Once Upon a DecemberBallo di Natale ─ ufficiale.

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    24/12 Christmas Eve Dinner

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    L'invito al tradizionale cenone natalizio, era stato inviato il primo di dicembre (tramite gufi e civette) a tutti coloro che dimoravano all'interno delle mura del Castello. Un paio di giorni più tardi, invece, venne collocato, nei pressi della bacheca scolastica un banchetto – presidiato da studenti volontari – presso il quale si poteva ufficializzare la partecipazione in coppia alla prima edizione del Ballo di Natale. Questo momento di convivialità, fortemente voluto dal Preside Edevane, si sarebbe svolto in Sala Grande che – per l'occasione – sarebbe stata arricchita da decori sontuosi. Le pareti della Sala, erano state ricoperte da un sottile strato di ghiaccio e riempite di ghirlande a tema le quali venivano illuminate da luci danzanti aventi colorazioni variopinte. Le quattro lunghe tavolate, appartenenti ciascuna ad una specifica casa, erano state sostituite da una moltitudine di tavoli in cristallo più piccoli, ciascuno dei quali era illuminato da luci argentee racchiuse all'interno di piccole riproduzioni di un differente luogo appartenente al complesso scolastico; ogni scultura in ghiaccio, era coronata dalle varie prelibatezze preparate (per il buffet natalizio) dagli elfi domestici, ciascuna delle quali faceva sempre riferimento al luogo rappresentato: nel campo da quidditch, ad esempio, si potevano ravvisare torte a forma di bolidi o pasticcini a forma di boccini; così come le bevande più gustose e misteriose (sicuramente non alcoliche) si sarebbero potute provare unicamente nel tavolo avente raffigurata l'aula di pozioni.
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    Ogni tavolo era un luogo da scoprire e da gustare insomma, e chissà se sarebbe schioccato qualche romantico bacio?! Già, poiché oltre alla schiera di tavoli erano state erette una serie di colonne di ghiaccio (rafforzate dalla magia), le quali avrebbero dato origine ad un intimo porticato decorato da ramificazioni di vischio pronti a fiorire ad ogni calda dimostrazione d'affetto. Ciò che sarebbe saltato maggiormente all'occhio di tutti, tuttavia, sarebbe stato il trio di abeti decorati con sfarzo alle spalle della lunga tavolata dei docenti, di fronte ai quali l'ampia pista da ballo avrebbe atteso pazientemente il concludersi del cenone onde accogliere tutte le coppie iscrittesi per l'occasione. Parlando di danze, poteva forse mancare la prestigiosa orchestra di Hogwarts? Ovviamente no! Per far sì che tutti potessero godersi la serata, i musicisti erano stati suddivisi a fasce orarie, cosi che tutti potessero sia cenare che (magari) chiedere la mano alla propria damigella.



    Ciao a tutti!! Eccoci alla role di Natale!! ON game è ambientato Sabato 24 Dicembre. OFF game avrà inizio in questo istante, con tempo massimo di conclusione post in data 15 Gennaio 2023 (compreso).

    Sono ammessi tutti coloro che studiano e/o lavorano ad Hogwarts, mentre l'accesso ai normali maghi adulti sarà precluso.
    Non ci sono alcolici ai tavoli, ma siete liberi di provare a introdurne e volendo mischiarli nelle bevande già presenti, questo se e solo se sarete poi pronti a giocarvi possibili conseguenze!! Ci si dovrà vestire OBBLIGATORIAMENTE con qualcosa di rosso (sia esso un capo o un accessorio) e sarà NECESSARIA una maschera per l'entrata. Come descritto ad inizio post, tutti gli abitanti del castello sono stati avvisati di tale ballo nelle settimane precedenti, con tutte le specifiche del caso e l'obbligo di partecipazione, essendo questo un evento simile al banchetto di inizio/fine anno (ON gdr se non volete portare un pg sarà come se ci fosse ma solo da png).

    Il tema è chiaramente quello natalizio, quindi decorazioni varie saranno tutte incentrate su tale tema, a voi spaziare con la fantasia. In fondo alla Sala Grande, lateralmente rispetto la pista da ballo, si troverà un piccolo palco dal quale verrà prodotta musica dal vivo con stragrande maggioranza di brani lenti e classici, ma mai dire mai! Vi sarà inoltre possibile chiedere di suonare (sempre se il vostro pg ne sia notoriamente in grado) durante uno dei tre turni fissati. A differenza degli altri eventi, non ci sarà un solo premio in palio: in accordo con lo staff, tutti gli studenti riceveranno (al termine dell'evento) un regalo di Natale. Questo per favorire non solo il divertimento, ma anche la condivisione di un momento di pace da tutto.

    Detto ciò, chiariamo che sarà necessario avere un accompagnatore per presenziare, così come non sarà per nulla obbligatorio danzare: vivetevi semplicemente il momento assieme agli altri giocatori. Cibi e bevande non nasconderanno effetti strani a questo giro, quindi tranquilli...consumateli pure!

    Ed ora le regole base. La presente è una role multipla pertanto È OBBLIGATORIO concludere il post con uno spoiler in cui citerete la vostra maschera, le persone con le quali avrete interagito e un breve riassunto delle azioni compiute, così da dare modo velocemente a tutti di capire cosa stia succedendo loro attorno.

    BUON DIVERTIMENTO!



    L'idea della role e la gestione della stessa sono a cura di Andréas il quale ringraziamo per l'impegno!


    Edited by Dragonov - 13/7/2023, 02:01
     
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    Carrie Marshall, o forse no

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    mood: HO-HO-HO!

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    Non avevo mai partecipato a un ballo. Cioè, uno in piena regola, con abiti eleganti e tutto il resto. Roba da Cenerentola. E io al massimo ero il giullare di corte. I matrimoni li odiavo, ma ero certa che non avrebbe avuto nulla a che fare con quelli. In più non sapevo come funzionasse, per i maghi: sarebbe stato un ballo alla Cinderella’s Story con qualche tocco di magia, o un gran caos magico con solo qualche tocco del ballo di Cinderella’s Story? Maghi e streghe avevano modi di ballare particolare? Tipo le danze mistiche delle streghe di Salem nelle foreste, con cerchi di fuoco e strani simboli dall’aria satanica? O magari amavano i musical come le tre sorelle Sanderson di Hocus Pocus, e sarebbe stato più spettacolare di un concerto di Avril Lavigne. Che dire, ero curiosa a bestia, e la curiosità superava il dramma di dover trovare un vestito che potesse risultare adeguato: il mio stile, in generale, non era “adeguato” a nessuna occasione in particolare… mi vestivo un po’ come mi pareva, presa dall’ispirazione del giorno; amavo le bancarelle dell’usato, dove si potevano trovare elementi di vestiario strambi, colorati e alternativi, ancora meglio se con qualche tocco vintage. Il come univo il tutto a volte – spesso – aveva dell’indecente, ma a me piaceva apparire diversa dagli altri, per quanto dire che avessi uno “stile” non lo trovassi esattamente azzeccato. Con i soldi racimolati con il lavoretto dei week end, avrei potuto prendere qualcosa di carino, se solo nulla mi convincesse, o al contrario mi convinceva troppo, e in quel caso decisamente non era il caso di optare per quello.
    Presa dalla più totale disperazione, avevo chiesto a Grace di aiutarmi: lei certamente avrebbe fatto un buon lavoro; il modo in cui si vestiva era sempre impeccabile, e al limite avrei potuto additare lei se non fosse piaciuto alla mia partner per quella sera.
    Ah, sì. La mia partner. Era Alexis. Sì, scioccante, vero? O forse no, se lo aspettavano tutti, visto il nostro rapporto ambiguo. Beh, io no, per la verità: non mi aspettavo di essere invitata proprio da nessuno. Già mi vedevo a imbucarmi di nascosto, oppure a costringere Jaemin a farmi un invito formale per andarci con lui: avere un migliore amico maschio aveva i suoi gran pregi. Cioè, perché io non lo avevo mica capito che si potesse andare anche in coppie dello stesso sesso: non lo avevo mai sentito. Però hey, tanto meglio! Se non fosse che avevo fatto la parte della ragazzina tramutata in pomodoro maturo, crogiolandomi nella gioia scaturita da quel biglietto tanto originale da parte della mia concasata e compagna di dormitorio: era stato addirittura… romantico. Cioè, non che credevo fosse una situazione realmente romantica… no? Giusto? Eravamo amiche, ci andavamo da amiche, che cosa avevate pensato? Io, cioè, credo. Diciamo che non glielo avevo chiesto. Le avevo semplicemente informata di aver trovato il bigliettino – lo avrei trovato per forza, visto che mi ero ritrovata nel bel mezzo di una caccia al tesoro interessantissima, ma soprattutto che quei bigliettini incantati mi avrebbero rotto l’anima inseguendomi pure al cesso, o picchiandomi la testa mentre dormivo, finché non avrei risolto l’enigma – e che era stata una gran sorpresa, complimentandomi per l’idea. E le avevo detto sì, insomma: potevo mai dire di no? Non solo perché non avrei potuto chiedere partner migliore, in termini di affinità e bellezza, ma che un no non lo avrebbe proprio accettato. E tutto quell’impegno, quella pretesa, infondo mi faceva uno strano effetto. Mi rendeva febbrile. Mi eccitava, okay?! L’ho detto. Basta. Almeno con voi non posso negarlo.

    Il vestito, alla fine, fu scelto, accolto da una bella arricciata di naso da parte della sottoscritta, testa piegata di lato ad ammirare quell’esempio sartoriale di femminilità ed eleganza. In pratica cose che non mi appartenevano affatto, e a mio dire avrebbero stonato completamente con la mia persona; poco contava se Halley mi avesse riempito la testa di quelle onde piatte bellissime, arricchite da una corona di fiori dorati che mi circondavano il capo da una parte all’altra, la piccola doccia di "polvere di stelle” che avrebbe fatto invidia a una Winx tra capelli, braccia e décolleté. Perché, sì, avevo un décolleté: io. Cose da pazzi, ragazzi, ma chi me lo ha fatto fare?!
    Certo ero curiosa di cosa la Pierce avrebbe indossato: una persona particolare come lei, avrebbe scelto qualcosa di altrettanto particolare
    … ma non quanto il modo in cui mi sarei presentata quella sera.
    La mia incredibile mise da Anna Hathaway in “Pretty Princess” dopo il grande glow up, infatti, era nascosta perfettamente da un travestimento che avrebbe fatto rabbrividire qualsiasi principe azzurro. Qualsiasi principe di qualsiasi colore, per la verità.
    Siete curiosi? Lo so, lo so.
    Il fatto è che non potevo mica evitare di sfruttare il fatto che lavorassi in un negozio di scherzi. E poi, che diamine di maschera si sarebbe dovuta indossare, altrimenti? Non ne avevo la minima idea. Dunque la mia scelta mi parve perfetta: almeno avrebbe bilanciato la femminilità di ciò che stava sotto.

