bad liarGrace. Corridoio nei pressi dell'aula di Difesa.

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    178
    Location
    Bronx, USA.

    Status
    i'm sleeping

    Michael Harris

    0a10dc5a6c9c6311d529b7fea191eee662a7fca1
    Abbassò l’algido sguardo sulla pergamena sulla quale, qua e là, vi era una serie di scarabocchi senza senso. La lezione era giunta al termine. Gli ultimi convenevoli e, finalmente, sarebbe potuto evadere da quell’aula e raggiungere qualche angolo remoto del castello che lo aiutasse a riprendersi da quel fallimento epocale. L’immagine di Dean Harris, in compagnia della sua mazza ferrata, non dava segno di voler abbandonare la sua mente, proiettata al ricordo di ciò che, realmente, era avvenuto nella Epping Forest, nel mese di gennaio, durante il plenilunio. Tutto così merdosamente traumatico. Osservare la morte da vicino, aveva portato Michael a reagire in modo spropositato anche nei confronti di un semplice molliccio. Nonostante fosse consapevole che, quello davanti a lui, non fosse altro che una riproduzione da due soldi del padre, il minore dei fratelli Harris, non era riuscito a controllare la sua parte emotiva, finendo accecato dall’ira e rendendosi ridicolo davanti ai suoi compagni, schierati e, probabilmente, pronti a deriderlo. Idioti. Che potevano saperne della sua vita? Di quello che aveva dovuto passare per arrivare fino a lì, vivo e ancora capace a mascherare il suo segreto, dietro al muro che aveva innalzato per non correre il rischio di trascinare con sé anche coloro che, ignari, nulla avevano a che fare con la sua disperazione. Si sentiva stanco. Le gambe iniziavano a dare i primi segni di cedimento e la tempia sinistra pulsava così tanto da riuscire a metterlo KO. Quando, finalmente, ebbe il coraggio di guardarsi intorno, la sua attenzione fu catturata dalla minuta Johnson la quale, in fretta e furia, aveva raccolto i suoi averi e, dopo essersi congedata, si apprestava a svanire al di là dell’uscio. Tutta quella fretta poteva essere ricondotta ad un disagio emotivo, scatenato dall’esercizio appena affrontato. Si alzò di scatto, senza neanche concedersi qualche istante per cercare di riflettere sul da farsi, salutò con un cenno del capo il Signor White e si catapultò come una furia in corridoio, convinto che la Grifondoro non avesse potuto compiere troppa strada. Il suo silenzio nei confronti di Grace era durato così tanto che, oramai, non nutriva nessuna speranza su una sua possibile opinione positiva su di lui. Aveva sbagliato tutto, ne era totalmente consapevole ma, dopo l’accaduto, la decisione migliore sarebbe stata allontanare la giovane, così da non correre il rischio di doverla difendere da sé stesso. L’altruismo non era mai stato il suo forte ma, per qualche motivo, sentiva che quel gesto l’avrebbe avvicinato di più all’immagine della persona buona che sarebbe potuto essere se non avesse portato quel cognome. Aumentò il passo certo di riuscire a raggiungerla in poche falcate e così fu. Dalla sera dell’evento di Natale, i due, non avevano avuto più modo di parlare di ciò che era accaduto tra loro. Un bacio, sì. Un gesto casto e puro, senza secondi fini che, però, non rientrava nei modi di fare di Mike. Mai nella vita si era esposto così tanto, soprattutto con una ragazza che, a conti fatti, aveva appena conosciuto. Le informazioni sul suo conto rasentavano lo zero eppure, una voce dentro di lui, gli aveva suggerito di farsi avanti ed invitarla a quello che reputava uno stupido evento da evitare. Perché? Se lo era domandato parecchie volte, senza trovare una risposta razionale a quel suo quesito che martellava nel suo cervello già saturo di problemi. “Fermati!” Affermò lapidario. Con la mano destra andò ad afferrare il polso della giovane, impedendole, di fatto, di continuare la sua fuga verso chissà quale angolo di Hogwarts. Era giunto il momento. Probabilmente avrebbe dovuto liquidarlo con un semplice vaffanculo ed intimargli di togliersi dalla sua visuale ma Grace? La pensava allo stesso modo? Non ci avrebbe messo la mano sul fuoco anche se, per quel che aveva compreso del suo caratterino niente male, gli avrebbe dato del filo da torcere. La bloccò e la costrinse, facendo attenzione a non farle male, a voltarsi. Un faccia a faccia inaspettato. Sul suo viso una leggera sfumatura di angoscia le inteneriva i tratti, scoprendo la vulnerabilità che la paura affrontata aveva lasciato dietro di sé. “Grace?” Non poteva, di certo, forzarla a dare voce ai suoi pensieri più intimi ma, allo stesso tempo, si trovava lì, pronto a sorreggerla in caso di bisogno. “Stai bene?” Domanda idiota ma utile per intavolare un discorso che non risultasse banale. Le scuse non sarebbero bastate. Nelle sue orecchie risuonava, chiara e limpida, la promessa gettata al vento: ”Io tornerò! Aspettami.” Detto ciò aveva lasciato la Scuola in direzione di Londra dove, poi, avrebbe incontrato il padre cin compagnia di David. In quel preciso istante non aveva la benché minima idea di ciò che il destino aveva in serbo per lui. Si era illuso di poter offrire a qualcuno, qualche cosa che non fosse solo sventura. Ma no.
    “Guardami!” Si abbassò leggermente, così da poter incrociare il suo sguardo. L’aveva osservata in quell’aula ed era evidente che quello che aveva dovuto affrontare, forse un tempo, l’aveva logorata dentro ma questo non poteva saperlo lui. Qualsiasi cosa fosse stato, Mike, non aveva alcun diritto di pretendere che lei si aprisse, fidandosi di colui che l’aveva letteralmente abbandonata lì, come una stupida. Non lo meritava. Avrebbe voluto raccontare tutto, nei minimi particolari ma, d’altra parte, non avrebbe mai potuto. “Io…” Non fece in tempo a finire la frase che un ragazzino eccessivamente esuberante, passandogli accanto, lo urtò per sbaglio. Mike si voltò colto dalla rabbia. Si limitò ad osservarlo con aria minacciosa, in silenzio. Il respiro si fece pesante e la voglia di aggredire fisicamente quell’idiota si fece largo in lui. Che cazzo stai facendo? Trasalì e lasciò scivolare fuori dal suo campo visivo il moccioso, posando di nuovo lo sguardo su Grace. “… volevo solo assicurarmi che fosse tutto a posto. Ti ho vista lasciare l’aula in fretta e ho pensato che qualche cosa non andasse.” Ovviamente. "Come non detto. Me ne vado." Non si trattava di un interrogatorio. Quel che era uscito da quel baule l’aveva turbata, così come era accaduto per lui ma, ora, era giunto il tempo di rimediare al suo madornale sbaglio, facendo ricorso a una scusa quantomeno credibile.
     
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Grifondoro
    Posts
    301

    Status
    i'm sleeping

    ccef566f41fe0d7272b2a92c6dbc2613
    bffe86158020bcc6d837cbcffa988138
    Perché doveva sempre essere tutto così difficile? E perché per ogni avvenimento positivo doveva immediatamente palesarsi uno negativo di livello ed entità ben superiori? Perché era come se dovesse sempre pagare uno scotto per ogni grammo di felicità che riusciva a conquistarsi, a guadagnare? Sembrava la Grifondoro non potesse avere un attimo di tregua e subito tac i pensieri negativi dovevano tornare a fare da protagonisti e sembrava che di questo il docente di Difesa Contro le Arti Oscure quasi ci godesse. Quegli occhi scuri, così simili al carbone, riuscivano a trapanare ogni suo muro difensivo dandole l’impressione che al docente non sfuggisse nemmeno uno dei suoi pensieri. Sciocchezze ovviamente! O meglio sapeva che attraverso la magia ciò era possibile, lo aveva appreso con un certo shock durante una lezione ma non le passava nemmeno per l’anticamera del cervello che quello fosse il caso. Quella del docente era più una stentata subdola passione per incutere nei suoi studenti la pressante sensazione di terrore. Grace lo aveva capito – dai tedianti discorsi dell’uomo – che ciò che andava loro predicando gli sarebbe tornato utile in futuro. Capiva il suo punto di vista e ragionandoci non aveva nemmeno tutti i torti ma era così dannatamente necessario tenerli sotto torchio ad ogni singola lezione? Portarli al limite dell’esaurimento nervoso perché “dovete prendere le vostre paure e combatterle”? Dylan White pretendeva che i suoi studenti annullassero ogni emozione, sentimento, per permettere loro di affrontare ciò che più li terrorizzava con freddezza, lucidità. Ciò era esasperante tanto quanto era faticoso. In classe aveva preso posto dietro alle sue amiche non trovando tuttavia un banco che potesse contenerle tutte e quattro così aveva preferito sedersi immediatamente dietro lasciando che Alexis e Kynthia affrontassero e perché no, ponessero un punto a quanto successo durante la festa anti San Valentino tenutasi al Wonderland. Aveva appreso, un po’ dai loro mugugni stentati e soprattutto dalla fida Halley che doveva essere successo qualcosa tra le tre e a causa di ciò era sceso un certo imbarazzo. «Sono qui dietro», aveva sussurrato all’orecchio della Pierce dandole una leggera spinta affinché prendesse posto e sorridente aveva fatto come detto. Peccato che quel sorriso fu destinato a durare molto poco in quanto niente poco di meno che Michael Harris decise che doveva essere giunta l’ora di tornare a giocare un po’ con lei, con la sua psiche, e lo fece sedendosi nel posto libero immediatamente accanto. Ma che diamine?! Aveva pensato con un certo fastidio ma trovandosi nell’aula in cui si trovavano col decente che si trovavano era stata costretta a mordersi la lingua. Grace aveva mantenuto la calma ostentando – o almeno era ciò che credeva – indifferenza nei riguardi dell’Harris minore e aveva tirato fuori dalla tracolla il libro riguardante la materia forse sbattendolo con più foga di quanto previsto. Libro del tutto inutile visto che White aveva deciso che si sarebbe tenuto un compito a sorpresa. Le spalle le erano crollate. Non sapeva nulla, o meglio, non lo sapeva nella maniera sufficientemente dettagliata che le avrebbe permesso di strappare una O-- all’arcigno professore. Era convinta di aver fatto un disastro e non contento, dato che la giornata non poteva andare ancora più in peggio, l’insegnante decise che era giunto anche per loro il momento di affrontare il molliccio che secondo il programma scolastico era argomento dell’anno successivo al suo. Mh, affrontare la propria peggior paura ma Grace cosa temeva? Sentiva di aver paura di tante cose. La spaventava l’idea che Marshall potesse nuovamente, per qualche motivo, riservarle il trattamento dell’indifferenza per quanto le cose tra i due stessero andando più che a gonfie vele. Si sentiva persa del bel Tassorosso e la cosa incredibile era che anche per il biondo sembrava essere proprio lo stesso. Halley gongolava vistosamente nel vederli insieme gonfiando il petto di soddisfazione ma, per quanto le cose stessero andando così bene non avevano ancora parlato dei pressanti elefanti nella stanza: il tentato suicidio del ragazzo, nel suo passato, e... la figlia. A quello si andavano sommando i suoi di scheletri nell’armadio ovvero quella forza oscura che sentiva di possedere dentro di sé quell’odio che, era convinta, sentendoselo persino fin dentro le ossa, fosse in grado di uccidere. Perché lei aveva ucciso sua sorella con la forza di quell’odio. L’aveva voluto così ardentemente che la magia l’aveva permesso, quella stessa magia che nei momenti di forte stress andava fuori controllo spaventandola di cosa avesse potuto fare. Avrebbe visto in quel molliccio uno dei suoi pensieri intrusivi disturbanti? O quella banale paura che aveva per ragni e serpenti? “Magari mi va di culo”, provò a dirsi prendendo posto nella coda prima di vedersi superare ancora una volta dal Serpeverde che con una certa arroganza s’infilò di fronte a lei. Ma che cazzo?! Questo avrebbe voluto dirglielo ma ancora una volta il professor White si trovava fin troppo a portata d’orecchio perché potesse opporsi. Espirò dalle narici infastidita e lasciò che il ragazzo avanzasse di un passo in avanti per mettere della distanza da lui. Che diavolo gli prendeva quel giorno?

