Once Upon a DecemberBallo di Natale ─ ufficiale.

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    Il 24 dicembre era finalmente arrivato e Mackenzie non vedeva l'ora di andare alla cena che era stata organizzata per quella sera. Le feste, le cene, quello era letteralmente il suo mondo. A casa sua le feste erano una cosa sacra e si organizzavano almeno una volta a settimana, specialmente quando suo padre aveva a che fare con dei nuovi clienti. La giovane Rosier adorava mettersi in ghingheri e accompagnare il padre in queste occasioni mondane, soprattutto perché durante le feste avevano una loro tradizione: suo padre le comprava il vestito da indossare e glielo faceva trovare perfettamente stirato sul suo letto. Anche per la cena di Natale di quella sera, Mackenzie aveva ricevuto il suo vestito, ma ad averglielo regalato era stata sua madre che aveva accompagnato il regalo con una lettera: Mia cara 'Kenzie, ho voluto rispettare la tradizione che tu e tuo padre avevate quando c'era un evento importante in casa. Spero possa piacerti, quando l'ho visto ho subito pensato a te. Ho una sola cosa da chiederti per questa sera: divertiti e non pensare a niente. Sei nel fiore dei tuoi anni e non è giusto che ti preoccupi di cose di cui tuo padre ed io abbiamo la colpa, perciò goditi la serata. Vedrai che risolveremo tutto, te lo prometto. Ti voglio bene. Mamma. Mackenzie si strinse la lettera al petto e venne travolta dal profumo che sua madre utilizzava mettere sulle lettere come per marchiarle. A quel punto posò la lettera sul suo comodino e prese il vestito che aveva riposto accuratamente nell'armadio, iniziando a prepararsi. Sua madre aveva scelto per lei un vestito che lasciava poco spazio all'immaginazione: le calzava a pennello e andava ad abbracciare tutte le sue forme, mettendole in risalto e...in vista. La giovane corvonero era rimasta sorpresa da quella scelta così forte, se possiamo definirla in questo modo. Però il vestito non era ciò che la preoccupava, quello era decisamente perfetto. Era visibilmente agitata perché a quella cena ci sarebbe andata in compagnia di Will, un ragazzo con cui non aveva chissà che rapporto e che l’aveva decisamente sorpresa quando le aveva fatto la proposta. Nei giorni addietro aveva riempito la testa di Ruby con ogni genere possibile e immaginabile di paure, preoccupazioni sul fatto che non si sentiva all'altezza della situazione o ancora, che pensava di fare la figura della stupida. Inutile dire che la ragazza l'aveva rassicurata dicendole che doveva semplicemente pensare a divertirsi e ad essere se stessa e che se l'aveva invitata era perché per lui, andava bene così com'era. Mackenzie, in tutta risposta, continuava a ripetere le parole della sua amica come un mantra. «Andrà bene, devo essere me stessa, devo pensare solo a divertirmi.» Andò avanti in questo modo fino a quando non terminò i vari preparativi. Era la prima volta che usciva con un ragazzo ed era agitata per ciò che sarebbe potuto accadere, viste le varie esperienze che aveva appreso dalle sue ormai ex compagne di Ilvermony. Davanti allo specchio si scrutava, alla ricerca di qualche possibile difetto quando allo specchio vide l’orario: era in ritardo. Con un delicato movimento della bacchetta chiamò a sé la pochette e la machera.che si era costruita per l'occasione. Uscì dalla sala comune in fretta e furia, sentendo il rumore dei tacchi che scandiva il suo passo felpato. Quando arrivò verso le scalinate che poi l’avrebbero condotta alla sala grande, prese un respiro profondo e si mise a scrutare i vari studenti alla ricerca di lunghi capelli biondi. Quando il ragazzo entrò nel suo campo visivo, gli sorride dolcemente e iniziò a scendere le scale con estrema grazia e disinvoltura. «Ciao Will.» Gli sorrise cercando di non sembrare agitata. «Come sei elegante.» Si complimentò con il ragazzo continuando a sorridere, doveva rilassare il viso o le sarebbe venuta una paralisi. «Non mi sono resa conto dell’orario e mi sono dimenticata di mettere la collana. Mi aiuteresti?» Gli mostrò la collana, prima di consegnargliela. Si voltò e delicatamente alzò i capelli così che il ragazzo potesse legargli la collana al collo, con la comoda clip che aveva in dotazione. «Possiamo andare.» Disse quando finalmente era pronta. «Volevo ringraziarti per l'invito. Come mai hai scelto proprio me?» Aaah l'arte di ficcare il naso negli affari degli altri non l'abbandonava mai ma che poteva farci? Era una corvonero ed essere curiosi era una delle doti che solitamente gli studenti di quella casata avevano. Però ciò che realmente voleva sapere la giovane Rosier, era se avesse chiesto a qualcun'altra prima di proporlo a lei. «Non vedo l'ora di vedere come hanno decorato la Sala Grande e cosa hanno pensato per questa occasione. E' la prima volta che organizzano un evento del genere?» Domandò ancora una volta, voltando il viso in direzione del ragazzo che aveva un'aura diversa sotto la luce fievole delle candele.
    Mackenzie Rosier, III anno, corvonero.
    Interagito con Will con cui sta partecipando alla cena.
    I suoi accessori rossi sono: la maschera e lo smalto.


    Edited by mackenzie. - 21/12/2022, 09:28
     
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    Kai era in piedi davanti allo specchio, intento ad abbottonarsi la camicia che aveva preso in prestito da uno dei fratelli Harris. Ammettilo, sta meglio a me che a te. Schernì l'altro, semplicemente per il gusto di prenderlo in giro. La convivenza con i fratelli Harris non stava andando così male ovviamente tenendo in considerazione i caratterini che tutti e tre possedevano. Gli sfottò come i litigi erano all'ordine del giorno ma a Kai andavano bene, almeno così aveva modo di dar libero sfogo alla sua rabbia. La loro era davvero una camerata molto particolare, a volte si domandava a cosa cazzo stavano pensando quando avevano pensato a loro tre come coinquilini. Bah, un mistero. Guardati sembri uno di quei damerini sfigati, io invece conservo ancora il mio fascino brutale. Commentò la scelta di stile di David ma senza distogliere lo sguardo dalla sua meravigliosa figura. Ancora non ci credeva che stava partecipando ad una festa stupida come quella che era stata organizzata per gli studenti di Hogwarts e soprattutto non si capacitava del fatto che avesse invitato Halley. Come potevano le cose non sembrare complicate se lui l'aveva invitata a quella festa che si presumeva essere fatta per le coppiette affermate e desiderose di vantarsi in giro del proprio partner? Loro due non avevano una relazione di nessun tipo, né amorosa e né di amicizia. Allora che cazzo avrebbero fatto in quell'occasione? Tuttavia, Kai aveva pensato che quell'occasione fosse perfetta per sistemare le cose o comunque decidere in che verso dovessero andare visti gli ultimi avvenimenti. Ovviamente, nella speranza che la grifondoro avesse accettato di partecipare con lui. E sì perché Kai si era messo ai ripari, invitandola anonimamente. Sapeva che probabilmente l’avrebbe rifiutato è così aveva optato per un invito anonimo, forse aveva più chance di non essere rifiutato. Che ha Mike? Domandò alla volta di David mentre si infilava la giacca, pronto a raggiungere l'ingresso della Sala Grande dove aveva dato appuntamento alla grifondoro. Per la fretta e anche per il suo menefreghismo verso quella festa, aveva dimenticato sia la machera che un accessorio rosso. Anche se, in realtà, qualcosa di rosso c'era ed era un taglio ai lati della sua tempia procuratoselo in una rissa fuori da un locale ad Hogsmeade. L'ora X si avvcinava e il rampollo di casa Parker non aveva pensato ancora a come accogliere Halley ma doveva inventarsi qualcosa e anche alla svelta perché la grifondoro entrò immediatamente nel suo raggio d'azione. Wheeler. Richiamò la sua attenzione, non manifestando alcun tipo di emozione anche se dentro di lui stava implodendo. Aveva imparato a moderare le sue emozioni quando si trovava in presenza della grifondoro Davvero coraggioso da parte tua accettare l'invito di uno sconosciuto. Così dicendo, si palesò come il suo accompagnatore segreto. Cercò di scrutare l'espressione del volto della ragazza per capire cosa stesse pensando e soprattutto per capire se avesse anche la minima possibilità di finire alla festa con lei. Sorpresa? Delusa? Oppure non vedi l'ora di passare tutta la serata con il sottoscritto? Lui, chiaramente, sperava nell'ultima opzione. Passiamo al dunque perché non voglio perdere tempo: verrai o no alla festa con me? Era giunto il momento della verità.

    Kai Parker, III anno, Serpeverde.

    Interagito con gli Harris nella sua stanza e poi con Halley una volta giunto all'ingresso della sala grande.


    Edited by dickhead - 20/12/2022, 08:46
     
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    Non amo molto la mondanità. Le feste e i ricevimenti mi creano disagio se fuori la mia zona di comfort e averne la piena consapevolezza peggiora - se possibile - la mia situazione. Ho tutta l'aria di un Ippogrifo che cammina sulle uova di civetta mentre varco l'ingresso della Sala Grande addobbata per la festa di Natale. Un tripudio di bianco e di argento, tra abiti formali e leccornie d'ogni tipo. Io, completamente in nero, sembro una formica che si addentra su per un mucchietto di zucchero. Perché mai, quindi, se non sono a mio agio ho deciso si presentarmi? Forse per dimostrare a me stesso di essere capace di superare i miei limiti come buon proposito per il nuovo anno, o forse per rispettare delle clausole contrattuali a cui moralmente non posso sottrarmi.

    Mi guardo intorno mentre cammino: riconosco alcuni degli studenti, colleghi, professori.
    - Buonasera - ricambio un saluto portandomi una mano sul petto e facendo un leggero inchino con la testa ad una coppia di giovani che per primi mi hanno riconosciuto. Se non fosse per i dettagli dorati sul mio completo non si direbbe che mi sia preparato per l'occasione ma chi baderà a ciò? Non io di certo. Ritorno dritto - spalle e mento impostati - e riprendo a camminare, sentendomi sempre più fuori dal tempo, sulla strada giusta per il di troppo, e più provo a mostrarmi disinvolto più qualcosa di quel che dico o faccio accende i riflettori su di me: è così evidente che non prendo parte ad una festa da molto? Un ballo poi... L'ultima volta che ci sono stato avevo intorno ai 17 anni.
    C'è qualcos'altro che attira la mia attenzione man mano che avanzo: ognuno dei presenti ha un tocco di rosso; una gemma, un fermaglio, alcuni un fazzoletto da taschino. Trovo il dettaglio interessante per quanto ovvio. Si tratta pur sempre di ragazzi, bisogna dargli quello che con più probabilità attiri la loro attenzione accompagno l'osservazione con un'alzata di sopracciglio. E a proposito di attenzione la mia viene catturata dallo stand di pozioni, cui mi avvicino per recuperare una bevanda con cui sentirmi meno Ippogrifo. Impossibile non riconoscere il signor Norman, protagonista di un attacco in piena regola in biblioteca, e la signorina Métis.
    - Signor Norman. Signorina Métis. - ancora una volta la mano sfiora il petto e rivolgo in direzione di entrambi un cenno del capo. Il pensiero che stiano insieme non mi sfiora nemmeno, per ragioni più che ovvie.
    Nel frattempo la soave musica da camera, suonata da un'orchestra riconosciuta, viene interrotta e sostituita da... Una rock band. In piena prima serata. La cosa più sorprendente è il repentino calo delle luci, oltre alle modifiche apportate alla scenografia. Credevo che il concerto rock fosse permesso nel dopo festa... mi guardo intorno stranito, calice di acquavite alla mano, e noto il trambusto con cui quel ragazzo dallo stile alternativo e molto personale viene accolto dagli studenti (e non solo). Dal canto mio, ammetto di apprezzare il ritmo ma non lo do a vedere. Assottiglio lo sguardo e assisto ad una vera e propria serenata.
    Il front-man ad un certo punto indica qualcuno tra la gente: peccato mi sia difficile capire chi, nonostante le luci puntino fisso una persona.


    Niente, il Bibliotecario si limita ad entrare e salutare studenti indefiniti. Si guarda intorno, prende un'acquavite e assiste all'inizio del concerto di Mars con intimo piacere - nel senso che da fuori sembra gli sia morto il gatto, come sempre, ma dentro la sua anima balla nuda in mezzo al bosco.

    Ah, saluta chiaramente Loki e Skylee che sono vicino allo stand di pozioni <3

    Scusate il post corto, mi serve almeno come incipit :)

    Se avessi capito male qualcosa, fatemi un fischio che correggo!


