Nervous.

Daphne

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    Quando ho un luogo in cui andare, una serata da passare in un posto, qualcuno da vedere, ho la maledetta incontrollabile abitudine di immaginare l'evento prima che accada. Immagino tutto, il mio ingresso, quello che farò, quello che dirò, le persone che vedrò e questo mi fa sentire preparato, pronto a ciò che mi aspetta. Immagino perlopiù eventi lineari senza particolari risvolti dovuti ad elementi esterni, perchè la mia immaginazione ha un limite: esiste solo il mio punto di vista, il modo in cui io mi muovo all'interno dello spazio. Se mi chiedessero di spiegare questo meccanismo avrei non poche difficoltà a farmi capire ma il fatto, in breve, è che mi creo delle aspettative. Gli imprevisti poi accadono, chiaro, succede sempre qualcosa che non ero riuscito ad immaginare eppure per mia grande fortuna riesco a cavarmela senza farmi prendere troppo in contro piede, ho solo bisogno di uno scenario immaginario iniziale.
    Eppure questa sera il mio scenario immaginato non soltanto non corrispondeva alla realtà, ma non ci si avvicinava nemmeno, è stato stravolto, distrutto, ribaltato, trasformato in qualcosa di incredibilmente sgradevole a cui assistere. Neanche con tutta l'immaginazione che ho in corpo avrei potuto visualizzare qualcosa di così frustrante e fastidioso.
    Quindi non ero preparato, nè allo spettacolo che un coglione ha deciso di improvvisare, nè alla mia stessa reazione. Controllo i nervi con fatica stringendo i pugni e irrigidendo la mascella come se volessi trattenermi dall'esplodere mentre nella mano destra tengo stretta - forse un po' troppo forte - quella di Daphne costringendomi a seguirla fuori dal Wonderland. Non ho più niente da fare in quel locale e nemmeno lei, anzi, dopo oggi non so nemmeno se ci tornerò. Quindi con un passo decisamente rapido fisso la porta davanti a me facendomi strada tra la gente, tra chi si fa gli affari suoi, chi ride per l'accaduto, chi è troppo ubriaco per averci fatto caso. Nessuno di loro ha la mia attenzione, sono troppo focalizzato su una serie di interrogativo che mi ronzano in testa come mosche fastidiose. Cos'è a farmi girare così tanto le scatole? Daphne lo ha allontanato immediatamente, lui non avrebbe dovuto toccarla in primo luogo. Non è per la sua reazione che sono infastidito, è perchè lui si è preso decisamente troppa confidenza con la persona sbagliata, con la persona per cui io sono venuto stasera. E da dove nasce tutta questa confidenza? Che pezzo mi manca?
    Spalanco la porta e l'aria fredda dell'esterno arriva subito a scontrarsi con il mio viso abbastanza accaldato per tutta una serie di ragioni. Faccio qualche passo seguendo la fiancata del locale, la musica si allontana gradualmente e ad un certo punto, finalmente, mollo la presa sulla mano di Daphne superandola di qualche passo. Inspiro aria fredda, la ricaccio fuori slanciando il collo all'indietro mentre ancora le do le spalle, tutti movimento utili a non farmi uscire di bocca la prima stupida idiozia che mi viene in mente, perchè sarebbe soltanto controproducente. Quando decido di essere pronto, mi giro a guardare la serpeverde tenendo le mani giunte ad altezza labbra: quali sono le parole migliori per dirlo? Per farmi capire, da dove inizio, con cosa? - che cazzo di pessimo spettacolo ho appena visto? - il mio tono non è calmo, il mio viso non è rilassato, le parole che uso sono poco corrette. Fanculo. Non mi piace parlare così - mi è sembrato che ci fosse un po' troppa confidenza - non ci riesco, non riesco ad essere tutto d'un pezzo come mio solito ma sembra che qualcosa stia prendendo il sopravvento sui pensieri logici - decisamente troppa. E no, non mi è piaciuto - così potrei incolparla troppo presto di qualcuno di cui magari non ha colpe. Non lo so, attendo che dica qualsiasi cosa per riordinare i pensieri perchè questo maledetto ronzio di merda tra un po' mi farà esplodere il cervello.



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    Daphne guardava Hunter diritto negli occhi, immobile, senza dire una parola mentre la musica le rimbombava nelle orecchie. Si avvicinò di un passo, gli doveva una spiegazione, ma venne preceduta dal cornovero che, dopo aver guardato male Aaron, la prese per mano e la trascinò via. Non oppose resistenza, non voleva rimanere in quel posto un minuto di più, e sicuramente non ci sarebbe ritornata dopo tutto quello che era successo. L'arrabbiatura non le era passata, il biondo aveva superato ogni limite, mettendola in ridicolo davanti all'intera scuola senza che lei potesse impedirglielo. Aveva fatto bene ad appenderlo a testa in giù, la prossima volta, se mai ci sarebbe stata, ci avrebbe pensato due volte prima di fare una cosa del genere. Erano stati amici per molto tempo, discussioni ce n'erano state, ma non si era mai spinto a tanto. Avrebbe fatto meglio a starle lontano per un po', non le andava proprio di vederlo.
    Le stinse forte la mano e lei ricambiò, mentre, a spintoni, si fece largo tra la folla. Risalì la rampa di scale che dava alla porta e, quando la fredda brezza della sera le solleticò il viso, tirò un sospiro di sollievo: finalmente erano fuori. Odiava i posti affollati e il Wonderland lo era fin troppo. Hunter non si fermò, continuò a camminare per qualche altro isolato senza voltarsi a guardarla nemmeno una volta, era davvero incavolato. Non poteva dargli torto, lo spettacolo a cui aveva assistito era stato pessimo, al limite del ridicolo e, come se non bastasse, un ragazzo senza maglietta le aveva twerkato addosso. Se fosse stato il contrario, si sarebbe incazzata anche lei, il solo pensiero che qualcuno potesse avvicinarsi a lui e toccarlo in quel modo le dava su i nervi. Aveva capito che, quando si trattava di Hunter, diventava possessiva a livelli assurdi. Razionalmente era un sentimento che avrebbe dovuto cercare di sopprimere in tutti i modi, non era positivo, per lei, tenere così tanto a una persona e non volerla condividere con nessuno, perché c'era il rischio di diventarne dipendenti. Daphne aveva promesso a se stessa di non farlo mai, però con lui era tutto così naturale che quasi non se n'era accorta. Per questo era ancora più pericoloso. Strinse i pugni, non era così che doveva andare la serata, maledizione! Era andata a quella stupida festa di San Valentino per distrarsi un po', non di certo per discutere con lui.
    Si fermò improvvisamente, lasciandole la mano e allontanandosi di qualche passo. Non le piaceva la distanza che si era venuta a creare tra loro, non quando, tutto ciò che voleva, era rifugiarsi tra le sue braccia, nascondere il viso nell'incavo del suo collo e respirare il suo profumo. Solo così si sarebbe calmata. Daphne, però, rimase dov'era; sapeva che, in quel momento, aveva bisogno dei suoi spazi. Si stinse nelle spalle e incrociò le braccia al petto, quasi per darsi conforto. Si sentiva sola, perché? Quella spiacevole sensazione l'aveva provata quando erano stati lontani tutti quei mesi, adesso non aveva senso, Hunter era lì, a pochi passi da lei. Allora perché ho così paura di perderti? Sospirò e si morse il labbro inferiore, aspettando che le dicesse qualcosa, qualsiasi cosa. Non smise di guardalo neanche per un attimo, nemmeno quando i suoi occhi verdi pieni di rabbia si posarono su di lei, gelandola sul posto. Fece un passo avanti, accorciando, anche se di poco, la distanza che li separava. «Uno non richiesto. Non so cosa gli sia preso, ma non mi è piaciuto e si è visto.» Non si era risparmiata e se non ci fosse stata tutta quella gente, avrebbe fatto anche di peggio. Quando perdeva la pazienza era vendicativa come sua madre e ci metteva un po' per sbollire, anche mesi. Rilassò le braccia lungo i fianchi e sostenne il suo sguardo, decisa, perché non aveva fatto niente di male, né gli aveva dato modo di dubitare. Non c'era nessun altro, stava con lui e basta. Però se aveva bisogno di altre conferme o spiegazioni gliele avrebbe date senza problemi, se necessario, avrebbero trascorso tutta al sera a parlare di quello. «In questo caso la confidenza se l'è presa, non gliel'ho data di certo io. Sai che non lo faccio mai, pongo sempre dei limiti.» L' unico a cui aveva permesso di varcarli era lui, glielo aveva fatto capire più volte. Dubitava che Hunter ce l'avesse con lei, però il modo si stava rivolgendo a lei era duro. Era la prima volta che lo vedeva così fuori di sé, di solito era sempre calmo e controllato, invece adesso era sul punto di esplodere. Tempo fa, le aveva detto di essere possessivo, ma quanto, esattamente, non lo sapeva ancora. Forse, da lì a poco, lo avrebbe scoperto visto il fastidio che stava mostrando. «Lo so, ma sono stata chiara e conoscendolo non credo lo farò di nuovo.» Si spostò nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio e si avvicinò, sforzandosi di non toccarlo. Voleva sentire il calore del suo corpo, perché anche se era abituata a quindici gradi sotto zero, in quel momento sentiva freddo lo stesso. O forse erano solo scuse, le sue, perché dopo averla fatta sua più e più volte, Daphne non riusciva più a fare a meno del suo tocco. Ormai era una necessità. «Non c'è niente tra noi, siamo solo amici o meglio, lo eravamo.» Aaron non ricordava nulla di lei, tranne il fatto che si fossero baciati sulle note di Summertime Sandess. Quel bacio era stato dettato dall'alcol, dietro non c'era alcun significato particolare, anche perché nessuno dei due era pronto per una relazione allora. Adesso, però, le cose erano diverse, per lei. Davanti aveva qualcuno che le piaceva realmente, e per quanto le facesse paura provare sentimenti così forti per qualcuno, aveva deciso di restare.