    Elisabeth. Il molliccio. Quella creatura sadica si era trasformata in sua sorella. La sua splendida e brillante sorella, i cui tratti del viso erano sfigurati dalla rabbia mentre le urlava che era colpa sua, tutta colpa sua ciò che le era successo. Grace, lacrime agli occhi, era rimasta pietrificata, incapace di connettere un solo pensiero coerente che non fosse quella bruciante colpa che le corrodeva l’imboccatura dello stomaco. Aveva alzato tremante la bacchetta ma non era riuscita a produrre nulla, il benché minimo risultato. Così come non era riuscita a fare altro per il resto della lezione poiché nelle iridi era impresso il volto di Ellie che la incolpava, la odiava... Era corsa fuori. Come il docente aveva decretato il via libera, Grace, non se l’era fatto ripetere due volte. Aveva preso rapidamente i suoi averi e li aveva gettati nella tracolla, un unico pensiero e desiderio a muovere le sue azioni: la panchina. Rifugiarsi in Mars.
    «Fermati!» Non lo avrebbe fatto ma forse, come avvertendo quel pensiero, una mano le afferrò il polso bloccando la sua fuga. Con decisione ma senza farle del male la stretta la indusse a voltarsi e, stringendo lo sguardo, si trovò davanti Michael Harris. COSA? «Grace? Stai bene?» Fu come se le intenzioni del ragazzo, qualsiasi esse fossero, furono deviate dalle lacrime che gonfiavano gli occhi della Grifondoro, quasi lo avessero distratto. Ma che diavolo voleva da lei adesso? L’aveva ignorata dal ballo, l’aveva umiliata e poi l’aveva nuovamente ignorata – quest’ultima parte la Grifondoro l’aveva accettato di buon grado poiché incapace di prevedere cosa sarebbe successo nel caso se lo fosse trovato faccia a faccia – ma ora, dopo tutto quel tempo? Che cazzo voleva?! Perché diamine non poteva continuare a lasciarla in pace? «Guardami!» Gli occhi della Grifondoro, che inconsciamente avevano distolto lo sguardo, tornarono a riflettersi in quelli azzurri del Serpeverde. «Io...» cominciò, ma un ragazzino urtò entrambi costringendolo ad interrompersi e la Johnson sfruttò quel diversivo per liberarsi dalla stretta al suo polso. Michael, Grace ne rimase turbata, incenerì il ragazzetto con lo sguardo. «volevo solo assicurarmi che fosse tutto a posto. Ti ho vista lasciare l’aula in fretta e ho pensato che qualche cosa non andasse.» Tentennò leggendo il puro, distillato, astio nei suoi occhi. «Come non detto. Me ne vado.» Pure. «Certo. Come sempre, no?!» Sputò adirata, il tono fermo e ben udibile dal ragazzo seppur sporcato e/o sovrastato dai rumori della folla nel corridoio. «Cosa vuoi Michael? Accertarti che il giocattolino stia ancora ad aspettarti Avanzò tornando faccia a faccia con il ragazzo che aveva interrotto la sua ritirata forse colto in contropiede dal suo attacco sfrontato. «Non sono il tuo giocattolo, tantomeno la tua seconda scelta. Cos’è la tipa di Capodanno ti ha scaricato? O non hai riso abbastanza?» La rabbia, tutta la rabbia e l’umiliazione che aveva provato tornarono a bollire dentro di lei. «Puoi andartene a fanculo!» Io non ci casco più. Sentenziò faccia a faccia con il Serpeverde, irremovibile.
     
    .
  3.  
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    178
    Location
    Bronx, USA.

    Status
    i'm sleeping

    Michael Harris

    ”Certo. Come sempre, no?” Lo incenerì con lo sguardo, inibendo la sua capacità di esternare qualsiasi pensiero annidatosi nella sua mente. Una sensazione davvero frustrante, non c’era che dire. Aveva messo in conto il risentimento che la Grifondoro avrebbe potuto riservare nei suoi confronti ma, ora, scoprirlo in prima persona, lasciava un retrogusto più che amaro. Le circostanze l’avevano portato ad allontanarsi, non solo da lei ma anche dalla routine che negli ultimi mesi avevano reso la sua esistenza meno dura del solito. Gli era costato parecchio in termini di salute mentale ma, fino a prova contraria, sottrarsi ai doveri di famiglia, agli occhi del padre, sarebbe equivalso a un affronto bello e buono. Presenziare alla sua chiamata, quindi, non poteva essere un’opzione ma, pura, legge. Quel che, poi, ne era derivato, lo considerava qualche cosa di devastante. Tossico. Non riusciva più a guardarsi allo specchio con gli stessi occhi. Aveva difficoltà a relazionarsi persino con colui che condivideva il suo stesso, infausto, destino. Se solo Grace avesse saputo…
    Affondò le dita nel ciuffo, scompigliandolo leggermente e lasciando trapelare, ancora più marcato, il suo profondo disagio. Aveva tutte le ragioni per avercela con lui, dopo il suo atteggiamento poco maturo ma, allo stesso tempo, non poteva comprendere quanto le avesse fatto un favore, girandole alla larga per i mesi successivi alla sua trasformazione quando, per ovvie ragioni, ancora non aveva il pieno controllo della sua stessa persona. Assurdo se ci pensava. Nonostante fosse preparato all’eventualità che, un giorno o l’altro, il gene della licantropia si sarebbe fatto largo, Mike, aveva sperato di scampare a quella sorte, da bravo illuso. Beh, le cose non erano andate nel verso giusto ma, in fin dei conti, sapeva di poter lavorare sulla sua condizione al fine di renderla meno distruttiva –a livello mentale- di quel che sarebbe potuta essere. “Come hai detto?” Domandò a denti stretti, in modo che solo lei potesse udire quel quesito che sortì in modo totalmente naturale, in seguito alla semi accusa che stava avanzando la giovane davanti a lui. Non aveva nessuna intenzione di dare spettacolo in quel corridoio e se fosse stato necessario, l’avrebbe trascinata a forza in qualche angolo remoto del castello, con il solo scopo di chiarire quell’insulsa situazione, senza dare nell’occhio o attirare l’attenzione di gente incapace di tenersi la lingua in bocca. Dissentì con il capo, incredulo che l’avesse apostrofato in quel modo, senza neanche concedergli il beneficio del dubbio. ”Cosa vuoi Michael? Accertarti che il tuo giocattolino stia ancora ad aspettarti?” Il suo spirito combattivo –misto al fascino che possedeva-, fino all’altro ieri, era stato il lato che più l’aveva indotto ad avvicinarsi a quella creatura così lontano dalle sue scelte abituali ma ora? Il suo astio lo stava letteralmente affossando, trascinandolo sempre più giù ad ogni frase uscita da quelle labbra che era riuscito ad assaporare ma che, oramai, altro non erano che un lontano e piacevole ricordo. “Ti vuoi calmare?” Chiese in tono solenne. Un fiume in piena. Gli stava vomitando addosso quello che, probabilmente, si era tenuta dentro così a lungo da soffocarla lentamente nei suoi dubbi. L’agitazione della ragazza, però, non smosse di un millimetro il Serpeverde, abituato a gestire quel tipo di situazioni che lo vedevano, spesso e volentieri, bersaglio delle frustrazioni altrui. ”… tantomeno la tua seconda scelta.” Il volto del minore degli Harris si fece cupo, temendo il peggio. Che stava insinuando? Un grande punto interrogativo pendeva sulla sua testa, sbalordito dall’ennesima e gratuita accusa avanzata. “Di cosa stai parlano?” Da quando, la sera di Natale, aveva lasciato o confini di Hogwarts, Mike, non aveva fatto altro che pensare di mantenere la parola data. Niente gli sembrava più importante della promessa fatta a Grace e, nonostante il suo mostruoso ritardo sulla tabella di marcia, poteva dire di essere soddisfatto del risultato ottenuto essendo che, Dean, gli aveva risparmiato la vita. “Ti ho fatto una promessa, Grace!” Sentiva che, però, qualche cosa l’aveva portata a non credere in lui. “Sono qui. In ritardo? Sì. Mi sono comportato da coglione? Sì. Ma sono qui.” Un dato di fatto. “Posso assicurarti di non essere mai stata il mio giocattolino né, tantomeno la mia seconda scelta!” Certo, sarebbe stato impossibile convincerla con due frasi, buttate lì, con il suo solito modo di fare riluttante ma, a conti fatti, non poteva accettare quelle accuse che, neanche lontanamente, si avvicinavano alla realtà dei fatti. “Libera di non credermi.” Sentenziò. “O forse ti riesce facile pensarla così.” Aveva notato l’intesa tra lei e lo spilungone Tassorosso. “Sarebbe più semplice correre tra le braccia del tuo dj, vero?” Nel dire ciò, non si scompose minimamente. Non l’aveva mai vista come una sfida personale e, soprattutto, riteneva che Grace avesse tutte le carte in regola per decretare cosa le avrebbe giovato di più. Lui stesso, spesso, si era ritrovato a pensare che con Marshall, avrebbe potuto vivere un’esistenza felice ma, una parte di lui, nutriva ancora la speranza di riuscire a fare breccia nel cuore della piccola Grifondoro. Egoista. Beh, sì. Una pecca che difficilmente sarebbe riuscito ad affrontare. “Sì. So tutto, Grace! Le voci girano.” Tagliò corto, come se non gli fregasse minimamente della cosa. Lui avrebbe pensato per sé, come sempre, ignorando i sentimenti di coloro che non rientravano nelle sue grazie.
    “La tipa di capodanno?” Allargò le mani, esasperato. “Quale tipa? Chi ti ha messo in testa queste stronzate?” Iniziava a credere che qualcuno gli remasse contro. Che fosse la Wheeler? Quella ragazzina così saccente, gli urtava il sistema nervoso. “Grace. Per favore.” Se solo avesse saputo, probabilmente, le cose sarebbero su un binario opposto a quello fatto di rancore che stavano percorrendo. “Non c’è stata nessuna dopo di te.” Come poteva risultare convincente? Più di così? Parlare con il cuore in mano, a quanto pare, non dava i risultato attesi. ”Puoi andare a fanculo!” Ok. Possibilità più che valida ma non condivisa. “Te lo ripeto. Guardami!” Fece un passo verso di lei, senza togliere il suo sguardo azzurrino da quello della Grifondoro. “Poi esaudirò il tuo volere, andandomene a fanculo ma…” Non poteva accettare che il loro confronto finisse in quella squallida maniera, senza un briciolo di illusione che la situazione potesse ribaltarsi. “… sono qui. Per te!” Lo dimostrava il fatto che non ci aveva pensato su un secondo quando, dopo la batosta ricevuta a lezione, si era diretto verso di lei per sincerarsi che stesse bene, andando contro tutto ciò che si era prefissato nei giorni precedenti a quell’incontro. “Mi dispiace, Grace.” Per ogni male che ti ho inflitto, involontariamente. Ma questo, lo tenne per sé.
     