    Edited by Il bibliotecario. - 21/12/2022, 16:01
     
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    Aveva preso quella decisione senza calcolare i pro e i contro che sarebbero franati sulla sua persona. Se da un lato l’aveva intesa come una grande possibilità per uscire alla luce, dimenticando per qualche attimo la sua disastrosa condizione familiare, dall’altro, Mike avrebbe corso il pericolo di scontrarsi anche con il suo lato più inquietante che, spesso, trapelava quando sentiva di essere in prossimità di persone tossiche. La sua calma apparente, però, in un modo o nell’altro, riusciva sempre a confondere le acqua e portarlo su un livello diverso da David (più impetuoso e aggressivo). Passare inosservato era, da sempre, il suo obiettivo, così da ingannare anche il più attento sguardo. Dentro di lui? Beh, tutto un altro discorso. Il suo sangue ribolliva di rabbia e vendetta. Nonostante i suoi sforzi, il DNA lo fotteva in toto, lasciandogli l’amara consapevolezza di essere pur sempre un Harris e, soprattutto, figlio di Dean. Scosse la testa, senza motivo. Oramai si trovava lì, che poteva dire? Trovare una scusa e defilarsi? Sarebbe stato scortese nei confronti della sua dama. Escluso. Sul suo volto, spesso inespressivo, comparve un sorriso appena accennato, in risposta alla gentilezza della Grifondoro. Si era vestito totalmente a caso e non per mancanza di gusto ma proprio per la sua indifferenza che provava per quel tipo di convenzioni.
    “Non pensavo che avresti accettato di venire. Cioè, vedenti sul campo di quidditch, non ti facevo tipa da eventi mondani.” Osservazione idiota, visto e considerato che si trattava pur sempre di una ragazza e una cosa poteva non escludere l’altra. Insomma: rapporti umani? Rimandato a settembre ma apprezziamo il tentativo.
    ”Michael” Quella voce. Quella faccia. Ed ecco il primo motivo per il quale avrebbe dovuto rinchiudersi, a doppia mandata, in dormitorio. “Scusa? Ci conosciamo?” Chiese, fingendo indifferenza e con il suo solito tono pacato che non mostrava alcun interesse per i cugino. Lo ascoltò, fino a quando la sua bocca, finalmente, si chiuse dopo aver presentato la sua accompagnatrice. Una povera anima che non aveva alcuna idea del guaio che correva, anche solo comminando al fianco di quel ragazzo squilibrato. “Certo! Mi ha trattenuto. Puoi darmi torto?” La prese per mano e le fece fare un giro su sé stessa, così da mettere in mostra la sua figura. Un complimento poco velato che non avrebbe fatto un buco nell’acqua. Pensava realmente che Grace fosse una ragazza molto attraente e, per questo, non aveva perso tempo ad esporre la sua domanda, qualche giorno prima in biblioteca. Con un gesto plateale, Harry, andò a baciarle la mano e il volto di Mike si contorse in un’espressione disgustata. “Non ti preoccupare, tesoro, ti accompagno a lavarti le mani tra poco!” Mentre l’altra serpe presentava la Tassorosso con la quale aveva appuntamento, Mike, venne distratto da un personaggio bizzarro che, con irruenza, prese la parola: ”Che ne dite di fare un po’ di casino stasera?” Perché non bastava già lui? Prese a cantare. Non c’è limite al peggio. Quel tipo di cose lo indisponevano più del dovuto. Si percepiva il suo egocentrismo da metri di distanza, puzzava più della colonia utilizzata da qualcuno che, evidentemente, aveva davvero poco gusto. Un gioco di luci ebbe inizio. Un po’ qui e un po’ lì. Davvero irritante. Roteò gli occhi azzurri quando, senza preavviso, un lampo illuminò il volto di Grace più del necessario, insinuando nella mente del minore degli Harris un dubbio prepotente. Stava cercando proprio lei? Nah. Perché avrebbe dovuto? Oppure sì… Quando l’affusolato dito di quel dj da strapazzo la indicò, Mike, passò una mano tra i capelli, spettinandoseli ulteriormente. Fece un passo verso la moretta entrando, così, nel fascio illuminato e, con grande galanteria, le passò una mano sui fianchi. La strinse a sé, senza neanche pensarci troppo e, malignamente, il suo glaciale sguardo si posò sul biondino, sfidandolo a un divertente duello che, prima della fine della serata, magari, si sarebbe consumato tra quelle quattro mura, rallegrando il suo ego. Chiaramente, non si trattava di alcuna forma di gelosia ma un semplice testa a testa. Non avanzava nessun diritto sulla giovane e, da quel che poteva vedere, l’uccello canterino sarebbe stato il tipo giusto per una come lei. La scelta altro non era che sua. Questo, però, non sarebbe stato per nulla motivo che avrebbe spiegato un suo eventuale ritiro. Una sana competizione, insomma. Riprese a cantare a squarciagola, lasciando la Johnson impietrita. Che cosa romantica, si sarebbe commosso, se solo avesse avuto una fottuta anima da permettergli di provare qualche cosa. “Questa canzone sembra piacerti particolarmente.” Osservò, senza affrettare in tempi, in attesa che si riprendesse da quel momento catartico. Rimase in silenzio, titubante. Se le avesse chiesto di ballare su note condivise in precedenza con altri, probabilmente, avrebbe rovinato la perfezione di un ricordo personale o, addirittura, intimo e, no, non era sua intenzione. Quante volte gli erano stati strappati ricordi contro la sua volontà? Porre in essere un atteggiamento simile, si discostava dal suo codice d’onore. Non vantava una conoscenza approfondita della mora e, quindi, rimase sul vago: “Vuoi qualche cosa da bere?” Chiese, mostrando la gentilezza repressa per tanto tempo.
    La Sala Grande era gremita fino all’orlo. Studenti ovunque, professori e, poco più in là, il fratello che intercettò in compagnia di una ragazza che riconobbe essere la Caposcuola di Tassorosso. Sapeva che David sarebbe rimasto sorpreso nel vederlo, così per non rischiare uno scontro, decise di fare un cenno di saluto con la testa. “Idiota!” Disse a bassa voce. “Scusa. Stavo definendo mio fratello! Vieni più qui!” La trascinò delicatamente più a sinistra, uscendo dalla visuale di David e, nel farlo, la trovò più vicina di quel che aveva mai pensato. Occhi negli occhi, si avvicinò sfiornaole l'orecchio con le labbra: “Sei davvero bellissima, Grace!” Si allontanò mentre la mano destra andò a fiorarle la guancia, accarezzandola dolcemente. Una trasformazione degna di nota che, probabilmente, sarebbe svanita in seguito per non fare più ritorno. Non vorrei essere nelle tue viscere, Tasso.


    Interagito con Grace, Harry e Viole. Quando Mars illumina Grace, Mike si sposta nel fascio di luce, torando a sé la sua dama (ops).
    Fa un cenno a Davide (?) e poi torna a Grace.
     
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    Qualcuno gli aveva fottuto la sua camicia rossa preferita e l' unico, in quella stanza, che avrebbe avuto il coraggio di toccare le sue cose era quell'ameba di suo fratello, l'altro, Kai, si faceva per lo più i cazzi suoi quindi era poco probabile fosse lui il colpevole. Sospirò, sistemandosi la giacca e fissando i capelli ribelli con un po' di gel. «Ma fammi il piacere, sembri un pinguino.» Roteò gli occhi, quel tipo era egocentrico quanto lui e suo cugino, sarebbe stato divertente vedere che guai avrebbero combinato al banchetto di Natale. Aveva invitato Rose, si sarebbero visti direttamente lì, sapeva che non scortava le dame. «Cazzo ne so.» Che ne sapeva lui di cos'avesse Micheal e poi non gliene poteva fregare di meno. Condividevano lo stesso spazio da mesi, ancora doveva capire in che rapporti fossero? Per quieto vivere avevano soppresso i loro istinti omicidi, ma non per questo adesso avrebbero giocato all'allegra famigliola felice. Imprecò, quei dannati capelli non ne volevano sapere di stare al loro posto. Fanculo. . Li avrebbe portati come sempre. Era da stamattina che era nervoso e irrequieto, i suoi istinti erano allerta e non aveva idea del perché.
    Sentì la porta sbattere, finalmente un po' di pace. Si chiese chi erano state le sfortunate che avevano accettato gli inviti di quei due, dovevano essere davvero disperate. Si allacciò i lacci delle scarpe nero lucido e, dopo aver aggiustato il colletto della camicia di raso, rigorosamente rossa visto che l'occasione lo chiedeva, uscì anche lui. Nei corridoi erano tutti vestiti di tutto punto e, mentre camminava, si chiese cosa cazzo ci stesse andando a fare. Non era da lui partecipare a quel tipo di eventi, figuriamoci invitare una ragazza, quindi che cazzo stava facendo? Si fermò, stringendo i pugni. Tutto questo stava cominciando a pesargli, qualcosa dentro di lui stava scalpitando, tuttavia scosse la testa e proseguì diritto per la sua strada mettendo da parte quei pensieri. Se era lì era perché gli andava, perché era stato lui a volerlo, fine. Dopo qualche minuto arrivò in Sala Grande, storse il naso nel vedere tutto quel rosso. Odiava quel colore, troppo acceso per i suoi gusti e, onestamente, odiava anche quella festa del cazzo. Di nuovo, si chiese cosa ci facesse lì e lo stesso valeva per suo fratello. Anche lui non sopportava quelle formalità, quella scuola li stava cambiando e non sapeva se in negativo o in positivo. Dean Harris non sarebbe stato affatto felice. I suoi figli dovevano prendere la strada che lui aveva scelto, non il contrario e se avesse saputo dei piani di vendetta di David beh, quello che aveva visto a lezione di difesa sarebbe stata una barzelletta in confronto. Si guardò attorno e vide Rose, con quel vestito non passava di certo inosservata. Si avvicinò, le mise una mano su un fianco l'attirò a sé. «Ti sei fatta bella per me stasera?» La provocò come faceva sempre. Alzò un sopracciglio quando vide la maschera, dovevano piacerle davvero molto. Non la preferiva, ma nel complesso le piaceva come stava e sapere che si era preparata apposta per lui lo fece ghignare. «Hanno esagerato con le decorazioni, come sempre.» Donne. Tra la folla scorse era il vermetto, che stringeva possessivamente a sé una ragazza che non aveva mai visto prima, chi cazzo era? Meglio per lei che non si montava la testa, il più importante nella vita di Micheal era lui. Tornò a concentrarsi su Rose, mettendole una mano dietro la schiena e guidandola verso il centro, dov'erano tutti. «Comunque bel vestito.» Aveva buon gusto il coniglio, a differenza di quella puttana di sua madre che si atteggiava a donna dell'alta società quando era una fallita. Di nuovo, un brivido percosse la schiena, non era un buon segno. Era teso come una corda di violino, doveva rilassarsi altrimenti avrebbe dato di matto. Peccato che la musica ad alto volume non aiutasse, possibile che quel cantante da strapazzo non sapesse fare di meglio? Ma dove lo hanno preso a questo?




    Interagisce con Kai, citato Micheal. Si prepara nervosamente, poi esce dalla camera e arriva in Sala. Vede Rose, le va vicino e interagisce con lei. Commenta in negativo Mars ( tvb)
    Indossa un completo nero classico e una camicia di raso rossa.


