San Vale Who? 2Festa aperta a TUTTI (multiverso incluso!)

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    Serpeverde
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    Daphne era completamente a suo agio con la schiena poggiata contro il petto di Hunter e le sue dita che, delicatamente, le sfioravano il braccio. Era la prima volta che era così in intimità con un ragazzo, tanto da trovare strana la mancanza di un contatto, seppur minimo, tra loro. Per questo, non appena l'aveva visto, non aveva esitato nel baciarlo o nel toccarlo perché, per lei, era diventata un' abitudine. Le sarebbe piaciuto rimanere un altro po' in quella posizione, ma dopo la dichiarazione plateale per Mars e i commenti non richiesti di Aaron, non era stato possibile, così aveva deciso di bere uno dei drink serviti dalla barista con il rischio di incorrere in qualche strano effetto collaterale. L'alcol le bruciò la gola e il sapore di lime e ortica le invase la bocca, facendole storcere il nasso. Decisamente troppo forte per i suoi gusti.
    Non le sfuggì l'espressione confusa di Hunter al suo particolare scambio di battute con il grifondoro, e infatti, non appena se ne andò, le chiese cos'avesse da farsi perdonare. Si voltò, pronta a rispondere, ma non appena i suoi occhi si posarono sul suo viso iniziò a confessargli una serie di cose che avrebbe preferito tenere per sé. «Come se vedessi solo me.» Sentiva i suoi addosso a lezione, in biblioteca, in Sala Grande. I loro sguardi si erano spesso incrociati, forse perché entrambi si cercavano tra la folla per stabilire un contatto e avere l'impressione di essere vicini anche se lontani. Da quando si erano ritrovati dopo mesi di assenza, avevano sviluppato questo bisogno di accertarsi che l'altra persona fosse lì, che non scappasse. Lui non lo aveva mai fatto, ma Daphne sì, aveva questa tendenza. Si avvicinò ancor di più a lui, tanto che le loro labbra si sfiorarono. A quel punto, si protese in avanti e gli diede un casto bacio, sorridendogli timidamente. Quel drink l'aveva resa fin troppo espansiva, anche se glielo avrebbe dato lo stesso se si fosse presentata l'occasione dato che ormai erano usciti allo scoperto. Quello che non avrebbe mai fatto, però, era dirgli dei sogni che aveva fatto in estate. Sperò che si aprisse una voragine nel terreno che la inghiottisse, stava morendo dalla vergogna. «Non ascoltarmi.» Nascose il viso nell' incavo del suo collo, era troppo imbarazzata per guardarlo in faccia. Nel suo campo visivo, però, entrò la rossa che, da tempo, gli ronzava sempre intorno. Il suo nome era Emily e, a detta sua, non c'era nulla di cui preoccuparsi, però a lei dava fastidio il modo di fare di quella ragazza perché era palese che stesse testando il terreno. Poteva anche non essersene accorto, i maschi di rado lo fanno, ma lei aveva una vaga idea di quelle che potevano essere le sue intenzioni. «Ha una cotta per te, si vede lontano un miglio e poi lo so.» Aveva parlato di questo con una sua amica, assicurandosi che Daphne la sentisse, quindi non aveva alcun dubbio a riguardo. Normalmente avrebbe affrontato la cosa in maniera differente, però quel drink le aveva fatto venire voglia di salire sul palco per fare una dichiarazione in grande stile come quella di poco fa. Hunter la fermò a metà strada, prendendole il viso tra le mani in modo tale che la sua attenzione fosse tutta per lui. «Dovresti ridere più spesso.» Ancora, non era riuscita a trattenersi dal dirgli ciò che pensava, quando sarebbe finito l'effetto di quel drink? Nella sua testa quella festa sarebbe dovuta andare in tutt'altro modo, odiava fare le cose contro la sua volontà e quella bevanda del cavolo la stava obbligando a esporsi più di quanto avesse voluto, però lo stava facendo con Hunter, quindi le era andata bene. Si fidava di lui. « Non mi basta, voglio che tutte sappiano che non sei più disponibile quindi se non ti dispiace...» Gli sorrise prima di fuggire alla sua presa per andare finalmente su quel palco, se l'era messo in testa, ma venne fermata da un altra persona che la trascinò al centro della pista. Guardò Aaron stranita quando si tolse la maglietta e la usò per avvicinarla a lui, prima di gettarla tra la folla e iniziare a muoversi in modo provocatorio contro di lei, toccandole la schiena, scendendo lungo i fianchi con le mani e con il viso a poca distanza dal suo. Ma che diamine gli era preso? Che cavolo stava facendo? Si irrigidì completamente, cercando di controllare la rabbia che lentamente saliva. Quando twerkò contro di lei, si gelò completamente sul posto. Era a disagio. L'aveva messa in una situazione scomoda, imbarazzante e al limite del ridicolo davanti all'intera scuola, senza chiederle cosa ne pensasse in merito. Non le piaceva stare al centro dell'attenzione, soprattutto in quel modo e lui ce l'aveva portata. Inoltre, Daphne aveva ricevuto un'educazione ben precisa: doveva risultare impeccabile ed elegante in qualsiasi occasione e ci teneva a farlo perché era stata sua nonna ad insegnarglielo e con quello show in atto credeva di averla delusa. Il suo viso era una maschera di indifferenza, gli occhi azzurri lo fissavano privi di qualsiasi emozione e la freddezza con cui lo lo allontanò, in maniera quasi meccanica, non lasciavano presagire nulla di buono. Aveva superato il limite. Fece quattro passi indietro, mettendo la giusta distanza, ed estrasse la bacchetta. Non poteva esagerare, erano in pubblico, e lei era un prefetto, non poteva macchiare la sua reputazione e poi, in passato, erano stati amici e questo la trattenne dall'essere crudele, ma fargliela passare liscia era fuori questione. «Ti sei divertito?» Sorrise fredda, ignorando persino la canzone che aveva fatto da sottofondo al loro bacio, anni fa. Aaron sembrava aver ricordato quel momento, ma non aveva importanza. Aveva fatto quello spettacolo per colpa dell'alcol, di un incantesimo o per divertire la gente? Non le andava di razionalizzare la cosa, non quando le aveva fatto letteralmente saltare i nervi. «Levicorpus.» Lo appese per le caviglie come un salame, ma se credeva che avesse finito si sbagliava di grosso. L'aveva fatta incazzare, cosa che succedeva di rado, e c'era un motivo del perché cercava di controllarsi ogni volta: diventava vendicativa come sua madre. «Furnunculus.» Grosse bolle di pus gli uscirono sul suo bel visino, adesso si che andava bene. Posò la bacchetta e si avvicinò ad Aaron guardandolo dall'alto, perfettamente controllata in ogni suo movimento. «Stavolta hai davvero esagerato, odio queste cose.» Sussurrò in modo tale che potesse sentirla solo lui. Non aggiunse altro, poi si rivolse alla folla di persone che la stavano guardando e sorride cordiale. «Ha perso una scommessa, qualcuno vuole aiutarlo? Io ho vinto quindi non posso.» Addolcì lo sguardo, fingendo innocenza. Riusciva a mentire molto bene quando voleva, in quello aveva preso da sua madre. Nessuno doveva sapere che quella era stata una vendetta personale tranne le persone coinvolte. Quando vide qualcuno proporsi gli sorrise. «Ti ringrazio.» Poi prese a cercare Hunter tra la folla e quando lo vide sgranò leggermente gli occhi per il modo in cui la stava fissando: Non era per nulla contento dello spettacolo a cui aveva appena assistito e non lo biasimava per questo, se fosse successo il contrario si sarebbe infastidita non poco. Andò verso di lui, gli doveva una spiegazione.



    Interagito con Hunter e Aaron. Sta per salire sul palco ma Hunter la ferma, fugge per provarci di nuovo ma Aaron la porta al centro della pista e la usa come palo ( la player approva, la pg no c.c) e Daphne si arrabbia. A quel punto lo tortura ( sks Aaron è stata cattiva) e poi si finge innocente. Alla fine incrocia lo sguardo di Hunter.

    P.s se qualcuno vuole aiutare Aaron 😱


    Edited by Daphne. - 2/3/2023, 20:31
     
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    Marcel Anhalt-Dessau | III | Ravenclaw

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    Raggiunto il bancone, Marcel si poggiò con nonchalance sul suo bordo, rivolgendo un sorriso ammiccante alla persona dietro al bancone, prima di ordinare un drink per sé stesso.
    In quel posto aveva alcune assurde – e francamente ridicole – regole circa il bere, il ché contribuiva all’antipatia di Marcel per quello specifico locale. Quello e il fatto che fosse relativamente spesso frequentato dagli studenti, cosa che trovava alquanto fastidiosa, non gli piaceva neanche un po’ interagire con i suoi coetanei. Scoparci? Perché no, ma altro? Neanche per sogno. Non era tipo da amici o cose simili, da compagni forse, ma non da amici, non c’era in lui quella spinta agli altri. Aveva sua sorella e in quel senso era più che soddisfatto.
    Aveva persone con cui passare un po’ di tempo ogni tanto, certo, magari scopando, anche meglio, ma un amico per lui era altro, per lui un "amico" doveva essere qualcosa di diverso e francamente sconosciuto.

    La verità era che per provare amicizia si deve avere un cuore, qualcosa che batta, che muova il sangue e lo spirito, occorre essere vivi. Io era morto da un po’ a quel punto, forse lo ero sempre stato, forse ero morto solo pochi anni prima, non lo so, non lo sapevo allora e non lo so ora.
    Ero una cosa cinica, cronicamente distaccato da me stesso, incapace di provare qualcosa di profondo, non mancavo di nulla se non delle cose più importanti. Non desideravo nulla, non desideravo quello che potevo avere e neanche quello che non potevo. Volere era, nella sua passività, lo sfogo di un’anima attiva e io non ne avevo una. Esistevo solo perché non ero morto e non ero morto solo perché non desideravo neanche di morire.
    Quello che credevo di volere - ed erano poche cose e mai buone - cercavo di prendermelo nei modi peggiori, solitamente distruggendo gli altri, più spesso me stesso. Non sceglievo mai di guarire, ero troppo testardo, sceglievo invece un’autodistruzione costante e venata di crudele ironia, senza mai imparare niente dai miei errori.
    Ed ero crudele. Non sempre, beninteso, ma a volte passavo la soglia della malignità per darmi a una crudeltà priva di cattiveria, volevo solo distruggere ed essere distrutto, nulla di più, nulla di meno. Ero il gatto ed ero il topo, era insito nella mia natura.
    E oggi, con la consapevolezza che non sarò mai altro da me stesso, che sarò per sempre giovane, vorrei svegliarmi e provare, per la prima volta, un fremito d’innocenza.


