i wanna be yours.

with Hunter, Francia.

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    Questo è il risultato di due mesi di lontananza, due mesi in cui a malapena ci scambiavamo qualche sguardo distratto a distanza. Distratto magari per davvero, perchè i suoi pensieri la tenevano fin troppo impegnata. Oppure distratti per forzatura, soprattutto i miei: è stato difficile in alcune occasioni evitare di farle sentire il peso ei miei occhi su di lei. L'ho cercata, molto, come ho cercato delle risposte a quello che era successo sul prato quella sera in cui finalmente avevo deciso di presentarle un membro importante della famiglia Moore. L'ho cercata per curiosità, per interesse, per piacere o forse per tutte queste ragioni, come se fosse la materia da studiare più interessante al mondo, come se fosse un libro raro disperso in chissà quale libreria. Quel suo modo di fare così simile al mio, mi ha subito messo a mio agio e ha subito messo a tacere molti dei pensieri che mi porto dietro quotidianamente, e non so come ci sia riuscita ma ora non sono pronto a rinunciarci. E visto il suo desiderio, neanche devo.
    Adesso non mi pongo più un limite, no mi trattengo nel comunicarle ciò che penso e la sua risposta, la risposta del suo corpo, non fa che accrescere la mia fretta e la mia voglia di toccarla ed averla. Assaporo le sue labbra staccandomi solo un istante per permettere all'indumento di passare e lasciarla solo con quel reggiseno in pizzo che prima avevo solo immaginato toccandolo con le dita. Mi prendo un lungo attimo per far correre lo sguardo sulla sua pelle, faccio una pausa sul suo seno, poi sul suo collo mentre noncurante lascio che il maglione bianco che le ho appena sfilato cada per terra presto raggiunto dal mio. L'unica cosa che riesco a pensare, è a quanto sia bella. Così spogliata non solo degli indumenti ma anche di qualsiasi tipo di difesa. Spinto dalla mia voglia di avere di più, non riesco a starle lontano neanche questi pochi centimetri. Non sta andando proprio da nessuna parte, non cerca di scappare ma per istinto la trattengo circondandole delicatamente il collo con la mano destra. Espongo ancora di più quel punto debole per permettermi di tracciarle con la lingua una scia umida fin dal lobo dell'orecchio sinistro, giù fino alle clavicole per poi iniziare una lenta risalita verso le sue labbra, su cui faccio scorrere la lingua come se volessi scoprire che sapore ha.
    Le zone che tocca con le labbra sembrano bruciare, quelle che tocca con le mani invece si rilassano sempre di più godendo di quel contatto pelle contro pelle. Una sensazione rinvigorente. Le mie mani tracciano un percorso in salita sulla sua schiena su cui ogni tanto lascio qualche segno del mio passaggio graffiandola appena. Salgono fin quando non raggiungono il gancetto del suo reggiseno che come se fosse teso come una corda, scatta via non appena provo a slacciarlo. E le sorrido a fior di labbra come se fosse una piccola vittoria, un piccolo ostacolo in meno tra me e lei, tra me e il calore del suo corpo. Quando poi spinge il bacino contro il mio, la mia prima reazione spontanea è di trattenerla incollata a me stringendole fermamente il fondoschiena con una certa lussuria, non lo nego. Ma come potrei in una situazione come questa? Sono capace di negare qualsiasi cosa. E sentire che anche lei vuole quello che voglio io, mi rende solo più debole - ...Daphne - sussurro, come se fossi esausto. Esausto di aspettare. non so se questa ragazza si sta rendendo conto del potere che adesso ha su di me. Forse fatico anche io a realizzarlo, perchè non è mai successo prima d'ora. Continuo a baciarla seguendo il ritmo dolce e profondo che lei stessa ha dettato, una parentesi che si distacca dai movimenti concitati che si alternavano fino ad un istante suo, ma non per questo meno intenso. La sto ancora baciando quando le prendo le braccia perchè si stringano intorno al mio collo e, di nuovo, la tiro su di peso per portarla sul divano. Lascio che si sieda mentre la sovrasto con il corpo, le mordo delicatamente il mento, i nostri nasi si sfiorano e gli occhi si incontrano - allora fammi tuo. Non aspetto altro - le rispondo sussurrando riprendendo la sua frase, perchè è il modo perfetto per esprimere ciò che voglio.
    Le mie mani adesso esplorando ogni angolo scoperto del suo corpo, scivolano sui suoi seni su cui si soffermano per qualche attimo, scendo giù sul suo ventre mentre le labbra continuano a dare attenzioni al seno mordendolo appena. Questa specie di viaggio esplorativo prosegue fin sotto la gonna, dove trovo le sue calze e appena subito sotto, i suoi slip. Incastro le dita nell'elastico dei collant e li tiro giù, portandomi dietro anche l'altro fastidioso indumento intimo. Interrompo il bacio solo per vedere la sua reazione ai miei gesti, fisso lo sguardo sul suo fino a quando sia le calze che gli slip non hanno raggiunto le caviglie e quindi il pavimento, come naturale conseguenza degli eventi. Dio. Ogni attimo che passa ho voglia di toccarla sempre di più.
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    Le sfioro le cosce nude, le accarezzo la pelle per poi posarle le mani sulle ginocchia per guidarle, aprirle leggermente. Le poso un bacio alla base del collo, poi sulla mandibola - rilassati - il mio è un invito a godersi quello che verrà, voglio che lo faccia perchè so già che ne godrei anch'io. La guardo pieno di desiderio scendendo ancora con il viso, sono costretto a piegare le ginocchia sul pavimento e dare le spalle al camino il cui calore si mescola al mio dandomi quasi una sensazione di caldo bruciante insopportabile ma al tempo stesso gradito. Le rivolgo un ultimo sguardo prima che il mio viso sprofondi fra le sue cosce su cui non mollo la presa. Lascio un bacio nel suo interno coscia prima che raggiunga con la lingua il punto più intimo del suo corpo, anche troppo lentamente all'inizio come per lasciare che si senta pienamente a suo agio. Ma poi non resisto e spinto dalla voglia di assaporarla ancora meglio, sprofondo un altro po' aumentando il ritmo. Voglio che sia intenso per lei tanto quanto lo è per me.


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    Daphne non aveva mai creduto alle favole, per lei, tutto quello che c'era scritto in quei libri era pura fantasia, erano i sogni non realizzati di qualcuno. Non aveva mai creduto alle principesse, né al principe azzurro pronto a salvarle perché, alla fine, l'unica persona sulla quale potevi veramente contare eri tu e nessun altro. Non aveva mai sognato il grande amore, nemmeno lo voleva provare quel sentimento così irrazionale e, ovviamente, non aveva mai desiderato un ragazzo. Voleva essere indipendente, libera e avere pieno controllo delle sue emozioni, proprio come le aveva sempre detto di fare sua madre. Per tanto tempo si era limitata ad ascoltare le sue cugine, la sua sorellastra e sua nonna parlare di come si fossero sentite nell'incrociare lo sguardo della persona di cui erano innamorate, della passione che avevano provato quando erano stati insieme per la prima volta e di quanto ne avessero avuto bisogno per stare bene. A quelle cose, lei, non ci aveva mai creduto. Era tutto troppo illogico, assurdo, insensato. I suoi genitori si odiavano, sua nonna amava un uomo ma ne aveva sposato un altro per dovere, sua cugina aveva fatto lo stesso. Dov'era questo amore che tanto professavano? Non c'era. Era una fantasia, come le favole che le raccontavano da piccola. Non aveva mai dato importanza a quelle cose, non aveva mai voluto un ragazzo e, di conseguenza, nemmeno aveva mai pensato a come sarebbe stata la sua prima volta. Tuttavia, la vita è imprevedibile e, quando meno te lo aspetti, fa cadere tutte le tue certezze. Daphne aveva finito con il desiderare un ragazzo, nel volerlo così tanto da non essere in grado di stargli lontana, aveva il bisogno di toccarlo, di sentirlo, di baciarlo. Aveva perso del tutto il controllo e Hunter era diventato una necessità. Perché adesso, mente la baciava e la spogliava, aveva capito che, dopo questa notte, non avrebbe più potuto fare a meno di lui e del suo tocco. Quella era la sua sentenza.
    Ispirò profondamente mentre Hunter la guardò con quello sguardo intenso, magnetico, che aveva sempre avuto il potere di farle mancare il fiato. Chiuse gli occhi quando fece quel percorso con la lingua e catturò le sue labbra in un bacio profondo, intenso. Sentì le sue mani sulla schiena nuda, le sganciò il reggiseno e sorrise, apparentemente soddisfatto. Daphne si staccò, allontanandosi leggermente e sfilando lei stessa il reggiseno di pizzo bianco. Lo fece cadere a terra prima di posargli le mani sulle spalle, sulle braccia e poi, con lentezza, gli graffiò la schiena con le unghie finché non arrivò all'elastico dei pantaloni. Fece il percorso a ritroso e lo attirò a sé con le gambe, sospirando quando il suo torace nudo entrò in contatto con il suo. La presa sul suo fondoschiena era salda, non la lasciò allontanare di un millimetro. Si era accorta dell'effetto che gli stava facendo e, d'istinto, mosse il bacino in avanti più di una volta, lentamente. Non aveva idea di quello che stava facendo, il suo corpo faceva tutto da solo. L'unica cosa che sapeva era che le piaceva averlo così vicino. Lo baciò ancora, prima con foga, poi lenta, poi di nuovo con passione. Inclinò la testa per dargli maggiore accesso. Le mani erano tra i suoi capelli, poi gli circondò le spalle con le braccia e lo strinse forte. Voglio sentirti di più. La alzò di peso, Daphne lo lasciò fare e si aggrappò a lui prima che la depositasse con cura sul divano. Le disse di farlo suo, al che gli prese il viso tra le mani e lo baciò ancora, ancora e ancora. Poco dopo, le sue mani furono sul suo seno, così come la sua bocca. Inarcò la schiena e scese leggermente verso il basso, così da facilitargli i movimenti. Sospirò pesantemente quando la morse, era completamente in balìa di quel ragazzo. Gli passò entrambe le mani sul petto, poi, una volta arrivata al cavallo dei pantaloni, lo tirò leggermente verso di sé, sbottonandogli il bottone e abbassando lentamente la zip, il tutto senza smettere di baciarlo. Voleva averlo più vicino, era troppo lontano. Stava per colmare quella distanza minima ma si fermò quando iniziò a sfilarle i collant. Lo agevolò anche in quello, sollevando il bacino per permettergli di rimuoverle completamente anche gli slip. Si staccò da lei, fissò lo sguardo nel suo e Daphne si fece rossa. Le labbra erano gonfie per i baci, i capelli erano un disastro, la pelle era tutta arrossata e aveva il respiro pesante. Hunter era intenso, troppo intenso. Quasi incantata,
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    non oppose resistenza quando le aprì leggermente le gambe e la baciò dolcemente prima sul collo e poi sulla mandibola. Annuì alla sue parole, poggiò la schiena contro la spalliera del divano e con un movimento fluido scese più in basso. Non lo perse di vista un secondo, aveva gli occhi fissi nei suoi. Lo vide inginocchiarsi, avvicinarsi e, quando sentì la lingua sfiorarla, gettò la testa all'indietro e si morse con forza il labbro inferiore per non urlare. Cosa le stava facendo? Aumentò il ritmo, al quel punto Daphne chiuse gli occhi e gemette, non poteva fare altrimenti. Non aveva mai provato niente del genere, si sentiva strana, confusa ma le piaceva il modo in cui la stava toccando, assaporando. Gli mise entrambe le mani nei capelli, divaricando di più le gambe e scendendo verso il basso. Prima era lento, delicato e poi diventava intenso. Ed era dannatamente sensuale. Sospirava, gemeva e poi quasi lo urlò, il suo nome. Dopo un po', iniziò a muovere il bacino seguendo il suo stesso ritmo e, con forza, gli strinse i capelli. Si sarebbe fermata solo quando lo avrebbe fatto lui. Era in imbarazzo, non si era mai lasciata andare in quel modo. Non aveva più il controllo del suo corpo, sentiva solo il suo tocco, il suo calore, il suo sapore. «Hunter...»Chiuse gli occhi, sospirò il suo nome e poi si portò una mano sulla bocca per tapparsela. Stava per urlare di nuovo.




