singularity.

with Kynthia, nei pressi della Foresta Proibita.

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    Accarezzava, lento, un serpente nero come i suoi occhi che si era accovacciato sulle sue gambe. La sua pelle, diversamente dal pensiero comune, era ruvida al tatto. Aiden abbassò lo sguardo, osservando minuziosamente ogni dettaglio del corpo dell'animale: le squame erano di diversa misura, alcune più piccole di altre, gli occhi vispi erano fissi nei suoi, c'era una piccola cicatrice al lato della coda e, di tanto in tanto, muoveva la testa verso destra come attratto da qualcosa. I rettili, soprattutto i serpenti, avevano sensi molto sviluppati. Erano delle creature affascinati, così misteriose e ricche di risorse, capaci di sopravvivere anche per mesi senza mangiare. Questo particolare esemplare, il Hierophis viridiflavus, o più semplicemente biacco, non è velenoso e, di solito, lo si può trovare sotto le rocce o vicino a qualche fiume. Prediligeva gli ambienti umidi e la Foresta Proibita lo era abbastanza. Un suono poco distante richiamò la sua attenzione, c'era qualcosa dietro quegli alberi che lo stava guardando? Aveva letto tante cose su quel posto, ma la scuola proibiva ai suoi studenti di andare oltre il confine quindi Aiden, per rispetto alla promessa fatta ai genitori di non avere alcun richiamo, aveva resistito all'impulso di addentrarvici. Era curioso di scoprire i suoi misteri, di analizzare anche la più piccola forma di vita per capire cosa sentisse. Anche gli insetti provavano dolore, felicità e gioia come gli umani? O il loro cervello funzionava diversamente? I topi se feriti squittivano, anche i rettili facevano degli strani suoni, anche se dipendeva dalle situazioni. Qui ad Hogwarts gli avevano detto di limitare i suoi strani esperimenti, ma il suo essere lì lo era di per sé. Aiden voleva capire come funzionassero i rapporti umani, le sue conoscenze erano soltanto teoriche e il Sig. Depp gli aveva consigliato di fare esperienza sul campo. Era un uomo di mondo, era stato lui a spiegargli tante cose nel rettilario in cui passava i suoi pomeriggi da piccolo, rispondendo ad ogni sua domanda e mostrandogli in che modo si dovesse parlare alle persone senza inquietarli. Spesso gli avevano detto che somigliava a un robot, ma perché? Sapeva la differenza tra estroverso e introverso, l'aveva cercata sul dizionario e stando alla loro definizione lui era del secondo un tipo: individuo portato a chiudersi nel proprio mondo interiore per timidezza o per egoistico ed esclusivo interesse verso la propria persona; diffidente o addirittura ostile nei riguardi dei contatti umani e dei rapporti sociali. O forse no, lui non era ostile, ma ancora, com'era una persona ostile? L'aveva mai incontrata? Altro termine che a fine giornata avrebbe dovuto cercare.
    Il biacco si avvolse attorno al suo braccio sinistro, se avesse avuto una gabbia più grande avrebbe adottato anche lui come animale da compagnia, ma la sua vipera odiava condividere il suo cibo quindi non poteva. Picchiettò la sua testa e l'animale sibilò. Un suono interessante che avrebbe tanto voluto saper decifrare, chissà cosa gli stava dicendo e perché questi rettili fossero così attratti da lui. Aiden era... si dice felice quando senti un calore nel petto? O gioia? O speranza? Non lo so. Il vento gli scosse leggermente i capelli, non faceva freddo ma nemmeno caldo, era tutto neutrale. Il sibilo e gli occhi fissi del suo amico sulla destra lo spinsero a voltarsi piano: un suo simile, solo di sesso opposto, era a qualche metro di distanza da dov'era seduto. Una ragazza dai capelli castani, con riflessi rossi al sole, occhi scuri, naso all'insù, labbra carnose e viso tondo. Memorizzò le sue fattezze e non abbassò lo sguardo sul suo corpo, era da maleducati farlo se non si era in confidenza gli avevano spiegato. Che poi, quale tipo di confidenza? Fisica? Mentale? Platonica? Non lo so. Aspettò che andasse via, di solito la gente lo evitava e non gli piaceva passare del tempo con lui perché era strano. Ai suoi occhi lo erano anche coloro che trovavano disgustosi i ratti, gli insetti e i rettili. Chi definiva cosa era normale, giusto o sbagliato? Merlino, Dio, Budda? Non lo so. Nel frattempo, i suoi occhi neri erano fissi in quella della ragazza, sul suo viso neanche l'ombra di un sorriso e il massimo che le concesse fu un' impercettibile battito di ciglia. «Chi sei? » La sua voce era bassa e profonda, non sapeva se l'avesse sentito. Poco importava. Tornò a fissare il suo amico e gli accarezzò la coda per farlo calmare. Non gli piacevano gli estrani.

     
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    Can you hear the silence?
    Can you see the dark?
    Can you fix the broken?
    Can you feel, can you feel my heart?

    Urlano i Bring me the Horizon dentro le mie orecchie, al massimo del volume ovviamente. Questa ia abitudine probabilmente mi farà diventare sorda presto, però in tutta onestà chissene, alcune canzoni vanno ascolatte solo al massimo. Questa è senza dubbio una di quelle soprattutto quando il suo scopo è darti l'energia per correre. Al solito senza una vera meta, in tondo, lungo il perimetro della tenuta del castello. Oddio, magari non proprio tutto il perimetro che è anche grandino... diciamo che circoscrivo il mio tragitto ad un'area precisa. Quest'area non è mai la stessa, varia, ma ho fatto tati di quel tragitti che sono convinta di aver percorso davvero tutto ciò che c'era da percorrere. Ho il fiato abbastanza corto da sentirlo ogni tanto sopra le strofe della canzone. Sono frustrata, forse più del solito. Correre non mi basta più, allenarmi non mi basta più, nulla riesce a darmi una vera sensazione di soddisfazione personale o una sensazione di pace interiore. Dura sempre troppo poco. Quindi ogni tanto ci penso di tornare nel giro dell'erba o in quello della pozione della pace. Eppure quando sono a tanto così da prendere la mia decisione ci ripenso, credendo che cascare nella tentazione possa bruciare tutti i miei progressi in un istante. Per questo la mia agenda degli impegni è sempre fitta, sempre con qualcosa da fare, perchè è meglio così che rischiare di fare stronzate in un momento di debolezza. Ecco, il range di stronzate poi è vario, quindi Dio soltanto sa con quale genialata posso venirmene fuori.
    La verità è che un evento recente mi ha scossa più di quanto voglio ammettere, ci penso ancora. Ci penso ancora e non dovrei, perchè quel grandissimo coglione di Axel non si meriterebbe altro tempo. Ecco perchè quel giorno me ne sono andata senza esitare più di tanto nonostante si stesse trasformando sotto l'influenza della luna, sotto ai miei occhi. Non è un accadimento molto fresco, sono già passati un paio di mesi da quando è successo, un paio di mesi che lo evito come la peste perchè il solo vederlo mi peggiora la giornata. Non è nemmeno un chiodo continuo, un pensiero fisso, ma si è trasformato in un pensiero intrusivo, un flash che ogni ogni tanto decide di tornarmi alla mente facendo riaffiorare le sensazioni negative del momento.
    Pessimo, veramente pessimo.
    Lo metto da parte anche questa volta, faccio sempre così: mi torna alla memoria per qualche minuto, mi incazzo, poi sparisce ancora. Continuo a correre seguendo il perimetro della foresta proibita che come al solito, è spettatrice delle mie corse deliranti. Ci sono diverse zone qui intorno in cui il confine tra la foresta e la zona di tenuta che ci è consentito visitare diventa labile: gli alberi avanzano creando come delle nicchie avvolgenti e accoglienti che ti permettono di avvicinarti alla alla zona proibita senza però davvero varcarla. Comodo, no? Praticamente è una furbata, sei ad un passo dal volare le regole ma non lo stai davvero facendo. E io, che non voglio dare a White alcuna scusa per bocciarmi ancora, ne approfitto. Procedo spedita con il vento tra i capelli per qualche altro metro diretta, se non ricordo male, proprio verso una di queste zone frastagliate prima di avere un'improvvisa e brusca frenata “ah” se avessi abbassato lo sguardo, probabilmente mi ci sarei scontrata finendo rovinosamente a terra. Mi tolgo un auricolare per tornare connessa col mondo e il fruscio delle foglie degli alberi sostituisce chitarre e batterie “scusa” per averlo interrotto...? Non lo so. In realtà ho chiesto scusa semplicemnte perchè presa alla sprovvista. Se ne sta seduto con espressione impassibile in compagnia di un serpente. E mi fissa, imperturbabile, come se stesse processando qualche dato. E quindi? E quindi forse è il suo modo silenzioso per dirmi di andarmene? «Chi sei? » oh, aspetta, quindi parla. Avrà finito di processare i dati. Così, diretto, mi pone una domanda dal tono esistenziale con voce cupa, tornando poi a concentrarsi sul suo amico striscinate “qualcuno di passaggio...?” rispondo sarcastica a quel 'chi sei', salvo poi presentarmi davvero “mi chiamo Kynthia” lo sto scrutando, lui e il suo rettile nervosetto
    “tu sei...? Non hai un volto familiare” infatti mi sembra di non averlo mai visto. Se così non fosse, ci farei una figura di merda. Oh beh, non posso mica ricordarmi il nome di tutti gli studenti. Deve essere uno studente, no? “bello il tuo biacco. Mi sembra, credo sia un biacco” un bell'esemplare in effetti, dal colore molto uniforme . Comunque il serpente non deve davvero aver gradito l'intrusione, non la smette di fissarmi come se mi volesse attaccare. Così alzo le mani in segno di resa, mostrandomi inoffensiva “oh, tranquilli. Tolgo il disturbo, non volevo farlo irritare” infatti faccio per rimettermi una cuffietta nelle orecchie, pronta a levarmi dalle palle insomma. Ho come la sensazione di aver interrotto qualcosa, di aver invaso lo spazio di qualcuno. Non so se sia effettivamente così o se è solo la sua espressione a farmelo credere.