    Edited by Daphne. - 13/3/2023, 08:52
     
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    Era vero, Daphne aveva chiarito con le sue azioni che l'atteggiamento di Aaron non era per nulla gradito e il quadro finale era risultato chiaramente leggibile a tutti quelli che avevano osservato la scena: un'attenzione non richiesta insomma, uno spettacolino ridicolo in cui la serpeverde si è trovata coinvolta a sua insaputa, questo lo so, lo so bene. Inequivocabile, per tutti, meno che per me e la mia testa che continua a vedere e cercare i problemi e le ambiguità più nascoste, si pone domande e incredibilmente si oppone alla mia volontà di costruire uno schema logico. So che se fosse dipeso unicamente da Daphne lei non si sarebbe mai messa in questa situazione, è sempre stata così distaccata verso tutto e tutti tranne che con me, e questo suo modo di fare mi ha sempre trasmesso sicurezza. Eppure questa consapevolezza non riesce a calmarmi, non riesce a far tacere quella voce dentro di me che vorrebbe soltanto dirle fermamente di non avvicinarsi mai più a quel tipo. E davvero penso ad una soluzione tanto drastica, come se potessi o volessi ordinarle di fare qualcosa... se solo potesse ascoltare i miei pensieri, chissà cosa penserebbe di me, se cambierebbe idea. Devo fare appello a tutto il buonsenso che mi è rimasto in corpo per lasciare indietro quelle frasi, provare a respirare profondamente per permettere alla logica di tornare a prendere il comando su di me, come è sempre stato. Mi sento in balia delle troppe sensazioni che al momento mi governano, e su volta sapere di non avere il controllo mi manda ai matti lasciandomi con un solo semplice quesito: come dovrei comportarmi? Cosa dovrei fare? Non saperlo è una sensazione nuova che avrei preferito non provare. In realtà ho sempre saputo di sviluppare un certo senso di attaccamento per ciò che attira la mia attenzione, possessivo, così mi sono definito anche con Daphne quella sera sul prato. Non pensavo che le avrei mai mostrato questo aspetto eppure mi ritrovo a mostrarglielo proprio adesso, in seguito alle inaspettate azioni di un ragazzo a caso. È forse uno dei miei lati più deboli, meno controllati o controllabili, che mi spingono a parlare senza prima filtrare le parole
    - vorrei tanto sapere cosa gli ha dato il diritto di prendersi tutta questa libertà - la guardo mentre glielo chiedo ma in realtà si fa strada nella mia testa la consapevolezza che questa domanda non ha senso. La sto ponendo più a me stesso che a Daphne nonostante sembri che io cerchi disperatamente da lei delle risposte. Non mi sembra che ne arrivi neanche una, sembra di sbattere contro un muro di gomma e non ricevere nessun risultato nonostante provi a comunicare. Deve essere questo quello che provava mio padre quando tentava di comunicare con me e mi ripeteva che era difficile non perdere la pazienza di fronte alla mia espressione stoica, adesso riesco in qualche modo a capire cosa intendeva dire. Ripensandoci, non so che risposta possa aspettarmi o pretendere, cosa vorrei sentirmi dire, se esiste in realtà qualcosa che possa fermarmi o se dipenda unicamente da quando il mio cervello deciderà di spegnere l'interruttore. Scuoto la testa in segno di disappunto, incapace di aggiungere altro e siccome quel gesto non basta a sciogliere i nervi, prendo a fare un paio di passi avanti e indietro senza mai davvero allontanarmi da dove sono, una specie di esasperata marcia sul posto è l'unica stupida azione che posso compiere. Daphne sembra molto sicura di ciò che dice, forse anche troppo per quello che penso io e io non riesco a concordare con lei - forse non lo conosci così bene. Non ti aspettavi che avrebbe fatto quello che ha fatto, chissà che non abbia altre magnifiche idee simili in futuro - sono carico di un senso di frustrazione che per quanto ci provi non riesco a non far trapelare: la mia voce, il modo in cui mi muovo, tutto suggerisce uno stato d'animazione che normalmente non mi appartiene. Ed è fastidioso come non riesca a sfruttare a dovere la voce e il momento. Mi accade tutto questo per via della ragazza che mi sta di fronte che ora potrebbe star fraintendendo le mie parole, oppure potrebbe star provando un forte senso di confusione di fronte alla mia reazione - ti fidi di lui? - io no e non mi serve concedergli una seconda occasione, ho già visto tutto quello che c'era da vedere. Lei cosa vorrebbe, che gli concedersi il beneficio del dubbio? È qualcosa a cui terrebbe? Sto per aprire nuovamente bocca ma questa volta la richiudo serrando i denti ed emettendo un mugolio a labbra strette, un suono senza dubbio infastidito da quell'idiota ma anche da me stesso, che sto gestendo il momento decisamente male. Lei ogni tanto muove qualche passo in mia direzione, forse nel tentativo di avvicinarsi un po' a me e io di contro sento i piedi pesantemente ancorati a terra, non riescono ad avanzare verso Daphne per quanto vorrei mostrarmi aperto e disponibile all'ascolto. Sono sempre stato indifferente a questi eventi che portano scompiglio per una sera, smuovono un po' le acque ma non me, mai, non mi sono scomposto così neanche quando i miei nonni sganciavano le loro stupide provocazioni verso me o mia sorella: ho sempre avuto un approccio freddo e riflessivo, alterato ovviamente, ma sempre controllato. Ecco, ecco cosa mi manca, il controllo e mi sento un'idiota a continuare un discorso di cui io stesso perdo il punto in continuazione. Ogni tanto mi assento trascinato da qualche parte dentro la mia testa e ritorno quando alcuni particolari fattori esterni sono abbastanza forti da attirare la mia attenzione. Ad esempio, quando lo definisce amico - forse per te è un amico - è un pensiero violento, abbastanza da costringermi a dargli voce. La interrompo bruscamente con una precisione che, in questo momento di totale confusione mentale, mi sembra dovuta. Assolutamente non da me. Continuo a reagire secondo uno schema strano, in balia del caos. Amici. Lo sono o lo erano? Fa differenza. Sto esagerando sviluppando pensieri e dubbi di cui domani mi pentirò, odio sentire questo senso di insicurezza dettato dal non sapere abbastanza. E non dico che non possa avere amici, non sono ancora totalmente impazzito, ma quel tizio è riuscito a starmi sulle scatole dopo appena qualche minuto segnando un record che difficilmente potrà essere superato. E ora la mia curiosità sul loro rapporto non riesce ad esaurirsi tanto facilemente - amici - ripeto, pensieroso - da quando? - un dettaglio probabilmente non rilevante ma che io voglio ugualmente conoscere, perchè sento che può dettagli ho sulla situazione e più probabilità ci sono di mettere ordine nel mio cervello che ora sembra iniziare a pulsare. Ne ho bisogno.