    Mi feci largo tra la folla di studenti vestiti ad hoc, con una camminata sprigionante lo stesso charme di quella della protagonista in “Jennifer’s Body”, con tanto di mano che andava a scompigliare la chioma mossa da un vento quasi sovrannaturale: una chioma bianca, ricca, vagamente riccioluta. Accompagnata da una folta barba. E da un largo cappello rosso con tanto di estremità pelosa finale, simile a una palla di neve.
    Ero Babba Natala, bitches! Un sogno che si avvera.
    Tutti, al mio passaggio, mi fissavano con occhi sgranati e avvicinavano le labbra all’orecchio del vicino per fare spetteguless.
    Il mio travestimento risultava particolarmente impeccabile grazie alla magia che ci stava dietro: si dia il caso, infatti, che al negozio, nelle ultime settimane, sia stata costretta a cambiare uniforme di lavoro, passando da marinaretta raccapricciante ad altrettanto raccapricciante simpatica aiutante di Babbo Natale, con tanto di orecchie da elfo appuntite (la faccia che facevano i goblin quando mi vedevano era esilarante: probabilmente desideravano la mia morte ardentemente, o più quella dell’intero popolo di maghi, tanto per cambiare) sotto a un imbarazzante cappellino verde; per la verità non so quale mise fosse peggio. Però almeno cambiavo un pochino! Ma qui stiamo divagando, torniamo nel focus: era arrivata la collezione di Natale, al negozio, e non era meno spettacolare delle solite: sfere di neve che, una volta agitate, creavano all’interno un’offesa diversa; schiaccianoci che, anziché schiacciare le noci, erano fissati con le dita e ti inseguivano ovunque per tranciartele con un morso, e tanto altro. Ma la cosa più bella in assoluto, erano i vestiti da Babbo Natale: indossando quella sorta di vestaglia, un pancione finto sbucava improvvisamente facendo la sua porca figura; indossando la barba munita di elastico, invece, i tuoi tratti diventavano improvvisamente quelli di un vecchio paffuto pieno di rughe e dall’aria gioviale. Bastava unire il capellino abbinato che, stretto il pon pon, diceva “Ho! Ho! Ho!” e un paio di scarponcini neri, e il gioco era fatto.
    Certo, rimaneva il problema della voce: ma per quello bastavano le caramelline natalizie, a forma di fiocco di neve, “Merry Christmas”, che ti regalavano una perfetta voce da Babbo Natale.
    Quando mi avvicinai al bancone d’ingresso, però, davanti alla bacheca della scuola, mi resi conto che, ancora una volta, la dipendente era stata bluffata dal negozio stesso, e fu con un’acuta vocina da elfo del Polo Nord drogato di elio che dissi: – Carrie Marshall, in coppia con Alexis Pierce, che arriverà a breve – la informai munita del sorriso caldo di un vecchio benefattore. La ragazza che stava al di là del bancone mi fissava con occhi sgranati, così mi schiarì la voce e mi avvicinai a lei con l’aria di chi nascondeva un grande segreto, manco fossi James Bond in incognito, e mi abbassai quanto bastava la lunga barba in modo da mostrare i miei normali tratti – che di anormale avevano solo il trucco che mio malgrado dovetti indossare, anch’esso, per l’occasione – e le feci un occhiolino da intenditori; quella, riconoscendomi ufficialmente, alzò gli occhi al cielo e aprì un braccio come per dire: “entra, avanti, prima che ci ripensi!”.
    Fu così con un balletto baldanzoso che entrai nella grande sala, rimanendo a bocca aperta.

    Carrie arriva travestita da Babbo Natale, dà il suo nome ed entra, per il momento senza la compagnia di Alexis, a cui vuole fare un gran scherzone; plausibilmente tutti la adocchieranno straniti, poiché è impossibile non notarla, e la magia rende i suoi tratti somatici e il suo pancione molto realistici, per cui se avete sempre sognato di parlare con Babbo Natale, per oggi potrete farlo muahahahah.



     
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    LOKI NORMAN – 16 ANNI – SERPEVERDE (IV)

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    Stesso posto, stesso smoking, stessa camicia, stessa cravatta. Addirittura: stessa maschera. Quella dannata maschera di merda che credeva avrebbe potuto incenerire quella notte di inizio estate, e che invece gli tocca indossare per la seconda volta. Cazzo. Tutto non fa che preannunciare una delle peggiori serate di sempre. Infatti, sebbene il boccone amaro sia stato ingoiato e ormai abbondantemente digerito mesi fa, ricorda ancora piuttosto vividamente la sensazione di inadeguatezza provata allora, e questa si aggiunge al già terribile umore del ragazzetto alle prese con l’imminente rituale di passaggio che prima o poi tutti dovranno affrontare, ma che per lui è arrivato forse troppo presto. Questa notte, a mezzanotte, la sua Traccia si dissolverà nel nulla, lasciandolo, ora e per sempre, solo al mondo. Nudo e impreparato. Libero, certamente, senza nessuno a cui pagare il conto. Ma allo stesso tempo, senza nessuno che possa anticiparlo per lui, parandogli le spalle nel caso in cui si lasciasse sfuggire qualche strafalcione da perfetto inesperto del mondo. E gli strafalcioni, ultimamente, abbondano; complice l’adolescenza con le sue reazioni chimiche esagerate che lo stanno ribaltando come se fosse un boxer nel ring e l’avversario, “peso massimo” esperto, fosse lanciato a furia contro di lui. Ci ha pensato molto negli ultimi giorni, e se inizialmente era riuscito a mettere in primo piano la prospettiva di potersi gestire la vita autonomamente, adesso che l’ora si sta inesorabilmente avvicinando, prova una sola, schifosissima emozione: angoscia. No, non è esatto. Non è solo quella. Anche la solitudine, in cui sguazza da tempo immemore, sta facendo sentire il suo spettro in modo sempre più opprimente, premendogli il petto tanto da rendergli difficile respirare a fondo da qualche giorno.
    Pure la dama è la stessa dell’altra volta, comunque. Ma questo aspetto della questione non lo turba affatto. Al contrario, si è dimostrato subito collaborativo nei suoi confronti, assecondando le sue volontà e acconsentendo di stare alle regole del gioco. Così sfoggia nel taschino destro della giacca un fazzoletto rosso, necessario per il dress code della festa. Generalmente non si sarebbe impegnato a soddisfare questa richiesta, come neanche quella della maschera, però da bravo galantuomo, quale non è, ci sta mettendo il suo per non arrecare danno alla Caposcuola Corvonero, colei che sta aspettando appena oltre l’ingresso della Sala Grande. D’accordo, non sarà il più ben vestito del Ballo, la maschera è una di quelle semplici che contornano gli occhi, nera, come tutto il resto dei suoi abiti ad eccezione del fazzoletto, però tutto sommato è a posto. Sobrio, anonimo, come sempre. Anche perché non è un esperto di moda e non avrebbe saputo modificare quegli indumenti in modo più adeguato di quanto già non risultino ai suoi occhi. D’altro canto nemmeno gli dispiace passare inosservato. Anzi, è proprio ciò cui solitamente aspira, potendo così osservare, dal suo angolo privilegiato, la vita degli altri scorrergli davanti, così come la sua, sempre uguale, ma quantomeno non più ricoperta di merda e sangue.
    E’ in anticipo, perciò si sistema nei pressi dell’uscio dopo averlo varcato, a pochi centimetri dalla parete che ospita lo stipite destro del portone di quercia, lasciando che lo sguardo si alterni fra i nuovi arrivi e le persone già presenti nella sala. Le iridi vengono attirate principalmente da due tipi di avventori: quelli più appariscenti, e le sue conoscenze più strette, su cui indugia più a lungo, ponendosi domande alle quali non potrà mai ricevere una risposta. E tant’è. Non è tipo da impicciarsi degli affari altrui. Babbo Natale, invece, lo trova una scelta discutibile per l’ambiente, ma che personalmente apprezza. Forse è stato chiamato qualcuno per intrattenere i più piccoli e dare loro la speranza di poter esprimere un desiderio che magari, un giorno, col sudore della loro stessa fronte, potranno avverare. A lui, ovviamente, non è mai stato concesso nemmeno il lusso di sperare, alla loro età. E se potesse farlo ora, beh, saprebbe per certo che ciò cui ambisce lui è del tutto irrealizzabile. Una famiglia. Hugo di nuovo al suo fianco. Sogni di un bambino che, fra poche ore, dovrà lasciare indietro. Per l’ultima volta.

    Arriva pieno di drammi interiori e si piazza all’interno della Sala Grande, di fianco all’ingresso sulla destra. Aspetta Skylee e fissa più o meno tutti, soprattutto Babbo Natale (Carrie)


    Edited by Justapoint - 10/12/2022, 20:03
     
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    «Dici che è troppo?» domandai ad Halley, osservando la mia immagine riflessa allo specchio. La Wheeler si era offerta di occuparsi del trucco ed io, che generalmente mettevo solo un po' di mascara o di eyeliner all'occorrenza, non avevo opposto resistenza. Per fortuna, pensai, visto il risultato. «Grazie capitano» la punzecchiai, aprendo un grosso sorriso soddisfatto, poi passai agli accessori: qualche immancabile anello e una catenina con un ciondolo a forma di lucchetto che - come l'abito - avevo affittato in un neozietto di Hogsmeade. Era stata Grace ad accompagnarmici e, alla fine, ne eravamo uscite con un completo rosso niente male.
    Lisciai ancora una volta il mio blazer, cercando di capire se non fosse meglio coprire la bralette nera che traspariva e, quando Halley mi fece notare che non mi restava che cercare Carrie, distolsi lo sguardo dal mio riflesso e annuii, improvvisamente nervosa. «Giusto, Carrie.» ripetei, rendendomi conto solo in quel momento che non ci eravamo incrociate nemmeno una volta, quella sera. Che fosse scappata? Magari si era sentita costretta ad accettare, ma alla prima occasione se l'era data a gambe. Poteva davvero aver cambiato idea? «Vado a vedere dove si è cacciata. Vi aspetto giù.» informai le altre, prima di allontanarmi.
    Scesi così un milione di scale, ringraziando mentalmente me stessa per aver deciso di non rinunciare ad un elemento imprescindibile del mio outfit, ossia le mie Vans Sk8-Hi (senza le quali sarei arrivata a destinazione morta, o sicuramente con qualche osso fratturato) e mi diressi al banchetto posto davanti alla bacheca della scuola per palesare la mia presenza. «Alexis Pierce, terzo anno.» feci, guardandomi intorno nervosamente, mentre la funzionaria messa lì per assicurarti che noi studenti ci fossimo tutti scorreva il dito lungo una lista di almeno un paio di centinaia di nomi. Quando quella riconobbe il mio nome, annuì e mi invitò ad entrare in Sala Grande. «Non è che potrebbe dirmi se Carrie Marshall è già arrivata?» provai, beccandomi un'occhiataccia da parte della donna che, solo all'ultimo, mi fece cenno di andare. Non riuscii a decifrare la sua espressione, ma mi parve di vederci sorpresa e sconcerto allo stesso tempo. Convinta che il motivo risiedesse nel fatto che fossimo una coppia di ragazze, aggrottai la fronte e scossi il capo. Assurdo che nel 2022 bisognasse ancora dare spiegazioni riguardanti la propria sessualità. «Grazie lo stesso» abbaiai, stizzita, prima di oltrepassare l'enorme ingresso della Sala Grande.
    Quello che mi ritrovai ad osservare, una volta dentro, fu un vero spettacolo mozzafiato: la vecchia Sala era interamente ricoperta di ghiaccio, i tavoli erano spariti per far spazio ad un'enorme pista da ballo e al loro posto erano stati sistemati alcuni tavoli di cristallo sparsi sui quali non mancavano leccornie di ogni tipo. Tre grossi abeti addobbati per l'occasione occupavano il fondo della stanza e il soffitto era stato incantanto perché desse l'impressione che cadesse una neve leggera, quasi impercettibile. «Wow...» mi ritrovai a dire, addentrandomi tra la folla, mentre il mio sguardo veniva catturato da una presenza piuttosto buffa che era impossibile non notare. Sì, perché in mezzo agli studenti, un babbo natale parecchio simile all'originale andava in giro molestando gli studenti con il suo caratteristico Ho-Ho-Ho Buon Natale. Rimasi a fissarlo per minuti interi, senza rendermi conto di quanto quella scena mi facesse ridere. Anche i maghi avevano il loro Santa Klaus?
    Alexis interagisce con Halley e con le compagne di stanza insieme alle quali si prepara per l'occasione. Poi scende in Sala Grande, dove intravede un Babbo Natale tra la folla e finisce per osservarlo divertita.

    Indossa un completo gessato rosso, e per la fretta si è dimenticata la maschera (?)
     