     
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    L'espressione che vide sul volto della ragazza era la stessa delle altre persone: stranita, a tratti sorpresa, forse per il suo sguardo inespressivo o per gli occhi senza pupilla simili a quelli di un demone, una creatura che gli sarebbe piaciuto vedere, un giorno, se mai fosse esistita. Magari gli avrebbe mostrato una reazione diversa rispetto a quella degli umani.
    Si era trasferito ad Hogwarts per trovare qualche soggetto interessante da esaminare che fosse diverso da tutti gli altri e che diventasse suo amico. Aiden sapeva, più o meno, cosa fosse l'amicizia: un sentimento che si basa sulla comunicazione, la fiducia e il rispetto reciproco. Era ciò che aveva con il Sig. Depp, il suo vicino. In un libro, però, aveva letto che solitamente gli adolescenti frequentano persone della loro età e non quelle più anziane come faceva lui. Sto forse sbagliando? Non lo so. In orfanotrofio lo chiamavano Frankenstein Junior per gli strani esperimenti che faceva con gli insetti e i ratti, e visto che le maestre gli avevano detto gli altri bambini gli avevano dato quel soprannome per diventare suoi amici, lui ci aveva creduto e, ingenuamente, aveva regalato ad ognuno di loro un insetto per giocare, però erano stati cattivi e li avevano uccisi. Aveva provato un sentimento noto come rabbia e aveva messo dei topi nel loro letto. Non sapeva perché l'avesse fatto, gli andava e basta. Quando si è arrabbiati è normale, no? Nei film facevano così. Eppure le maestre lo avevano punito chiamandolo mostro. Ma cosa era un mostro? Non aveva mai sentito quella parola. Dopo aver fatto delle ricerche, aveva scoperto che si trattava di un essere da cui cui tutti scappavano, proprio come quel Frankenstein. Quindi la causa della sua solitudine era il suo aspetto? Era brutto? Si era guardato allo specchio e no, non c'era nulla di strano: era uguale agli altri. Aveva anche chiesto al medico della struttura quale fosse il suo problema, ma lui aveva parlato in termini astratti, un linguaggio non chiaro per Aiden. Allora aveva lasciato perdere per un po' e si era dedicato agli animali, con loro era molto più facile fare amicizia, soprattutto con i serpenti. Erano delle creature così socievoli, come potevano i cristiani pensare che fossero malvagi? La Bibbia era pur sempre un libro scritto dagli uomini e non c'era alcuna prova scientifica dell'esistenza di un Dio, quindi non ci credeva. E lui aveva bisogno di prove tangibili per credere.
    Il biacco che aveva attorcigliato al braccio non la smetteva di agitarsi, quella ragazza lo aveva messo in agitazione. Lento gli accarezzò la coda, mentre rispondeva all'essere umano di nome Kynthia. «Aiden. » Era buona educazione presentarsi. Piano piano il serpente si calmò, doveva aver capito che non c'era alcun pericolo, chi li aveva disturbati era innocuo. Appoggiò la testa sulla sua spalla e tornò ad osservare il soggetto adesso identificato. Lo stesso fece fece Aiden. La scrutò con interesse, incuriosito dal fatto che sapesse di che esemplare si trattasse. «Sì, questo è un biaccio adulto maschio di centoventi centimetri.» Parlò meccanicamente, era un' enciclopedia vivente quando si trattava di rettili, potevano definirsi la sua passione. Un concetto che aveva ben chiaro in mente e che aveva sperimentato in varie forme, affascinato da come il corpo umano potesse rispondere a certi stimoli. Ah, forse la passione a cui aveva appena pensato era sbagliata, non era quello il caso. La parola più corretta era passatempo, sì. Per qualche secondo non disse più nulla, non gli dispiaceva la presenza di Kynthia ma nemmeno la sua assenza, era indifferente, però non smise di studiarla; da come era vestita era probabile che fosse andata a correre, in viso aveva qualche goccia di sudore, segno che lo aveva fatto già da un po', i capelli erano legati quindi non sopportava tenerli sciolti come sua madre e sembrava piacerle la musica. Aveva notato le cuffie. «Adesso è tranquillo, ha capito che sei inoffensiva. Se vai ti consiglio di andare a destra, più avanti c'è una discesa ripida. » Alzò una mano per salutarla meccanicamente e rivolse la sua attenzione al biacco. Era quello il momento giusto per congedarsi? O doveva provare a fare conversazione? Non ne aveva idea. Alcune razze di serpente vivevano in gruppo, altre erano solitarie, proprio come gli umani detti eremiti. Non posso ragionare come un rettile, il Sig. Depp mi ha detto che devo iniziare a comportarmi come una persona. Non voleva deludere il suo mentore, e poi se voleva analizzare i suoi simili doveva averci a che fare, non poteva evitarli tutti. Così, tornò a fissare intensamente la ragazza in attesa di qualcosa. Il serpente lo imitò.

