibile?” Non si era mai tirata indietro davanti alla baldoria e a quei fiumi d’alcol, messi a disposizione per movimentare le serate noiose eppure, in quel momento, qualche cosa la tratteneva dal mettere in atto le solite condotte che le avrebbero permesso di scordarsi, non solo i suoi problemi, ma addirittura il suo nome. Quando i piedi toccarono l’acqua, un senso di liberazione la pervase in toto, come se avesse ingerito una dose eccessiva di pozione rinvigorente. “Tutto così perfetto da non sembrare vero!” Replicò il gesto di Grace, andando a recuperare il suo telefono, lasciato a sé stesso, in una delle tante tasche che costituivano la sua borsa mare. Digitò un rapido messaggio per suo padre ed, infine, indugiò sulla chat di David incerta sul da farsi. ”Nathan ti saluta…” L’intervento della Johnson, in un certo senso, decise per lei, strappandola al viale della nostalgia che stava per imboccare. “Per Merlino, quel ragazzo prima o poi si farà del male.” Scrollò la testa. “Digli che mi serve tutto intero. Il campionato non si gioca da solo!” Ehi, era pur sempre il capitano tiranno, i convenevoli non erano contemplati quando di mezzo vi era un pericolo oggettivo per i suoi compagni. “Cosa mai potremmo fare? Stragi di cuori?” Beh, sarebbe stata una buona idea se solo, entrambe, non fossero state così idiote da andare in fissa per chi? Per due fratelli che neanche potevano dire di conoscere del tutto. Ed ecco. Non appena fu proferito il cognome dei due, uno strano meccanismo fu subito innescato, portando Halley a liberarsi di quelle parole mai dette prima, nella convinzione che nessuno potesse comprendere a pieno ciò che stava passando anche dal punto di vista sentimentale. La interruppe, posandole la mano sul braccio, un piccolo gesto di conforto che la Wheeler, utilizzò per farsi coraggio, soprattutto considerando il fatto che, per Grace, David non era altro che un idiota da evitare e, forse, non aveva neanche tutti i torti. Cercò di continuare ma la sua attenzione fu catturata dall’argomento Michael. Rischiava qualche cosa con lui? Le avrebbe potuto fare del male, così come David ne aveva fatto a lei, mosso dal suo istinto quasi primitivo ed inspiegabile?
    ”L’unica cosa che rischio è l’infarto da quanto è bono!” Le strappò un clamoroso sorriso. "Bacia bene?" Ammiccò, stemperando la tensione. La bionda sembrava sincera, anche quando andò a sottolineare la riservatezza di colui che aveva preso, oramai, il posto di Mars nei suoi pensieri. “Credo sia un difetto di famiglia!” Per quanto potesse apparire spavaldo, anche David come Mike, non si era mai esposto più di tanto ed, Halley, su questo aspetto iniziava a nutrire quella insofferenza che mai avrebbe voluto sperimentare. “Forse ce la faremo. O forse ci arrenderemo.” Puntò le iridi sulla sabbia, giocherellando con quei granelli così fini. ”Perché dici che le cose ti sono sfuggite di mano?” Uno sguardo implorante. La consapevolezza di dover iniziare dal principio, omettendo parti importanti ma comunque permettendole di comprendere a grandi linee il suo patema. “Doveva essere solo sesso. Lo era.” Fino a quando non si era resa conto che qualche cosa in lei, lentamente, andava mutando. Aveva taciuto. Aveva combattuto. Era arrivata, addirittura, ad allontanarsi per darsi ossigeno. Ma poi? Poi lui era tornato da lei, come un fulmine a ciel sereno. “Sono arrivata a fare del male a persone che, probabilmente, ci tenevano davvero a me.” Kai le aveva dimostrato più volte di desiderarla nella sua vita ma lei, mossa dalla sua testardaggine, si era fissata su quel ragazzo dispotico, per niente accomodante e così oscuro da accendere le sue voglie più recondite. “Ho rifiutato Kai perché, avevo lui in testa." Ho lui in testa! “Non è più solo sesso.” Anche se ancora non aveva chiaro di cosa si trattasse, le sue reazioni al vederlo insieme ad altre, non lasciavano spazio a dubbi. “Non mi ha fatto nulla, Grace. Te lo posso assicurare. Nulla che io non volessi mi fosse fatto!” C’era da darne atto, non l’aveva costretta, si sarebbe potuta ribellare sin dal principio e, invece, era stata lei a lanciare il sasso, trascinandolo fuori dalla Sala Trofei, in direzione della Stanza delle Necessità, dove gli aveva letteralmente regalato la sua prima volta ma anche la seconda e la terza. Imbarazzante. “Sono stupida perché ho abbassato la guardia. Non voglio soffrire. Non me lo posso permettere.” Troppo tardi. ”E quello che roba è?” Si era completamente scordata di quel morso, al quale ancora non aveva dato una spiegazione logica. ”Te l’ha fatta lui ‘sta roba?” Rimase in silenzio, cercando una scusa valida che colmasse i dubbi. “Sì.” Forse l’impeto? Poteva essere plausibile. “Grace. I nostri incontri, fino a qualche tempo fa, non avevano nulla a che vedere con il romanticismo.” Il tutto si basava sulla chimica. L’istinto primordiale e qualche su qualche cosa del quale ancora era all’oscuro ma era certa che qualche cosa significasse. “… io, credo di impazzire.” Un carico da novanta. “Ho un ritardo di sei giorni.” Doveva distrarla e, allo stesso tempo, sganciare quella bomba che le opprimeva il petto. Tornò così a respirare.