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    Che fantastica idea del cazzo, Mike!” La convinzione di aver compiuto un passo falso, continuava a martellargli in testa. Quella sua debolezza l’avrebbe pagata da lì all’eternità, probabilmente ma, in fondo, dopo tutto lo sforzo che aveva fatto per riuscire ad ambientarsi lì dentro, lo portava a pensare che presenziare a uno degli eventi sociali, sarebbe stata la cosa migliore per mascherare il suo essere schifosamente dispotico. Se ne stava disteso a letto mentre, dall’altra parte della stanza il fratello scemo e Parker si davano da fare con i preparativi per la serata. Tutti in tiro, tutti così splendenti e irriconoscibili. Pronti a tentare di portarsi a letto le povere malcapitate che, quella sera, avrebbero condiviso il magico momento con loro. Due povere sfigate, senza dubbio. Sbuffò e si girò su un fianco. La sua strategia confidava nel fatto che i compagni sarebbero usciti in anticipo, così da lasciargli abbastanza tempo per tirarsi a lucido, in totale solitudine, così da evitare scomode domande alle quali non avrebbe mai voluto rispondere. Così fece. Rimase immobile, lasciando credere che, quella sera, sarebbe rimasto lì, balzando l’evento e aspettando l’indomani, tra le braccia di Morfeo. La porta si chiuse, senza neanche un saluto e, subito dopo, Mike si portò a sedere, stiracchiandosi le braccia. Raggiunse l’armadio e ne estrasse il completo che aveva, rigorosamente, scelto per l’evento in questione –con la stupida maschera annessa-. Il rosso, porca troia. Mi fa pure cagare. Sapeva che quel dettaglio sarebbe stato necessario e, con molta fatica, aveva accettato di vedersi addosso quella dannata camicia –gentilmente rubata offerta dal fratello, grazie ai suoi gusti di merda- rossa. Sistemò al meglio il colletto e dopo aver infilato un paio di pantaloni neri di jeans, abbastanza eleganti, acchiappò al volo la sua giacca di pelle rimasta inutilizzata per troppo tempo. Passò una mano tra i capelli, spettinandoli al punto giusto ed, infine, dopo aver decretato che tutto fosse al suo posto, si lasciò alle spalle il dormitorio, facendo attenzione a non incrociare sguardi indiscreti che avrebbero potuto rovinare il suo piano. Sì. Qualche giorno prima, infatti, durante una delle tante obbligatorie sessioni di studio, il suo sguardo glaciale, aveva indugiato su un volto femminile che, senza un vero perché, era riuscito a catturare la sua attenzione. Si era preso tempo e, dopo aver calcolato pro e contro, si era deciso a fare un passo più lungo della gamba e, così, utilizzando la scusa dell’evento di Natale, l’aveva invitata a presenziare in sua compagnia così da approfondire un’eventuale conoscenza che sarebbe potuta nascere. Quel castello era pieno di bei culi, certo, ma le brave ragazze lo attizzavano molto di più delle sfacciate e lei sembrava proprio il tipo capace di accendergli la passione tipica di coloro che possedevano il gene della licantropia. Non si era fatto problemi quando, prepotentemente, si era intromesso nella discussione con l’amica e, alla fine aveva ottenuto ciò che voleva: il suo dannato appuntamento.
    Ed eccolo lì. Splendente come un raggio di sole. Nessuno si sarebbe aspettato una sua partecipazione ma, in fin dei conti, si era evitato giorni e giorni di domande inutili sulla sua accompagnatrice della quale, tra l’altro, sapeva ben poco. Percorse la perfetta penombra dei sotterranei e, con passo tranquillo, raggiunse la superficie. Si respirava profumo di festa e, grazie a Merlino, la folla riuscì a nasconderlo per bene, permettendogli di raggiungere la meta che si era prefissato fin dal principio, improvvisandosi galantuomo che non era affatto. Salì le scalinate fino a raggiungere il settimo piano e, contro voglia, fece un appena accennato cenno del capo alla Signora Grassa, il ritratto che nascondeva la Sala Comune dei Grifondoro. Minuti interminabili, costellati da mille ripensamenti e dubbi che la ragazza in questione, avrebbe, all’ultimo cambiato idea, prediligendo la compagnia di un Tassorosso sicuramente più stabile mentalmente di lui. Sarebbe stata furba, senza dubbio. Nessuno avrebbe voluto lui come ipotetico compagno e, infatti, era certo che avesse accattato solo per la sua fisicità ma non di certo per il suo carattere tutt’altro che docile. Si era ripromesso di comportarsi bene e di non cercare di uccidere David. Era pur sempre Natale, i buoni propositi potevano considerarsi quasi d’obbligo, no?
    Pochi istanti e da dietro il dipinto fecero capolino due ragazze. Sgranò gli occhi e rimase impressionato dalla bellezza della giovane donna. Porca troia. Sentiva lo sguardo dell’altra addosso, come se volesse affondargli un coltello nella giugulare da un momento all’altro. Percepiva un certo livello di astio ma, d’altro canto, di quella cretina non gli importava un cazzo di niente. Non era lei il suo bersaglio. “Avevi capito bene!” Iniziò con tono pacato. “Ma ero certo che avresti apprezzato!” Tirò un sorriso, nonostante la fatica in quei comportamenti normali. Le offrì il braccio e, con stizza, si rivolse all’altra ragazza che, nel frattempo aveva riconosciuto. “Sei sollevata dal tuo incarico, mi prenderò cura io di lei, da ora!” Quella mocciosa doveva essere l’amichetta di giochi di Kai, il suo compagno che da bravo coglione, non stava nella pelle a causa del suo desiderio di infilarsi nella sua camera dei segret. Attese che la Wheeler si levasse dai coglioni e, poi, finalmente, rivolse gli occhi azzurrini alla sua dama: “Sei bellissima! Non te l’ha mai detto nessuno?” Cazzo se ho bisogno di un po’ di erba. Non era abituato a tutte quelle smancerie, piuttosto gli riusciva meglio calarsi le braghe e fare ciò che ogni uomo sa fare meglio ma non era il caso. No, il contesto lo vedeva come una persona normale, in grado di controllare i suoi impulsi e a ribellarsi alla sua natura, finché avrebbe potuto. “Ti ringrazio di aver accettato il mio invito. Ero convinto che la tua amica avesse la meglio, persuadenti ad evitare un tipo come me.” Sicuramente, la stronza, ci aveva provato. Raggiunsero la Sala Grande e fecero il loro ingresso. Finalmente poteva palesarsi, senza troppi problemi. Non aveva paura del giudizio altrui anzi, al contrario, aveva solo paura che, da un momento all’altro, esplodesse la sua rabbia e, quello avrebbe dato inizio a uno scenario non propriamente consono a una serata volta a festeggiare il Natale.


    Micheal aspetta che i due compagni siano fuori dalle palle e inizia a prepararsi. Una volta fatto esce dal dormitorio e si reca a prendere la sua dama proprio davanti alla Sala Comune Grifondoro. Una volta prelevata intereagisce con lei e con Halley, liquidandola e invitandola poco gentilamente a levarsi dalle palle. Poi raggiungono la Sala Grande, chiacchierando allegramente.


    Edited by Harris Jr. - 14/12/2022, 23:31
     
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    Grace non aveva più voglia di andare al ballo era questa la verità. Nonostante agli occhi delle compagne e di tutta la casa mostrasse entusiasmo, vitalità, persino proattività tanto da proporre alla Pierce d’accompagnarla a scegliere l’abito, la verità che mostrava davvero quando era sola, chiusa nel bagno della stanza, era un’altra. Lei sarebbe voluta andare a quel ballo e quando non pensava era davvero piena d’entusiasmo ma quell’entusiasmo era presto scemato lasciandola con l’amaro boccone da dover digerire. Come una stupida aveva sperato quando ancora nemmeno era conscia d’averlo fatto ma quando il Serpeverde aveva pronunciato quelle fatidiche parole l’aspettativa era improvvisamente schizzata alle stelle salvo poi precipitare in una completa picchiata. Le aveva in qualche modo spezzato il cuore e poi, con il passare dei giorni, analizzando il ricordo da più angolazioni in compagnia con sé stessa non aveva fatto altro che rincarare la dose odiandosi da sola per il carico emotivo che vi aveva buttato su, per l’aspettativa che aveva messo poi, chiaramente non sufficientemente soddisfatta, nell’aspettarsi comunque un gesto da parte del ragazzo. Ancora una volta si era trovata a sperare che lui, finalmente conscio del suo comportamento, andasse da lei a scusarsi e la invitasse come avrebbe voluto: scegliendola davvero. I fatti però erano andati diversamente e lei si era dovuta presto convincere che tutte quelle cose che aveva interpretato nei pochi gesti e parole di cortesia fossero unicamente fantasia o il suo modo di essere gentile. Ma perché, si chiedeva lei, prendersi la briga di assumere tutte quelle informazioni allora? “Perché sei una stupida ingenua!” La risposta tremendamente ovvia. Poi c’era stato un secondo momento, rapido così come era giunto, era stato un lieve momento di titubanza nelle parole, nel discorso, qualcosa che le aveva riacceso la fiammella della speranza e invece, nemmeno in quell’occasione era arrivata la proposta e Grace aveva dovuto fare i conti con l’idea che forse nell’immaginario maschile non era una ragazza papabile per essere invitata ad un ballo. Diamine giocare a quidditch la rendeva così tanto un maschiaccio?! Però alle sue amiche non era andata così male... La Wheeler, per esempio, adduceva d’aver ricevuto un invito anonimo e lei – pazza! – aveva accettato a scatola chiusa. Poi una proposta era arrivata e l’aveva lasciata pressoché di stucco dato che l’autore era forse l’ultima persona al mondo che avrebbe mai pensato la calcolasse e lei facesse altrettanto: Michael Harris. Il ragazzo era un Serpeverde – sempre loro, eh? – del suo stesso anno di studi che in biblioteca, durante l’ora di studio, era andato a sedersi di prepotenza, scansando Halley dal suo fianco, per sussurrare all’orecchio della Johnson l’invito. Grace era rimasta di stucco e con un certo imbarazzo aveva finito per accettare mentre il ragazzo le scoccava un occhiolino nonostante il vicepreside lo stesse trascinando per un orecchio.
    Ora era lì, sempre in bagno, il muso lungo mentre cercava di tirare una riga d’eyeliner – cosa parecchio impegnativa per lei – pregando che il risultato fosse quantomeno armonioso se chiedere simmetria fosse troppo. «Arrivo! Arrivo! Stavo facendo pipì», mentì fissando la sua immagine riflessa prendere una grossa boccata d’aria per soffiarla fuori. Uscì quindi dal bagno coperta solo dell’intimo e dirigendosi verso il letto andò ad infilarsi il tubino nero privo di spalline. «E Lexi?» Domandò sistemando il vestito e le sue pieghe – Dio quanto era attillato! – e si infilò la maschera al gomito. «Oooow che impazienti», replicò alla Wheeler quando ella la mise a parte della fuga dell’altra. Sottobraccio, quindi, per sostenersi a vicenda durante la discesa degli infiniti piani che sarebbe spettata loro con i tacchi, la Johnson sferro un ennesimo attacco. Era curiosa. Halley aveva sostenuto tutto il tempo il discorso dell’invito segreto ma la Grifondoro non voleva crederci: «dai! Siamo io e te. Non fare la preziosa Hal, anticipamelo. Tu lo sai chi è il mio!» Protestò all’ennesimo silenzio dell’altra. Si chiusero la porta alle spalle: «oddio Hal, e se fosse uno scherzo? E se non si presentasse?» L’ansia cominciò a salire. La paura, indicativamente, sarebbe potuta essere valida per entrambe: la Johnson era pur sempre stata invitata da un Serpeverde e che tra la sua casa e quella dell’altro non corresse buon sangue era fatto assai noto mentre la Wheeler addirittura a scatola chiusa. «Devo vomitare», sentenziò prima che la Signora Grassa spalancasse l’ingresso. Quando la porta si aprì le due Grifondoro non fecero a tempo a compiere un passo che una voce le accolse.
    «Michael!» In carne ed ossa, il luminoso sorriso smagliante. «Avevo capito di trovarci da basso...» Lasciò che il ragazzo la prendesse sottobraccio mentre lanciava occhiate eloquenti alla concasata. «Stai molto bene», le guance presero colore. Forse la serata non sarebbe andata così male!

    Interagito principalmente con Halley, con la quale si finisce di preparare in stanza e citate le sue compagne. Fuori dall'ingresso di Grifondoro trova il suo cavaliere ad attenderla, Michael Harris.