     
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    Aiden, Aiden, dunque vediamo... cerco di ricordare se nel mio libro delle conoscenze ritrovo qualcuno con questo nome, magari ci siamo già presentati e me lo sono scordata? La mia memoria e la mia intuizione mi dicono di no, anche perchè penso che avrei ricordato uno sguardo così particolarmente... assente. Sembra di star parlando ad una statua che se ne sta lì, totalmente indifferente all'ambiente circostante o alla mia presenza “Aiden...” ripeto automaticamente, un po' per ricordarmelo “sei nuovo per caso?” e domando per conferma, per assicurarmi che la memoria non mi inganna.
    Il biacco continua a fissarmi per un po' tenendo il collo allungato in mia direzione fino a quando evidentemente non si abitua alla mia presenza e si rilassa lungo la spalla del ragazzo. Non si tratta di un serpente tendenzialmente pericoloso, ma è una fortuna che sia addomesticato perchè un suo morso sarebbe stato comunque antipatico da sopportare. Intravedo il bagliore di un interesse negli occhi del ragazzo solo quando inizia appunto a parlarmi del serpente indicandomi il sesso e le dimensioni dell'esemplare. Non ci vuole un genio a capire che ci troviamo di fronte ad un appassionato del genere, l'argomento serpenti sembra essere l'unica cosa che è riuscito a smuoverlo fino ad ora. Faccio uno strano collegamento: per un attimo penso che questo ragazzo somigli a mio padre. Solo perchè gli piacciono gli animali? Sono davvero così banale? Naah, è che anche lui può restare indifferente al genere umano fino a quando non viene proferito il nome di una qualche bestia. Le preferisce sopra ogni cosa, ricordo con quanta rabbia mi sono sfogata sui suoi libri di zoologia quando ha lasciato casa per trasferirsi da qualche parte insieme ai suoi draghi. La differenza è che l'espressione sorridente di mio padre, lo rende decisamente più approcciabile. Espressione che per inciso non vedo da mesi, e non riesco a capire se la cosa mi turbi oppure no. Forse dovrebbe mancarmi di più, forse dovrei informarmi di più sul suo stato. Eppure dopo essermi accertata del fatto che le ustioni che gli o provocato non fossero troppo gravi, ho semplicemente fatto quello che sono più brava a fare: sono sparita. Meglio così. Per entrambi probabilmente. Ad ogni modo, ci sto pensando troppo, più del necessario
    “oh, potrebbe crescere ancora un po' allora” andando a memoria, per quel che ricordo, un maschio potrebbe anche essere più lungo di così. Oh, insomma. Scuoto la testa come se avessi appena detto qualcosa che non volevo dire. In realtà non è così, è che ogni volta che mi comporto in questo modo mi sento affine a mio padre, e la cosa mi urta il sistema nervoso. Come se fosse una cazzo di ombra da cui non riesco a scollarmi. Insomma, mi ritrovo sempre a parlare di animali come se fossi una povera deficiente.
    Ad ogni modo “ah sì, è vero, la discesa” adesso che passo di qua più volte a settimana sono preparata, ma la prima volta che ho fatto questo stesso percorso mi ha colto alla sprovvista provocandomi un grosso livido nero sul culo. Quel segno sarà durato un paio di settimane, non scherzo
    “grazie” comunque lo ringrazio per il promemoria, perchè effettivamente avrei rischiato di cascarci di nuovo. Adesso normalmente, dopo aver ricambiato il suo cenno di saluto, dovrei girarmi di spalle e andarmene... ma esattamente... come dovrei fare se continua a fissarmi come se aspettasse qualcosa...? Cioè, ci siamo salutati... quindi? “che c'è?” così, secca, la domanda mi sfugge “...ho qualcosa sul viso per caso?” ah merda, potrebbe essere. Istintivamente mi passo il dorso della mano sulla guancia sinistra come a levare una macchia che potrebbe non essere lì o potrebbe non esistere totalmente. Comunque la scena è surreale, il ragazzo e il suo serpente si muovono all'unisono. In qualche modo sono ipnotici da guardare, mi ritrovo a fissarli pure io come se non potessi fare altro, come nel gioco dello specchio riflesso. Solo un rumore proveniente dalle spalle del ragazzo mi distrae attirando i mio sguardo all'intero della foresta proibita: foglie calpestate, rametto rotto, un respiro animalesco. “Anzi, sai una cosa” improvviso cambio di piani “se non vi disturbo, faccio una pausa” sospetto siano i Thestral. Già, quelle creature piene di mistero che ho sempre soltanto visto nei libri illustrati, disegnati da chi ha potuto vederli. Da quando mia madre è morta, è come se adesso questa particolare specie mi attraesse più di prima. Metto via gli auricolari, mi siedo sul prato per farmi sostanzialmente i miei interessi. Mi sono sempre chiesta se i Thestral si sentano percepiti, se loro riescono a sentire quando qualcuno li vede. Potrei anche sbagliarmi, potrebbe anche essere una stupida talpa, ma chissà. Inoltre iniziavo a percepire una certa fatica, il che giustifica maggiormente la mia improvvisa voglia di pausa. Però rimanere in silenzio è per me un'esclusiva tra me e le persone con cui ho sufficiente confidenza, quindi... “ha un nome? Il tuo biacco” chiacchiere da caffè per riempire silenzi altrimenti imbarazzanti, starter pack.



     
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    L'umana gli aveva fatto una domanda personale, doveva rispondere? Una persona educata l'avrebbe fatto, e lo lui era, quindi: «Sì. » Non aggiunse altro, si limitò ad osservala con occhi indagatori e, quando si accorse che non c'era altro di cui parlare, si voltò in direzione del biacco, continuando a sfiorargli la coda con le dita per calmarlo.
    Gli esperti di rettili, solitamente, erano uomini, le donne si tenevano alla larga da quelle creature perché le trovavano rivoltanti, al pari dei ratti e degli insetti. In orfanotrofio, le bambine, se lo incrociavano per i corridoi scappavano a gambe levate, non gli rivolgevano neanche la parola. Aiden aveva sempre pensato fosse normale voler stare con i propri simili, infondo i maschi stavano con i maschi e le femmine con le femmine. Eppure, col passare degli anni, i due sessi avevano iniziato a interagire mentre lui era sempre messo da parte. Per caso sono di un diverso sesso? Aveva consultato tanti libri scientifici per trovare una risposta alla sua domanda, ma nessuna delle spiegazioni esistenti si applicava al suo caso. Così, un giorno, era entrato nel dormitorio delle bambine completamente nudo per dimostrare di essere come tutti gli altri bambini: un essere dotato di braccia, gambe, piedi, occhi e un apparato genitale funzionante. Aveva controllato anche quello, non c'era niente di strano. Però le bambine avevano urlato e, all'arrivo delle maestre, era stato portato via e messo in punizione. Ma che aveva fatto di male? Voleva solo diventare loro amico. Quando gli era stato detto che, per farlo, avrebbe dovuto rinunciare ai suoi animali, si era arrabbiato, spingendo un bambino che aveva provato a portargli via la scatola che aveva in mano. Dentro c'erano le sue formiche, non avrebbe permesso a quelle persone di fargli del male, erano cattivi. Quindi, quando l'umana di nome Kynthia, mostrò di saperne qualcosa sul suo amico rettile, la studiò con attenzione. «Sì. » Poi tornò a fissare il serpente incuriosito, lo sollevò e se lo rigirò tra le mani prima di poggiarlo sulle gambe. Era davvero bello, quelle creature non smettevano mai di sorprenderlo. Dopo aver salutato Kynthia con la mano e averla avvertita della discesa, non si mosse per un po'. Gli piaceva sentire il rumore del vento, lo metteva di buon umore. O lo rendeva felice? Contento? Cercando nel dizionario queste parole avevano un significato simile, alcuni erano anche sinonimi, però la sensazione descritta era la stessa? O cambiava qualcosa? Non lo sapeva, ma andava bene così, per ora. Dopo avrebbe scritto al Sig. Depp. «Prego. » Così si rispondeva quando qualcuno diceva grazie, di quello era certo visto che era un'usanza dell'uomo. O forse un' abitudine? Quante cosa aveva da imparare e da studiare, voleva seguire le lezioni ma i suoi genitori gli avevano detto di ambientarsi prima e di capire come funzionava la società scolastica. Aiden aveva ben chiaro il concetto di società : un insieme di individui (uomini o animali) uniti da rapporti di varia natura e in cui si instaurano forme di cooperazione, collaborazione e divisione dei compiti, proprio come facevano i serpenti che vivevano in gruppo. Ognuno aveva la sua parte, però, per mantenere l'ordine, era importante rispettare le gerarchie e lui lo aveva sempre fatto, salvo rari casi in cui si era dato all'anarchia perché la pensava diversamente dai governatori. Queste cose le aveva imparate leggendo i libri di storia qualche anno fa.
    Quando si fa un'esperimento, bisogna innanzitutto raccogliere il materiale. Aiden aveva cominciato proprio adesso, fissando insistentemente Kynthia insieme al suo biacco per capire quale sarebbe stata la sua prossima mossa. In realtà voleva solo parlare, ma non sapeva cosa dire. «A parte occhi, naso e bocca no. Che domanda strana.» Di solito non si chiedono gli anni? O il compleanno? Non funzionava così? Forse era cambiato qualcosa, doveva aggiornarsi. L'umana ora nota, lo stava osservando di rimando con i suoi grandi occhi marroni. Il biacco spinse la testa in avanti e la allineò con quella di Aiden, in attesa di qualcosa. Un rumore secco mise fine a quel singolare scambio di sguardi, e la sua simile, dopo aver posato gli auricolari, si avvicinò e si sedette accanto a lui distante un metro e mezzo. Un metro è considerata invasione dello spazio personale e ai serpenti non piace quando un estraneo, seppur innocuo, la oltrepassa. E infatti, il suo amico sibilò, così si spostò di un altro mezzo metro per non farlo agitare. Gli accarezzò la coda ancora una volta. «Non è il mio animale da compagnia quindi no, se mai dovessi prenderlo gliene darò uno. » La sua vipera, Lilith, non ne sarebbe stata entusiasta, era molto territoriale. Il suono singolare di un animale lo distrasse da Kynthia, e quando guardò in avanti si accorse della presenza di due Theristal. Riusciva a vederli perché aveva conosciuto la morte. «Cos'è stato? » Con la coda dell'occhio osservò il caso studio del giorno, pronto a prendere appunti sulla sua vita e le sue abitudini.

