Aveva, da sempre, l’abitudine di studiare le persone con le quali decideva di relazionarsi. Poche, ma buone. Una specie di ossessione la sua che, però, ogni volta risultava utile ad avere un quadro completo sull’individuo in questione. Riflessivo, troppo. Spesso maniacale ma attento a non rischiare la classica
inculata dietri l’angolo. Proteggere la sua incolumità emotiva, quindi, si trovava in cima nella sua lista personale di priorità alle quali faceva riferimento ogni, schifosissimo, giorno. Con Grace, le cose erano andate diversamente. Lottando contro sé stesso, si era imposto di tralasciare la profonda freddezza utilizzata nell’applicazione del suo solito metodo, in favore dell’istinto che gli suggeriva di lasciarsi andare a quel tentativo di apparire umano a quella giovane donna, ancora inesperta a livello sentimentale, proprio come lo era lui. Mettersi nelle mani del fato, per Mike, aveva significato molto. Uno sforzo che aveva richiesto un dispiegamento di energie non indifferente e, in quel momento, gli eventi si stavano rivoltando contro e in modo più che brutale.
Che cazzo mi pensavo? Aveva creduto davvero, anche per un solo attimo, di potersi avvalere di un lieto fine, così, al primo tentativo? Come se fosse il protagonista di quei fil da quattro soldi babbani che tanto piacevano a quei ragazzini ingenui che credevano nel vero amore.
Patetici. Come aveva potuto, anche per un solo istante, staccare i piedi da terra e lasciarsi andare a quello che sarebbe, poi, rimasto solo un suo desiderio frantumato in mille pezzi. Si irrigidì e, di riflesso, serrò la mascella, cercando di controllare la rabbia che lentamente, si faceva largo in lui. Il suo autocontrollo, ancora, lasciava a desiderare e il rischio, così, si innalzava esponenzialmente. Così come il controllo della forza. Niente nel verso giusto.
”Penso che tu abbia capito bene.” Quella sicurezza lo spiazzò ma non si mosse di un millimetro. Un faccia a faccia aspro, senza mezzi termini. La Grifondoro stava seguendo il flusso dei suoi pensieri, liberandoli uno ad uno, senza alcuna pietà, incurante che le sue parole potessero fruire da armi capaci di ferire il suo interlocutore. Inutile dire che aveva colto nei minimi particolari l’affermazione volta a farlo sentire in colpa per il suo repentino allontanamento.
“Quanta presunzione, Grace!” La frase scivolò tra le sue labbra, ancora prima che potesse accorgersene. I suoi occhi si fecero ancora più glaciali, così come il clima che vi era in quel maledetto corridoio. Fece un passo in avanti, così per assicurarsi che la ragazza non potesse fuggire dallo spazio ristretto che le stava concedendo, facendo leva sulla sua fisicità.
“Non ti è mai passato per quella testa, per un solo fottutissimo minuto, che la mia partenza non dipendesse dal mio volere?” Scrutava il suo viso e l’unica cosa che avrebbe voluto fare, l’avrebbe portato sull’orlo del baratro. Baciarla? Mossa assurda, visti i presupposti. Si trovava in un impasse. Zero vie d’uscita se non lo scontro diretto. Cercò di fare ricorso alle poche briciole di calma apparente che rimanevano nel suo corpo martoriato dall’angoscia di quel momento estenuante per un tipo come lui che, solitamente, si teneva alla larga da scontri di qualsiasi natura se possibile.
“Ma hai ragione. Non mi conosci per nulla, perché dovresti fidarti di me?” Neanche poteva chiederglielo, in fin dei conti. Contando quello che aveva dimostrato, la sua possibilità, poco ma sicuro, era andata in fumo definitivamente. Umiliato, profondamente ferito nell’orgoglio e colpevole del suo malessere. Sospirò. Captava un disgusto malcelato nei suoi confronti ma lo lasciò andare, convinto di poter soprassedere a quell’atteggiamento riluttante, giustificandolo e facendolo risalire ad un dolore incontenibili di colei che aveva creduto di essere stata usata come donna.
Coglione.