    Non si accorse neanche di Barnes al bancone, non provava alcun interesse per quel tizio al di fuori di una lieve antipatia dovuta al resoconto di Jae dei fatti avvenuti tra i tre serpescemi e il vicestronzo. Al di fuori di Jae, Marcel non poteva certo dire di provare alcuna simpatia per nessuno dei tre, soprattutto per il vicestronzo, ma non era neanche un sentimento tanto forte da rendere Barnes degno di nota in una stanza affollata. Il ragazzo si limitava a esistere ai limiti del suo campo visivo, come un quadro leggermente storto: non lo notavi quasi mai, ma quando lo facevi era fastidioso, ma non abbastanza da volerlo correggere.
    Non lo avrebbe notato, complice anche il drink che gli venne passato proprio in quel momento, se l’altro non gli si fosse buttato addosso.
    Marcel lo osservò con rabbia e sorpresa spuntando un “Che cazzo?!” mentre il drink gli sfuggiva di mano, riversandosi sul bancone e sul pavimento già lurido.
    Il lussemburghese gli afferrò i polsi con le mani, stringendolo con forza, imbrigliandolo con forza pari a quella dello stesso serpeverde.
    Hai battuto la testa?” ribatté con disgusto per l’altro, scoprendo i denti come in risposta al ringhio dell’altro, gli occhi chiari che si incupivano per la rabbia e il disprezzo per l’altro.
    Prima che avesse il tempo di dire altro – o ancora meglio, di dargli una meritata testata – l’altro lo baciò con violenza.
    La sorpresa durò per un istante, prima che una risata crudele scuotesse le spalle pallide e scoperte del lussemburghese. Ecco che problema ha!
    Le voci attorno a lui non le sentì neppure, non era interessato, si limitò invece a fare l’unica cosa sensata: rispondere al bacio con altrettanta aggressività, la lingua che si spingeva con violenza tra le labbra dell’altro, i denti che trovavano la carne morbida del labbro. Sporco e disgustoso, ecco cos’era quella parodia di un bacio.
    Si staccò alla fine con violenza, i denti che si stringevano, stavolta con più forza, un’ultima volta sul labbro morbido di Barnes, prima di allontanarsi.
    Barnes, non ti hanno mai insegnato la buona educazione?” sputò, la voce colma di veleno e divertimento crudele, l’arroganza che gli macchiava la voce altrimenti piacevole “Quelli come te per il cazzo devono implorare in ginocchio.



    Va al bancone per prendersi un drink ma viene afferrato e baciato da Harry risponde al bacio e poi interagisce con lui
     
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    Un turbine di eccitazione e di rabbia avvolse in toto i sensi del Barnes, aizzandolo sessualmente contro il lussemburghese che, se in un primo momento parve infuriarsi per i modi bruschi dell'inglese, ribellandosi fisicamente, decise comunque di non tirarsi indietro di fronte a quel bacio inaspettato, ricambiandolo con accesa enfasi, mostrando una ferocia almeno pari alla sua. Harry ripudiava tutto di quel ragazzo, e Marcel, allo stesso modo, pareva ripudiare lui. Eppure ciò che si accese nel Barnes fu qualcosa di incontrollabile, quasi spietato; un desiderio profondo di entrare in contatto con quella carne maschile dalla muscolatura così deliziosamente definita, di mordere quella mascella tagliente, di assaporare quella sua lingua sporca; istinto che fu acuito dal modo in cui quello affondava i denti sulle sue labbra turgide, ereditate dalla madre Marion, che di certo sarebbe rimasta sconvolta da quella scena insolita e, per il Barnes, completamente innaturale. Ma, in quel momento, nulla aveva importanza: la sua mente smise di funzionare correttamente, ogni pensiero sensato era in pausa e tutto ciò che gli interessava perseguire era quel brivido caldo che dalla vita pareva espandendosi in ogni cellula del suo corpo, impossessandosi di lui, facendogli compiere gesti impuri che non gli erano mai balenati per la mente fino a quel momento, ma che tutto a un tratto sembravano la sola cosa sensata del mondo. Le mani di Marcel, che inizialmente erano andate per bloccare il corpo di Harry in un gesto protettivo, erano spalmate ora sulle pareti lisce del baretto, mentre le foglie di un’alta pianta dalla forma bizzarra facevano da contorno a un quadro che poteva essere definito solo dalla parola depravazione. Il corpo di Harry era schiacciato contro il suo, il bozzo nei propri pantaloni andò a incrociarsi, e a strusciarsi, contro quello dello straniero, facendo ribollire Harry di desiderio. “Barnes, non ti hanno mai insegnato la buona educazione?” Harry afferrò nuovamente la sua mascella, avvicinando il suo volto al proprio, sussurrando con fare minaccioso – Sta’ zitto, lussemburghese, o ti faccio ingoiare quella lingua – ma Marcel non era uno che si faceva mettere a posto, anzi, aveva una lingua dannatamente biforcuta, che non era affatto intenzionato ad arrestare: “Quelli come te per il cazzo devono implorare in ginocchio.” Harry rise, di un sarcasmo talmente acido che, se qualche gocciolina di saliva avesse colpito il suo volto, lo avrebbero di certo scavato. – Parli di questo, puttana? – Harry stabilì una larga mano sui suoi genitali, facendo una leggera stretta, prima di iniziare a stuzzicare abilmente la zona. Nel mentre, aveva affondato le labbra nel collo del biondo, qualche centimetro sotto il mascellare, inumidendo la pelle con la punta della lingua per poi aspirare avidamente. Si interruppe qualche istante dopo, solo per puntualizzare:Io non prego un cazzo di nessuno. Se voglio qualcosa, me la prend… – gli occhi di Harry sembrarono quasi voler schizzare fuori dalle orbite, quando fu costretto a voltare il collo di scatto al suono di una voce che parve riportarlo improvvisamente alla realtà. “Harry, se lo sa tuo padre ti ammazza!” Harry si staccò di netto dal giovane, facendo più passi indietro del dovuto, tanto da finire a sbattere contro qualcuno. Negli occhi del moro stanziava ancora un desiderio inesaudito, ma anche un senso di colpa e di vergogna crescenti. Si guardò intorno colpevole, mentre dentro di lui si faceva strada anche il senso di panico.
    Impossibile dire che messaggio fosse potuto arrivare al lussemburghese con quell’ultimo sguardo che gli scoccò prima di filarsela verso i bagni. Arrivato lì, si tolse in fretta la camicia nera e lasciò penzolare dal bordo del lavandino, stretta in una mano, mentre si appoggiava alle estremità con tutto il suo peso, la testa bassa, ansimante.
    Poi lasciò cadere abbandonata la camicia e, con entrambe le mani andò a schizzarsi violentemente una ricca quantità da acqua sul viso, gli occhi stretti per poi aprirli e fissarsi attraverso lo specchio.
    L’acqua ridiscendeva il suo corpo in rivoli, attraversando le dure collinette muscolari del suo busto, fino ai fianchi e all’ombelico.
    Chi era? si domandò, provando un totale disgusto per sé stesso; un sentimento totalmente nuovo. Che schifo aveva fatto?
    David aveva ragione: se suo padre lo avesse scoperto, lo avrebbe ammazzato. Era certo che non fosse stato l’unico a notarli in quella situazione così scomoda, ed Harry era certo che non ci sarebbe voluto molto affinché la voce si diffondesse. – Brutto coglione! – disse rivolto a sé stesso, fissandosi con odio. Poi, spinto da repulsione, estrasse la bacchetta ed esclamò – Diffindo! – contro il proprio torace, squarciandolo. Il taglio, fortunatamente, non avvenne troppo in profondità, ma bruciava considerevolmente. Harry si piegò sul lavandino, annegando in quel dolore, consapevole di meritare quell’autopunizione. Stava giusto per sferrarsi un altro colpo, quando vide entrare qualcuno, e impallidì.

    Interagito con Marcel. “Risvegliato” dalle parole il cugino, adesso si trova in bagno. Compie un gesto di autolesionismo prima di vedere l’immagine di qualcun altro attraverso lo specchio. (Chi sarà mai?)