     
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    “Benvenuto allora” non sono tipa da comitato di benvenuto e infatti sono consapevole del fatto che la frase mi sia uscita con tono incerto, poco convinto, strano. Il tono di chi pensa a che altro posso dire a qualcuno che non alimenta una conversazione ma si limita a rispondere a monosillabi a ciò che gli dici. Sarà timido, sarà uno di poche parole, sarà che forse gli sto rompendo il cazzo in fondo in fondo. O magari è un insieme di tutte quetse cose, fatto sta che non lo capisco perchè le sue microespressioni sono praticamente impossibili da leggere. Se ne sta lì ad accarezzare lentamente il corpo del biacco, di tanto in tanto alza lo sguardo scuro e me lo fissa addosso, altre volte il viso si contrae o si rilassa ma inizio a pensare che siano tutti movimenti involontari e ch eli faccia perchè, semplicemente, è fatto di carne ed ossa. Certo che ce ne sta di gente strana in giro, e non dovrei neanche sorprendermi più di tanto.
    Ecco un altro sì, un altro prego... altri monosillabi che sembrano suggerirmi velatamente di levarmi dalle scatole. Pare una di quelle bambole che parlano, fanno grazie e prego, due paroline pre impostate e non dicono altro. Vabbè insomma, sto per seguire quel consiglio silenzioso prima che, ancora una volta, il ragazzo sembra star studiando qualcosa sulla mia faccia. E a quel punto la mia domanda sarebbe strana? Davvero? Trovo decisamente più strana la sua risposta, cioè, è riuscito a tirare fuori la risposta meno immediata della storia. Piuttosto che dirmi "no, non hai nulla" si è preoccupato di elencare le parti del mio viso per decretare infine che sia tutto lì dove deve essere. Mi scappa una risata “la mia sarebbe una domanda strana?” è una battuta dai, deve essere una battuta. Però qualcosa è fuori posto: la sua espressione. Come sempre. Non è l'espressione di chi fa una battuta... ok sì, appuriamo che sia una persona particolare “sei tu che hai iniziato a fissarmi!” la situazione in un certo senso, è comica “pensavo di avere la faccia macchiata o qualcosa del genere-” la mia faccia subisce un repentino cambio di espressione, smetto di parlare e, all'improvviso, casualmente giuro, in maniera del tutto disinteressata, cambio idea. Giro i tacchi e decido di prolungare la mia pausa in compagnia di questo strano ragazzo, tutto perchè un rumore sospetto dalla foresta ha acceso la mia curiosità. Sento sempre questi suoni quando passo vicino alla foresta e ogni volta, mi dico che è normale sentirli, voglio dire, ci sono un sacco di bestie fra quegli alberi. Eppure mi ritrovo a guardare con interesse, rallento, mi fermo anche ogni tanto. Non so perchè cerchi i thestral con tanta insistenza. Forse penso che se li vedessi, diventerebbe tutto più concreto. Immagino, suppongo, che se me ne trovassi uno davanti e riuscissi a distinguerne chiaramente i tratti, allora riuscirei a concretizzare il fatto che ho davvero visto morire mia madre, poco più di un anno fa. All'inizio sembrava impossibile crederci, immaginavo sempre che sarebbe entrata dalla porta di casa rima o poi, o che mi avrebbe scritto. Con il tempo mi sono dovuta convincere del fatto che fosse reale, per non impazzire. Adesso è come se avessi bisogno di questa ultima conferma. La voglio, la cerco, mi spaventa ma porca miseria... è la bastonata fra capo e collo che, forse, mi servirebbe.
    Intanto continuo sulla linea del biacco, confondo le mie reali intenzioni con domande extra. on mia grande sorpresa, mi risponde mettendo in linea più di tre parole, wow, potrei definirla una vittoria. Anche in questo caso comunque, la risposta mi colpisce abbastanza “come sarebbe a dire che non è tuo... vorresti dirmi che l'hai trovato qui in giro e ci hai fatto amicizia?” cioè, dai, non è possibile... è possibile? La mia è chiaramente una battuta, non mi aspetto una risposta positiva, decisamente no. Guardo lui, guardo il serpente. Forse questo ragazzo è pure più strano di quanto non pensassi all'inizio, perchè non riesco a pensare a nessuno a cui verrebbe in mente di raccogliere serpenti in giro e iniziare ad accarezzarli come fossero cani. Un altro rumore interrompe pensieri e supposizioni sull'incredibile amicizia rettile-umano, questa volta qualcosa di ben udibile ad entrambi. Allungo il collo, stringo gli occhi e faccio la vaga “non saprei, la foresta è piena di cose non so se sono io che mi sto illudendo, non so se vedo quello che voglio vedere, ma mi sembra di aver distinto chiaramente la sagoma di un Thestral che velocemente si ritrae fra gli alberi della foresta proibita. Ovviamente non specificherò cosa ho visto, la cosa rivelerebbe un dettaglio importante sulla mia vita ed è assolutamente fuori questione che io lo riveli al primo che capita. Però “vuoi avvicinarti? Per vedere meglio” che siamo curiosi entrambi mi pare ovvio. Che sia un tipo particolare, mi pare altrettanto ovvio. Candidato perfetto per la causa. Io ci ho provato, al massimo mi beccherò un'altra risposta a monosillabi e proverò ad avvicinarmi per i fatti miei, dopo essermi congedata e spostata qualche metro più in là. Insomma, è un'occasione più unica che rara, di solito i Thestral non si avvicinano così tanto ai confini della foresta. Tocca aproffitarne.



     
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    Ognuno ha un proprio concetto personale di stranezza, anche se molti si adeguano al pensiero dominante e chi, come lui, non lo fa, è spesso isolato. Questo è qualcosa che Aiden aveva scoperto all'età di diciassette anni, quando il Sig. Depp, il suo vicino anticonformista, gli aveva detto che quelli come loro avrebbero sempre fatto fatica ad integrarsi nella società a meno che non fossero adeguati alla massa. Era così anche adesso. L'umana Kynthia rise e gli fa capire che ad aver fatto una domanda strana non era stata lei, bensì lui. Forse quando guardi insistentemente una persona la spingi a credere che abbia qualcosa sulla faccia, o almeno questo è ciò che dedusse dalle sue parole. «Ti stavo solo guardando.» Meglio precisare, non si sa mai. Non voleva di certo essere etichettato come un serial killer o uno stalker di nuovo; le ragazze, aveva notato, saltano subito alle conclusioni, un po' come nei libri che aveva letto. Spesso erano dipinte come esseri irrazionali, prive di alcuna logica, che si lasciavano travolgere dalle emozioni e dalle pulsioni ,ed era proprio per questo che Aiden ne era affascinato. Loro sapevano riconoscere le emozioni che provavano, lui invece avvertiva solo strane sensazioni a cui non sapere dare un nome, come quando l'umana gli si sedette di fianco invece di andare via. Succede questo quando vieni colto di sorpresa? Credo sia questo.
    «Si è avvicinato per fare amicizia, perché è strano anche questo?» Per lui quella era la normalità. I serpenti erano sempre stati suoi amici, si trovava con loro e spesso gli era sembrato di capirli, ma per farlo avrebbe dovuto essere un rettilifono come Salazar Serpeverde. Era stato smistato nella casa che aveva fondato, quindi qualche speranza c'era, anche se si trattava di un talento estremamente raro. Un suono proveniente dalla foresta gli fece distogliere lo sguardo, anche se momentaneamente, dal caso studio della giornata. A poca distanza c'era un esemplare adulto di Thestral che lo fissava di rimando con i suoi occhi bianchi senza pupille. Ne rimase ipnotizzato. Erano così particolari e magnetici, non aveva mai visto niente di simile. Aveva fatto tante ricerche su quella creatura, perché in un certo senso gli ricordavano se stesso. La gente spesso scappava via per il loro strano aspetto, li consideravano degli essere malvagi, quando, in realtà, erano animali tranquilli e pacifici se non provocati. Dopo un po' il biacco sibilò, infastidito dalle mancate attenzioni, al che Aiden ritornò ad accarezzargli la coda e a guardare Kynthia. Le aveva fatto una domanda specifica, ma la risposta che gli diede fu vaga. Inclinò leggermente la testa di lato, studiando la sua espressione per capire se poteva crederle o no. Gli esseri umani spesso mentono e , anche lui, col tempo, aveva imparato a farlo, però dipendeva sempre dalla situazione in cui si trovava . Ora devo farlo? Non lo so. Per lui non c'era niente di strano nel far sapere agli altri che aveva visto qualcuno morire, fa parte del ciclo della vita: nasciamo, cresciamo, volendo ci riproduciamo e poi, appunto, moriamo. Lo facciamo in modi diversi, in età diverse, ma prima o poi tocca a tutti. «Ci sei mai stata?» Aveva infranto le regole? I suoi genitori gli avevano detto di non farlo, ma se altre persone erano andate nella Foresta, perché lui non poteva? "Vuoi avvicinarti?" A quelle parole una strana luce apparve nei suoi occhi. Il biacco iniziò a muovere freneticamente la coda, quasi avesse percepito la sua... eccitazione? Sì, quel sentimento che induce agitazione e ti fa aumentare di poco il battito cardiaco. Proprio lei. Gli piaceva questa sensazione, in qualsiasi modo fosse provocata. «Sì.» Mise una mano sul terreno per darsi una spinta e alzarsi, poi ne porse una in direzione dell'umana. Aveva visto tanti bambini farlo all'orfanotrofio, e le bambine sembravano felici, quindi decise di imitarli. Aspettò che la ragazza decidesse cosa fare e in seguito varcò i confini della Foresta Proibita, avvicinandosi al Therstal che aveva visto in lontananza. Lo fece lentamente, non voleva spaventarlo, però un altro rumore giunse alle sue orecchie e il biacco assunse una posizione di attacco. «Non è niente.» Lo tranquillizzò, picchiettandolo sulla testa e fermandosi a pochi passi dalla creatura. «Vedi qualcosa?» Si girò di tre quarti e posò il suo sguardo su Kynthia. Lui la vedeva, era vicina, ma lo stesso valeva per la sua simile? Come avrebbe risposto adesso?