    Edited by Daphne. - 27/1/2023, 02:19
     
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    Non mi ricordo di aver desiderato così tanto qualcosa da... molto tempo, forse troppo, così tanto che la mia tendenza all'apatia non ha fatto che acuirsi nel corso degli anni. Non ho mai cercato niente, partivo già disilluso e senza prospettive prendendo le cose per quelle che erano, quando arrivavano. Una notte di sesso ha avuto semplicemente il compito di distrarmi e tenermi lontano dalle droghe, il che me l'ha fatta classificare come validissima alternativa a quelle sostanze che mi portavano a diventare irriconoscibile ai miei stessi occhi. Non gli ho mai dato chissà quale valore, non ci ho mai messo chissà quale emozione limitandomi ad assicurarmi che fosse un'esperienza piacevole. Un palliativo, fino a quando la sensazione d'ansia non mi tornava in petto insieme al sorgere del sole.
    Questo momento prende l'approccio che ho avuto in passato e lo distrugge, assume totalmente un altro significato, diventa voluto. La cerco, la stringo a me per far aderire sempre meglio le forme del suo corpo alle mie mentre istante dopo istante la mia eccitazione cresce. La colpa è sua, contribuisce a farmi perdere il controllo con ogni movimento e sospiro che fa, scandisce una sorta di ritmo con il movimento del suo bacino così come anche con i sospiri che le escono di bocca. Voglio sentirli di più, sentire quella voce che evidentemente nessuno ha sentito prima. Con questa intenzione la sposto sul divano privandola anche di quegli altri sottili indumenti che ora sono solo in mezzo alle scatole, E lei mi asseconda, mi viene in soccorso ricercando un contatto con me ogni volta che fra di noi si frappone anche mezzo centimetro in più. Questa cosa mi fa impazzire. Mi farà impazzire. Forse non può neanche può realizzare quanto sia seducente mentre lentamente mi slaccia i pantaloni: quella piccola azione, così dannatamente provocante, mi fa stringere i pugni sulla pelle del divano mentre dall'alto ammiro il suo volto così fuori posto, provato. Così è molto più bella. Voglio vedere di più. Le dico di rilassarsi perchè voglio che ne goda appieno e lei, quasi ubbidientemente, annuisce.
    Le passo le mani sul corpo come a volerne scrutare attentamente ogni curva e quando giungo alla mia destinazione, la sua risposta è immediata: la vedo mentre slancia il collo all'indietro e non posso far altro che aumentare l'intensità del tocco affondando ancora un po' fra le sue gambe. Il suo respiro di fa pesante, si unisce anche il mio fino a quando non emetto un suono basso quando sento la presa salda sui capelli. Sbircio il suo viso mentre le mani si allungano ancora un po' sotto la gonna che le è rimasta addosso, scivolano incontrando il suo sedere. Persino i suoni che emette mi soddisfano, mi stimolano a darle sempre di più, e poi lo sento... il mio nome sussurrato. Istintivamente mi allungo ancora un po' saldando ancora di più le ginocchia al pavimento, l'attiro a me proibendole di allontanarsi anche solo di un millimetro. Lo sento, il suo corpo che vibra. Percorsa da tanti piccoli fremiti è come se si ritraesse ad intermittenza, ma non glielo permetto. Rallento solo per poter allungare una mano, raggiungere il suo braccio e con un gesto verso il basso ritrarle la mano e scoprirle così la bocca. Voglio sentirti. La mano sinistra tiene la sua, quella che prima le tappava le labbra. La destra si stringe sulle sue cosce mentre aumento il ritmo allineandomi con quello dei suoi fremiti. Non la voglio fermare, non mi voglio fermare finchè non sarà il momento giusto per farlo. Guardo le sue reazioni e solo quando la vedo lasciarsi andare, stringere appena le cosce, e stringere un po' di più la presa sui miei capelli, allora capisco ciò che sta provando. La stretta delle sue dita poi si rilassa, qualche attimo dopo, e io rallento ritraendomi e lasciando una scia di baci nel sul interno coscia, così caldo. Devo avere il volto affaticato ma sento anche che non sono capace di celare la soddisfazione mentre lentamente riemergo e torno a guardarla dall'alto. A labbra schiuse mi curvo su di lei piegando adesso una gamba, incastrandola comodamente fra le sue. Mi avvicino al suo volto che si arrossa anche solo se imprimi una forza un po' maggiore sulla pelle, figuriamoci in una situazione come questa, dove la sua espressione è sconvolta rispetto a quella a cui la maggior parte delle persone sono abituate. Vivo questo momento come se fosse un onore . Piego la testa avvinandomi al suo orecchio - ..sei bellissima - non riesco a non dirglielo, così, con la voce pesante di chi ha ormai raggiunto il suo limite - non trattenerti più - mostrami tutto. La trattengo per un fianco mentre mi avvento sulle sue labbra, come se le avessi trascurate per troppo tempo. L'accompagno con il corpo fino a quando non si ritrova completamente distesa sotto di me, prendo poi un suo braccio, lo attiro verso di me, verso il mio petto o verso qualunque zona voglia toccare. Non è un reato volere che mi tocchi anche lei, è solo un desiderio talmente forte da farmi quasi strano. Lo voglio fin troppo.

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    Non avrebbe mai pensato di poter essere così tanto presa da un ragazzo da non vedere nient'altro che lui. Hunter aveva la sua completa attenzione, e il modo in cui il suo corpo reagiva ad ogni suo tocco, la lasciava senza parole. Aveva l'esigenza di averlo vicino per questo, non appena tra di loro si veniva a creare una distanza, seppur minima, la colmava quasi subito. Era sempre stato facile, per lei, allontanare le persone ma ora, mentre lo baciava con foga, assaporandolo e attirandolo a sé con le gambe, si rese conto che, con lui, non sarebbe più stato possibile. In quel momento, voleva solo che la facesse sua. Desiderava essere sua.
    Quando la sollevò dal divano, Daphne non smise un attimo di baciarlo, non ne era in grado. Hunter era diventata una specie di droga, non riusciva a fare a meno di lui, del suo sapore, del suo calore, dei suoi baci. Probabilmente, dopo questa notte, sarebbe stato difficile stare senza di lui in generale, e il fatto di esserne cosciente era un grosso problema. Inoltre, si era accorta di star sviluppando una specie di possesso nei suoi confronti e, a dirla tutta, la cosa la preoccupava non poco. In vita sua non aveva mai desiderato così tanto qualcosa, figuriamoci qualcuno, ma anche in quel caso, Hunter era l'eccezione. Così, colma di desiderio, gli slacciò lentamente i pantaloni, il tutto senza mai distogliere lo sguardo da quegli occhi verdi che tanto le piacevano. Schiuse leggermente le labbra, respirando a fatica, e si fece ancora più rossa quando, con disinvoltura, Hunter le divaricò le gambe e affondò in lei, stuzzicandola con movimenti dapprima lenti e poi veloci. Si arrese completamente a lui, sospirando pesantemente, gemendo e muovendo il bacino in avanti, in balìa di un piacere intenso. Chiuse gli occhi, inarcò la schiena e gli strinse con forza i capelli poi, con una leggera pressione, lo avvicinò ancor di più alla sua femminilità. Il suo corpo era scosso da fremiti, a tratti tremava, e quando la sua lingua raggiunse un punto in particolare, dovette tapparsi la bocca per non urlare. Non ci stava capendo più niente, stava letteralmente impazzendo. Era tutto nuovo, stava provando diverse sensazioni tutte insieme, si sentiva confusa ma, allo stesso tempo, ne voleva di più. Sempre di più. Daphne, in quel miscuglio di emozioni, stava ancora cercando di trattenersi, le faceva paura lasciarsi andare del tutto. Hunter, però, in un gesto deciso, le spostò la mano che aveva poggiato sulla bocca, stringendogliela. Incrociò le dita con le sue e aumentò il ritmo, a quel punto sarebbe stato impossibile non urlare. Le sua voce riecheggiò tra le mura di quel cottage silenzioso mentre fuori, la neve, ricopriva ogni cosa. Tornò a guardarlo, trovandolo estremamente sensuale con quello sguardo languido e i capelli fuori posto. Il modo in cui la stava toccando, assaporando era intimo, personale, privato. E anche se Daphne non aveva mai pensato a come, un giorno, sarebbe stata la sua prima volta, oggi aveva capito che quella particolare esperienza andava fatta con una persona di cui ti fidavi perché ,per com'era fatta lei, non si sarebbe lasciata andare così con chiunque. Se lo aveva fatto con Hunter era perché era riuscito ad abbattere ogni sua difesa, le era entrato nella testa e ci era rimasto.
    Per un tempo che non seppe definire, si dedicò a lei e al suo piacere e si fermò solo quando raggiunse l'apice. Si staccò lentamente, baciandole l'interno coscia e guardandola dall'alto mentre lei respirava a fatica, ancora scossa dai fremiti. Non aveva mai provato niente del genere, però era una bella sensazione. Vide Hunter avvicinarsi e poi le sentì, quelle parole sussurrate a bassa voce: "sei bellissima." Quel ragazzo l'avrebbe fatta andare fuori di testa. Imbarazzata, gli diede un leggero bacio nell'incavo tra il collo e la spalla, sulla guancia e sulla punta del naso e poi gli sorrise, appoggiando la fronte contro la sua. «È la prima volta che me lo dici.» Per questo aveva ancora più significato.Si avventò sulle sue labbra, baciandola con foga. Daphne ricambiò con la stessa intensità, inclinando la testa di lato per rendere il bacio ancora più profondo. Dio, quanto amava il suo sapore. Si distese sul divano, sospirando quando i loro copri entrarono finalmente in contatto. Inarcò la schiena per essere ancora più vicina a lui, con un braccio gli cinse le spalle e appoggiò l'altra mano sul suo petto, scendendo lentamente. Quando raggiunge l'elastico dei pantaloni, lo tirò verso il basso aiutandosi anche con l'altra mano. Glieli sfilò insieme ai boxer e, decisa, sfiorò con le dita la sua mascolinità. Si staccò, mordendogli il labbro inferiore e guardandolo diritto negli occhi. «Guidami.» Aspettò che la sua mano si posasse sulla sua, prima toccarlo nel modo in cui voleva. Tornò a baciarlo, posandogli una mano sulla nuca e tirandolo verso di sé. Ti voglio.