     
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    Skylee Metis

    Trascinare verso le sedute Axel si era rivelato meno difficoltoso del previsto e senza fare troppe storie si era seduto sulla nuvoletta scelta per lui, non che fosse la poltroncina più virile della sala, ma le alternative più vicine erano un unicorno rosa glitterato, una carrozza a forma di zucca e beh, la paperella sulla quale mi ci ero appena seduta io. Come previsto però rifiutò il drink che gli proposi, troppo rischioso secondo lui berli e con un leggero sollevamento di spalle gli lasciai intendere che avrebbe potuto fare come meglio credeva, io dal canto mio avrei continuato allegramente a sorseggiare dal mio, nonostante stesse cominciando ad annebbiarmi leggermente la mente, che fossi già ubriaca? Naa, improbabile. «Dammi la giacca! La giacca!» Mi strillò improvvisamente un ragazzo del quale ora non riconoscevo più il volto. «La che?» Domandai confusa qualche attimo prima di sentirmi strappare dalle mani un indumento in pelle. Perche avevo la giacca di quel ragazzo in grembo? Mi chiesi ancor più confusa di pochi secondi prima. Che stava succedendo? Dove mi trovavo? E che diamine stava guardando il Morettino difianco a me? Voltai veloce il capo e lo sorpresi a fissare due ragazzi intenti a baciarsi. «Chi?» Chiesi ancora una volta non capendo. Parlava forse di un suo amico? E pure se fosse perché sembrava si stesse divertendo tanto? «Smettila di fissarli, non è educato? E che hai in mano?» Urlai a voce piuttosto alta cercando di sovrastare la musica che riempiva il locale, ma quando pronunciò infine quella specifica parola fui piuttosto certa che quelli non fossero suoi amici e che qualunque cosa stesse facendo con quell'aggeggio babbano in mano non fosse nulla di bello. «Dove cazzo vivi? Nel medioevo? Cosa c'è di male in due ragazzi che si baciano?» Ok sapevo di essere una maga, sapevo il secolo nel quale ci trovavamo, sapevo cos'erano i babbani e ora cominciavo a mettere a fuoco l'oggetto nelle mani del ragazzo e somigliava dannatamente a uno di quegli aggeggi che le persone non magiche usavano per fare foto e video di ciò che succedeva loro attorno, eppure non ricordavo chi fosse il moro davanti a me o chi fossero i ragazzi in pista, ne tantomeno dove mi trovavo, anche se qualcosa mi suggeriva quella fosse una festa. Forse la mia memoria a breve termine aveva qualcosa che non andava. Chissenefrega pensai silenziosamente, avevo qualcosa di più urgente di cui dovermi preoccupare. «Stavi facendo loro un video?» Chiesi nera di rabbia ignorando totalmente ciò che diceva. «Che cazzo di problemi hai con le persone gay? Pure a me piacciono le ragazze e allora?» Sbottai seria. Ora sapevo pure una nuova cosa, a quanto pareva ero fan del sesso maschile quanto di quello femminile, buona a sapersi. «Con un cavernicolo come te non vado proprio da nessuna parte!» Ringhiai offesa e feci per andarmene verso la pista, salvo poi ricordarmi del video e tornare indietro per strappare di mano l'aggeggio al ragazzo e cercare il contenuto multimediale per eliminarlo, ignorando totalmente il fatto che i video e le foto si potessero recuperare facilmente dal cestino del telefono e no, questo non era colpa dell'apparente perdita di memoria, non lo sapevo e basta. «E aggiorna il tuo orologio biologico, credo sia rimasto indietro di qualche secolo!» Sputai acida rilanciandogli l'apparecchio babbano addosso, incurante che gli rimbalzasse sul petto, che lo afferrasse o che cadesse per terra. «Tanti saluti» Taglai poi corto spostandomi verso il punto in cui i due ragazzi avevano dato spettacolo per scusarmi al posto del cavernicolo per quanto successo nel caso avessero udito qualcosa di spiacevole. «I-uh» Nemmeno il tempo di iniziare a parlare che uno dei due mi investii in pieno lasciandomi per qualche secondo senza fiato a causa della botta improvvisa. Non'appena lo recuperai notai uno dei due dirigersi a gran passi verso i bagni del locale e non potei fare a meno di preoccuparmi per lui e per le sue condizioni. Che fosse rimasto offeso da quanto urlato dal moro? O che peggio si fosse sentito male percependo lo scherno nei loro riguardi? Mi dispiaceva troppo per lui e in alcun modo riuscivo a concepire come certa gente avesse i girini al posto del cervello per poter essere tanto stupida. «Il tuo amico sta bene? Forse dovremmo andare a controllare...» Cominciai parlando nervosamente con tono accellerato. «Mi dispiace per ciò che ha detto quel ragazzo» Feci cenno alle sedute non troppo distanti alle mie spalle incurante del fatto che il moro si trovasse ancora lì o meno. «Vi... vi aveva fatto un video, ma non ti preoccupare, l'ho eliminato!» Lo rassicurai senza, ancora una volta, lasciargli il tempo di rispondere sul serio. «Io, beh credo che ora sarebbe meglio andare a controllare come sta il tuo amico...» Esclamai dirigendomi verso i bagni, certa che il ragazzo dal corpetto stravagante mi avrebbe seguita per premurarsi delle condizioni di quello che forse poteva essere addirittura il suo fidanzato. «Hey, stai ben? O cielo!» Mi interruppi alla vista del sangue grondante sul pavimento. «Che ti è successo chi è stato?» Sperai subito non fosse stato il moro che non contento dell'averli offesi solo verbalmente era tornato a finire il lavoro. «Vengo in pace» Affermai alzando le mani sopra alla testa non'appena il ragazzo si girò verso di me. «Voglio solo aiutarti...» Mi avvicinai lentamente a lui ed estraendo la bacchetta dal comodo supporto legato alla coscia sussurrai un Ferula a denti stretti e subito delle bende bianche e morbide mi comparvero in mano, le bagnai con l'acqua del rubinetto e sempre con lenti e controllati movimenti le avvicinai al busto del ragazzo per tentare di pulire la ferita, solo una volta tamponata e ripulita dal sangue in eccesso avrei medicato il lungo taglio sul suo petto con un ulteriore incantesimo. «S-stai bene?» Sussurrai alzando solo allora il mio sguardo bicolore verso il suo viso per capire quali fossero le reali condizioni del ragazzo, quelle mentali almeno, visto che quelle fisiche facevano veramente schifo. «Mi dispiace per quanto successo poco fa...» Improvvisai delle tremolanti scuse osservandolo di sottecchi. Perché ero io a sentirmi così in colpa? Non avevo fatto nulla.
    ★ ★ ★
    Caposcuola Corvonero | Mailbox | Pensatoio

    Interagito con Axel (sorry love), Marcel e Harry. Ha insultato un pochino ax per il suo comportamento e ha cercato di cancellare il video, poor piccolina, non sa che si recuperano dal cestino. Ha poi raggiunto marcel è ha fatto un monologo di scuse per poi andare verso il bagno certa che il boyfriendo di Harry la seguirà per vedere come sta il suo boy, povera illusa ancora una volta? Po' esse. In bagno ha visto Harry ferito e ha tentato di medicargli la ferita da brava crocerossina smemorata, ocio o ti impalo <3.

    Godetevi gli ultimi giri che tra poco comincia il quiddpong, sì questa è una minaccia <3.
     
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    Marcel Anhalt-Dessau | III | Ravenclaw

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    At times, I get a little cruel


    Non c’era davvero molto da dire, ancora meno da immaginare, solo cose da stringere e da divorare, in un desiderio sporco e privo di piacere – come un dovere, come una maledizione – e quello era stato il bacio tra loro.
    Non gli importava neanche di cosa fosse saltato nel cervello di Barnes, non gli frega un cazzo di niente, quella sera meno di ogni altra sera, Marcel non si sentiva in vena di gentilezze e domande, non per qualcuno di inutile e disgustoso come Barnes comunque.
    Tra troie ci riconosciamo, no, Barnes?” rispose seccamente, il capo che si inclinava appena, osservando in quel modo obliquo in cui si osservano le cose insoddisfacenti ma al contempo lasciandogli spazio di muoversi sul suo collo.
    Non era, Marcel, il tipo di uomo che si tirava indietro solo perché il potenziale partner lo disgustava.
    Chissà se lui lo vedesse, pensò per l’ennesima volta con maligna soddisfazione, la mente che rimetteva insieme i tratti duri e austeri di un uomo che non era lì. Quello lo eccitò quanto l’erezione dell’altro ragazzo contro la sua, forse persino di più, una mano che saliva a stringersi e tirare i capelli di Barnes.
    Oh, ma non erano di Barnes i riccioli neri nella sua mente, no, ma per quella sera andava bene. Andavano sempre bene per grattare quel prurito, per piegarsi a quelle scopate che si consumavano al confine tra corpo e mente, tra realtà e proiezione, tra odio e desiderio.
    Parli troppo.” Lo rimbeccò Marcel di fronte al suo sfoggio di inutile e ridicola virilità, limitandosi a usare la mano tra i suoi capelli per spingerlo con più forza verso il suo collo, i fianchi che si muovevano ad aumentare la frizione tra loro.
    Ma com’era iniziato, con violenza e senza senso, quel contatto finì, lasciando che l’aria gelida – se così si poteva dire – tornasse tra i loro corpi.
    Un sorrisetto crudele si dipinse sul volto di Marcel di fronte all’espressione addolorata e umiliata, ma ancora eccitata, di Harry. Povero coglione.
    Lo osservò sparire con aria annoiata, chiedendosi brevemente fin dove era disposto a spingersi solo per umiliare quel coglione. Ho infilato il cazzo in posti peggiori alla fine.
    L’avrebbe fatto, guadagnandosi con ogni probabilità la seconda scopata nei bagni della serata, ma per qualche motivo una testa bionda e familiare decise di impicciarsi.
    In passato Marcel non era stato troppo sgradevole con Skylee, ma quella sera, oh, quella sera, non era dell’umore per contenersi. Non quando la ragazza sembrava essere diventata fondamentalmente cretina.
    Ohi, sei diventata rincoglionita di botto o cosa?” le chiese con ben poca gentilezza di fronte alle parole di questa. Non aveva la voglia, o la pazienza, di avere a che fare con la sua apparente deficienza mentale du jour.
    Non la seguì, per un momento mandò mentalmente a fanculo entrambi, e limitandosi a tirare fuori dalla tasca il proprio cellulare per mandare una breve ma significativa serie messaggi a Jae.

    Lol, bro, indovino chi sono limonato? Barnes.
    E’ diventato coglione tutto de botto
    Dovrei sbatterglielo nel culo per te anche per te?


    La risposta fu virtualmente immediata.

    Wtf?!? E me lo chiedi pure? Fammi pure il filmato mentre viene sotto i tuoi colpi, tigre!

    Rise piano a quelle parole, prima di rimettersi il cellulare in tasca.
    Fatto quello si diresse alla fine in direzione dei suddetti bagni, dove apparentemente stava ancora l’adorabile duo.
    Si richiuse quindi la porta alle spalle con un tonfo e l’aria greve, priva anche del sorriso piglio ironicamente arrogante.
    Hey, principessa” esordì “Fuori dai coglioni. Io e rizzacazzi qui abbiamo una questione da chiudere.” E nel dirlo rivolse a Harry il suo migliore – peggiore? – sorriso da stronzo.



    Interagisce prima con Harry e poi con Sky, poi manda dei messaggi a Jae e insegue entrambi in bagno dove interagisce di nuovo con entrambi. Fortunatamente non ha notato nulla del video o di Sky che lo cancella o la avrebbe odiata per sempre


    Edited by Marcel N. - 3/3/2023, 02:04
     
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    18 anni - V anno
    *linguaggio volgare o offensivo, violenza, autolesionismo

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    Il pavimento venne gradualmente ricoperto di chiazze rosso scuro, come anche il lavandino. Immerso nelle deboli luci del locale, che ogni tanto sfarfallavano (chiamatelo un elettromago) Iniziava a sembrare la location perfetta di un film horror. Quella sorta di cubicolo, però, parve illuminarsi di una nuova luce quando il capo di Harry si sollevò nuovamente verso il vetro, sorprendendosi di vedere quella figura conosciuta proprio lì, nel… – “Bagno dei maschi”, Métis. Non sai leggere? O sei troppo ubriaca anche stavolta? – questo il modo brusco in cui reagì a quell’inaspettata presenza. La ragazza, però, sembrava troppo impegnata a inorridire di fronte a quello spettacolo macabro, forse neanche facendo caso alle sue parole. – Non è successo nulla. Ora vai via. – tagliò corto, infastidito, desideroso di finire ciò che aveva iniziato. Skylee, però, non era intenzionata a mollare l’osso, e continuò ad avvicinarsi. – Ti macchierai – la avvertì, come se quello bastasse ad arrestare qualsiasi geniale idea le fosse venuta. Poi, quando gli fu più vicina, notò nei suoi occhi qualcosa di diverso. Strinse gli occhi a due fessure, guardingo, senza fidarsi delle sue buone intenzioni. Cosa c’era sotto?
    La osservò richiamare a sé una benda dal nulla, che cadde nella sua mano, per poi immergerla e iniziare a tamponargli la lunga ferita. Harry era sbalordito. Talmente tanto che, incredibile ma vero, per una volta era senza parole. – Perché lo fai? – fu l’unica cosa che riuscì a dire, con fare incerto, a disagio nel ricevere quel genere di attenzioni, al quale non era abituato… tantomeno da parte della bionda. Tutta quella premura ebbe lo stesso effetto di un falò in una notte d’estate inglese particolarmente fredda, come una di quelle in cui era solito vagare senza meta dopo aver combinato qualche danno in città, notti lunghe e solitarie, taglienti quanto il ghiaccio che sentiva dentro.
    – Sei la mia crocerossina per questa sera? – le mormorò, prima che questa tornasse a sollevare lo sguardo bicolore su quello scuro del moro. Era ironico, come suo solito, ma non c’era divertimento nella voce: solo incredulità. Una lunga ciocca ondulata le cadeva vicino al viso, e Harry ebbe l’istinto di spostargliela dietro l’orecchio, con una lentezza meccanica.
    Quello sì che era un profumo che gli piaceva davvero. Quelle sì che erano labbra degne di essere baciate. Harry non capiva davvero cosa gli fosse successo, poco prima, ma tutto si ridusse a quell’istante di curiosa dolcezza in cui si vide piombare inaspettatamente. – Di cosa stai parlando? – Non sapeva cosa passasse per quella testa bionda ma, colpito da quelle attenzioni nuove, decise di approfittare di quella mansuetudine per avvicinarsi lentamente al suo viso, una mano che, dai capelli, era ormai andata a circondarle completamente la guancia sinistra.
    Prima che potesse arrivare alle sue labbra, però, qualcun altro fece la sua entrata in scena, stropicciandogli le viscere con una velocità praticamente istantanea.
    “Fuori dai coglioni. Io e rizzacazzi qui abbiamo una questione da chiudere.”
    Gli occhi del Barnes sembrarono iniettarsi di sangue, le pupille talmente dilatate che avresti scambiato i suoi occhi castano scuro per neri; sopra la spalla della Métis, il suo sguardo era totalmente equiparabile a quello di una bestia assetata di sangue.
    Non fu una questione di secondi, quanto di millisecondi: Harry scansò rudemente la corvonero solo per fiondarsi contro il corpo del lussemburghese con una furia inaudita, con un sola intenzione: farlo fuori.
    Le sue orecchie erano ovattate, senza sentire le probabili grida femminili circostanti; le mascelle erano serrate, i tratti completamente trasformati in rappresentazione dell’odio più puro e spietato.
    Del sangue schizzava: difficile dire quale goccia fosse di chi, visto che il corvonero non era certo tipo da subire a mani giunte.