     
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    “Appunto” questa conversazione sta diventando piuttosto astrusa “non capivo perchè mi stessi guardando, così ho pensato...” davvero? Davvero glielo sto spiegando? “lascia stare, tanto non è importante” alzo le mani a mostrare i palmi, quasi in segno di resa o quasi in segno di pace “non mi sono offesa comunque” e puntualizzo. Mi sto forse spiegando perchè mi hanno fatto notare in generale, nel corso del tempo, che a volte tendo ad avere un approccio alquanto aggressivo. Non mi sembra che sia stato questo il caso, anzi, l'interazione che ne è venuta fuori mi è parsa quasi comica. Eppure la specifica la faccio ugualmente, perchè non mi va di farmi la nomina da orco cattivo con chi non conosco nemmeno. Visto, ci sto lavorando, sto lavorando per sistemare tutte quelle piccole ma invasive abitudini che mi sono inconsciamente costruita nel corso degli anni. Me le sono cucite addosso ad hoc, perfette per incontrare la mia vita da eremita solitario. Le cose arrivando ad Hogwarts però, sono cambiate. Questa scuola ti spinge ad interagire molto di più di una scuola normale, il che è un bene ma a volte anche un male.
    Comunque chiarito sul nascere ogni possibile motivo di incomprensione mi accomodo sul prato e per prendere tempo, inizio ad intavolare una conversazione appigliandomi al primo pretesto utile. la vittima designata è il serpente su cui il ragazzo sembra essere abbastanza informato. Possiamo dire che sfrutto quella scusa per stare qui e sbirciare oltre le spalle del ragazzo di tanto in tanto, capire cosa si nasconde tra gli alberi della foresta. Insomma, fondamentalmente devo ammettere di non essere completamente concentrata su di lui ma quando mi lancia queste risposte inaspettate, non posso che ritornare a focalizzarmi su di lui “ah” sì che è strano, cazzo. Da quando abbiamo iniziato a parlare sembra che Aiden, così si chiama, abbia scansato di proposito le risposte più logiche solo per lasciarmi disorientata. Poi però se lo osservo bene mi dico che non sembra affatto che lui se ne renda conto, cioè, pare che pensi davvero ciò che pensa nonostante sia un po' fuori dagli schemi comuni. Quindi come si risponde in questo caso? “beh...” usare di nuovo la parola strano, potrebbe iniziare a somigliare ad un insulto. Opto per un altro giro di parole “diciamo che è un serpente, sono animali schivi. Generalmente direi non si avvicinano a caso per fare amicizia, non sono mica cani” poi aggiungo “ma questo lo saprai anche tu” per carità, sono le basi, per un appassionato poi “magari è stato attirato da qualcosa...? Non saprei, sicuramente è insolito” alla fine ho usato un sinonimo. Pazienza oh, è quello che è. Poi personalmente non lo vedo come un insulto, chi è che non è un po' strano? Finchè non ci si avvicina alla follia, va tutto bene.
    All'improvviso sembra che la foresta diventi motivo di curiosità per entrambi. Non mi stupisce per niente, ciò che è nascosto è sempre più interessante di quello che sta in bella mostra. Se poi oltre ad essere nascosto è anche proibito, beh... allora urla vieni a scoprirmi “non esattamente. La scuola ha organizzato un evento ricreando magicamente la foresta proibita con il suo aspetto e i suoi rischi” lo sguardo si sposta sulla foresta appunto, quella vera “ma è tutta un'altra cosa” stringo le labbra, come se mi stessi trattenendo dall'aggiungere altro. Non so “tecnicamente è proibito, però... però sarebbe interessante...” entrare in quella vera, intendo. Mi parte una riflessione a voce alta e con essa una proposta, forse azzardata. Eppure il ragazzo non esita nemmeno un secondo. Accetta, con un sì secco, mi si dipinge sul volto un sorriso fugace e apro appena gli occhi. Lo so io cos'è, è l'eccitazione per una nuova prospettiva. Un giorno forse capirò perchè le cose che mi attraggono sono quelle potenzialmente dannose. Un giorno, ma non è questo il giorno. Aiden si da una spinta per sollevarsi da terra e mentre sto per fare lo stesso, vengo raggiunta dalla sua mano tesa per aiutarmi ad alzarmi. Non so perchè, ma penso subito che è inaspettato “ah, grazie” l'afferro, mi tiro in piedi e scrollo via eventuale terra e foglie varie. Quindi lo sto davvero facendo, mi sto per avvicinare a quegli esemplari di Thesral. Forse è macabro, ma penso sia una delle cose più emozionanti fatte negli ultimi tempi “porti il biacco?” osservazione ironica, perchè intanto l'esemplare continua a starsene calmo lì sulla sua spalla come se ci avesse fatto su la tana. Il ragazzo varca il confine di qualche passo, io mi guardo indietro prima di fare lo stesso. Perchè diamine sono così... euforica? No, non è solo euforia. Sono irrequieta, come se in quegli animali si nascondesse la verità. Li vedo, ormai chiaramente. Uno è un po' più piccolo, entrami hanno lo sguardo rivolto verso di noi. Sanno che siamo qui, ci vedono. E io vedo loro. Sono malinconici, pacati, sembrano fragili “eh?” la voce di Aiden mi risveglia dalle mie osservazioni mentali. Mi pone una domanda, anche questa volta diretta, come sempre “no” mento. Mento con una negazione secca, spostando lo sguardo altrove e poi sugli occhi scuri del ragazzo. Scuoto la testa “a parte qualche asticello su quel tronco lì... non vedo niente in realtà” non era affatto vero. Ma ammettere di vedere i Thestral è una confessione troppo forte da fare a chi si conosce da mezz'ora “tu? Riesci a vedere qualcosa?” perchè non restituirgli la domanda? Forse l'ha posta proprio perchè lui per primo non ha alcun problema ad ammettere una cosa del genere. Che poi non è nemmeno scontato che stiamo parlando di Thestral, non abbiamo messo i soggetti. Comunque cerco di guardare altrove ma lo sguardo mi cade sempre sugli esemplari davanti a noi. Uno in particolare a da poco preso a fissarmi come se avesse capito che ho notato la sua presenza. Non fissarmi ti prego. Guarda altrove. Fingo nochalance spostandomi veros il famoso tronco con gli asticelli mentre invece il Thestral, ormai incuriosito, avanza di qualche passo.