    Edited by David_ - 22/12/2022, 21:16
     
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    Prof.ssa Olivia "Liv" Vane

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    Un ballo. Un evento che non faceva parte della vita di Liv da circa 13 anni. Il solo pensiero che fosse passato così tanto le faceva una certa impressione: lei, questi 30 anni, non li sentiva proprio. Era cambiato molto da allora, eppure, mentre si preparava nelle sue stanze private, accanto all’aula di Incantesimi, percepiva un forte senso di deja vu, immaginando che ci fosse quell’alto Tassorosso dai capelli scuri, Nick Peters, che l’aveva accompagnata alla fine degli anni duemila, ad attenderla. Ai tempi era una sua enorme crush, e pensava che il loro rapporto sarebbe durato oltre le mura del castello: spoiler, non fu così. Aveva cose più importanti a cui pensare, tipo diventare un Auror…
    Invece la attendeva l'ultima persona che si sarebbe mai immaginata di affiancare a un qualsivoglia evento: Siegfried Müller, il vecchio bullo della scuola. Il solo pensiero era scioccante almeno quanto la confessione che le aveva fatto mesi addietro. La vita riservava sorprese inaspettate. Non si sarebbe, comunque, presentata lì in vesti che non fossero diverse da quelle di professoressa e accompagnatrice amichevole, senza secondi fini nascosti. Almeno sperava...
    Qualcosa, ad ogni modo, era cambiato in maniera palpabile: la maturità nei suoi occhi e la consapevolezza di sé, che ora la faceva varcare con magnetica sicurezza la soglia della sala grande, avvolta come una seconda pelle nel suo vestito rosso intenso dalle spalline cadenti e lo scollo a cuore, il quale dettaglio predominante era lo spacco vertiginoso che mostrava uno stacco di gambe chilometrico che concludeva in un paio di tacchi dodici della stessa tonalità del vestito; se c’era una cosa che del suo impiego non le stava bene, infatti, erano le regole eccessivamente misogine del professor Dylan, che le impedivano di mostrare centimetri di pelle che non fossero il viso, il collo o le mani. Ora, a confronto con le mise a cui era stata abituata negli ultimi mesi, si sentiva una vera diva, facendo un ingresso inconsapevolmente simile a quello di una sfilata d’alta moda: i suoi lunghi capelli castani, anch’essi per la prima volta sciolti, presentavano eleganti onde e sembravano quasi mossi da un vento soprannaturale mentre camminava; la pelle di collo e décolleté emanavano una luce divina grazie a una particolare crema, le labbra carnose erano tinte di cremisi, colore con cui mai aveva osato difronte agli studenti. Non si sarebbe nemmeno sorpresa se, per un attimo, avrebbero stentato a riconoscerla, sia studenti che professori, abbagliati da quella nuova versione che andava così a contrasto con la figura che erano abituati a visualizzare nella propria mente. Liv era dunque consapevole del fatto che tutti loro, al suo passaggio, la stessero fissando meravigliati, o forse sconvolti, ma il suo sguardo di risposta non contemplava né disagio né altezzosità, ma elargiva indistintamente sorrisi e cenni della mano carichi di allegria festiva, complimentandosi con alcune studentesse in particolare, i quali vestiti la colpivano maggiormente.
    – Signorina Rosier, lei brilla di luce propria, se lo faccia dire. Saint-clément: non vedo differenze fra lei e una rosa – una mano al petto carica di emozione sincera mostrava che i suoi complimenti non fossero di circostanza; vedere splendere quelle giovani ragazze, liberate anche loro degli abiti scolastici, era un vero spettacolo, che comunque non calava quando i suoi grandi occhi nocciola scivolavano sugli studenti di sesso maschile, imbellettati in quegli smoking così eleganti che, da parte sua, fecero sì che stentasse davvero a riconoscerne alcuni.
    «Che ne dite di fare un po' di casino questa sera?»
    Quello da cui venne più sconvolta fu però Marshall Carter-Johnson che, a sua grande sorpresa, andò ad impadronirsi del microfono al centro del palco elargendo minacce di quel calibro.
    Liv, a quel punto, non sapeva cosa aspettarsi: temeva in un caos eccessivo, che poco avrebbe fatto piacere al tavolo dei professori, ma quando il ragazzo iniziò a cantare, e la band a suonare, decise che non era poi così male, anzi. A un certo punto, un cono di luce cominciò a sfarfallare sul pubblico, alla chiara ricerca di qualcuno: quando la luce la trovò, inondò una Grace Johnson, a cui quell’ultima canzone era chiaramente dedicata. Liv si emozionò per lei, immaginandosi nei panni di una sedicenne: lei probabilmente, a quell’età, sarebbe svenuta.
    La sensazione fu molto simile quando, raggiungendo il tavolo raffigurante l’aula di pozioni, nell’atto di afferrare una bottiglietta per leggerne l’etichetta, la sua mano incrociò a mezza strada quella di qualcun altro: alzando gli occhi, incorniciati da un mascara particolarmente voluminoso, scoprì che il proprietario dell’arto fosse nient'altri che il bibliotecario, in una mise scura dai dettagli dorati che gli conferiva un certo fascino d’altri tempi. Liv fece del suo meglio per non arrossire.
    – Signor Warmswizzler. Non pensavo che sarebbe venuto – ammise, sperando di non risultare troppo stranita. E comunque aggiunse: – Non la credevo tipo – “ma è una piacevole sorpresa”, concluse tra sé e sé, contenendo a malapena un sorrisetto imbarazzato rivolto verso il tavolo, per far sì che egli non lo notasse.
    – Li ha preparati il signor Fletcher? Secondo lei c’è da fidarsi? – domandò con espressione ironica, rivolta alle bevande misteriose.
    – Ha visto per caso Müller? – si morse il labbro, guardandosi intorno in cerca dell’alta figura dell’infermiere. – Sarebbe dovuto essere già qui… – Non era la donna a dover farsi attendere?



    Interagito con la signorina Rosier e la Saint-Clément, citati Marshall e Grace, diretta al tavolo raffigurante l'aula di pozioni e interagito il biblio, citati ancora prof di pozioni e infermiere

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    Edited by Liv · - 23/12/2022, 10:23
     
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    Se Grace avesse avuto una macchinetta fotografica avrebbe immortalato la faccia di Halley in quel momento. Come lo sguardo smeraldino della Grifondoro si era posato sulla figura atletica del ragazzo era immediatamente passata dall’espressione furba, forse appena un pelo nervosa, al furore puro. «Sorridi o ti verranno le rughe», le sussurrò all’orecchio con una leggera risata prima di prendere il braccio del Serpeverde ed arrossire di un poco all’affermazione calorosa con cui diceva che si sarebbe preso cura di lei. Era una bella sensazione quella. Sentire le membra scaldarsi e... aggrovigliarsi? Abbassò lo sguardo nascondendo un sorriso dallo sguardo del ragazzo che però non fu sufficientemente soddisfatto dal suo operato adulatorio tanto da continuare. «Sei bellissima! Non te l’ha mai detto nessuno?» No, nessuno lo aveva fatto. Solitamente lei era il maschiaccio delle situazioni, quella perennemente quasi struccata e con i capelli legati in una coda semi-sfaldata, quella il cui viso aveva macchie di terra o di qualche ingrediente discutibile utilizzato a pozioni oppure, più semplicemente di cibo quando scendeva nelle cucine a corrompere gli elfi. «Perché? Sei un tipo poco raccomandabile?» Sollevò un sopracciglio scoccandogli un’occhiata piuttosto scettica lasciando che il ragazzo la guidasse e sostenesse per i sette piani che li avrebbero condotti in Sala Grande. Una volta giunti lì il ragazzo li identificò come coppia iscritta al ballo e da lì indossarono le maschere. Quella di Grace era di un rosso bordeaux, tutta ricamata in un intreccio dalle maglie larghe che lasciava ben poco spazio all’immaginazione di chi ci fosse dietro ma il colore permetteva all’azzurro dei suoi occhi, già ornati dall’eyeliner, di risaltare ulteriormente, più scintillanti e ferini del solito.
    «Vedendoti sul campo di quidditch, non ti facevo tipa da eventi mondani», lo sguardo della Grifondoro si fece di ghiaccio mentre osservava stoicamente di fronte a sé la sala. Quella continua affermazione, quel continuo sottolineare la sua poca femminilità la feriva. Davvero inficiava così tanto sulla sua reputazione di donna fare sport? Essere tra le attaccanti della squadra era così discriminante agli occhi dei ragazzi? Lo trovava oltremodo ridicolo – e misogino – anche se dentro di sé qualcosa andava spezzandosi. «E invece», replicò con palese stizza. «Se mi tiro a lucido sono anch’io una ragazza», che scoperta, fissò i suoi occhi dardeggianti in quelli del ragazzo sperando intuisse quanto la cosa la infastidisse, la deludesse persino, ma eventuali scuse non fecero tempo a giungere in quanto una voce cordiale accompagnata dalla figura di un ragazzo dai capelli scuri si palesò nel loro campo visivo. Era Barnes, il portiere dei Serpeverde. «Sei così tirato a lucido che quasi non ti riconoscevo.» Sentì Michael al suo fianco irrigidirsi interpretando quelle parole come l’effetto della stessa reazione che lei aveva avuto poco prima. Ecco come ci si sente! Ma si sbagliava e presto avrebbe intuito che il sentimento a muoverlo non era lo stesso. «Addirittura colpa mia? Non me lo avevi detto!» Il sorriso sulle labbra della Grifondoro si allargò prima che questi, confermando quanto detto dall’altro non cogliesse la palla al balzo per salvarsi in corner puntando ad un nuovo complimento. Strinse la mano della Grifondoro spingendola gentilmente a piroettare su sé stessa salvo finire tra le sue braccia dove Grace si arrestò con una risata imbarazzata. «Il piacere è mio Harry!» Rimase piacevolmente colpita dal baciamano dell’altro – arrossendo di un poco per i modi cavallereschi, sapeva come far colpo − etichettando immediatamente il ragazzo come uno per bene e molto a modo. Iniziava a pensare che quanto si dicesse dei Serpeverde – che fossero degli stronzi, arroganti e maleducati −, fosse del tutto sbagliato o almeno quella sera stava ricevendo la dimostrazione contraria. Harry si tirò su non prima di averle scoccato un occhiolino e intravedendo la sua accompagnatrice tra la folla attirò la sua attenzione affinché si avvicinasse al gruppo.
    Michael, al suo fianco, s’irrigidì nuovamente ed istintivamente la Grifondoro poggiò una mano sul suo avambraccio cercando interrogativa il suo sguardo, non riusciva a capire perché si comportasse a quel modo soprattutto dopo che il ragazzo, Harry, lo presentò a Violette come il cugino. «Grace, sì esatto. Tu invece sei la cercatrice, vero? La tua presa del boccino è stata fenomenale alla partita...!» E lo disse con sincera ammirazione riportando in parte le parole di Kynthia quando le aveva raccontato il motivo del perché, ad un certo punto della partita, avesse deciso di abbandonare il ruolo per correre in aiuto delle compagne: Viole era stata superiore e dal momento zero era sempre stata un passo avanti a lei. «Il tuo abito è... bellissimo. Sei incantevole, Viole!» Continuò allargando un ampio sorriso alla ragazza che però venne smorzato da un repentino colpo di tosse. «Oddio...» Tossì una seconda volta mentre si portava una mano al viso per tentare di scacciare l’insistente fragranza d’anice – Grace odiava l’anice – e poi quella voce, suadente, con quella leggera nota di sfida nel tono e l’accento... Avrebbe riconosciuto la durezza di quelle consonanti persino ad occhi chiusi. Davvero le stava proponendo di bere qualcosa dopo il loro ultimo incontro? Ed era così sfacciato da farlo nonostante la solida presenza di Michael? Si voltò per fulminarlo con lo sguardo ma si fermò appena in tempo notando che Mikhail non si stava rivolgendo a lei bensì alla sua accompagnatrice. Bellissima. Sospirò, innervosita, sia da sé stessa per la sua reazione che per i modi dell’altro. Lo aveva fatto di proposito, ne era certa e l’occhiata sprezzante che le lanciò ne era la conferma. Stronzo! Non gli era bastato lo schiaffo.
    Cercando di non dare troppo a vedere il suo umore agli occhi del gruppo accettò la proposta di Violette circa bere qualcosa. Si strinse al braccio di Michael mentre una voce decisamente più piacevole e assolutamente familiare veniva amplificata dall’impianto stereo del castello. Era Marshall! Ma... cosa... ? Che ci faceva sul palco?! «Aspetta, fammi vedere una cosa», chiese a Michael fermandolo. Avrebbero raggiunto dopo l’altra coppia. Grace osservò i presenti notando come, soprattutto tra i nati babbani, alcuni lo avessero “riconosciuto” ed ora stessero inneggiando quello che doveva essere il suo nome d’arte: MCJ. Un colpo di tosse stizzito ma allo stesso tempo divertito lasciò le labbra della Grifondoro mentre le parole del ragazzo le tornavano alla mente: “suono, per lo più. Ma niente di serio.” Aveva detto e invece... cavolo! La testa della ragazza cominciò in breve tempo ad ondeggiare a ritmo mentre osservava Marshall in quello che doveva assolutamente essere il suo elemento. Era bravo, bravo da morire e... bello. Un sospirò lasciò le labbra mentre le spalle si distesero ma durò poco perché ad un certo punto si trovò a fare il tifo per lui, persino a rispondere urlando insieme al resto degli studenti alle incitazioni del Tassorosso. Tirò Mike cercando di coinvolgerlo in quella festa di suoni, colori e luci fino a che quest’ultime si abbassarono lasciando che fosse un unico farò ad illuminare la sala. Il faro cominciò a muoversi tra gli studenti mentre Marshall, muovendo le dita sulla chitarra dava vita ad una nuova canzone. Poi il farò l’accecò costringendola a portarsi una mano a proteggere gli occhi poiché sembrava come averla puntata e forse era così! Non si spostava! Era come se il faro fino a quel momento non avesse fatto altro che cercarla. Che pensiero stupido, che allo stesso tempo però la pietrificò mentre osservava Marshall riconoscerla. Le sorrise. Sentì il Serpeverde circondarle la vita ma non vi badò. Non riusciva a scostare lo sguardo dagli occhi del Tassorosso era come se le trasmettessero urgenza e poi, indicandola: «I don't need the world, maybe I just need you!» Il suo cuore perse un battito e la Grifondoro gelò sul posto mentre un turbinio di domande si affollava nella sua testa. Cos’era appena successo? Era vero? Perché la stava indicando? Indicava davvero lei o era uno di quei classici gesti che i frontmen delle band rivolgevano al pubblico? Tipo di quelli che prendevano un elemento a caso – beh lei la conosceva – per simulare una dedica alla fortunata fan. Il suo cuore aveva preso a battere all’impazzata mentre un sottile, quanto insistente, desiderio si faceva strada nei suoi pensieri. Più una fantasia che un pensiero. Avrebbe voluto che Marshall la togliesse da quell’impasse che lui scendesse da quel palco e facendosi largo tra la folla la raggiungesse per definire davvero ciò che aveva fatto, che quello non era un sogno e che lui davvero stava indicando lei perché voleva lei. Lei e nessun altro. Lei che era abbastanza ed era finalmente vista per ciò che era. Se così non fosse stato non avrebbe mai potuto perdonarglielo per quell’attimo che aveva bramato.
    Al suo fianco la voce di Michael la ridestò. Michael! È vero! Arrossì di colpo, cosa doveva star pensando? «Idiota!» Inveì con un tono che gli aveva mai sentito usare. «Io non... io...» Balbettò confondendo il reale soggetto delle sue imprecazioni scambiandolo per Mars. «Vieni più qui!» Come una bambola lasciò che il Serpeverde l’avvolgesse tra le sue braccia portandola fuori dal cono di luce e nel farlo si trovarono più vicini di quanto avevano fatto fino a quel momento. Solo una manciata di centimetri distanziava i loro volti tanto che la Grifondoro era in grado di distinguere le pagliuzze dorate che componevano l’azzurro della sua iride. Si chinò ulteriormente ed il cuore le saltò in gola quando all’ultimo la sua bocca deviò al suo orecchio. Le scostò i capelli semi raccolti. «Sei davvero bellissima», sentì le labbra di lui sfiorarle il padiglione mentre il cuore tornava a batterle a mille. Poggiò la fronte contro il suo petto, quasi rintanandosi. Cosa doveva fare? Si lasciò guidare verso i tavolini imbanditi stringendo la mano del ragazzo mentre con lo sguardo cercava Marshall sul palco. Era combattuta? Non lo sapeva nemmeno lei. Era confusa. Confusa da tutto quel turbinio di persone ed emozioni. Prima Mik che non perdeva occasione per comportarsi da stronzo e giocare con la sua psiche per ricordarle quanto fosse sempre, in ogni occasione, tremendamente sbagliata; poi Marshall così puro, semplice, il tempo con lui volava sempre troppo in fretta rendendo malinconico il ritorno in classe, riusciva sempre a farla ridere senza farla sentire sbagliata e poi, adesso, c’era Michael che per primo l’aveva vista e che ora non smetteva di ricordarle e metterle in testa quanto fosse bella e con la sua vicinanza, con quel suo modo di starle addosso, persino... desiderata? Poggiò una mano sul petto pregando quel cuore impazzito di darle tregua.