    - abito
    - maschera


    Edited by Dragonov - 22/12/2022, 23:52
     
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    Diamond Rain Scamander

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    19 anni - III anno
    mood: Infastidita

    Ahhhhhhh, dolce vendetta. Nel suo antro tetro, Rain, per giorni, aveva atteso uno straccio di invito da parte di Will, il Tassorosso con il quale aveva avuto un incontro ravvicinato nel mese di luglio. Un pomeriggio davvero degno di nota che aveva aperto, nella rossa, una veduta differente, convincendosi che qualcuno potesse andare oltre le apparenze e provare un reale interesse nei suoi confronti, senza ridurla a un mero pezzo di carne succulento da addentare alla prima occasione utile. Il tempo era trascorso, inesorabile, senza, però, portare buone nuove da parte del biondino che, al contrario, pareva essersi chiuso in un silenzio che, a parer suo, non lasciava spazio a dubbi. La realtà le era stata sbattuta in faccia, così, senza pietà, lasciandola stranita. Se da un lato aveva un buon ricordo del giovane Singh, dall’altro non riusciva a capacitarsi come, in tutti quei mesi, avesse potuto mantenere le distanze da lei, tanto da neanche invitarla a un evento a coppie. Stupida idiota. Probabilmente si starà sbattendo qualche Tassa dall’aria stralunata. Niente di più facile, in fin dei conti e, a dirla tutta, forse avrebbe dovuto fare lo stesso, così da gettare nel dimenticatoio colui che aveva percorso la strada dell’indifferenza. Fanculo!
    Si era mossa, dunque, di conseguenza, giocando d’astuzia e mettendo in campo quello che poteva essere una strategia per comprendere la vera natura delle attenzioni che le erano state riservate a tempo debito. Così, dopo una breve consultazione con le amiche, la Scamander, uscì dal suo guscio –fatto della ferma convinzione che l’uomo avrebbe dovuto sbattersi per invitare la sua bella ad un appuntamento- e si apprestò a mandare un gufinvinto, nientepopodimeno, a Marcel Anhalt-Dessau, uno dei ragazzi più sexy dell’intera Hogwarts. Senza troppi giri di parole lo aveva esortato ad unirsi a lei e, fortunatamente, la risposta affermativa giunse a destinazione, accompagnata da uno stupore collettivo da parte delle sue compagne di stanza, scettiche per via del fatto che i due si erano giusto incrociati a lezione, senza mai avere un contatto diretto che li legasse in qualche modo. Dettagli insignificanti.

    Il ventiquattro dicembre giunse, finalmente, così da porre fine a quei giorni caotici, caratterizzati da improbabili inviti e ormoni in subbuglio. La Serpe, munita di tacco dodici, rigorosamente rosso fuoco, camminava su e giù per la stanza. Nonostante fosse abituata a quel tipo di eventi, mancava dal giro da troppo tempo per vantare la somma tranquillità che l’aveva sempre contraddistinta quando, in compagnia dei genitori, si trovava immersa in elevate dosi di galateo e discorsi che superavano il suo limite di tollerabilità. Insomma, la bambina educata e reverenziale, aveva lasciato spazio a una ragazza terra a terra, incapace di sostenere sermoni privi di senso e, quindi, fuori luogo. Certo, una serata al castello, non aveva a che fare con cene di gala, volte a derubare gente ignara dei suoi averi. Insomma, cosa poteva andare storto? Non si trattava di malavitosi.
    Posizionò la sua figura davanti allo specchio, ammirando l’outfit scelto per l’occasione. Niente di complicato o impegnativo ma, in fin dei conti, sapeva che non sarebbe passata inosservata neanche volendo. Un velo di tristezza scese nei suoi occhi castani quando, improvvisamente, un ricordo le balenò in testa. Doveva avere cinque o sei anni e, in compagnia della sua famiglia naturale, aveva avuto il piacere di presenziare a un evento di Natale, per una raccolta fondi. Aveva ballato e vissuto quella serata come una bambina normale, circondata dall’amore e dalla spensieratezza tipica di quella tenera età. La stessa bambina che, qualche tempo dopo, si era ritrovata totalmente sola ad affrontare avversità che mai e poi mai avrebbe immaginato. Sbuffò sonoramente e si pettinò i capelli come Merlino comandava. Non lasciò nulla al caso e, con un colpo di reni, chiuse il cassetto dal quale aveva prelevato la maschera che avrebbe utilizzato –anche se ancora non aveva capito cosa ci azzeccasse con quel tipo di occasione-. “So già che sarà una serata di merda!” Affermò mentre si voltava verso Reina, l’unica delle sue compagne rimaste a Hogwarts per il periodo Natalizio. Certo, Daphne era partita per chissà quale avventura ma, alla fine, da lei non si aspettava niente di diverso. La perfettina Prefetta, aveva qualcuno in grado di amarla, al contrario di loro due che, nella vita, erano state abituate a cavarsela con le proprie forze. Roteò gli occhi e immagino come avrebbe potuto prendere la visione di Will in compagnia di un’altra ragazza. Non bene, ovvio ma, allo stesso tempo, provava un certo grado di felicità per essersi assicurata Marcel al suo fianco. Chiusa una porta, si apriva un portone.
    “Sei pronta?” Chiese alla Scott e, insieme, lasciarono il dormitorio, immergendosi nel caos della Sala Comune. “Ci vediamo più tardi!” Non aveva fatto molte domande, non le andava di ficcare il naso sul chi potesse essere il suo accompagnatore. Aveva altro per la testa e, infatti, proseguì il suo cammino da sola, diretta dove si sarebbe consumato il pasto e il seguente ballo –almeno, così le sembrava di aver capito-.
    Non le ci volle molto per raggiunse la Sala Grande. Le coppiette erano già presenti. Si guardò in giro, così da riuscire ad intercettare visi familiari ma niente. Si intrufolò tra la folla e, finalmente, intravide la Pierce. Un volto amico. “Ehi. Sei davvero bellissima!” Non l’aveva mai vista sotto quell’aspetto ma doveva ammettere che si trattava davvero di una bella ragazza. “Stai aspettando la tua dolce metà?” Chiese. Non aveva la benché minima idea di chi potesse essere la sua conquista ma, probabilmente, l’avrebbe scoperto di lì a poco.
    “Oh, è arrivato!” Alzò la mano per segnalare la sua posizione. Marcel, un ragazzo che, oggettivamente, avrebbe fatto sesso a chiunque, si muoveva verso di lei. “Buonasera, tesoro.” Lo salutò con quella confidenza che, diciamocelo, se l’era presa con la forza e, così da non farsi mancare nulla, si allungò per schiaffargli un bacio sulla guancia. Che si poteva fare? Rain era stata disegnata così, in tutta la sua splendida sfacciataggine che, forse, non tutti avrebbero apprezzato a pieno. Specialmente una persona.




    Interagito con Reina in stanza (PNG) una volta arrivata in Sala Grande, interagisce con Alexis e poi con Marcel al quale da un bacino sulla guancia <3 tiè!
    Vestito
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    Skylee Metis

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    Il natale era ormai quasi giunto e prima di passare un estenuante giornata assieme alla mia tutt'altro che adorabile famiglia potevo godermi un po' di meritata pace. Quella sera si sarebbe tenuto il ballo invernale di Hogwarts e io non avevo la benché minima intenzione do perdermelo. Per sopperire alla mancanza di Axel avevo deciso di andarci con una persona che ritenevo amica e fortunatamente tale persona si era lasciata infine convincere, dopo svariate suppliche, ad accompagnarmi. L'ultima volta che eravamo andati a un ballo assieme non era andata poi così bene, il ragazzo, per un motivo che non avevamo mai chiarito, aveva bagnato generosamente il mio abito che era divenuto semitrasparente lasciando intravvedere le mie natica a mezzo castello. Era stato imbarazzate, dannatamente imbarazzante ma alla fine la mia fuga dal tendone della festa aveva fatto sì che Axel mi seguisse e complice l'atmosfera della serata o chissà quale altro fattore eravamo finiti per legarci in una sorta di relazione amorosa e beh, di questo probabilmente dovevo in parte ringraziare Loki, visto che senza la sua soda rovesciata sul mio vestito forse nulla di tutto quello sarebbe mai avvenuto. Per questo è altri motivi avevo deciso che sarebbe stato carino andarci assieme, in fin dei conti per svariati mesi ci eravamo un po' persi e sapevo bene che la colpa di tale allontanamento era da attribuite unicamente a me, ero stata troppo occupata ad affrontare la questione "mannaro", che tutt'ora non ero stata in grado di risolvere, per poter vivermi serenamente un rapporto di amicizia, ero stata troppo distratta per rendermi conto che Loki aveva fatto un passo in dietro per paura che ce l'avessi con lui, ero rimasta addirittura stranita quando mi aveva infine rivelato tale timore perché io non ce l'avevo minimamente con lui e se non mi ero più fatta sentire era solo perché ero un idiota troppo abituata a non avere quasi nessun rapporto di amicizia per poterli sviluppare al meglio.
    Decisi che per il ballo di quella sera avrei riciclato la maschera da volpe bianca del ballo precedente, ma per evitare che spiacevoli incidenti potessero capitare ancora un volta optai per cambiare il vestito scegliendone uno decisamente meno trasparente del precedente. Era color ghiaccio e oltre a un profondo spacco all'altezza della gamba sinistra presentava svariati ricami argento che richiamavano elementi astronomici, quali stelle, costellazioni, pianeti e altro disegni simili. Ai piedi non potevano mancare i miei fedeli stivaletti in pelle che, nonostante fosse quello un eventi formale, preferivo di gran lunga rispetto ai tacchi che ero solita portare solo quando alle svariate feste erano presenti i miei parenti o persone che potessero avvertirli della mia imperfetta eleganza, ma quella sera nessuna di quelle persone era presente al ballo, il che significava che ero libera di essere me stessa. Recuperai la maschera dal fondo del mio baule e me la misi in volto legando il nastrino bianco dietro la nuca, applicai poi un leggero strato di rossetto rosso sulle labbra e soddisfatta abbandonai il dormitorio dei Corvonero per raggiungere la sala grande. Zampettai allegra giù per le scale stando ben attenta a non prestarmi da sola il vestito e solo quando mi ritrovai a pochi passi dalla meta feci un respiro profondo. Gli anni precedenti avevo passato il natale in compagnia di quelle che un tempo definivo le mie sorelle ed era stato bello, bellissimo anzi, per la prima volta avevo sentito di avere una famiglia ma come tutte le cose belle pure quella era destinata a non durare, difatti ora con quelle sorelle acquisite che tanto amavo non avevo più uno straccio di contatto, Vanja nemmeno sapevo più dove fosse e ancora una volta ero rimasta sola. Non sarei sicuramente tornata a casa per le feste, avrei stretto i denti per sopportare la compagnia dei Métis il giorno seguente, ma poi avrei fatto ritorno al castello di Hogwarts per passare lì i restanti giorni di festa, almeno in quel posto non sarei rimasta totalmente da sola e seppure non si poteva dire il più gioioso degli scenari, era almeno un compromesso accettabile. «Mio cavaliere» Sussurrai scherzosamente alla volta del Serpeverde mentre mi piegavo in una leggera riverenza altrettanto scherzosa. «Mi fa questo onore?» Domandai porgendogli divertita il braccio per addentrarci nel vivo della festa. «Regola numero un: col cazzo che ballo. Se qualcuno provasse a trascinarmi in pista placcalo per me, per favore...»Pigolai seriosa muovendo su e giù il viso per fargli capire che gli sarei stata seriamente grata qualora avesse fatto quanto richiesto in caso di emergenza. Non detestavo ballare, ma era meglio per tutti se non tentavo di farlo per l'ennesima volta. «Uhh, guarda che carino il tavolo delle pozioni, andiamo a vederlo più da vicino?» Esclamai entusiasta trascinandolo di qualche passo verso la postazione da me indicata. Sembrava nascondere fra i suoi addobbi svariate bevande e non potei fare a meno di scoppiare a ridere per poi rivolgere una sguardo diffidente alla volta del Serpeverde. «A questo giro vorrei mantenere invariata la trasparenza del mio abito, grazie...» Affermai scoppiando nuovamente a ridere con aria divertia.