     
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    «Se quelle fossero qui non esisterebbe proprio la vacanza» concluse la Johnson per l’amica strabuzzando gli occhioni azzurri con aria piuttosto annoiata. Un constatazione piuttosto dura quanto in fin dei conti veritiera. Le due donne, che sembravano l’una l’alterego dell’altra per i mondi magico e non, sembravano non poter sopportare o tollerare che le figlie avessero una testa pensante che fornisse loro preferenze e volontà che esulassero dalle loro intenzioni, costrizioni. Le due donne sembravano fare di tutto per mettere loro i bastoni tra le ruote per quanto, nessuna delle due, avesse dato chissà quali grattacapi da dover gestire. Forse, tra le due amiche, Halley era quella più esuberante e sicuramente quella che s’era stancata molto prima delle costrizioni imposte dalla genitrice. Grace subiva, più passivamente poiché, scottata ancora dalle recenti morti della sorella e del padre, investiva in quella figura più di quanto le venisse realmente restituito. Era tutto ciò che aveva per quanto stronza e dispotica fosse. «E poi, diciamocelo» la Grifondoro si voltò attirata da quel preambolo posto in maniera tanto allusiva «… fa piacere essere guardate, no?» Grace ridacchiò. Era d’accordo con l’amica e dall’alto della sua immaturità d’adolescente di certo non le dispiaceva stare al centro dell’attenzione per motivi di pregio quali le sue doti sportive o la socialità con cui si poneva verso il prossimo, sicuro non per alimentare la penna degli autori che scrivevano quello sciocco giornalino da strapazzo che montava un caso su qualsiasi episodio ingigantendolo più del necessario lasciando poi alle parti il casino da gestire per venirne fuori. A Grace aveva dato più problemi che altro costringendola a mantenere un occhio sempre rivolto alle sue spalle nel tentativo di scongiurare le sue attenzioni ma lì, a Brighton, erano finalmente sole, finalmente libere di divertirsi e strafare senza che le conseguenze bussassero alle porte chiedendo lo scotto o almeno era questo ciò che pensava la giovane che trottava al fianco della Wheeler con una certa impazienza di mettere i piedi in ammollo nell’acqua salata.
    «Aaaah» commentò mugolando di piacere quando il bruciore della sabbia bollente fu mitigato dalla fredda acqua dell’oceano. «Se ad Hog» si premurò di sussurrarlo nell’eventualità della presenza di orecchie babbane, «ci fosse il mare… col cavolo che tornerei a casa d’estate!» Sentenziò come se la chiusura estiva del castello non fosse un problema. Fosse stato per lei non sarebbe proprio più tornata a casa tranne nei rari sprazzi di sensi di colpa che venivano immediatamente sedati dal vetriolo spanto gratuitamente da sua madre. Heather non sembrava aspettare altro se non tediarla con regole sempre più sciocche o stringenti. «Sì quello che voglio. Come dicono in Francia? Egalité, libertè… Me ne basta una di tre!» Continuò a ridere ironizzando sull’involontaria rima che le era uscita e della sua situazione, della favola che sapeva di starsi raccontando ma era pur sempre un modo di sopravvivere anche quello, seppur nella menzogna.
    «Incontri clandestini con una certa persona. Non sono nata ieri, Johnson» fece l’amica dandole di spallucce provocando nella giovane un rossore localizzato soprattutto all’altezza delle guance che andò propagandosi all’intero viso e parte del collo. «Non è come credi» mentì nascondendo il viso tra le mani. «Sono innocente!» E lo era ancora fino a prova contraria poiché solo in settimana avrebbe saputo i piani di lavoro di sua madre che l’avrebbero vista in turno proprio il pomeriggio del suo compleanno dandole la possibilità d’inviare un messaggio al Serpeverde per sfruttare l’avvenimento esattamente come avrebbero fatto tutti i ragazzini della sua età. Sarebbe stata nervosa, nervosissima a quella possibilità e ai molteplici scenari che da essa si sarebbero dipanati ma questa è un’altra storia. «Se io dico cazzate allora tu che rimani sobria cos’è?» Replicò piccata quando questa la prese naturalmente in giro in merito al suo modo di svicolare dalle evidenti intenzioni. «Davvero sono così poco credibile?» Beh… Attese un istante lasciando che un velo di suspense aleggiasse tra loro. «Sì!» Esclamò poi scoppiando nell’ennesima quanto fragorosa risata atta puramente a schernire l’amica, d’altronde Halley sapeva perfettamente quanto la Johnson tenesse a lei e soprattutto la stima che nutrisse nei suoi riguardi. Era un po’ come una seconda sorella maggiore per quanto come Elisabeth non ci sarebbe stato nessuno mai, o così credeva. «Ha detto di usare il “Ferer” se qualcuno ci importuna» aggrottò le sopracciglia. «Cos’è un ferer?» Sollevò gli occhi dal telefono arricciando il naso perplessa rivolgendo lo sguardo in direzione della Wheeler, magari lei avrebbe saputo interpretare l’oggetto misterioso inteso nel messaggio che Nathan aveva inviato loro. Era curioso il modo in cui aggiungesse il prefisso fere- a qualsiasi oggetto babbano, da dove proveniva quella parola? L’incuriosiva e la faceva sorride per quanto c’erano casi come quello in cui interpretare l’oggetto principe delle attenzioni del ragazzo fosse piuttosto complesso. «Cosa mai potremmo fare? Strage di cuori?»
    «Con quel costume tu di certo!» Replicò dando di gomito all’amica prima d’incrociare le gambe e lasciarsi cadere sul telo da mare perfettamente aperto e steso accanto a quello della Wheeler. Lì, una volta sedute, una volta quietate le risa e i sorrisi arrivò il fatidico momento della verità. Quello dell’intimità che fino a quel momento non erano riuscite a ritagliarsi a scuola e che faceva delle due Grifondoro migliori amiche. Non erano state molto presenti l’una per l’altra nell’ultimo periodo scolastico, ognuna presa e chiusa nella propria bolla di preoccupazioni, ma di una cosa era certa Grace: avrebbe soverchiato quella situazione, avrebbe strappato il velo del silenzio riguadagnandosi la fiducia della Wheeler quel tanto da tornare degna delle sue confidenze perché lo sentiva che quello non era un buon periodo per l’amica e come lei c’era stata e l’aveva aiutata a mettere le cose a posto con Marshall, adesso era il suo turno d’aiutarla e per farlo avrebbe dovuto ascoltare e mandare giù ciò che aveva da dire per quanto sapesse che l’argomento non era dei migliori.
    “Harris” aveva quindi esordito pronunciando il cognome di una famiglia che era presto diventata la protagonista delle loro passioni ma se per la piccola Johnson le cose erano evolute positivamente concedendole di entrare nelle grazie di quello che, almeno all’apparenza, sembrava il più saggio tra i due fratelli, lo stesso non poteva dire Halley che sembrava proprio essersi presa una sbandata perdendo la testa per il maggiore dei due. Per lo stronzo. La sola ipotesi che dietro i silenzi della mora, del suo sguardo triste, ci fosse quel ragazzo mandava su tutte le furie la Grifondoro che, per quello che aveva potuto conoscere, aveva trovato l’esatta rappresentazione di ciò che non sopportasse in un ragazzo. David poi, nei suoi riguardi, s’era sempre posto nel modo peggiore. Proprio non riusciva a capire il motivo di quell’astio così esagerato nei suoi riguardi. Alla vigilia di Natale, al ballo, David con lei s’era comportato come se fosse stata interamente sua la colpa per aver attirato le attenzioni del Tassorosso, come se fosse stata lei a spingerlo a fare quella dedica che le aveva rivolto. L’aveva messa alle strette e con estrema maleducazione le aveva imposto di compiere una scelta come a voler mettere in dubbio la lealtà della ragazza che senza battere ciglio s’era immediatamente schierata al fianco del di lui fratello. Ciò che David non sapeva era che Grace era una ragazza corretta che si batteva per ciò in cui credeva e mai avrebbe mollato su due piedi il suo accompagnatore per correre tra le braccia di un altro. In quell’occasione per quanto fosse stata combattuta da ciò che pensava di provare mai avrebbe voltato le spalle dall’impegno che s’era presa con Mike lasciandolo su due piedi costringendolo ad una delle umiliazioni più grandi. Era integerrimo il suo ragionamento ma per come la pensava lei Marshall in quell’occasione, se davvero la voleva, non avrebbe dovuto perdere tempo in gesti così plateali sotto gli occhi di tutti. Avrebbe potuto vederla sin da subito, avrebbe potuto svegliarsi sin da subito non lasciando che fosse qualcun altro a farlo per primo per poi, letteralmente, rosicare. Quello era stato l’errore del Tasso ma David nemmeno dopo la sua risposta s’era placato. Voleva astio, voleva dramma e voleva il suo maledetto caos e soprattutto voleva fuori da giochi la Johnson. Grace non capiva il perché di quelle occhiate inceneritrici che le riservava o meglio poteva capirle solo in parte. Per quanto ne sapeva da come conosceva lei Michael, era certa che il ragazzo non avesse divulgato i dettagli della loro situazione personale e se all’apparenza questo la penalizzava facendola sembrare una voltagabbana, nel concreto però non rispondeva all’esagerazione di quel comportamento. Cosa importava a lui delle scelte del fratello? Era di Michael la scelta e sua soltanto così come solo loro due sapevano quali moti muovevano le loro anime per continuare ad unirli quindi perché tediarla a quel modo pur potendo intuire quanto il biondo fosse preso dalla ragazza e quanto ora fosse felice - perché era felice, no? - di quel rapporto. Guardarla male da lontano non faceva altro che attirare il fastidio e poi grande, grosso e presuntuoso com’era non poteva affrontare una ragazzina? Ah… tutto fumo e niente arrosto quel pallone gonfiato!
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    Era bastato quindi un cognome per rompere l’argine che Halley aveva tirato su, un semplice puntellamento prima che il fiume in piena dei suoi timori si riversasse addosso alla Johnson. Ma prima d’arrivare al sodo… «Bacia bene?» Grace strabuzzò gli occhi mentre il rossore colorava interamente il suo viso infiammandolo. «HALLEY!» Fece inizialmente scioccata salvo poi stringersi su sé stessa nascondendo il viso tra le ginocchia. «… sì.» Confermò attirando l’euforia dell’altra per poi contenerla - non era quello il fulcro del discorso di quelle confidenze - ponendole una nuova domanda atta a comprendere meglio l’iniziale sfogo dell’amica. «Doveva essere solo sesso. Lo era.» Grace aggrottò le sopracciglia. Per come conosceva lei la mora, Halley non era affatto tipo da una notte e via. Halley era passionale, era intensa ed era una di quelle persone che si affezionano subito. Non avrebbe mai potuto funzionare per lei quel sistema per come la vedeva la Johnson. «Non mi ha fatto nulla. […] Nulla che io non volessi mi fosse fatto» affilò lo sguardo. Le riusciva così difficile comprendere quella dinamica per quanto probabilmente se si fosse trovata nella medesima situazione avrebbe compiuto gli stessi errori offuscata dai sentimenti per avere un giudizio più lucido. In fin dei conti era stata cieca e soprattutto sorda anche quando pensava d’aver messo da parte i suoi sentimenti per il minore degli Harris.
    «Tu non sei fatta così. Non sei da relazioni di solo sesso, Hal. Perché ti è venuta questa cosa? Ti ha obbligata lui?» Le domandò trovando l’input necessario per esternare quel pensiero. Le riusciva difficile pensare che il ragazzo non l’avesse forzata a fare qualcosa, sembrava proprio il tipo. Poi per come si preoccupava per lei Halley dopo che aveva saputo della sua frequentazione… mh, c’era ancora qualcosa di non detto. «Magari si potesse non soffrire per amore, sarebbe tutto più semplice se non ci fossero i sentimenti, no? E invece» cercò di sdrammatizzare nel tentativo di strapparla un sorriso ed anche di non farla sentire giudicata dalla sua intolleranza nei confronti del Serpeverde. Allungò una mano cercando di carezzarla per infonderle un minimo di supporto ma scostandole i capelli notò qualcosa di assolutamente orribile. Saltò immediatamente in ginocchio gattonando quei pochi passi che l’avvicinarono alla Wheeler discostandone del tutto la chioma per osservare più attentamente quello scempio. «Sì?! Come sì? Con che calma me lo stai dicendo?!» Sbottò esterrefatta mentre l’altra si lanciava in giustificazioni che non avevano né capo né coda.
    «I nostri incontri, fino a qualche tempo fa, non avevano nulla a che vedere con il romanticismo.»
    «Ah perché lo avevano col masochismo?! Ma che cazzo stai dicendo?» Era sempre più basita ed arrabbiata dai risvolti che quelle confidenze stavano avendo. Non avrebbe mai potuto immaginare nulla di tutto ciò. «Io credo di impazzire» per quanto la riguardava era già pazza a frequentarlo un coglione simile, figurarsi dopo averlo scoperto a mordere come un vampiro le persone. Ma che cazzo?! «COSA?! In che senso hai un ritardo… Non usavate nemmeno le precauzioni?» Era sgomenta, «Halley ma che diavolo?! Non voglio crederci davvero. Dimmi che si è rotto il preservativo l’ultima volta perché non posso immaginare che tu abbia rischiato tanto e con lui. Dio…» Si prese il capo fra le mani. Come si gestiva una cosa del genere? «Lui che ha detto? Lo sa?» Era tutto così sbagliato, così dannatamente sbagliato. Come poteva una forza della natura come lei aver perso completamente il senno per uno del genere?
     
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    Halley Wheeler | quinto anno | grifondoro