    Edited by Daphne. - 25/2/2023, 00:58
     
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    Ci sono tutta una serie di elementi, di piccoli meravigliosi particolari che non fanno altro che aumentare il mio desiderio attimo dopo attimo: il suo viso così arrossato, i versi che lasciano le sue labbra quando le libero dalla mano che le copriva, i capelli fuori posto, il modo in cui mi stringe i capelli mentre mi dedico al suo piacere. Il suo corpo parla per lei che, nonostante l'imbarazzo che può provare, non si distoglie dal momento. Anzi, ne gode, esattamente come me che mi prendo tutto il tempo che voglio per farle raggiungere l'apice. Sento la risposta del suo corpo scosso dai fremiti, sento anche la risposta del mio di corpo: con il respiro pesante, stringo di più l'intreccio con la sua mano come per trattenerla... come se avesse l'intenzione di scappare. Mi conosco, riconosco i pensieri che mi attraversano la mente in un flusso confuso e aggrovigliato. Confuso, aggrovigliato ma comprensibile, che sembra urlare quanto voglia averla con me. Sembra che in me stia crescendo la consapevolezza di non volerla dividere con nessuno, non potrei accettarlo. Non è questo il momento per dare un reale significato ai miei pensieri, non sono neanche capace di fare un ragionamento lineare ora come ora e quindi dovrei abbandonare l'idea è focalizzarmi sul momento. Non è così complicato, Daphne ha la mia completa attenzione.
    Risalgo verso la sue labbra con l'urgenza di dirle quanto ai miei occhi possa apparire bella adesso. Piego il collo da un lato come a volerlo scoprire per baciarlo, morderlo o fare ciò che preferisce- lo penso spesso - le sussurro in risposta e se la sua reazione è questa, se le guance le diventano così rosse solo perchè sono io a dirglielo, allora dovrei farlo più spesso perchè amo le sue reazioni. Ci scontriamo di nuovo in un bacio che non sembra voler finire, rimango per un attimo con la fronte poggiata contro la sua e gli occhi puntati nei suoi quando mi sfila in un colpo solo gli ultimi vestiti che mi sono rimasti addosso, lasciandomi completamente scoperto. La bacio lasciando correre le mie mani sul suo seno, sulle costole e poi a disegnarle una linea lungo il fianco fino a quando non si fermano in prossimità della piccola zip che tiene ancora ferma la sua gonna. La tiro giù in un solo colpo netto per poi sfilarle l'indumento di dosso alzandole i fianchi che così, sfiorano la mia intimità. Stamattina uno scenario del genere non si trovava nemmeno nell'angolo più oscuro della mia mente, uno scenario in cui saremmo stati entrambi nudi sul divano del mio cottage in Francia illuminati dalla luce del camino. Il sole inizia gradualmente a calare e le luci aranciate date dal fuoco, si fanno sempre più distinte. Voglio che mi tocchi, la invito a farlo e lei non si oppone: appena avviene quel contatto, espiro fra i denti contro la sua pelle. Guidami mi dice, una parola innocente che contrasta terribilmente con la sensualità con cui la pronuncia - va bene - sembra più un suono che una parola distinta. Poso la mia mano sopra la sua guidandola, come mi ha chiesto di fare: inizio dettando un movimento lento, mostrandole cosa mi piace. Il suo tocco è bollente, una nuova scarica di adrenalina e desiderio mi percorre così velocemente la colonna vertebrale che non riesco a non avvicinarmi ancora un po' al suo corpo, sovrastandola, curvando la mia testa sulla sua, schiudendo le labbra man mano che continua a muoversi sotto la mia guida, emettendo adesso qualche suono gutturale. Annullo la distanza per baciarla ancora, non sarò soddisfatto finchè non le avrò consumate. Con la mano sinistra, le prendo la gamba perchè la pieghi ad incastrarsi così con le mie e non so per quanto potrò ancora reggere così. Mi allontano di pochissimo da lei solo per guardare verso il basso e avere una veloce panoramica di ci che stiamo facendo: voglio toccarla ancora. L amano sinistra continua scivolare sulla superficie della sua pelle, tra le sue gambe, e le mie dita si insinuano di nuovo nella sua parte più intima. Come se la stessi accarezzando, eseguo dei piccoli movimenti rotatori finchè non deciso di spingermi ancora più oltre, scivolando facilmente dentro di lei con il medio. Mi concedo qualche secondo prima di allungare anche l'indice, distraendola quasi con un morso alla base del collo. Questa è la sua prima volta per cui resto delicato, perchè si abitui, ma sto raggiungendo il mio limite - ti voglio - glielo sussurro mordendole l'orecchio, respirando pesantemente. Sto davvero raggiungendo i mio limite.


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    Da quando era scappata da lui, due mesi fa, aveva la strana sensazione che Hunter temesse che da un momento all'altro lo avrebbe fatto di nuovo. Anche in treno glielo aveva chiesto e lei, decisa, lo aveva guardato negli occhi dicendogli che sarebbe rimasta. Dal modo in cui le strinse forte la mano, però, le fece intendere altro. Avrebbe voluto rassicuralo, la sua scelta l'aveva fatta e di stargli lontano proprio non ne voleva sapere. In quel momento, però, dubitava di riuscire a formulare una frase di senso compiuto visto che dalla sua bocca uscivano solo sospiri, gemiti e urla. Aveva provato a trattenersi, ma lui glielo aveva impedito e così, alla fine, si era lasciata andare, raggiungendo l'apice e accasciandosi quasi senza forze sul divano. Respirava a fatica, era confusa e accaldata, il suo corpo tremava ancora ed era spaventata da tutte quelle emozioni intense che stava provando. Da tempo aveva desiderato quel ragazzo, e adesso che lo stava avendo, aveva paura di come la faceva sentire, perché la connessione che c'era tra loro e il grado di intimità che avevano raggiunto era qualcosa di raro. Molto raro.La paura, però, non le impedì di ricambiare il bacio che le diede, né di stringerlo ancora più forte, perché ormai aveva deciso di essere sua. Sorrise dolcemente e poi lo baciò ancora, mettendo entrambe le mani nei suoi capelli e sospirando pesantemente. E così aveva pensato spesso a quanto fosse bella, ma solo adesso gli aveva dato voce. Quell'aggettivo lo odiava perché sua madre lo usava spesso per descriverla, per lei era solo una bambola da esposizione, un involucro vuoto. Bello sì, ma vuoto. Adesso, invece, aveva assunto un altro significato. Hunter non si esprimeva molto a parole, lo faceva in altro modo, quindi quel sei bellissima voleva dire tanto per lui. E anche per lei.
    Lo spogliò lentamente, senza smettere di baciarlo. Quando fece scorrere le sue mani sul suo seno, inarcò la schiena e gli cinse il fianco con la gamba destra per averlo più vicino, non voleva che si allontanasse da lei. Le tolse la gonna, adesso era completamente nuda sotto di lui, e anche se era arrossita per l'imbarazzo non si fermò, continuò a toccarlo fino a quando la sua mano non si posò sulla sua intimità. Gli chiese di guidarla perché non sapeva che fare, era inesperta, però voleva fargli capire che lo desiderava tanto quanto lui. Iniziò a toccarlo lentamente, poi aumentò il ritmo, stringendolo appena e continuò con movimenti decisi della mano. Dalla sua reazione, capì di essere sulla buona strada. La inchiodò al divano con il peso del suo corpo, baciandola con foga e Daphne rispose con la stessa intensità, schiudendo le labbra e assaporandolo ancora, ancora e ancora. Lo baciò a lungo, staccandosi solo per riprendere per fiato perché non voleva smettere di farlo, le piaceva. Come aveva fatto a stargli lontana non lo sapeva nemmeno lei, ora come ora sarebbe stato impossibile. Con la mano destra gli strinse forte i capelli, non ci stava capendo più niente, era in balìa delle sue emozioni. Dopo la morte di sua nonna era diventata fredda, apatica, cinica e indifferente nei confronti degli altri, non le importava di niente e di nessuno. Come aveva fatto Hunter a sciogliere il ghiaccio che aveva attorno al cuore? Probabilmente non lo avrebbe mai saputo, ma andava bene così. Si fidava di lui, per questo si lasciò andare. Completamente. Gemette quando, con movimenti circolatori, toccò la sua intimità e urlò quando le sue dita andarono in profondità, tanto da gettare la testa all'indietro e schiudere le labbra per respirare. Le stava facendo perdere la testa con il suo tocco, i suoi baci, il suo calore, il suo sapore. Non aveva mai provato un piacere così inteso, e ancora non l'aveva fatta sua. Nascose il viso nell'incavo nel suo collo, respirando il suo profumo per calmarsi, ma fu tutto inutile. Non smise di toccarlo, ma rallentò il ritmo perché non riusciva a stargli dietro, la stava facendo impazzire. Troppe emozioni tutte insieme. "Ti voglio," quella frase la fece sospirare pesantemente. Gli prese il viso tra le mani, lo guardò per un istante e poi lo baciò con foga, piegando la testa di lato per rendere il baci ancora più intenso. Gli schiuse le labbra con il pollice e poggiò la fronte contro la sua, respirando pesantemente. «Sono tua.» Glielo sussurrò con un filo di voce. Lo baciò di nuovo, divaricò leggermente le gambe per averlo ancora più vicino e spinse il bacino in avanti per dissipare ogni dubbio. Lo voleva anche lei.