    ★ ★ ★
    Caposcuola Corvonero | Scheda | Mailbox | Pensatoio

    Maschera indossata - Abito uguale a quello in foto - Accesorio rosso: Rossetto.
    È arrivata alla festa e dopo aver raggiunto Justapoint gli a chiesto di andare a vedere il tavolino dedicato a Pozioni per bere qualcosa.
     
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    Mars Carter-Johnson

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    Eccitato. Si, Mars era eccitato da giorni e non si risparmiava di coinvolgere tutti gli studenti che avevano a che fare con lui nella sua pazzia. Non gli importava che si trovasse in Sala Comune, in aula o magari tra i corridoi del castello, il tassorosso tamburellava bacchette su ogni superficie, teneva il tempo col piede mentre seguiva le lezioni e andava incontro ai suoi concasati passando loro un microfono invisibile invitandoli a cantare con lui pezzi di canzoni che loro non conoscevano affatto. Insomma, Mars nell'ultima settimana era diventato un vero e proprio tornado pronto a travolgere tutti quelli così folli da avvicinarsi a lui.
    Qual'era il motivo di tutto quel fermento? Beh, sarebbe bastato entrare in camera sua per scoprirlo: il pavimento era ricoperto di fogli contenenti testi di canzoni, spartiti in chiave di violino erano riversati ovunque, senza contare che una chitarra elettrica rosa acceso continuava a comparire e scomparire da quella camera dove - Mars sembrava averlo dimenticato - dormiva anche un altro studente, il povero Will Singh che - da buon strimpellatore di chitarra - aveva deciso di non ostacolare il Carter-Johnson, ma di condividere insieme a lui la sua stessa follia.
    «Cazzo, ancora non ci credo che mi esibirò con la mia band. Quante probabilità c'erano che il vice-preside desse di matto?» disse Mars appena uscito dalla doccia, liberandosi dell'asciugamano che aveva in vita per infilarsi l'abito che avrebbe indossato per l'occasione, il quale prevedeva una giacca e un paio di pantaloni, persino delle scarpe, ma sarebbero stati i suoi tatuaggi a fargli da maglietta. Dopo essersi specchiato brevemente, senza nemmeno sistemarsi i capelli, si infilò un paio dei suoi anelli dalle forme stravaganti, una collana dalle grandi perle e, linguaccia allo specchio, si sentì abbastanza pronto per uscire. «Singh mi raccomando ti voglio vedere limonare questa sera, niente scuse. Puoi anche dedicare qualcosa alla tua accompagnatrice, basta farmi un cenno. A proposito, chi ci porti al ballo? Vabbé, facciamo che lo scoprirò direttamente in pista.» ammiccò il biondo, senza nemmeno aspettare che il compagno di stanza rispondesse. Il Carter-Johnson era troppo elettrizzato per attendere anche solo un minuto in più. «A dopo bello.»
    Plettri in tasca, il tassorosso si precipitò per le scale e, una volta arrivato al piano terra, si infilò in Sala Grande, facendosi spazio tra la folla, senza guardare nessuno in particolare. Raggiunse il retro del palco e finalmente trovò il suo batterista (gasato come lui, se non di più) col quale si scambiò una stretta di mano e una spallata a mò di saluto. Insieme, tra una chiacchiera e l'altra, attesero che l'orchestra della scuola suonasse i primi lenti, dando il via a quella magnifica serata. Nel frattempo, un Mars sempre più inquieto e con una perfetta visuale sull'ingresso della Sala Grande, intravide quella che riconobbe essere Grace Johnson - con un abito che già dalla distanza gli parve mozzafiato - insieme al suo accompagnatore. Mars non avrebbe mai detto che alla Johnson piacessero gli stronzi, ma la casata del ragazzo non lo scoraggiò, anzi. Fu proprio a seguito di quella vista che il tassorosso si avvicinò al suo batterista e gli sussurrò qualcosa, cambiando all'ultimo momento i piani di quelli che sarebbero stati i brani eseguiti sul palco quella sera.
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    Quando l'orchestra ebbe finito di annoiare gli studenti, Mars fece un cenno al batterista e, chitarra in spalla, diede un paio di colpi sulle assi che costituivano il pavimento del palco per informare i musicisti dell'imminente cambio, le luci si spensero lasciando la Sala Grande nel buio più completo per non più di 10 secondi, i necessari a svuotare il palco e a montare, grazie un ad un semplice movimento del polso e di bacchetta, la scenografia seguente: una fila di armadietti fucsia che ricordavano una high school babbana era stata posta in mezzo al palco, al suo fianco vi era il batterista e proprio davanti a quei pochi elementi appariva un microfono. E fu proprio da uno di quegli armadietti che un Mars armato di chitarra sbucò, quando le luci tornarono ad illuminare la folla confusa di studenti. Senza perdere tempo, il tasso si accostò al microfono e cominciò a fare quello che sapeva fare meglio: cantare. I primi brani Bloody Valentine e My ex's best friend servirono da biglietto da visita per tutti quei nati babbani che già lo conoscevano, ma anche per presentarsi a tutti i maghi purosangue che non avevano idea di chi lui fosse. Mentre suonava e cantava quel primo pezzo, Mars era preso da una carica di adrenalina impossibile da non notare: tra brevi riff e sorrisi alla folla, saltellava da una parte all'altra senza sosta. Perso nella sua musica e tornato sul palco dopo diversi mesi, il tassorosso si sentiva finalmente a casa.
    Dopo le prime canzoni, il Carter-Johnson si concesse di attirare l'attenzione degli studenti. Il suo intento però riguardava una studentessa in particolare. «Oh, oh, oh, buonasera popolo di Hogwarts!» disse imitando il vocione di babbo natale, col sorriso sulle labbra e voltandosi verso il batterista con sguardo complice. «Che ne dite di fare un po' di casino questa sera?» esortò gli studenti, senza mai smettere di arpeggiare una melodia che ben presto si trasformò nella nuova canzone. Fu durante quel brano che le luci cominciarono a illuminare zone diverse di pubblico, finché finalmente non la vide: Grace, ferma in mezzo alla folla, lo fissava come impietrita da quella scoperta. Mars, al contrario, aggrappato al microfono e felice di riuscire ad aver intercettato il suo sguardo la indicò, consapevole che solo lei avrebbe capito che il gesto non era casuale, e continuò a cantare:

    «Happiness is an illusion, I keep looking through/I don't need the world, maybe I just need you»



    Marshall Carter-Johnson, IV anno, Tassorosso.

    - Citato/interagito con: Will Singh, Grace Johnson e Mike Harris, un batterista png.

    Heello, dunque, scusate il post lunghino. Quello che c'è da sapere è che Marshall è un cantante piuttosto famoso tra i babbani, quindi se i vostri pg sono nati babbani, o mezzosangue, o hanno vissuto in paesi babbani dovrebbero conoscerlo anche solo di nome.

    In sintesi: Marshall a 'na certa fa smammare l'orchestra e non appena quelli lasciano il palco, le luci si spengono per una decina di secondi. Non appena si riaccenderanno, sul palco ci sarà una fila di armadietti (di quelli alla high school americana) fucsia dai quali spunterà Mars che comincia a suonare e dà il via ai suoi brani.

    Per chi volesse vedere coi suoi occhi le performance (per farsi un'idea di ciò che accade sul palco): click qui!

    :grullo:


    Edited by -mars - 5/1/2023, 10:34
     
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    Harry Barnes

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    17 anni - III anno
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    – Allora? Come sto? –
    – Impeccabile, signore, assolutamente impeccabile. –
    Continua. –
    – Magnifico, affascinante, imponente, chic… –
    – Ma soprattutto? –
    – Sensuale. –
    – Ben detto, amico mio. –

    I lembi del blazer nero pece in mano, dando piccoli colpetti al tessuto per assicurarsi che fosse steso al meglio, Harry rimirava lateralmente la sua alta figura nell’ampio specchio da pavimento di fianco al suo letto, trasferito direttamente dalla sua camera da letto di casa Barnes, un dono di sua madre al compimento dei suoi otto anni. La caratteristica che lo rendeva tanto apprezzato dal ragazzo, era la sua capacità di espressione tramite una lontana voce servizievole, come una eco, con un dizionario vario quanto le lodi possibili; Harry, che già amava l’atto di specchiarsi di suo, adorava fare incetta di complimenti gratuiti al solo fine di accrescere il suo ego infinito; non che ne avesse bisogno, in quanto, ormai, fosse praticamente impossibile da accrescere, avendo già toccato l’apice. E chi avrebbe potuto dire il contrario? Mentre osservava il suo completo “total black” formato, oltre che dal blazer, da pantaloni perfettamente stirati, dal tessuto raffinato, scarpe stringate lucidate all’inverosimile, e una camicia sbottonata il giusto, mettendo parzialmente in mostra i suoi pettorali senza ombra di pelo, che vedeva un’abbronzatura ancora lievemente percettibile; la mascella, leggermente scolpita, era come sempre completamente glabra, la pelle luminosa; la chioma castana era stata stata lasciata indomabile, per un tocco selvaggio; importanti gioielli agghindavano polsi e dita, un anello dorato particolarmente grosso a richiamare, su tutti, l’attenzione. In realtà non c’era poi troppa differenza col suo abbigliamento normale, essendo lui un damerino di natura che amava mettersi in mostra e sbandierare i propri averi, ma probabilmente molti, al castello, non lo avevano ancora visto in vesti simili, essendo costretto ad indossare quasi sempre la divisa scolastica. Una gran noia. Quelle occasioni, invece, tiravano fuori il meglio del suo lato estetico, oltre a movimentare la routine e, per questo, iniettargli un umore particolarmente positivo. Stava canticchiando un motivetto a bocca chiusa, persino, mentre il suo pensiero volava su quella che sarebbe stata la sua dolce dama per quella sera: Violette Saint-Clément, l’adorabile Tassorosso che aveva conosciuto da poco sul campo di Quidditch e che lo aveva colpito così tanto. Il motivo non era semplicemente l’aspetto fisico, non solo, almeno; aveva un’aria particolare, ai suoi occhi, non gli sembrava scontata, ed Harry amava le cose non scontate. Avevano il fascino esclusivo dei pezzi unici.

    Natale, comunque, non lo aveva mai fatto impazzire. L’unica cosa positiva erano i regali. Harry era abituato a riceverne molti. Incredibilmente, non gli dispiaceva neppure farli, almeno quelli diretti al genere femminile: scatenare una reazione positiva, di meraviglia e gratitudine, gli conferiva una certa soddisfazione. Per quel motivo, non si era certo fatto mancare un regalo per Violette, he consisteva in un elegante abito che, sottilmente, avrebbe voluto indossasse per l’occasione: un abito che non sarebbe di certo passato inosservato, perché la sua dama non era mica una come le altre, una fra tante. No, avrebbe brillato come una supernova; almeno per quella sera. Sperando lo avesse indossato.

    Prima di incontrarla, però, doveva fare una cosa.
    Attraversò l’ingresso della sala grande in solitaria, dando qualche spallata a bersagli casuali che intralciavano il suo cammino; c’era una calza assurda, in più non tutti sembravano aver ricordato d’indossare il deodorante; Harry pensava che fosse un peccato non poter bruciare viva la gente che lo meritava, perché con tutto quell’acido non avrebbero potuto che bruciare meglio.
    Si diresse defilato al tavolo con le bevande, guardandosi intorno con circospezione; quando ritenne fosse il momento giusto per agire, spostò rapidamente il lembo destro della giacca, facendosi “scudo” con quello da eventuali sguardi inopportuni, ed estraendo una fiaschetta d’argento, la versò all’interno di ogni bevanda di trovasse a disposizione. Quando la ebbe svuotata del tutto, alzò la lunga tovaglia e si infilò sotto il tavolo.
    – Sblinx, Sblinx! – chiamò, e un elfo dalla orecchie particolarmente grandi non si fece attendere dall’apparire.
    – Eccomi, signore. Di cosa ha bisogno? – l’elfo domestico di casa Barnes (uno dei tanti), che ora lavorava lì “in incognito”, si esibì in un profondo inchino nei confronti del mago.
    – Tieni, falla sparire. Ti chiamerò se ne avrò nuovamente bisogno. –
    – Sì, mio signore, certamente. – l’elfo schioccò le dita e sparì con la fiaschetta, e Harry riuscì dal suo nascondiglio lisciandosi il completo. Ora sì che la serata avrebbe potuto farsi interessante.