    Interagito con Skylee, aggredito ferocemente Marcel (ahi).




    Edited by Barnes is our king. - 3/3/2023, 19:02
     
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    Non me ne ero mai accorto, non mi aveva mai fatto notare prima di adesso il modo particolare in cui la guardo. Eppure appena lo dice, penso che abbia perfettamente senso - in effetti, è così - quando la guardo, quando le parlo, sono totalmente concentrato su di lei e non solo, sembra che abbia lo strano e pericoloso potere di attirarmi anche a distanza ovunque si trovi. Mi interesso a lei come se fosse davvero la materia di studio più intrigante che possa esistere e anche adesso, in maniera del tutto spontanea, lo ammetto probabilmente non perfettamente conscio del vero significato che potrebbero avere le mie parole. Non mi sento in me quando ciò che penso non si sofferma qualche istante nella mia testa prima di uscirmi di bocca, eppure non sono frustrato, mi va bene così. Sento che se rimuginassi di più sulla cosa, ne rovinerei l'essenza. Quindi lascio che lei mi distragga, la sua voce, il suo aspetto, le sue parole che iniziano a suonare un po' troppo strane da attribuire a Daphne - è un po' difficile non ascoltarti quando dici cose così interessanti - lei non lo saprà mai, ma ringrazio tacitamente qualunque fosse l'intruglio che ha ingerito per avermi concesso questa occasione più unica che rara. Sadismo, curiosità forse? Magari entrambe? Chissà, neanche importa, ma è divertente scoprirla strato dopo strato in vesti sempre più inedite. Ho sempre amato le scoperte, di qualunque genere esse fossero, solo che nel novantanove per centro dei casi, ad un certo punto, decidevo che non c'era più niente da scoprire. Così accantonavo l'oggetto del mio interesse non ritendendolo più degno di attenzione. In sintesi, subentrava un prepotente senso di noia... che tuttavia mi sembra impossibile pensare di provare con la serpeverde. Magari è per questo se con lei sorrido più del solito, se inizio a scoprire questa parte di me. Sento chiaro e forte l'eco in lontananza della voce di mia sorella che concorderebbe appieno con l'affermazione di Daphne; sembra che entrambe siano stupite dal vedermi sorridente ogni volta che lo faccio. Comunque non rispondo chiedendomi come sia possibile sorridere più spesso quando spesso neanche mi interesso a ciò che accade intorno a me. Tuttavia, penso che lei avrà altre occasioni di vedermi così.
    - Cosa? - per me è una rivelazione: il dubbio che la grifondoro potesse avere una cotta per me, non mi ha nemmeno mai sfiorato il cervello. Ad ogni modo, questa consapevolezza non cambia nulla - ah, beh - voltandomi istintivamente verso l'oggetto della nostra discussione, faccio delle spallucce noncuranti - forse dovrei chiederglielo - sì lo ammetto, me ne sto approfittando, mi sto approfittando dell'improvvisa espansività di Daphne per fare qualcosa di diverso, che ne so, giocare un po' per esempio. Il corpo però mi tradisce, l'attiro a me senza poter nascondere ciò che penso davvero, è scritto a caratteri cubitali sulla mia faccia. La mia attenzione è già tutta riservata ad una persona in particolare, non ho la voglia di focalizzarmi nè l'interesse su altre. E mi piace la sua...gelosia. Questo spirito di possesso che somiglia tanto al mio. Eppure ricordo che avesse affermato di non esserlo, questa è un'altra bellissima novità che però non posso indagare maggiormente, devo fermarla dal fare gesti plateali - gliel'ho dirà personalmente e- ehi! - non mi permette di finire la frase, sfugge dalla mia presa e in un secondo la perdo venendo mezzo travolto dalla folla del locale. Le musiche intermittenti e il casino generato dalla musica non mi aiutano di certo, non so se riesce a vedere la mia mano mentre la agito a caso sopra le teste della gente o se riesce anche solo flebilmente a sentire che la chiamo. Mi basta poco per darmi una risposta da solo: no, evidentemente non mi sente. Temo che la prossima volta che la rivedrò sarà su quel palco, esattamente come Grace poco fa... non può accadere, devo recuperarla. Posso solo avanzare usando il palco come punto di riferimento, scanso un paio di persone e solo averne spinte di lato un paio individuo a testa bionda che pare essere la sua ma ho bisogno di faticare ancora un po' per poterlo verificare. Alla fine la folla si rivela utile: ricevo uno spintone da dietro che mi permette di avanzare un po' e confermare i miei dubbi. Si tratta di Daphne. Ma è con quel tipo. Mi ci vuole un attimo per mettere a fuoco non solo la scena, ma anche le sensazioni che sto provando. Perchè cazzo le sta così vicino? Perchè poi è senza maglietta? Merda, cos'è, un esibizonista? Fastidio, un fastidio implacabile mi scorre su per la schiena restituendomi la sensazione di un brivido. Un impeto quasi, un qualcosa che muove tanto il mio istinto da dovermi sforzare di trattenerlo stringendo i pugni e serrando i denti. Non mi piace che la tocchi, non mi piace che prenda tutta questa confidenza, non sono disposta a vederla così con qualcun altro, nessun altro che non sia io. L'unica ragione per cui la mano destra si rilassa, è per andare a cercare la bacchetta e fare cosa, ancora non lo so bene, qualsiasi, anche farlo saltare in aria rientra fra le opzioni, ma per fortuna prima che io possa fare qualsiasi cosa di incredibilmente stupido, il mio buonsenso riesce a farmi cambiare rotta optando invece per un - depulso - bisbigliato a denti stretti. Il mio desiderio di separarli si concretizza in quell'incantesimo che nel panico generale potrebbe aver capito da dove proviene, oppure no, ma in entrambi i casi poco mi importa. Non intendevo assistere a quella scena penosa un solo attimo in più. C'è più confidenza di quanto credo fra i due? Sono i gesti di un povero scemo che alzato troppo il gomito? Qualunque sia la spiegazione, non giustifica il gesto che palesemente non viene apprezzato da Daphne. Di fronte alla sua reazione, il mio incantesimo sembra il tentativo idiota di un bambino di voler allontanare un'altra persona da una sua proprietà. Ero preoccupato, preoccupato di come lei avrebbe reagito... ma a quanto pare, non c'era niente di cui preoccuparsi. Avanzo ancora mentre il ragazzo pende a testa in giù come a voler vedere meglio quello che Daphne sta facendo. Non l'ho mai vista così incazzata da quando la conosco e nonostante metta su una faccia serena per evitare di attirare ulteriormente l'attenzione, vedo soltanto quanto avrebbe voluto distruggerlo anche più brutalmente se fosse possibile. Lo guardo negli occhi, lo scemo, nei suoi occhi rovesciati sotto sopra che spuntano fra un brufolo e l'altro. Faccio scattare in alto le sopracciglia con soddisfazione sussurrando poi qualcosa che spero riesca a percepire anche solo leggendo il labiale, se ne è capace - hai scherzato con la ragazza sbagliata - tutto il mio disappunto è più che palese e non faccio neanche nulla per celarlo. Solo adesso i nostri occhi si incrociano, i miei e quelli di Daphne. Non riesco a sorriderle, mi dispiace, ma non ci riesco minimamente, anzi, mi irrigidisco ancora di più se possibile lasciando trapelare la sensazione che predomina adesso in me: fastidio.
    Non è da me, merda, non è da me farmi dominare così dalle sensazioni. Non è da me reagire in questo modo ostentando espressioni infastidite che voglio che noti. Forse mi sto trasformando in un idiota, ma forse sono ancora in tempo per rimediare. Alla prima occasione utile, allungo un braccio per stringerle la mano fermamente e trascinarla via dal locale, verso un luogo dove potrò sentire tutto ciò che avrò da dire. Deve avere qualcosa da dirmi, una spiegazione, un collante che metta insieme i pezzi e che rimetta insieme anche la mia ragione, dannazione.

    Interagito direttamete con Daphne.
    Ha lanciato ad Aaron un flebile depulso per staccarlo da Daphne prima che lei lo conciasse per le feste. Considerata la folla, potresti esserti accorta o meno che l'incantesimo l'ha lanciato Hunter, fai pure tu!
    Adesso sei ufficialmente nella sua lista nera :zizi2:

    Uscito trascinandosi dietro Daphne che adesso deve delle spiegazioni ad un Hunter alquanto incazzato.