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Grifondoro
    Posts
    301

    Status
    i'm sleeping

    e059e3ca562fb7b89213e24b6474338a
    Avrebbe potuto affrontare Michael un milione di volte. Aveva anche pensato di farlo, subito, appena tornata dalle vacanze e per un momento si era anche decisa a farlo quando, in Sala Grande, subito dopo il pranzo del rientro, lo aveva visto con lo sguardo chino dileguarsi. Grace si era alzata e come una furia era anche partita in quarta nella sua direzione salvo trovarsi accidentalmente nella stessa traiettoria di Marshall. Leggere per un singolo istante la sua occhiata carica di così tanti sentimenti che andavano dal fastidio alla rabbia l’avevano turbata a tal punto da pietrificarla sul posto. A quel punto ogni intenzione era sfumata, scemata dall’ennesimo pezzetto di cuore che sentiva d’aver perso nell’istante in cui quegli occhi azzurri solitamente solari l’avevano trapassata per poi scuotere il capo – o almeno così le era sembrato – ed allontanarsi attorniato dai suoi concasati. Era servita la stretta premurosa di Halley e la sua voce ferma ma allo stesso tempo gentile a riportarla alla realtà costringendola a muoversi da quel punto per lasciarsi guidare altrove. Non ce l’aveva fatta a fare niente alla fine e, con il passare dei giorni, aveva deciso che affrontare il Serpeverde fosse una perdita di tempo, che probabilmente dopo quell’affronto cercava proprio questo, si aspettava questo, per umiliarla ulteriormente magari condendo il tutto con le risate dell’eventuale pubblico che avrebbe assistito alla scena. Non gli avrebbe dato questa soddisfazione. Giammai. L’aveva ferita a sufficienza con quell’umiliazione per fortuna avvenuta in sede privata. Tuttavia, ancora non se ne capacitava poiché, banalmente, quell’azione non aveva il più totale senso. Michael non aveva cercato di ottenere qualcosa da lei, non aveva cercato di spingerla a fare qualcosa della quale si sarebbe pentita. Era stato perfetto. L’aveva persino strappata via dal tentativo di mettere le mani addosso al fratello maggiore quando costui aveva insinuato, nemmeno troppo velatamente, che le piacesse giocare tenendo il piede in due scarpe. Niente di più vero ai suoi occhi. Quella sera non ci sarebbe nemmeno stato da mettere in discussione con chi avrebbe passato la serata, chiaro non si fosse sollevato tutto quel polverone non si sarebbero scaldati gli animi e si sarebbe rimasti in rapporti più amichevoli ma non c’era nemmeno da mettere in dubbio. Non era una doppiogiochista! Non come il ragazzo che aveva di fronte che stava dimostrando delle doti attoriali di un certo rilievo; era quasi sbalordita. «Come hai detto?» Si voltò di scatto dalla sua ritirata e complice l’altezza sembrò sovrastarla dall’alto del suo metro e ottanta. «Penso tu abbia capito bene», sentenziò la Grifondoro sprezzante nei confronti dei mille campanelli d’allarme che parvero accendersi tutto attorno alla figura del biondo. Non avrebbe ceduto di un millimetro il campo, non ora che lui aveva scelto di “giocarsela”. Lei gli era stata lontano decidendo di focalizzarsi su sé stessa e ciò che davvero contava ma lui, lui adesso aveva deciso di fermarla in quel corridoio, se l’era cercata e la Johnson non si sarebbe risparmiata restituendogli tutta la rabbia che aveva provato per il suo gesto. Non meritava d’essere trattata come lui aveva fatto e glielo avrebbe chiarito una volta per tutte fosse stata l’ultima cosa che avrebbe fatto in vita sua.
    Michael tornò sui suoi passi e Grace ne approfittò per una nuova stoccata. «Ti vuoi calmare?» Scusami?! L’espressione della Grifondoro per un attimo mutò ma riuscì a contenersi dallo scoppiare a ridergli in faccia, tuttavia un suono divertito lasciò le sue labbra prima di costringerla per un attimo a distogliere lo sguardo da quello del Serpeverde. Cos’è aveva paura di dare spettacolo? A Grace non poteva fregare di meno di questo. «Ti ho fatto una promessa, Grace!» Oh la ricordava bene. Le aveva chiesto d’attenderlo poiché sarebbe tornato.
    c426e74a04005b3476b1309f4e98b814
    Da cosa? Da una bella scopata con la tipa di turno per poi ricordarsi che uh c’era la stupida ad aspettarlo. No, col cavolo. Avrebbe ribattuto che non aveva mantenuto quella promessa salvo venire incalzata nuovamente da lui e dalle sue scuse a dir poco ridicole. «Non si direbbe ma per fortuna sei conscio di essere un...» coglione. Esattamente ciò.
    «Libera di non credermi [...] Sarebbe più semplice correre tra le braccia del tuo dj, vero? Sì. So tutto, Grace! Le voci girano.» Mossa sbagliata la sua. Compì un altro passo trovandosi direttamente ad un palmo dal volto del ragazzo. Furiosa. «Tieni fuori Marshall da questa storia. Riguarda me e te.» Ringhiò adirata. Non tollerava che nessuno mettesse in mezzo il Tassorosso, Marshall non c’entrava niente e se le cose tra loro erano andate a scatafascio ancor prima di cominciare non era stato di certo per colpa sua. La fossa se l’era scavata da solo e proprio non capiva perché ora utilizzasse quel tono con lei parlando di lui. «Ma a te cosa te ne frega poi? Sei stato fin troppo chiaro a Capodanno o vuoi dirmi forse che hai sbagliato destinataria? Ne hai così tante ai tuoi piedi da confonderti? Sai, non mi è sembrato dato che l’indirizzo del tuo regalo era corretto.» Scosse il capo, amareggiata, ed espirò mentre il tumulto di emozioni tornò prepotentemente a scaldarle il viso fino a sentire gli occhi pizzicare. C’era rimasta male, terribilmente, e quel gesto ancora le bruciava per l’incredibile cattiveria gratuita che non avrebbe mai pensato da parte sua. Svicolò dal suo sguardo, dalla sua supplica mentre le mentiva così spudoratamente. «Nessuna? Ma mi prendi in giro?!» Sbottò, la voce improvvisamente incrinata tanto che le uscì un invito ad uscire dalla sua vita piuttosto colorito quanto naturale. «Pensi che sia così stupida? Cazzo Michael che delusione... Persino nella cattiveria hai una stima così bassa di me!» Gli occhi divennero lucidi mentre le mani cominciarono a fremere cercando di stringersi per mantenere uniti i pezzi di quella giornata terribile.
    «Te lo ripeto. Guardami! [...] sono qui. Per te! Mi dispiace, Grace.» Fu lì che esplose e la mano andò a colpirgli la guancia ancor prima che si rendesse conto d'averlo fatto. Rimase stupita e contraddetta dal suo stesso gesto ed una lacrima solitaria sfuggì alla trincea delle ciglia scivolandole lungo la guancia. «Non sono il tuo giocattolo», sussurrò ancora, ferita.
     