    Si sentiva piccola. Agli occhi di quella donna rigida, Halley, non era altro che una ragazzina petulante e bisognosa di attenzioni. Lo capiva dai modi che le riservava ogni qualvolta si prendesse in esame un suo ipotetico futuro. Niente l’avrebbe distolta dall’idea di sistemare sua figlia in qualche ufficio, a marcire tra scartoffie varie ed eventuali. Sin dal primo momento che i loro sguardi si erano incrociati in quella notte d’estate, Seira, si era ripromessa di esercitare su quella bambina tutto il potere conferitole dalla genitorialità, per tenerla al sicuro da quel mondo che, forse, era colpevole di averla delusa così profondamente da perdere ogni speranza nel futuro. Parole mai dette. Spiegazioni mai date. Quelle che avanzava la ragazza, non erano altro che ipotesi basate sulle informazioni estrapolate qua e là, durante gli attimi vissuti in famiglia. Quanta sofferenza aveva dovuto subire sulla sua pelle per renderla quella donna intransigente, incapace di prendersi una pausa al solo scopo di ascoltare quella bambina che, oramai, non poteva più considerarsi tale? Tutto ciò, però, non poteva essere considerata una ragione valida per porre in essere comportamenti distruttivi nei suoi riguardi. Un errore madornale che era costato la rottura di quegli argini i quali, fino a quel momento, erano stati così forti da riuscire a contenere quell’indole esplosiva. Tutto era andato a puttane. Ogni sforzo, ogni speranza. Tutto dissolto nel nulla, con il semplice schioccare delle dita. La Grifondoro soffriva. Così intimamente da non riuscire neanche a dare voce a quella disperazione che, lentamente, andava dilagando, sconfinando in altri ambiti che, anche senza volere, si incatenavano l’uno con l’altro. Era per questa serie di sfortunati eventi che percepiva l’esigenza di ringraziare Merlino per essere lì, a Brighton, in compagnia di Grace e lontana da quella madre che, oramai, la trattava come fosse un’entità spettrale e infestante. I loro contatti si erano ridotti al minimo storico. Niente di più che risposte di pura cortesia. Niente di niente. Due estranee, forzatamente, sotto lo stesso tetto. Allontanò a fatica quei pensieri e si lanciò in un impeto di positività che, forse, avrebbe contributo a togliere di mezzo quella faccia da funerale che si portava appresso dalla rottura dei rapporti con sua zia. Sì. Lei era stata la pietra dello scandalo. L’arrivista per eccellenza. Colei che non poteva accontentarsi. Lei. La stronza. La villain della storia personale di Halley. Stop. Rifiutare e andare avanti verso la leggerezza d’animo. Verso ciò che possedeva il potenziale per farla sorridere, ancora una volta. Respirò a pieni polmoni quell’aria che sapeva di mare. Una sensazione che la inebriò per qualche istante, estraniandola da quella realtà e portandola indietro nel tempo. Un viaggio di breve durata. ”… col cavolo che tornerei a casa d’estate.” Assolutamente. Oddio, le sarebbe andato bene anche il Lago Nero. La Piovra Gigante si sarebbe potuta rivelare un’ottima compagnia se paragonata alla Signora O’Hara. Mica male, come estate alternativa e poi era stata la prima ad avanzare l’intenzione di proporre una petizione al fine di tenere aperta la scuola durante il periodo estivo, per loro, poveri bambini sperduti. Una specie di Isola che non c’è, insomma. “A quel punto tornerei solo se strettamente necessario.” Mostrò, ancora una volta, la sua riluttanza nei riguardi della sua vita in Villa Wheeler. “Funerali.” Macabra. “Matrimoni. Anzi, no. Tanto poi finiscono sempre in tragici divorzi.” Poco cinismo. Scoppiò a ridere, arricciando il naso, consapevole delle stronzate appena proposte. “Come se, Crudelia e Grimilde, ci lasciassero passare le vacanze lontane dalle loro manie di controllo.” La basi. Il senso di appartenenza, improvvisamente, si mostrava al suo apice durante il periodo estivo quando, sostanzialmente, avvertivano l’esigenza di riversare le frustrazioni accumulate durante l’anno su di loro, concentrandole in quei tre dannati mesi. Quello sprazzo di libertà divenne, quindi, un momento del quale godere, in tutto per tutto, senza lasciarsi sfuggire neanche il più insignificante minuto passato al di là della solita clausura.
    ”Non è come credi.” Ah no? Si sporse in avanti, superando il suo braccio ed entrando, con pochissima circospezione, nel suo campo visivo, mostrando un’aria volutamente perplessa. Inarcò il sopracciglio, quando si dichiarò innocente. Andiamo. Non che vi fosse qualche cosa di male, in fondo Mars si era rivelato essere un vero stronzo e, Michael, invece, contro ogni aspettativa era rimasto anche quando le circostanze lo vedevano sconfitto su tutta la linea. Doveva pur voler dire qualche cosa. “E cosa pensi che io creda?” Si era fatta un’idea tutta sua che giustificasse i loro incontri ma, fino a quel momento, aveva deciso di tenersi fuori da quella fattispecie di affari, sapendo bene quali conseguenze si sarebbero presentate se non fosse stata ancora pronta ad affrontare il discorso. Un gesto ammirevole. Un gesto da amica.
    ”Se io dico cazzate allora tu che rimani sobria cos’è?” Roteò gli occhi, portandoli dritti a scontrarsi con l’azzurro di quel cielo sgombro da nubi. Ok, in situazioni normali, Halley, non avrebbe perso tempo, partendo alla carica, senza pensare ai danni che avrebbe potuto combinare, esagerando con la baldoria. Peccato che, quello, fosse il periodo più strano e contorto della sua vita. Così astruso da rimettere in discussione, addirittura, le fondamenta del suo credo. “Più diventi vecchia, più diventi perfida.” Si finse offesa, voltando il capo dall’altra parte, per poi riportalo immediatamente nella sua direzione, sorridendo di quella spensieratezza necessaria alla quale si unirono i messaggi senza senso di Nathan. “Il taser, forse?” Ne aveva sentito parlare, grazie alla vicinanza della sua famiglia ad alcuni esponenti del mondo babbano. “Credo sia una specie di pistola elettrica.” Quanta violenza, per la miseria! Effettivamente, il giovane Knox, si era mostrato preoccupato sin dal principio, quando gli aveva confidato i loro piani estivi. “È così carino a preoccuparsi per noi.” Certo, non ne aveva nessuna ragione ma mai dire mai. Qualche cuore infranto, cosa poteva mai essere? Si osservò il seno, perfettamente coperto da quei triangoli di stoffa rossa e sorrise compiaciuta. Non era poi così male e il suo fisico, lì dentro, si mostrava in tutta la sua forma, ottenuta grazie alla costanza degli allenamenti. “Potrei finire per crederci, ti avverto.” Ironizzò, consapevole del fatto che, però, la sua testa fosse già ampiamente occupata. Da chi? Dall’altro Harris. La versione stronza di colui per il quale, la sua amica, aveva un debole. Quel cognome, una volta pronunciato, avrebbe scatenato un uragano di sensazioni, anche contrastanti, capaci di trascinare con sé la più pura intenzione di non voler far riferimento a loro. Ci aveva provato, soprattutto per non riportare alla memoria di Grace gli spiacevoli episodi avvenuti la notte di Natale quando, il loro solo incontro era bastato a far crollare ogni speranza per il quieto vivere. Triste realtà. Grace e David non sarebbero mai andati d’accordo e, d’altro canto, non credeva fosse compito suo, lavorare per quella pace. In ogni caso, il tentativo di tenerli ai limiti, si era rivelato un buco nell’acqua. Dovevo immaginarmelo. Quei ragazzi erano uno dei tanti punti che univano le due giocatrici di quidditch e, per forza di cose, si sarebbero trovate a discutere dei loro rapporti, così come il naturale decorso degli eventi, avrebbe voluto. Non si lasciò scappare l’occasione, scendendo immediatamente nel dettaglio, senza sconfinare in quesiti più piccanti. Non riusciva a capire da dove derivasse tutta quella sorpresa? Che si credeva? Che le avesse chiesto come era andata la sua lezione di recupero di Pozioni? Andiamo. Sapeva come sminuzzare delle lumache, non aveva bisogno di conoscere quella tipologia di inezia. Al sentire la sua risposta, la mora, ghignò. Sì. Se poi oltre al bacio vi fosse stato del trasporto che andasse oltre al semplice interesse estetico, la bomba sarebbe esplosa più facilmente. “Allora avevo ragione suo vostri incontri clandestini!” Le assestò una gomitata giocosa, l’ultima scanzonata, prima del tracollo verso argomenti di ben diversa portata. Un tracollo che la riguardava o, almeno, ciò era quel che credeva la biondina.
    ”Tu non sei fatta così.”
    Non lo sono. Ed infatti quello che era iniziata come una blanda relazione di tipo sessuale, aveva assunto dei connotati differenti con l’andare del tempo. Appoggiò i gomiti sulle cosce, riordinando le idee che potessero darle una mano nello spiegare le circostanze, senza apparire la ragazza facile di turno. ”Perché ti è venuta questa cosa?” Perché? Che fosse impazzita tutta in una volta? Poteva benissimo essere, per quel che la riguardava. Non vi era una spiegazione logica, effettivamente. Era accaduto e basta. Uno schietto istinto. Trascinarlo nella Stanza delle Necessità aveva contribuito a saldare un debito che aveva con la sua stessa vita, dimostrando di poter essere chiunque lei volesse, senza chiedere per favore. Una mossa azzardata che l’aveva condotta sulla via della perdizione e, addirittura, a provare sentimenti per un ragazzo che non era certa sarebbe stato giusto. ”Ti ha obbligata lui?” Scoppiò a ridere, nervosamente. L’isterismo cominciò a regnare sovrano. Obbligata. Scosse la testa. “No, Grace. Proprio per niente.” Si era guardata bene dal raccontare come si erano svolti i fatti, dopo Halloween, tra loro. “Sono stata io.” Raccontava con estrema calma, cosa insolita per lei. Portò la mano alla fronte e prese fiato, per cercare quel coraggio per scagionare David da colpe che, oggettivamente, non aveva. “L’ho trascinato io fuori dalla Sala Trofei. Sempre io l’ho condotto nella Stanza delle Necessità.” Sarebbe potuta andare via sola, lasciarlo lì sul posto dopo aver flirtato ma no, non l’aveva fatto. Si era spinta oltre. Nessuno le aveva imposto di calare le mutande, tantomeno di consegnargli la sua prima volta. Era stata tutta opera sua e non si era pentita neanche per un istante, prima di comprendere ciò che, a distanza di mesi, stava accadendo in lei. “Era ciò a cui puntavo.” Una relazione senza sentimenti, nonostante sapesse di non essere portata per quel tipo di contesto. “Credevo che la cosa sarebbe andata avanti per qualche tempo.” Niente di impegnativo che, però, potesse distrarla dalle problematiche che aveva appreso di avere, proprio prima di iniziare quella cosa. “Avevo torto e le cose mi sono sfuggite di mano, completamente.” E di questo era riuscita a parlare con il diretto interessato, arrivando a quella che sembrava una pseudo relazione esclusiva. “Io credo di poter dare di più del solo sesso.” Molto di più. “Non importava farmi conoscere ma ora è diverso.” Il degenero. “Voglio innamorarmi.” E da dove arrivava quella confessione? “Il gioco proprio non lo reggo più. No, io non sono così e, ora, lo sa anche lui.” L’aveva confessato in quell’infermeria quando, il caos nell’anima, l’aveva portata ad esigere, almeno, di sistemare quel lato della sua vita, chiarendo la sua posizione nei confronti del Serpeverde.
    Allungò la mano, posandola sull’avambraccio della cacciatrice. “Va tutto bene. Credimi.” Come poteva giustificare un morso? Porca troia. Nonostante l’apparenza traesse in inganno, non riusciva a trovare una scusa valida per spiegare un comportamento animale come quello di David. E poi? Vi era un motivo? La sua ostinazione nel mostrarla come sua, era sì, sospetta, ma non abbastanza importante per essere al centro della sua analisi. “Fidati di me!” Un investimento non di poco conto. “So di chiederti tanto.” Uno sforzo mentale indefinito, soprattutto per via del fatto di non essere a conoscenza di tutta la verità e, quindi, non poterle rivelare di quanto fosse importante il ruolo di quel ragazzo nella sua vita, ora che la loro “relazione” era salita di livello, tanto da portarlo a tenderle una mano per aiutarla.
    ”COSA?” Una reazione comprensibile, data la portata della notizia appena sganciata. ”… non usavate nemmeno le precauzioni?” La inchiodò con lo sguardo, sperando di ottenere un accenno di affievolimento del tono di voce. “Sì. Le abbiamo sempre usate.” Fatta eccezione per l’ultima volta, presi dalla frenesia di quel ricongiungimento così sofferto da entrambe le parti. “Una volta sola ci siamo lasciati trascinare e…” E sei una stupida idiota. “… abbiamo sbagliato!” Gli errori, a volte, presentavano un conto salato da saldare. “Era stato un mese complicato.” Non che valesse come scusa. Gli occhi della Johnson esprimevano tutto il disappunto necessario per far sentire Halley in colpa. ”Lui che ha detto? Lo sa?” Abbassò le iridi, ancora una volta, sulla sabbia. “Potrebbe essere solo stress.” Tergiversò. “Non lo deve sapere!” Un’aria di supplica si dipinse sul suo volto. Ne aveva il diritto? Sì, ma non finché fosse stato solo un dubbio. “Ti prego, Grace. Non farne parola con nessuno.” Sarebbe stata la sua fine. “Neanche con Michael.” Sapeva di non aver motivo di sottolineare il concetto ma in lei scorreva il terrore.