    Edited by Kynthia - 11/5/2023, 10:52
     
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    «Non volevo offenderti.» Che poi perché avrebbe dovuto? Dov'è l'offesa nel dire a qualcuno che ha qualcosa in faccia? Si tratta di semplice cortesia. Il Sig. Depp, invece, si divertiva a farlo andare in giro con qualche macchia strana sul volto. Aiden non si era mai arrabbiato con lui, era il suo unico amico e quelli scherzi innocenti, c'erano altre cose per cui valeva la pena arrabbiarsi. Anche se non sapeva esattamente per cosa, anche qui variava da persona a persona, però , se qualcuno glielo avesse chiesto, avrebbe risposto che le bugie, le pareti bianche e il cinguettio degli uccelli erano le cose che più gli facevano rabbia. O quello che provo è semplice fastidio? Credo la seconda. In orfanotrofio gli erano state dette un sacco di bugie dalle maestre e, a lungo andare, aveva finito per odiare quel posto sterile dalle parti dipinte di bianco, i soffitti di azzurro e tutti i colori caldi e luminosi. Per questo vestiva sempre di nero, il suo colore preferito, anche la sua vipera lo era. Quando l'aveva vista nel rettilario del suo vicino aveva subito stabilito una connessione con lei, infatti, non appena si era avvicinato fissandola con interesse, il rettile aveva alzato la parte superiore del suo corpo e i suoi occhi non avevano lasciato neanche per un secondo i suoi. Poi aveva aperto la teca che la conteneva, e lei era strisciata sul suo braccio, sotto lo sguardo attonito del Sig. Depp che, superato lo shock iniziale, era scoppiato a ridere di gusto definendolo straordinario. Non strano, inquietante o diverso, ma straordinario. A quel punto le labbra di Aiden si erano incurvate verso l'alto e, da allora, i loro incontri settimanali erano passati da due a quattro. Gli aveva insegnato tutto ciò che sapeva sui serpenti, e visto il modo in cui quelle creature reagivano alla sua presenza, gli aveva detto che, con molta probabilità, sarebbe diventato un rettilofono. Anche quella era una bugia? Non lo sapeva. Però l'idea di poter comunicare con quelle creature lo rendeva felice. Con loro era certo che si trattasse di felicità.
    Secondo Kynthia i serpenti erano animali schivi, il che era vero, però con lui no. E visto che anche la normalità variava da persona a persona, per lui essere loro amico era normale. Sul dizionario era questa la definizione del termine: costrutto sociale che ingloba i comportamenti, le idee e le caratteristiche che risultano adeguate alla vita in società. Aiden voleva, almeno in parte, adeguarsi alla norma sociale, per questo era lì, in quella scuola, ma di allontanarsi da quei rettili meravigliosi proprio non ne voleva sapere. Perché farlo quando erano più gentili degli umani? «Non lo so, appena mi vedono subito si avvicinano per fare amicizia. E a me piace passare del tempo con loro.» Si voltò in direzione del biacco che aveva sulle spalle e gli accarezzò la coda la quale, a dispetto di quanto poteva sembrare, era ruvida non liscia. Le squame dei serpenti erano bellissime, soprattutto le loro palpebre che, pochi sapevano, essere squame trasparenti perennemente chiuse. Per non parlare delle pupille dei loro occhi che possono essere verticali o ellittiche, nonché di diverso colore come giallo, verde, rosso e persino blu! Voglio incontrare tutti i serpenti del mondo. E anche tutte le creature che abitavano nella Foresta Proibita. «Capisco. Ma una realtà parallela resta pur sempre una realtà parallela. Una finzione.» Perché accontentarsi di una proiezione di un luogo quando questo era a pochi passi da te, in attesa di essere esplorato? E quando la sua simile gli fece capire di essere dello stesso avviso, Aiden non esitò nell'invitarla ad andare con lui. Kyntia prese la sua mano e... fu una sensazione piacevole. Aveva una temperatura corporea più bassa rispetto agli altri essere umani quindi, quando qualcuno lo toccava, si beava sempre di quel calore. Era come essere esposto alla luce del sole. Era rassicurante. Il modo migliore che conosceva di sentirlo in tutto il corpo era quello di fare sesso, attività in cui si era cimentato diverse volte. Gli piaceva farlo, come tutti i ragazzi. Quello era normale, no? Si lo è. «Prego.» Si allontanò di qualche passo, varcando i confini di quel luogo proibito. «Perché non dovrei?» Girò meccanicamente la testa verso di lei, fissandola con i suoi occhi neri. Che c'era di male nel portare il biacco con lui? Per caso le dava fastidio? Non gi era sembrata come le altre ragazze. «Sei strana.» Che esseri misteriosi le creature dell'altro sesso, non le aveva mai capite del tutto. Da quel che ne sapeva, però, era un problema di tutta la popolazione maschile. E allora perché non indagare? Una nuova indagine era stata aggiunta alla sua lista, e Kynthia era il suo primo caso. Nel mentre, si era avvicinato al Theristal che lo guardava incuriosito, chiedendosi, forse, quale fossero le sue intenzioni. Avrebbe voluto allungare la mano e accarezzarlo, ma per ora aveva deciso di studiare le reazioni dell'umana e metterla alla prova. Avevo detto di non vedere niente, però l'espressione sul suo volto la tradiva. Per alcuni secondi era rimasta immobile a fissare il vuoto, il niente, ma Aiden i Theristal li vedeva e lei aveva guardato proprio nel punto esatto in cui erano quelle creature, prima di distogliere velocemente lo sguardo. Coincidenze? Non credo. «Capisco, mi chiedo però cosa fosse quel rumore. Conosci qualche animale che ha la capacità di rendersi invisibile?» Sembrava saperne qualcosa al riguardo, forse era un'appassionata di creature come lui? Le piacevano anche gli insetti? «Se vedo qualcosa?» Avanzò in direzione del Theristal più piccolo e, quando questi chinò il capo, lo accarezzò. «Potrei.» Così l'avrebbe colta alla sprovvista. La guardò di sbieco e in base alla sua reazione avrebbe stabilito se stesse mentendo o no, perché il linguaggio del corpo spesso tradisce.