    Interagito direttamente con Michael, Harry e Viole e a distanza con Marshall. Citati Halley, Mikhail e la sua dama.

    Riassunto 😂😂, con tanto di indici per una consultazione più rapida.
    Arriva al ballo con Michael stizzendosi un po' per il commento maschilista per la quale una sportiva non possa anche possedere un latto femminile ma non fa a tempo a farglielo notare perché appare Harry che si presenta e che a sua volta presenta la sua accompagnatrice, Violette. Cerca di socializzare un po' con i due ma l'odore per lei nauseante del profumo di Mikhail attira la sua attenzione. Vederlo in dolce compagnia la infastidisce dopo come si erano lasciati. Accetta la proposta di Viole di spostarsi al banco dei drink ma l'apparizione di Marshall sul palco attira la sua attenzione fino a lasciarla senza fiato - e confusa - per la sua dedica. Non sa bene come reagire andando in error 404 ed è la presenza di Michael al suo fianco che la riporta sulla terra e la fa sentire in colpa dato che starebbe partecipando con lui, lol. I modi del Serpeverde la mandano ancora più in tilt.

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    «Tutti quanti, mi pare ovvio» Scherzai divertita alla volta di Loki dopo una lieve riverenza. «Dovrò pur far scordare loro le mie natiche in bella mostra allo scorso ballo, no?» Fu poi il turno delle avvertenze del caso, che poi in realtà era solo una, ma categorica. Impedire che qualcuno mi trascinasse a umiliarmi in pista. Quella del lento con Axel era stata una piacevole parentesi, ma dubitavo che qualcun'altro si sarebbe messo a canticchiarmi all'orecchio il ritornello di un brano rock per distrarmi da quella che era la reale musica di sottofondo così da evitare che andassi contro ritmo. Era strano? Molto. Aveva funzionato? Incredibilmente, sì. «Pff, non mi conosci abbastanza bene allora...» Io e la violenza avevano un rapporto tormentato. Da quando ero stata chiamata a rispondere del mio ceto sociale mi ero dovuta contenere molto ma prima, quando ancora pensavo di poter vivere serena la mia vita, non era raro vedere il mio pugno chiuso sul naso di qualcuno, era successo almeno un paio di volte, quelle le ricordavo per certo perché uno era stato in seguito a un bacio del tutto non richiesto ormai svariati anni addietro, mentre l'altro invece solo circa un annetto o poco più ed era stato tirato a causa di un "ti amo" pronunciato decisamente troppo tardi e con un tempismo che faceva veramente schifo. Ora però quelli erano solo lontani ricordi ed effettivamente dubitavo avrei mai dato il via a una rissa, non a scuola almeno, perché fuori da quelle mura la storia cambiava drasticamente e non erano stati rari i casi in cui ero dovuta ricorrere alla violenza magica o non contro qualcuno. Per questo sì, se le condizioni lo avessero consentito probabilmente sarebbe stato giusto definirmi il tipo che da il via a una rissa. «Mpfh che?» Feci lasciandomi sfuggire una risatina nervosa per una simile insinuazione. «Nessun richiedente potrebbe piacermi, capito?» Risposi poi seriosa ricomponendomi mentre lo trascinavo verso il bancone delle bevande per distrarmi. Purtroppo lì non avrei trovato il dolce nettare che avrei tanto desiderato bere in quel momento, ma era normale che dentro a una scuola tanto rinomata come quella non potessero esserci bevande alcoliche a libero consumo degli studenti. Sarebbe stato inammissibile e a Hogwarts nulla doveva esserlo, sicuramente non dopo lo scandalo di Halloween, dove la capacità di tenere tutti gli studenti al sicuro del preside era stata messa parecchio in dubbio. Era stato poi etichettato come un crudele scherzo da parte di uno studente che senza troppi complimenti era stato immediatamente punito, nonostante alcuni insistessero tutt'ora che la punizione decisa non era stata abbastanza severa rispetto al crimine commesso, ma poco importava, il punto era che fra le mie mani avrei voluto avere proprio un bel bicchierino di rum e invece non potevo. «Non mi hai mai detto quale però... sono curiosa» Tentai di insistere ancora una volta nella speranza che finalmente cedesse e mi rivelasse il motivo scatenante dietro al mio bagno non richiesto di soda. «Gelosia immagino, credo di non saperla controllare bene e sì, ovvio che sono tornata in dormitorio quella notte... sono una studentessa modello io» Confessai ormai consapevole di tale mio difetto, nonostante fossi ancora convinta che la mia non era vera e propria gelosia, tuttalpiù orgoglio che non poteva rischiare di essere macchiato ancora una volta di tradimento da parte di qualcuno. Per quanto riguardava il tornare in camere invece avevo mentito in grande stile, quella notte in camera non ci ero mai tornata e al contrario avevo felicemente goduto della compagnia del Bulgaro come se quella fosse la prima volta che stavamo davvero assieme. «Salve signor Warmswizzler» Salutai con fare cordiale il bibliotecario della scuola che al posto del cognome pareca avere uno scioglilingua che ovviamente mi ero fissata di imparare a pronunciare correttamente. Mi ci erano volute circa un paio d'ore prima di riuscirlo a masticare correttamente senza incepparmi a metà strada, ma dovevo ammettere che era soddisfacente poterlo ripetere ogni qual volta ne avessi l'occasione come se ciò mi facesse vincere una qualche onorificenza immaginaria. Tornai poi a indirizzare la mia attenzione verso il Serpeverde per tentare ancora di convincerlo a rivelare i suoi segreti. «Che guardi?» Domandai a voce bassa vedendolo particolarmente concentrato e -avrei giurato di avergielo letto in faccia- quasi infastidito da qualcosa. Il ragazzo parve però ignorarmi e mi dissi che forse era solo a causa della musica troppo alta, decisi quindi di seguire il suo sguardo per scoprire dove terminava la corsa e con mia grande sorpresa ci trovai un elegantissimo Marcel in compagnia di una Serpeverde. Lo salutai con un cenno della mano vedendolo arrivare verso di noi e calciai con fare discreto il polpaccio di Loki che parve come ridestarsi dalla sua trance. Non avevo idea del perché si fosse perso in quel modo a fissarli ma qualcosa mi diceva che gli avrebbe fatto piacere se il mondo avesse continuato a pensare che in quel minuto corpicino non si nascondesse nessuno stralcio di emozione o sentimento. La sua fama da freddo robottino ne avrebbe risentito altrimenti.
    Avvicinai poi finalmente il bicchierino contenente, almeno in apparenza, della soda -ironia della sorte-, ma quando ne mandai giù il contenuto mi accorsi con mia grande sorpresa che era alcolico e ok che lo avevo desiderato molto ardentemente, ma dubitavo di possedere le doti di quel tale chiamato Gesù che i babbani veneravano tanto. Come diamine era possibile allora? «Non ti pare abbiano un sapore... hum... strano questi drink?» Domandai al mio accompagnatore con un sopracciglio alzato senza però dire chiaramente che mi pareva di aver percepito il sapore dell'alcol piuttosto che quello della soda. Ci mancava solo che poi saltava fuori che mi ero immaginata tutto e che il ragazzo cominciasse a interrogarsi su un possibile alcolismo da parte mia. Avevo una reputazione da mantenere... «Come siamo eleganti questa sera!» Affermai a voce abbastanza alta per farmi udire con chiarezza dal Corvonero a pochi passi da noi. Conciato così sembrava proprio un vero damerino e non potevo negare che quel completo gli donasse molto.

    ★ ★ ★
    Caposcuola Corvonero | Scheda | Mailbox | Pensatoio

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    Interagito con Loki, con il Bibliotecario e con Marcel. Skylee e accompagnatore sono giunti al tavolo dei drink e ne hanno bevuto uno a testa, Sky sospetta che siano alcolici ma si domanda se non sia solo uno strano scherzo della sua immaginazione. Ha "svegliato" Loki dalla sua trance/adorazine alla volta di Marcel e ha poi salutato quest'ultimo ignorando la sua compagna. Opse.
     