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    178
    Location
    Bronx, USA.

    Status
    i'm sleeping

    Michael Harris

    Aveva, da sempre, l’abitudine di studiare le persone con le quali decideva di relazionarsi. Poche, ma buone. Una specie di ossessione la sua che, però, ogni volta risultava utile ad avere un quadro completo sull’individuo in questione. Riflessivo, troppo. Spesso maniacale ma attento a non rischiare la classica inculata dietri l’angolo. Proteggere la sua incolumità emotiva, quindi, si trovava in cima nella sua lista personale di priorità alle quali faceva riferimento ogni, schifosissimo, giorno. Con Grace, le cose erano andate diversamente. Lottando contro sé stesso, si era imposto di tralasciare la profonda freddezza utilizzata nell’applicazione del suo solito metodo, in favore dell’istinto che gli suggeriva di lasciarsi andare a quel tentativo di apparire umano a quella giovane donna, ancora inesperta a livello sentimentale, proprio come lo era lui. Mettersi nelle mani del fato, per Mike, aveva significato molto. Uno sforzo che aveva richiesto un dispiegamento di energie non indifferente e, in quel momento, gli eventi si stavano rivoltando contro e in modo più che brutale. Che cazzo mi pensavo? Aveva creduto davvero, anche per un solo attimo, di potersi avvalere di un lieto fine, così, al primo tentativo? Come se fosse il protagonista di quei fil da quattro soldi babbani che tanto piacevano a quei ragazzini ingenui che credevano nel vero amore. Patetici. Come aveva potuto, anche per un solo istante, staccare i piedi da terra e lasciarsi andare a quello che sarebbe, poi, rimasto solo un suo desiderio frantumato in mille pezzi. Si irrigidì e, di riflesso, serrò la mascella, cercando di controllare la rabbia che lentamente, si faceva largo in lui. Il suo autocontrollo, ancora, lasciava a desiderare e il rischio, così, si innalzava esponenzialmente. Così come il controllo della forza. Niente nel verso giusto. ”Penso che tu abbia capito bene.” Quella sicurezza lo spiazzò ma non si mosse di un millimetro. Un faccia a faccia aspro, senza mezzi termini. La Grifondoro stava seguendo il flusso dei suoi pensieri, liberandoli uno ad uno, senza alcuna pietà, incurante che le sue parole potessero fruire da armi capaci di ferire il suo interlocutore. Inutile dire che aveva colto nei minimi particolari l’affermazione volta a farlo sentire in colpa per il suo repentino allontanamento. “Quanta presunzione, Grace!” La frase scivolò tra le sue labbra, ancora prima che potesse accorgersene. I suoi occhi si fecero ancora più glaciali, così come il clima che vi era in quel maledetto corridoio. Fece un passo in avanti, così per assicurarsi che la ragazza non potesse fuggire dallo spazio ristretto che le stava concedendo, facendo leva sulla sua fisicità. “Non ti è mai passato per quella testa, per un solo fottutissimo minuto, che la mia partenza non dipendesse dal mio volere?” Scrutava il suo viso e l’unica cosa che avrebbe voluto fare, l’avrebbe portato sull’orlo del baratro. Baciarla? Mossa assurda, visti i presupposti. Si trovava in un impasse. Zero vie d’uscita se non lo scontro diretto. Cercò di fare ricorso alle poche briciole di calma apparente che rimanevano nel suo corpo martoriato dall’angoscia di quel momento estenuante per un tipo come lui che, solitamente, si teneva alla larga da scontri di qualsiasi natura se possibile. “Ma hai ragione. Non mi conosci per nulla, perché dovresti fidarti di me?” Neanche poteva chiederglielo, in fin dei conti. Contando quello che aveva dimostrato, la sua possibilità, poco ma sicuro, era andata in fumo definitivamente. Umiliato, profondamente ferito nell’orgoglio e colpevole del suo malessere. Sospirò. Captava un disgusto malcelato nei suoi confronti ma lo lasciò andare, convinto di poter soprassedere a quell’atteggiamento riluttante, giustificandolo e facendolo risalire ad un dolore incontenibili di colei che aveva creduto di essere stata usata come donna.
    Coglione.
    Un aggettivo che ricorreva spesso in quella discussione. Iniziava a credere si esserlo per davvero. In tutto e per tutto e anche per il fatto di essere ancora lì, a praticare quell’autolesionismo di cui era stato vittima in tutti quegli anni. Cosa credeva di ottenere dopo il teatrino improvvisato? Aveva già scelto sulla base del nulla. Aveva scelto la via più facile perché se una cosa era certa: Mike non sarebbe mai stata la via più facile per Grace. Mai. Con lui avrebbe sofferto e sarebbe stata costretta a vivere una vita non degna di lei. Lasciala andare. Quell’egoismo insito nella sua personalità, però, faticava ad essere lascivo e gli impediva di seguire il buon senso, oscurandolo.
    ”Tieni fuori Marshall da questa storia. Riguarda me e te.” Storia priva di un lieto fine. Michael aveva toccato un tasto dolente. Marshall. Il dj spilungone. Quell’idiota possedeva un vantaggio disarmante e senza neanche muovere un dito. Tutte le fortune agli altri. Alzò le mani, arrendendosi a quelle poco velate minacce, poste in essere dalla ragazza. Provocarla non avrebbe avuto senso al fine di instaurare un discorso meno esagitato di quello che stavano tenendo e parlare del Tassorosso non avrebbe fatto che alimentare l’ira che stava provando il mannaro.
    ”… o vuoi dirmi che forse hai sbagliato destinataria?” Le tempie pulsavano. Non sarebbe riuscito a gestire ancora per troppo quelle accuse senza un senso apparente, A cosa diavolo si stesse riferendo. ”… l’indirizzo del tuo regalo era corretto.” Esasperato. Fuori di sé ma composto. La sua calma apparente non aveva nulla a che fare ciò che, in realtà, si stava abbattendo dentro di lui. “Di che diavolo stai parlando?” Non le aveva recapitato nessun regalo, soprattutto per via del fatto che, per giorni interi, non era riuscito a muovere un muscolo senza scoppiare dal dolore. La trasformazione l’aveva tramortito, lasciandolo fuori gioco in modo imbarazzante. “Non ti ho fatto recapitare nessun regalo!” E forse avrebbe dovuto, con tanto di scuse annesse. “Adesso basta!” Sentenziò granitico, stufo di quelle insinuazioni che dal suo punto di visto non avevano alcuna base. “Questi giri di parole non ti porteranno da nessuna parte con me. Sii chiara!” Detestava quelle cose dette a metà, quel vedo non vedo insulso e senza senso. “Quale regalo ti avrei fatto recapitare a capodanno?” Senza contare il fatto che, Mike, non si era mai preoccupato di quelle sciocche convenzioni tanto in voga tra i comuni mortali. “Tutto questo è ridicolo.” Gli scappò un ghigno del tutto involontario che rappresentava la fine delle sue speranze.
    ”Cazzo Michael che delusione…” Percepiva la sua agitazione raggiungere, lentamente, il culmine. Giurare e cercare di giustificare un qualche cosa di cui non era a conoscenza, risultò impossibile. “Gra…” Non fece in tempo a finire la frase che la sua guancia ricevette uno schiaffò, bruciante. ”Non sono il tuo giocattolo.” Una lacrima si fece strada sulla sua guancia. Mike alzò il capo, subito dopo aver incassato e con il pollice andò ad asciugare quella goccia salata, sgorgata a tradimento dai suoi occhi. Annullò la distanza, consapevole di essere esposto ad ulteriori reazioni poco docili. Passò al mento, così da poterle alzare lo sguardo e riportarlo nel suo: “Non posso costringerti a credermi, Grace.” Amara cognizione. “Sei l’unica.” Non riusciva a spiegarsi quella rabbia repressa nei suoi confronti e quelle farneticazioni su un’ipotetica ragazza la quale, all’apparenza, aveva osato intrufolarsi nel suo letto. “Lo sei da quel maledetto invito.” Era colei che l’aveva spronato a fare ritorno ad Hogwarts, colei che aveva smosso qualche cosa rimasto sopito da sempre. “Le cose non dovevano andare in questo modo, sai?” Purtroppo, il destino, l’aveva chiamato a scontrarsi con la genetica crudele e inevitabile. Sul suo volto comparve un sorriso, questa volta sincero e la rassegnazione lo pervase. “Vuoi che me ne vada?” E non intendeva lì ed in quel preciso momento. Se solo avesse voluto, sarebbe scomparso dalla sua vita. Definitivamente, forzare i rapporti avrebbe portato solo ad un’infelicità certa da entrambe le parti e non se lo sarebbe mai perdonato.
     