     
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    “Sì, appunto...” ripeto: che conversazione è? Vabbè, nel dubbio dissimulare sempre. In questo caso il mezzo di dissimulazione è un sorriso. Sinceramente? Ogni tanto mi coglie alla sprovvista rispondendo anche quando non ci sarebbe altro da dire. E magari dicendo anche cose bizzarre, non propriamente le prime che ti salterebbero in mente. Oh cazzo, ho appena descritto mio padre. Anche lui è una persona piena di stramberie, di quelle che talvolta fanno le cose e non le comprendi. Per poterci convivere bisogna imparare a leggerle, oppure accettare determinate cose, scendere a compromessi. E quando questo non riesce, perché il compromesso in questione è un po' troppo pesante da accettare, automaticamente la relazione finisce. Io rientro nella categoria di persone che, talvolta, fa fatica a capirlo e quindi alla fine ci rinuncia. Non so se sia perchè ho poca pazienza o se sia colpa dei miei pregiudizi nei confronti di mio padre.
    "Sei fortunato, allora" Aiden mi stava parlando della sua di stranezza, del suo rapporto così amichevole con i serpenti che ovviamente no è una cosa che si vede tutti i giorni "evidentemente per loro devi avere qualcosa di speciale" faccio spallucce con non curanza non come segno di menefreghismo, ma come dubbio. Magari i serpenti si trovano bene con lui proprio perchè lui per primo si trova a suo agio con i serpenti e considerando il mondo in cui viviamo, dove i fenomeni strani sono all'ordine del giorno, la cosa potrebbe essere segno di qualche particolarità a cui adesso non saprei proprio dare un nome. Effettivamente non dovrei neanche stupirmene. Ogni tanto si vede che ho vissuto come un comune babbano per la maggior parte del tempo, il mondo magico non sembra essere quello che vedo tutti i giorni. Eppure è diventata la mia nuova realtà, insomma, passo molto più tempo qua e i miei legami all'infuori di qui si sono molto ristretti. Come se prima ne avessi molti, di legami. In questa nuova ottica, stare a guardare un ragazzo che accarezza il suo serpente trovatello non appare nemmeno come lo spettacolo più strano a cui abbia assistito, anzi, la lista è lunga.
    "Si, sono d'accordo" anche quell'esperienza simulata sarebbe da definire strana e particolare, ammetto che fosse praticamente impossibile pensare che fosse tutto falso. Bisognava anche dire che la magia terminava una volta scoperto il trucco "la realtà è sempre meglio di qualsiasi finzione. Per questo mi è rimasta la curiosità di vedere come sia la foresta proibita, quella vera" e non avrei nemmeno immaginato che la mia proposta, lanciata un po' per caso e un po' per istinto, sarebbe stata accolta. Eppure oggi è la giornata dell'inaspettato. Stavo solo facendo una corsa, ora invece mi ritrovo ad infrangere le regole in compagnia di un perfetto sconosciuto e il suo amico biacco randagio, tutto per amore di avere un incontro ravvicinato con quelle creature estremamente affascinanti che sono i Thestral. Un attimo dopo averlo deciso sono in piedi e mi muovo senza ripensamenti verso il limite della foresta.
    Mi sento parte di una bizzarra combriccola: due umani ed il loro animale da compagnia, la loro mascotte. Il biacco è praticamente un prolungamento del corpo del biondo, se ne sta l' sereno adeguandosi ad ogni suo movimento. Infatti quando Aiden pensa di portarselo dietro, non mi sorprendo tanto della cosa e la mia domanda è più retorica che altro. Eppure vengo presa in parola, cioè, vengo presa sul serio, riesco a percepirlo dal tono della sua voce. Ed il tutto è condito da un sei strana. Lui, a me, ancora, dice che sono strana. Resto un istante a processare la cosa, poi non riesco a non ridere di questa situazione "ma da che pulpito mi arriva questo commento!" per quanto riguarda me invece, sì, sicuramente posso avere delle stranezze tutte mie e mi chiedo quale abbia percepito Aiden. Tuttavia, anche se sto per riaprire bocca, non glielo chiedo. Richiudo rapidamente le labbra quando me li ritrovo davanti, i Thestral, proprio quelle creature che mi era parso di sentir bisbigliare tra gli alberi. Certo che ho sentito un rumore, e il fatto che veda i responsabili proprio davanti a me, mi fa immediatamente venire un fastidioso nodo allo stomaco. Poi questo ragazzo inizia ad indagare un po' troppo, mi chiedo se la domanda sia casuale o se ci sia una ragione... se ha dedotto qualcosa. Devo continuare a mantenere una certa nochalance se ci tengo a tenere le mie cose private, quindi "beh ci sono i demiguise, ma non abitano da queste parti. Poi ci sono i thestral, anche se tecnicamente loro non si rendono invisibili" metto su un tono chiaro, da spiegazione appunto. Ovviamente è fatto apposta, cerco di parlarne con scioltezza per allontanare il sospetto che io possa vederli "loro sono invisibili" ho un attimo di esitazione, solo uno, prima di alzare lo sguardo su quello del ragazzo e proseguire con la mia spiegazione "tranne per chi ha visto la morta in faccia" ci metto un punto. L'ho detto. Concludo in maniera scientifica, come se stessi riportando le nozioni di un qualsiasi libro, come se non avessi due esemplari proprio davanti a me. Tengo troppo al fatto che ciò che è mio, resti tale. Sono quindi perfettamente autorizzata a rigirare la domanda. Quindi? Come intenderà rispondere? Con un no immagino, andiamo, chi è che sapendo la caratteristica di un Thestral ammetterebbe di poterne vedere uno con estrema leggerezza? Non è qualcosa che si racconta facilmente, ti costringe a ricordare. Ripete la domanda, io annuisco, sì, ha capito bene. Resto in attesa fino a quando... non lo sta davvero facendo. Lo sta davvero facendo? «Potrei.» dice. Sceglie quella parola mentre mi da la chiara dimostrazione del fatto che può vederli. Accarezza la testa del cavallo che a sua volta, china il capo come a volerlo agevolare. Ho gli occhi fissi sulla sua mano, tanta perplessità a nessuna parola che esce dalle mie labbra. Se dicessi qualcosa tipo "allora riesci a vederli" sarebbe come ammettere che anche io li vedo. Che ne so, dal punto di vista di quelle persone fortunate che non vedono nulla, potrebbe anche soltanto star accarezzando l'aria. Avanzo, un po' titubante. Ogni tanto resto con lo sguardo sulla sua mano, ogni tanto lo alzo per scrutare la sua espressione, che sinceramente non è cambiata molto nel corso del tempo. Mi avvicino ancora come se volessi constatare che sta effettivamente accarezzando l'animale. Deglutisco come se mi stessi preparando a qualcosa di importante, poi allungo la mia mano usando come punto di riferimento la sua. Mi fermo a pochi centimetri dl manto del Thestral "a meno che tu non stia accarezzando l'aria, dovrebbe essere più o meno qua, no?" e so per certo di non sbagliarmi. Annullo quel poco spazio e... è liscio, molto più liscio e morbido di quanto pensassi. Quindi è vero. Posso davvero vederli, posso davvero avere un contatto con loro. La mia mano scorre lentamente sul piccolo esemplare seguendo una linea retta. Mi aspettavo fossero più freddi al tatto, invece mi sbagliavo. Riesco a sentire lo sguardo dell'altro esemplare su di noi, quello più grande, che giustamente resta sull'attenti mentre ci approcciamo al suo cucciolo. Cerco di non farci troppo caso e nonostante non sia facilissimo, tengo gli occhi verso il basso a fissare la mia mano che si muove. Non pensavo sarebbe stato così, in realtà non so cosa mi aspettassi da questo incontro ravvicinato. So solo che un nodo alla gola, la rende indolenzita, a tal punto che parlare mi risulta un po' difficile. Forse è per questo che è calato il silenzio, spezzato solo dal sibilare del biacco sulla spalla di Aiden e il fruscio delle foglie.
    "Perchè..." solo dopo qualche attimo dico qualcosa. Così, senza rifletterci apro la bocca e parlo "perchè pensi che si mostrino solo alle persone come te?" solo a quelli che hanno visto qualcuno morire. Anche questa volta la domanda vuole suonare come una di carattere scientifico più che di interesse personale. Eh, questo sì che è strano. Ma non mi era mai successo prima di adesso di incontrare qualcuno che potesse vederli, figuriamoci poi che lo rivelasse con tutta questa facilità. Ne ho approfittato. Ho approfittato della sua presenza per rivolgergli una domanda che in realtà pongo a me stessa. Solo che forse sentire la risposta di qualcun altro, mi aiuterebbe a capirlo meglio. Mi serve per vivere la cosa come se non mi riguardasse.


     
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    "Evidentemente per loro devi avere qualcosa di speciale" Annuì a quelle parole e catalogò l'umana Kynthia come persona avvicinabile che non odia i serpenti quindi, se in futuro si fossero nuovamente incontrati, si sarebbe volentieri trattenuto a parlare con lei, magari chiedendole qualche informazione in più sulla storia del castello; ogni angolo di quella scuola sembrava nascondere dei segreti e Aiden da amante del mistero voleva scoprirli tutti. Non avendo ancora iniziato a frequentare le lezioni, passava la maggior parte del suo tempo chiuso in dormitorio a studiare per rimettersi in pari visto che gli insegnamenti del Signor Depp e dei suoi precettori privati non erano bastati anche se ,a dirla tutta, era lui che voleva avere una conoscenza approfondita delle materie di suo interesse mentre per le altre invece, come Divinazione e Trasfigurazione, erano sufficienti quelle base, soprattutto per la prima. Per una mente analitica come la sua il caso non esisteva, tutto accadeva per una ragione, compreso l'incontro di oggi con il biacco e la ragazza dagli occhi grandi. «Sono d'accordo, ho letto molte cose interessanti sulla foresta e le creature che ci abitano. Alcune mi piacerebbe incontrarle.» Al suo interno c'erano vari ecosistemi complessi, come i villaggi dei Centauri o le caverne delle Acromantule, ed era talmente vasta da ospitare addirittura draghi e giganti. Non aveva visto nessuna di quelle entità da vicino avendo passato quasi tutta la sua vita in Scozia, infatti, una volta diplomato, sognava di andarsene in giro per il mondo e scrivere una guida sui serpenti e le loro abitudini. Ne sapeva ancora troppo poco a riguardo e alcuni erano così schivi che non si lasciavano avvicinare neanche da lui che, da sempre, aveva una connessione speciale con loro. Per questo vorrei capirli e parlarci, chiedo troppo? Forse sì. Era quasi ossessionato dal desiderio di diventare un rettilofono perché essere in grado di comunicare con i suoi amici era qualcosa che lo avrebbe reso immensamente felice. Alcuni lo avrebbero trovato strano, da umano avrebbe dovuto considerare amici i suoi simili e non dei rettili, ma dopo tutto quello che gli avevano fatto, Aiden, la pensava diversamente e pur essendo qui a Hogwarts per imparare a socializzare con loro, non voleva di certo dire che si sarebbe adeguato alla massa adottando i comportamenti tipici dei "normali," preferiva essere unico nel suo genere.
    «Perché mi trovi strano?» La osservò con la coda dell'occhio mentre avanza, lento, oltre i confini di della foresta. Sapeva perché le persone pensavano questo di lui, però Kynthia non gli era sembrata giudicante nel modo di porsi per cui le aveva fatto quella domanda per semplice curiosità e anche per capire come ragionava il caso studio del giorno. Davanti a loro erano apparsi dei Theristal, Aiden li vedeva e voleva capire se anche la ragazza ne fosse in grado, tuttavia, chissà perché, le persone erano poco inclini a condividere la loro esperienza diretta con la morte. Non ne capiva il motivo, era qualcosa di naturale e parlarne non avrebbe dovuto essere un problema, eppure lo era... Perché? Il dolore era un sentimento che aveva sperimentato, sapeva quanto potesse fare male perdere qualcuno, o forse non lo so ancora? Le emozioni sono ancora un mistero per me. «Credo che uno dei due sia qui.» Guardò diritto davanti a sé e dopo aver accarezzato la testa del biacco, allungò una mano sul cucciolo di Therstal per fare lo stesso: al tatto la pelle era più liscia di quanto si aspettasse e nonostante quegli occhi senza pupille potessero spaventare non ne aveva paura perché ,spesso, erano le cose belle le più pericolose. Kynthia non parlava, osservava in silenzio ogni sua mossa poi, dopo qualche istante, decise di avvicinarsi anche lei ed eccola mentre poggiava la mano accanto alla sua. Allora li vedi. Il piccolo di Theristal fece un passo avanti, quelle carezze sembravano piacergli. Avrebbe voluto toccarle già dal suo arrivo ad Hogwarts ma aveva desistito, allora non sapeva se fosse proibito o no avere un contatto con quelle splendide creature. La ragazza accanto a lui sembrava essere in una specie di trance, era forse la prima volta che ne toccava uno? Per questo era in quello stato? Inclinò leggermente il capo e la fissò, cercando di capire il motivo di quella strana reazione, però, riflettendoci, non aveva ancora raccolto dati a sufficienza per poter formulare un'ipotesi. Gli serviva più tempo. Voglio studiarti oppure no? Non lo so ancora. «Alle persone come me?» Che voleva dire? «Ti riferisci a chi ha visto la morte?» O a chi l' ha provocata? Smise di accarezzare il Theristal e fece meccanicamente due passi indietro, ricordando un episodio della sua vita che avrebbe preferito dimenticare. Il biacco percepì il suo malessere e sfregò delicatamente il viso contro la sua guancia, come a volergli dare sostegno. Anche nel mondo animale le femmine erano più empatiche ed esplicite nel mostrare le loro emozioni a differenza dei maschi che, in genere, erano molto più schivi e riservati. Stese le labbra in quella che doveva essere una specie di sorriso, e riportò la sua attenzione sulla ragazza allontanando, almeno per ora, quei spiacevoli ricordi. «Potrei farti la stessa domanda, non trovi?» Fu diretto. Non voleva metterla alle strette, era semplicemente il suo modo di fare e poi non aveva fatto altro che dare voce ad un fatto oggettivo: anche lei li vedeva, e come lui, aveva conosciuto la morte.