     
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    Segretamente, senza far intendere nulla a Daphne, mi era capitato di immaginare questo momento, sicuramente perché lo desideravo. Da quella sera sul prato, è come se la mia curiosità si fosse accesa ulteriormente e io avessi iniziate a diventare iper attento ad alcuni dettagli, ad esempio su come si muoveva o parlava. La distanza che ha messo fra di noi poi non ha aiutato, ha solo contribuito a far aumentare il numero di domande senza risposta che confusamente su sivrapponevano nella mia testa. Eppure ad oggi forse devo dare ragione a mia sorella, Daphne aveva soltanto bisogno di tempo prima di riuscire a darmi una sorta di risposta, non con le parole, ma con tutto il corpo e non poteva essere più gradito di così. Mi piace non sentire alcun distacco tra noi, nè psicologico nè fisico e mi piace questa scarica di adrenalina che mi da, non mi fa pensare ad altro che a lei. A lei e al modo in cui potrei farla stare meglio ricercando i punti più sensibili del suo corpo, uno dopo l'altro, per vedere quale causa la reazione migliore. Non so se la prenderebbe male sapendolo, ma è quasi come se fosse il mio prezioso oggetto di ricerca personale. Ed ogni fremito, ogni suono, ogni iniziativa che prende non fanno altro che accrescere la mia curiosità.
    Ad una prima occhiata questo suo aspetto così passionale non è visibile e mi piace che sia così, adoro che sia qualcosa di privato, fra di noi. Non lo so quando ho iniziato a sentirmi così attratto da lei, non me lo spiego ma è come se avessi improvvisamente aperto gli occhi. La mia curiosità per fortuna è assecondata dalla sua che mi attira a sè come se fosse interessata a sapere cosa accadrà dopo, che mi chiede persino di guidarla in qualcosa in cui lei ammette tacitamente di essere inesperta. Perché lo trovo così... erotico? Le sue guance sono arrossate dal calore e posso dedurre anche dell'imbarazzo del momento. Dio, trovo bello persino questo. Intreccio la mia mano sulla sua e lei inizia a seguirmi in quel movimento cadenzato che non ci mette molto a provocarmi sensazioni di piacere. Socchiudo lentamente gli occhi mentre il respiro si fa gradualmente più pesante e li riapro poi fissandoli nei suoi quando la sento rafforzare leggermente la presa. Capisco che non ha più bisogno di me e della mia guida quindi sciolgo quell'intreccio puntando le mani contro il divano, stringendo le dita sul tessuto chiaro. È sempre stato così intenso? Schiudo le labbra abbandonandomi ad un suono gutturale e basso, adesso anche lei può capire senza alcun dubbio l'effetto che mi provoca. Lo stesso effetto che le provoco io qualche momento dopo quando, spinto dal volere sempre di più, raggiungo un punto più profondo della sua intimità. Le bacio il collo mentre lo slancia all'indietro godendo appieno dei suoni che non riesce a trattenere. Se potessi parlare adesso, le direi che anche questi sono bellissimi. Sento che sto per raggiungere il mio limite, un punto di non ritorno, una voglia che necessita di essere colmata e che non esito ad esternarle: la desidero. Non è equivocabile e non c'è altro che voglia fare di più adesso. Risalgo con le mani accarezzandole le cosce e più su fino ai fianchi che lei, in tutta risposta, avvicina ai miei. Le sorrido dal mio punto di vista quasi impercettibilmente, ma dubito che lei non se ne sia accorta. Non mi importa, non può esserci momento più sbagliato per tentare di nasconderle qualcosa, a che pro poi? Allora le afferrando saldamente il fianco destro con la mano destra e mi chino ancora su di lei poggiando la mia fronte contro la sua accentuando forse un po' di più quel sorriso di prima. Sento la mia intimità sfiorare la sua in un contatto umido e allo stesso tempo incredibilmente sensuale. Mi rende impossibile trattenermi oltre. Le sfioro le labbra con le mie, cerco la sua mano per poterla stringere con la mia e con una spinta affondo in lei prendendomi tutto il mio tempo per farlo. Quel calore è come se iniziasse a darmi alla testa, apro le labbra contro le sue ed espiro pesantemente spingendo ancora una volta. Non potremmo essere più vicini di così, lei non si ritrae di un millimetro e io non ci penso neanche per sbaglio a farlo, anzi, la mano sinistra le sfiora il senso per poi stringersi intorno al suo costato e avvicinare anche il suo petto al mio. Mi soffermo sul suo sguardo, sulla pelle arrossata, sulle labbra consumate dai baci su cui non perdo l'occasione di lasciare l'ennesimo sforzo mentre inizio a prendere un ritmo più cadenzato. Poi per un attimo ci ripenso, torno a rallentare lasciando che si abitui a quella sensazione così nuova che potrebbe somigliare ad un'intrusione. Ma Dio, quanto è difficile contenersi con lei. Non voglio farlo. In realtà neanche devo. Questa realizzazione mi fa scivolare un'altra volta in profondità dentro di lei, da cui non riesco e non voglio staccare gli occhi neanche per un attimo.



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    Daphne aveva sempre messo le distanze perché così le era stato insegnato. Voleva che sua madre fosse fiera di lei, così aveva fatto tutto quello che era in suo potere per renderla felice, ma Ellen non era mai soddisfatta. Voleva la perfezione e lei aveva provato a dargliela, controllando ogni singolo aspetto della sua vita, compresi i sentimenti, per diventare come lei. Si era modulata a sua immagine e somiglianza, finché sua nonna non l’aveva portata via dalla quella gabbia dorata per mostrale il mondo. Per la prima volta era stata libera di esprimersi, di ridere, di urlare, di giocare, di essere se stessa. Aveva conosciuto la delicatezza di una carezza, il calore di un altro essere umano e l’amore che non le era mai stato donato. L’aveva salvata dall’oscurità, portandola verso la luce. Purtroppo, però, sua nonna era venuta a mancare troppo presto e lei era tornata nella sua gabbia fatta di gioielli, vestiti e gran galà. Da allora Daphne si era chiusa in se stessa, eriggendo muri sempre più alti per allontanare chiunque cercasse di istaurare un qualsiasi tipo di rapporto con lei. Voleva stare da sola, perché sapeva che, presto o tardi, se ne sarebbero andati tutti. Il per sempre non esiste. Questo, però, non l'aveva fermata dal perdere il controllo, dal fidarsi e dall'iniziare a provare qualcosa di forte nei confronti di Hunter, e nemmeno dal sentirne così tanto la mancanza che il solo pensiero di separarsi di nuovo da lui era diventato quasi insopportabile. Voleva averlo il più vicino possibile, proprio come in quel momento mentre la baciava, la toccava, la sfiorava e la stingeva così forte a sé che quasi le mancò il respiro, ma non le importava, voleva che ogni parte del suo corpo fosse in contatto con la sua. Lo sfiorò con lentezza, poi aumentò il ritmo e pensò che l’espressione di puro piacere che le aveva appena mostrato fosse qualcosa che avrebbe voluto vedere soltanto lei, nessun altro aveva il diritto di farlo. Hunter era suo. Smise di baciarlo e gettò la testa all’indietro nel sentire il suo tocco così in profondità, urlò e gli graffiò la schiena con la mano libera, inarcando la schiena e allentando leggermente la presa introno alla sua intimità. Le lasciò una scia di baci umidi sul collo; quella parte del suo corpo sembrava piacergli particolarmente, non a caso la prima volta che l’aveva toccata con le sue dita affusolate era stato proprio in quel punto lì e lei, invece di tirarsi indietro, gli aveva accarezzato il viso. La verità era che lo aveva sempre voluto, ma ci aveva messo un po’ prima di ammetterlo. E adesso che era finalmente suo, non aveva alcuna intenzione di lasciarlo andare.
    Daphne non sapeva più che fare, non si era mai sentita in quel modo: eccitata, accaldata e desiderosa di avere un contatto sempre più intimo con il ragazzo che le aveva fatto perdere letteralmente la testa con il suo modo di fare, la sua voce, il suo profumo, il suo sorriso. Con la mano destra gli accarezzò la schiena, poi risalì e gli strinse i capelli prima di baciarlo con foga. Ormai aveva il suo sapore in bocca. Il bacio fu intenso, lungo e passionale e quando si staccò gli fece capire che anche lei non poteva più aspettare, aveva raggiunto il limite.
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    Le afferrò il fianco con la mano destra per avvicinarlo al suo e Daphne lo assecondò in tutto, sfiorando la sua intimità e arrossendo violentemente nonostante fosse più che certa di ciò che volesse, ma quella era pur sempre la sua prima volta e un po’ di imbarazzo era normale. Ricambiò il sorriso, dandogli un bacio a fior di labbra, e divaricò le gambe per dargli maggiore libertà di movimento. Fissò quegli occhi verdi che tanto le piacevano mentre affondava in lei con la delicatezza che lo aveva sempre contraddistinto. Si irrigidì per un momento a causa di quell’ intrusione, ma quando le strinse la mano, incrociando le dita, si rilassò completamente contro di lui e gli cinse la vita con le gambe, proprio come aveva fatto quella sera sul prato, e si lasciò andare come mai prima d’ora. Gemette, muovendosi insieme a lui, contro di lui, con lui in quella fredda giornata di inverno, senza smettere di guardarlo nemmeno per un istante. Mi piace come mi guardi. Gli prese il volto tra le mani e lo baciò, schiudendogli le labbra con la lingua per assaporarlo ancora. Sospirò pesantemente quando affondò ancor di più in lei altenando movimenti rapidi e veloci ad altri più lenti e cadenzati. Serrò la presa intorno al suo bacino e si aggrappò a lui con tutte le sue forze, aveva paura che potesse sparire da un momento all’altro. Mi piace sentirti mio. Urlò il suo nome quando aumentò il ritmo e gli morse la spalla, lasciandogli ul segno dei denti. Lo baciò profondamente, senza dargli tregua. Era tutto così intenso, così intimo, così unico. E lui era dannatamente sensuale. «Hunter...» Parlò a fatica, non aveva quasi più fiato. «... mi piaci.» Anche troppo.