    .
  6.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Grifondoro
    Posts
    301

    Status
    i'm sleeping

    e746c4e176c2b31bafad01980df75505
    «Non ti è passato per la testa [...] che la mia partenza non dipendesse dal mio volere?» Eccome se le era passato per la testa. Se ne era tormentata persino il giorno di Natale quando insieme ai parenti avrebbe dovuto festeggiare e invece il pensiero era andato ripetutamente su Michael, a ciò che era successo solo la sera prima durante il ballo, ai suoi baci di cui soprattutto l’ultimo che le era rimasto impresso per quella disperazione che le aveva trasmesso come se quello in realtà fosse stato un addio. Assurdità pura per lei. Non poteva avere il minimo senso quella sensazione, eppure, il senso d’inquietudine era germogliato in lei costringendola a preoccuparsi per il bel Serpeverde osservando più volte del dovuto lo schermo del cellulare nella speranza di un messaggio da parte sua. Nessun messaggio era mai arrivato. Nessuna spiegazione. Michael l’aveva lasciata alle sue congetture e Grace aveva finito per vagliarle tutte, ipotizzarle tutte: una famiglia pesante, qualche problema con un qualche parente, d’altronde, con un soggetto come David per fratello, non faticava a credere che potessero essercene degli altri così. Sfiga, senza dubbio, ma comunque plausibile che potesse accadere. Aveva visto i giorni scorrere, passare, aveva tentato più di un approccio inviandogli dei messaggi, eppure, nemmeno quelli erano serviti a qualcosa trovando invece un epilogo piuttosto infausto con le accuse che per l’appunto gli stava rivolgendo senza pietà. Era arrivato il suo momento, la resa dei conti, il momento in cui gli avrebbe riversato tutta la frustrazione ed il dolore che le aveva causato dapprima con la sua assenza e poi quell’umiliazione così gratuita ed intrisa di cattiveria da lasciarla col cuore distrutto per giorni. Il tutto poi, si era svolto come uno scherzo del destino in contemporanea alla litigata che aveva avuto proprio per causa sua con il Tassorosso. Ora le cose con il biondissimo musicista si erano riprese e avevano tutta l’aria di andare a gonfie vele ma lo stesso non poteva dirsi del suo rapporto con il Serpeverde con la quale in sospeso era rimasto ben più di una cosa. «Non sono io quella ad essere sparita! Né ad averti ignorato!» Sbraitò, la voce rotta ma no non sarebbe passata per la menefreghista che non aveva provato a mettersi nei suoi panni, tutt’altro. Aveva fatto tutto ciò che era nel suo misero potere per provare a raggiungere il ragazzo non ottenendo altro che uno stoico silenzio fino alla beffa. Lì, a quell’offesa, solo una sciocca sarebbe rimasta, una masochista, e lei non si riteneva tale. Sentiva di possedere sufficiente amor proprio da costringersi a voltare pagina con il ragazzo affrontandolo piuttosto alla prima occasione utile. «Non ti permettere di insinuare anche questo!» Un sbuffo di scherno, un ulteriore, fuoriuscì dalle sue labbra. Oltre al danno la beffa? Sembrava proprio quella la casistica. Lui avanzò forse ipotizzando che così facendo la Grifondoro indietreggiasse magari turbata dalla sua stazza ma non era quello il caso. Grace rimane ben piantata ostentando una precisa quanto fiammeggiante decisione a rimanere in quello scontro per quanto Michael avesse deciso di fare persino uso del suo corpo per cercare d’intimidirla o di placcarla ergendosi a muro ma lei non intendeva scappare, non ora che stava ottenendo delle risposte, persino delle rivincite.
    «...Perché dovresti fidarti di me?» Sollevò un sopracciglio. Appunto, che non fosse sciocco. Non era così stupida come non faceva altro che dipingerla con le sue risposte, le sue allusioni. Dopo quel gesto si era ripromessa che mai avrebbe più avuto fiducia in lui, mai, nemmeno se l’altro avesse fatto di tutto per supplicare il suo perdono arrivando magari persino a genuflettersi sui ceci. Aveva rotto tutto, qualsiasi cosa si fosse creata e stabilita quella sera al ballo, le aveva spezzato il cuore. Eppure, Michael sembrava davvero non sapere di cosa stesse parlando nonostante le insinuazioni della Grifondoro fossero parecchio esplicite ma Grace, furente di rabbia da ogni poro, leggeva quel comportamento unicamente come la migliore interpretazione della vita del ragazzo. Un attore nato, non c’era di che dire. «LA SMETTI?!» Sbottò esausta prima di lasciarsi andare a nuova rabbia. Era stufa che la prendesse in giro a quel modo eppure lui insisteva, continuava a dire di non saperne niente. «ERA LA TUA SCRITTURA, MICHAEL! MI PRENDI PER IL CULO?! DI CHI ERANO QUELLE MUTANDE AVANTI?! SI SINCERO PER UNA VOLTA!» Davvero osava raggirarla a quel modo? Davvero pensava non sapesse come scriveva? Certo che lo sapeva! Frequentavano le stesse lezioni da tutto l’anno ed era successo che condividessero il banco per quanto prima del ballo non avessero interagito con più di un “ciao” di circostanza. La mano della Johnson scattò verso la guancia del ragazzo prima che potesse anche solo rendersi conto che il suo cervello potesse aver dato un input del genere. Era stato il suo istinto a farlo, la rabbia che provava dentro per tutta quella situazione che la mangiava da dentro come un fuoco portandola a sentire bolle di magma nel suo stomaco. Rimase stupita dal suo gesto, pietrificata, e osservò il ragazzo, quasi l’azione si stesse svolgendo al rallentatore, chiudere gli occhi mentre stringeva le labbra incassando il colpo. Era scossa da tremiti, sentiva le lacrime sull’orlo di cadere tanto che una riuscì a scivolare lungo la guancia e fu in quel momento che la mano di Michael si alzò poggiandosi con una delicatezza inaudita sulla sua pelle a raccogliere quella gemma d’acqua. Le sue dita si poggiarono con dolcezza sulla guancia scivolando leggere al di sotto del viso a sollevarle il mento. La mano della Grifondoro scattò afferrandogli il polso per allontanarlo ma in qualche modo lui sfruttò quel gesto per avvicinarla a sé. «Non posso costringerti a credermi, Grace.» Sentenziò specchiandosi nell’azzurro lucido dello sguardo della Grifondoro.
    18a749f7e1e7b54a906d1c54e5b4c1ca
    «Sei l’unica... Lo sei da quel maledetto invito.» Nessun tentennamento, nessuna esitazione. Era il Michael che aveva conosciuto quella sera del ballo e che senza battere ciglio le diceva di piacergli. Quello stesso Michael che aveva avuto il coraggio d’invitarla perché voleva farlo e voleva lei davvero. I polmoni della Grifondoro si svuotarono. Inerme di fronte a quella dichiarazione inaspettata. Tutto s’aspettava da lui tranne che ricevere quello. Si era preparata allo scherno, alla cattiveria e alle ingiurie come l’aveva sempre disprezzata Mikhail per le sue reazioni ma non si era preparata a questo, alla sincerità dei suoi occhi. Serrò la mandibola incapace di replicare poiché il tumulto nel suo stomaco sembrava mettere in discussione tutto. “No, mi ha mentito. Mi ha mentito!” Ne sei sicura piccola Grace? Michael ti ha davvero mentito? È verità, sincera verità quella che leggi nel profondo di quegli occhi così solitamente freddi ma che, quando incontrano il tuo sguardo, si accendono di vita? «Le cose non dovevano andare in questo modo, sai?» No, infatti. Probabilmente se non fosse sparito e non fosse successo ciò che era successo le cose non sarebbero evolute in quel modo e ora lei non lo avrebbe guardato con sospetto domandandosi se davvero potesse fidarsi di lui, di quelle parole, di quegli occhi. Se davvero non ci fosse una fregatura dietro e se davvero lui, lasciandola lì dopo quella discussione, non avrebbe riso di lei con i suoi amici. «Perché sembra sempre che tu debba andartene davvero?» Melodramma il suo? «Voglio la verità Michael. Voglio sapere cos’è successo a Capodanno.» Cos’era successo a lui nello specifico. Perché non aveva letto i suoi messaggi? Perché non l’aveva più cercata. «Perché non mi hai mai risposto e perché mi hai mandato quella roba? La verità o me ne vado io.»


    Edited by yourgrace. - 2/4/2023, 17:27
     
    .
  7.  
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    178
    Location
    Bronx, USA.