    Conclusa la propria missione – e senza avere la minima intenzione di fermarsi a ciò –, adocchiò un volto conosciuto che gli fece comparire in volto un sorriso ampio quanto quello dello Stregatto.
    – Michael! – si avvicinò a grandi falcate verso il cugino, le braccia aperte in un segno d’accoglienza, – Sei così tirato a lucido che quasi non ti riconoscevo. – mentì, solo per mettere in luce la possibilità che di solito fosse uno sciattone; – Mi sarei aspettato che tornassi a casa, per Natale. È stata questa bella fanciulla a trattenerti? – si chinò gentilmente verso la ragazza castana al suo fianco, prendendole una mano e avvicinandola alle proprie labbra, soffiandole un bacio sfiorando solamente la sua pelle. – È un piacere. Io sono Harry. – le fece un occhiolino ammiccante, ancora piegato verso la sua mano, per poi lasciarla andare alla vista di Violette.
    Alzò una mano per farsi notare, attendendo che quella si avvicinasse.
    – Violette, eccoti qua. Vorrei presentarti mio cugino Michael e la sua ragazza, la signorina… uhm…? – attese che la ragazza si presentasse a sua volta, per poi cingere il fianco della Tassorosso senza troppi complimenti. – Questa splendida creatura è Violette, di Tassorosso. Sono qui con lei – ci tenne a precisare, qualora non fosse già chiaro, stringendola a sé con una certa possessività.




    Manomesso le bevande.
    Interagito con Micheal Harris, Grace e Violette.


    Edited by Harry‚ - 17/12/2022, 02:09
     
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  11. Mikhail
     
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    Quella cinquina, malgrado non fosse riuscita a smuovere il mio volto, provocò nel mio animo una malsana eccitazione. Fu come se, con quel gesto (dovuto indubbiamente a motivi differenti dai miei), la ragazza avesse iniziato – inconsapevolmente – una partita a scacchi con il sottoscritto. Quel tocco, accarezzò il mio cuore, accendendolo malgrado fosse così gelido da rasentare lo zero assoluto. A differenza dei miei, i suoi sentimenti furono così cristallini che sarei riuscito tranquillamente a vederci attraverso, fino a scorgere i suoi pensieri; ciò nonostante, se pensava davvero d’essere difronte ad uno di quei principi azzurri descritti nelle favole, di quelli che (magari) s’inginocchiano pure o dicono tutte quelle mielose quanto stucchevoli frasi banalotte, solo per compiacere la ragazza che aveva davanti, beh…aveva sbagliato genere di persona. Solo una sciocca (o un’ingenua) si sarebbe aspettata una simile galanteria dal sottoscritto, specie dopo essermi stata accanto in più frangenti di tempo ed aver avuto modo di saggiare il mio carattere tagliente.
    I giorni, ad ogni modo, trascorsero come gocce d’acqua di un ruscello. Nei giorni seguenti all'uscita della notizia in bacheca, iniziai a ricevere diversi inviti da parte di ragazze facenti (quasi tutte) parte della mia piccola cerchia di sgherri. Decisi di accettare l’invito di una di quelle esterne alle mie conoscenze, sia perché di bell’aspetto e sia perché (magari) non mi avrebbe servito come tutte le altre.
    Pochi giorni prima della fantomatica serata in Sala Grande, elaborai diverse miscele sia a base d’alcol che a base d’oli essenziali: tra esse, ne avrei scelta poi una, andandola poi a utilizzare come profumo d’accompagnamento per la serata. M’incontrai con la ragazza che mi avrebbe accompagnato la sera del giorno successivo, facendole sentire tutte le essenze ideate, così da avere un suo parere su quale – delle tre – fosse la migliore e alla fine vinse quella avente spezie, rum e tabacco come note di test; iris, cuoio e tuberosa come note di cuore; infine fava tonka, legno di guaiaco e benzoino come note di base. Nel complesso, si trattava di una fragranza dai toni caldi e afrodisiaci, i quali avrebbero (quantomeno) attirato l’attenzione delle malcapitate che si sarebbero ritrovate nei pressi della sua scia.
    Trascorse un giorno e, con esso, il pomeriggio antecedente la Cena della Vigilia. Lune ed io, c’eravamo dati appuntamento ad una manciata di minuti prima dell’inizio dei festeggiamenti, nei pressi del quadro della Grande Natura Morta: l’accesso alla Sala Comune dei Tassorosso. Consapevole che sarebbe uscita a breve, aprii il flaconcino, per poi andare ad inumidire polsi e collo con il suo contenuto, così da essere pronto per il divertimento che mi avrebbe sicuramente regalato quell'evento. Non appena sbucò fuori, si avvicinò al collo mettendosi in punta di piedi, nel sorridermi con fare piacevolmente soddisfatto, unendosi poi a me verso l'entrata della Sala Grande. V'erano addobbi ovunque e la prima cosa che pensai fu un lampante "Che Schifo" che mi tenni – ovviamente – per me, per non spezzare l'atmosfera.
    Credo sia giunto il momento d'indossare le maschere.
    La tassina sciolse la presa sul mio braccio per il tempo necessario a collocare l'accessorio dorato col piumaggio nero sul viso, sistemandosi l'acconciatura con la bacchetta così che l'elastico si perdesse tra le lunghe chiome lisce, pioventi fin oltre le spalle. Allo stesso modo feci io, collocando la replica della maschera in avorio di Apollo sul volto, rendendomi cieco, sebbene il materiale fosse decisamente più leggero dell'originale. Attraverso i due fori lasciati per gli occhi, i due abissi iniziarono a sondare la zona circostante, abituandosi in pochi secondi a quella vista limitata dal volto divino che ora indossavo.
    Come sto?
    Una voce, quella di Lune, attirò la mia attenzione. Il mio volto si mosse di poco verso di lei, osservandola dall'alto verso il basso, facendo appena più attenzione alla maschera che aveva appena indossato.
    Sei davvero...graziosa, mia cara.
    Lei sorrise, senza (probabilmente) cogliere l'assenza di coinvolgimento in quel commento, probabilmente a causa della maschera che rendeva la mia voce appena comprensibile. Grazioso era il perfetto complimento una bambolina come lei...pareva essere stata realizzata da un geniale artigiano di bambole che, grazie all'uso della magia, riusciva a far loro dono del cosiddetto soffio vitale.
    Tu invece sei affascinante come quando non la indossi.
    Ridacchiai da sotto l'accessorio, malgrado fosse più un sogghigno che una vera e propria risata, tornandomene poi serio nell'alzare il gomito così che potesse aggrapparvisi. Uno affianco all'altro, iniziammo così a colmare gli ultimi metri che ci separavano dall'entrata, io con un sobrio outfit elegante, dalle tonalità prevalentemente chiare; leicon un vestito nero da serate di gala, con vari accessori in argento che le donavano un tocco di finezza senza pari. Le scarpe di entrambi erano nere ed eleganti, ma le sue montavano un tacco che l'avrebbero aiutata a colmare una manciata di centimetri, permettendole così di superare le mie spalle.


    Non appena entrammo, notai fin da subito lo sfarzo nonché la cura maniacale dei vari addobbi natalizi, ma la cosa mi lasciò impassibile almeno quanto la vista della Johnson accanto allo studente del II Anno della mia casa.
    Ti và di bere qualcòsa?
    Chiesi alla mia accompagnatrice, nell'esatto istante in cui passai alle spalle della grifondoro, in modo da attirare prima la sua attenzione con il riconoscibilissimo accento russo (malgrado fosse ovattato dalla maschera) e poi lasciarla con un pugno di mosche in mano, passando oltre in compagnia di Lune. L'unica cosa che le lasciai fu il ricordo di quel profumo ammaliante che si sarebbe disperso nel corso di pochi attimi.
    Certo, molto volentieri!
    Mi sarei così incamminato verso il tavolo che ritraeva le sponde del Lago Nero e la Rimessa delle Barche, ciascuna delle quali era riempita da un differente succo o bibita – rigorosamente analcolica.
    Tieni.
    Dissi a Lune allungandole una barca con all'interno quello che sembrava essere succo di melograno, mentre alzavo la maschera per poter bere io stesso il succo contenuto nella medesima barca che la stessa ragazza mi offrì.
    Estratto di Melograno, a quanto pare.
    Sorrisi con fare compiaciuto, volgendo poi i due abissi verso Grace nell'allargare di poco il sorriso che venne coperto qualche attimo più tardi con la maschera.
    Guarda, Mik: del vischio!
    Volsi il viso verso di lei, in silenzio, venendo poi trascinato verso il portico dalla tassorosso che, a quanto pare, aveva piani ben delineati da portare a compimento.



    Mik arriva accompagnato da Lune (PNG - Personaggio casuale), indossando questa maschera, nonché un profumo dalle tonalità afrodisiache. Passa alle spalle di Grace, chiedendole se voleva qualcosa da bere, ma se e quando la grifa si volterà noterà che non era rivolto a lei l'invito, venendo raggiunta dal profumo di Mik che - nel mentre si allontana. A che tavolo? Ovviamente ad uno molto familiare...
     
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    Marcel Anhalt-Dessau | III | Ravenclaw

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    Amelie mi ha detto una cosa interessante, ragazzo.” La voce gelò Marcel nel bel mezzo del corridoio.
    Ovviamente era lì, pronto a rimbeccarlo. Avrebbe dovuto intuirlo dalla porta socchiusa dello studio, quando mai Albert Von Nassau lasciava la porta del suo studio socchiusa? Quando stava aspettando il suo adorato figlioccio al varco, ecco quando.
    Davvero, cosa le ha detto, signore?” chiese seccato, aprendo le porte dello studio ed entrando, seguendo quello che era un copione noto a entrambi gli attori in scena.
    Albert lo aspettava seduto su una poltrona, quella centrale, la sua preferita, con in mano il solito bicchiere colmo di liquore ambrato. Tutto secondo copione.
    Stai andando ad un ballo in quella piccola scuola inglese, ti manca così tanto da volerci tornare anche durante le vacanze?” il suo tono apparentemente gentile era in realtà colmo di un veleno invisibile, ma a cui Marcel era ormai avvezzo.
    Ho ricevuto un invito, non credevo fosse un problema.” Ma non ebbe neanche il tempo di terminare la frase o aggiungere alcunché prima che Albert lo interrompesse con un gesto della mano, invitandolo – se di invito si poteva parlare – ad avvicinarsi a lui. Marcel obbedì senza esitare, conscio di non avere alcuna alternativa, soprattutto se non voleva passare il resto della serata nei sotterranei.
    Deve essere piuttosto importante per te, vedo che sei ben vestito.” L’uomo sorrise, un sorriso predatorio, mentre le sue mani si allungavano per rimuovere della polvere inesistente dalle spalle del ragazzo.
    Ora che era in piedi si trovava a torreggiare su Marcel, la sua presenza come un miasma venefico che accelerava il battito del giovane duca.
    Aprì la bocca per dire qualcosa, per negare forse, o per sfidarlo magari, ma tacque quando la mano dell’uomo piombo sul suo collo, piegandogli la testa di lato ed esponendo il suo collo pallido, levandogli appena il fiato.
    Sta fermo. Non farlo arrabbiare. Rimani buono e obbediente.
    Il naso dell’uomo si abbassò sul suo collo, il suo respiro tanto vicino da far accapponare la pelle di Marcel al solo passaggio di quel tocco fantasma.
    Puzzi come una puttana, come sempre. Di chi stai cercando l’attenzione, ragazzo?” mormorò l’uomo al suo orecchio, la sua mano che si faceva più stretta e crudele sulla sua gola.
    Di nessuno.” Rispose, restando immobile, gli occhi chiari colmi però di una rabbia figlia dell’umiliazione e dell’agitazione che il suo patrigno scatenava in lui.
    Moccioso bugiardo e impertinente.” Lo riprese l’uomo lasciandolo però andare al contempo, come un bambino che si disfa di una bambola ora divenuta noiosa.
    Posso andare ora, signore?” chiese, la voce leggermente roca e il volto in fiamme, i segni delle dita dell’uomo che già si formavano sulla sua pelle.
    Questi però non gli rivolse neanche un’occhiata, liquidandolo con un gesto della mano, ora più interessato al suo bicchiere che a Marcel.
    Il giovane Duca non attese di farselo ripetere due volte e si affrettò verso la porta, venendo però nuovamente gelato sull’uscio.
    Domani ti voglio di sotto, ragazzo. Sei diventato troppo arrogante lontano da me.