     
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    «Esatto, farei anch’io così» replicò concordando sul fatto di non rimettere più, per nessuna ragione, piede a casa dalla propria madre. Le voleva bene, l’amava, esattamente come un qualsiasi figlio ama il proprio genitore ma sentiva sempre più stretto quell’ambiente familiare palesemente ostile nei suoi riguardi. Le cose in casa non erano mai state rosee. Per un qualche motivo i coniugi Johnson avevano sempre preferito la maggiore tra le due sorelle alla piccola biondina di casa quasi lei, per motivi del tutto ignoti, fosse la pecora nera del nucleo domestico e per quale motivo poi? Grace non ne trovava risposta poiché, analizzando con i propri mezzi quel poco di vissuto che aveva alle spalle, non trovava un motivo per la quale si fosse guadagnata quella sorta di disprezzo. Aveva cercato di essere sempre obbediente, sempre gentile e rispettosa per quanto anche lei fosse umana, anche lei s’arrabbiava e aveva protestato attraverso capricci più o meno fastidiosi ma non pensava che per questo si fosse guadagnata quel trattamento di sufficienza da parte loro. Come se lei rappresentasse un di più, come se avesse tolto loro qualcosa. Nei momenti in cui la tristezza la faceva da padroni aveva anche pensato, con rabbia, che sua madre avrebbe potuto abortire piuttosto che renderle la vita un tale inferno se doveva disprezzarla a quel modo ma mai quel pensiero aveva trovato sbocco nelle sue labbra. Lo aveva sempre tenuto per sé, per quanto, sempre più prepotentemente adesso che era un’adolescente quelle parole premevano per essere pronunciate proprio contro quella genitrice tanto ostile, gratuitamente, nei suoi riguardi.
    «Wow, oggi sei proprio di ottimo umore Morty» ridacchiò quando l’altra espose quali fossero le occasioni degne di richiamare la sua presenza in villa Wheeler. «Crudelia e Grimilde? Ommioddio! Adoro!» Non aveva idea che la strega fosse a conoscenza di due dei volti più famosi tra i villain fiabeschi del mondo babbano ma evidentemente quelle storie erano conosciute anche tra loro. Scoppio a ridere. Effettivamente sua madre poteva dirsi “compagna di merende” di Grimilde. La stessa freddezza, la stessa spocchia quando si rivolgeva al prossimo quasi vantasse delle qualità o dei natali superiori rispetto a quelli dei suoi interlocutori. Grace non lo capiva quel comportamento ed era quanto di più distante ci fosse invece dal suo di carattere così genuino, aperto. Praticamente l’opposto della madre. «Mi stupisco ci abbiano lasciato queste ore d’aria, siamo sicure non ci abbiano seguite?» E come a sottolineare quelle parole la Grifondoro buttò il capo alle loro spalle cercando tra quella folla di spensierati bagnanti i volti familiari di quelle due madri tanto integerrime. Il loro, per essere lì, era stato fondamentalmente un lavoro di fino volto a sottolineare quanto nessuna delle due avesse chiuso l’anno con debiti o materie sotto la soglia dell’Accettabile, Grace aveva lavorato tantissimo a quel fine arrivando a supplicare i due insegnanti promettendo loro mari e monti affinché quella penuria si risollevasse, in più, a dar loro man forte c’era il compleanno della Johnson che cadeva proprio la settimana successiva e vuoi non festeggiare un traguardo simile? Fosse stato per sua madre no, ma fortunatamente per i maghi e le streghe i diciassette erano un vincolo importantissimo talmente importante che Seira le aveva mostrato di depliant ministeriali che parlavano della smaterializzione. Ora che sarebbe diventata maggiorenne avrebbe potuto iscriversi al corso. Straordinario!
    Presero posto sui teli ben distesi l’uno di fianco all’altro stuzzicandosi a vicenda su quello che era un po’ l’umore nero di entrambe per quanto quello della Wheeler destasse più preoccupazioni tanto da decidere di punzecchiarla brevemente per finire poi messa con le spalle al muro con il suo argomento tallone d’Achille: Mike. «Tu…» Cominciò arrossendo violentemente, «pensi cose» farneticò incapace di trovare una replica soddisfacente per placarla. Ciò che Halley aveva detto era vero. Grace voleva vedere il Serpeverde e finché si erano trovate entro i confini del castello era stato terribilmente semplice ma fuori, beh, le cose erano nettamente più complicate tra sua madre che la teneva segregata e lui che abitava oltre oceano. Però sapeva che non avrebbe trascorso tutto il suo tempo a New York e ormai contava i giorni mancanti al suo rientro nel Regno Unito. Prima che la Wheeler incalzasse su quel fianco scoperto passò al contrattacco e divertita l’accusò mettendola spalle al muro ottenendo l’appellativo di perfida. «HA!» Ghignò soddisfatta prima di tirare fuori dalla borsa il cellulare per dare un’ultima occhiata alle notifiche presenti. Fu proprio scorrendole che Grace notò quello che era un avvertimento da parte di un loro amico in comune, Nathan, che era stato tanto premuroso da lasciarle l’ennesimo richiamo alla prudenza seppur il testo stesso del messaggio non fosse d’immediata comprensione tanto da sollevare i dubbi della bionda. «Sì, se intende quello è un coso che da la scossa… Dio mio. Deve smetterla di guardare la TV. Tutti quei telegiornali gli stanno facendo male!» Esclamò non potendo trattenere un sospiro divertito prima di digitare una replica al ragazzo. Un classico “sì papà” corredato di faccina sorridente insieme ad un cuoricino giallo che magari avrebbe quietato il ragazzo. «Molto. Gli voglio già un gran bene!» Inviò il messaggio sorridendo allo schermo prima di gettare nuovamente il dispositivo all’interno della borsa e dedicarsi a quello che si era prefissata essere lo scopo della vacanza: riconsolidare il rapporto con Halley.
    Espirò rilassandosi sul telo riflettendo su quale fosse l’approccio migliore per intavolare l’argomento ma erano davvero necessari tutti quei giri di parole tra loro? Così tagliò corto e pronunciò quel cognome oramai fulcro dei loro pensieri e causa della frequenza alterata dei loro cuori. Se Grace poteva pensare a quel nome con un sorriso felice ad innalzarle gli angoli delle labbra lo stesso non poteva dirsi dell’amica che s’incupì visibilmente pensando al maggiore dei due nonché suo… cos’era David per lei? Sembrava non saperlo nemmeno lei e forse proprio per questo come un fiume in piena, Halley ruppe quegli argini riversando tutto il suo sconforto sulla Grifondoro che accolse quello sfogo cercando di tenere per sé il fastidio provato nei riguardi del ragazzo. Non era un mistero che il maggiore dei fratelli alla Johnson stesse tutto tranne che simpatico ma la sua amica non aveva bisogno di commenti giudicanti, per quello ci sarebbe stato il tempo, aveva bisogno di ascolto e ancora di più di comprensione per quanto quello fosse uno sforzo non indifferente per la bionda.
    «Ma quali incontri clandestini, finiscila» bofonchiò arrossendo e così facendo mandando alle ortiche ogni tentativo di dissimulare quanto ci fosse tra lei ed il Serpeverde, alla fine non facevano nulla di male adesso e da quando la Johnson aveva piantato il musicista di Tassorosso (che peraltro aveva levato le tende da scuola) si erano sentiti liberi di vivere il loro rapporto piuttosto alla luce del sole fregandosene sufficientemente delle opinioni che poteva avere il prossimo o chiunque se ne fosse fatto un’idea seguendo gli articoli da strapazzo del giornalino della scuola. Tolto il focus su di lei lasciò che Halley si sfogasse, lasciò che quel fiume di parole la inondasse e travolgesse nel tentativo di comprendere cosa fosse successo in quei mesi di distanza l’una dall’altra e Grace dovette ammettere che, ai suoi occhi, era più grave di quanto pensasse: Halley s’era gettata in un qualcosa di più grande di lei, un qualcosa che forse l’aveva spinta a compiacere l’altro per mera sfida? Ma che altro non era quanto di più lontano da ciò che fosse l’Io della Grifondoro stessa. Halley non era una ragazza libertina, non era una ragazza da una notte e via eppure, per compiacere quel ragazzo, s’era piegata ad agire in quel modo convinta d’averlo voluto. Grace era scettica fosse realmente così quanto invece più il frutto di una manipolazione perpetrata da parte del ragazzo. «Era ciò a cui puntavo.» Aggrottò le sopracciglia. «Ma perché?!» Era questo che proprio non capiva. Come poteva desiderarsi qualcosa da uno come David Harris? Un miserabile, arrogante e pure spaccone peraltro nemmeno giustificato ad esserlo semmai ne fosse servita una. Eppure Halley continuava a sostenere d’essere la cercata da sola scafandosi quella fossa di fango con le sue stesse mani. Cercò di controllare la sua espressione per quanto i lineamenti solitamente dolci della Grifondoro tradissero il disprezzo e le perplessità che nutriva per tutta quella storia ma, come s’era ripromessa, voleva essere d’aiuto all’amica. Riuscire ad empatizzare, riuscire a capirla e si sarebbe sforzata di fare ciò nonostante quello sforzo fosse veicolato in direzione di quel ragazzo. «Perché lui, Hal?» Possibile che non nutrisse un po’ d’amor proprio? Possibile che pensasse di volere quel ragazzo o peggio, meritarlo? «Ma certo! Tu sei molto di più di questo. Non dubitarlo nemmeno una volta e non lo dico perché sei mia amica ma perché è oggettivo. Andiamo Halley sei gentile, sei determinata e volenterosa e grazie a questo hai portato Grifondoro alla vittoria della Coppa delle Case! Sì, è stato un lavoro di squadra non lo nego ma come siamo arrivati lì? Perché tu ci credevi e c’hai sempre creduto dall’inizio della scuola e hai spronato tutti a farlo e a dare del proprio meglio. Vedi? Tu sei di più!» Fece accalorata stringendo la spalla dell’amica. Credeva profondamente in quelle parole ed era grata alla determinazione che le aveva trasmesso, proprio grazie a quella non avevano mollato di un centimetro guadagnandosi il titolo ed un concetto così semplice poteva declinarli a tutti gli altri aspetti della vita della giovane donna che aveva di fronte. Halley doveva solo convincersene, capire il proprio valore. «E chi non vorrebbe?» Innamorarsene. L’amore, il più grande motore del mondo in grado di alterare completamente l’umore e le performance di una persona. Grace sapeva bene quanto questa forza fosse in grado d’influenzarla anche nelle più piccole attività. Lo aveva provato sulla sua pelle quanto le pene della situazione fortunatamente risolta l’avessero resa impotente ed incapace di ogni reazione. Aveva avuto bisogno d’aiuto, di qualcuno che si sobbarcasse quel peso e le indicasse la strada. Per lei quella persona era stata Victoria ed ora, convinta, pensava che la mora avesse bisogno dello stesso supporto.
    «Mettiamola così» prese un respiro, sforzandosi di mostrarsi accondiscendente, «c’hai provato ma questa non sei tu. Hai dovuto sbatterci il muso… Almeno ti è stato di lezione» trovarci il lato positivo, no? Molto da Grace. La presa sulla spalla si trasformò in una carezza di conforto e fu proprio quella carezza che, scoprendo la pelle per risistemarne i capelli rivelò qualcosa che gelò il sangue nelle vene della piccola Grifondoro. Un morso. Un. Fottuto. Morso. Tutti i buoni propositi andarono a puttane nell’esatto istante in cui la Johnson realizzò le implicazioni di quello sfregio sulla pelle altrimenti integra dell’amica. «Non va per un cavolo bene, Halley. Sei seria?» Ribadì esterrefatta dalla calma dell’altra. «Ti sembra normale che quel cretino di abbia marchiata come si fa con… con… con le bestie porca miseria!» Davvero lo stava ancora giustificando? Davvero era così presa e manipolata dal Serpeverde da perdonargli anche un gesto simile così dannatamente denigrando verso il rispetto in sé della persona. Lei come avrebbe reagito se Michael le avesse fatto lo stesso? Le piaceva pensare che sarebbe scattata, che avrebbe preso una posizione netta contro un atteggiamento simile ma un brivido le attraversò la schiena mettendo in dubbio quel pensiero. La subdola idea di appartenergli, di creare un legame profondo e indissolubile… scosse il capo focalizzandosi sulla richiesta impossibile della Wheeler. «Io non credo tu sia lucida, Hal. Stiamo parlando di David, ok? David. Perché ti fai trattare come uno zerbino? Perché vuoi cambiare te stessa per compiacere lui? E non negare, lo hai appena detto e dimostrato. Hai provato ad essere ciò che non sei e per cosa? Per lui?» Ne fosse valsa almeno la pena! Ma a quanto sembrava il carico da novanta non era ancora stato gettato poiché quando la mora gli confidò del ritardo nel ciclo mestruale, Grace perse tutto il poco di pazienza e tolleranza che le erano rimasti. «Chiaramente no», le sfuggì il commento piccato quando Halley precisò che avevano sempre usato le precauzioni. Così fosse stato - ingenuamente pensava - non si sarebbe trovata in quell’impiccio.
    «Potrebbe essere solo stress. Non lo deve sapere!» La bionda s’infilò le mani tra i capelli. In che razza di situazione che era andata a cacciarsi! «Non farne parola con nessuno. Neanche con Michael» Risollevò lo sguardo donandole una scoccata contrariata. Non le piaceva mentire a quello che aveva tutta l’aria d’essere diventato il suo ragazzo e le infastidiva l’idea di tenergli un segreto per quanto già da parte del Serpeverde stesso ne aleggiassero sin troppi, ma quello era un altro discorso a cui avrebbe presto messo un punto. Forse.
    «Okay» borbottò tra sé prendendo ed espirando un grosso respiro. Mise i palmi sulle ginocchia e, facendo leva, si alzò porgendo la mano all’altra. «Beh andiamolo a scoprire. Forza» fece spronando l’amica ad afferrare la mano che le porgeva. «Ora andremo in farmacia e compreremo uno di quei test. Poi capiremo come e se fasciarci la testa.» se rovinarsi ulteriormente la vacanza. Per quel giorno avevano visto fin troppo mare. Seh.
     