    Status
    i'm sleeping

    Michael Harris

    Gli era costato parecchio. Il silenzio, la riluttanza, il nascondersi dietro a una facciata che non gli apparteneva minimamente. Tutti elementi dal retrogusto amaro che avevano fatto di Grace una vittima, inconsapevole, dei suoi malumori e dei traumi subiti in quella notte d’inverno. L’egoismo che, Mike, aveva dimostrato nei confronti della Grifondoro, altro non era che un disperato tentativo di tenerla alla larga da ciò che era diventato lui ma, allo stesso tempo, anche al sicuro dal proprio padre il quale, non si sarebbe fatto scrupoli ad utilizzarla come arma per cercare di ferirlo o ricattarlo. Tutto era sfumato. Vedendola in quello stato, il Serpeverde, si sentì in dovere di intervenire, gettando al vento tutti i buoni propositi elaborati durante quei mesi di calma piatta. Ottima mossa. Non aveva idea del perché la ragazza avesse tutto quel dannato ascendente su di lui eppure, se solo si fosse preso del tempo per ascoltare il suo volere, Mike, avrebbe capito che in lei vedeva ciò di cui aveva più bisogno: qualcuno che lo accettasse così, come era veramente, andando oltre la sua apparenza che lo dipingeva come il ragazzetto dall’aria scazzata e scontrosa. Pensieri inutili e impossibili da mettere in pratica dal momento che, grazie alla sua codardia, aveva perso il treno, giocando in favore dei Marshall. Chi è causa del suo male, pianga sé stesso! Niente di più vero. ”Non sono io quella ad essere sparita…” Certo, lei era quella che era. Da sempre. Vantaggio che a lui, sfortunatamente, non era stato dato. La osservò attentamente, studiando ogni particolare del suo viso, sul quale era sceso un velo di dispiacere misto a desiderio di comprendere cosa stesse accadendo. Non ebbe la forza di ribattere. Non vi era proprio nulla da dire se non un hai ragione banalissimo e simile ad un contentino che non sarebbe mai stato accettato da colei che non mollava di un millimetro. Quella che doveva essere un semplice colloquio per sincerarsi delle sue condizioni, si stava rivelando una vera e propria inquisizione nei suoi confronti. Meritata, per lo più. Avanzò verso di lei, incurante delle persona che, casualmente, passavano di lì. Attirare l’attenzione era ciò che meno voleva ma, se quella fosse stata l’unica soluzione per riuscire a sistemare le cose, avrebbe fatto tutto il necessario, senza rimpianti, anche finire sulle stupide pagine di un giornalino o sulla bocca di qualche sciocco senza senno. Nei suoi occhi chiari si leggeva la collera, quella vera, pura, così come era la ragazza che la emanava. Uno spettacolo infelice ma, allo stesso tempo, affascinante e indice del grado di coinvolgimento di Grace in quella specie di forte intesa, nata in quella Sala Grande, la notte di Natale. Indietreggiare non pareva nei suoi piani. Meglio così. Quella forte personalità lo attraeva sempre più, minuto dopo minuto. ”DI CHI ERANO QUELLE MUTANDE?” Una domanda a bruciapelo e davvero senza un senso logico. Sbatté le palpebre due o tre volte, interdetto dall’assurdità appena proferita con disperazione. Che cazzo stava succedendo? Davvero poteva credere che fosse così idiota da compiere un gesto deplorevole come quello. Per chi lo aveva preso? Forse neanche David, durante la sua carriera da latin lover, era arrivato a tanto. Figuriamoci lui, devoto alla monogamia. “Grace. Tu…” Non riusciva a credere a ciò che stava per dire. “… credi davvero che io sia andato a letto con qualcuna, dopo averti promesso che sarei tornato da te?” Assunse un’aria interrogativa, speranzoso di essere contraddetto. Mai in vita sua aveva creduto di ritrovarsi in quegli scomodi panni. “Io non so nulla di questo scempio. Niente di niente. La mia calligrafia? Qualcuno avrebbe potuto tranquillamente emularla.” Il tono piatto, nascondeva una palese irritazione per essere stato messo in cattiva luce ma, allo stesso tempo, anche per via del fatto che si stesse mettendo in discussione la sua parola. Cercò di fare mente locale ma non riusciva a trovare una spiegazione valida che spiegasse quel regalo. Durante la sua assenza, per la maggior parte del tempo, si era sorbito la presenza del fratello ed, in alcuni casi, si era goduto la semplicità della solitudine che tanto amava. Pochi attimi ma ben gestiti e, anche volendo, il sesso non era stato contemplato in quanto distrazione troppo grande rispetto all’obiettivo finale. Scosse il capo, sottolineando il suo disappunto e guadagnando ancora qualche centimetro. Raccolse la sua lacrima, dolcemente, senza esitazione. Lo schiaffo gli fece bruciare la guancia per qualche istante per poi svanire nel giro di nulla. Poco e niente. Quel tipo di dolore non l’avrebbe scalfito di certo, vista la sua natura ma, forse, quel gesto avrebbe sollevato di poco il morale della mora, togliendole lo sfizio alimentato a lungo dalla convinzione di essere stata “tradita”. Sfruttò il tentativo di allontanarlo per attirarla a sé, sempre di più, fino a quando la distanza non si annullò. Sentiva il suo respiro aumentare, quasi affannato. Sentiva il battito del suo cuore accelerato e avrebbe dato tutto per non essere a conoscenza di quei dettagli perché, se non li avesse conosciuti, avrebbe voluto dire che la sua umanità si trovava ancora integra. Ma no. Niente e nessuno l’avrebbe aiutato a uscire dalla sua situazione se non l’accettare quello che la natura gli aveva inflitto, contro il suo volere. Rimase in silenzio, prestando attenzione a non abbassare lo sguardo, così che la sua sincerità fosse totale. ”Perché sembra sempre che tu debba andartene davvero?” Non voleva darle l’illusione che sarebbe rimasto per sempre perché, con tutta onestà, non poteva dirlo con certezza. “Perché potrebbe succedere, Grace. Da un momento all’altro, contro la mia volontà, senza possibilità di ribellione! Sono solo realista.” Niente di più verosimile. Ed era anche per questo che continuava ad essere convinto che Mars, per lei, fosse la scelta azzeccata. Se solo il minore degli Harris fosse stato meno egoista…
    Avanzò domande alle quali non avrebbe potuto dare una risposta esaustiva. La verità. Una ventata d’aria fresca. Mike doveva trovare il coraggio di mettersi in discussione, come un libro aperto, lasciarsi leggere ma questo avrebbe significato una profonda rottura. Ammettere tutto ciò che era diventato, sarebbe stato un pessimo biglietto da visita e, forse qualsiasi fosse il loro rapporto, sarebbe terminato in seduta stante, senza neanche troppi giri di parola. No. Non desiderava altro che la dannata verità e ciò denotava la forza di carattere della Johnson. “C’è stato un incidente e ho dovuto raggiungere la mia famiglia.” Se così si poteva dire. “Non vado fiero del mio comportamento ma, ti prego, non chiedermi altro.” Sarebbe stato controproducente e rischioso. “Avevo bisogno di affrontare la cosa da solo e gestire la mia rabbia senza rischiare che qualcuno ci finisse in mezzo. Sono abituato a uscire dalle grane da solo e questo è l’unico metodo che conosco.” Beato isolamento. A questo punto non si trattava più di indorare la pillola ma, bensì, della realtà dei fatti. ”…perché mi hai mandato quella roba?” Lo sguardo di Mike si fece glaciale, ipnotico e solenne. Due passi in avanti e la bloccò tra il suo petto e il muro alle spalle. Appoggiò la fronte contro quella della Grifondoro per poi posare le labbra sull’angolo sinistro della sua bocca, così da non costringerla a compiere qualche cosa che non avrebbe voluto. “Non sono stato io.” Ma la curiosità di conoscere l’identità dell’idiota che si era adoperato ad escogitare uno scherzo simile, iniziava a farsi largo nella sua mente, così come i mille modi per fargliela pagare. “Non sono andato a letto con nessuna. Perché dovrei mentirti?” Domandò con un filo di voce. “Se non mi credi, però, sei libera di andare. Non sarò di certo io a trattenerti qui, contro la tua volontà.” In fondo, Michael, non credeva al lieto fine e sarebbe stato così fino al suo ultimo giorno di vita sulla terra. Quella vicinanza iniziava ad intimorirlo ma, d'altro canto, moriva dalla voglia di impossessarsi delle sue labbra e farle sue, proprio come era accaduto durante la notte di Natale. Un conflitto di interessi interessante e disarmante.
     
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Grifondoro
    Posts
    301