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    Quando Hunter le aveva chiesto se andasse alla festa al Wonderland, Daphne aveva detto di sì, perché dopo mesi passati ad odiare sua madre, a rimpiangere suo fratello e a maledire suo padre per essersi fatto manipolare così da quella stronza, voleva divertirsi un po' come qualsiasi ragazza della sua età. Con lui aveva trovato la serenità, era il suo porto sicuro in mezzo a quel caos che era la sua vita. Forse era anche per questo che era così possessiva nei suoi confronti; l'idea che una ragazza potesse provare a portarglielo via le faceva una rabbia tale che istintivamente strinse i pugni, conficcandosi le unghia nella carne. Se quello era lo stato d'animo del corvonero, capiva benissimo la sua reazione nel vederla così vicina ad un altro, doveva essergli salito il sangue al cervello. Era destabilizzante non avere un minimo di controllo sulle proprie emozioni, ed era anche per questo che si era data alla fuga, mesi fa, prima di doversi arrendere di fronte ad una verità oggettiva: le piaceva, e anche tanto, e se mettere da parte al ragione era il prezzo da pagare per stare con lui, le andava bene. La sua scelta l'aveva fatta valutando i pro e i contro di quella relazione, ciò che non aveva considerato, però, era il profondo senso di solitudine che avrebbe provato nel vederlo così distante. Sapeva che non la toccava perché era arrabbiato, ma le mancava. Dio, quanto le mancava. Maledisse ancora una volta Aaron per averla messa in quella situazione, e cercò di spiegarli come stavano le cose in modo chiaro. Non voleva ci fosse alcun tipo di fraintendimento tra loro, doveva capire che era l' unico per lei, in tutti i sensi, anche perché non era nemmeno nei suoi piani essere così presa da un ragazzo. E di chi era la colpa? La sua. Lui e quel suo essere così galante, premuroso, sensuale. Persino adesso, mentre la guardava con freddezza, lo trovava affascinate. Ho perso la testa.
    Mantenere le distanze non era facile, ma si sforzò, perché Hunter aveva bisogno di riprendere il controllo della sua persona e di capire che non aveva niente di cui preoccuparsi. «Per lui era uno scherzo, ma non lo avrebbe mai fatto se...» Non avesse perso la memoria. Sapeva che odiava quel genere di cose e l'Aaron di prima non si sarebbe mai preso una tale libertà, soprattutto vedendola in compagnia di un altro. Non continuò la frase, sospirò e si massaggiò le tempie, chiudendo per un attimo gli occhi. La sua voce glieli fece riaprire poco dopo e ciò che disse le diede fastidio. Davvero pensava che glielo avrebbe lasciato fare? Era palese a tutti che quel tipo di attenzioni non le erano piaciute affatto. «Se ci tiene a mantenere un minimo di rapporto con me non lo rifarà, e certe libertà non le concedo a nessuno sia chiaro. E poi sanno tutti che sto con te, per me uscire allo scoperto vuol dire tanto.» Ci teneva alla sua vita privata e di certo vedere la sua faccia sul giornalino scolastico l' indomani non le avrebbe fatto piacere, ma se era con lui le andava bene anche quello. Aveva palesemente dichiarato di essere sua e per com'era fatta lei era un passo importante, possibile che fosse talmente accecato dalla rabbia da rendersene conto? Dall' esterno poteva sembrare che Hunter fosse soltanto geloso, ma lei lo conosceva, non era tipo da perdere il controllo così. C'era molto di più sotto. Non riusciva a mandare giù il fatto che qualcun altro, a parte lui, l'avesse toccata. Era possesso quello. E Daphne lo sapeva, l'aveva avvertita, ma non pensava che potesse esserlo così tanto. La cosa preoccupante era che non le dispiaceva, perché questo stava a significare che provavano le stesse cose e che da un'altra non ci sarebbe andato neanche per scherzo. Meglio così, la parola tradimento non esisteva nel suo vocabolario. «Io non mi fido di nessuno.» Non esitò nel dare quella risposta. Non parlava mai di sé, nessuno sapeva di ciò che sua madre le aveva fatto e neanche che avesse un fratello, aveva sempre detto di essere figlia unica. Astrid non contava niente, quella mezzosangue non era sua sorella e suo padre era morto tempo fa. Aveva raccontato solo di sua nonna, ma non era mai andata nei dettagli, erano cose private. Eppure Hunter sapeva molte cose di lei per un motivo. Si avvicinò a passo svelto, non sopportando più quella distanza e fissò gli occhi nei suoi, decisa a chiarire quella situazione del cavolo. «Però con te l' ho fatto. Mi sono fidata.» Sorrise leggermente. La fredda brezza della sera le scompigliò i capelli, erano diventati troppo lunghi, forse doveva tagliarli. Spostò una ciocca dietro l'orecchio e incrociò le braccia al petto come meccanismo di difesa. Si stava esponendo ancora una volta ed era sempre difficile farlo, non era da lei abbassare le difese in quel modo, ma con Hunter era diventata quasi un'abitudine ormai. «Sì, ed è questo quello che conta, no?» Le cose si fanno in due e per lei Aaron era solo un amico, niente di più. Non provava alcun tipo di sentimento nei suoi confronti, era stata solo attratta da lui in passato, ma la cosa finiva lì. «Io voglio te, mi sembra ovvio. » Era quasi scontato. Daphne era una persona decisa, se avesse voluto un altro lo avrebbe lasciato senza problemi invece di stare lì a desiderare di essere tra le sue braccia. Che poi, due mesi senza di lui e le era sembrato di impazzire. Come si era ridotta. «Per due anni ho frequentato Durmstrang, ma questo lo sai già, e ci siamo conosciuti lì. Eravamo abbastanza legati anche se all'inizio mi era indifferente, in quel periodo lo erano tutti in realtà. » Dopo la morte di sua nonna si era isolata dal mondo, non voleva avere a che fare con nessuno. Aaron era riuscito a rompere la sua corazza qualche tempo dopo e solo perché si era accorta di star di nuovo ricadendo in quel loop di apatia che l'aveva colta mesi prima. Non poteva diventare una bambola per la seconda volta. «Siamo diventati amici, non ho mai detto molto di me però, sa delle cose ma non del dettaglio. Non riesco ad aprirmi completamente con le persone, mi viene l'ansia solo a pensarci e il fatto che io lo abbia fatto con te dovrebbe farti capire tante cose, Hunter. Abbassò lo sguardo e si passò una mano tra i capelli, gettandoli all'indietro in segno di nervosismo. Non le piaceva quella tensione tra loro, odiava tutto questo. Fece un altro passo in avanti inconsapevolmente, era più forte di lei, non riusciva a stargli lontana. «Alla fine del secondo è andato via senza neanche salutare e da allora non l'ho più rivisto, né ci siamo sentiti. » Tornò a guardarlo poco dopo, in attesa di altre domande perché era chiaro che non avesse ancora finito, anche se il succo della storia era quello.