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    Halley Wheeler | quinto anno | grifondoro


    Un luogo sicuro. Casa sua lo era sempre stata. Nel bene o nel male, ogni qualvolta avvertisse il bisogno di rimanere sola con sé stessa, si immergeva in quel calore familiare che le permetteva, anche solo per qualche ora, di ritrovare l’equilibrio adatto per affrontare gli ostacoli che la vita, giorno dopo giorno, presentava. Tempi remoti. Troppo lontani. La situazione si era, clamorosamente, ribaltata riflettendo mera estraneità in quei corridoi, un tempo ricolmi di spensieratezza. Perché? Il destino aveva voluto così e, dopo i ripetuti scontri con la figura materna, Halley, aveva saggiamente deciso di allontanare i suoi interessi da lì, dirigendoli altrove. La scuola le mancava immensamente. Contava le ore che la separavano dal rientro e, nonostante fosse consapevole dell’impegno che avrebbe dovuto investire nello studio, quell’anno, niente la spaventava come passare l’intero periodo scolastico a Londra, in compagnia di qualche improvvisato insegnante provato. Le minacce vi erano state ed escludere quella possibilità, in modo categorico, le risultava impossibile. Lo tenne per sé, speranzosa di non dover mai dare una notizia simile alla piccola Johnson. Sospirò, lasciandosi alle spalle quei pensieri funesti e volgendo lo sguardo verso orizzonti ben più rigogliosi e rosei. Come se fosse facile. Il suo umore oscillava tra il depressivo, con schizzi repentini di frenesia. Una pazza. Sì. Avvertiva proprio sulla sua pelle quella sensazione di follia, come se non riuscisse a controllare quelle riflessioni che, immancabilmente, si trovava ad affrontare anche contro il suo volere. Calma e sangue freddo. Riprendere le redini della sua vita, ora, stava in cima alla lista di priorità. Pezzo dopo pezzo, la Grifondoro, avrebbe ricomposto da zero l’esistenza che, dopo quel tradimento, si era frantumata quasi come fosse di cristallo. Quella donna le aveva dato il colpo di grazia, sottraendole le certezze, costruite con il sudore della fronte, negli anni. Ma se non poteva fidarsi della sua stessa famiglia, chi sarebbe stato, davvero degno di fiducia? Fissò l’attenzione sull’amica, decisamente più incline a quello scenario vacanziero che, dopo non poca fatica, si erano guadagnate. “Dai. Sono fottutamente identiche. Devono essersi ispirate a loro, non c’è altra spiegazione.” Crudelia somigliava alla Signora O’Hara anche nello stile, per Merlino e non escludeva che potesse aver voluto scuoiare qualche cucciollo di dalmara, nella vita precedente. Si guardò intorno, rapidamente, alla ricerca di qualche cosa che ricordasse vagamente un carretto adibito alla vendita di cibo. Rimase delusa nel constatare che non vi fosse nulla di simile all’orizzonte. Istintivamente mise il broncio, rammaricata di non poter affrontare il discorso davanti a del buon cibo. Una gioia? No, neanche quella. Maledizione. Sbuffò, sollevando leggermente una ciocca di capelli con fare del tutto infantile. ”… siamo sicure che non ci abbiano seguite?” Sin dal principio aveva trovato sospetta quell’accondiscendenza ma, in cuor suo, si era limitata a pensare che, le donne, fossero coscienti del difficoltoso anno scolastico andato a concludersi da poco e, sforzandosi nel mettere una mano sulla coscienza, avevano optato per quei pochi giorni di libertà. Arricciò il naso, affondando completamente i piedi nella sabbia umida, cercando di evitare di pensare al peggio: “In tal caso, mia cara, pronta a deluderle?” Oh, sì. Non avrebbe seguito neanche una virgola di quanto promulgato dalla dittatrice in carica. Il coprifuoco? In vacanza? Rappresentava un po’ quella forma di costrizioni che, qualsiasi adolescente e/o giovane adulto, avrebbe ignorato in maniera perentoria. Che si credevano? Come se non avessero la benché minima idea di come fossero le loro stesse figlie. Scosse il capo, arrendendosi a quelle mancanze che non permettevano una conoscenza a trecentosessanta delle giovani. Peggio per loro. Prima o poi si sarebbero scontrate con la realtà ed, in quel momento, si sarebbero svegliate dal loro sonno. In ogni caso, le loro figure autoritarie, non sembravo previste in quel contesto e, così, lo scambio di battute tra loro continuò, come se nulla potesse minare la loro apparente tranquillità. La biondina arrossì in modo violento, provocando una reazione divertita di una Wheeler colpevole di aver colpito nel segno. Era certa non si trattasse solo del frutto della sua fervida immaginazione. Grace nascondeva ben di più di quel che riusciva a dare a vedere ma, da buona amica, non avrebbe calcato la mano fino al momento in cui, con le dovute precauzioni, si fosse resa conto di trovarsi a vivere il momento giusto per esporsi a tal punto da ficcare il naso nell’intimità altrui. Per quel poco che aveva visto, non molto, poteva solo augurarle che tutto volgesse per il meglio, soprattutto per il fatto che non si trovava nella posizione adatta per dispensare consigli riguardanti questioni sentimentali. Lei stessa si trovava confusa, sommersa da sentimenti contrastanti e, spesso, di difficile gestione. Tutto sommato, però, credeva di essere in prossimità della soluzione che avrebbe, poi, sciolto il nodo della questione, indirizzandola sul percorso esatto. La osservò frugare all’interno della sua borsa, estraendone il telefono sul quale vi era un messaggio di un Nathan preoccupato, probabilmente, per le sorti dell’intero universo. Quel poverino aveva già mostrato segni di apprensione alla notizia del loro viaggio fuori Londra e, ora, nonostante i chilometri di distanza, la sua presenza era palpabile per vie traverse. Si lasciò sfuggire un sorriso, in seguito all’esternazione posta in essere da Grace. ”Molto. Gli voglio già un gran bene!” Quanto avrebbe voluto essere in grado di esprimere i propri sentimenti così, con consapevole leggerezza. Abbassò gli occhi e passò l’indice tra gli innumerevoli granelli, disegnando chissà quale figura astratta. Un vero problema il suo e la delusione causata da sua zia, l’avevano affossata del tutto, lasciandola in balia di dubbi lancinanti che mettevano in discussione tutto dal principio, anche le più inutili banalità, ciò che per la stragrande maggioranza era dato per assodato come, ad esempio, la famiglia stessa.
    ”Ma quali incontri clandestini, finiscila!” Inarcò il sopracciglio, per niente soddisfatta di quell’omertà esercitata dalla cacciatrice. La loro “storia”, oramai, poteva dirsi alla luce del sole. Passavano parecchio tempo insieme, anche fuori dagli impegni prettamente scolastici. Beh, l’argomento Harris era stato introdotto, senza neanche troppo giri di parole come preambolo. Lasciò che il discorso virasse sul fratello oggetto del suo disprezzo, lasciando libero l’altro per il quale aveva, palesemente, un debole. Questo, però, costò molto in termini di energia mentale, da impiegare per cercare di esporre le sue motivazioni. ”Ma perché?” Non poteva rispondere a quella domanda, senza tirare in ballo la vera causa per la quale stava così di merda. Allo stesso tempo, però, non riusciva a tollerare il fatto che si colpevolizzasse David per una colpa che, oggettivamente, non aveva. “Per evadere dalla mia normalità.” Inizialmente, quel ragazzo, aveva rappresentato la più profonda forma di ribellione ma, lentamente, si ea trasformato in quello che aveva tutta l’aria di essere un sentimento vero e proprio, sì, dalla dubbia natura ma ben radicato in lei. Perché lui? Una domanda che si era posta tante volte. La stessa che, anche Kai, le aveva sottoposto sotto forma di provocazione. Come spiegarlo, però? “Non mi giudica. Non si aspetta nulla da me. Mi desidera per quel che sono.” Non devo fingere. E seppur il loro rapporto, fino a pochi giorni prima, si era basato sul puro piano fisico, qualche cosa li legava al di là di quell’aspetto. “Voglio di più da lui.” E ora lui lo sapeva. Quella volontà, seppur espressa in maniera differente, era stata avanzata da entrambe le parti, convenendo per una frequentazione esclusiva, allo scopo di conoscersi. “Sento il bisogno di provare qualche cosa.” Qualsiasi cosa! E lui, fino a prova contraria, riusciva a smuoverla dal suo stallo. Grace aveva ragione. Chi avrebbe disdegnato l’amore? Quel sentimento che poneva il bene di un’altra persona, ancora prima del proprio. “Saresti pronta?” Domandò a bruciapelo, puntando le iridi smeraldine in quelle azzurrine dell’amica. “Vorresti innamorarti?” Non le chiese se Michael fosse quello giusto, forse non lo avrebbe saputo fino a tempo debito ma, d’altra parte, la volontà era tutta un’altra cosa. No. Decisamente, Halley, non era la tipa da una notte di follia. La stessa che con il sorgere del sole, poi, avrebbe dimenticato ciò che si era consumato nella semi oscurità della stanza delle necessità. Ogni gesto, ogni parola. Tutto impresso nella mente. Un segno indelebile come sembrava esserlo quello sulla sua pelle. Un gesto sconsiderato che, ancora, non trovava significato nella sua mente. David non aveva alcun bisogno di ricorrere a quelle stronzate per assicurarsi la sua fedeltà. Avrebbe dovuto solo, ed esclusivamente, fidarsi di lei. Non aggiunse una parola in merito, lasciandola sfogare e giustificando la sua rabbia, mista a protezione. Lei stessa, probabilmente, avrebbe reagito allo stesso modo davanti a uno scempio simile. “Non lo sto per niente compiacendo.” Lui era tornato da lei, dopo lo spiacevole incidente avvenuto in Africa. Lui le aveva promesso di non farle mai più del male. Halley stava solo cercando di vivere la sua vita, riacquistando la dovuta fiducia nel prossimo e, David, si era mostrato in tutta la sua umanità quando, contro ogni pronostico, aveva letto nei suoi occhi il terrore di perderla una seconda volta. “L’ho fatto per me.” Era convinta che, così, non avrebbe più sofferto. “Grace, il mio problema è cento volte più grosso di quel che sembra.” Le posò una mano sulla spalla, quasi come volesse consolarla. “E David non ha nulla a che vedere con quello che sto cercando di superare.” Sapeva di poter contare sulla sua pazienza. “Ti prego. Dammi tempo per accettare la situazione e poi potremo affrontare il discorso.” Se lei per prima non avesse trovato il coraggio di accettarsi, come avrebbe fatto a confidare ciò che era realmente? “Devi fidarti di me.” Così come aveva fatto in passato, né più né meno.
    Una richiesta bizzarra, prima di sganciare una bomba assai problematica. Grace sbottò, spaventata all’idea di una possibile gravidanza. Per un attimo immaginò a come sarebbe stata stravolta la sua vita se, su quel test, fossero comparse le due famose linee che segnalavano la presenza di un bambino. No. Impossibile. Lo stress, ancora, sembrava la risoluzione più papabile. Bloccò in un gesto sicuro il braccio della Johnson. “So che ti sto chiedendo molto.” Iniziò, sorridendole flebilmente. “So che omettere una notizia di tale portata a Michael, ti costa parecchio.” Ma era sempre il fratello di David e, probabilmente, non avrebbe ritenuto eticamente giusto nascondere, al sangue del suo sangue, un’informazione del genere. “Ti prego. Rimandiamo tutto al nostro ritorno. Qualche giorno non cambierà la mia sorte.” Effettivamente, non sarebbe cambiato poi molto.
    Voltò lo sguardo all’orizzonte, assorta nei suoi pensieri più intimi. Avvolta da un’ombra di nostalgia e, mossa da tale emozione, recuperò il suo telefono digitando poche parole da inviare a colui che era stato al centro di quel dibattito. Un messaggio di poco conto. Un come stai? Per soddisfare la sua urgenza di saperlo al sicuro.
    “Cosa provi per Michael?” Un soffio appena percettibile. La voce si ruppe al termine di quel quesito nato dal nulla, mirato a tenerle la mente occupata ma, allo stesso tempo, utile ad intendere quali fossero i sentimenti nei riguardi del minore dei fratelli che, in un modo o nell’altro, erano entrati nella testa delle giovani rosso oro, mandando in tilt quel sistema ben programmato e solido.