     
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    Il suo sarà un interesse specifico o è solo conoscenza generale? Prima di arrivare al castello non mi ero informata sulla foresta proibita, nonostante conoscessi alcune delle creature che la abitano per conoscenza generale. Effettivamente non mi ero mai soffermata a studiarla nello specifico, ho un po' sottovalutato il fatto di avere un oggetto di studio davvero interessante a pochi metri da dove dormo “beh..." forse non dovrei incitare qualcuno a fare qualcosa che vada contro il regolamento. Ma non sono nè un prefetto nè tantomeno un caposcuola per fortuna, quindi me ne frega qualcosa? Direi di no
    “...adesso, se sei fortunato, potresti incontrare qualche creatura in carne ed ossa” e dalla mia espressione si capisce che io stia alludendo a qualcosa, insomma, a buon intenditor poche parole. Anche perchè le mie parole sono superflue quando è la foresta stessa a suggerirci che al suo interno c'è molto di più. Anzi, sembra praticamente un invito ad addentrarci per capire cosa ci stia osservando. Nessuno dei due mostra il minimo dubbio nell'accettare, nessuno dei due ci ripensa e ci ritroviamo circondati dagli alti alberi della foresta proibita. Riesco a sentire gli occhi di White sulle spalle, come se fosse un cazzo di avvoltoio accucciato su qualche ramo in attesa di un mio fallimento. Ok, non è che Dylan White passi la sua giornata a tenermi d'occhio, spero che abbia di meglio da fare nella vita, ma non escludo che non ci goda nel vedermi inciampare. Comunque per quanto sgradevole, ignoro la sensazione. Sinceramente me ne scordo poco dopo, appena entro a far parte di questo strano trio composto da individuo di sesso maschile, individuo di sesso femminile e serpente. Un gruppetto eterogeneo, strano appunto, che sembra essere la parola del giorno; è l'aggettivo che il biondo decide di affibbiarmi, ed è lo stesso che gli rispedisco indietro. La domanda è lecita, faccio spallucce prima di rispondere "non so se sia il fatto che fissi con una certa insistenza, ma mi è sembrato che tu abbia un modo di fare particolare con le persone. Però non ti conosco abbastanza per potermi fare un'ipionen completa" e mantengo un tono neutro, non avendo un qualche scopo in particolare "non lo dico in senso negativo, è solo... una constatazione. Un po' come quella che hai avanzato tu" e continuo a mantenere lo stesso tono neutro e leggero, riprendendo anche un'opinione che lui stesso ha espresso poco prima nei miei confronti. In pratica l'una agli occhi dell'altro appariamo strani... mi blocco un'istante nel pensare quanto il punto di vista possa cambiare di persona in persona. Forse è per questo che non bisognerebbe dare troppo peso ai giudizi altrui.
    Tanto per cambiare, l'aggettivo che scelgo per definire l'incontro con il Thestral è proprio strano. Oggi non ho molta fantasia, oltre che al fatto che ho un vocabolario particolarmente ridotto. Non so, è come se fosse tutto circondato da una vibrazione insolita. E forse quando Aiden mi conferma in quale posizione si trova la creatura, non dovrei allungare la mano per accarezzarla. Cazzo, effettivamente forse è stato avventato da parte mia. Fingo di essere guidata unicamente dalla voce del ragazzo e dal senso del tatto, la sensazione che voglio dare è quella di chi sta procedendo a tentoni per approcciarsi ad un animale che non riesce a vedere. Per questo gli pongo quella domanda separandomi dalla sua condizione, come se non fossimo accumunati dal trauma dell'aver visto la morte in faccia. Fino a poco tempo fa era qualcosa che non sarei mai riuscita ad ammettere neanche a me stessa, figuriamoci a voce alta, una cosa tipo "sì, ho visto qualcuno morirmi davanti ed era mia madre". Invece lui non sembra affatto avere questa difficoltà: gli pongo quella domanda, pensando scioccamente di aver osato troppo... evidentemente mi sbagliavo "esatto" a questo punto alzo lo sguardo e continuo per la mia strada "mi riferisco a chi ha visto la morte" e confermo, eliminando ogni possibile dubbio. Il biacco torna a muoversi come se avesse percepito qualcosa ma non me ne curo, piuttosto sto in attesa di una qualunque parola che possa somigliare ad una risposta. Dimmi qualcosa che non so, magari mi aiuta a viverla meglio, che cazzo ne so. Ho un attimo di confusione mista a debolezza e per scrollarmi questa sensazione, cerco una risposta. Di qualsiasi tipo. Quello che ottengo però è un sorriso appena accennato, un sorriso ambiguo. Forse non è un sorriso, forse è una smorfia? Una smorfia che anticipa una scoccata diretta. Quello che vuole insinuare è palese, mi fa pensare che forse non sono stata abbastanza brava a nascondere i fatti miei. Il primo pensiero che mi passa per la testa è fatti i cazzi tuoi. Breve ed inequivocabile. Breve, inequivocabile e acido, esattamente come qualsiasi mia risposta nei confronti di chi allunga troppo il naso in affari che non lo riguardano. Non posso fare a meno di provare un senso di fastidio che questa volta voglio controllare. Perchè? Boh, per me stessa. Perchè per una volta penso di non voler ricadere negli errori del passato e farmi così la solita brutta fama. Non mi interessa della reputazione, ma delle rotture che potrebbe portare. Quindi sorrido a mia volta interrompendo il contatto con il Thestral. Anche questo è un sorriso accennato, nessun sorriso particolarmente largo. Si vede che non sono del tutto serena, ma non m'importa. Diplomatica quanto basta Kynthia, diplomatica quanto basta. Quindi penso a quale può essere la versione diplomatica di "fatti i cazzi tuoi", e giungo a questa conclusione "a morte generalmente è un argomento delicato" queste saranno le mie ultime parole, dopodichè riprenderò con la mia corsa. Quindi sollevo i capelli in una coda alta e inizio ad annodare intorno ai capelli l'elastico che tenevo al polso "sai, non tutti sono aperti e disposti a parlarne come te. Mi spiego?" fermo la mia coda e il sorriso di cortesia resta stampato sul mio volto, distendendomi le labbra. A questo punto, avanzo di qualche passo senza guardarmi alle spalle, senza guardare in direzione del cavallo ossuto "pausa finita, adesso riprendo con la mia corsa" sì, è il momento giusto per abbandonare una conversazione che non sono ancora pronta ad affrontare. Non con lui, almeno "ci vediamo in giro, Aiden" metto la mano in tasca, recupero gli auricolari e lancio un'ultima occhiata al ragazzo. Scelgo un'altra canzone, una di quelle che faccia abbastanza casino da tenermi concentrata solo sul percorso. Stessa band, traccia diversa. Sono fiera di me, nonostante so di aver fatto il minimo indispensabile. Per me è già una conquista aver affrontato la cosa in questo modo. Quindi cosa devo credere, che lui sappia? Che lui abbia capito che abbiamo in comune qualcosa di importante come l'aver visto la morte? L'ha capito. Cazzo, l'ha capito. Accellero il passo, mi concentro sul ritmo per non concentrarmi sulla sua domanda retorica. Al diavolo. Non è mai piacevole condividere sensazioni così personali. Non è mai facile. Non sono brava a farlo. E neanche volevo farlo.
    Chiusa



     
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