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    Wilder Singh

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    Ok, che cazzo aveva fatto? Cioè, invitare una a caso. Non era un comportamento da lui. Anche se c’era da dire che da quando aveva fatto quella scoperta così bizzarra, ad agosto, non si sentiva più lo stesso. Un giorno, infatti, completamente dal nulla, si era infilato nelle acque del sud Inghilterra e ne era uscito sconvolto… agitandosi come la coda di una lucertola mozzata, mentre con le braccia cercava di avanzare sulla sabbia a tentoni, finché le sue estremità, una volta abbandonate le onde, non decisero di tornare normali da sole. Come gli fosse spuntata una coda di pesce dal nulla era un vero mistero. Lo avrebbe saputo se fosse stato un fottuto mezzo pesce di natura, no? Bene o male da sempre. Quel giorno pensò di star sognando, ma si ributtò in acqua per tutto il giorno sperando che il risultato cambiasse. E che il giorno dopo cambiasse.
    E invece non fu così. Sembrava una situazione del tutto definitiva. Ma la domanda era perché? Perché proprio ora? Cos’era cambiato nel suo dna? Aveva assunto qualcosa di diverso dal solito? Non gli sembrava, e stava sempre ben attento a tenere le distanze dagli esperimenti pozionistici di sua madre, con cui preferì non parlare del problema. In realtà non ne aveva ancora parlato proprio con nessuno, e non aveva questa grande intenzione di farlo. Non avrebbe saputo da dove cominciare.
    Will aveva pensato che, in fin dei conti, non era così male. In queste condizioni poteva nuotare meglio, e per evitare di trasformarsi gli bastava mantenersi lontano dall’acqua. Il vero problema era che, non immergendosi per giorni, aveva notato un graduale decadimento mentale e fisico: la sua pelle tendeva ad ingrigire, la forza fisica lo abbandonava sempre di più… era arrivato a pensare perfino che fosse lo stadio finale di una brutta malattia che contratto in maniera del tutto ignota, ma in realtà aveva visto che immergendosi tornava tutto ok. Dunque si era limitato a mantenersi tutta l’estate in zone marittime, comportandosi in modo strano davanti alla famiglia finché non giunse a Hogwarts dove, ovviamente, la situazione diventò più complicata. L’unica soluzione era fare scorte di sale e riempire la vasca del proprio dormitorio, immergendosi possibilmente una volta al giorno; in quel modo riusciva a tirare avanti senza troppi problemi, per quanto il pensiero di potersi confidare con qualche professore gli solleticava sempre di più la mente. Magari c’era un modo di liberarsi di quella coda… per quanto, dopo mesi, fosse entrato a far parte della sua normalità, e la sentisse da sempre una parte di lui. Ma un mago con aspirazioni come le sue… come poteva lavorare con quel problema? Come poteva viaggiare nel deserto, o in montagna, o in qualunque posto che non presentava acqua disponibile per giorni interi? Avrebbe dovuto dire addio ai suoi sogni, e rimettere tutto in discussione… per la prima volta.
    Questo era uno dei motivi per cui non si era impegnato attivamente per riprendere il contatto con Rain. Non era mai stato un tipo particolarmente insicuro: si riteneva un bel ragazzo, a modo, interessante e con ottimi valori. Ma l’essere un mezzo-pesce era un difetto che, a suo parere, oscurava tante belle qualità. Magari, se lo avesse scoperto, l’avrebbe disgustata. Avrebbe potuto avvicinarsi in amicizia, certo… ma ormai in lui era scattato qualcosa che in quei mesi non si era andato a spegnere e, finché quel suo sentimento non si fosse ridotto alla miccia, preferiva non rimettersi nella posizione di dover sopportare la forte istintività della rossa, che lo avrebbe di certo fatto impazzire.
    Per questo non voleva invitarla al ballo. O, meglio, voleva, ma riteneva fosse meglio non farlo. Poi, comunque, in un lampo di ripensamento, scoprì che la mano della rossa fosse già impegnata. A quel punto, avrebbe preferito non parteciparvi affatto. Il guaio era che sua sorella era del tutto intenzionata a presenziare: aveva già partner e vestito pronti (con gran fastidio di Will). E un fratello doveva pur vegliare sulla propria sorellina, ancora decisamente troppo piccola per certe cose. Dunque non c’era scelta. Ma chi avrebbe potuto invitare? Non aveva avuto flirt con nessuno, si era tenuto defilato da certe cose… ma si poteva presenziare soltanto in coppia. A suo grande dispiacere, avrebbe dovuto scegliere una ragazza a caso; beh, non proprio a caso… qualcuno di carino, una ragazza brava e intelligente… che avrebbe potuto distoglierlo dal pensiero della rossa.
    Mackenzie Rosier sembrava una buona scelta. Una ragazza bellissima, una bellezza corvina (in tutti i sensi), e di sicuro molto intelligente. Will fu sorpreso quando accettò il suo invito, così, al primo colpo. Essere notoriamente un bravo ragazzo, o forse avere l’aria da principe azzurro, a volte ti rendeva la strada spianata.
    Eppure adesso la sua gamba sinistra tremava nervosamente, seduto sul suo letto, non sapendo se pentirsene o meno. A Rain di certo non sarebbe importato, probabilmente non lo avrebbe neanche notato. Ma Mac? Avrebbe capito che fosse solo un ripiego?
    Alla fine dei conti, si disse che non era un vero ripiego: i due non avevano molta confidenza, condividendo solo la presenza a lezione fino a quel momento, ma magari la Rosier lo avrebbe davvero aiutato a mettere una grossa “x” su Rain, per il bene di entrambi. Sarebbero anche potuti diventare amici, chissà…
    – Forse avranno capito che a una festa per giovani avrebbero dovuto dare un tocco più frizzante, e avere un cantante professionista a portata non è certo roba da poco. Ma ti pagano, almeno? – Marshall lo ridestò dai suoi pensieri, ma solo per poco. Fortunatamente non costrinse Will a dargli una risposta su chi avrebbe o no portato al ballo, dichiarando che lo avrebbe semplicemente visto da sé. Una cosa era tristemente certa: non ci sarebbero stati limoni in vista, per quella sera.
    Will si chiedeva se il suo stile stonasse troppo con l’ambiente circostanze, vedendo per lo più smoking classici o particolari mise da damerino. Lui, come sempre, si era tenuto sul semplice, e qualcuno avrebbe potuto dire che il suo outfit non fosse perfettamente armonico o sensato, o avrebbe notato che – al contrario di molti, a quanto sembrava – non fosse ricco di famiglia, ma infondo si disse che gli importava davvero il giudizio degli altri… non gli era mai importato. E l’ambiente scolastico non lo avrebbe cambiato.
    Will la attendeva sulle scale d’ingresso. Quando Mackenzie fece il suo arrivo, con quel vestito così sfavillante e il portamento così elegante e impeccabile, non poté fare a meno di dare una rapida occhiata ai propri vestiti e tossire nervosamente. Come non detto.
    – Quella elegante sei tu… mi hai lasciato a bocca aperta – ammise, andando a riprendere il controllo della mascella. Decise che la sua non fosse ironia, e di non dare ulteriore importanza al proprio outfit. “Il sorriso è il migliore degli accessori”, giusto? E su quello non c’era nulla da ridire.
    – Oh, certo… dai qua – le prese di mano la collanina che gli stava porgendo, la fece voltare e mise in atto una vera scena da telefilm, scostandole i capelli e allacciandole l’elegante pendente al collo. Quando la mora si voltò, il suo sguardo non poté fare a meno che caderle dal gioiello al décolleté, e si sforzò di non arrossire. – Il tuo vestito è talmente sfavillante che nessuno farà caso al gioiello… lo sai, vero? – piegò il gomito e lasciò che la ragazza vi si aggrappasse, scendendo la scalinata come un vero principe, i capelli legati con un codino dietro il collo. Will pensò che la sua accompagnatrice fosse talmente bella da richiamare tutta l’attenzione su di sé, e si domandò come avesse fatto ad accogliere il suo invito, quando avrebbe potuto avere praticamente chiunque al suo fianco. Dunque si stupì quando gli venne posta una domanda inaspettata.
    – Potrei chiederti la stessa cosa… ti sei vista? E mi hai visto? – tuttavia quel quesito era particolarmente ostico: una risposta errata e lo avrebbe mandato subito a quel paese, ne era sicuro. E Will non diceva bugie. Quindi si limitò a omettere i dettagli che, alla fine dei conti, non la riguardavano, e disse semplicemente: – Tra tante altre, mi hai colpita per la tua riservatezza ed eleganza. Sei una ragazza intelligente quanto bella, e… hai un’aria misteriosa che ti rende particolarmente interessante. Sapevo che ti avrebbero chiesto la mano in molti, ma ho voluto provarci lo stesso – un discorso pulito e assolutamente sincero: possibilmente se l’era cavata.
    – Io ho aiutato con le decorazioni, sai: mi piace rendermi utile. Credo che ti piacerà. Inoltre il mio compagno di stanza, Marshall, canterà dal vivo… ci sarà da divertirsi, vedrai! Ma tu come mai non sapevi questo evento? Non sei di qui? – in effetti aveva un accento diverso, ma ci stava facendo caso solo in quel momento.
    Entrati in sala grande, cercò subito la sorellina con lo sguardo, ma non la trovò. Chissà cosa stava combinando quella pulce…
    – Se vedi una nanetta bionda dall’aria iperattiva e un vestitino rosa confetto fammi un cenno, ok? – bisbigliò alla Rosier, prima di notare una chiazza rossa in mezzo alla folla e immobilizzarsi alla vista di una Rain in total red in compagnia di… – Anhalt-Dessau – si lasciò sfuggire a mezza voce, per poi schioccare uno sguardo allarmato alla Rosier e ricomporsi rapidamente: – È davvero un principe, eh? – cercò di portare l’attenzione all’outfit del lussemburghese, dando un senso a quell’espressione di meraviglia. – Vieni, andiamo a prendere da bere – la tirò a grandi falcate verso il tavolo delle bevande, versandole un calice di bollicine e nascondendosi dietro al proprio per lanciare occhiate curiose verso la coppietta.




    Interagito con Marshall, Mackenzie e citati Kenya, Marcel e Rain.
    Al momento al tavolo delle bibite.
    Outfit


    Edited by Will` - 24/12/2022, 11:58
     
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    La musica era la dimensione in cui Mars abitava. Sin dalla tenera età, il tassorosso aveva respirato ed espirato musica. Non c'era posto in cui si sentesse più a suo agio di un palco, niente che lo rendesse più felice di un plettro che sfiorava le sei corde, del tempo che scandivano le bacchette di una batteria o del colore che un basso riusciva a donare alle canzoni. Da quando aveva scoperto il potere curativo della musica, Marshall ci si era donato completamente. Quasi fosse un semplice veicolo di qualcosa molto più grande di lui, si era messo al servizio di una parte di sé che faticava a comprendere del tutto, ma che riusciva ad esprimere solo attraverso le note di una canzone. Così, il piccolo Carter-Johnson aveva percorso il cammino che, alla fine, lo aveva portato al successo, si, ma non senza togliergli niente. Il Marshall adolescente, infatti, non era stato sempre in grado di canalizzare le sue emozioni nel processo creativo, anzi. L'abbandono del padre costituiva una ferita ancora aperta e, nonostante i tentativi del compagno della madre di stargli accanto a modo suo, l'assenza del signor Johnson, per Mars era stato particolarmente difficile, tanto da aveva avuto un forte ascendente sulla formazione del suo carattere. Una voragine, quella che aveva lasciato il padre, che lo aveva spesso fatto cadere nell'eccesso: abuso di alcol, di droghe, ma non solo. Avere a disposizione una grande quantità di soldi, quando si è totalmente in balia delle proprie emozioni, lo aveva spinto a cercare di riempire i suoi vuoti in maniera "poco ortodossa". Contornarsi di amici e di ragazze ogni giorno diversi era diventato un modo per non pensare, per ignorare quelle sensazioni spiacevoli che lo tormentavano, una fra tante era l'idea di essere un mostro, qualcuno di cui non vale la pena prendersi cura, che forse nemmeno merita di essere amato. Allora, l'approvazione di una massa di sconosciuti che ineggiava il suo nome con il solo intento di rimanere nelle sue grazie così da sfruttare il suo potenziale economico era diventata la regola, tanto da convincere Mars che quella che si ritrovava ormai a vivere non fosse altro che la normalità.
    Vedere Grace fare il suo ingresso col Serpeverde aveva reso Marshall molto più irrequieto e competitivo del solito. Non sapeva perché si sentisse coinvolto in una sorta di competizione, non era da lui, ma sentiva in qualche modo di dover dimostrare qualcosa a lei, piuttosto che al suo accompagnatore e quale migliore occasione di quella per farsi conoscere dalla ragazza con cui aveva passato i momenti più sereni e spensierati in quegli ultimi mesi?
    Illuminare il punto preciso in cui si trovava la Johnson fu un'idea che gli venne sul momento, prima di presentarsi alla folla e di animare quella festa (che a causa dell'orchestra stava diventando fin troppo noiosa). Vederla improvvisamente spaesata, anche un po' confusa, o forse sorpresa da quel gesto folle e del tutto inaspettato non fece altro che caricare Marshall di nuove energie. Voleva che lei lo vedesse, finalmente, nella versione più vera di sé, quella più autentica, forte - probabilmente - della corazza dell'artista che, invece, quando si trovavano a passare del tempo insieme, da soli, lui non indossava. Cantò così quei due versi solo per lei e, per alcuni secondi, fu come condividere il palco con la ragazza. Sì, per alcuni istanti, fu come se nella sala non ci fosse più nessun altro; fu come se, occhi negli occhi, cercavano di comunicare a distanza utilizzando una nuova lingua unicamente loro. Ma tutto venne interrotto dall'accompagnatore di Grace che, accortosi di ciò che stava avvenendo proprio davanti a lui, le cinse la vita con un braccio, come a voler rimarcare un qualche confine da non oltrepassare. Il fatto era che Mars, di limiti, non ne aveva mai voluto sentir parlare e, presto o tardi, anche quel tizio se ne sarebbe accorto.
    Finito quel terzo brano della serata e notando con la coda dell'occhio la rosso-oro allontanarsi insieme al Serpeverde, Mars decise di ringraziare tutti gli studenti e i professori per avergli permesso quell'esibizione, e si concesse un'ultima canzone. «Buona serata a tutti!» augurò il tasso a tutto il corpo scolastico, mentre si apprestava a stringere ancora una volta il microfono tra le mani.