    Status
    i'm sleeping

    91740758656900edcf602b66b10419b7
    Michael provò a ribattere alla sua crescente furia che l’aveva portata ad urlare senza porsi il minimo problema che fossero nel bel mezzo del corridoio al cambio dell’ora. Non che quest’ultima informazione, l’orario, fosse di rilievo alcuno. Probabilmente a porte chiuse sarebbe stato peggio trovandosi nei pressi dell’aula del professore più rigido e autoritario di tutto il castello e nessuno dei due, col senno di poi, avrebbe preferito che fosse l’uomo a intervenire ponendo fine al loro alterco. Il cambio dell’ora, quindi, aveva dalla sua la confusione degli studenti che uscivano, chi migrando verso un po’ d’aria, chi per dirigersi verso la nuova lezione, confusione certo ma anche occhi in più a guardarli e giudicarli passando ed immediatamente chinandosi verso i vicini compagni per commentare l’accaduto oppure, come il piccolo gruppetto che si era formato attorno a loro, fermandosi ad assistere e godere dello spettacolo magari pregando affinché le cose degenerassero in qualche modo. Probabilmente sul giornalino si sarebbe parlato anche di quello poiché la Johnson, oramai, era diventata protagonista fissa di quelle pagine scandalistiche per quanto non fosse minimamente nelle sue intenzioni parteciparvi. Era colpa sua se la vita decideva di porla costantemente in quelle situazioni? Non aveva scelto lei di essere l’oggetto delle attenzioni di una rockstar che aveva preferito la via più plateale per dichiararsi a lei d’un primo acchito. Il resto era storia – riportata minuziosamente in quelle pagine – che l’aveva costretta a sua volta a prendere decisioni ponendola a scegliere ed affrontare un approccio così ufficiale e pubblico per riconquistare il Tassorosso. Le cose, almeno nel suo immaginario, si erano finalmente calmate ed ora avrebbe potuto tornare alla sua vita al di fuori delle luci della ribalta ma Michael aveva “scelto la violenza” (cit.) quel giorno costringendola ad un confronto in quel modo. Grace incrociò le braccia al petto alle sue parole, lo aveva detto. Ammesso e non concesso che avrebbe messo da parte la questione delle mutande, perché avrebbe dovuto fidarsi di lui e della sua parola quando le aveva detto che sarebbe tornato da lei e poi sostanzialmente l’aveva abbandonata senza uno straccio di informazione? Nemmeno un visualizzato, una lettera, nessun segno di vita tranne quello scempio che aveva ricevuto e adesso, dopo mesi, le chiedeva un atto di fede nei suoi confronti. No, non era stupida e non si riteneva nemmeno un’ingenua per cadere in quella trappola. La rabbia prese il sopravvento e prima che potesse davvero articolare quel pensiero schiaffeggiò il ragazzo stanca di venire schernita a quel modo da lui anche se non era nelle sue intenzioni ma era proprio quella rabbia a renderla cieca, a non permetterle di leggere ciò che lo sguardo di lui cercava di esprimere. Una verità troppo scomoda, pesante che forse non sarebbe riuscito a rivelare interamente ad anima viva.
    «Perché potrebbe succedere, Grace. Da un momento all’altro, contro la mia volontà, senza possibilità di ribellione! Sono solo realista.» Roteò gli occhi al cielo. Drammatico. Sentenziò dentro di sé all’uscita teatrale del Serpeverde. Era stanca, stufa alquanto di tutto quel mistero che le aveva riservato sin dalla notte del ballo da quando aveva aperto quella dannata lettera che aveva finito per allontanarlo da lei. Cos’era stato scritto in quel biglietto tanto da farlo sbiancare a quel modo? Tanto da far sbiancare persino il fratello maggiore che aveva l’aria di essere uno di quelli che non si faceva turbare da nulla mantenendo una faccia di bronzo strafottente, eppure, anche lui, era cambiato dopo aver letto quella missiva. Grace li aveva visti con i suoi occhi e si era preoccupata del ragazzo per quanto non riuscisse ad immaginare cosa poteva averlo turbato e lui, men che meno, le aveva rivelato i motivi tentando di cambiare discorso. «La verità», marcò ulteriormente decidendo di dargli un’ultimissima possibilità. Non tanto per riprendere da dove avevano lasciato, quello no non sarebbe stato più possibile, ma almeno di ritornare in rapporti civili. «Non posso crederti se non mi parli, se non mi spieghi. Non so chi sei... Non... Tu non puoi chiedermi un atto di fede!» Sentenziò. Men che meno dopo come pensava si fosse comportato. «Quindi davvero Michael, se vuoi che ti creda...» Se vuoi che ti dia una possibilità... parlami. Lo vide in difficoltà, guardarsi per un attimo attorno notando il piccolo pubblico che avevano richiamato attorno a loro e della quale la Grifondoro non sembrava aver notato la presenza. Grace aveva occhi solo per lui in quel momento, la sua attenzione era totalmente focalizzata sul ragazzo e su ciò che cercava di dirle. Su quelle spiegazioni che forse era finalmente in procinto di darle. «Non vado fiero del mio comportamento ma, ti prego, non chiedermi altro.» Un’altra chiusura. La mandibola della ragazza s’irrigidì. Come poteva rivedere il suo atteggiamento se ancora una volta non le parlava? S’adombrò mantenendo il silenzio. «Avevo bisogno di affrontare la cosa da solo e gestire la mia rabbia senza rischiare che qualcuno ci finisse in mezzo. Sono abituato a uscire dalle grane da solo e questo è l’unico metodo che conosco.» Da solo, solo, solo. Tutto ciò che sentiva la Grifondoro era quell’odiosa parola che altro non faceva che chiuderla fuori. «La tua rabbia?» Aggrottò le sopracciglia. Michael, per quel poco che lo aveva conosciuto, sembrava essere la persona più pacata del mondo. Persino di fronte al suo schiaffo non aveva quasi battuto ciglio e al ballo della vigilia, anche lì, rispetto a lei, aveva mantenuto una calma invidiabile gestendo alla perfezione la situazione. Aveva sbagliato tutto dopo, non di certo per la rabbia. «Non capisco.» Ammise sincera passando poi ad incalzarlo con ulteriori domande, domande relative a quanto supponeva avesse fatto e quanto nel concreto avesse invece fatto ignorandola. Quelle domande sembrarono generare una reazione, qualcosa che Grace non avrebbe mai potuto prevedere. Avanzò di due passi costringendola contro la parete del corridoio ed immediatamente il suo viso si fece vicino avvertendo il tocco della fronte di lui contro la sua e la baciò, delicatamente, all’angolo delle labbra quasi fosse combattuto per quel gesto tanto avventato. «Non sono stato io.» Soffiò contro le sue labbra, gli occhi azzurri immersi nei suoi affinché quel messaggio permeasse a fondo in lei. «Non sono andato a letto con nessuna. Perché dovrei mentirti?» Era sopraffatta, scioccata da quella reazione. «Se non mi credi, però, sei libera di andare. Non sarò di certo io a trattenerti qui, contro la tua volontà.» Piuttosto incoerente da uno che l’aveva appena premuta contro la parete del corridoio per baciarla. «Ma che cazzo fai?!» Sbottò spingendolo via con tutta la forza che aveva. «MA PER CHE CAZZO DEVI ROVINARE SEMPRE TUTTO, MIKE?!» Urlò fuori di sé, i battiti del cuore spinti in una corsa sfrenata. «Noi non... Non puoi!» Non era la sua ragazza e tantomeno si frequentavano più come al ballo. Lei stava con Marshall, lo sapeva lei, lo sapeva lui come lo sapevano tutti quelli che in quel corridoio li guardavano scioccati cominciando a dar vita ad un mormorio di pettegolezzi che si sarebbe espanso fino a chissà dove. «Non puoi comportarti così, non puoi mettermi in questa posizione!» Non di nuovo, non poteva perdere di nuovo Marshall dopo quanto aveva fatto per riconquistarlo. Erano felici insieme, non poteva adesso Michael svegliarsi e rovinare tutto. Non poteva. «Non sono un oggetto!» Glielo aveva ribadito a più riprese di non essere il suo giocattolo eppure, prendendosi quella confidenza, dimostrava che il concetto non fosse chiaro. «... E-e tu hai perso il treno!» Non avrebbe riconquistato la sua fiducia così facendo, né le sue simpatie. «Se pensavi di ottenere qualcosa... Hai sbagliato di grosso.» Scosse il capo ancora più furente di prima. Era stata disposta a dargli il beneficio del dubbio, credergli, ascoltare ciò che avesse da dire ma non così... Non con la possibilità d’incasinare quanto aveva combattuto per riavere.
     
    .
  9.  
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    178
    Location
    Bronx, USA.

    Status
    i'm sleeping

    Michael Harris

    0a10dc5a6c9c6311d529b7fea191eee662a7fca1
    Ogni tentativo di ribattere sembrava schiantarsi contro quel muro di collera, costruito minuziosamente dalla Grifondoro. Pietra dopo pietra, arrivando a circondarsi e mantenere al di fuori le potenziali delusioni che avrebbero potuto scalfire il suo animo fragile. Stavano dando spettacolo. Quel corridoio stava divenendo un vero e proprio campo di battaglia, con pubblico ficcanaso annesso il quale, presto, avrebbe reso partecipe della tragedia consumata anche la parte del castello non in circolazione in quell’area. Una pessima mossa. Iniziava a pentirsi di quella decisione affrettata, presa esclusivamente in modo istintivo, senza dare un minimo sguardo alle conseguenze che avrebbe, poi, dovuto affrontare nel bene o nel male. Qualche cosa gli suggeriva che, oltre ad agire d’impulso, non era stato in grado di calcolare le probabilità di uscire sconfitto su tutta la linea a causa del suo perpetrato silenzio. La troppa sicurezza l’aveva condotto verso una strada senza uscita e proprio lì, probabilmente, meritava di stare. Sì. Il suo atteggiamento nei confronti di Grace non era stato dei migliori. Aveva finto tutta l’indifferenza di cui era capace, così da non rischiare di trascinarla a fondo con lui. Chiuso in sé stesso, Mike, aveva cercato il suo equilibrio e una scusa valida che spiegasse il suo estremo menefreghismo nei confronti di coloro che avevano mostrato, in passato, l’intenzione di volersi legare. Tutto inutile. Ora, a distanza di mesi, ancora non aveva ben chiaro quale stronzata sfornare per giustificare il suo allontanamento –apparentemente- volontario. Sbuffò, trattenendo l’irritazione che, dopo quelle accuse gratuite, iniziava a stufarlo. L’indole del minore dei fratelli Harris non somigliava neanche lontanamente a quella di David ma, nonostante ciò, dovette ricorrere a tutta la sua buona volontà per non scoppiare in attacco d’ira incontrollato che l’avrebbe portato a un triste epilogo. ”La verità.” Alzò la voce. Ancora. Percepiva il suo respiro, la sua agitazione e il suo sdegno. La Johnson non aveva creduto ad una singola parola uscita dalla bocca del Serpeverde e, quest’ultimo, non avrebbe potuto fare nulla per ribaltare la situazione a suo favore. “Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire!” Fiato sprecato ed, a questo punto, non gli avrebbe creduto neanche se l’avesse messa davanti alla verità provata che lo vedeva essere un fottuto mannaro. “Proprio vero.” Pensò a quanto meglio avrebbe fatto a girare i tacchi e tornarsene sulla sua strada, cancellando quella parentesi che aveva vissuto con eccessiva partecipazione, come solo un vero idiota avrebbe saputo fare. ”Tu non puoi chiedermi un atto di fede!” No. Non gli era mai neanche passato per l’anticamera del cervello una follia simile. La sua ragione stava al cento per cento. Mike non le aveva mai concesso di conoscerlo davvero. Il suo invito alla festa di Natale, voleva essere l’inizio di qualche cosa ma, il fato, aveva voluto diversamente, portandolo a dover mettere al primo posto la famiglia e anche colui che mai e poi mai avrebbe voluto nella sua vita: il padre. Le circostanze l’avevano costretto a seguire un percorso arduo, inaspettato ma allo stesso tempo scritto nel destino dal primo giorno che aveva messo piede in quel mondo crudele. “Meglio per te, Grace!” Il suo tono rimase piatto, volutamente distaccato così da non lasciar trapelare nessun segno emotivo. “Dico sul serio. Conoscermi non farebbe che peggiorare l’opinione che hai di me!” In quell’affermazione vi era più che un fondo di verità. La sua natura non sarebbe potuta risultare accomodante per nessuno, tantomeno per una ragazza come Grace. “Sei una creatura così enigmatica!” Non gli credeva. Gli stava dando contro dal primo istante del loro incontro ma si ostinava a perdere tempo con lui. Perché? La sua scelta era ricaduta sul dj, a seguito di una dichiarazione in grande stile e, allora, perché quelle domande? Una vera incognita.
    ”La tua rabbia?” Proprio lì stava il problema. Dopo la trasformazione non era stato in grado di perdonarsi, pur consapevole di non essere colpevole di nulla. Il suo fare pacato, aveva lasciato il posto alla bestia che albergava in lui e, spesso, si era ritrovato a sfogarsi in luoghi isolati, così remoti da essere conosciuti da pochissimi eletti afflitti dal suo stesso “problema”. Lo sguardo interrogativo di Grace lo ammutolì. Esporsi in modo eccessivo avrebbe portato ulteriori dubbi nella mente della giovane la quale, mossa da curiosità, si sarebbe lasciata trasportare da un fiume di quesiti nati proprio a causa dell’ingenuità di Mike. “Ora sarò io a farti una domanda…” Interruppe quel flusso di pensieri. “… che ti importa di quello che faccio o che sono?” Abbassò ulteriormente il volume della voce, riducendo il tutto a un sussurro posto all’orecchio destro della ragazza. Esigeva una risposta. Da quel che aveva potuto apprendere dal giornalino scolastico, Grace, aveva esposto pubblicamente i suoi sentimenti verso il biondo, dj, spilungone e allora? Che sarebbe cambiato con le delucidazioni in merito alle colpe vere o presunte di Mike? Questo ancora non risultava ben chiaro ai suoi attenti occhi, ora, glaciali. “Non sono un tuo problema.” E non aveva nessuna intenzione di esserlo, in qualunque modo fossero andate le cose.