    – – – – – –

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    Axel
    Tutto si poteva riassumere con: Wonderland-di-merda. Axel lo sapeva che a quella dannata festa del cazzo non avrebbero dovuto metterci piede e giurò su quanto avesse di più caro che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe lasciato il suo fido locale di fiducia per quella porcheria travestita da discoteca. Che posto del cazzo e che idea del cazzo quella della bionda di trascorrere lì una serata alternativa rispetto alle solite che si concedevano di sesso e meraviglioso sesso su nuove superfici al castello. No, questa volta dovevano andare a farsi drogare in quel locale del cazzo dove l’unica cosa buona che possedevano era il gusto con la quale assumevano il personale di sesso femminile.
    «Ti sei rincoglionita di colpo?» Sfiatò alla volta della Corvonero, il cellulare ancora alto, quando questa sembrò riemergere da un momento di confusione nella quale adocchiò il suo cellulare come fosse un qualcosa di mai visto. «Ce l’hai anche tu in tasca.» Che cazzo aveva adesso? «Nulla. Finché si tengono a distanza dal mio culo possono fare come cazzo gli pare.» Axel non era omofobo, assolutamente, ma non era certamente stato educato a rapportarsi con persone dall’orientamento sessuale diverso dal suo. Ciò che aveva conosciuto e appreso glielo aveva insegnato Ethan e l’uomo, quando era ancora un ragazzino in procinto d’entrare nella pubertà, gli aveva dato una lezione molto chiara: erano innocui, forse – parole sue eh! – persino normali, ma l’unica cosa importante era mettere dei confini definiti. Potevano baciarsi, scopare, fare quel grandissimo cazzo che volevano ma lontano dal suo spazio vitale ed Axel, ignorantemente, condivideva quel punto di vista poiché banalmente non provava la minima attrazione per un corpo che non possedesse i tratti riproduttori femminili. «Stavi facendo loro un video?» Non era abbastanza chiaro? Le sopracciglia del mannaro si sollevarono confuse mentre la sua mente elaborava una risposta che non gli sarebbe piaciuta per nulla. «Nessuno te l’ho appena detto! Si può sapere che cazzo ti prende?» Lo sapeva che tra le sue ex figurasse una ragazza, una certa Padme, un tipa sulla quale lui stesso aveva ironizzato per ferirla. La tizia aveva persino tentato il suicidio ad un certo punto, una battuta persino troppo scontata quella che aveva girato alla Corvonero sotto il suo braccio che, per inciso, si stava ribellando dal peso del suo braccio. «Cazzo Métis, finiscila», cercò di trattenerla ma fu tutto vano. Complice la sua figura minuta, rispetto al colosso rappresentato dal lupo, sgusciò tra la folla mettendo distanza dal bulgaro che la perse di vista. «Porca puttana», imprecò tra sé mentre tentava di aprirsi un passaggio tra la folla per raggiungere la ragazza che era come scomparsa. Cercò di fare affidamento al suo fiuto, leggermente più sviluppato del normale, ma in quella confusioni di odori – e puzze – era come cercare l’ago in un pagliaio. «Cazzo di drink di merda», era così infastidito che avrebbe agguantato nuovamente il cameriere dalla quale la bionda aveva preso il bicchierino incriminato per farsi dire cosa le avevano dato ma anche quest’ultimo aveva sapientemente tagliato la corda.
    «Hai visto Sky?» Fermò un loro compagno di corso chiedendo indicazioni ma quest’ultimo fece spallucce sollevando le mani e Axel lo piantò in asso continuando a cercare la ragazza salvo fermare una successiva figura ponendogli lo stesso quesito. «L’ho vista entrare in bagno dietro a Barnes.» Barnes? Ma che cazzo?! Perché cazzo seguiva quel frocio di merda? Il fastidio del lupo mannaro s’impennò al sentir nominare il suo tarlo dell’esistenza. Pure sotto gli effetti della droga doveva seguire quel figlio di puttana? Di gran carriera si diresse verso i bagni del locale pronto a prendere di peso la ragazza caricandosela in spalla se fosse stato necessario. Skylee non era lucida, questo era chiaro, e per quanto in quel momento si comportasse da idiota con lui nel momento in cui l’effetto dell’intruglio fosse terminato lo avrebbe ringraziato eternamente per averla portata via da una possibile figuraccia. Aprì la porta del bagno, sbattendola, ma ciò che vide fu quanto di più distante da ciò che si aspettasse. C’era sangue, fiotti di sangue ovunque e Barnes sovrastava il Corvonero che fino ad un attimo prima stava limonando per massacrarlo di botte e... Skylee era terribilmente vicina a loro. Doveva fare qualcosa. Senza rifletterci troppo si avventò sul Serpeverde passandogli un braccio intorno al collo mentre con l’altro cercava di tenerlo fermo e al contempo staccarlo dal corpo dell’altro. Lo strattonò, con non poca difficoltà e con un colpo di reni lo staccò definitivamente dal corpo dell’altro gettandolo contro la parete opposta alla quale poi lo inchiodò con la sua massa fisica. «Calmati», gli ringhiò quasi più animale che umano, gli occhi sicuramente che brillavano della bramosia di sangue della bestia. Non stava aiutando lui, per inciso, anzi bramava di poter fare di lui lo stesso che aveva fatto del Corvonero ma c’era Skylee in quella stessa stanza e testa di cazzo com’era si sarebbe buttata nella mischia pur di “aiutare”. Tsk, aiutare, come se il suo corpo gracilino avesse potuto qualcosa contro un colosso come Barnes, nemmeno il Corvonero aveva potuto fare molto e l’unico che avrebbe potuto tenergli testa lo stava inchiodando sfruttando la bestia dentro di sé proprio in quel momento alla parete del bagno sporcandosi del suo stesso schifoso sangue. «È cosciente?» Domandò alla Corva informandosi delle sorti dell’altro. Se Marcel fosse stato in grado di camminare avrebbe intimato ai due di uscire da quel bagno altrimenti avrebbe allontanato lui, con le buone o le cattive, Harry da quel posto. La sua priorità, in ogni caso, era la sicurezza della Métis e sarebbe dovuta rimanere distante da quel coglione. Magari, chissà, avrebbe potuto levarsi qualche sassolino dalla scarpa se fossero rimasti soli.


    Interagito direttamente con Skylee, Harry e Marcel se in grado di intendere e volere.

    Rimane interdetto da smemo-Sky e le risponde a tono mentre matura l'idea che il suo modo di porsi sia a causa dei drink del locale. Un paio di maledizioni e KTM rivolti al locale. Cerca Sky tra la folla e interroga i passanti su dove possa essere finita (chiunque volesse potrebbe prendere questo spunto d'interazione e farlo suo) e successivamente segue la Métis nei bagni dove trova la scena del crimine(?). Lì trova Harry darle di santa ragione a Marcel con Sky fin troppo vicina ai due che si picchiano. Decide d'intervenire per proteggere Sky e si avventa su Harry fondamentalmente levandolo di dosso a Marcel per sbatterlo sulla parete opposta dove lo tiene inchiodato. Intima quindi a Sky di portare via Marcel nel caso fosse in grado di camminare.
     
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    Skylee Metis

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    «Hai ragione, potrei rischiare di macchiarmi... molto meglio lasciarti dissanguare, no?» Scherzai con tranquillità nel tono per evitare di agitare ulteriormente il ragazzo mentre con mani ferme e delicate cominciavo a tamponargli la ferita per poi castare un'altro paio di incantesimi affinché la ferita smettesse di sanguinare e si rimarginasse alla bene e meglio.
    Fissai la mia opera con sguardo soddisfatto e mi dissi che in fin dei conti avrei potuto fare molto di peggio, la cicatrice rossastra che ora segnava il petto del ragazzo non aveva sicuramente contorni lisci e precisi, ma la ferita si era chiusa e quello era ciò che contava, per di più da quel che ricordavo non ero mai stata una cima con gli incantesimi curativi e quindi il Ragazzo poteva dirsi piuttosto fortunato a non essersi ritrovato l'ispida peluria appena accennata del petto di stravaganti colori per nulla adatti a un petto, o un terzo capezzolo gentilmente offerto dalla mia bacchetta. Poteva andare decisamente peggio, appunto. «Perché l'ho fatto chiedi?» Sollevai lo sguardo verso il suo solo dopo aver finito di fasciargli la zona per aggiungere un'ulteriore sicurezza alla mia improvvisata missione di salvataggio. «Perchè mai non avrei dovuto farlo? Ti chiedo io» Sorrisi imbarazzata chiedendomi se quella fosse stata una cosa realmente così bizzarra da fare, dubitavo qualcuno avrebbe lasciato sanguinare qualcun'altro se si fosse trovato nella medesima situazione. Quale pazzo avrebbe girato i tacchi per lasciare l'estraneo dinnanzi a lui sbrigarsela da se? Nessuno, no? «Qualosa del genere...» Ridacchiai fra me e me sentendo le gote arrossarsi per la supposizione del ragazzo. Crocerossina, non credevo di essere una crocerossina, ma forse le mie improvvise premure nei confronti di quel ragazzo potevano essere passate per un qualcosa di fin troppo eccessivo nei riguardi di un estraneo, ma io ero fatta così, se vedevo qualcuno soffrire difficilmente riuscivo a rimanere indifferente senza tentare in un qualche modo di intervenire per migliorare la situazione. Non sempre ci riuscivo, questo era chiaro, ma la consapevolezza di averci provato mi bastava per poter essere a posto con me stessa e con la mia coscienza.
    Le dita fredde che si posarono sulla mia guancia mi fecero sussultare appena, non mi aspettavo un simile gesto da parte sua, ma dovetti ammettere a me stessa che quando lo vidi aicinarsi pericolosamente al mio volto non fui in grado di replicare in alcun modo. Averi potuto domandargli perché lo stesse facendo se soli pochi attimi prima pareva essere concentrato solo sul sesso opposto, ma non lo feci, rimasi interdetta fra quel senso di confusione e smarrimento provocato da un gesto tanto inaspettato e quel timido istinto di annullare la distanza fra noi che mi sentivo montare dentro. Perché poi non ne avevo idea, probabilmente mi ero solo lasciata trasportare dall'atmosfera surreale che era andatasi a creare attorno a noi o forse ero solo una persona così priva di buon senso da trovare quel bacio rubato eccitante, ma nulla di tutto ciò avvenne mai, perché prima che le nostre labbra potessero procedere oltre quello sfioramento appena accennato la porta alle mie spalle si aprì di scatto e mi fece balzare sul posto con fare allarmato. Chi era entrato? Mi voltai di scatto ma in seguito a quella che aveva tutta l'aria di essere una provocazione bella e buona il ragazzo affianco a me mi spostò con forza di lato per avventarsi contro l'altro appena arrivato. Mi ci vollero un paio di secondi prima di riprendermi dall'urto contro la porta di uno dei gabinetti presenti in quella stanza, ma una volta ripresa percepii una consapevolezza che per lunghi minuti avevo perduto rifarsi strada in me. Cosa ci facevo lì? E perché avevo le mani sporche di sangue? Nessun senso pareva più darmi retta, erano tutti concentrati sul capire di chi fosse il sangue sulle mie mani, ma prima che riuscissi a guardarmi attorno per capirlo uno spaventoso scenario mi si parò davanti agli occhi e mi portò a rivivere gli avvenimenti successi poco più di un anno prima, quando in preda alla perdita di controllo più grande che avessi mai avuto, avevo portato via la vita ad un uomo. Ricordavo ancora il suo caldo sangue grondarmi dalle mani, ricordavo come il mio cuore avesse pompato così tanto sangue al mio corpo da farmi stare male e ricordavo una voce che mi aveva permesso di tornare cosciente e vigile nel mondo dei vivi. La stessa voce famigliare che ora mi pareva di udire in lontanza. Axel. «Axel?» Domandai fra me e me sbattendo più volte le palpebre per tornare a mettere a fuoco il mondo che mi cirscondava. Che era accaduto? E perché ora Axel teneva stretto fra le sue braccia un rabbioso Harry con in volto l'ira di chi avrebbe potuto uccidere se solo ne avesse avuta l'occasione. C'era stata una rissa? Mi pulii distrattamente le mani dal sangue rimasto sopra di esse sfregandole sui pantaloni in pelle nera che ne avrebbero mimetizzato il colore e con fare preoccupato mi abbassai al capezzale di Marcel per sincerarmi delle sue condizioni? «Stai bene?» Gli domandai porgendogli una mano per rialzarsi una volta capito che era cosciente e vigile almeno quanto Axel, nonostante il suo volto fosse conciato male. Scossi il capo come a spannare la mente da una nebbia ancora leggermente presente su di essa e attesi una reazione da parte del Corvonero per capire se avesse bisogno di un aiuto magico per rimettersi in sesto o meno.