    ---


    Il ragazzo che emerse ad Hogwarts sembrava avere poco o nulla in comune con quello spaventato che era rimasto immobile sotto le mani del suo patrigno, l’unica cosa che davvero erano in comune erano i segni di dita sul collo, che pian piano si facevano sempre più scuri sotto il colletto inamidato della camicia e il papillon.
    Ma nessuno li avrebbe notati, no, osservandolo si sarebbe solo notato il taglio perfetto della sua giacca, dalle spalle ampie e dritte fino alle code della giacca da sera, passando per la camicia e il panciotto di seta.
    I gemelli d’oro massiccio avevano la forma di orsi rampanti, uno dei simboli dell’ordine cavalleresco di cui gran maestro e della sua casata.
    I medesimi orsi rampanti, molto più piccoli, erano incisi insieme al resto dello stemma della sua famiglia sul pesante anello massiccio che portava al dito.
    Sua sorella aveva provato ad insistere perché indossasse anche la fascia con le insegne al grido di “ti fa sembrare un principe, Marcel!” al che lui le aveva fatto notare due cose: la prima era che lui un principe lo era davvero (“Dettagli”) e la seconda era che sembrava un completo idiota con quella cosa (“Non è vero!”).
    Era anche solo un ballo scolastico quindi poteva risparmiarsi tutta quella roba ridicola.
    Non che ci fossero comunque dubbi sullo status economico di Marcel: i suoi abiti erano semplicemente perfetti e ovviamente costosi, fatti su misura per lui con i migliori tagli di stoffa, così come le scarpe in pelle italiane, mentre i pochi gioelli d’oro massiccio erano comunque sottilmente vistosi.
    Oltre a tutto ciò, ovviamente, portava anche come di dovere una maschera da uccello nera, ornata da piume di pelle e comprensiva di un becco.
    Tra le mani stringeva anche un piccolo omaggio floreale, una dozzina di perfette rose rosse dallo stelo lungo.
    Avvicinandosi alla sala grande non ebbe in effetti difficoltà ad individuare la destinataria di suddetto omaggio floreale, Rain era una fiamma rossa dalla testa ai piedi.
    Buonasera a te, tesoro.” Rispose con un sorrisetto divertito, inarcando appena un sopracciglio di fronte a quella pagliacciata.
    Si era chiesto, da che aveva ricevuto l’invito, più volte come mai la ragazza l’avesse chiesto a lui.
    Ovviamente sapeva di essere bello, non era cieco, ma il perché di quell’invito di punto in bianco gli sfuggiva.
    Ora invece un sospetto si faceva strada nella sua mente. E la cosa era estremamente divertente.
    Per te, mia cara. Un piccolo pensiero.” Disse porgendole i fiori con un sorriso galante “Sei splendida questa sera.” E lo era davvero, Marcel non poteva negare di aver accettato il suo invito anche e soprattutto perché la rossa era davvero sexy.
    Entriamo?” le propose, porgendole il braccio con fare galante e se lei avesse accettato avrebbero fatto assieme il loro ingresso in sala.
    A quel punto Marcel si sarebbe chinato appena verso di lei per sussurrarle all’orecchio.
    Sono rimasto molto sorpreso dal tuo invito, sai?” le avrebbe mormorato con un sorriso “C’è qualcosa che dovrei sapere? Ho una teoria, ma sono alquanto curioso.” Avrebbe concluso, continuando a condurla all’interno della festa, verso il tavolo delle bevande.




    Interagisce con Rain facendole alcune domande ed entrando con lei alla festa e andando in direzione del tavolo dei rinfreschi
    Maschera e Abito


    Edited by Marcel N. - 17/12/2022, 11:04
     
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    Viole aveva atteso la venuta del natale come si attende una condanna a morte, con la medesima gioia e il medesimo senso di soffocamento.
    Ogni mattina aveva atteso inutilmente per una lettera che non era mai venuta. Ovviamente non era venuta.
    Aveva iniziato quindi a programmare il suo ritorno a casa, o meglio, a casa di sua nonna per il Natale.
    Se non poteva passarlo con suo padre, si era detta, quantomeno lo avrebbe passato fuori da quelle mura.
    E di questo era stata convinta finché, con sua sorpresa, una mattina non le era stata recapitata una missiva da un serpeverde che non poteva dire di non conoscere: Harry, il ragazzo che aveva conosciuto al campo da quidditch qualche tempo prima.
    Viole era rimasta sorpresa e lusingata dal suo invito inaspettato e in preda ad un momento di follia aveva accettato di essere la sua dama al ballo della vigilia.
    Se n’era pentita quasi subito: per un momento la visione di Harry in una pozza di sangue, macellato come era successo a Marcus, si era fatta strada nella sua mente, ma aveva certato di mandarla via immediatamente.
    È tutto diverso questa volta – si era detta – Laurier non è qui, non può fare niente, siamo solo amici, anzi, neanche quello.
    Nei giorni successivi era stata un paio di volte sul punto di mandare tutto all’aria, preoccupata delle conseguenze delle sue azioni, ma aveva resistito e infine la vigilia di Natale era arrivata.
    Tra i pochi studenti rimasti al castello si era diffusa una sorta di energia elettrica sotterranea, fatta di risolini e anticipazione, da cui Viole aveva cercato di farsi coinvolgere in modo da essere distratta dai suoi pensieri più cupo.
    In parte aveva avuto successo: i preparativi per il ballo avevano in parte distratto la giovane tassorosso, consentendole di concentrare le sue attenzioni su questioni irrilevanti come quali orecchini o scarpe abbinare al vestito e alla maschera che avrebbe indossato.
    Poteva sembrare una questione sciocca, ma quello era un bel problema per qualcuno che amava essere impeccabile ed era interessata alla moda come lo era Viole.
    Nel strabordante armadio non mancavano certo gli abiti da sera, una signora aveva sempre una piccola selezione con sé, ma con sua grande sorpresa Harry gliene aveva fatto recapitare uno appositamente per il ballo.
    Non aveva saputo inizialmente se esserne offesa o lusingata, ma alla fine il secondo sentimento aveva prevalso, complice anche il fatto che l’abito era semplicemente stupendo e perfettamente nel suo stile.
    Aveva persino delle maniche che, per quanto sottili, erano abbastanza decorate da coprire la cicatrice sull’avambraccio. Era perfetto e Viole se ne era immediatamente innamorata perdutamente.
    Alla fine, dopo una dozzina o poco più di prove, aveva scelto di abbinare l’abito a dei delicati orecchini di perle, diamanti e oro giallo, a una maschera placcata dello stesso materiale e a un accessorio per capelli che riprendesse il tema dei fiori e l’oro degli altri accessori.
    Persino le scarpe di raso rosa cipria avevano delle decorazioni floreali smaltate e placcate. Non che fosse possibile vederle sotto il lungo abito, ma a Viole piaceva sapere di quel dettaglio.
    Era un po’ troppo sopra le righe? Forse, ma perché limitarsi ad abiti noiose e linee semplici quando invece l’occasione consentiva di osare?
    Viole poteva essere timida ma aveva sempre amato lo shopping e i begli abiti e, complice un conto in banca astronomico, aveva sempre ceduto a quella sua passione.
    Da sola era consapevole di possedere probabilmente più capi d’abbigliamento di tutte le sue coinquiline messe assieme, questo senza considerare il valore astronomico dei pezzi che componevano il suo guardaroba, il cui totale probabilmente non era troppo lontano dai sei zero.
    Ma a suo padre stava bene, persino ora che l’aveva esiliata il suo conto nella banca di famiglia continuava ad essere virtualmente illimitato, cosa di cui Viole era assolutamente grata.
    Anche perché era per lei la riprova del fatto che suo padre tenesse ancora a lei e non l’avesse dimenticata.

    Il giorno del ballo aveva iniziato a prepararsi ridicolmente presto, riscoprendosi molto più nervosa del previsto. Harry l’aveva invitata in amicizia, certo, ma era comunque la cosa più vicino ad un appuntamento che avesse da mesi, e il cielo sapeva che l’ultima volta non era andata bene.
    Dopo una lunghissima doccia, che l’aveva aiutata a rilassarsi solo in minuscola parte, era passata ad acconciarsi i capelli in un grazioso raccolto cui aveva poi aggiunto un fermaglio floreale e a truccarsi, preferendo come di consueto un trucco semplice ma luminoso, andando a riprendere gli stessi toni cipria del suo abito.
    Pochi spruzzi di profumo dolce e floreale dopo Viole era stata pronta per indossare l’abito donatole, riscoprendosi molto consapevole di quanto sexy fosse quel capo, i fiori che sembravano aggrapparsi alla sua pelle nuda più che alla stoffa di un abito.
    Terminati gli ultimi dettagli aveva preso la maschera ed era uscita, ricevendo le prime occhiate stupite già in sala comune. Le aveva ignorate, ovviamente, uscendo a testa alta e con qualche difficoltà dalla sala comune, sicura sui tacchi vertiginosi grazie ad anni di esperienza e al loro essere su misura per lei.
    Si diresse quindi con sicurezza, quantomeno apparente, verso la sala grande, appositamente allestita per l’evento in corso.
    Era piuttosto impressionante, doveva ammetterlo, pensò mentre si calava la maschera dorata sul viso e iniziava a cercare con lo sguardo il suo cavaliere. Fortunatamente individuarlo non fu particolarmente difficile, la cosa sgradevole fu invece notare le persone con cui stava parlando.
    Le occorse meno di un secondo per riconoscere nella ragazza della coppia una delle due cacciatrici di grifondoro, Grace le pareva si chiamasse.
    Una piccola smorfia apparve sul volto della tassorosso, ma rapida la scacciò, anche se da quella distanza e con quella folla non c’era modo che la vedessero e capissero.
    Si stampò in volto il solito sorriso di cortesia, fendendo la folla con grazia per avvicinarsi al serpeverde e ai due ragazzi con lui.
    Harry.” Salutò con un sorriso una volta che fu abbastanza vicina al gruppetto “Stai molto bene stasera.” Certamente stava molto meglio rispetto all’ultima volta che l’aveva visto, anche solo perché non era più coperto di sudore né le stava tirando addosso nulla.
    E’ un piacere conoscerti, Micheal.” Disse con un sorriso al ragazzo prima di voltarsi anche verso Grace “Grace, giusto? Sei nella squadra di Quidditch di grifondoro. È un piacere conoscerti al di fuori del campo.
    Se lo stringerla a sé la infastidì non lo diede a vedere, troppo concentrata nel difficile compito di mantenere un’espressione stoica e rilassata in volto: qualcuno con fin troppa colonia addosso doveva essere passato loro vicino perché la traccia di un odore sgradevole ora persisteva nell’aria.
    La gente avrebbe davvero dovuto imparare a scegliere e dosare meglio i propri profumi.
    Chiamatemi pure Viole.” Aggiunse con un sorriso appena disturbato dal fetore di colonia maschile.
    Voltò quindi appena il capo verso Harry, sollevandolo appena per incontrare il suo sguardo “Qualcosa da bere?” propose, sperando di allontanarsi un po’ da lì e che qualcosa da tenere in mano la aiutasse un po’ con il nervosismo che quel tipo di occasioni sociali solitamente tendevano a scatenare in lei.
    «parlato»Pensato«Citazione parlato altro PG»


    Arriva e raggiunge Harry, Mike e Grace con cui interagisce brevemente prima di avvertire una puzza bizzarra e proporre di andare a prendere qualcosa da bere
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    Non ci speravo più!
    Nelle settimane precedenti a Hogwarts l’atmosfera era in fermento, non solo per le vacanze natalizie e per il natale in sé stesso ma anche per il consueto cenone di natale che era stato annunciato puntualmente settimane prima. Già alla notizia dell’evento ero letteralmente entrata nel panico. Non avevo abbastanza soldi per un vestito nuovo e non sapevo cosa fare per di più non sapevo se qualcuno mi avrebbe invitata. Qualcuno chi, poi? David? Incertezza allo stato puro e basta... non avevo altri. Man mano che i giorni passavano mi venne un'idea per l’abito e così un weekend mi recai a casa White e dalla soffitta tirai fuori un bellissimo abito che apparteneva alla mia cara mamma e degli accessori contenuti in un armadio ben ordinato. Portai tutto ad Hogwarts e nelle serate anzi nottate prima dell’evento provai a sistemare l’abito in questione adattandolo a me. Però, nessuno mi aveva invitato e ormai avevo lasciato in un angolo pronto all’uso, l’abito e tutto quello che ne faceva parte fino al giorno prima dell’evento. Il 23 mattina una lettera piombò nella mia stanza e rimasi senza parole. David! David mi aveva scritto e non solo mi stava anche invitando al cenone! Sconvolta e scioccata rimasi a fissare e a rileggere la lettera. Lanciai un “finite incantate” per assicurarmi che non fosse qualche scherzo e dopo aver constatato che era reale presi una pergamena e risposi immediatamente accettando l’invito.
    Era un qualcosa di così raro quello che stavo provando. Si, ero felice! Corsi veloce per iscriverci come coppia come prevedeva l’evento.