    Edited by Daphne. - 14/3/2023, 21:47
     
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    Riesco a sentire il calore sulla mia pelle, quello che inizialmente proveniva dal fuoco nel camino e adesso invece è prodotto dai nostri corpi che si cercano ripetutamente. Ogni tanto mi soffermo a guardarla, a guardare la sua espressione e i suoi occhi in cui riesco ad intravedere il desiderio e la voglia di arrivare fino in fondo. Questa sensazione si proponga in ogni fibra del mio corpo e nonostante possa sembrarmi familiare, riconoscibile, c'è qualcosa di diverso, c'è qualcosa di più forte che non sono sicuro di aver provato mai prima. Non sono mai stato particolarmente bravo a riconoscere i sentimenti di una persona nei miei confronti quindi, nonostante possa dire di aver sperimentato diverse forme di calore, non sempre ai miei occhi queste erano riconoscibili; c'è stato l'affetto amichevole di alcuni, il calore sincero di mio padre e di mia sorella, quello costruito di mia madre. In questi casi, così palese e non fraintendibili, riuscivo a riconoscere il calore ma non sempre a condividerlo. Ho sempre avuto un modo piatto di trasmettere il mio interesse, un'apatia costante che mi faceva apprezzare l'affetto nei miei confronti ma a cui non riuscivo a prendere pienamente parte, non si contano le volte in cui sono stato accusato di essere insensibile, illegibile. A dire il vero questo per me non è mai stato un grande problema perchè fin tanto persone come Emilie erano capaci di comprendermi, allora non aveva nessun senso sforzarmi di palesare i miei pensieri e stati d'animo. Adesso, proprio in questo istante mentre lei sfiora la mia pelle e io sfioro la sua, quella persona mi sembra lontana anni luce perchè Daphne non è l'unica ad essere esposta, lo sono anche io. Le sensazioni che mi provoca mentre mi tocca, le sensazioni che mi provoca quando vengo irradiato dal calore del suo corpo sono stampate sul mio viso come se fossero indelebili. Di solito il sesso è questo, ti espone in tutta la tua intimità, ma questa volta per me è diverso e sento che sono un po' più esposto di quanto non accadrebbe normalmente nella stessa circostanza, c'è qualcosa che rende questa volta diversa. Attimo dopo attimo, tocco dopo tocco, quando affondo in lei, sono sempre più sicuro che la causa sia proprio questa ragazza che silenziosamente si è fatta strada fino ai punti più intimi di me. In maniera così naturale che ora mi sento sinceramente preso alla sprovvista.
    Le accarezzo la fronte con la mano sinistra quando sento il suo corpo irrigidirsi sotto al mio, contrarsi in seguito ai miei movimenti. Dura un secondo, giusto il tempo che ci vuole per intrecciare la mia mano alla sua e distrarla da quella sensazione nuova e probabilmente strana. Mi piace il modo in cui reagisce al mio tocco e nonostante mi sia promesso di essere cauto, mi rende il lavoro difficile se inizia ad emettere tutti questi versi di godimento, così, senza vergogna alcuna perchè questo momento e questo posto sembrano esistere solo in funzione di me e di lei. Schiudo le labbra lasciandomi scappare un sospiro pesante mentre afferro la sua coscia già incollata al mio corpo, l'attiro a me mentre la mano scivola sotto la sua schiena sollevandola leggermnete dal divano, sul suo sedere lasciandole un graffio lungo il tragitto, come quelli che lei ha lasciato sulla mia schiena. Mi piace, mi piace come non ci sia spazio fra di noi, come lei sembri scoperta di ogni difesa.
    Le nostre labbra si cercano continuamente con avidità e solo quando le abbandono per un istante per morderle il mento, la sento parlare e dire di nuovo il mio nome «Hunter...» ha un suono più bello detto così «... mi piaci.» per un attimo rallento quasi fino a fermarmi, mi sollevo un po' da lei aiutandomi con il braccio destro teso contro il divano per poterla guardare meglio e immagazzinare quella sua ammissione. non è la prima volta che me lo dice, lo ha fatto fino ad adesso con il suo corpo. Ma sentirglielo pronunciare ha un effetto diverso: mi annebbia la mente come se fosse una droga ed esattamente come tale, mi spinge a desiderarne sempre di più. Mi precipito su di lei con un colpo profondo e forse improvviso, mi avvento sulle sue labbra fermandole il mento con pollice e indice prima di dirle - anche tu... Daphne - la mia voce è scossa dal piacere che mi provoca, sempre più intenso - ripetimelo - mi piace sentirlo dalla sua voce, non somiglia a nulla che abbia mai sentito. Poggio di nuovo la mia fronte contro la sua, le sostengo la schiena e sento che spinta dopo spinta, vengo sempre più inebriato da questa sensazione di piacere crescente.


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    Per lungo tempo, Daphne, aveva pensato che il suo cuore non sarebbe mai più tornato a battere come prima. Dopo aver perso la persona che più aveva amato, si era ghiacciato, non riuscendo più a provare alcun tipo di emozione. Era diventata fredda, cinica e indifferente, niente la smuoveva, persino le parole dure che suo padre le aveva rivolto dopo la fuga di sua madre non avevano sortito alcun effetto. Non sentiva più niente. In molti avevano provato a farla ridere, piangere, urlare, ma nessuno ci era riuscito. Vittima di un raro disturbo psicologico noto come “la malattia della bambola”, Daphne aveva perso ogni espressione del viso, e non consapevole, si guardava allo specchio, credendo di muoversi e sorridere normalmente, quando, in realtà, era del tutto inespressiva. Nessuno si era accorto della sua condizione, nemmeno la servitù, perché nella gabbia dorata nella quale, per anni, aveva vissuto, era sempre stata sola. Se era riuscita ad uscirne era stato solo grazie ad una lettera che sua nonna le aveva scritto prima di morire, dove le diceva di essere forte, di non arrendersi di fronte alle avversità e di fare tutto il possibile per realizzare i suoi sogni. Ed era ciò che, fino ad ora, aveva fatto, anche se non era mai riuscita a ritornare completamente quella di prima, e come poteva dopo tutto quello che sua le madre aveva fatto? Era impossibile. E così, volontariamente, aveva soppresso tutte le sue emozioni, positive o negative che fossero, per mantenere un equilibrio interno che, niente e nessuno, avrebbe dovuto infrangere. Purtroppo, o per fortuna, Hunter ci era riuscito. Si era fatto spazio nel suo cuore e lui, dopo essere stato latente per anni, aveva ricominciato a battere. Una valanga di emozioni diverse l’aveva travolta come in fiume in piena, togliendole il respiro, e lei, completamente in balìa di quel ragazzo, gli aveva detto ad alta voce quanto le piacesse, spogliandosi delle sue paure. Lo aveva fatto guardandolo negli occhi, in un momento intimo e privato, in cui erano diventati una cosa sola. Sorpreso dalle sue parole, si fermò per qualche istante, prima di avventarsi sulle sue labbra e baciarla avidamente, venendo subito ricambiato. Lo aveva baciato così tanto da sapere esattamente che sapore avesse, e le piaceva. Dio, come le piaceva. Le mani finirono tra i suoi capelli, stingendoli, mentre Hunter sprofondava in lei. Poi quelle parole, pronunciate a fatica, le fecero venire gli occhi lucidi, forse perché era tutto così bello da sembrare irreale. Sorrise sincera e gli prese il viso tra le mani, baciandolo e attirandolo a sé con le gambe per sentirlo ancora più vicino. Sospirò pesantemente quando aumentò il ritmo, il modo in cui la stava facendo sua le stava facendo perdere letteralmente la testa, tanto da chiedersi se non fosse sotto l’effetto di qualche droga. Interruppe il bacio, e cercò di ripetergli quella frase che sembrava averlo scosso dall’interno. « Mi pia...» Non riuscì a dirlo, i movimenti sempre più rapidi e intensi glielo impedirono. Spinse il bacino in avanti, andandogli incontro, e gli passò le braccia introno alle spalle, mentre lui le cinse la vita, bloccandola completamente sotto di lui. Daphne inarcò la schiena, riducendo uno spazio pressoché inesistente, visto che più vicini di così non potevano essere. Eppure, questo non le impedì di stingerlo ancora di più, non sapeva perché, ma sentiva il bisogno incessante di annullare qualsiasi distanza si venisse a creare tra loro, anche se, obiettivamente, in quel momento non ce n’era nessuna. Stava impazzendo, non c’era altra spiegazione. Quando si spinse ancor più in profondità, Daphne urlò, chiudendo gli occhi e mordendosi con forza il labbro inferiore. La sua mente era annebbiata dal piacere. Sentirlo in quel modo, dentro di lei, la stava portando al limite. Aveva perso la cognizione del tempo; non sapeva se erano passati ore o minuti da quando l’aveva fatta sua, e nemmeno le importava, perché era felice. Per sopprimere un urlo, lo baciò intensamente, piegando la testa di lato per dargli maggiore accesso e sospirò tra le sue labbra. Quando si staccò per prendere aria, gli accarezzò la guancia destra con la punta delle dita e finalmente riuscì a ripetere le parole di poco prima: «Mi piaci. » Poi non disse più nulla, appoggiò la fronte contro la sua, sorridendo appena, mentre Hunter affondava in lei, senza mai smettere di guardarla. Fuori nevicava, il camino accesso riscaldava i loro corpi e gli unici suoni udibili erano i loro sospiri. Fu sua per un tempo indefinito, e anche quando raggiunse l’apice, urlando il suo nome, non staccò gli occhi dai suoi. Fu scossa da brividi di piacere, aveva il fiato corto ed era senza forze, ciò nonostante non allentò la presa, rimase aggrappata a lui. Gli diede un leggero bacio, poi, lentamente, nascose il viso nell’incavo del suo collo, respirò il suo profumo e sorrise.