    ★ ★ ★
    Caposcuola Corvonero | Mailbox | Pensatoio

    Interagito con Harry, Axel e Marcel.


    Edited by Skylee. - 8/3/2023, 18:17
     
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    Era infastidita oltre ogni misura, quella sarebbe dovuta essere una serata per lei ed Alexander ma quest'ultimo ovviamente non c'era. E al Wonderland come ci sarebbe dovuta andare? Da sola?
    Aveva preso la prima cosa che aveva trovato nell'armadio, un abito colorato a stampe floreali, per poi andare al Wonderland accompagnata da suo zio Eddie e la sua squadra. Non era così che avrebbe voluto passare quella sera, avrebbe voluto dedicarla a se stessa e al marito ma alla fine aveva dovuto optare per un'uscita con il capo del suo Hidalgo.
    «Almeno qualcuno ha avuto voglia di accompagnarmi.» aveva detto lei una volta seduta al tavolo, tirando un lungo sospiro infastidito «Grazie, zio Eddie.»
    L'uomo le sorrise, appoggiandosi anche lui allo schienale della sedia. Il suo sguardo guizzò prima sulla figura dei suoi due colleghi, Rosalva e Takeru, ed infine finì sulla figura seccata della nipote.
    «E di che, Principessa.» si accese una sigaretta, soffiò un po' di fumo facendo attenzione a non farlo arrivare in faccia agli altri. L'idea era quella di ordinare delle birre, ma Dorothea spiegò che qui al Wonderland non sceglievi tu la tua bevanda, ma veniva scelta casualmente dal locale stesso.
    «Ma che merdata!» lo disse ad alta voce l'uomo, in modo che si sentisse bene il suo disappunto perché se lo meritava una pinta di birra irlandese e quelli del locale non erano nessuno per impedirglielo. Dorothea però gli disse che comunque i cocktail erano buoni, ai suoi studenti piaceva quel locale e piaceva pure a lei. Era un po' il ritrovo romantico di Hogsmade, a tema Alice nel Paese delle Meraviglie dove, con il giusto partner al tuo fianco, ti potevi davvero divertire.
    Eddie però la pensava diversamente.
    «Ma cosa sta succedendo?» si erano messi tranquilli a parlare, quando ad in certo punto, poco più in là, Dorothea aveva visto Harry stampare un lungo e duro limone a Marcel. Ed in quel momento la povera professoressa era rimasta un po' interdetta, Barnes non era eterosessuale? Eddie si era messo a ridere sotto lo sguardo seccato di Rosalva che aveva distolto lo sguardo. Dorothea però non rideva perché Axel Dragonov aveva immediatamente colto l'occasione per fare un bel video di quel momento tanto speciale, suscitando disappunto nella donna.
    «E Dragonov dovrebbe avere ventidue anni, cielo non mi aspettavo si comportasse da scolaretto di cinque.» ormai lo aveva capito da un po', i suoi studenti non ce la facevano ad essere maturi ma lei volle pensare che il bulgaro avesse deciso di fare così per via dell'alcool, volle trovargli una giustificazione plausibile per non prenderlo e tirargli talmente tanto forte le orecchie da staccargliele. Se non altro ebbe modo di notare Skylee che cercava di sistemare una situazione che stava degenerando minuto dopo minuto, da una parte un confronto tra fidanzatini e dall'altra groda tra Harry e Marcel. E forse qualcosa di pericoloso.
    «Ma sono davvero tuoi studenti?» era perplesso lo zio di Dorothea e non si poteva certo biasimare perché l'atteggiamento che stava vedendo in questi giovani era discutibile. Non che lui fosse stato meglio in gioventù, anzi era stato anche peggio e la nipote lo sapeva, lo sapeva perfettamente.
    «Sì.» mormorò stringendosi al cappottino nero che aveva appoggiato sulle spalle. Iniziava a pensare che il Wonderland dovesse smetterla di dare drink casuali ai suoi clienti, anche perché per tutta la serata aveva notato atteggiamenti fin troppo esagerati e no, non era perché i suoi studenti non avevano neuroni anzi. Li reputava tutti molto intelligenti, ma erano in un momento della loro vita particolarmente delicato e senza un punto di riferimento facevano scelte che purtroppo erano risultavano moleste.
    «Mi sa che la situazione sta degenerando, vado a controllare.» se ne era accorto dalle grida che sentiva provenire dai bagni, stessa cosa anche Dorothea che era sinceramente preoccupata per i suoi ragazzi.
    «Vengo con te.» aveva risposto subito e con lo zio si era alzata per raggiungere la fonte del problema. La scena che si parò di fronte ai due era agghiacciante: Harry tenuto a debita distanza da Marcel che sembrava non essere particolarmente in forma.
    «Senti, la vogliamo piantare o devo staccarti le palle e fartele mangiare?» e a quel punto mostrò il distintivo da auror, mentre Dorothea invece si stava occupando di Marcel e di Skylee.
    «Oh per Merlino... Skylee tu come stai? E Marcel? Hai bisogno di una mano?» preoccupata, la donna si era messa al fianco della studentessa di Corvonero sincerandosi delle condizioni fisiche del giovane.
    «Grazie, Axel.» si rivolse poi anche al bulgaro, alla fine aveva evitato, per quanto gli fosse stato possibile, di evitare che qualcuno finisse al San Mungo quella sera «Puoi dare una mano al signor Silverhand? Io mi occupo di Marcel.»
    Assieme alla studentessa lo avrebbero messo in sicurezza, lontano dal Serpeverde chiaramente non era lucido e sincerarsi delle sue condizioni di salute. Se fosse stato necessario, Dorothea avrebbe prestato qualche cura di primo soccorso ed eventualmente di accompagnarlo in infermeria.
    Una situazione decisamente poco piacevole.
    code by frieda



    Dorothea è venuta al Wonderland con lo zio Eddie (che di mestiere fa l'auror tanto per cambiare) ed i membri della squadra di quest'ultimo. Si siedono, chiaccherano un po' ed assistono al teatrino Axel - Skylee - Marcel - Harry. Dato che intuiscono che la situazione sta sfuggendo di mano, Thea ed Eddie vanno nei bagni e cercando di placare gli animi. Dorothea cerca di assistere Skylee con Marcel e ringrazia Axel chiedendogli di dare una mano allo zio <3


    Edited by Yuna ~ - 12/3/2023, 21:11
     
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    Harry Barnes

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    18 anni - V anno
    *possibile violenza, linguaggio volgare o offensivo

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    Un silenzio timido, carico di suspance si era andato a creare fra me e Skylee, portando a una situazione che, per una volta, non ero andato a forzare in alcun modo. Non sapevo a cosa diamine fosse dovuto quel cambiamento repentino nei suoi modi di fare nei miei confronti, ma non mi importava; avrei preso quel che veniva, accettando di buon grado quella sua curiosa pacatezza nei modi – di solito burberi – senza tentare di combattere minimamente il desiderio crescente di ringraziarla per quell’inaspettata gentilezza mostratami; un ringraziamento che però fu bruscamente interrotto dal ritorno in scena della causa dei miei mali di quella maledettissima sera.
    Al che non ci vidi più.
    Tutto era confuso; i miei respiri si erano fatti talmente esasperati, i battiti talmente accelerati che il sangue doveva essermi andato fino al cervello, rinchiudendomi in una cassa ultrasuoni di acufeni assordanti, che mi impedirono per un tempo indefinito di percepire qualsiasi cosa attorno a me che non fosse il muso di quel lussemburghese del cazzo, i quali tratti iniziavano a confondersi nei fiotti di sangue che gli stavo procurando. Il suo tentativo di proteggersi dai miei colpi, infatti, che mi causarono un doloroso colpo allo stomaco e una mascella che ora scricchiolava sinistramente nel mio digrignare così fortemente i denti, non fece che aizzare i miei sensi ancora di più; sensi che già da un po’ avevano iniziato a farsi più acuti, esasperando la mia voglia continua di risse e caos.
    Forse stavo per ucciderlo, e non mi sarebbe importato. Anzi, la ritenevo la cosa più giusta da fare: l’unica punizione possibile per un disonore così grande, e una mancanza di rispetto così esagerata davanti al pub, agli altri studenti alla festa, e ora alla mia ex. Cos’avrebbe pensato di me? Cos’avrebbero pensato tutti?
    Qualcun altro, però, impedì a quella tragedia di compiersi. Tenevo duramente un ginocchio sullo stomaco del corvonero, quando due grosse braccia mi sollevarono da terra, facendomi agitare come in preda a rabbiose convulsioni. Provai a contrastare quell’imposizione esterna con tutte le mie forze, ma non riuscii comunque ad impedire che venissi schiaffato al muro con violenza, causandomi un intenso dolore alla nuca che, con un tonfo, andò a sbattere contro le pareti piastrellate di quel cubicolo di merda. Questo mi confuse ulteriormente i sensi, nonostante gli acufeni andassero a diminuire a ogni respiro che, sotto costrizione, avevo preso a compiere più lentamente. Una voce che parve venire in lontananza, adesso, mi informava di chi si trattasse; riaprì gli occhi e, un pixel alla volta, la mia vista andò a spannarsi per riuscire a mettere a fuoco un bulgaro decisamente incazzato.Togliti. di. dosso. ringhiai, cercando di recuperare le forze – e la prontezza mentale – per liberarmi dalla sua morsa, e magari finire quello che avevo cominciato.
    Lanciai uno sguardo verso il corvonero, per assicurarmi che fosse ancora a mia disposizione, quando fui invece attirato dallo sguardo di Skylee.
    Non sapevo decifrarlo. Aveva paura di me? Provava rabbia? Disgusto?
    Fu solo quello a calmarmi, prima che accadesse qualcosa di inaspettato.
    «Senti, la vogliamo piantare o devo staccarti le palle e fartele mangiare?» chi, cosa? A chi si riferiva?
    Sbattei le palpebre incerto, nel mettere a fuoco quello che aveva tutta l’aria di essere un reale distintivo da auror.
    Oh, cazzo.
    Un nuovo mutismo mi assallii: sapevo che la prima regola di fronte alle forze dell'ordine era evitare di dire qualsiasi cosa di compromettente. E in quel momento non avevo la mente lucida abbastanza per mettere in atto uno dei miei soliti tentativi manipolatori, prendendo le giuste scuse, distorcendo la realtà e salvandomi il culo. La cosa positiva era che, fra tutti, fossi io quello schiaffato al muro e sanguinante. Forse riuscivo a cavarmela facendo la parte della vittima confusa. Lasciai dunque che le mie condizioni fisiche parlassero per me, improvvisando un'espressione da cane bastonato.
    Notai solo in quel momento che, insieme a quel totale estraneo, fosse entrata in scena anche la professoressa di Divinazione, una nuova assunzione dell'anno 2023, che cercava di impedire a un Marcel vagamente barcollante di alzarsi per varcare rabbiosamente la soglia. Quello mi assicurò di non averlo fatto fuori, con un breve, mozzato sospiro di sollievo.
    Impossibile capire cosa stessi provando. Senso di colpa? No, impossibile. Non sapevo cosa significasse. Però percepivo di aver fatto una cazzata bella grossa, ma soprattutto di averne sventata, inconsapevolmente, una ancora più grande.
    E allora realizzai di essere grato a quel maledetto bulgaro, che mi aveva evitato un biglietto di sola andata per Azkaban.
    Dannati auror.