     
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    «Ti desidera per quel che sei?» Citò le sue esatte parole ed il sopracciglio non poté fare a meno di scattare alzandosi ritto in aria. Aveva qualche dubbio in merito e questo perché, nelle poche occasioni nella quale li aveva visti insieme, aveva notato unicamente il battitore di Serpeverde infilare le sue sporche mani ovunque e dappertutto sul corpo della Wheeler. Era cieca a questo? Era così presa dal moro da riuscire a soprassedere così facilmente? Anche questo non le era piaciuto e, per quanto Grace si sforzasse per il bene dell’amica, il maggiore degli Harris sembrava fare di tutto per stare fuori dalle sue grazie. Non che dovessero essere amici, figurarsi, ma almeno raggiungere un punto di tolleranza che permettesse loro di coesistere o quantomeno evitare di “uccidersi” con lo sguardo che poi era ciò che facevano quando i loro occhi s’incontravano. La Johnson aveva rinunciato ad ogni buon proposito nei suoi riguardi proprio perché l’atteggiamento dell’altro l’aveva sfiancata nella sua persistente ostilità. Non che lei ci avesse messo chissà quale particolare enfasi da parte sua ma insomma, in poche parole, nessuno dei due ci aveva provato poi molto, David soprattutto. Ciò non faceva che portarla a nuovi interrogativi di natura più personale: anche lei si sarebbe comportata a quel modo se si fosse trovata nella medesima situazione, se Mike avesse avuto la stessa sfrontatezza? Le piaceva pensare, anche con una certa convinzione, che così non sarebbe stato, che se il ragazzo avesse utilizzato determinati atteggiamenti lei sarebbe stata battagliera quel tanto da rimetterlo al suo posto. Ne era convinta ma sarebbe stato davvero così? Ciò non poteva saperlo, non con sicurezza assoluta ma perlomeno il minore tra i due fratelli non mostrava, almeno per il momento, sintomi di una possibile caduta – vertiginosa – di stile in quella direzione.
    «Ne sei sicura Hal? Perché detto onestamente io sto vedendo te che ti sforzi d’essere ciò che non sei proprio per piacere a quel... coso...» ed era l’aggettivo meno offensivo che le venne in mente su due piedi, «che sembra stare con te solo per il tuo corpo. Oltre ad infilarti la lingua in bocca che altro fa?» Sputò con un certo fastidio quella dose di veleno che, in cuor suo, sperò non aizzare l’amica contro sé stessa ma in un modo, seppur crudo, di portarla a ragionare sulla sua situazione perché proprio non riusciva a rimanere impassibile di fronte ad un atteggiamento simile e sapeva che, se la situazione fosse stata all’opposto, Halley avrebbe fatto lo stesso esattamente come Victoria aveva fatto con lei quando ne aveva avuto bisogno. Stava a lei, ora, essere la sua Victoria. Farla ragionare e lo avrebbe fatto anche con le maniere brusche se ciò avesse portato la compagna a fermarsi e ragionare anche se questo le sarebbe costato con ogni probabilità un sentito vaffanculo come primo impatto. Ma non era questo ciò che le importava. Avrebbe incassato gli insulti senza battere ciglio se questo le avrebbe consentito di ottenere anche solo la possibilità che la Grifondoro, una volta sola con sé stessa, avesse ragionato e si fosse chiesta se realmente quel ragazzo ne valeva la pena se era realmente ciò che voleva perché, per quanto la biondina poteva vedere, il maggiore dei due fratelli era quanto di più sbagliato e tossico esistesse e assolutamente non voleva che, per fare uno sgarbo a sua madre, andasse invece ad invischiarsi in una situazione ben peggiore. Una situazione, per come la vedeva negativamente lei, dalla quale uscire le sarebbe risultato impossibile e per la quale si sarebbe maledetta in più lingue.
    «Voglio di più da lui» Mh. L’espressione che naturalmente le piegò i lineamenti sottolineò quanto i suoi pensieri stessero elaborando: era perplessa. David sarebbe stato in grado di darle quel di più che voleva e cercava? E soprattutto, gli interessava farlo? Più il discorso s’inoltrava e meno le piaceva la piega in quanto le sembrava sempre meno normale e invece più problematico, persino tossico quel rapporto ma solo qualche istante dopo avrebbe perso del tutto le staffe per quanto avrebbe visto sul corpo dell’amica e quanto sempre lei le proferì in merito nel tentativo di rabbonirla. «Sento il bisogno di provare qualche cosa» fece la Wheeler a bruciapelo suscitando una nuova ondata di perplessità nella Grifondoro. Da quando le sue emozioni erano spente? Da quanto ciò che viveva non era abbastanza? Perché? Non riusciva a capire dal suo limitato punto di vista che vedeva l’amica possedere tutto. Possibile non si rendesse conto di quanto invece fosse ricca di cose e persone? Proprio vero che, quando ti fissi, non riesci a vedere in prospettiva valutando con lucidità quella che è la reale situazione. «Rimango dell’idea che non sia il miglior modo di provare qualcosa farsi marchiare come… un cavallo» virò all’ultimo evitando di paragonarla ad una mucca. Animale che avrebbe potuto offenderla. «Non sei merce e tantomeno una proprietà!» Le sembrava assurdo anche solo dover trattare quel discorso tanto che cominciò a tamburellare freneticamente le dita al di sopra delle braccia incrociate. Chiaro sintomo del nervosismo che stava cercando, forse in maniera del tutto fallimentare, di contenere.
    «Saresti pronta?» Sollevò il viso incontrando interrogativa l’espressione dell’altra focalizzandosi, dopo essersi accorta d’essersi smarrita nei suoi pensieri, su quanto le stava chiedendo con una certa passione. «Vorresti innamorarti?» Che domande. «Ma certo!» Annuì sincera e con impeto salvo poi, qualche istante dopo, colorarsi in viso di rosso per l’improvviso imbarazzo posto da quella candida ammissione. La risposta era stata lanciata di getto certamente ma non era un mistero né tantomeno un segreto quello espresso dalla Grifondoro ma fu solo qualche attimo più tardi che, ripensandoci, si rese conto dei molteplici significati che quell’affermazione gettata così ingenuamente avrebbe potuto lasciar intuire all'amica: quello che provava per Michael era allora amore? Abbassò lo sguardo. Avrebbe dovuto smentire quel sottinteso nemmeno troppo velato che sentiva vagare nell’aria? Ma un secondo interrogativo le sovvenne più rapidamente del primo: aveva davvero senso farlo? Alla fine, il sentimento che provava per il minore dei due fratelli non era proprio quello? Non era semplice affetto quella che la legava al biondo e nemmeno lo stesso bene che sentiva di volere ai suoi amici. Da lui voleva altro, voleva di più, voleva un insieme di cose che avevano sì tratti in comune con l'amicizia ma andavano oltre quella tipologia di affetto. Era un’evoluzione, un altro stadio. Voleva le sue mani addosso, voleva la bocca a cercare la sua e voleva essere la prima persona alla quale pensava quando qualcosa di buono accadeva, la prima persona alla quale raccontare le sue giornate o quella che gli giungeva in mente quando aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, sfogarsi, farsi sorreggere. Lei voleva essere questo per il ragazzo seppure, a malincuore e con una stretta al petto, dovette ricacciare indietro il magone nel rendersi conto di quanto invece il ragazzo le trattenesse.
    «Non lo sto per niente compiacendo.» Il malumore prese il sopravvento ed uno sbuffo ricolmo di frustrazione lasciò la sua bocca. «L’ho fatto per me!» Questa poi. Gli occhi rotarono all’indietro mentre un appena sussurrato “per piacere” sfuggiva al suo controllo. «Più grosso di così?» Strabuzzò gli occhi incrociando più strette le braccia al petto. Non riusciva bene a capire, a seguire il filo del discorso. Sembrava come se Halley volesse dirle qualcosa ma all’ultimo decidesse di trattenere un qualcosa impedendo alla Johnson di capire fino in fondo cosa affliggesse l’amica. «Hal...» protestò quando questa le chiese un atto di fede. Possibile che tutti gliene chiedessero uno? La fissò intensamente. Occhi verdi, supplicanti nei suoi così azzurri e limpidi. Una richiesta alla quale avrebbe anche ceduto alla fine se l’altra poi non avesse rincarato la dose rivelandole del ritardo che stava avendo nel suo ciclo mestruale. A questo si riferiva col problema ben più grosso? Lo era assolutamente e proprio per questo la Johnson non ebbe esitazioni: si issò in piedi allungando una mano verso l’amica decidendo quale sarebbe stata la loro prossima mossa. «Hop hop! Forza!» La spronò agitando la mano in sua direzione affinché l’altra l’afferrasse ma la Wheeler rimase ferma sul posto suscitando nella Grifondoro una nuova ondata di fastidio. Ma la piantava?
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    «Ma sei cretina?» Replicò di getto quando questa le chiese di temporeggiare. «Tu sei pazza. Muoviti. Alzati!» Le ordinò osservando invece l’altra voltarsi per fissare l’orizzonte. Halley non replicò chiudendosi invece in uno stoico silenzio. L’aveva offesa con la sua intransigenza? Si chinò piegandosi sulle ginocchia. «Halley?» La chiamò cercando d’attirare la sua attenzione. «Ascolta... Mi dispiace, davvero, se ti ho ferita ma ti prego, ti prego cerca di ragionare. Sii lucida. Non possiamo aspettare troppo, da quanto non... ?» Da quanto non le arrivavano? Di che ritardo si stava parlando? Alla scuola babbana le avevano spiegato delle basi d’educazione sessuale e poi, nemmeno a dirlo, sua sorella le aveva messo il giusto carico spingendola a provare una certa tensione in merito all’argomento.
    «Cosa provi per Michael?» Rimase impietrita salvo poi boccheggiare cenni di parole incomprensibili quanto sconnesse mentre le sopracciglia andavano aggrottandosi ed il viso imporporarsi. Cadde in ginocchio in un sonoro sbuffo e chiuse gli occhi aggrappandosi al braccio dell’amica. Espirò mentre un sorriso timido quanto spontaneo lottava per aprirsi sul suo volto. «Guarda che non mi dimentico» fece riferendosi al test di gravidanza ma sia il tono che l’espressione nettamente più addolcite rispetto a soli pochi istanti prima. Halley l’aveva letteralmente presa in contropiede. «Credo di essermi presa una bella cotta, Hal.» Fece mordendosi le labbra. «Credo di essermi innamorata!»


    Edited by Dragonov - 19/9/2023, 16:13
     
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    Halley Wheeler | quinto anno | grifondoro