    «I'm writing you this message just so I can say that I love you/I had to let you know that everything about me was you...»

    La canzone, dalle vibrazioni sicuramente più malinconiche e a tratti tristi, riempì gentilmente la Sala Grande che era tornata a scintillare, illuminata dalle luci delle candele sospese per aria, ma anche delle migliaia di decorazioni che avevano reso la sala magica come mai era stata prima di quella sera. Mars, a quel punto, per i tre minuti e venticinque secondi che seguirono, si dedicò completamente a quel brano, uno di quelli che spesso veniva apprezzato di meno, ma che nascondeva una parte di lui piuttosto profonda che non in tanti avevano avuto occasione di conoscere. I suoi occhi - per la prima volta, quella sera - si socchiusero e fu come vedere qualcuno cantare per sé stesso, piuttosto che per far godere ad un pubblico la sua arte. C'era qualcosa, nel modo in cui si abbandonava a quella canzone, che trasmetteva a chiunque la ascoltasse per davvero un senso di amarezza difficile da scacciare.

    Saltato giù dal palco senza curarsi del fatto che avrebbe potuto farsi piuttosto male se non fosse atterrato su entrambi i piedi, Mars strinse le mani di quelli che si complimentarono con lui, ma sorrise anche a chi lo osservò con sufficenza, probabilmente infastidito dalla sua musica. In fondo, una cosa l'aveva imparata: non si poteva piacere a tutti e a lui nemmeno interessava. Soprattutto quella sera, c'era solo una cosa, anzi una persona che gli importava raggiungere. Così, rubato un bicchiere dal primo tavolino che si ritrovò a tiro, si apprestò a raggiungere un gruppetto di ragazzi e ragazze in mezzo alle quali intravide finalmente Grace. Quando poi riconobbe il suo cavaliere non riuscì proprio a resistere alla tentazione primordiale e malsana di fare lo stronzo e fu a seguito di quell'impulso che, fingendo di inciampare, finì per versare addosso alla camicia del serpeverde il contenuto del bicchiere che aveva tenuto in mano fino a quel momento. «Merda, scusami, sono un cazzo di disastro.» sospirò il tasso, cercando di fingere una simpatia per l'altro che proprio non era da lui. In effetti, quella situazione era piuttosto surreale per Mars. Non era mai stato un tipo geloso, né probabilmente aveva il diritto di esserlo, ma non riusciva ad ignorare il fastidio che gli provocava vedere quel tipo trascinarsi in giro Grace come fosse un trofeo. Grace. Fu quando lo sguardo della rosso-oro inciampò in quello del tassorosso che lui improvvisamente cambiò espressione, passando da una non ben definita ad un sorriso che andava da guancia a guancia. «Ti va di ballare, Johnson?» le domandò con estrema naturalezza, allungando una mano in sua direzione come se, ancora una volta, fossero rimasti soli, ignorando completamente il fatto che l'Harris era lì, o che altra gente avrebbe potuto giudicare quello che stava succedendo. A Mars non era mai importato il giudizio altrui, non avrebbe sicuramente cominciato a farci caso quel giorno.

    Marshall Carter-Johnson, IV anno, Tassorosso.

    - Mars si esibisce in un ultimo brano, magari può essere considerato una sorta di lento:

    - Si avvicina al gruppetto degli Harris + consorti e finge di inciampare per lanciare il suo drink su Mike.
    - Interagisce con Grace <3


    Edited by -mars - 26/12/2022, 19:42
     
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    Raggiungo con calma il tavolo delle bibite, con un braccio fermo dietro la schiena dritta. Voglio concedermi del tempo stasera: per osservare come hanno sistemato e addobbato la stanza e, perché no, studiare il comportamento delle persone al di fuori del contesto prettamente scolastico. Durante i pasti sono più o meno tutti conviviali ma trattenuti dalle tavolate e naturalmente anche dal rigido controllo esercitato dal tavolo dei professori; in questo particolare momento i ragazzi - e non solo - sono liberi di esprimersi, nell'abbigliamento come nel sociale. Da un punto di vista esclusivamente accademico mi interessa osservarli, certo di poter imparare qualcosa... Devo ammetterlo, anche dal lato personale: non sono un esteta alla continua ricerca del bello ma so riconoscerlo ed apprezzarlo quando lo vedo e stasera, in Sala Grande, ce n'è in abbondanza.

    Saluti, eleganti riverenze, postura e gestualità che esprimono sicurezza e savoir faire: il fatto che trascorra la gran parte del mio tempo in biblioteca, a riordinare e vegliare i miei libri, non significa certo che non sappia come si stia tra la gente o che sia incapace di socializzare. I problemi principalmente si presentano quando apro bocca: risulto irriverente, a tratti insensibile; il mio senso dell'umorismo è singolare e, per quanto m'impegni, gli altri stentano ad apprezzarlo. Per questo prima di uscire fisso il buon proposito di limitare le interazioni e di fermarmi al primo segnale d'allarme... Puntualmente fallisco.

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    Al tavolo delle bibite, sistemate ad uno stand intitolato all'aula di pozioni, trovo la signorina Métis e il signor Norman. La prima è un'assidua frequentatrice della Biblioteca, nota per costanti ricerche su uno specifico argomento; Norman invece per ragioni tutt'altro che accademiche, purtroppo. Li guardo: vestiti di tutto punto, brillanti, eleganti, seducenti sotto molti aspetti. Eppure...
    Sorrido alla studentessa: non è la prima volta che mi chiama correttamente per nome, è una delle poche cui riesce con naturalezza e a cui è interessato imparare a farlo, ma non nascondo la soddisfazione. Non lo faccio mai perchè, mio malgrado, è una piccola attenzione che mi scalda il cuore. Le riservo un sorriso leggero ma dolce. Sto per accennare quanto debba essere triste non poter festeggiare insieme alla propria persona mentre allungo la mano verso i bicchieri - ho già individuato l'acquavite che desidero - quando provvidenzialmente vengo interrotto.
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    Vorrei poter dire che la prima cosa che vedo sia il viso della donna che mi affianca ma non è così. Prima di quello c'è la sua mano, che ha sfiorato la mia. C'è il rosso del suo vestito. C'è lo scollo a cuore sul suo décolleté. Poi il mio nome pronunciato correttamente per la seconda volta in così breve tempo. Sono colpito.
    - Professoressa Vane - non dovrei esserlo: è comprensibile che la professoressa di Incantesimi dica "Warmswizzler" con simile scioltezza (chi più di lei, che deve saper pronunciare e insegnare altri a farlo parole di etimologia complessa) eppure mi compiaccio e lascio che lo sguardo s'illumini, specie per l'insolita musicalità che ha acquisito. Alzo gli occhi sul suo volto nell'immediato e ritiro la mano col bicchiere di acquavite. Non si aspettava di vedermi alla festa, dice.
    - Che posso dire: mi piace disturbare lo statu quo, di tanto in tanto. Non è l'unica, se la consola. Mi sento particolarmente osservato - l'espressione del viso si rilassa appena mentre mi rivolgo col mezzo busto a lei e gli occhi neri si spostano da una testa all'altra. Decido di non dare del tutto le spalle alla festa, dopotutto sono lì per vigilare sugli studenti.
    - In verità sono qui per fare da chaperon. Con tutti gli studenti presenti, due occhi e una bacchetta in più non sono che utili - Faccio per alzare il bicchiere quando mi pone ben due domande: una sulle bevande e l'altra sul guaritore della scuola. E' chiaro che la prima serva a rompere il ghiaccio e porre le basi per quella la cui risposta le interessa di più.
    - Chi, il Guaritore? Non l'ho visto - le labbra si arricciano e si piegano all'ingiù e confermo il "no" scuotendo per una volta soltanto il capo. Allontano lo sguardo dalla professoressa e nel frattempo assisto alla dichiarazione del cantante sul palcoscenico e ai primi secondi del suo piccolo concerto.
    - E' il suo accompagnatore? -

    Nel frattempo riconosco il signor Anhalt-Dessau, affiancato da una dama, che si avvicina al tavolo delle bibite. Non c'è cosa più triste che vivere sopprimendo se stessi per far piacere agli altri, penso con amarezza.


    Saluta Skylee e Loki, poi s'intrattiene con la professoressa Vane al tavolo delle bibite. <3

    Alla fine intercetta Marcel e fa un'amara considerazione tra sé e sé, perché lui vive nell'ignoranza e non sa. che naif

    se qualcosa non dovesse andar bene, fischiate <3


    Edited by Il bibliotecario. - 26/12/2022, 20:47
     
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    Aveva sentito il vermetto dargli dell'idiota, tuttavia decise di lasciar correre per una volta altrimenti sarebbe dovuto andare lì per dirgliene quattro e avrebbero finto per litigare come sempre. Lo osservò fare il carino con la disgraziata che aveva deciso di accompagnarlo a quella stupido banchetto, non l'aveva mai vista prima, doveva essere dei primi anni. Lo guardò per qualche altro istante prima di tornare a concentrarsi su Rose che quella sera si era fatta particolarmente bella solo per lui. Nel mentre, la musica faceva schifo e, a quanto pareva, quel cantante da strapazzo aveva dedicato una canzone a qualche sfigata. Mossa scontata. Non chiese al coniglio di ballare, per questa volta avrebbe evitato e la strana sensazione di prima non era sparita, si era fatta solo più forte. Aveva tutti i sensi allerta, si aspettava che qualcuno spuntasse da qualche angolo e lo attaccasse. Sto diventando paranoico. Eppure il suo istinto non sbagliava mai, soprattutto quando si trattava di quella persona. Scosse la testa, era impossibile che riguardasse lui, era a chilometri di distanza e non sarebbe mai andato a Londra senza un valido motivo, i suoi affari nel Bronx avevano la priorità su tutto, anche sulla sua puttana, figuriamoci se aveva il tempo di andare a trovare i suoi amati figlioli.
    Stava per dire a Rose di fare un giro quando, con orrore, vide la sua camicia preferita macchiarsi di chissà qualche schifezza contenuta nel bicchiere che quel demente con gli orecchini aveva versato addosso a suo fratello. David ci teneva alle sue cose, ci stava molto attento ed era possessivo, quindi non c'era da meravigliarsi se la giugulare iniziò a pulsargli. Quando sentì il cantante chiedere a quella tipa di ballare non ci mise molto a fare due più due: stavano facendo a gara a chi ce l'avesse più lungo, il tutto per farsi notare da quella ragazza che non era nemmeno tutta questa bellezza. Di solito se ne sarebbe fregato, per certi versi anche divertito a vedere il vermetto marcare il territorio come qualsiasi Harris che si rispetti, ma con la sua camicia in quelle condizioni col cazzo che gliela faceva passare liscia. Prese Rose per mano e la condusse verso quel ridicolo triangolo, adesso lo avrebbe sentito quel deficiente. Camminò a passo svelto, spingendo di lato un ragazzino che gli bloccava la strada. Ignaro, quell'ameba di suo fratello continuava a stringere tra le braccia la sua accompagnatrice mentre David si avvicinava minaccioso da dietro. Allungò una mano e prese per un orecchio Micheal, tirando con la giusta forza fino a quando le sue labbra non gli sfiorarono il lobo. «Vermetto, non solo hai preso la mia camicia senza permesso ma l'hai anche sporcata, razza di cretino!»Alzò quel tanto la voce per dargli fastidio, poi lo lasciò andare. Incrociò le braccia, mettendosi di fronte a lui e fissandolo diritto negli occhi con un'espressione poco amichevole in viso. «Le tue camicie te le strappo una per una.» Le avrebbe ridotte a brandelli. Poi lanciò un'occhiataccia all'altro colpevole, perché sapeva bene che quel drink era stato versato apposta. Non credeva neanche un po' alla buona fede di quel tipo, non quando il suo obiettivo era ballare con la sfigata a cui aveva dedicato la canzone.Ed ecco l'ennesimo dramma sentimentale del giorno. «E tu adesso rimedi al danno che hai fatto.»Il suo tono non ammetteva repliche. Un semplice incantesimo avrebbe risolto il problema, ma voleva che fosse lui a scomodarsi per la stronzata che aveva fatto. Aveva qualcosa da dire anche alla bella addormentata nel bosco. «Tu, ragazzina, ti muovi a fare una scelta.»La spronò, guardandola dall'alto in basso. Non rientrava per niente nei suoi gusti, meglio così, non rischiava di scoparsi le stesse tipe di suo fratello. La serata era appena cominciata e già si era rotto il cazzo, voleva starsene per i fatti suoi evitando quel deficiente dell'Harris minore, ma come al solito era andato da lui perché, in un modo o nell'altro, riusciva sempre ad urtargli il sistema nervoso.