    Edited by Daphne. - 25/3/2023, 00:09
     
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    Non si contano le volte in cui mi sono visto costretto a nascondere il mio disappunto; è il tipo di emozione che esprimo con più facilità, che mi si dipinge immediatamente in volto non appena ho un'opinione contraria su qualcosa o qualcuno. Crescendo, hanno iniziato a dirmi che questa forma di sincerità che esprimevo poteva essere sconveniente perchè non sono molte le persone che tollerano punti vista avversi e giudizi. Per cui, per salvare la faccia e non mettere me ma soprattutto gli altri in situazioni di imbarazzo, ho imparato a nascondere anche questa emozione sostituendola con il silenzio ed un sorriso appena accennato. Avevano ragione, i miei nonni, mio padre, mia sorella... avevano ragione, perchè da quando ho attuato questo nuovo metodo le discussioni inutili in cui mi ritrovo coinvolto sono nettamente diminuite. In parole povere la definisco una skill, un qualcosa di cui prima non afferravo il senso ma che poi si è rivelata una vera e propria abilità. Sono così abituato a mantenere il controllo sul mio disappunto che il fatto che ora lo stia mostrando spudoratamente e senza limiti, mi infastidisce quasi di più del motivo per cui mi sono alterato. Visto il modo in cui Daphne ha gestito la cosa avrei potuto lasciar correre, etichettare quell'Aaron come un deficiente con manie di protagonismo e passare oltre, magari concludendo in bellezza la serata e godendo del tempo con la serpeverde. Ci ho provato, ci sto provando, eppure le parole spingono per essere pronunciate e le mie espressioni facciali non vogliono davvero saperne di rispondere alle mie intenzioni, come fossero cavalli a briglie sciolte. E io so quanto sia difficile tenere a bada un cavallo fuori controllo, ogni tentativo sembra inutile, al punto che alla fine preferisci allontanarti e lasciare che si sfoghi da solo. Forse sto facendo questo con le mie sensazioni, le sto facendo fluire, oppure no. Oppure sono soltanto davvero incapace di governarle al momento, ed è difficili da accettare.
    Pensandoci Daphne sembra stia attuando lo stesso metodo mantenendo un tono pacato e rimettendo quella distanza di sicurezza che fra di noi si era invece completamente annullata. Lo sento, riesco a sentire il suo tentativo di dirmi qualcosa che mi soddisfi, di darmi una risposta neanche lei sa bene a cosa, eppure ogni parola che pronuncia mi mette solo più in confusione soprattutto se lascia le frasi a metà. Infatti la guardo come a volerle dire di proseguire, di concludere la sua frase ma quando si porta le mani alle tempie non riesco ad aggiungere altro. É colpa mia, lo sto facendo ancora, la sto mettendo spalle al muro. Mi esce di bocca una sillaba, il preludio di una parola che però non dico cioè "continua", continua a dirmi quel che devi, continua a spiegarti. Mi mordo il labbro inferiore per evitare di farlo perchè non sono amante delle pressioni e questa voglio proprio evitarmela.
    Stando alla sua frase successiva, mi dico che ho fatto bene a non strafare: lei sta con me e io, senza ombra di dubbio, sto con lei. Sento qualcosa sbrogliarsi dentro di me, una sensazione di ansia piacevole che mi distende i nervi e l'espressione corrucciata che mostro. Espiro, inspiro, svuoto i polmoni e poi li riempio di nuovo
    - lo so - inizio a sentirmi ridicolo - so che non sei una che si fa coinvolgere facilmente - per un attimo evito il suo sguardo perchè la sensazione di aver appena fatto una scena ridicola inizia a diventare troppo forte - e io sono contento che tu non abbia voluto nascondermi. Non ci sono abituato, di solito non do così tanto peso alla cosa - sto meditando guardando al mio comportamento quasi con occhio scientifico. C'è sempre qualcosa da studiare o da capire quando si tratta di Daphne.
    «Io non mi fido di nessuno.» ci tiene a rimarcare un concetto che già era ben consolidato nella mia mente, eppure sembra che ripetersi a questo punto sia necessario. Ero preparato, lo ero meno invece a vederla esporsi in questo modo: ho un secondo sussulto quando ammette di fidarsi di me e nonostante l'abbia già reso palese tramite le sue azioni, sentirlo dalla sua voce è diverso. Sento l'ombra di un sorriso spuntarmi sulle labbra e provo una sensazione che mi spinge ad avvicinarmi di un paio di passi a lei - sì... è quello che conta - annuisco abbassando nuovamente lo sguardo. Lascio passi qualche secondo per assimilare, per riordinare i pensieri, per capire come posso esprimermi senza fare altri errori. Devo sembrare pazzo con tutti questi cambi di espressione e atteggiamento, tono di voce e posizioni corporee; ora sto riflettendo portandomi indice pollice sinistri al mento, cercando di zittire tutti i rumorosi pensieri superflui che provano a sovrastare la ragione - non lo metto in dubbio. E neanche tu devi farlo - di nuovo, i pensieri si accavallano con violenza fino a quando il mio tentativo di schiarirmi le idee non inizia finalmente a funzionare - anche io voglio te, ecco perchè reagisco così. Non è mancanza di fiducia, è... altro. Ti voglio tanto da non tollerare qualcosa o qualcuno che si metta in mezzo - questo è verità e non trovo altro modo per dirlo. Potrei aggiungere altro, potrei dire che più la voglio e più voglio trattenerla, meno sopporto vederla in intimità con qualcuno che non sia io perchè con alcuni suoi aspetti potrebbe conquistare chiunque. Questo però penso che la spaventerebbe, così soffoco il pensiero, decido di non dargli voce perchè potrei soltanto ottenere l'effetto opposto a quello che spero. Riesce a conquistare me anche adesso che mi sta mostrando questa agitazione mai vista prima, potrebbe avere lo stesso effetto su chiunque altro per quel che ne so. Forse sto impazzendo. Ascolto ogni parola che mi rivolge, inizia a spiegarsi e a spiegarmi come sono andate le cose mentre io scuoto flebilmente la testa. Non è disappunto per quel che dice, è disappunto per averla spinta a spiegarsi in questo modo, per averla messa in questa posizione, per essermela presa con lei anzi che con il vero responsabile di questo malinteso - basta così - la interrompo bruscamente quando ho capito di aver raggiunto il limite. Ho perso il numero degli sbuffi che ho emanato da quando abbiamo iniziato questa conversazione - non voglio che ti spieghi ancora - in realtà vorrei conoscere ogni dettaglio ma ancora una volta, mi sentirei fin troppo nel torto a chiederle oltre - non voglio ci siano fraintedimenti. Ci tengo a sottolineare che non ho mai dubitato di te. Avevo che tu e questo ragazzo vi foste già conosciuti, non so come, non so dove, non so quando - adesso invece lo so, in un certo senso lui è arrivato prima di me e ha conosciuto la Daphne ai tempi di Durmstrang. Cos'è, invidia? Non capisco perchè continuo a focalizzarmi su qualcosa di tanto superfluo quando potrei guardare al futuro - mi ha infastidito che si sia preso tutta questa libertà, che ti abbia messo in imbarazzo e io non abbia potuto fare nulla per evitarlo - chissà se interrompere i contatti con lei l'ha ferita, se è stato importante. Basta, devo vivere nel presente - io... - mi porto una mano alla tempia - so che tu gestirai le cose nel modo migliore. Ma credo che non ci sia niente che tu possa fare per farmelo stare più simpatico - in poche parole, il mio è un verdetto definitivo: non nasconderò il mio fastidio verso questa persona. non credo che ci riuscirei nemmeno se provassi - continuerò ad essere infastidito dalla sua presenza -.


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    Quando aveva deciso di stare con Hunter sapeva che, tra di loro, prima o poi, ci sarebbero state delle discussioni e delle incomprensioni, era così in tutti i rapporti. Per quanto andassero d'accordo e vedessero le cose allo stesso modo, c'era sempre qualcosa che li portava ad avere un confronto o un semplice scambio di battute, ma andava bene così, anche questo era importante per conoscere davvero una persona. In quei due mesi passati insieme aveva scoperto una serie di cose sul suo conto: odiava la cannella, gli piaceva la mela verde, aveva sempre le cuffie nelle orecchie, non suonava mai il basso in pubblico, era particolarmente dolce dopo averla fatta sua, era testardo, gentile ma anche sarcastico quando era di cattivo umore, gli piaceva starle vicino e, come lei, odiava perdere il controllo sulle sue emozioni. Quando era nervoso era meglio lasciarlo per un po' da solo e rispettare i suoi spazi, Hunter aveva un modo tutto suo di affrontare le cose e lei non gli metteva fretta, lo aspettava come aveva sempre fatto. Quello che stava mostrando adesso, però, mentre sul suo viso si susseguivano una serie di espressioni diverse ogni volta che parlava, era un lato del tutto inedito del suo carattere che stava capendo come gestire. Stava cercando di spiegargli come stavano le cose tra lei e Aaron in modo calmo perché sapeva a cos'era dovuta quella reazione: alla sua paura di perderla. Quel ragazzo tanto misterioso non si legava facilmente a qualcuno, anche lei aveva dovuto abbattere le sue difese per capire cosa ci fosse dietro la sua apparente apatia e sì, ne era valsa la pena. Ora avevano un legame e Daphne, onestamente, non aveva intenzione di reciderlo o indebolirlo per quello spettacolo ridicolo messo su dal grifondoro, più avanti ci sarebbero stati ostacoli più difficili da superare. Come sua madre.
    Le sue parole sembrarono averlo raggiunto, però il termine" nasconderlo" le fece storcere il naso. Non era uno sporco segreto da non rivelare mai o uno scheletro nell'armadio che nessuno doveva scoprire. No. Era il ragazzo che le piaceva. « La nostra relazione l' ho tenuta per me perché siamo entrambi riservati e non voglio domande sulla mia vita privata, sono affari miei con chi sto. Però se dici nascosto suona male, tu... » Si avvicinò di un passo, mancavano pochi metri e l'avrebbe finalmente raggiunto. Quella distanza che li separava doveva sparire, voleva toccarlo. Dannazione. «...vali molto più di quanto pensi. E la tua gelosia la capisco, Hunter. » Stava per andare su un dannato palco e dichiarare davanti a tutta la scuola che era occupato solo perché una ragazza gli ronzava attorno con il chiaro intento di avvicinarsi a lui. Era stato l'effetto del drink, certo, ma glielo avrebbe fatto capire in ogni caso. Andasse a giocare un po' più in là adesso che sapeva con chi stava Hunter, una piccola fattura gliel'avrebbe lanciata se superava ancora i limiti. Era suo e basta, non glielo dovevano toccare. Sua nonna, scherzando, le aveva detto le donne della famiglia Blackwood erano possessive quando stavano con qualcuno; non ci aveva creduto, Ginevra non era per niente il tipo, era sempre stata per il vivi e lascia vivere, ma a quanto pareva si era sbagliata anche su quello. Nel mentre, Hunter aveva annullato un po' le distanze e Daphne sorrise, stringendosi nelle spalle e inclinando leggermente la testa di lato. Con le braccia distese lungo i fianchi, lo osservò cambiare espressione ancora una volta. A cosa stai pensando? Cosa ti turba? Spesso lo aveva scorto con lo sguardo fisso nel vuoto, sovrappensiero, con la testa da tutt'altra parte. Avrebbe voluto che le parlasse, che si aprisse con lei ma era stata zitta, perché sapeva il peso della verità. Se alcune cose fossero venute a galla, sarebbe stato il punto di non ritorno: seppur conoscendo l'oscurità della sua famiglia non l'avesse lasciata, lo avrebbe stretto a sé talmente tanto che niente e nessuno avrebbe potuto allontanarlo da lei... Non aveva mai fatto quei pensieri, era forse impazzita? "Ti voglio tanto da non tollerare qualcosa o qualcuno che si metta in mezzo." Quella frase le fece sgranare leggermente gli occhi, com'erano arrivati a questo? Sospirò e in due falcate gli fu vicino, appoggiò la testa sul petto e strinse i lembi della camicia entrambe le mani. Un profumo di ambra e sandalo l'avvolse: il suo. Inspirò, espirò e dopo qualche secondo si staccò, non sapeva se era pronto per accoglierla tra le sue braccia. «Neanche io. » Guai a chi si metteva in mezzo. «Infatti quella che ha una cotta per te farebbe meglio a farsela passare.» Il suo sguardo divenne di ghiaccio. Impassibile, ripensò al modo in cui quella tipa l'aveva squadrata alla festa, come se le avesse portato via qualcuno che non aveva il diritto di reclamare. Le cose andavano fatte con cognizione di causa, non era un caso, infatti, se Daphne aveva aspettato di essere ricambiata prima di prendersi certe libertà. Era impressionante come fosse fredda e distaccata con gli altri mentre, con lui, si scioglieva come neve al sole. Anche per questo che gli aveva raccontato tutto, o quasi tutto, mancava un piccolo dettaglio. «Adesso lo sai. Te l'ho raccontato perché nemmeno io voglio ci siano dei fraintendimenti tra noi, non mi va che ci allontaniamo per questo. Già siamo stati lontani, non ripeterò l'esperienza. » Mesi e mesi passati a cercare di reprimere un sentimento che, alla fine, aveva comunque prevalso, il tutto mentre la sua mancanza si faceva sentire ogni giorno di più. Si era arresa alle sue emozioni, le aveva capite, quindi sapeva cosa fare adesso.. «Non è colpa tua, non devi rimproverarti di nulla. » Allungò una mano per stingere la sua e gli sorrise dolcemente. Sempre gentile, sempre attento. Aveva fatto la scelta giusta a perseguire il suo mistero. «Forse questa cosa che ti dirò peggiorerà solo le cose ma non mi va che esca più avanti e porti problemi.» Quel particolare evento lo aveva ricordato anche Aaron, le aveva chiesto conferma prima che lo appendesse a testa in giù. Che tempismo. Incrociò le loro dita e portò la mano destra sulla sua guancia, sfiorandola delicatamente, prima di poggiare la fronte contro la sua e regolare il respiro in base al suo, in un momento intimo. Voleva rassicurarlo, tranquillizzarlo in qualche modo. «Alla festa di fine anno, prima che se ne andasse, abbiamo alzato un po' il gomito e ci siamo baciati, ma la cosa è finita lì. Non c'è stato altro.» Indubbiamente era un bel ragazzo, sarebbe stata ipocrita a non ammetterlo, e infatti a Durmstrang parecchie ragazze avevano una cotta per lui, ma non lei, anche perché, in quel momento, stare insieme a qualcuno era l'ultimo dei suoi pensieri. In realtà, lo era stato finché non aveva conosciuto Hunter, da quando avevano parlato alla Stanberga, quasi un anno fa, era cambiato tutto. Si allontanò di poco, senza, però, lasciare andare la sua mano e anzi, rafforzò la presa, perché lei era lì e non andava da nessuna parte, dovevano chiarire, una volta per tutte, quella situazione del cavolo. E forse non lo avrebbe fatto neanche dopo, aveva la necessità di sentirlo vicino, di stringerlo a sé, di baciarlo. Di fargli capire che c'era solo lui.