    Ed eccomi qua al ventiquattro a sera che stavo cercando di prepararmi al meglio che potevo per andare in sala grande. Destreggiarmi con il bagno e le compagne di stanza rimaste era stata un impresa ma eccomi avviarmi allo specchio per indossare la maschera e dare una controllata al rossetto. L’abito mi andava davvero bene, sembrava che io e mia madre avessimo la stessa taglia e non solo in quello ma anche nelle scarpe che avevo preso sempre da casa White ed erano sue. Sistemai con le mani lo scollo che avevo sistemato aprendolo leggermente di più ma aggiungendo una stoffa “trasparente” per farlo tenere al suo posto e renderlo meno evidente. Poi sistemai anche il sotto con una mano e da lontano guardai lo specchio posto nella stanza. Un abito elegante con accessori rossi, come le scarpe e la maschera e i capelli lunghissimi sciolti e con dolci onde che accompagnavano la siluette della mia schiena. Non sembravo nemmeno io. Uno sguardo veloce a Liam che dormicchiava sul mio cuscino ed a Etto che dormiva nella sua cuccetta ed ero pronta. Feci un bel respiro e iniziai ad entrare nella sala comune per poi uscire e prendere la via della sala grande. Sentivo alcuni sguardi su di me e questo mi faceva arrossire leggermente e cercare di non incrociare nessuno sguardo. Ed eccola la sala grande! Mi avvicinai tranquillamente e sorrisi a coloro vicino all’entrata mentre mi guardavo intorno. David non sembrava essere li vicino, così attesi qualche minuto e poi decisi di entrare, mi avrebbe trovata all’interno della sala. Varcai la soglia e rimasi stupefatta dalla bellezza della sala. Mi guardai intorno come se fosse la prima volta che mettevo piede in quel luogo e continuai a camminare. Tante persone erano già nella stanza e i miei occhi si posarono delicatamente su alcuni di essi. Mi spostai dal centro e andai verso un lato dove mi misi ad ascoltare il cantante che era sul palco. Era davvero bravo! Mentre sotto la gonna dell’abito il piede si muoveva a ritmo. Ogni tanto il mio sguardo si posava sulla porta di ingresso aspettando David. Chissà dove si era cacciato. Da lontano riconobbi Loki ed alzai una mano in segno di saluto con un piccolo sorriso, se si fosse voltato avrebbe visto una ragazza super impacciata che lo salutava con discrezione.
    Sbuffai leggermente pensando che chi di solito doveva essere in ritardo erano le dame non i cavalieri ma con David era sempre tutto un'incognita e questo pensiero mi fece leggermente sorridere. Speravo di godermi questo evento senza intoppi.



    Rose Mia White - IV anno – Tassorosso

    Arrivata al ballo ed entro in sala grande mentre aspetto David.
    Osservo da lontano gli ospiti... (se qualcuno vuole salutarmi o venire a parlare con me sono li)
    Saluto da lontano Loki e mi fermo ad ascoltare la canzone di Mars.

    Vestito


    Scarpe

    Maschera


     
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    LOKI NORMAN – 16 ANNI – SERPEVERDE (IV)

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    Sta per incrociare le braccia al petto, osservando senza eccessivo interesse il direttore un po’ troppo giovane dell’orchestra impegnata a suonare una sorta di walzer, quando una voce famigliare gli giunge all’orecchio, facendolo voltare subitaneamente, mentre interrompe il movimento delle mani. Gli occhi si prendono un breve momento per scansionare SKYLEE dalla testa ai piedi, e quando ritornano al punto di partenza, un angolo della bocca si solleva appena, accompagnato dall’alzarsi delle sopracciglia. [Chi devi conquistare?] insinua, fingendo una consapevolezza sull’arte della seduzione che in realtà gli è completamente estranea. Però, se letto fra le righe, vale senza ombra di dubbio come complimento indiretto. Il fatto probabile che la Caposcuola abbia intenzione di selezionare un partner migliore per la serata vagliando fra le alternative che si presenteranno al suo cospetto, non pare essere una prospettiva eccessivamente fastidiosa per il piccoletto, che, cavallerescamente, allunga il braccio a lei più vicino di modo che possa agilmente agganciarvisi. [Milady.] il gesto viene seguito da un breve inchino del capo che permane poi rivolto nella sua direzione. Per fortuna che piega imbarazzante che stava per prendere quello scambio di convenevoli d’alto borgo viene spezzata dalla decisione della Corvonero di stilare una lista di norme comportamentali, comprendenti… una singola regola precisa. Sufficiente se non altro, a farlo rientrare nel suo comodo mondo di apparente apatia. [Non ti facevo una fomentatrice di risse…] commenta allora scherzoso, sebbene come sempre non vi siano indizi di ilarità sul suo viso, per poi stringersi fra le spalle subito dopo, fornendo la sua risposta definitiva: [Ricevuto]. Condivide la scarsa propensione a buttarsi nella mischia, e di sicuro non gli sarebbe mai baluginata neanche l’idea di chiederle di sottoporsi alla tortura della danza, cui non è avvezzo lui per primo. Però è ancora parzialmente incuriosito dalle mire di una ragazza che dubita vorrà accompagnarlo fino al termine di quella festa, perciò, con un po’ di incertezza, si arrischia ad allungarle una domanda: [Vale anche se ti piacesse il richiedente?]. Forse, nel suo profondo, un po’ spera in una risposta affermativa. Non tanto perché gli prema tenersela tutta per sé, non è di sicuro la compagnia migliore cui lei possa aspirare; piuttosto questo evento si sta rivelando un ottimo palliativo alle sue angosce interiori, e la possibilità di perdere il contatto con una persona amica in questo frangente, in parte, la teme. Solo in parte, però, come una punta di spillo pronta a premere sui suoi nervi appena ne paventa lo scenario. Di sottecchi le lancia un’ultima occhiata fugace, prima che a quella venga la pensata di trascinarlo di peso fino allo stand delle bevande. E lui che credeva che avrebbe dovuto guidarla almeno per le prime tappe dell’incontro, si ritrova ad essere quello che viene sballottato dagli umori della biondina. Scontato come risvolto, dopotutto, considerando che durante lo scorso ballo la dinamica era stata pressappoco la medesima. Si vede che non era stato attento la prima volta. Poco male, in ogni caso. L’unica perplessità che potrebbe esternare è quella relativa alla scelta della destinazione, che gli regala l’ennesimo dejà vu, menzionato di lì a poco dalla stessa SKYLEE. Invece [avevo solo avuto un incidente di percorso] protesta pacato, andando a scegliere un paio di ampollette contenenti del liquido colorato non meglio identificabile, una per sé e una per la ragazza. [Piuttosto ancora mi sfugge perché eri partita in quarta, quella volta… e a che ora sei rientrata in dormitorio, ammesso che tu lo abbia fatto] la stuzzica di rimando. Per lei, opta per una boccetta dal contenuto semi-trasparente, onde evitare il ripetersi di tragedie passate, porgendogliela con assoluta cautela. Mentre per sé stesso seleziona una bevanda di un rosso-ambrato scuro, che lui spera ardentemente essere del banale thé nero. Prima che possa testarlo, però, le luci si spengono all’improvviso e quando si riaccendono attirano la sua attenzione verso il palco, decisamente più accessoriato che in precedenza. Peccato che, per il suo gusto personale, il fucsia degli armadietti rischi di bruciargli le cornee se solo si ostinasse a guardarlo troppo a lungo, sicché trova saggio riportare presto il focus sulla platea, intercettando un’appariscente RAIN tutta in rosso che ne cattura abilmente lo sguardo, conducendolo qualche momento più tardi sul suo cicerone. Anche l’eleganza di MARCEL non passa inosservata al Serpeverde, un po’ rintronato dall’insieme di tutti i dettagli – sia quelli menzionati fino ad ora, sia quelli presenti sull’outfit del Lussemburghese – che resta dunque inchiodato con le iridi sulla sua persona per un tempo ben più dilatato rispetto a quello concesso agli altri. Probabilmente è consapevole della cosa, però non sente la necessità di scostarle altrove, continuando invece a mantenere le pupille pensierose incastrate fra i lineamenti spigolosi del ragazzo. Se non ha capito male, i loro natali sono quanto di più distante possa esistere. Lui un bastardo partorito in un tugurio polveroso nella parte più malfamata della Londra magica, e l’altro discendente di qualche capostipite dell’aristocrazia Europea. Eppure, per quel che ha potuto conoscere del Corvonero, non ha propriamente l’atteggiamento che ci si aspetterebbe da un simile rampollo al più alto gradino della scala sociale. Che sia un contrasto solo apparente? Dopotutto, non se ne intende di principati e similari. Chissà. Quel che è certo, è che fatica a comprenderlo, dacché ne consegue un frequente cambio di opinioni sul suo conto, dissimulato sapientemente con espressioni di ghiaccio e una parvenza di fermezza costruita e perfezionata nel tempo. Sono queste le riflessioni sottostanti quegli occhi insistenti, che qualora dovessero incrociarsi con i suoi, verrebbero assecondati con l’innalzarsi della mano stretta attorno all’ampolletta, in un gesto simile ad un brindisi con la funzione di un saluto, portato infine alle labbra. Beh, diciamo che la boccetta prima o poi se la scola a prescindere dai saluti. Non si è mica incantato (?). Anzi, a quel punto la mano allontana rapidamente la fiala dalla bocca per andarla ad osservare contrito, con la fronte aggrottata. Ma che schifo! Non solo non è affatto la bevanda che sperava di godersi, ma questo intruglio zuccherato e fruttato ha addirittura un retrogusto alcolico. Puah! Sicuramente, essendo una festa scolastica, non può che trattarsi di un semplice aroma aggiunto per soddisfare i palati degli studenti maggiorenni. Ma lui non ha l’aria di aver gradito, al contrario, ne è piuttosto contrariato. Gli verrebbe pure da tossicchiare un po’, con la gola irritata dal passaggio del liquido forte, ma si contiene, esibendosi perciò in un’espressione che prende in parte di tratti del disgusto e in parte quelli di un pugno in faccia. E sfiga vuole che proprio in quel momento di scompostezza, rialzando la testa, si accorga del saluto di ROSE, al cui sorriso replicherà dunque con una specie di spasmo da colica e una mancina rigida come un pezzo di legno.

    Accoglie SKYLEE e si fa scortare (?) al tavolo di Pozioni chiacchierando. Occhieggia ciò che sta succedendo sul palco e poi la sua attenzione viene catturata da RAIN e MARCEL (che saluta con il bicchiere). Offre da bere alla propria damigella, e sorseggia una delle bevande a sua volta, accorgendosi del forte gusto di alcol che lo disgusta e gli fa rivolgere a ROSE un saluto imbarazzante.
     
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