    Interagito con Axel, citati Skylee, Marcel, la proffa e l'auror, a cui sta dedicando un'espressione da cane (che è stato) bastonato. La player di Marcel ha specificato che il suo pg dovesse uscire di scena.
     
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    Axel
    «Togliti. Di. Dosso.» Replicò il Serpeverde nel tentativo di liberarsi della stretta del bulgaro ma Axel non glielo avrebbe permesso. «Ti piacerebbe eh», stronzo, «così finisci il lavoro?!» Un nuovo colpo originato dalle membra mantenne inchiodato e allo stesso tempo colpì, con forse più forza del dovuto, il ragazzo inducendolo a sbattere di nuovo contro la parete. «Così fai del male anche a lei, mh?!» Sibilò inclinando il capo in direzione della Corvonero adesso impegnata a medicare alla bell’e meglio il suo compagno di casa. «Axel?» Squittì lei con un tono piuttosto confuso. La conferma per il mannaro: di nuovo quei drink alterati del cazzo. «Presente baby», le rispose con una certa ironia senza tuttavia scollare lo sguardo dal Serpeverde che nella sua stretta si agitava come un ossesso nel tentativo di ribellarsi e fare chissà cosa a chissà chi. Ma prima ancora che tutta la comitiva presente nel bagno potesse fare qualcosa altri non invitati alla festa si unirono a loro e nello specifico una voce tuonò con autorità:
    «Senti, la vogliamo piantare o devo staccarti le palle e fartele mangiare?» Un distintivo della divisione auror gli scivolò alla sinistra del suo campo visivo facendolo sbiancare di colpo e, contemporaneamente al Serpeverde che aveva tenuto braccato, entrambi, quasi in sincrono, quasi fossero immediatamente d’accordo sulla linea d’azione da seguire, si calmarono di colpo. “Merda gli sbirri.” Chi cazzo aveva chiamato gli sbirri?! Axel lasciò la presa sul Barnes lentamente, mantenendo comunque il contatto visivo negli occhi non più folli del ragazzo e lo lasciò andare tenendo le mani ben in mostra sia all’auror che alla professoressa. “Nessuna mossa azzardata”, si disse inghiottendo la saliva. Li aveva chiamati lei? O il locale? Cazzo, doveva mantenere il sangue freddo. «Grazie, Axel.» Cinguettò la professoressa di divinazione contro ogni sua aspettativa generando in lui, internamente, una reazione piuttosto stupita che esternamente si manifestò in una leggera confusione. Buono, quindi in qualche modo sapevano che non era incluso in quella rissa e che la colpa era unicamente di quella fottuta testa di cazzo di Barnes. Mugugnò qualcosa che sapesse di una risposta alla docente e, annuendo silenzioso, obbedì all’ordine implicito della donna avvicinandosi, riluttante, all’auror. «Signore, in cosa posso aiutarla?» Ma quale aiutare ed aiutare, avrebbe lasciato quel coglione a sgrondare fino all’ultima goccia del suo sangue. Voleva solo andarsene ma la situazione lo aveva obbligato a rimanere incastrato lì, costringendolo ad indossare la maschera di un ruolo che a stento gli apparteneva e della quale, in quel momento, non aveva nessuna voglia di interpretare. Voleva finire il lavoro, prendersi finalmente la sua fottuta rivincita su quello stronzo che non perdeva occasione per provarci sfacciatamente con la sua ragazza e invece no, la fortuna ancora una volta aveva baciato quel verme.
    L’uomo chiese loro spiegazioni ed il bulgaro, deciso a rimanere quanto più possibile da sfondo in quella faccenda, annuì di tanto in tanto confermando le supposizioni dell’auror. «I drink sono alterati signore.» Confermò scoccando un’occhiataccia di sottecchi al Barnes, quante gliene doveva per quella sera e gli sarebbe convenuto collaborare o gliele avrebbe aggiunte alla lista alla prima occasione buona. «In questo locale hanno il brutto vizio di metterci roba per “movimentare la serata”», spiegò citando le testuali parole proferite dal personale quando aveva deciso, a modo suo, di farsi giustizia da solo l’anno precedente. «Quindi... Harry non era del tutto conscio delle sue azioni, esattamente come Skylee», con il capo fece cenno alla Corvonero impegnata ad aiutare la docente con un recalcitrante Marcel, «non capisce di stare al mondo.» Spiegò. Era sufficiente, no? Il crimine era stato sventato. Potevano tutti tornare alla propria vita, o almeno poteva farlo lui? Più i minuti passavano e più sentiva rivoli di sudore freddo scivolargli lungo la schiena. Non fiatare, non fare facce e non fare nulla che possa renderti sospetto ai loro occhi, questo si ripeteva mentre rimaneva silenzioso e concentrato circa alle spalle dell’auror. Lui era innocuo a differenza del reietto che si godeva – per modo di dire – tutta la luce dei riflettori. Doveva pazientare e appena si fosse aperto uno spiraglio andarsene prima che qualcuno cominciasse a fare domande su di lui o peggio ancora, potessero schedarlo poiché coinvolto in quella faccenda del cazzo. Non poteva e non doveva essere schedato, non lui, la cui fedina penale era più sporca dei bagni di quel locale, doveva rimanere anonimo agli occhi del ministero. L’auror si era accorto di qualcosa? Controllò le mani affondandole successivamente nelle tasche dei jeans scuri a nascondere le punte insanguinate. Che quello fosse sangue del ragazzo mischiato col suo poco cambiava, non sapeva se e quanto dei suoi tratti si fossero trasfigurati nel tentativo di mantenere bloccato il ragazzo nonostante la belva dentro di lui graffiasse per uscire. Una belva di cui il ministero non sapeva nulla.
    Ed eccolo lì finalmente, dopo un tempo che parve infinito: il suo spiraglio. Appena l’uomo si gettò nella manfrina verso il giovane, Axel, silenzioso indietreggiò muovendosi verso la professoressa, verso la Corvonero, gettandole un’occhiata carica di significato: dobbiamo andare, sembrò dirle invitandola ad allontanarsi insieme a lui prima che qualcuno potesse porre loro domande scomode. Sfruttando la folla, sperando che Skylee lo seguisse e non prendesse ulteriori iniziative, si dileguò in essa smaterializzandosi poi lontano da lì.


    Interagito direttamente con Skylee, Harry, la professoressa e l'auror. Citato Marcel.

    Mantiene Harry inchiodato alla parete sbatacchiandolo un po' per puro sfizio salvo poi mollarlo quando il distintivo dello sbirro si para sotto i loro nasi. Al che si da una calmata e decide di mimetizzarsi con la tappezzeria rispondendo il minimo indispensabile alle domande della prof e di Silverhand. Appena si apre uno spiraglio si dilegua facenno cenno a Skylee di seguirlo, a lei la scelta se farlo o meno.

    USCITO.
     
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    Skylee Metis

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    Mi sentivo ancora confusa, non capivo bene cosa fosse accaduto o perché mi trovavo lì, in compagnia di Axel, Marcel e Harry, non capivo perché almeno due su tre dei ragazzi presenti fossero sporchi di sangue o perché io lo ero, ma lentamente tutto mi tornò alla mente e cercai di correre il più velocemente possibile alla volta di Marcel per aiutarlo mentre Axel teneva premuto contro al muro un Harry con lo sguardo acceso di puro fuoco. Le dinamiche mi apparivano in mente ancora leggermente annebbiate, ma il quadro generale cominciava a schiarirsi. Avevo bevuto un drink che mi aveva fatto perdere momentaneamente la memoria e nel mentre ero riuscita a trattare di merda il Bulgaro, a incitare Marcel a seguirmi verso i bagni per capire come stesse Harry e più grave fra tutte le cose fatte aver quasi baciato l'ultimo in preda a chissà quale sentimento dettato dall'amnesia momentanea. Sentii il viso avvampare e sperai nel buon senso del Serpeverde affinché tacesse l'accaduto, troppo occupato a dare di matto per fornire una simile informazione, mi dissi, altrimenti ero certa il Bulgaro avrebbe terminato ciò che Marcel evidentemente non era riuscito a fare appieno. Spaccare il muso ad Harry. «Stai bene?» Domandai al Corvonero, ma prima che riuscissi ad ottenere risposta alcuna vidi la professoressa di Divinazione entrare di gran carriera assieme a quello che si scoprì poco dopo essere un Auror nel bagno del locale. Cazzo Pensai fra me e me voltando istintivamente il volto verso Axel per incrociare il suo sguardo rigido e per nulla a suo agio in quella strana situazione che si era andata a creare e di certo non potevo biasimarlo per questo. Era stata colpa mia se ora si trovava lì, dinnanzi a un Auror particolarmente incazzato che Merlino solo sapeva cosa avrebbe potuto decidere di fare per risolvere la situazione, ma inaspettatamente quelli che giunsero alla volta del Bulgaro furono ringraziamenti e solo in quel preciso istante mi accorsi di aver trattenuto il fiato fino ad allora. Mi lasciai andare a un silenzioso sospiro e mi feci affiancare dalla Professoressa per tentare di rialzare un Marcel piuttosto mal ridotto che però, incurante del sangue che gli sporcava viso e corpo, si alzo e scostò entrambe in malomodo per abbandonare il bagno. Fui subito tentata di seguirlo per fermarlo ma le mie mani si mossero invece in automatico per sorreggere la professoressa che, china in equilibrio precario sul ragazzo ormai sparito, avrebbe potuto rischiare di perdere l'equilibrio e farsi male in seguito allo spintone. «Sta bene professoressa?» Le domandai aiutandola a rialzarsi mentre con sguardo confuso osservavamo tutti quanto successo. L'attenzione si focalizzò poi sull'unico ragazzo rimasto coinvolto direttamente nell'aggressione e con aria interdetta fissai ancora una volta Axel che con un allusivo cenno del capo mi faceva cenno di seguirlo per svignarcela il prima possibile da quella situazione. Soppesai velocemente le alternative possibili e infine mi dissi che quella, visto ciò che sia la mia mente, ma soprattutto quella di Axel avrebbe potuto rivelare se solo l'auror avesse deciso di indagare a fondo su quanto accaduto con l'ausilio della legilimanzia, era l'alternativa più sicura per tutti. Guardai Harry per un'ultima volta con aria leggermente colpevole per l'imminente abbandono da parte nostra, ma poi senza fare troppo rumore mi apprestai a seguire il Bulgaro al di fuori del bagno per poi smaterializzarci alla prima occasione utile fuori da quel locale. Harry se la sarebbe cavata pure da solo e viste le circostanze dubitavo avrebbe riservato qualcosa di più grave di una lavata di testa, ma per noi, per noi la questione era diversa e non potevamo permettervi il lusso di stare a vedere cosa sarebbe successo augurandoci il meglio. Sarebbe stato da incoscienti farlo e ciò bastò alla mia coscienza per alleviare i sensi di colpa nei confronti dei due ragazzi lasciati a loro stessi, in fin dei conti non eravamo a scuola e lì il mio compito di tenerli d'occhio veniva in un certo senso meno. Questo mi dissi per riuscire ad addormentarmi quella sera e seppure sarebbe potuto andare tutto molto peggio, non potevo fare a meno di pensare che per una volta sarebbe potuto andare tutto bene invece, mi sarebbe piaciuto passare una piacevole serata assieme ad Axel dopo i tanti problemi che avevamo dovuto affrontare, ma evidentemente il fato aveva altro in serbo per noi.