    Edited by Daphne. - 2/4/2023, 22:22
     
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    Ho la sensazione di star tralasciando qualcosa, qualcosa di molto importante anche se non riesco ad individuare di cosa si tratti. Ci sono così tanti pensieri non ben definiti che si sovrappongo nella mia mente che non riesco a fare una selezione che sia funzionale al momento, è come se tutto fosse importante e allo stesso tempo nulla lo fosse. Così, ogni volta che proferisco parola, sento di star formulando frasi incomplete che nascono dal bisogno di dire qualcosa. Il bisogno di dire qualcosa... è una particolare esigenza che ho sempre e solo sentito quando si trattava di esprimere opinioni e giudizi in merito ad uno specifico argomento, il massimo a cui sono arrivato e parlare in difesa di mia sorella o di mi padre. Per il resto del tempo, la mia tattica ha sempre preferito il silenzio quando la cosa non valeva la pena dello sforzo mentale che mi vuole per espormi. Nulla ne è mai valsa la pena oltre alla mia ristrettissima cerchia, nulla fino ad adesso ha meritato una selezione così attenta delle parole, per cosa poi? Per essere capito e non essere frainteso, l'ho addirittura spinta a spiegarsi.
    E si riguardo a tutto ciò che ci siamo detti fino a questo momento, riscriverei ogni parola solo per poter trovare il modo più efficace per dirlo, perchè mi risuona tutto tanto incompleto da non riuscire a trasmettere neanche la metà di ciò che sento o penso adesso mentre la guardo di fronte a me. Non mi accorgo nemmeno di usare parole che forse provengono dal mio subconscio che sto, stranamente, lasciando esprimere. Ho così poco controllo che non ci avevo fatto caso fino a quando Daphne non me l'ha fatto notare: ho davvero usato nascosto come parola?- mh? - ho un sussulto in cui appaio visibilmente confuso, come se io non avessi mai proferito o sentito quella parole prima di adesso. Effettivamente non posso darle torto, suona male, suona dispregiativo e inizio a chiedermi se non abbia meno autostima di ciò che mostro. Oh merda, un problema in più su cui riflettere. La serpeverde però non mi dà modo di soffermarmi sulla cosa neanche un istante, appare preoccupata forse più di me e fa presto a rivolgermi parola che dovrebbero darmi ulteriori certezze. Mi scappa una brevissima risata perchè, proprio lei che fino ad adesso ho messo all'angolo, la stessa persona che ho messo sotto inquisizione, mi sta rassicurando - tu, fai sul serio...? - questa ragazza. Non lo direbbe nessuno, nessuno vedendola la immaginerebbe in uno scenario come questo. Probabilmente è questo particolare dualismo a farmi rincoglionire, più del resto. In qualche modo mi mostra comprensione e trovo inutile chiederle se anche lei sia gelosa; non voglio peccare di presunzione, ma ho notato con quale sguardo infuocato fissa la rossa di Grifondoro, come se potesse incenerirla solo con lo sguardo. Il problema vero, è quando questa gelosia si trasforma in una possessività tale da desiderare che ogni cosa di lei sia solo mia, sempre. Un desiderio utopico e anche folle.
    Daphne è ostinata, testarda, paziente e la pazienza è la virtù dei forti. Lo è davvero, lo dimostra continuamente ed è evidente a chi sa guardare. Persino adesso sfrutta queste capacità a suo vantaggio, tutte insieme contemporaneamente, aspetta solo il momento giusto per poter tornare ad avere un contatto diretto con me. In realtà volevo che lo facesse, sennò non sarei stato così onesto con lei. La voglio, voglio che mi stia vicino e ora come ora provo una sensazione di forte disagio a saperla lontana, talmente forte che la mia mano si muove in direzione dei sui capelli biondi ricercando quella sensazione piacevole che mi sembra di non sentire già da troppo. Poi eccola, eccola di nuovo mentre palesa la sua gelosia e io non posso che non trovare allo stesso tempo divertente e soddisfacente quando lo fa. Infatti mi scappa la stessa risata di prima, quella nervosa che questa volta nascondo posizionando pollice ed indice davanti alle labbra mentre la osservo negli occhi, dall'alto per via della nostra differenza di altezza. Lei è davvero seria, e si sente come me - aaah... - sospiro rumorosamente - se soltanto avessi il controllo sugli altri - è una frase con varie interpretazioni che si adatta bene alla situazione. Se potessi cancellare una cotta nei miei confronti... se potessi eliminare l'interesse di qualcuno nei suoi confronti... - non ho mai pensato di allontanarmi da te - preciso - davvero, mai. Questa situazione mi ha soltanto spiazzato, non mi ha fatto agire lucidamente - se vogliamo dirla così. Non trova opposizione quando incrocia la sue dita con le mie, totalmente rilassate, ed è merito sua e della sua perseveranza. Ho elaborato la cosa e ora appaio visibilmente più tranquillo, a meno fino a quando non mi fa una premessa che immediatamente mi fa irrigidire la schiena e tornare sull'attenti. Come dovrei prenderla, è una manovra furba farmi rilassare per poi sganciarmi la bomba? Perchè se potrebbe darci problemi significa che sta per arrivare una bomba, o quantomeno qualcosa che continuerà a darmi da pensare. E infatti mi parla di un bacio - cosa? - abbasso lo sguardo su di lei ritraendo il collo all'indietro - allora è questo - sapevo che c'era dell'altro, lo sentivo - allora ecco cos'altro c'è stato - è diverso essere un vecchio amico da essere un vecchio amico che hai baciato, no? Questo lo so bene, lo so bene anche io. So che è diverso, ma che allo stesso tempo non ha significato niente perchè è nel passato, no? Socchiudo gli occhi per elaborare la cosa e non ricadere nello stesso errore fatto fino ad adesso, sono agitato ma evito di darlo a vedere. Che bastardo - ...questa è un'altra ottima ragione per tenere gli occhi su di lui - e su questo Daphne non può mettere bocca - adesso... c'è altro che dovrei sapere? - qualunque cosa essa sia, perfavore, meglio se la so subito.