    Citata Rose. Vede la sua amata camicia sporcarsi, la prende per mano e si dirige verso l'allegro trio. Interagisce con Mike, Mars e Grace facendo il simpy come al solito v.v
     
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    Poco raccomandabile? Non si era mai posto il problema. Quando aveva preso la decisione di invitarla a quell’evento mondano, Mike, non si era posto minimamente la domanda: cosa penserà di me? Questo a causa del suo alto livello di sicurezza in sé stesso. La sua mente non era stata sfiorata, neanche lontanamente, dall’ipotesi che la Grifondoro, avrebbe anche potuto declinare la sua proposta in favore di qualcun altro ed, osservandola più da vicino, i corteggiatori non potevano mancarle. Detto ciò, effettivamente, non era un tipo ordinario e, molte madri, lo avrebbero bocciato come eventuale compagno di vita per le proprie figlie. Un riccio nelle mutande, insomma. Uno qualunque che non avrebbe avuto vita facile, in un futuro quando e se nella sua vita fosse entrata qualche anima pia in grado di riportarlo sulla retta via (?). Sospirò e dopo lo scivolone gigante sulla femminilità della sua accompagnatrice, si ripromise di non aprire bocca senza aver contato, almeno, fino a dieci. Certo, non era sua intenzione offenderla ma quel che aveva potuto notare, sul campo da quidditch, si discostava completamente da ciò che, quella sera, si era palesato davanti ai suoi occhi. Errare era pur sempre umano ma perseverare? Da idioti. Per questo glissò, lasciando cadere il discorso nel nulla cosmico e tirando avanti, dritto, come se nulla fosse successo, contando di poterle dimostrare –di lì a poco- le buone intenzioni nei suoi riguardi.
    Quando Harry lo denigrò platealmente, Mike, non fece altro che allungargli un sorriso, accompagnato da una pacca sulla spalla. Davvero ridicolo il suo modo di porsi, soprattutto quando, al suo fianco, si trovava una giovane donzella elegante come la Tassorosso che, con sua grande dispiacere, aveva accettato quella farsa. No. Harry non era tipo da relazioni e, nonostante non sentiva il bisogno di entrare nel merito della questione, il minore dei fratelli Harris, pregava che dopo quella sera, la Saint-Clement, si rendesse conto di essersi affiancata a un coglione ambulante, senza un briciolo di onore. “Il lupo perde il pelo ma non il vizio, cugino caro!” Già. ”Sempre pronto a denigrare gli altri, senza guardare prima il proprio orticello. Chissà se prima o poi guarirai da questa malattia!” Lo sussurrò appena, evitando orecchie indiscrete. Sì, i panni sporchi si lavavano pur sempre in casa e, con suo grande rammarico, seppur marginalmente, il suo interlocutore faceva parte della sua linea di sangue. Tutte le sfighe. Fortunatamente, quella sera, la sua attenzione era rapita da ben altro soggetto, più succulento e meritevole. “Per una volta, mio cugino, ha ragione.” Se non fosse stato per lei, probabilmente, si sarebbe dovuto scontrare con una realtà molto diversa da quella che stava vivendo, fatta di dolore, sofferenza e sangue versato a favore di chissà quale causa. Insomma, ringraziava il cielo di essere lì a bere e a mangiare e, anche se non totalmente spensierato, proiettato a sensazioni tipiche di un adolescente comune. Osservò le dame, scambiarsi i solito convenevoli.
    Finalmente la pagliacciata terminò e il suo rivale, fino a quel momento, fu allontanato. Il resto? Beh, tutto troppo in fretta per comprenderne la vera essenza. Grace si era fermata, improvvisamente e, con aria interrogativa, la vide passare in rassegna i presenti. Un chiaro segno che stesse cercando qualcuno tra la folla. Ondeggiava al ritmo di quella musica infernale, incitandolo ad unirsi a lei e a ragazzini urlanti. No. Non era il suo modo di fare, certamente. Rimase lì in piedi, fermo, attendendo che quel delirio terminasse ma, da uomo, senza interferire con il divertimento altrui. Rapita. Non aveva ben chiaro di chi fosse la colpa se della canzone o di colui che ne era l’artefice ma, nella sua testa, qualche cosa gli suggeriva che c’era una non so che di sbagliato in tutto ciò. Quando riprese la parola, la Johnson, sembrò risvegliarsi da quell’intenso turbinio di chissà cosa. La prese tra le braccia e dopo averle sussurrato la pura verità, riportò il glaciale sguardo sul suo viso, tuffandosi nei suoi occhi caldi ed espressivi. Alzò la mano destra e andò ad accarezzarle una guancia, così, teneramente, come mai prima di quel momento aveva fatto con una ragazza. Gli piaceva, nonostante non sapesse molto di lei, le vibrazioni positive che riusciva ad inviare, lo facevano sentire a proprio agio, senza fare chissà poi che cosa di così eccezionale. Aveva bisogno di quello. Di una semplicità naturale. Si abbassò e, con un gesto fugace andò a sfiorarle l’angolo delle labbra con le sue, senza, però, andare oltre. Non in quel momento. “Scusami. Non ho resistito.” Era pur sempre un signore e non l’avrebbe forzata in qualche cosa che non partiva da dentro.
    Si allontanò appena, il giusto, per osservare la sua espressione, probabilmente stupita da quell’azzardo. Prima che potesse dire altro, però, qualcuno, senza essere stato invitato, si unì alla compagnia e, non solo, ebbe la sfacciataggine di versargli una sostanza contenuta nel suo dannato bicchiere addosso. Ed eccolo lì. In tutto il suo splendore da egocentrico bastardo. Il tipo che, poco prima, aveva palesemente puntato con il suo fottuto indice, la sua accompagnatrice. “Un tentativo alquanto banale di sabotaggio, non credi?.” Disse, mentre tirava fuori dalla tasca dei pantaloni un fazzoletto, utile per tamponare la chiazza venutasi a creare sulla camicia del fratello. ”… sono un cazzo di disastro.” Si stava auto commiserando per tentare di mascherare la sua condotta messa in atto, appositamente, contro la persona che, a quanto pareva, aveva avuto le palle di invitare colei che era, evidentemente, oggetto della sua attenzione. Pessimo. Come pessimo era stato il suo tempismo. “Potevi, di certo, inventarti di meglio.” Voleva fare il bullo con lui. Cazzo, il mondo gira al contrario? Di solito stava dall’altra parte della barricata. Come poteva essere successo tutto così, senza una reale spiegazione. “Oppure no.” Alluse. Forse la sua fantasia si fermava lì, incapace di andare al di là di ciò che era prevedibile anche da parte di un bambino di due anni. “Pessimo… aspetta, come ti chiami? Non mi sovviene!” L’aveva giusto incrociato una miriade di volte per i corridoi. Troppo poco per far parte dei suoi pensieri. ”Ti va di ballare, Johnson?” Un affronto non indifferente che, però, non lo riguardava. Aveva invitato Grace, l’aveva tenuta con sé fino a quel momento ma costringerla a rimanere contro la sua volontà, non rientrava nei suoi poteri e, soprattutto, gli premeva che si sentisse al sicuro con lui. Senza limiti e senza paletti che, appositamente, non aveva mai messo per quella serata. Rimase in silenzio. I suoi occhi si muovevano da Grace al tizio, fino a quando, con orrore si rese conto che qualcuno aveva intercettato la loro posizione, giungendogli alle spalle, da codardo che era.
    David.
    Porca troia! Quello stronzo l’aveva preso per l’orecchio, andando quasi a sfiorarlo con la sua lurida bocca. Michael si liberò da quella presa e fece un passo in avanti, allontanando Grace, per non rischiare che finisse in mezzo a quella che poteva, tranquillamente, trasformarsi in una rissa se il fratello non si fosse dato una cazzo di calmata. “La prossima volta ti spezzo una mano, David.” In fondo non si era fatto scrupoli in precedenza, cosa gli impediva di fermare la follia del fratello maggiore, anche con metodi poco ortodossi? Ascoltò le parole di David. Aveva l’aria irritata, più del dovuto. Si trattava solo di una stupida camicia che sarebbe potuta tornare linda con un semplice colpo di bacchetta ma lui no, sempre ad esasperare ogni fottuta situazione. “Respira, fratello. È una cazzo di camicia.” Ok, la sua preferita ma anche meno. “Tu, biondino. Fai contento mio fratello. Così la pianta con questa sceneggiata.” Intimò il musicista a fare il suo dovere, così che David potesse ritrovare un minimo di equilibrio e, forse, cambiare aria una volta per tutte lasciandoli in pace a fronteggiarsi. Ma no. Doveva prevederlo. L’Harris problematico, infatti, aveva compreso la natura del loro confronto e non perse l’occasione di rivolgersi anche a colei che, in tutto ciò, non centrava assolutamente nulla: Grace.
    ”Tu, ragazzina, ti muovi a fare una scelta.” Per un attimo la lucidità caratteristica di Mike, andò in frantumi. Con un passo veloce si portò davanti al fratello. Faccia a faccia. Così vicino da riuscire a sentire il suo fastidioso respiro sul suo volto. Gli occhi azzurri lo scrutavano. La mascella si era serrata. “Non ti rivolgere a lei in questo modo. Mai più.” Iniziò, senza mai muoversi dalla sua posizione. Il suo tono era calmo, pacato volto a non lasciar trasparire minimamente nessuna emozione, neanche negativa. “Lei è affar mio. E non ti permetto di minacciarla. Né stasera, né in futuro.” Anche se le cose tra di loro non fossero andate in porto. Pezzo di idiota. “Sono stato abbastanza chiaro?” Sapeva bene che Daivid non aveva paura di lui e che, anzi, avrebbe colto la palla al balzo per rendergli, ulteriormente, la vita impossibile ma sentiva di dover proteggere Grace da quello che, potenzialmente, si poteva rivelare altamente pericoloso. Aumentò la distanza dal fratello, assicurandosi di tenere Grace dietro di sé, in segno di tutela nei suoi confronti. Mike sapeva. Lui era a conoscenza di tutto. Solo lui poteva fronteggiarlo. Lui aveva subito e David? David era qualcuno da tenere alla larga.


    Interagito con Grace, Harry e Viole. Avvicinato pericolosamente a Grace e... vabbè u_u poi interagito con lo spliungone Mars ed, infine, minacciato David.
     
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    Halley Wheeler

    Quel biglietto anonimo, l’aveva destabilizzata non poco. Aveva passato i giorni a cercare di intuire il mittente e quando la sua mente, evidentemente malata, aveva tirato in ballo il nome di Kai, si era sentita completamente stupida. Non era di certo il tipo capace di cedere a quel tipo di convenzioni. D’altra parte, però, non aveva avuto nessun’altra idea geniale che sciogliesse quello stupido dubbio. Spinta dalla curiosità, quindi, decise di passare sopra a quel particolare e, mal che fosse andata, si sarebbe destreggiata tra una portata e l’altra di buon cibo preparato dai simpatici (?) elfi domestici. Una magra consolazione, vista la sua fissazione per la forma fisica, legata al quidditch. Piccola pazza. Vuoi goderti questa vita o vuoi invecchiare circondata da mille gatti? Idea allettante, visto e considerata la sua situazione sentimentale che poteva essere definita “tossica”. Si preparò e aiutò anche le altre nel farlo. Senza troppi complimenti. Classico. Si fermò per un attimo davanti allo specchio e ammirò la ragazza riflessa. Quasi non riusciva a credere di poter essere così femminile, ogni tanto, quando non indossava la divisa scolastica o l’uniforme della squadra. Un sorriso si disegnò tra i suoi lineamenti e, poco dopo, la sua attenzione fu catturata da Grace, intenta a sbracciarsi per farle comprendere che era giunto il tempo di lasciare il dormitorio, per recarsi in Sala Grande, dove si sarebbe tenuto l’evento in attesa del Natale.
    Insieme, uscirono dal ritratto. Stava per iniziare la solita solfa, sul prestare attenzione a qualsiasi cosa quando, una figura appoggiata al muro, catturò la sua attenzione e, subito dopo, andò incontro a loro. Michael Harris. Ma ditemi che è una presa per il culo. Le imprecazioni mentali della Grifondoro, trovarono la loro via d’uscita tramite l’espressione del suo viso che si fece, via via, più cupo. Doveva essere un incubo. Un altro. Grace aveva davvero accettato l’invito di quel tizio. Rimase lì, zitta, vittima della propria incredulità. ”Sorridi o ti vengono le rughe” Sì. E una fottuta ulcera. “A più tardi!” La osservò fino a quando svanì. Continuò in solitaria il suo tragitto verso la meta, domandandosi cosa frullasse nella mente della sua amica. Possibile che non fosse a conoscenza della fama della famiglia Harris? Non conosceva abbastanza Michel ma di certo aveva avuto a che fare con suo fratello, uscendone alquanto turbata. Sospirò e decise che, almeno per quella sera, le avrebbe dato il beneficio del dubbio.