    Edited by Daphne. - 17/3/2023, 13:10
     
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    Tutte le sensazioni che provo corrono lungo il mio corpo come scariche elettriche, lo attraversano dalla testa ai piedi e ritornano da dove sono partite in un ciclo continuo che non vorrei che finisse. Semplicemente perchè ho paura che duri troppo poco, così poco da non permettermi di goderne ogni moment, pienamente. Sono di fretta, famelico, le mie mani continuano ripetutamente a correre su di lei per averne un po' di più, per assecondare e potenziare le scariche di energia che sento. Mi succede raramente di provarle, brevissimi fugaci istanti a cui mi aggrappo quando l'apatia diventa troppo forte e mi accorgo che l'indifferenza, a volte, è un po' troppo angosciante da sopportare. Persino al funerale di mio padre, persino quella volta le mie emozioni si sono spente di colpo non permettendomi neanche di piangere per lui. Segretamente, ero invidioso di mia sorella che invece è sempre stata assurdamente trasparente nel mostrare ciò che prova. Mi sono sempre chiesto come sarebbe stato farsi smuovere dentro, spostare quel piccolo blocco che interrompe il flusso e mi fa vivere un po' a metà, ne sono consapevole. Le droghe sono state e continuano ad essere quella forza che mi aiuta a rimuovere il blocco e lasciare scorrere le sensazioni come è giusto che facciano.
    Non sono drogato, lo giuro, in corpo non ho neanche mezzo grammo d'erba, non la più innocente delle droghe, neanche una. Non ne sento la necessità, in realtà ogni mio bisogno sembra essersi annullato e l'unica cosa su cui voglio concentrarmi è lei. Sento la fronte imperlarsi leggermente di sudore, il fuoco del camino potrebbe anche spegnersi e in questa stanza la temperatura rimarrebbe alta, riscaldata dal calore dei nostri corpi. Il suono della sua voce mi riempie, le sue parole spezzate alimentano la mia voglia di possederla e unirmi a lei con ritmo costantemente crescente. Il mio petto aderisce perfettamente al suo e con il pollice della mano sinistra le scosto una ciocca di capelli dal viso pochi istanti prima che lo getti all'indietro in preda al piacere. Il suo collo resta scoperto e io mi ci fiondo come se fosse il più invitante dei banchetti. Dio, è bella. Bellissima.
    Poco dopo le nostre labbra sono di nuovo incollate fra loro, intente a rubarsi a vicenda un bacio che soffoca sia la sua che la mia voce. Me lo ripete, sicura, con il viso stravolto e arrossato. Schiudo lentamente le labbra sulle sue, intreccio le nostre mani tirandole fin sopra la sua testa e continuo a guardarla anche quando la sento tremare un po' più forte rispetto a prima. Vengo travolto da un'ondata di piacere, faccio in tempo a staccarmi da lei prima che anche io la segua raggiungendo il culmine. Solo in quell'istante chiudo gli occhi godendo appieno della sensazione , sospirando pesantemente con la fronte poggiata sulla sua.
    Sento il mio corpo contrarsi e poi, gradualmente, rilassarsi. Il respiro inizia a farsi più lento e io mi allungo lasciandole un bacio sulla testa, unica parte a cui ho accesso dopo che si è nascosta ancora una volta nell'incavo del mio collo - deve piacerti molto... questa parte - riprendo aria sorridendole, lanciandole forse una piccola provocazione che suona più come una costatazione. Allora mi faccio più comodo, rilasso le braccia e scivolo tra il suo corpo e la spalliera del divano. Riesco a passarle un braccio sotto la testa e a cingerle le spalle, voglio stringerla ancora a me. Il pollice della mano destra, quella che la stringe, le sfiora la fronte mentre con la mano libera le alzo leggermente il mente in mia direzione così da guardarla nei suoi occhi azzurri. - Come stai? - è una specie di sussurro intimo, siamo ancora così vicini che può benissimo sentire ogni parola che le rivolgo - vuoi dell'acqua? - la vorrei anche io, sento la gola in fiamme così come il resto del corpo che, lentamente, forse, riprende la sua temperatura normale. Vorrei dell'acqua, ma non voglio alzarmi, non voglio staccarmi... non ancora. Voglio prendermi questo tempo per metabolizzare la cosa, per assaporare anche questo momento di calma in cui tutto sembra essersi fermato di botto. Sbiarciado fuori dalla grande finestra posta proprio di fronte a noi, riesco a vedere lo strato di neve fresca che si poggiato su tutto. Se il cielo poi non avesse iniziato a scurirsi non saprei neanche dire in quale momento della giornata ci troviamo, in quale stagione, in quale momento. Già è inverno e io non sento il minimo brivido di freddo e, non sapendo se per lei è lo stesso, la stringo un altro po' invitandola a poggiarsi su di me se vuole. Noto qualche sego rosso che le ho lasciato sul collo e sorrido appena sfiorandoli con la mano. Sapevo che questa era la sua prima volta e ho provato ad essere cauto perchè vivesse un'esperienza che fosse il migliore possibile, ma non sono riuscito a trattenermi su tutta la linea e aesso sulla sua pelle sono rimasti i segni di quanto l'ho desiderata - ...è stato improvviso - è un sussurro sovrapensiero, fra me e me, sulla rapidità e la passione con cui è avvenuto tutto. E ora, gurdandola, so che non si torna indietro, le cose sono definitivamente cambiate fra me e lei... drasticamente, e mi va bene così.

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    Le sensazioni che stava provando nell'avere un contatto così intimo con Hunter non le sapeva definire, erano talmente tante che cercare di dare un nome ad ognuna di esse era impossibile. Il modo in cui i loro corpi si univano attimo dopo attimo le fece chiudere gli occhi, gettare la testa all'indietro e sospirare pesantemente mentre le sue labbra umide si posarono nell'incavo tra il collo e la spalla per baciare, mordere e leccare la sua pelle diafana, ormai arrossata dalle continue attenzioni che le aveva riservato. Le parti in cui l'aveva toccata bruciavano. Quelle mani che tanto le piacevano avevano sfiorato ogni angolo del suo corpo e lei, con altrettanta passione, aveva fatto lo stesso. I sogni erano niente in confronto alla realtà. Socchiuse languidamente gli occhi quando portò entrambe le loro mani sopra la sua testa, inarcò la schiena schiacciando il seno contro il suo petto e con le gambe lo attirò a sé per permettergli di andare ancora più in profondità. Gemeva, urlava e non se ne vergognava; in quel posto c'erano solo loro due e le sue difese non avevano ragione di esistere. Si fidava completamente di lui, perché il loro rapporto, prima di diventare fisico, era stato mentale. Per una come Daphne che non seguiva mai il cuore, spegnere il cervello e rinunciare alla ragione voleva dire tanto; non si sarebbe mai esposta in quel modo se non avesse sentito qualcosa di forte per Hunter. Un sentimento che, all'inizio, l'aveva fatta fuggire via, perché anche solo pensare di voler stare con lui, di volerlo vicino, per com'era fatta lei, era inconcepibile. Quel ragazzo aveva completamente stravolto i suoi piani ma le andava bene così, bastava solo che la stringesse e non la lasciasse andare. Non sapeva come avrebbe reagito se si fossero persi.
    Quando raggiunse l'apice, la sua voce riecheggiò tra le mura di quella stanza dove, per la prima volta in anni, si mostrò per ciò che realmente era: una ragazza fatta di emozioni, non una bambola inanimata priva di volontà propria come voleva sua madre. Hunter era l'unico con il quale non indossava maschere, si era aperta completamente a lui, solo con lui. Riprese fiato e lo baciò profondamente, schiudendo le labbra e lasciando che il suo sapore le invadesse la bocca. Poi, dopo un po', si staccò lentamente e lo guardò chiudere gli occhi completamente travolto dal piacere. Questa parte che le aveva appena mostrato era solo per lei. Soltanto sua.
    Gli spostò una ciocca di capelli e poi nascose il viso nell'incavo del suo collo, serena, mentre il suo corpo si rilassava. Le diede un bacio sulla tempia, proprio come quella sera sul prato. Sorrise, quel suo lato dolce usciva solo in determinate occasioni e lei ne godeva appieno. «Mmh mhh.» Si, le piaceva nascondersi lì, si sentiva al sicuro. Con la punta del naso gli sfiorò il collo prima di dargli un leggero bacio e sorridere. Quando si accorse che stava per cambiare posizione, lo assecondò nei movimenti, alzando leggermente la testa per permettere al suo braccio di passarci al di sotto e si fece più vicina, appoggiando il viso sul suo petto e la mano destra alla base della nuca, giocando delicatamente con i suoi capelli. Completamente rilassata contro di lui, lo osservò per qualche attimo in silenzio con una strana luce negli occhi, non sembrava neanche lei. Daphne non era dolce, non lo era mai stata, eppure con lui le veniva naturale addolcire lo sguardo, toccarlo con delicatezza e lasciare che la coccolasse come stava facendo. Non si chiese neanche il perché, lo fece e basta. «Mai stata meglio. » Erano anni che non stava così bene. Si sporse in avanti e posò delicatamente le labbra sulle sue, prima di chiudere gli occhi e sorridere soddisfatta. Finalmente l'aveva fatto suo, le spire del serpente adesso lo avvolgevano completamente e liberarsi da quella presa non sarebbe stato affatto facile. Quando si legava ad una persona diventava estremamente possessiva, lo era stata anche con sua nonna, solo che, per tutto questo tempo, aveva creduto che quello fosse un caso isolato. A quanto pareva non era così. Hunter, non sai in che guaio ti sei messo. «Dopo, adesso non mi va di alzarmi.» Voleva restare ancora tra le sue braccia, preferibilmente tutta la sera e anche il giorno dopo. Avevano due mesi di lontananza da recuperare e poi, doveva ammetterlo, averlo una solo volta non le era bastato. Le piaceva quando erano connessi in modo così intimo, unico e voleva sentirlo ancora. Era normale? O aveva perso il senno? Non ne aveva idea, non era mai stata insieme ad un ragazzo e non perché non volesse, ma semplicemente perché non aveva mai incontrato qualcuno con cui valesse la pena farlo. Adesso una persona c'era, eppure qualcosa le diceva che quelle emozioni intense che le aveva fatto provare erano rare.
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    Possibile che fosse stata così fortunata da averlo trovato? Che cosa poi, neanche lo sapeva. Le sue dita sfiorarono i segni rossi che le aveva lasciato, non si era risparmiato nel farle capire quanto la desiderasse, tanto, troppo e lei aveva fatto lo stesso. Ma non era solo quello. Era stato anche gentile, dolce, delicato, intenso… suo. «Improvviso? » Non per lei. «Non direi. Io volevo accadesse da quando mi hai baciato su quel treno. » Un leggero rossore si diffuse sulle sulle sue guance, era davvero imbarazzata per ciò che gli aveva detto, però era la verità. Erano così in intimità che le venne naturale dar voce ai suoi pensieri e quella sensazione di panico che spesso la invadeva quando si esponeva in quel modo non c'era. Aveva la sua completa fiducia. «Venivi spesso qui da piccolo? » Non sapeva niente della sua infanzia, né di quella casa e ne approfittò per chiederglielo. Con una gamba tra le sue, il seno sul suo petto e un sorriso sincero attese la sua risposta.