    Ci aveva provato. In tutti i modi. Spiegare la sua relazione con David, però, sembrava essere impossibile. Le espressioni di Grace denotavano un elevato livello di turbamento, accompagnate da considerazioni ben poco positive e frasi al veleno nei riguardi di quello che ora, a tutti gli effetti, era diventato il suo ragazzo. Da un lato comprendeva a pieno il punto di vista della sua amica ma, dall’altro, era certa della strada che aveva deciso di percorrere. Pronta a tutto, anche a quella percentuale di possibilità che la vedeva sopraffatta dalla sofferenza in caso quella storia fosse naufragata in cattive acque. Forse un epilogo annunciato ma, se non ci avesse provato, cosa le sarebbe rimasto? Un rimpianto? Il dubbio? Cosa? Di certo allontanarsi dal maggiore dei fratelli Harris, in quel preciso istante, non rientrava nel suo volere, soprattutto non dopo ciò che, insieme, si erano decisi a conoscersi realmente, abbattendo gran parte delle barriere preimpostate inizialmente, quando non vi era alcun coinvolgimento sentimentale. Lasciò che esprimesse, ancora, il suo disappunto, incassando anche quelle pungenti citazioni con estrema calma, proprio perché riusciva a toccare con mano la preoccupazione alla base dell’atteggiamento della piccola Johnson. Abbozzò un sorriso, mascherando l’inizio di un comprensibile fastidio, scaturito dal continuo rimarcare quegli argomenti che, evidentemente, risultavano scomodi alla Wheeler che iniziò a sentirsi oggetto di quella che aveva tutta l’aria di essere un’inquisizione, come se si trovasse in attesa di un giudizio che non stava affatto chiedendo. Necessitava solo di appoggio ma, di certo, non avrebbe mai obbligato la controparte ad accettare una persona non gradita, solo per farla felice. Muta. Si prese qualche istante per cercare la forza di proseguire il suo cammino evitando lo scontro, limitandosi ad annuire dopo l’ennesima ricerca di certezze da parte della cacciatrice. Quelle di Halley non erano risposte date per il quieto vivere, ma nient’altro che affermazioni volte a far ricredere chi, come Grace, non avrebbe mai scommesso un solo galeone nella riuscita di quello che, all’apparenza, poteva sembrare un banale capriccio. No. La Grifondoro credeva fermamente in quel rapporto e, tra alti e bassi, si sarebbe adoperata per fare in modo che, qualsiasi fosse stata la conclusione, il risultato avrebbe assunto connotati utili a formare una specie di bagaglio da portare con sé, utilizzandolo a suo favore in un futuro. Calò lo sguardo smeraldino sulla sabbia, affondando le dite tra i finissimi granelli. Qualche attimo e le sue iridi si mossero verso la bionda, scrutandola con espressione dura, non da lei. “Ne sono sicura.” Tra i due, chi avrebbe fatto più fatica a non cadere nelle abitudini non portava, di certo, il suo nome. Lo sforzo maggiore, quindi, non lo si poteva imputare alla mora che aveva continuato a vivere la propria vita come sempre, affermazione che non poteva valere per un David, abituato alla propria indipendenza e libertà di espressione. Due personalità diametralmente opposte le loro. Portate a battibeccare ad ogni occasione utile. Eppure, questo, non li aveva fermati davanti al desiderio di scoprirsi, giorno dopo giorno, attraverso quella possibilità che avevano deciso di darsi. “Non giudica le mie scelte, ad esempio!” Si voltò lentamente riacquistando il contatto visivo ma senza proferire parola, così da non dover dar sfogo a quella frustrazione provata nel sentir parlare di lui in quei termini. David era quel che era. Arrogante, sbruffone, una perfetta testa di cazzo. Quegli atteggiamenti, però, non gli avevano impedito di tenderle la mano durante il suo momento di estrema fragilità, lasciando trasparire quel lato umano che, in un certo senso, aveva creduto di vedere in lui. No. Dopo il loro allontanamento, qualche cosa nel verde-argento era mutato e quel qualche cosa, le suggeriva di perseverare con lui. Un azzardo. Una scommessa con l’ignoto. Una sfida che avrebbe voluto vincere su ogni fronte e, forse, un giorno, avrebbe compreso addirittura la natura dei suoi sentimenti verso quel tipo dispotico e, per molti, inavvicinabile. ”Non sei merce e tantomeno una proprietà.” Negare la perplessità in seguito a quel gesto sarebbe stato inutile. Lei stessa non era riuscita a comprendere la vera motivazione dietro a quel morso e l’idea che gliel’avesse inferto esclusivamente per mostrarla al mondo come un trofeo personale le provocò un brivido lungo la schiena. Inaccettabile. Quel punto lo avrebbe chiarito prima di subito, non appena avesse avuto modo di trovarsi faccia a faccia con lui. “Basta così!” Lapidaria e affranta. “Grace.” Scandì il suo nome, rilassando per un secondo la muscolatura del suo viso e piegando le labbra in un sorriso rassicuratore. “Grazie.” Sincera, come sempre. “Davvero. Ti sono grata per quello che stai cercando di fare.” La stava proteggendo da quello che sarebbe potuto tramutarsi in un dolore lancinante. “Ci sta provando. Lo sta facendo per me!” Lo stava facendo davvero, andando oltre al suo solito fare da coglione. “Voglio credere in lui. Dargli una possibilità! Non posso chiederti di fidarti di lui ma, ti prego, fidati di me.” Non le stava chiedendo di farselo piacere ma si trattava pur sempre di colui che aveva scelto e per il quale iniziava a provare un sentimento che non sembrava collegato al fatto che andassero a letto insieme. La chimica? Innegabile. Ma a quel punto si sarebbe potuta concedere a chiunque, così come lui. Eppure erano tornati l’uno tra le braccia dell’altra, senza nessun tipo di costringimento. “Anche io!” Per questo motivo aveva deciso di esporsi. Se mai avesse tentato, tutti i suoi dubbi sarebbero rimasti tali, rinchiusi dietro a quel muro di timore che si era costruita per un intero anno, pur di sfuggire alla consapevolezza di provare per David qualche cosa di più. Una paura lecita, pronta per essere abbattuta. Certo, non sarebbe stato mai il ragazzo perfetto, quello che tutte sognavano. Piuttosto lo considerava un tipo anticonvenzionale. Incapace di esternare i propri sentimenti ma, comunque, presente e pronto a proteggerla in caso di bisogno, così come le aveva promesso. Se solo Grace fosse stata a conoscenza di tutta sacrosanta verità, a quel punto le avrebbe potuto rivelare il reale motivo del suo umore nero ma come fare se, lei per prima, non riusciva ad accettarsi per quel che era? ”Hal!” Non avrebbe saputo neanche da che parte iniziare. Dalle problematiche familiari, forse? Oppure dal fatto che la loro plateale caduta era dovuta a una sua visione nella quale il padre cadeva vittima di chissà quale spietata mano? “Perché deve essere sempre così complicato?” Anche tacere quel malessere che avrebbe voluto esprimere senza imporsi dei limiti assurdi nei quali rimanere per non soffrire più del dovuto. “Ho solo bisogno di tempo. Fidati di me!” Ti spiegherò tutto, a tempo debito! Liberando l’anima da un peso enorme e David da una colpa che non meritava. Il suo fare ermetico indusse la Johnson a credere che il problema più grosso al quale si era riferita, altro non era che il ritardo del suo ciclo mestruale. Si alzò di scatto, convinta che l’idea migliore stesse nel togliersi subito il dubbio ma Halley esitò. Rimase ferma sul posto, non dando alcun segno di volersi smuovere da quel luogo in grado di conciliare i suoi pensieri. E se fosse stata davvero incinta? Come si sarebbe mossa? Sarebbe stato giusto metterlo al corrente? O forse non gli sarebbe importato un cazzo di niente? Portò la mano tra i capelli, mentre la sua attenzione si focalizzò verso l’orizzonte, come ipnotizzata dalla vasta gamma di pensieri insinuatisi nella testa. Grace si piegò sulle ginocchia, cercando di strapparla a quel disastro intellettivo da cui era stata assorta. “Una settimana.” Più o meno. L’ultima notte con il battitore era stata quella passata chiusi negli spogliatoi dove, travolti dalla mancanza, si erano lasciati andare ad una condotta avventata. Halley sembrava un automa. Fissa in un punto. Assente ma più che attiva mentalmente. Una domanda, quindi, si affacciò. Colpì secca. Senza giri di parole. Ciò che chiese non era di certo per distogliere l’attenzione da un argomento che, in fin dei conti, non avrebbe perso la sua centralità. No. Halley voleva sapere. Halley voleva comprendere. ”Credo di essermi presa una bella cotta, Hal!” Finalmente scostò la sua concentrazione su di lei, seria e in attesa di ulteriori indizi, i quali non tardarono a giungere alle sue orecchie. ”Credo di essermi innamorata.” Rimase fissa sulla sua esile figura, studiandone i più insignificanti movimenti, come se da essi potesse estrapolare chissà quale verità nascosta. Infine riuscì a sorriderle. “Credi?” E se fosse stato un abbaglio il suo? Michael, al contrario di suo fratello, appariva molto più calmo, pacato e i suoi modi potevano dirsi gentili. Ma davvero poteva dire di conoscerlo fino in fondo? “O ne sei certa?” Non sarebbe andata a fondo. Avrebbe atteso fino a quando non se la sarebbe sentita di esporre ciò che provava intimamente. “Saresti pronta a lottare per un possibile noi?” Una domanda atipica ma, allo stesso tempo, una domanda che le sarebbe servita per non sentirsi proprio un idiota. Perché, sì, la Wheeler si trovava pronta a lottare per quello ma, ancora, non riusciva ad ammetterlo neppure alla sé troppo fragile e sospettosa verso quel mondo che le aveva arrecato un dolore immenso.



     
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    Aveva calcato troppo la mano. Se ne rese conto quando, piccata, Halley le rivolse un’occhiata di fuoco, ammonitrice chiedendole d’interrompere quello che aveva tutti i requisiti per essere giudicato come una vera e propria inquisizione. Non era quella la sua intenzione, nel più assoluto dei modi, ma quando si parlava della sua amica e soprattutto di quell’esemplare d’essere umano per la quale provava la più bassa stima tra tutti il suo tratto di leonessa protettiva scalpitava per vedere la luce del sole. La Wheeler tentò in tutti i modi, con le parole, di convincerla della buona fede del maggiore tra i fratelli Harris ma l’istinto della Grifondoro unito a quella che era l’opinione che si era fatta del ragazzo, non le permettevano di credere a quelle parole proferite con le migliori delle intenzioni e forse, proprio per questo, oscurate dal pregiudizio dei sentimenti provati nei suoi riguardi dalla mora. Quando si parlava di David, Halley diveniva accondiscendente e pronta a subire la qualsiasi. Possibile che i sentimenti la inducessero a quel modo a mettere da parte sé stessa ed un poco dell’amor proprio e del rispetto che avrebbe dovuto provare per sé stessa? Con una certa dose di presunzione, pensava, lei non avrebbe peccato a quel modo se mai Michael si fosse comportato allo stesso modo ma partiva anche dal presupposto che il ragazzo stesso non sarebbe entrato nelle sue preferenze proprio se si fosse comportato nello stesso modo del fratello maggiore. I due erano quanto di più diametralmente opposto potesse esserci e, proprio per questo, la Grifondoro ne era grata.
    Cercò di mandare giù l’ennesima scarica di mitra che avrebbe altrimenti riversato sull’amica e alzò i palmi in maniera ben evidente per lei affinché comprendesse che le era arrivato il messaggio forte e chiaro. Doveva mettersela via. Halley aveva compiuto la sua scelta tanto d’asserire d’esserne sicura, continuare a mettere in discussione il suo giudizio non avrebbe fatto altro che indisporre l’amica nei suoi riguardi. L’aveva avvertita e a più ripresa, l’aveva persino pregata di aprire gli occhi valutando più lucidamente la situazione ma non c’era stato verso, la Wheeler era innamorata e, Grace lo sentiva, del tipo sbagliato. David l’avrebbe distrutta, le avrebbe massacrato il cuore prendendola e gettandola una volta stanco di lei. Lo avrebbe odiato ancora più fervidamente se fosse accaduto.
    «Va bene, va bene» fece a denti stretti. Quelle parole le costavano e molto. «Cercherò di dargli una chance» e Merlino e Morgana insieme solo sapevano quanto questo le sarebbe costato. «Lo faccio per te! Ma sappi bene che se ti fa versare anche solo una singola lacrima prenderò la tua mazza e gliela spaccherò in testa… Michael o non Michael!» Concluse prima che ella potesse anche solo ricordarle la parentela che purtroppo vigeva tra i due.
    «Una settimana?» Sbarrò gli occhi quando l’altra le rivelò l’entità del ritardo. In cuor suo aveva sperato fosse questione di giorni, qualcosa che magari avrebbe potuto imputare a stress tipo, in fin dei conti avevano pur sempre avuto gli esami di chiusura dell’anno e la partita di Quidditch più importante di sempre dove entrambe erano finite in infermeria, insomma, un trauma simile poteva anche giustificare un ragionevole ritardo ma una settimana… come faceva anche solo a prendere in considerazione di continuare ad attendere in quell’impasse? Lei non avrebbe mai potuto farcela. La nuova versione di sé la voleva coraggiosa e pronta ad affrontare di petto le situazioni anche se, la vecchia sé, faceva repentinamente capolino nei momenti spazzando propositi e buone intenzioni per ricadere nelle vecchie abitudini ma una gravidanza… quello no, quello era convinta non sarebbe riuscita a trascorrere un secondo di più nell’incertezza della realtà dei fatti. Cercò di spronarla. Cercò, anche lì, di spingerla a “fare la cosa giusta” ma trovò un muro questa volta differente rispetto al muro difensivo che aveva innalzato parlando del Serpeverde. «Ti giuro non so come fai! Come fai a pensare di stare così anche solo un secondo di più? Non vuoi saperlo? Non vuoi… boh! Fare qualcosa?!» Se fosse stata effettivamente incinta non era meglio se si fosse mossa immediatamente e per tempo? Non la capiva ma ciò che capì fu che anche in quel caso doveva, a denti stretti e mordendosi forte la lingua, fare un passo indietro poiché non avrebbe mai potuto imporle la sua visione. Era una sua scelta, sua soltanto per quanto fosse in disaccordo e svenata dalle sue prese di posizione. Tanto in comune eppure caratteri così differenti che le portavano ad azioni differenti. Si sedette nuovamente questa volta immediatamente vicino all’amica. «Non sono come fare con te» disse in un pesante sospiro a cui seguì un sorriso accennato ma allo stesso tempo caloroso. «In questo momento vorrei strozzarti credimi ma ti voglio bene e ti appoggerò qualsiasi cosa accada!» Le promise stringendole il braccio alla quale si avvinghiò in un abbraccio. Un po’ il suo modo di scusarsi per l’irruenza con la quale si era posta nei suoi riguardi. Sperava capisse che lo aveva fatto unicamente e proprio perché le voleva bene come ad una sorella. La sola idea che soffrisse o fosse nei pasticci la portava a volersi mettere in gioco in prima linea e questo era un pensiero, un modo d’essere nella quale la Johnson credeva fermamente e con tutta sé stessa e niente l’avrebbe fermata d’applicarlo in qualsiasi legame d’affetto che ritenesse importante. «Okay, facciamoci questa vacanza ma lunedì… Lunedì vai in farmacia. Guarda che te lo chiedo ogni minuto, eh!» Patti chiari amicizia lunga. Avrebbe mollato l’osso sì ma solo temporaneamente per godersi la vacanza come l’altra le aveva chiesto. Si rilassò appena un po’ nella postura salvo poi tornare a irrigidirsi quando l’altra porto l’argomento proprio su di lei e sull’altro fratello che fino a quel momento era stato escluso dall’analisi delle due Grifondoro. Halley, però, a differenza della Johnson non ci andava per il sottile andando immediatamente a parare nei punti che le interessavano. Era il suo turno di finire “sotto esame”. Le domandò cosa provava per l’enigmatico biondino. La Johnson su due piedi arrossì e, successivamente, prese seriamente la domanda dell’amica. Annuì ammettendo ciò che il suo cuore fino a quel momento aveva serbato silenziosamente.
    «Credi?» La incalzò l’altra affatto convinta da quella scelta di parole. «Penso di esserne certa!» Ammise continuando però su quell’onda di esagerata incertezza. Il suo cuore sapeva benissimo ciò che provava ma il problema era la mente. Espirò affettata. Era complesso, dal suo punto di vista. «Non voglio fare lo stesso errore come con Marshall.» Sollevò lo sguardo negli occhi smeraldini dell’amica. «Hai capito che intendo? Non voglio lanciarmi subito in base a ciò che penso di provare e poi si scopre che ho sbagliato tutto» come era capitato con il Tassorosso. «Non sopporterei di far soffrire ancora qualcuno, mi sentire troppo in colpa. Voglio esserne sicura ma sicura sicura!» Non pensare d’esserlo per poi capire che era un abbaglio. «Sto… Beh stiamo, presumo, facendo le cose con calma. Ci conosciamo» circa, quel poco che il ragazzo sbottonava. Fece una rapida smorfia. «Prendiamo le misure, non so se possa avere senso per te.» Lo aveva? Si voltò in cerca di una risposta. «Dipendesse da me» e con ciò intendeva riferirsi alla sua immaturità, «sarei in prima linea! Ma perché parli di combattere? Le cose dovrebbero funzionare naturalmente senza doversi forzare a farle quadrare o a cambiarsi, dovreste semplicemente andare d’accordo, no?» Un po’ semplicistica come visione e sicuramente romanzata dalla cultura cinematografica che possedeva ma ciò che aveva accumunato la sua relazione, almeno all’inizio, con il Tassorosso e successivamente quella con il Serpeverde era proprio la semplicità con la quale comunicavano e si rapportavano. Con Mike era semplice capirsi e/o gravitarsi attorno, confrontarsi su alcune tematiche più spicciole. I problemi, quelli reali e che la spaventavano venivano quando quei discorsi evolvevano cercando un approfondimento che il Serpeverde non sembrava disposto ad affrontare. «O c’è dell’altro?» Azzardò sostenendo lo sguardo dell’amica. Il modo di porsi della Wheeler era stato strano quel giorno ed ora, ora che sembravano parlare a cuore aperto quell’improvvise domanda la portò a riconsiderare le altre poste fino a quel momento. Aveva dato per scontato che “il suo problema” fosse David in quanto David stesso ma si accorse che forse c’era altro di celato e che l’altra non aveva avuto la voglia o il coraggio di dirle. Se così fosse stato, perché?
     