Un aggettivo che ricorreva spesso in quella discussione. Iniziava a credere si esserlo per davvero. In tutto e per tutto e anche per il fatto di essere ancora lì, a praticare quell’autolesionismo di cui era stato vittima in tutti quegli anni. Cosa credeva di ottenere dopo il teatrino improvvisato? Aveva già scelto sulla base del nulla. Aveva scelto la via più facile perché se una cosa era certa: Mike non sarebbe mai stata la via più facile per Grace. Mai. Con lui avrebbe sofferto e sarebbe stata costretta a vivere una vita non degna di lei.
Lasciala andare. Quell’egoismo insito nella sua personalità, però, faticava ad essere lascivo e gli impediva di seguire il buon senso, oscurandolo.
”Tieni fuori Marshall da questa storia. Riguarda me e te.” Storia priva di un lieto fine. Michael aveva toccato un tasto dolente. Marshall. Il dj spilungone. Quell’idiota possedeva un vantaggio disarmante e senza neanche muovere un dito. Tutte le fortune agli altri. Alzò le mani, arrendendosi a quelle poco velate minacce, poste in essere dalla ragazza. Provocarla non avrebbe avuto senso al fine di instaurare un discorso meno esagitato di quello che stavano tenendo e parlare del Tassorosso non avrebbe fatto che alimentare l’ira che stava provando il mannaro.
”… o vuoi dirmi che forse hai sbagliato destinataria?” Le tempie pulsavano. Non sarebbe riuscito a gestire ancora per troppo quelle accuse senza un senso apparente, A cosa diavolo si stesse riferendo.
”… l’indirizzo del tuo regalo era corretto.” Esasperato. Fuori di sé ma composto. La sua calma apparente non aveva nulla a che fare ciò che, in realtà, si stava abbattendo dentro di lui.
“Di che diavolo stai parlando?” Non le aveva recapitato nessun regalo, soprattutto per via del fatto che, per giorni interi, non era riuscito a muovere un muscolo senza scoppiare dal dolore. La trasformazione l’aveva tramortito, lasciandolo fuori gioco in modo imbarazzante.
“Non ti ho fatto recapitare nessun regalo!” E forse avrebbe dovuto, con tanto di scuse annesse.
“Adesso basta!” Sentenziò granitico, stufo di quelle insinuazioni che dal suo punto di visto non avevano alcuna base.
“Questi giri di parole non ti porteranno da nessuna parte con me. Sii chiara!” Detestava quelle cose dette a metà, quel vedo non vedo insulso e senza senso.
“Quale regalo ti avrei fatto recapitare a capodanno?” Senza contare il fatto che, Mike, non si era mai preoccupato di quelle sciocche convenzioni tanto in voga tra i comuni mortali.
“Tutto questo è ridicolo.” Gli scappò un ghigno del tutto involontario che rappresentava la fine delle sue speranze.
”Cazzo Michael che delusione…” Percepiva la sua agitazione raggiungere, lentamente, il culmine. Giurare e cercare di giustificare un qualche cosa di cui non era a conoscenza, risultò impossibile.
“Gra…” Non fece in tempo a finire la frase che la sua guancia ricevette uno schiaffò, bruciante.
”Non sono il tuo giocattolo.” Una lacrima si fece strada sulla sua guancia. Mike alzò il capo, subito dopo aver incassato e con il pollice andò ad asciugare quella goccia salata, sgorgata a tradimento dai suoi occhi. Annullò la distanza, consapevole di essere esposto ad ulteriori reazioni poco docili. Passò al mento, così da poterle alzare lo sguardo e riportarlo nel suo:
“Non posso costringerti a credermi, Grace.” Amara cognizione.
“Sei l’unica.” Non riusciva a spiegarsi quella rabbia repressa nei suoi confronti e quelle farneticazioni su un’ipotetica ragazza la quale, all’apparenza, aveva osato intrufolarsi nel suo letto.
“Lo sei da quel maledetto invito.” Era colei che l’aveva spronato a fare ritorno ad Hogwarts, colei che aveva smosso qualche cosa rimasto sopito da sempre.
“Le cose non dovevano andare in questo modo, sai?” Purtroppo, il destino, l’aveva chiamato a scontrarsi con la genetica crudele e inevitabile. Sul suo volto comparve un sorriso, questa volta sincero e la rassegnazione lo pervase.
“Vuoi che me ne vada?” E non intendeva lì ed in quel preciso momento. Se solo avesse voluto, sarebbe scomparso dalla sua vita. Definitivamente, forzare i rapporti avrebbe portato solo ad un’infelicità certa da entrambe le parti e non se lo sarebbe mai perdonato.