    Edited by Daphne. - 1/4/2023, 02:00
     
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    Si può dire che abbiamo lavorato fino ad adesso muovendoci all'unisono solo per raggiungere l'apice, insieme, in maniera più o meno inconscia. So soltanto che nel mio caso, il potente motore che ha innescato questo meccanismo è stato il desiderio, bruciante, quasi soffocante e doloroso, una forma di piacevole dolore che attendeva soltanto di essere vissuto. Neanche sapevo di volerlo così tanto fino a quando non ne ho avuto un assaggio quella sera sul prato, anche se forse avrei dovuto aspettarmelo: questi mesi di attesa sono stati così pieni di dubbi e domande a cui ho disperatamente cercato una risposta, che avrei dovuto prevedere che la mia voglia di tenerla vicino sarebbe aumentata fino a questo punto. Mi disorienta, lo ammetto, ma non abbastanza da farmi perdere il contatto con lei. Paradossalmente lo rafforza.
    La sua voce è come se fosse una canzone soddisfacente da ascoltare, come se fosse l'unico suono presente nella stanza. Quando viene a poggiarsi nell'incavo del mio collo, piego la testa sul tuo come se volessi respirarne il profumo a pieni polmoni. La imito, in un certo senso per sentire quello che sente lei da questa posizione: è rilassante. Sorrido, forse non può vederlo ma probabilmente può dedurlo dal movimento del mio viso. Non voglio e non riesco a interrompere il contatto, le punte delle mie dita continuano a salire e scendere lungo il profilo del suo corpo anche quando cambio posizione, agevolato dai suoi movimenti. La sento parlare con voce rilassata, dice che sta bene e io le credo - bene. Anche io - non me lo ha chiesto, ma ci tengo comunque a farglielo sapere per condividere questa sensazione con lei. Mi sento un po' come se non avessi più energie e allo stesso tempo ne avessi di nuove per fare qualsiasi cosa. Questo pensiero, un po' strano, un po' infantile, lo tengo per me. Ha qualcosa di diverso rispetto al solito, un potere calmante ancora più forte, la capacità di farmi davvero dimenticare del resto per concentrarmi solo su di lei... come ci riesci?
    - Meno male che mi hai risposto così, neanche io ho voglia di alzarmi - e pensare che prima, prima della quantità di tempo indefinita che abbiamo passato su questo divano, l'intenzione era di mostrarle la casa. Farle vedere un pezzo di vita, la mia stanza, quella specie di piccolo osservatorio che si trova sulla terrazza, il diamante di questo apparentemente normale chalet di montagna. Che fretta c'è, comunque sia? I muri non si muovono, la casa non scappa e ora siamo entrambi troppo impegnati a dedicarci l'uno a l'altra per fare qualsiasi cosa - il divano è troppo comodo - e ironizzo mentre la guardo, come se fosse il divano a tenermi incollato sul posto.
    Mi risulta difficile esprimere a parole l'essenza del momento quindi l'aggettivo migliore che sono riuscito a partorire è "improvviso". Improvviso perchè entrare in contatto ravvicinato con Daphne Andersen sembra impossibile, improvviso perchè non mi era mai capitato che qualcosa mi scuotesse con questa prepotenza e per me pensare a qualcosa con tanta intensità, è raro. Sono stato con altre ragazze in passato ma non le ho mai desiderate così tanto, direi di più che ho approfittato di alcune fortuite circostanze. Lei non sembra concordare e mi spiazza quando ammette con sincerità che pensa a questo momento da quando ci siamo baciati la prima volta. La vedo arrossire, ancora, e mi diverte che possa imbarazzarsi dopo tutto quello che abbiamo fatto. Però il fatto che ci abbia pensato... ah, Dio, diventerò un deficiente perverso. La bacio sfiorandole il viso con le mani solo per potermi fare strada verso il suo orecchio, oltre una ciocca di capelli biondissimi, e lasciarmi andare ad un momento di immensa sincerità - e io comincio a pensare a quando accadrà ancora - le sfioro il collo con il naso e lascio un bacio in quella zona scoperta. Audace da parte mia? Al diavolo.
    Abbiamo tempo per tutto quello che ci pare, come ad esempio parlare un po' di questa casa e dei ricordi che racchiude. Fisso il soffitto intrecciando una mano alla sua, davanti agli occhi mi passano le immagini dei ricordi di infanzia, il cappotto verde smeraldo di mia madre, quello blu di mio padre. Sono sbiaditi, non collegati da nessun filo conduttore, è come se fosse una vecchia pellicola rovinata dal tempo ma che ancora ti permette di capire di che film si tratta
    - sì, praticamente ogni Natale... anche qualche altra volta durante il corso dell'anno. Dovresti vedere quanto è bello in primavera - i colori cambiano, si trasforma tutto in un paesaggio nuovo ma sempre riconoscibile - ...è qui che mio padre... - faccio una breve pausa, da quant'è che non parlo di lui? - mi ha regalato il mio primo basso - ed è qui che suonavamo le prime canzoni, proprio in questo salotto. Stonando brutalmente, producendo un gran frastuono più che della vera musica, ma andava bene lo stesso. - Tu hai un posto del genere? Uno legato all'infanzia - mi volto incontrando il suo sorriso e lo sguardo curioso di chi è davvero interessato a ciò che ho da dire. Lo stesso interesse c'è da parte mia, un interesse crescente e incondizionato. Potrebbe dire qualsiasi cosa, l'ascolterei a prescindere.


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    Ispirò il suo profumo con il viso nascosto nell'incavo del suo collo e sorrise quando anche lui fece lo stesso. I loro corpi si incastravano alla perfezione e, per un po', Daphne rimase in quella posizione, con le gambe ancora intorno alla sua vita, il seno contro il suo petto, le braccia a cingergli le spalle e la mano destra che, lenta, gli sfiorava i capelli. Stava così bene che neanche si accorse del tempo che passava, e non le importava, tutto quello che voleva in quel momento era stingerlo a sé, sentire il suo calore e godere di quel silenzio carico di significato. Non avrebbe mai immaginato di avere una prima volta così bella; le sue cugine le avevano raccontato cose negative al riguardo, amiche comprese, e spesso si erano lamentate della mancanza di attenzioni del proprio partner dopo l'amplesso. Lei, invece, aveva trovato un ragazzo premuroso e attento, passionale e allo stesso tempo dolce, che le aveva fatto perdere letteralmente la testa, nonché il controllo della sua persona. Diventava un'altra quando era con lui, quasi non si riconosceva, mostrando quella parte di sé che, per anni, aveva tenuto nascosta per paura di essere ferita mentre adesso, tra le braccia di Hunter, priva di qualsiasi difesa, era completamente vulnerabile. Con gli occhi fissi nei suoi, distesa sul suo petto, gli sorrise dolcemente, felice di sapere che anche lui stava bene. «Mi sarei preoccupata del contrario.» Gli spostò un riccio ribelle dal viso, facendo scorrere le dita lungo la guancia destra, proprio come aveva fatto in Guferia mesi prima. Dopo quell' incontro, le cose avevano preso una piega inaspettata, tanto che, durante l'estate, aveva sognato di fare esattamente ciò che avevano fatto adesso. Non le era mai capitato di fare pensieri del genere su un ragazzo, certo era stata attratta da altri, ma non fino a questo punto. Non era un caso se nessuno l'aveva toccata in quel modo fino ad ora, anche perché quello era l'ultima cosa di cui aveva bisogno. Eppure, come un fulmine a ciel sereno, Hunter era piombato nella sua vita e aveva preso possesso della sua mente e del suo cuore ghiacciato, legandola a sé in poco tempo. Assurdo.
    «Sto bene qui.» Gli cinse la vita con un braccio e si fece più vicina, con la parte superiore del suo corpo completamente sopra di lui e le gambe incrociate. Invase senza problemi il suo spazio personale, ormai le distanze si erano ridotte e lei, di certo, non le avrebbe più messe. Gli aveva anche parlato di sua madre e non era cosa da poco visto che non lo faceva praticamente mai. Questo la diceva lunga su quanto si fosse legata a lui e, onestamente, non aveva alcuna intenzione di lasciarlo andare. Non voleva. «Ah non ti alzi per il divano? » Sorrise sorniona mentre, con le dita, gli sfiorò il ventre, scendendo sempre più basso, lentamente e poi. quando fu ad un passo dal sfiorare la sua intimità, risalì e si sporse in avanti per poggiare le labbra sulle sue. «E io che speravo fosse per altro... peccato.» Si ritrasse e tornò alla posizione di poco prima facendo finta di niente. Daphne aveva un modo sottile di stuzzicare le persone, questa volta, però, decise di essere più esplicita per vedere la sua reazione e, in tutta onestà, una sola volta non le era bastata. Non solo ho perso la testa ma sono diventata anche una pervertita, perfetto. Già da quella sera sul prato si era accorta del trasporto che c'era tra loro, e dopo che l'aveva baciata sul treno non ci aveva visto più: voleva farlo suo. Per questo, non appena le aveva proposto di andare con lui, aveva accettato. Dovevano recuperare il tempo perso e lo avevano fatto nel migliore dei modi. Daphne schiuse le labbra non appena la baciò, e anche se conosceva a memoria il suo sapore, non esitò nell'assaporarlo ancora una volta. Fu un bacio intenso, lungo e sensuale, un po' com'era lui, e quando si staccò e le sussurrò quelle parole, sospirò e chiuse gli occhi, mordendosi il labbro inferiore con il viso in fiamme. «Hunter...» Abbassò la testa e appoggiò la fronte sulla sua spalla, cercando di darsi un contengo. Per farlo, obiettivamente, avrebbe dovuto allontanarsi ma era fuori questione. Il massimo che fece, fu staccarsi un attimo da lui per prendere una coperta ai piedi del divano e coprire entrambi, prima di tornare tra le sue braccia.
    La conversazione si spostò su tematiche più delicate. Ogni volta che parlava di suo padre, il tono della sua voce cambiava e Daphne, in silenzio, lo ascoltò raccontarsi mentre intrecciava le dita alle sue. Gli diede un bacio sulla guancia e gli solleticò il collo con la punta del naso, in un gesto di affetto. «Quindi è lui che ti ha trasmesso la passione per la musica? » Il segreto che non voleva rivelare a nessuno era proprio quello del suo basso e, solo adesso, aveva capito perché. «E se questo posto è così bello come dici in primavera, ci dobbiamo ritornare.» Un desiderio per il futuro. Dopo questa notte, per lei, stavano insieme. Non sapeva se per Hunter fosse lo stesso, ma se sentiva quello che sentiva lei la risposta era solo una: sì. Anche se non aveva mai pensato a come sarebbe stata la sua prima volta, non era una che si concedeva facilmente visto il modo in cui allontava le persone, quindi, se con lui era successo, era perché alla base c'era qualcosa di forte. «Sì, un piccolo cottage di montagna dove io e mia nonna passavamo le vacanze insieme. Con i miei genitori non ho ricordi del genere.» Avrebbe potuto averli con suo padre e suo fratello, ma uno era sotto terra e l'altro, anche se in vita, era come morto. Era un anno e mezzo che non aveva sue notizie. Meglio così. D' un tratto, il suono strozzato di un rapace la fece voltare di scatto: fuori la finestra, nel bel mezzo di una tormenta di neve, il suo gufo la guardava scioccato. La sua padroncina era stata con un ragazzo. Incredulo, lasciò cadere il pacco che reggeva tra le zampe e volò via, sparendo nel cielo innevato. Daphne rise, scuotendo leggermente la testa e mettendosi a sedere mentre, con la coperta che la avvolgeva, si girò di lato e si alzò dal divano. «Aspettami qui.» A passo svelto raggiunse una delle vetrate dello chalet, la aprì senza sforzo e prese il pacchetto. Sorrise soddisfatta; suo cugino aveva fatto in fretta nel spedirle ciò che aveva chiesto, aveva dato per scontato lo facesse l'indomani. Chiuse la finestra, fuori si gelava, e attraversò la stanza con grandi falcate per tornare da Hunter che la osservava incuriosito. Si sedette a gambe incrociate, lasciando cadere elegantemente la coperta nera che aveva sulle spalle e che si era portata via. Lo guardò per qualche attimo e poi gli coprì le gambe e il fianco, si avvicinò per dargli un bacio delicato all'angolo delle labbra e sorrise.«Mi sono impadronita della coperta.» Scherzò per rilassare i nervi, era nervosa. Era la prima volta che faceva una cosa del genere per una persona. «Questo è per te. Un regalo di compleanno anticipato. » Al suo interno avrebbe trovato una custodia per il suo basso in pelle nera e un plettro blu. Aveva optato per dei colori scuri, sperò di aver fatto la scelta giusta.