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    Daphne non era una che, solitamente, dava spiegazioni, lo faceva solo se la persona che aveva davanti era qualcuno di importante e Hunter indubbiamente lo era. Così, decisa a fargli capire come stavano le cose tra lei e Aaron, gli aveva raccontato per filo e per segno tutto quello che era successo in passato, tralasciando, per il momento, il bacio che si erano dati. Ne aveva anche approfittato per chiarire alcune cose, spiegandogli, sempre con calma, del perché avesse tenuto nascosta la loro relazione visto che le parole che aveva usato non le erano piaciute affatto. Probabilmente non ci aveva fatto neanche caso, ma Daphne sì, e non aveva esitato nel mettere i puntini sulle i perché, per lei, le parole avevano un peso. Per questo non parlava mai a vanvera, anche da arrabbiata cercava di dire le cose con il giusto peso, di controllarsi, pur sapendo che il modo che aveva di esprimere la sua rabbia fosse alquanto singolare. Infatti, invece di alzare la voce o sbraitare come la maggior parte delle persone, Daphne spegneva del tutto le emozioni, ragionando a mente fredda e calcolando ogni sua mossa, niente era lasciato al caso. Il suo obiettivo era quello di ferire l'altra persona e, per farlo, doveva toccare i punti giusti, così da colpirla dove faceva più male. Diventava quasi crudele, proprio come Ellen. Tale madre tale figlia. Eppure con Hunter non ne sarebbe stata capace, quel ragazzo era qualcuno che voleva proteggere, non ferire. Lui era l'eccezione per tutto, ormai era scesa a patti con questa realtà. Ma questo suo essere così protettiva nei suoi confronti a cos'era dovuto? Alla sua possessività? O era un sentimento nato col tempo? Non lo sapeva, sta di fatto che non glielo dovevano toccare. «Sul serio per cosa...? » Lo guardò stranita per un attimo, non capendo il senso delle sue parole. Hunter era sempre criptico, era come se ci fosse una parte di lui che ancora non le aveva mostrato, ne aveva visto solo qualche sprazzo. Non era un caso se le ricordava un fantasma tormentato, perché quando non era con lei, sembrava essere in un mondo tutto suo a logorarsi per qualcosa che aveva fatto o che gli avevano fatto. La strana malinconia che, spesso, albergava nei suoi occhi l'aveva notata da quando si erano conosciuti, e dopo mesi passati insieme era riuscita a capire finalmente a cosa fosse dovuta: a suo padre. Non gli aveva chiesto niente, sapeva che era un argomento tabù per lui, eppure la chiave per capire "il suo ragazzo" era quella. Sia il basso che Whisky, due cose per lui importanti, gli erano state regalate dal padre e non se ne separava mai. Doveva volergli molto bene. Però faceva fatica a parlarle di lui, perché?
    Le spostò una ciocca di capelli con le dita e Daphne sorrise, finalmente anche lui l'aveva toccata. Era abituata ad avere un contatto, seppur minimo, con Hunter almeno una volta giorno, anche se, a dirla tutta, non le bastava. Aveva quest'esigenza di sentirlo, di farlo suo da quando erano stati insieme la prima volta, e più lo aveva più lo voleva. Una droga. «Che ti ridi? » Scosse la testa e gli tirò un riccio, felice che la tensione di poco prima si fosse dissolta. «Che faresti? » Una piccola provocazione, la sua. Ogni tanto le piaceva metterlo alla prova, anche se lo faceva sempre in modo molto sottile. In quello aveva preso da sua madre. Sul prato, infatti, gli aveva chiesto con falsa innocenza di spalmarle un unguento su una ferita che aveva dietro la schiena per capire se anche lui fosse attratto da lei, oppure l'ho fatto per essere sicura che non andasse da nessun altra parte. Chi poteva saperlo. Restava un mistero anche per lei. «Non te l'avrei permesso, non per una cosa così.» Daphne era testarda e Hunter lo sapeva fin troppo bene, quindi non ci fu bisogno di aggiungere altro. «Lo so, non ti ho mai visto così.» Trattenne un sorriso. La sua gelosia le dava una certa soddisfazione perché stava a significare che aveva occhi soltanto per lei. Non aveva fatto domande su eventuali ex fidanzante, cotte o rapporti occasionali, era ovvio che avesse un certo trascorso ma faceva parte del passato, nel presente le cose erano ben diverse. Se un giorno si fosse mai confrontata con una di loro non sapeva come avrebbe reagito, sarebbe dipeso dalle circostanze. Sicuramente avrebbe cercato di far prevalere la sua parte razionale, come sempre, il problema era che con Hunter era tutto un' incognita. Sperò solo che quella parte che la rendeva così simile a sua madre non uscisse, in tal caso avrebbe fatto del male a molte persone. E quella era l'ultima cosa che voleva. Però il pensiero che un'altra l'avesse avuto nello stesso modo in cui l'aveva avuto lei, che lo avesse toccato, baciato, stretto a sé o anche solo sfiorato le dava estremamente fastidio. Figuriamoci se erano ancora in contatto. Il caos. Nel mentre, con le dita intrecciate e la fronte poggiata contro la sua, si rilassò per qualche attimo prima di parlargli di un bacio avvenuto molto tempo fa per chiudere definitivamente il cerchio. A parte ciò, non c'era più nulla da raccontare. Il fatto che Aaron avesse permesso la memoria lo tenne per sé, non che facesse molta differenza al momento. «Questo era l'ultimo pezzo del puzzle. Adesso sai tutto. » Lo guardò fisso negli occhi, studiando ogni sua reazione. L'aveva presa meglio del previsto, ma era davvero così? Prima aveva dato di matto mentre, adesso, sembrava fin troppo calmo. Non era del tutto rilassato, però, e una punta di fastidio nel tono della sua voce l'aveva sentita, ma quello se lo aspettava. «Come preferisci. » Poteva fare quello che voleva, ciò che contava, per lei, era avere la sua fiducia, oltre al fatto di aver messo le cose in chiaro ovviamente. «No, non c'è altro. » Sostenne il suo sguardo per un po' poi, lentamente, poggiò la testa sul suo petto e gli cinse la vita con un braccio per averlo più vicino. Voleva solo che la stringesse, era stati separati abbastanza. Tuttavia, il confronto che avevano avuto le era servito per scoprire altri lati del suo carattere; comunicare, infondo, era alla base di ogni rapporto. «Va meglio adesso? » Voleva assicurarsi che avessero superato la cosa, non era da lei lasciare strascichi lungo la via. «E comunque ti ho riempito di complimenti stasera, dov'è il mio premio? » Alzò lo sguardo su di lui ritraendo il collo all'indietro in attesa. Insomma, quel drink le aveva fatto dire una serie di cose che avrebbe preferito decisamente tenere per sé, tra cui i sogni che aveva fatto in estate. Quello si che era stato imbarazzante. Il suo, però, era anche un modo per disfarsi completamente di quella tensione che aleggiava nell'aria per essere di nuovo serena.