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    Halley Wheeler | quinto anno | grifondoro


    Avvertiva la pressione. D’altra parte, però, non riusciva a fargliene una colpa. Lei per prima avrebbe tenuto un comportamento simile a parti inverse, mossa dalla più genuina preoccupazione nei riguardi di una persona importante e necessaria a mantenere il suo equilibrio mentale intatto. Le sue parole la scossero non poco, obbligandola a convenire con lei su molteplici punti. Lo sapeva? Sì. Avrebbe seguito i suoi consigli? Nel limite del possibile sì, ma la sua testardaggine si sarebbe imposta più del dovuto, finendo a condurla sulla strada della perdizione fino a quando, probabilmente, non si fosse scontrata in autonomia con quel muro chiamato realtà. Non poteva imporle la figura di David. Sapeva bene quanto fossero ai ferri corti ed, Halley, come sempre, si sarebbe ben guardata di trascinare l’amica in circostanze a lei scomode. Si sforzava di tenere separate le due sfere personali nelle quali, simultaneamente, si muoveva giorno dopo giorno, con qualche difficoltà dovendo evitare che entrassero in collisione, agitando gli animi delle controparti. Alzò lo sguardo sulla biondina quando, a denti stretti, si prese la briga di avanzare una sorta di armistizio. Un cessate al fuoco che accolse con grande sorpresa ma, allo stesso tempo, con un grande sospiro di sollievo, liberatorio. Sorrise, apprezzando quel tentativo, seppur sulla carta. Dare una possibilità al maggiore dei fratelli Harris, non solo si sarebbe potuto rivelare una grandissima voragine nell’acqua ma, altresì, sarebbe costato molto in termini di energie, essendo un soggetto capace di portare all’esasperazione chiunque si trovasse anche solo sulla sua via, per puro caso. Lo sapeva. La Grifondoro era a conoscenza di tutte le inclinazioni poco ordinarie di quello che, dopo mesi di faide interne, era divenuto il suo ragazzo ma, nonostante ciò, si era messa in gioco, scommettendo sull’ignoto, esponendosi al dolore che tanto la faceva sentire viva. Stupida autolesionista. “Grazie, Grace!” Si lasciò scivolare dalle labbra un ringraziamento conciso ma autentico, lasciando che l’atmosfera si smorzasse e sorridendo alla sua considerazione sul suo ipotetico spaccare la testa al ragazzo, in caso di necessità, fregandosene dell’intervento di suo fratello. Già. Altro motivo per il quale, la piccola cacciatrice, non si sarebbe potuta liberare del moro. Il legame con il fratello che, tra alti e bassi, procedeva in una direzione che le era sembrata in linea con una qualsiasi relazione tra normalissimi fratelli. Chissà. Non aveva ben idea di quali fossero stati i loro problemi in passato ma era certa che Michael, prima o poi, avrebbe concesso qualche informazione in più riguardante la loro storia. Quell’omertà, altrimenti, avrebbe ucciso ciò che di buono avevano costruito. Tutti quanti. Con quella fatica che ancora avvertiva sulle spalle.
    ”Una settimana?” Che cos’era? Terrore quello negli occhi della Johnson quando venne a conoscenza della quantità di giorni di ritardo? Assolutamente sì. Leggeva nel suo sguardo il dubbio e le mille domande che avrebbe voluto porle, così da comprendere cosa le fosse saltato in mente per effettuare scelte di quel calibro, capaci di metterla in una posizione del cazzo ma anche di chiamare in causa la sua stessa salute, ora a repentaglio. Dissentì. Lo voleva sapere, certamente, ma se su quel test fossero comparse le famose due lineette, la sua vita sarebbe mutata radicalmente, senza se e senza ma, qualsiasi fosse stata la sua decisione in seguito. Forse sarebbe stato giusto mettersi in contatto con il diretto interessato ma, allo stesso tempo, non era certa fosse la mossa adeguata, non sapendo quali potessero essere le considerazioni provenienti da colui che giocava un ruolo fondamentale nella faccenda, tanto quanto lei. Che fare, allora? Rimandare. Certo, bell’idea di merda. Sbuffò, stremata da quei dubbi che, imperterriti, attanagliavano la sua mente. “Certo che si.” Ma qualche giorno non avrebbe cambiato le carte in tavola. Grace tornò al suo fianco, mostrando la sua intenzione di esserle vicina, come sempre, nel bene o nel male. Halley allungò la mano e la posò sopra quella dell’amica. “Te lo prometto.” Il lunedì successivo si sarebbe adoperata per risolvere quello che sperava fosse una mera conseguenza dello stress che, per i più svariati motivi, negli ultimi tempi le dava il tormento, con conseguenze evidenti anche sul suo fisico. Una promessa che non ammetteva giochetti strani in quanto, sicuramente, non si sarebbe arresa, arrivando a tampinarla, se andava fatto. “Al massimo sarai una madrina fantastica!” Commentò, sferrando una gomitata amichevole ed allusiva. Perché sì, le piaceva farla dannare in fin dei conti. Immaginare un altro erede di casa Harris, però, sembrava una barzelletta. Così enigmatici, lugubri e portatori di guai. Grace, però, d’altro canto, sembrava essersi presa una vera sbandata per Michael e, ora come ora, l’interesse puntò tutto sui reali sentimenti provati nei confronti del glaciale verde-argento, silenzioso e inavvicinabile. ”Penso di esserne certa!” Ma che cos’era l’amore? Un territorio inesplorato, del quale non vantava alcuna conoscenza, almeno fino a quel momento. Poteva immaginare cosa significasse, quello forse si ma non vi era alcuna certezza in lei. Tanto da rimanere una chimera. Quando vi erano i sentimenti in ballo, volente o nolente, le circostanze andavano a complicarsi e la possibilità di fare del male a qualcuno diveniva motivo di apprensione. “Capisco bene, credimi.” La breve parentesi con Marshall le era servita da lezione e, senza alcun dubbio, sarebbe servita come bagaglio culturale per non indurla nello stesso errore anche con il giovane Harris, andandoci con i piedi di piombo, così come doveva essere. Così come non si era mai premurata lei di fare con David. “Sono certa che non accadrà.” Grace, una ragazza di indole buona e generosa, non si sarebbe mai permessa di fare del male a qualcuno in maniera volontaria. La sua storia precedente era terminata in nulla ma, d’altra parte, non potevano fare una colpa a lei, impreparata e così giovane da non poter essere al corrente di quanto potesse implicare una relazione di quel genere. “Non colpevolizzarti. Non lo meriti!” Storie simili. Anche Halley, prima dell’esclusività, si era ritrovata in una posizione scomoda, data da Malachai Parker, un ragazzo che per lei avrebbe sacrificato tutto. Per molti versi il tipo ideale che non le avrebbe mai arrecato alcun danno, né fisico né mentale. Eppure, nonostante tutto, non era riuscito a rubarle il cuore, lo stesso che sfortunatamente per lui puntava già altrove, senza un reale perché. “Una scelta saggia.” Accompagnò l’affermazione con un sorriso, sostenendo il ragionamento di colei che ce la stava mettendo tutta per non inciampare nell’ennesimo casino, al suo contrario. Abbassò ancora una volta gli occhi verdi, osservando la sabbia d’orata. “Credo ci sia qualche cosa che non va.” In loro, nella loro storia. Un dato di fatto. David si era sempre mostrato restio sul raccontarsi e, ciò, l’aveva messa in posizione di difesa, come se si stesse aspettando l’inculata da un momento all’altro. Mike? Un effetto collaterale. Forse non aveva nulla a che fare con i comportamenti dispotici posti in essere da suo fratello ma, così come Grace, Halley ci teneva particolarmente all’amica e se fosse stata in grado di evitarle una sofferenza, beh, l’avrebbe fatto. “Lascia stare. Forse sono io. Vedo problemi dove non ci sono.” Una specie di deformazione professionale, oramai. “Se dovesse esserci dell’altro, Grace, saresti la prima a saperlo. Te lo posso assicurare. Ti voglio bene e non permetterò a nessuno di farti del male.” L’istinto di protezione trapelò. Non avrebbe permesso né a Michael Harris, né a nessun altro di ferire Grace. Mai. “Andiamo. Ho ancora fame. Non vorrei che il cioschetto chiudesse. Basta chiacchiere.” Si alzò di scatto, arpionandosi alla bionda e obbligandola a fare lo stesso. “Offro io.” Quando ricapitava che la battitrice dei grifondoro, ligia all’esercizio fisico, si lasciasse andare a una mangiata di quel genere? Carpe diem, Grace.




    Conclusa <3
     
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