    Si pentì. Utilizzare la sua stazza per tornaconto personale non era, di certo, un suo modus operandi. ”Ma che cazzo fai?” Lo spinse via con forza e, lui, la lasciò fare, costringendosi ad indietreggiare e a liberarla da quella morsa. ”Ma per che cazzo devi rovinare sempre tutto, Mike?!” Mantenne lo sguardo alto, attento e vigile, senza spostarlo di un millimetro dagli occhi chiari di Grace. Non aveva nulla da rimproverarsi. Rimase in silenzio, attendendo che finisse di sputargli addosso tutto ciò che riteneva opportuno. ”Noi non… Non puoi!” L’ombra di Marshall si fece evidente. “Abbiamo un vincitore.” Si limitò a proferire. “Mi dispiace per come sono andate le cose.” La sincerità risultò disarmante anche per sé stesso. ”Hai perso il treno.” Assurdo come tutto fosse accaduto tutto così velocemente, senza dargli neanche il tempo di staccare il biglietto per mettersi in coda e gareggiare ad armi pari. “Capisco…” Chiaro come il sole. Un lampo a ciel sereno che, però, non scalfì il mannaro, lasciandolo indifferente a quella notizia che aveva già appreso, mettendo insieme diversi indizi, sparsi qua e là, durante quell’incontro. “Non sei mai stata un oggetto, Grace!” Ancora sentiva il bisogno di rassicurarla da quel lato, come se fosse lui il suo ragazzo. “Ho fatto del mio meglio.” Ci aveva provato con il semplice gesto di invitarla all’evento, mostrando un interesse che non si fermava esclusivamente all’aspetto esteriore ma andava ben oltre. Il risultato, per non essendo stato ottimale, l’aveva spronato ad uscire da quel guscio fatto di indifferenza e solitudine, le sole amiche che avesse mai avuto. “Quello che ho fatto è stato il mio meglio. Anche durante la mia assenza ho fatto del mio meglio.” A modo suo, certo ma sempre in previsione di un futuro degno di essere vissuto. “Ma, come hai detto tu, ho perso il treno.” Una condizione irreversibile alla quale non poteva porre rimedio. “A questo punto cosa vorresti sentirti dire?” Chiese, così da non sentirsi vomitare addosso altre colpe. “Buona vita?” Ognuno per la sua strada, cancellando quel breve tratto che li aveva uniti in modo superficiale? “Sì. Direi che è ciò di cui abbiamo bisogno.” Attese un suo riscontro, con la certezza che sarebbe giunto senza troppo ritardo e anche privo di retorica.
     
    .
  10.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Grifondoro
    Posts
    301

    Status
    i'm sleeping

    8a42559676f82ac5bc486dd03a9dbeef
    «Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire!» Le cose erano due: o il Serpeverde era un’idiota o provava un piacere viscerale nel farle saltare le staffe. «Sì tu!» Sbottò esasperata la Grifondoro che dal canto suo non credeva di star facendo chissà quale richiesta impossibile da esaudire. Era andato lui da lei, era stato lui a fermarla in quel corridoio e a dare il via a tutto quel teatrino che avevano involontariamente, quanto volontariamente, messo in scena urlando ognuno le proprie ragioni. Grace perlopiù lo stava facendo rispetto al ragazzo poiché ancora fin troppo scottata da quanto credeva fosse successo in più il ragazzo non sembrava volerle dare le spiegazioni che gli stava richiedendo. «Meglio per te, Grace! Dico sul serio. Conoscermi non farebbe che peggiorare l’opinione che hai di me!» Di nuovo il melodramma. Di nuovo una non risposta che altro non faceva che mandarle il sangue al cervello. Sentì la temperatura corporea aumentare così come il sangue nelle vene ribollire. La sua mente non era più lucida. «MA PERCHÉ DEVI DECIDERE PER ME?!» Urlò andandogli ancora più sotto sprezzante totalmente di quella che poteva essere una sua eventuale reazione. «È una mia scelta, non tua.» E lei aveva scelto d’investire in lui quella sera. Non avrebbe scommesso una lira sul bel ragazzo ma poi, lui, era stato in grado di stupirla con i suoi modi pacati, con il suo sorriso furbo e con le attenzioni che era stato in grado di darle e perché no, anche con la sfacciataggine che aveva scoperto caratterizzarlo. Era un bel mix e quando l’aveva baciata la prima volta, Grace aveva sentito che avrebbe potuto lasciarsi trasportare da quelle sensazioni che Michael aveva generato in lei. Aveva deciso che valesse la pena esplorare qualsiasi cosa il destino avesse loro riservato ma era stato lo stesso Serpeverde a porre una fine a quella possibilità andandosene. Ammesso e non concesso che non fosse stato lui l’autore del pessimo dono, Michael, l’aveva comunque evitata senza il minimo motivo, di punto in bianco, dopo averle fatto promettere di aspettarlo. Non si fosse presentato lo scenario che era stata costretta a vivere, quanto avrebbe dovuto attenderlo prima di rendersi conto che era tempo perso? E se non l’avesse più avvicinata? Assurdo. C’era poco da romanzarci al di sopra. Michael le aveva chiesto un vero e proprio atto di fede sulla quale poi aveva sputato sopra. Glielo aveva chiesto, supplicato, rubato persino strappandogli quella promessa senza una motivazione per poi venirne meno lui per primo. Poi era lei l’enigma a suo dire. Proprio non lo capiva. Era come se le mancassero evidenti pezzi di un puzzle alla quale il biondo non voleva includerla nella partecipazione. Adduceva di essere un individuo la cui rabbia fosse il problema ma da quello che la giovane Grifondoro poteva vedere, tra i due, la testa calda era decisamente lei che peraltro in quell’occasione aveva cominciato ad urlare mentre lui rimaneva sì alterato ma sibilando a denti stretti le sue repliche.
    Avanzando finì per inchiodarla alla parete del corridoio e, con la mano protesa a chiuderle ogni via d’uscita si chinò verso il suo viso per porgerle una riflessione piuttosto provocatoria: «che ti importa di quello che faccio o che sono? Non sono un tuo problema.» Uomini. Possibile che fossero così stupidi? Così tarati da dovergli spiegare anche l’ovvio. Se prima la Johnson aveva sentito il sangue ribollirle dentro ora quella sensazione era di netto aumentata così come il calore corporeo. Era come se ogni cosa attorno a sé cominciasse a bollire, evaporare. «Perché io ci credevo.» Sibilò senza scostare lo sguardo dagli occhi di ghiaccio di Michael. Voleva una risposta? Eccogliela servita. Gli avrebbe sbattuto in faccia quanto male gli aveva fatto e pazienza se avesse riso di lei, non si sarebbe mai vergognata dei suoi sentimenti per quanti avessero provato a cambiarla – Mikhail – ad essere ciò che non era. Grace era fuoco ed in quanto tale aveva bisogno di gettarsi al cento per cento nelle cose. Non era controllata, non era misurata. Era sé stessa, prendere o lasciare e se questo voleva dire etichettarla come emotiva o testa calda non le importava, non ora che doveva vivere per due. Per sé stessa e soprattutto per sua sorella. «Io ti avevo aspettato Michael e avrei continuato a farlo. Sono fatta così. Non posso essere distaccata o scegliere di non provare nulla a comando o di spegnere le emozioni. Io mi... Ero...» Sono, «affezionata a te. Chiamami stupida per questo, non me ne importa. Non mi limiterò mai, nemmeno se è sbagliato!» Non lo avrebbe fatto nemmeno se fin da principio lui fosse stato chiaro tirandosi indietro adducendo quella marea di cazzate che solo adesso erano uscite. La scelta di tirarsi indietro era e sarebbe stata unicamente sua quando e se giunta al limite, di nessun altro, sua. E forse furono quelle parole o non sapeva nemmeno lei precisamente cosa che spinsero il ragazzo ad annullare la distanza tra i loro volti per baciarla appena al confine delle labbra, ad un passo dal proibito ma tuttavia senza imporle davvero un bacio anche se, allo stesso tempo, la metteva comunque in una posizione difficile con quello che era il suo attuale ragazzo. Lo spinse via, sconvolta, allontanandolo. “Non così!” Non di nuovo. Sembrava un flashback di quanto avvenuto la notte di Capodanno quando contro una medesima parete era stato Marshall ad inchiodarla per prendersi un bacio che le aveva fatto scoppiare il cuore. Ed anche lì, Grace, si era sentita come posta di fronte una scelta tra i due, una posizione scomoda che la costringeva a tradire la fiducia dell’uno preferendo l’altro. Lei non voleva essere contesa a quel modo, non lo trovava giusto, equo o corretto. Perché doveva essere tutto così complesso?
    «No Michael, tu non ci hai nemmeno provato.» Sussurrò il fiato grosso dopo avergli appena urlato di starle lontano. «Te ne sei andato e mi hai ignorata e lo avresti fatto fino ad oggi. Senza un motivo Era svuotata. Le lacrime avevano cominciato ad offuscarle la vista ed i contorni del Serpeverde si erano fatti indefiniti. «A questo punto cosa vorresti sentirti dire? Buona vita? Sì. Direi che è ciò di cui abbiamo bisogno.» Ancora una volta aveva deciso lui per entrambi. Il labbro della Grifondoro tremò. «Vaffanculo», sfiatò sderenata prima di scappare via.

    CITAZIONE
    CONCLUSA.


    Edited by Dragonov - 9/4/2023, 20:40
     
    .
9 replies since 15/3/2023, 00:57   210 views
  Share  
.
Top
Top