     
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    Nel mio scenario mentale, nulla di tutto questo era previsto. Non era previsto che questo amico di Daphne si comportasse in quel modo, non era previsto che io reagissi così mostrandole questo aspetto di me, non era previsto che vivessi quest'ansia profonda ed intensa per un motivazione così... del cazzo. Il risultato ottenuto, è che la serpeverde risulta confusa ma allo stesso tempo, facendo appello probabilmente a tutta la sua pazienza, non esita neanche un istante nel darmi tutte le spiegazioni che chiedo o che anzi, pretendo. Perchè lo sento nella mia voce che qualcosa è diverso, sento che l'agitazione mi fa parlare con più prepotenza di quella che non vorrei ammettere neanche a me stesso. Forse non lo do a vedere, probabilmente sono bravo a nasconderlo o probabilmente le sue rassicurazioni hanno raggiunto lo scopo e mi permettono di controllare il temperamento di merda che mi ritrovo - tu non ti sei agitata neanche per un momento - lo dico con stupore, forse anche un po' di ammirazione visto il lieve sorriso che mi si dipinge sul viso. Una caratteristica che apprezzo ma che vista la circostanza, mi colpisce molto.
    Adesso provo un senso di colpa misto a pentimento misto a nervosismo, una frustrazione generale dovuta alla mia incapacità di darmi un contegno perchè non credevo di avere così scarso controllo su me stesso o sui miei pensieri. Ad esempio, non posso certo dirle che la chiuderei in una torre e butterei via la chiave, sarebbe inquietante. Che poi, mi spingerei davvero così oltre? Sono messo così male? - Non lo so - non esattamente - qualcosa che serva per evitare che superino i limiti - probabilmente sbaglio, sbaglio tutto; la mia non è mancanza di fiducia nei confronti della serpeverde e infatti non è lei che dovrebbe risentire del mio stupido egoismo.
    Desidero averla vicino al punto che non avrei permesso che questa specie di incidente impedisce di farlo, non mi limito ad ammetterlo, non ci giro intorno e come se inconsciamente volessi tenerla ancora più legata a me allungo una mano per stringere la sua. È un gesto che rafforza il concetto, che parla meglio delle superflue parole che potrei mettere insieme anche perchè fino ad adesso sento di aver detto un sacco di cazzate quindi devo rimediare in qualche modo. Alzo lo sguardo su di lei quando mi fa notare che questa è la prima volta che mi vede in questo stato e io potrei dire che è lo stesso anche per me: ricordo di non essermi scomposto nemmeno al funerale di mio padre perché ci tenevo troppo a non mostrarmi scoperto. Con nessuno, neanche con mia sorella che comunque mai avrebbe utilizzato una debolezza contro di me. Sento di aver fallito nella mia missione di vita, ovvero avere il controllo di me stesso e delle situazioni che mi circondano. Non ricordo quando ho deciso che sarebbe stato così, so soltanto che ignorare me stesso è diventata un'abitudine al punto che spesso ho creduto di aver perso la capacità di interessarmi a qualcosa. Continuo a sentirmi ancora un po' confuso, dovrò farci presto l'abitudine - lo so - lo so bene, le avrei evitato quetso spettacolo molto volentieri ma non è stato possibile, perchè questa volta la mia ansia e possessività hanno urlato più forte della razione. Non sono riuscito a nasconderle come mi sentivo, non sono riuscito a dosare le mie reazioni e tutto era perfettamente leggibile in ogni mia azione. La cosa che mi consola è che sembra che anche Daphne si stia lasciando andare ad un momento di sincerità, credo non influenzato da alcuna bevanda modificata; si mostra gelosa, infastidita dalle attenzioni di una mia compagna e anche adesso che non dice chissà cosa di compromettente, mi basta osservarla un po' meglio per accorgermi che sta contraendo il viso in un'espressione strana, quasi di soddisfazione - spero non ti abbia infastidito troppo - questo mio nuovo aspetto. In realtà la frase vuole essere una risposta ironica e provocatoria all'espressione che tenta di sopprimere e lo conferma anche il tono di voce che uso, abbastanza retorico in realtà. Davvero sembra che la cosa non l'abbia toccata più di tanto e mi fa sentire sollevato, sembra che possa accettare qualunque lato di me finisca per mostrarle, anche quelli che io stesso non riesco ad accettare.
    Quindi forse è un po' per ripagarla della pazienza che mi mostra che faccio appello alla ragione per evitare di farmi scappare di bocca altre domande trascinandola così nuovamente nel mio personalissimo tribunale dell'inquisizione, è davvero l'ultima cosa che desidero. Solo che è così difficile che il mio viso assume nuovamente un'espressione rigida, ma quantomeno quello che mi esce di bocca è soltanto un - mh - di assenso quando mi conferma che sì, quella era tutta la storia, non c'era altro da aggiungere. Guardo altrove, respiro profondamente e lascio che poggi la testa sul mio petto. Solo allora chiudo lentamente gli occhi, le passo una mano fra i capelli e inspiro il suo profumo come se fosse una sorta di terapia. Questa terapia non ottiene come effetto quello di farmi sciogliere totalmente i nervi, purtroppo per questo scopo sono ancora dipendente dall'effetto di sostanze decisamente più dannose. Per adesso però mi faccio bastare il momento prendendomi un attimo di silenzio in più prima di risponderle - meglio sì, un po' - un po' sì, la sua vicinanza alla fine sembra avere una sorta di potere calmante su di me - ma ripeto che quel tipo mi piace sempre meno - un potere calmante non abbastanza forte da mettere a freno la mia lingua. Comunque, giuro, che questa è l'ultima volta che farò accenno alla cosa per stasera. Mi concentro su altro, magari sul resto della serata... intanto qua l'aria soffia e sembra farsi più fredda, automaticamente quindi cingo la vita della serpeverde attirandola a me, un po' come se volessi ripararla dal vento freddo, un po' come se volessi avvicinarla abbastanza da creare un momento più intimo fra noi - ma come, vuoi un premio? Non ti ho mica chiesto io di riempirmi di complimenti, hai fatto tutto da sola - abbasso lo sguardo su di lei avvicinandomi gradualmente al suo viso, abbastanza perchè la punta del mio naso sfiori la sua, solo per poi dirle - e sentiamo, che premio vorresti? - è un sussurro con voce languida, così come il mio sguardo poco prima che cambi repentinamente assumendo l'espressione di chi ha appena ricordato qualcosa. Poggio le mie labbra sulle sue, fredde, le schiudo per insinuarmi e concedermi qualcosa che volevo fare da tutta la serata. Poi però, quando mi allontano appena, lo sguardo cambia ancora mutando in un sorriso ambiguo - ho appena realizzato che starei ancora meglio se mi raccontassi dei tuoi sogni. Sai quelli di cui mi accennavi poco fa, nel locale. Sono molto incuriosito dalla cosa - la presa intorno ai fianchi della bionda si fa più salda, le mani scivolano appena più in basso lungo la sua schiena e lo sguardo di è immobilizzato in attesa di una risposta.
    No, non mi farò rovinare il continuo di questa serata, vorrebbe dire dargliela vinta.



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    Nella sua vecchia scuola le avevano dato l' appellativo di "regina dei ghiacci," niente la smuoveva e, mai una volta, aveva ceduto a stupide provocazioni. Doveva controllare ogni singola emozione, mostrarle le rendeva debole e questo, Daphne, non poteva permetterselo, non quando sua madre era una manipolatrice seriale. Il fatto che fosse una Legilimes peggiorava solo le cose, perché leggere la mente degli altri le consentiva di essere sempre un passo avanti e le dava un vantaggio non indifferente nei duelli visto che era in grado di anticipare le mosse dell'avversario. E poi, da quando era morta sua nonna, nessun altro era stato in grado di farle provare qualcosa. A parte Hunter. Lui era l'unico che l'aveva vista priva di difese, vulnerabile, completamente esposta. Un libro aperto. «Parli con la regina di ghiaccio in persona.» Sorrise ironica, usando quel soprannome che anche qui non avevano mancato di darle. Era così abituata ad essere chiamata in quel modo che non ci faceva neanche più caso, era diventato il suo secondo nome. Uno che la rispecchiava alla perfezione.
    Gli aveva spiegato tutto per filo e per segno per chiarire, una volta per tutte, quella situazione del cavolo, ma era ancora nervoso, glielo si leggeva in faccia. Così, iniziò a massaggiargli le spalle con movimenti circolari mettendoci la giusta pressione; lo faceva spesso quando si irrigidiva per qualcosa o era ad un passo dall'essere troppo diretto con qualcuno perché trovava stupido ciò che aveva detto. Era un corvonero fatto e finito e, come tale, l'ignoranza proprio non la sopportava. E come poteva quando passava la maggior parte del suo tempo in biblioteca? Aveva letto anche Storia di Hogwarts, un libro con più di mille pagine che lei non aveva neanche aperto, troppo noioso. Preferiva un altro tipo di lettura, magari qualcosa di più dinamico e con un po' di mistero, oppure libri incentrati sulla psiche umana, quelli si che erano interessanti.«Farei lo stesso.» Gli spostò un riccio ribelle dal viso e fece un passo indietro, ritraendosi. Lo osservò per qualche istante, indecisa sul da farsi, perché anche se voleva continuare a toccarlo non sapeva se Hunter fosse dello stesso avviso. Non si era mai sottratto al suo tocco, neanche quando erano due estrani, era stata invece lei a mettere le distanze e forse anche per questo, prima di prendere qualsiasi iniziativa, si era assicurato che anche lei lo volesse. Aveva sempre rispettato i suoi tempi, il suo Hunter. Adesso era così abituata a stargli vicino che doveva sforzarsi di non invadere il suo spazio personale, che poi, dopo Natale, per lei equivaleva a qualche centimetro. E anche in quel caso era un'agonia, aveva bisogno di sentire il calore del suo corpo, soprattutto se non si vedevano per un giorno o due. Fu lui a prenderla per mano e Daphne intrecciò le loro dita, facendo un passo avanti per colmare quei pochi millimetri che li separavano. Era bello averlo di nuovo vicino. «E adesso che tutti sanno che stiamo insieme spero che certi limiti non vengano superati. Da nessuna.» Usò il femminile per mandare un messaggio ben chiaro: oltre a lei, nessun altra lo avrebbe toccato. Non sapeva se c'era qualche sua ex nella scuola, o l'avventura di una notte, ma indipendentemente da ciò avrebbero fatto meglio a non avvicinarsi perché si sarebbero potute trovare, casualmente, senza capelli. O con qualche brufolo permanente. O direttamente in infermeria. Dipendeva dalla gravità dalle loro azioni. Queste cose è meglio che Hunter non le sappia. Anche se una scenata di gelosia, visto quanto era possessiva, prima o poi l'avrebbe fatta. Per questo aveva capito e compreso la sua reazione e, onestamente, sapere che anche per lui fosse così le dava una certa soddisfazione. Il corvonero doveva essersene accorto perché il tono di voce che aveva usato in quel momento era palesemente ironico, o almeno lo era per lei. Scosse leggermente la testa e sorrise, consapevole del fatto che, ormai, avesse imparato a leggere ogni sua espressione, anche provare a dissimulare era inutile. «La tua reazione no.»Si sporse in avanti e poggiò le labbra sulle sue, senza approfondire il bacio. Erano morbide come ricordava. «Se invece ti riferisci a quella rossa, sì. Mi ha dato molto fastidio il modo in cui ti guardava.» Come se volesse portaglielo via. Ci provasse, tanto in quei giorni l'infermeria era sempre vuota, ce l'avrebbe spedita volentieri dopo qualche fattura ben assestata. Metterla in trance era troppo? Forse sì. Non ebbe problemi ad ammetterlo, da quando gli aveva confessato i suoi sentimenti era semplice parlare di altre cose, si sentiva libera e perfettamente a suo agio con lui. Proprio come adesso, mentre le accarezzava dolcemente i capelli e inspirava il suo profumo, forse in un vano tentativo di calmarsi. Era la stessa cosa che faceva lei quando nascondeva il viso nell'incavo del suo collo, il suo posto preferito. Quando era agitata o nervosa, farlo l'aiutava a rilassarsi e non c'era niente di meglio che stare tra le sue braccia dopo una settimana stressante. Era letteralmente la sua oasi di pace. «Deve starti proprio antipatico.» Di solito non dava giudizi netti sulle persone, il più delle volte gli erano indifferenti, ma Aaron proprio non gli andava a genio e qualcosa le diceva che la causa principale di quest'antipatia fosse proprio lei. Ma non sarebbero andati d'accordo lo stesso, erano troppo diversi e Hunter avrebbe trovato irritati molti suoi atteggiamenti.
    Le temperature si erano notevolmente abbassate e lei, con indosso un vestito leggero, stava sentendo sempre più freddo quindi, quando le cinse la vita per attirarla a sé, fece lo stesso, emettendo un mugolio soddisfatto non appena il suo calore del suo corpo l'avvolse. «Non mi sei sembrato così tanto dispiaciuto anzi, avevi il tipico sorrisetto di chi si stava divertendo un mondo.» L'aveva messa spesso con le spalle al muro solo per vedere che tipo di reazione avrebbe avuto, la studiava, e i suoi occhi erano sempre fissi su di lei, sentiva il suo sguardo addosso anche in una stanza piena di persone. Le piaceva la sensazione che le dava. Sfregò la punta del naso contro la sua quando entrarono in contatto e si inumidì le labbra in attesa di essere baciata. «Quello che mi stai dando adesso.» Chiuse gli occhi e ricambiò il bacio, sospirando e affondando le mani nei suoi capelli mentre il suo sapore le invase la bocca. Era da tutta la sera che desiderava farlo, ma per forza di cose si era dovuta trattenere. Invece, adesso, finalmente poteva dedicarsi a uno dei suoi passatempi preferiti: baciare Hunter. Dopo un po' si staccò e parlò di quei dannati sogni che aveva fatto, dannazione. Non gli avrebbe mai raccontano di dove aveva immaginato fossero le sue mani, o del mondo in cui l'aveva toccata, sfiorata, accarezzata… anche perché poi erano diventanti realtà. Doveva distrarlo, così sorrise languidamente e socchiuse gli occhi, facendosi ancora più vicina. «Vuoi che ti racconti di questi sogni o... » Lo baciò, schiudendogli le labbra con la lingua per incontrare la sua e si prese il suo tempo per assaporarlo lentamente e profondamente. Non riusciva a smettere di baciarlo, era particolarmente sensuale con quel completo e aveva bisogno di sentirlo, soprattutto dopo quello che era successo in quel locale. Si allontanò di poco e passò le dita tra i suoi capelli morbidi. «... che sia tua tutta la notte?» Lo disse a bassa voce, quasi come se fosse un segreto. Erano anche vicini all'appartamento che suo cugino le aveva lasciato, ci erano già stati e, una volta modificati gli incanti di protezione, Hunter si sarebbe potuto tranquillamente smaterializzare all'interno, proprio come aveva fatto tante volte in quei mesi. Infine poggiò la fronte contro la sua e aspettò che la portasse via.