    Le scalinate parvero infinite ma, finalmente, dopo qualche minuto, riuscì a raggiungere sana e salva quel luogo già in visibilio. Si avvicinò dubbiosa e si fermò sull’entrata, così da poter scorgere quel qualcuno che aveva avuto il coraggio di invitare una come lei. Wheeler. Si voltò di scatto ed ecco svelato l’arcano. Malachai Parker. Ditemi che è uno scherzo. Stava diventando una barzelletta. I loro incontri si stavano facendo frequenti ed, Halley, ancora non sapeva cosa pensare di tutto ciò. La baciava e lui scappava. La baciava e lei scappava. Un fottuto casino, ancora senza spiegazione. Cosa voleva dimostrare con quell’azione sconsiderata? Rimase a scrutarlo, con aria interrogativa, come per sottolineare i suoi dubbi. La frase le strappò un sorrisetto ironico. Aveva ragione, non tutti avrebbero accettato l’invito di uno sconosciuto ma Halley, fino a prova contraria, era pur sempre una dannata Grifondoro e il coraggio, di certo, non le mancava. “Potrei dire lo stesso di te. Hai avuto coraggio ad invitare proprio me.” Lo rimbeccò senza pensarci troppo su. I loro battibecchi, probabilmente, sarebbero passati alla storia. Che poteva dire? Che l’aveva immaginato. Effettivamente il dubbio le era venuto ma, in quel momento, si trovava tremendamente –e piacevolmente- sorpresa. Quel Kai, sembrava diverso da quello di tutti i giorni. Tirato a lucido, con aria più rilassata. Insomma, forse una possibilità la meritava. “Sì! Verrò alla festa con te.” Dopo l’incontro al campo da quidditch dove, ancora una volta, si era scontrata con la voglia di essere sua, non aveva trovato il tempo per un confronto decente. Avrebbe fatto finta che nulla fosse successo, come al solito, continuando a percorrere una strada che, forse, non li avrebbe condotti da nessuna parte. Una situazione in stallo. “Andiamo!” Lo spirito di iniziativa la portava a condurre, come se fosse lei l’uomo. Insieme fecero la loro entrata e tra un saluto e l’altro, Halley, iniziò a sentirsi stretta in quelle vesti. “Ti mancavo così tanto da non riuscire a fare a meno di me?” Gli chiese, sgranando i grandi occhi verdi. Cosa voleva sentirsi dire? Neanche lei lo sapeva.
    A pochi passi da lei intravide Alexis e, alzando un braccio, cercò di farsi notare. “Ehi! Come sta andando? Dimmi che quella vestita da Babbo Natale non è Carrie!” Quella ragazzina, prima o poi, l’avrebbe fatta uscire di testa. La musica iniziò a pompare e il tizio sul palco, introdusse la serata. “Non trovi che sia bravo?” Chiese a Kai, prima che il gioco di luci ebbe inizio. I ragazzi ondeggiavano, spinti da quella melodia. Come dare torto.
    Quando la colonna luminosa si fermò, riuscì a scorgere la figura di Grace, a pochi passi da lei. Halley vide il Marshall scendere dal palco e raggiungere l’amica. Salutò Alexis e cercò di guadagnare terreno, in favore della Johnson. Le sue intenzioni non erano quelle di interferire con i suoi piani per la serata, ma con Harris, c’era davvero poco da dormire sonni sereni. Osservò una divertente scenetta da lontano. Il giovane Tassorosso, rovesciò la bevanda contenuta nel suo bicchiere, direttamente sulla camicia di Michael che, in apparenza, non si scompose più di tanto. Non lui, per lo meno. In pochi attimi, l’altro della stirpe si catapultò verso di loro, gesticolando animatamente prima in direzione del fratello e, dopo, non contento, anche con gli altri del gruppetto. “Vieni!” Prese per mano il suo accompagnatore e, senza pensarci due volte, giunse a loro. Si posizionò alle spalle di della compagna, in silenzio. Lasciando che le cose andassero per il loro verso ma pronta ad intervenire in caso di rissa, per parare il culo a quella piccola sconsiderata. Si trattenne ma alla fine, senza pensarci, una frase le scivolò via: “David! È possibile che tu sia sempre in mezzo alle grane?” Poteva chiamarla paladina di stocazzo quanto voleva ma, Halley, stava dicendo la pura e semplice verità. Ne aveva le prove.

    Interagito con Grace e Michael (indirettamente) una volta uscita dal ritratto. Arrivata in Sala Grande, trova Kai e interagisce con lui. una volta entrata, intergaisce con Alexis e fa i complimenti a Marshall (LOL). Infine nota divertita il siperaietto di Marshall e Michael ma si allarma quando vede avvicinarsi David e trascina Kai, prendendolo per mano (u.u) e alla fine, si porta nei pressi di Grace, pronta ad intervenire in caso di rissa, da brava mamy. Alla fine interagisce direttamente con Davide.
    Machera
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    Dicevamo.
    Grace era ancora confusa, interdetta da quanto era successo un attimo prima. Nelle orecchie ancora sentiva quel pezzo di strofa che andava a ripetersi all’infinito. Era una dedica quella di Marshall? E l’aveva fatta davvero e credendoci mentre le puntava il dito o era un semplice gesto che tutti i cantanti facevano? Grace, nelle live dei concerti, lo aveva visto fare milioni di miliardi di volte ma allo stesso tempo si era convinta che gli occhi blu del Tassorosso non mentissero che quello non fosse un gesto “tanto per” ma sentito. Era così? Ancora col cuore in subbuglio lasciò che fosse Michael a prendere in mano la situazione. Michael che, come un porto sicuro, l’avvolgeva con la sua presenza rimarcando invece quella che era la sua ferrea posizione e Grace pensò che dovesse stamparselo in testa: Michael l’aveva invitata perché lui voleva averla accanto quella sera ed era stato l’unico che, senza stupidi sotterfugi e/o doppi fini, aveva trovato il coraggio di farlo perché era interessato a lei. Non poté fare a meno di sorridere d’imbarazzo mentre il viso le si coloriva di rosso quando il ragazzo, serio, sottolineò nuovamente quando fosse bella quella sera. Istintivamente nascose il viso nella sua camicia ma fu il tocco delicato della sua mano a scostarla da essa sollevandole il mento. Michael le accarezzò la guancia e la Grifondoro si perse nell’intensità di quello sguardo di ghiaccio assolutamente assorto e... meravigliato(?) dal suo stesso tocco. Fu un momento catartico in cui d’improvviso anche la musica smise di arrivarle alle orecchie. Sentiva solo il battito forsennato del cuore che sembrava stesse per esploderle in petto quando il Serpeverde si chinò per baciarla ma non lo fece sulle labbra bensì all’angolo di esse mandando in tilt ogni suo pensiero razionale che confluì in un unico desiderio: di più. In quel momento avrebbe voluto che Michael si spingesse oltre e che la baciasse senza lasciarla così, sulle spine di quel desiderio. Rimase aggrappata alla sua camicia che si tirò leggermente quando si scostò. «Scusami. Non ho resistito.» E perché poi farlo? Ma non fece a tempo a replicare nulla poiché si sentì urtare perdendo leggermente l’equilibrio salvo poi riacquistarlo quando vide l’autore di quel colpo: Marshall. La camicia e la giacca di Michael erano cosparse del liquido zuccherino colorato e sulla faccia del Tassorosso si era stampata – quella che si sarebbe rivelata una finta – faccia mortificata. «Mars...» Il suo fu appena un sussurro a disagio mentre aggrottava di poco le sopracciglia, interrogativa, e scuotendo lievemente il capo con lo sguardo chiese al biondo cosa diamine stesse succedendo. Lo aveva davvero fatto di proposito come lo stava accusando il Serpeverde? Era palese fosse così ma per come lo conosceva la Grifondoro il biondo tatuato era migliore di così. «Mike calmati, lo sis...» Non riuscì nemmeno a concludere quelle parole poiché il ragazzo le venne letteralmente strappato di braccio. Un nuovo ragazzo alto e moro lo aveva afferrato per le orecchie apostrofandolo come “vermetto”. Che diavolo avevano tutti quella sera? Aveva desiderato una serata tranquilla, piacevole e si stava rivelando una montagna russa che oscillava tra i momenti belli, Mike, e quelli negativi di confusione come lo era questo nuovo tizio appena sopraggiunto. «Hei!» Protestò sentitamente provando enorme fastidio per quel ragazzo che si era messo in mezzo tra loro. Ma chi era poi? Che diamine voleva?! Michael reagì subito liberandosi di quella presa e come era fisiologico che fosse irritandosi ulteriormente per il trattamento e i modi dell’altro che scoprì essere niente poco di meno che il fratello. «Possiamo darci tutti una calmata per favore?» Intervenì la Grifondoro cercando di sfuggire alla presa del Serpeverde che ostinatamente continuava a frapporsi tra lei ed il fratello. «Ci sono i professori», ricordò loro guardandoli uno ad uno severa concludendo la sua occhiata all’accompagnatrice che il moro si era trascinato dietro. Non era una caposcuola? Ricordava vagamente che lo fosse anche se con quell’abito elegante e tirata a lucido anche lei per l’occasione faceva fatica a ricordarlo precisamente. La supplicò ugualmente con lo sguardo di dire qualcosa anche lei o di farla se fosse stata effettivamente una carica magari riportando quel pallone gonfiato pieno di sé da dove erano venuti. E forse era stato proprio il tono con la quale gli si era rivolta che doveva aver istigato il tipo contro di lei: «Tu, ragazzina, ti muovi a fare una scelta.» Ma che... ?! Michael fu più rapido scattando verso il fratello per difenderla. «Non ti rivolgere a lei in questo modo. Mai più.» Il suo tono era deciso quanto glaciale. «Lei è affar mio. E non ti permetto di minacciarla. Né stasera, né in futuro. Sono stato abbastanza chiaro?» Quelle parole, quella presa di posizione la scaldarono dentro stupendola per un tale coinvolgimento nonostante non si conoscessero se non di vista a lezione. Ne era... onorata! «Michael calmati per favore», lo afferrò per un braccio tirandolo via con tutte le sue forze poiché il modo in cui si stavano fronteggiando urlava pericolo da ogni poro. Cercò di farsi valere prendendo in mano la situazione. «Io ho un nome e non è ragazzina. Stampatelo in testa. È Grace», proseguì cercando di passare dinanzi al Serpeverde per affrontare direttamente il moro. Pensava di spaventarla? Si sbagliava di grosso, era pur sempre una figlia di Godric. «Seconda cosa questi a prescindere non sono affari tuoi e terzo, anche se non sono affari tuoi sappi che questa sera la passerò con tuo fratello dato che mi ha invitata!» Lo fronteggiò con ferocia prima di rivolgere un’occhiata meno infuriata allo stesso Marshall. In un altro momento avrebbe davvero apprezzato il suo invito, molto, magari se lo avesse fatto ad uno dei loro incontri quotidiani della merenda le cose sarebbero andate diversamente ma per quell’occasione Michael era arrivato prima perché aveva avuto interesse nel farlo cosa che lui, alla fine della fiera, non le aveva dimostrato prima di quella sera. Ora cosa poteva pretendere? Che mancasse di rispetto al suo cavaliere perché si era svegliato fuori in quel momento che la voleva? Solo perché l’aveva vista con un altro? Non lo avrebbe fatto, non a Michael e non a quel modo. «Mi dispiace», sentenziò ancora una volta rivolta al Tassorosso perdendo di tutta la furia e la decisione di cui l’altro l’aveva caricata. Abbassò lo sguardo, incapace di incrociare gli occhi di Marshall e retrocesse di un passo per tornare al fianco del Serpeverde alla quale strinse la mano. «A-andiamo via Michael. Andiamo a ripulirti. Per favore...» Dovevano allontanarsi da tutti quei fuochi o sarebbe finita in una rissa. Dio! Perché si sentiva così male?

    Interagito direttamente con Michael, Marshall, David e Rose. Citati i prof presenti.

    Rimane basita dal comportamento di Marshall che getta il drink addosso a Michael non potendo credere sia fatto di proposito. Cerca di tenere calmo Mike contro David e non accettando di rimanere la donzella in difficoltà lo fronteggia a sua volta "da piccola sconsiderata" quale che è. Risponde a tono a David - supplicando peraltro l'intervento di Rose - e chiarisce la sua posizione declinando l'invito di Mars a ballare (💔) in quanto quella sera è con Mike. Chiede a quest'ultimo di allontanarsi dall'occhio del ciclone.
     
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