    ★ ★ ★
    Caposcuola Corvonero | Mailbox | Pensatoio

    Interagito con Marcel e la Professoressa. Citati Harry, l'Auror incazzoso e Axel, con il quale ha poi abbandonato il locale approfittando di un momento di distrazione degli adulti.
    Uscita.
     
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    Teacher | CN | 29 Y.O.
    San Vale Who?
    Dorothea L. Lovecraft
    «A thing on beauty I know We'll never fade away»

    La serata stava proseguendo davvero male, anche se un due suoi studenti si erano presi a pugni l'unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento Dorothea era di piangere.
    Piangere perché quella sera tutto stava andando male.
    Piangere perché suo zio era sul punto di far scoppiare l'ennesimo casino.
    Piangere perché quello stronzo di Alexander non era lì con lei.
    Cosa diavolo le era venuto in mente? Pensava davvero di essere ancora come i suoi studenti? Simpatica, briosa e divertente?
    Lei che era diventata una madre killer per proteggere interessi e prole, che non si era fatta alcuno scrupolo a schiacciare qualsiasi tipo di nemico tentasse di andarle contro adesso era lì che pregava che nessuno si facesse più male del dovuto. E la possibilità c'era perché suo zio, nonostante il distintivo, poteva prendersi parecchie libertà se lo riteneva necessario e nessuno poteva andargli contro. Lui era la legge, lui faceva il lavoro di Dio sempre ammesso che ce ne fosse uno lassù e non si faceva problemi a sbattere in cella i suoi bersagli pieni di lividi e affatturati.
    Eddie Silverhand era conosciuto in tutto il mondo per un motivo no?
    «Magari facendomi il riassunto delle puntate precedenti, potrebbe essere utile.» Dorothea potè ascoltare il tono seccato dell'uomo, i cui occhi castani fissavano la figura del Serpeverde bulgaro che, con molta non chalance. Parlava con estrema calma, sicurezza, una sicurezza che la Lovecraft non ricordava di aver mai visto in lui, né nei corridoio nè a lezione. Tuttavia, c'era del chiaro nervosismo, era teso come una corda di un violino ed era comprensibile: quale ragazzo giovane vorrebbe ritrovarsi un Auror attaccato al sedere? Nessuno.
    E Dorothea, che da giovane aveva combinato diverse stupidaggini, conosceva bene quella sensazione.
    «Sì, lo so... Oggi ho visto cose che avrei preferito non vedere...» aveva visto uno twerkare addosso ad un'altra ragazza, poi un tizio si era messo ad elencare il repertorio di cose sconce che avrebbe fatto a tutti i presenti, compreso lui, in più aveva visto quel tizio, Barnes, limonarsi uno quando si vedeva lontano un miglio che era un somelier della patata.
    Come lo era anche il signor Silverhand del resto.
    Le conquiste dell'Auror, se così si possono chiamare le spogliarelliste che pagava da avere nel letto, erano spesso oggetto di discussione ma finché faceva il suo lavoro poteva spendersi i suoi soldi come meglio credeva. Dorothea disapprovava fortemente questo atteggiamento lascivo, forse perché credeva che dovesse concentrare le sue energie sul ritrovare sua moglie e stare vicino a Sabrina, ma anche se glielo avesse fatto capire con un disegno Eddie non l'avrebbe mai ascoltata.
    Era troppo testardo.
    «Ad ogni modo, voglio essere sincero: sti cazzi.» lo sti cazzi più sincero della storia, perché sì la favoletta che Axel Dragunov gli aveva raccontato corrispondeva con i fatti accaduti, ma lo sapevano entrambi che stava facendo l'avvocato del diavolo e magari, con qualcuno di più stupido di Eddie avrebbe pure funzionato.
    Forse.
    «Lo stronzo ha aggredito uno, fine. Ho sentito quello che volevo sentirmi dire e mi basta. E lo sai meglio di me che nel nostro sistema giudiziario non esistono le attenuanti.» e se fossero esistite probabilmente, sempre secondo Eddie, Azkhaban ed il resto delle prigioni magiche sarebbero abitate dalla metà dei carcerati che c'erano oggi. Dorothea lo vede poi un attimo allontanarsi dal bulgaro, abbozzare un sorrisetto compiaciuto ed osservare Harry per qualche istante, con lo sguardo da palese presa per il culo. Poi torna su Axel, ma solo dopo aver lanciato un'occhiata decisamente più morbida anche a Skylee e Dorothea.
    «Che poi, la tua principessa mi sembra la più sana del gruppo, sai?» e che se quello che diceva era vero allora che cosa aveva mai fatto di male la biondina che lo stava accompagnando? Era perplesso in realtà si notava, ma sicuramente c'era di più. Discussioni tra fidanzatini forse, cose che palesemente non interessavano né a Silverhand né a Dorothea che assieme a Skylee stava cercando di occuparsi di Marcel, ancora un po' stordito.
    «Facciamo così: visto che la parte lesa alla fine della storia sono io e non siamo su suolo americano, per questa volta ve la lascio passare.» lo sguardo dell'auror saetta prima su Axel, poi su Marcel ed infine su Harry che ora aveva lo sguardo da povero cucciolo bastonato, colpevole della sciocchezza che aveva fatto. Sì, era sotto l'effetto di un qualche tipo di sostanza magica, ma ad Eddie fregava relativamente come aveva già fatto notare perché alla fine lo aveva picchiato, fine della storia. Solo che se fossero stati in America avrebbe preso sia Marcel che Harry, sbattuti entrambi in una fredda e triste cella prima di fargli un interrogatorio ufficiale.
    E poteva fare tutto questo se riteneva che ci fosse un reale pericolo, ma l'Inghilterra funzionava diversamente, la morbidezza delle sue leggi alle volte era davvero frustrante ma andavano rispettate.
    «Scusa? Tu parte lesa?» Dorothea era rimasta scandalizzata dalle parole dello zio perché no, lui non era decisamente la parte lesa, Marcel lo era e quando la donna cercò di rimetterlo in piedi, con l'aiuto di Skylee, venne ringraziata venendo bruscamente spostata.
    Per poco non cadeva a terra e a quel punto si che si sarebbe messa a piangere per l'isteria.
    «Ma se ti becco di nuovo a fare qualsiasi tipo di stronzata, ti prendo la faccia, te la ficco su per il culo e poi ti spedisco ad Azkhaban.» si rivolse ad Harry questa volta, con sguardo e tono davvero cattivo. C'era stanchezza nei suoi occhi, una stanchezza che derivava dall'essere stufo di vedere mocciosetti in fase ormonale incapace di comportarsi civilmente. Nella sua lunga carriera aveva visto quello scenario un centinaio di volte, era sempre la stessa storia e anche lì, al Wonderland Music Ballroom, la musica non sarebbe cambiata. Dorothea intanto cerca di risistemarsi, di rimettersi in piedi ormai presa tra le braccia adorabili dell'allieva di Corvonero. Di certo non si aspettava una simile reazione da parte del ragazzo della casata di Priscilla, sicuramente la donna si sarebbe legata al dito questa cosa perché era disposta a perdonare quasi tutto, ma non la maleducazione.
    «Grazie Skylee ma io sto bene, però credo che qualcuno dovrà parlare con Marcel.» riacquistò il suo aplombe mentre vide Eddie lasciar andare anche Harry. Il tutto si era sistemato per il meglio per fortuna, nessuno si era fatto male e tutti potevano tornare alla loro triste e rovinata serata.
    «Per il disturbo, visto che hai evitato che questo teatrino diventasse una tragedia greca.» prima che Axel potesse uscire dal bagno, Eddie gli allungò otto galeoni «Comprati dell'alcol in un altro locale. Ma un locale serio, non una barzelletta come questo posto.»
    Non approvava Dorothea, non approvava per niente e quando tutti furono fuori, glielo fece presente.
    «Non avresti dovuto farlo, lo sai.» perché bisognava dire la verità, non stava proprio facendo la figura del bravo Auror, di chi doveva essere l'araldo della giustizia, ma anzi si stava comportando come un ragazzino. Come i suoi studenti.
    «E quindi? Dai Principessa questo posto vende stronzate. Meglio che vada a divertirsi con la fidanzatina in un posto migliore di questo e tu dovresti fare altrettanto.» non ascoltava mai Eddie Silverhand, aveva quella grande pretesa ed arroganza si sapere cosa fosse meglio per gli altri e per se stesso.
    Perché lui era un uomo vissuto e lei ancora una ragazzina.
    «Oppure riaccompagnarmi a casa. Venire qui è stata una pessima idea.» davvero pessima, le facevano male le scarpe, la testa e l'unica cosa che voleva in quel momento era struccarsi, pulire il suo adorabile visino con i prodotti nuovi di skin-care e mettersi a dormire.
    Ad Alexader ci avrebbe pensato il giorno dopo.
    Dunque, un po' seccata uscì per sentire suo zio concludere la loro conversazione con una sola frase.
    «Ma dove cazzo sono finiti tutti?»
    code by frieda



    Dorothea è rimasta parecchio stizzita dal fatto che Marcel invece di dire grazie abbia spostato lei e Skylee, quindi probabilmente questa cosa se la legherà al dito. Eddie invece si fa fare il riassunto delle puntate precedenti, ascolta tipo mezzo sbadigliando perché in trent'anni di carriera ste cagate erano l'ordine del giorno. E visto che si sente lui quello offeso, minaccia Harry lasciandolo andare ma che se lo ribecca fare cagate lo spedisce in prigione senza condizionale. Dorothea vuole solo andare a casa ed una volta usciti Eddie si chiede che fine abbiano fatto tutti.
    Poverino, non sa che il suo distintivo ha il potere magico di far scomparire i ragazzini.
    Ed usciamo <3

    PS: Otto galeoni sono circa l'equivalente di 50 dollari americani
     
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