     
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    "La regina dei ghiacci" - allora forse dovrei inchinarmi - ironizzo e ne frattempo, guardando il suo volto, rifletto su quel soprannome che le è stato affibiato da altri: non mi sembra di averla mai vista neanche una volta comportarsi da regina dei ghiacci con me, anzi, potrei osare un po' di più ed affermare addirittura che mi ha mostrato un certo calore, a modo suo. Il senso di questo nomignolo lo colgo davvero quando la osservo relazionarsi con gli altri, anche con Aaron poco fa, è riuscita a fargli are una pessima figura davanti a tutti senza batter ciglio, senza pensarci due volte, senza riconsiderare minimamente la cosa. L'ho guardata, anche il suo volto era impassibile e con nessuna traccia di pentimento o simili ed è solo quando confronto questo atteggiamento con quello che adotta con me che realizzo che Daphne è anche questo. Non sono nella posizione di stupirmi più di tanto per questa bivalenza, lo stesso discorso potrebbe essere applicato a me e alla mia famosa apatia. Esattamente come lei, anche io mi porto dietro questa nomea da così tanto tempo che mi sono praticamente dimenticato quando ha iniziato ad essere così, penso che qualcuno abbia iniziato a definirmi tale e tutti gli altri lo abbiano seguito di conseguenza. Non che li biasimi, effettivamente c'è una parte di verità in questo e sono in pochi quelli con cui non mi mostro tale, semplicemente perchè hanno la mia attenzione. Se Daphne osservasse come osservo io - o forse lo ha già fatto - noterebbe senza dubbio la differenza. Mi fa quasi paura come a volte i nostri pensieri siano allineati, è pericoloso, sembra quasi di poter leggere i pensieri e le sensazioni dell'uno e dell'altro. Sicuramente pericoloso, ma ormai è troppo tardi per ritrarsi.
    La vedo ancora tentennante, sempre attenta a quello che è meglio fare o non fare. Riesco a vederla soppesare rapidamente pro e contro di ogni eventualità per poi arrivare all'unica conclusione possibile, il contatto - mmh - mentre intreccio le mie dita con le sue, quello che faccio non è un suono dubbioso ma soltanto palesemente compiaciuto della sua gelosia. E anche quella punta di irrazionalità che ci mette quando sottolinea ancora il modo in cui la rossa di grifondoro mi guardava. Non me ne sono mai accorto, probabilmente perchè non l'ho mai osservata - forse dovrei andarci a parlare, per dirle di smetterla - ammetto che la mia è una leggera provocazione ma è divertente constatare come stasera, alla fine, ci ritroviamo ad essere pari nella nostra dimostrazione di gelosia. Non è del tutto vero, io mi sono agitato decisamente di più, ma mi chiedo come avrebbe reagito lei se avesse assistito ad uno spettacolo vagamente simile. Ok, basta, mi forzo di mettere un freno ai pensieri ed eliminare quella scena patetica dalla mia testa, almeno per ora. Penso a dedicarmi a lei sicuramente perchè voglio, ma anche un po' per rimediare. Le carezzo la schiena mentre si rifugia nell'incavo del mio collo che ormai si incastra perfettamente con lei - certo, ha già abbondantemente superato i limiti - e io sto evitando di considerare i precedenti che, nonostante siano ben lontani dalla realtà dei fatti di oggi, mi irritano. Almeno questa cosa cerco di non fargliela pesare, per oggi provo ad evitarmi una possibile nuova nomea, ovvero quella psicopatico. Mando giù questo boccone, amaro, e taccio.
    Intanto per via del freddo, il mio tocco delicato si trasforma più in una forma di abbraccio e intanto, ricordo il modo sconclusionato in cui Daphne mi aveva parlato alla festa - beh, era divertente. Non so se i ricapiterà mai - abbasso lo sguardo su di lei dopo quella leggera presa in giro, divertito anche dalla successiva richiesta di lei. Aaah, Daphne è proprio una serpeverde in fondo, non fa nulla per nulla, mh? E io forse in fondo sono una persona debole, almeno con lei. Cedo subito poggiando le mie labbra sulle sue e lei ottiene esattamente quello che vuole. Non mi interessa, non è una questione di chi vince o chi perde e a giudicare dalla situazione, posso dire con certezza che ho vinto anche io. Il gusto della vittoria effettivamente piace a me... vorrei prendermi un'altra soddisfazione e approfondire la parte più divertente della serata. Nel delirio portato dall'alcool mi sembra che Daphne abbia parlato di sogni, no? La cosa mi incuriosisce, ed è per questo che mi informo appena ne ho l'occasione. Ma ancora una volta Daphne ostenta le sue qualità da serpi proponendomi un'alternativa ben più allettante. Prova a distrarmi dall'obiettivo abbassando la voce a livello di un sussurro sensuale, e ci riesce benissimo. Basta questo a distogliermi dalla mia curiosità? Decisamente sì - ...accetto la proposta - la sollevo leggermente da terra facendo passare le mani sotto al suo sedere, deciso a lasciare alla svelta quella strada vuota e fredda. Per i sogni c'è tempo, ho altre priorità al momento.

    Conclusa 🙌


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