    Edited by Daphne. - 8/4/2023, 12:30
     
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    In un'altra situazione magari avrei posto più distanza fra me e l'altra persona, mi sarei alzato, fumato una sigaretta, fatto un giro perchè avrei sentito l'esigenza di riguadagnare il mio spazio personale. Anche in questo mi sto comportando in maniera insolita, preferendo restare esattamente dove sono senza muovere un muscolo se non per assumere una posizione più comoda ma di mettere distanza, non se ne parla. Chissà se lei si sente a suo agio tanto quanto me, chissà se ritiene questo momento ugualmente intimo rispetto a tutto il tempo passato insieme fin ora. Dopo la sua conferma non posso avere altri dubbi e un po' mi stranizza quanto riusciamo ad essere allineati con le sensazione che proviamo. Magari durerà poco, magari è solo l'eccitazione del momento, magari è una sensazione passeggera... ed è proprio per questa possibilità che voglio godermela fino all'ultimo istante. Sto scoprendo così tanti nuovi aspetti di lei... quello impaziente, sensuale, come la sua mano mentre mi sfiora il ventre provocandomi in risposta alla mia battuta di poco prima. E poi lei, furba, si ferma, lasciandomi sospeso quando già avevo iniziato a fissarla aspettandomi di più. Sono davvero una persona così semplice? La trattengo mentre prova a scappare, poggio una mano sul suo polso quando tenta di sgusciare via - ...potrebbe esserci qualcosa di molto più interessante rispetto al divano, in effetti - allungo il collo per raggiungere le sue labbra e bloccarla anche in quel senso, non permettendole di allontanarsi oltre. Metti che non ricapita più. Anche se una parte di me non riesce a non essere già proiettata in avanti e sono talmente sfacciato da non nasconderlo nemmeno. Il fatto è che guardandola - guardandoci - sembra così naturale che mi chiedo come stare senza - Daphne - lei chiama il mio nome mentre ancora una volta si ripara nell'incavo del mio collo, io chiamo il suo in tono innocente come se avessi detto la cosa più scontata del mondo. Mi piace quando arrossisce e non sembra sapere come reagire, inizia a piegare la testa e a fare piccoli gesti casuali per distrarsi dalle mie parole. Esattamente come adesso, si sporge per recuperare la coperta che si trova dalla parte opposta del divano e che prima dei nostri movimenti, era perfettamente piegata. Adesso sembra solo un gomitolo di tessuto scuro.
    Vago con lo sguardo per la stanza mentre con la mano non smetto di accarezzarle una spalla. Sono successe molte cose fra queste mura e non so se dipenda dal mio rapporto complicato con la memoria, ma mi sembra che siano soltanto eventi positivi. Una considerevole quantità di ricordi piacevoli che andando ad accumularsi hanno formato un album nostalgico delle memorie ed una di queste, è proprio legata a mio padre e alla piccola passione che ha voluto lasciarmi e di cui sono terribilmente geloso - già - sorrido mentre mi torna in mente quanto grande sembrasse lo strumento rispetto alle mie mani - mi ha insegnato le basi. Ha continuato ad insegnarmi fino a quando non ho fatto più schifo - un processo che ha richiesto i suoi mesi intensivi di lezioni, non di certo un talento innato. - Certo - c'è un lago un po' più su rispetto a dove siamo adesso, mi piacerebbe farglielo vedere - possiamo tornare quando vuoi - letteralmente. Ormai se non sono io a venire qui, non penso che ci verrebbe mai nessuno. Non voglio lasciarlo marcire, è uno di quei posti che vorrei poter custodire.
    L'ascolto parlare mentre fisso il soffitto e le mani continuano a correre leggere sulla sua pelle. Quando parla del suo passato, ed è una cosa che non accade spesso, finisce sempre per nominare sua nonna convincendomi ormai del tutto del fatto che deve essere la persona più importante della sua vita, addirittura più dei suoi genitori - mh - è così pessimo il rapporto che ha con loro? Chissà se in qualche modo la sua storia somiglia alla mia, fatta di bugie e maschere brillanti il cui scopo è quello di nascondere tutto lo schifo che ci sta sotto. Chissà se anche lei troverebbe almeno una sola memoria positiva, se scavasse bene nei ricordi. Non so abbastanza di lei, ma non ho fretta, preferisco ascoltare poco a poco mentre parla di sè, senza appesantirla o interromperla con altre domande. Va bene così. La voce di Daphne viene interrotta bruscamente soltanto dall'improvviso verso stridulo del suo maledetto gufo, lo stesso che sul treno sembrava non volesse lasciarci nessuna privacy. Sempre lui, il mio peggior nemico è un volatile. - Aspettavi qualcosa? - forse un messaggio da un parente? La serpeverde non sembra per niente sorpresa dell'arrivo dell'animale, anzi, sorridente si trascina via la coperta lasciandomi nudo sul divano ad attenderla ubbidendo all'ordine, incrocio le gambe e rimango ad osservare i suoi movimenti naturali, come se avesse già imparato a conoscere il posto e si trovasse perfettamente a suo agio, ed è qualcosa di molto piacevole da vedere. Improvvisamente una forte folata di vento freddo invade la stanza, sembra ancora più freddo per via del calore che mi è rimasto sulla pelle. Il risultato è che mi vedo costretto a stringermi contro un angolo del divano in pelle per trattenere il calore corporeo, prima di congelarmi del tutto. Ma gli occhi restano fissi su di lei, incuriositi ed indagatori, su di lei e le sue curve che si fanno guardare nonostante la coperta che l'avvolge.
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    Sì, l'ho guardata mentre si è alzata per andare alla finestra e la sto guardando anche adesso mentre torna da dove è partita. Come potrei non guardare con tutto quello che c'è da vedere? Torna a sedersi, mi restituisce parte della coperta e mi porge un pacchetto: a questo punto il mio sguardo si fa ancora più indagatore, se possibile. Guardo lei, poi il pacchetto misterioso, confuso ed è solo quando mi dice effettivamente il motivo di quel gesto che la mia espressione si trasforma lasciando intendere tutta la mia sorpresa - cosa, regalo di compleanno... cosa? - quando? - ma quando... oh - poi realizzo, è sul treno che le ho detto che il mio compleanno sarebbe stato a breve e lei sembra aver scelto di sfruttare l'informazione in tempo record. Resto a fissarla per un po' prima di decidere finalmente di aprire il pacchetto che apparentemente è per me. Inizio a levare la carta di troppo fino a quando non arrivo al contenuto del pacco e subito riconosco di cosa si tratta - è una custodia - un regalo pensato, frutto di una riflessione avuta in seguito a quello che Daphne ha appreso si di me, diventato anche un po' il simbolo del nostro primo incontro. Sento gli angoli della bocca curvarsi in un sorriso mentre accarezzo la pelle della custodia, ne sento il profumo, quello tipico della pelle nuova. Mi passo fra le dita anche il plettro sorridendo un'altra volta portando lo sguardo in quello di Daphne. La guardo scuotendo la testa, schiudendo le labbra ogni tanto come se volessi dire qualcosa che non riesco a dire. Un grazie magari, ma che senso ha? Basterebbe? Opto per qualcosa di diverso ed istintivo. Voglio baciarla. Alzo la mano e la incastro alla sua nuca per attirarla a me e pressare le mie labbra contro le sue con un po' troppo entusiasmo forse, perchè la costringo a tornare con la schiena contro il divano. Non so se mi ero mai sentito così . Le schiudo le labbra con foga, senza freni le mie mani ricercando il suo corpo per stringerlo al mio - vorrei ringraziarti come si deve - riesco appena a dirle sorridendo prima che, senza nemmeno attendere una sua risposta, torni a dedicarmi a lei. No, non credo di essermi mai sentito così.

    Un raggio di sole molesto mi colpisce dritto negli occhi non appena li apro, è fastidioso ma caldo. Non saprei definire che ore sono so soltanto che il sole si è alzato, la nevicata è cessata e adesso uno spesso manto di neve bianca ricopre tutto all'esterno. Giro il volto verso la mia sinistra solo per incontrare quello di Daphne che sta ancora riposando nuda fra le mie braccia, indifesa e con espressione serena. Non abbiamo bevuto niente, non abbiamo mangiato niente, ci siamo soltanto nutriti di noi stessi da ieri pomeriggio come due drogati che non sanno fare altro che questo. Se c'è lei dentro la stanza, sembra che tutto rallenti in maniera surreale. Sono come sotto ipnosi mentre le scosto una ciocca di capelli dalla fronte e l'unico capace di svegliarmi da questa ipnosi a quanto pare è Whisky: abbaia e gratta contro la porta, vuole entrare, quel maledetto viziato non è abituato a non dormire con le ogni volta che rientriamo da Hogwarts. Espiro rumorosamente mentre Daphne, lentamente, riapre gli occhi evidentemente infastidita dal casino che sta facendo quel cane - ti ha svegliata eh - le sussurro lasciandole un leggero bacio vicino alle labbra - buongiorno... buon Natale - questo riesco a dirlo, è ancora una delle pochissime cose di cui sono cosciente: è la mattina di Natale. E Whisky continua a rincarare la dose come se avesse capito benissimo che sono sveglio e lo sto soltanto volontariamente ignorando - aaaaah, un momento - mi scosto lentamente, tiro fuori il braccio da sotto il collo di Daphne e, a malincuore, tiro su la schiena mettendomi a sedere sul divano. Evidentemente smarrito ed assonnato, cerco qualcosa per la stanza, magari un paio di mutande con cui coprirmi e quando le individuo mischiate agli indumenti di Daphne, me le metto e raggiungo Whisky alla porta che adesso ha anche iniziato ad ululare - rompipalle egocentrico che non sei altro. Dai, vieni dentro - ed eccolo qua, l'husky soddisfatto e scodinzolante che consapevole di aver ottenuto ciò che vuole entra in casa e va a salutare anche la serpeverde. Sempre lui, sempre il solito venduto per quattro carezze - non so te, ma io inizio ad avere fame. Che ne pensi, mangiamo qualcosa? - una normale scena di vita quotidiana, una fetta di normalità. Sono rilassato, perfettamente a mio agio in questa situazione in cui faccio il padrone di casa andando a vedere cosa il frigorifero ha da offrire.
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    Sono così rilassato che nel tragitto verso la cucina, per poco non noto una foto incorniciata di mia madre, sorridente, un sorriso tanto familiare quanto ormai estraneo. La percepisco quasi come fosse una sconosciuta che dallo scaffale della libreria, tieni gli occhi aperti su quella che è la mia vita, di cui ormai non fa più parte da diverso tempo. Ecco perchè con un gesto rapido e disinvolto, mentre salgo lo scalino che porta alla cucina, allungo la mano verso la foto solo per abbassarla e toglierla quegli occhi la possibilità di scrutarmi. Quegli occhi sorridenti, dolci, come me li ricordo, sono solo una bugia.


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