Ballo di fine anno

Aperta a tutti gli studenti.

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    Pazza. Forse lo ero veramente e la leggenda che vedeva tutti i membri della rinomata famiglia dei Métis, divenire pazzi durante il corso della loro vita, era vera. Forse io lo ero sempre stata, dopotutto fin da piccolissima non ero mai stata una bambina normale, non che al tempo me ne rendessi conto, non avevo mai avuto termini di paragone. Ero sempre cresciuta sola con mio padre come unico compagno di avventure. Era stato difficile abituarsi a una vita tanto solitaria, non potevo negarlo, ma lui aveva sempre tentato di non farmi mancare nulla. Mi aveva insegnato tante cose, tantissime anzi. Dalla pittura al violino, dagli scacchi all'astronomia, mi aveva insegnato persino come e dove trovare tanti ingredienti utili alla pozionistica nel mondo magico e io gliene ero estremamente grata. Lui mi aveva dato una cultura e dei meravigliosi momenti vissuti assieme ed ero triste che tutti quei meravigliosi ricordi fossero stati sporcati per sempre da quell'alone di tragedia che era stata la sua uccisione a sangue freddo davanti ai miei innocenti occhi di bambina. Quell'istante del passato mi aveva segnato per sempre e aveva fatto nascere in me una sete di vendetta che credevo non sarei mai stata in grado di colmare, eppure ora mi pareva quasi una cosa stupida da ricercare, mi iniziavo a domandare se non fosse meglio godersi ciò che avevo finalmente guadagnato. La felicità. Me lo domandavo, era vero, eppure non riuscivo a trovare risposta al quesito. Cosa avrei dovuto fare? Non lo sapevo. «Sai... potrei dirti che mi va bene...» Lo guardai con espressione seriosa mentre mi stringevo ulteriormente al suo corpo marmoreo per metterlo in difficoltà. L'indice della mancina cominciò una lenta e snervante corsa che partiva dalla sua giugulare e arrivava fino all'altezza della cintura, dove si arrestò crudelmente insinuandosi appena sotto lo spessore della stessa. Amavo quei provocatori gesti che ci regalavamo spesso a vicenda, era quasi impossibile resistervi e facevano letteralmente soffrire quando il contesto non rendeva possibile continuarli, ma erano anche estremamente appaganti quando si trattava di osservare l'altro tentare di fare il disinvolto, per poi tentennare e infine cedere ad essi. «Chissà com'è l'acqua del lago di sera...» Domandai sottovoce avvicinandomi al suo orecchio per continuare quel malefico gioco che cominciava a ritrocersi contro di me. Se non fosse stato per la personalissima nevicata sopra alle nostre teste forse avrei realmente ceduto, dimenticandomi totalmente del buon senso e del fatto che ci trovassimo solo a pochi metri da un tendone pieno di professori e studenti pronti a farsi attirare fuori al minimo rumore sospetto. «Proverò di far nevicare più spesso allora...» Sibilai imbarazzata con un leggero sorriso timido a piegarmi le labbra. Pure in quel momento, senza nemmeno rendersi conto di quanto mi servisse e ignorando quanto quel potere potesse essere distruttivo, se solo mi fossi lasciata sopraffare da esso, mi stava facendo sentire accettata. Apprezzata semplicemente per ciò che ero.
    Lasciai che le sue mani guidassero il mio profilo facendolo alzare appena per poterlo raggiungere facilmente con le sue labbra e quando finalmente si unirono alle mie, in un bacio talmente delicato e gentile da riportarmi subito alla memoria quello simile che ci eravamo già dati in passato, non potei fare a meno di trattenere il respiro e chiudere gli occhi, incapace di controllare persino una semplice funzione vitale come quella del respirare, totalmente ipnotizzata e incantata da quel bacio che sapeva di amore.
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    «Hm... sì decisamente...» Ammisi con un filo di voce quando fui tornata nuovamente in me. La neve si era dissolta per magia come era arrivata e sulle nostre teste non aveva lasciato altro se non il placido riflesso della luna. Quel contatto con le sue labbra mi aveva come privata di tutta la mia energia vitale, mi sentivo un contenitore vuoto in balia della corrente, corrente che somigliava molto a un sentimento che fino a quel momento avevo temuto di provare, ma che adesso non avrei ceduto a nessuno e per nessuna ragione al mondo. Accoccolai la mia testa sulla sua spalla, la punta del naso a sfiorargli la cicatrice argentea che gli segnava il collo e le labbra così vicine alla sua pelle da poterla quasi sfiorare. Sentivo il battito accellerato del suo cuore e tale suono mi rilassò come poco altro era in grado di fare. Avrei voluto provare quella sensazione di pace in eterno, ma la voce del Serpeverde rimbombò nelle mie orecchie, ridestandomi da quel lieve assopimento che si stava impossessando del mio corpo. «Hum... non credo che entrerò più in quel tendone» Ammissi con voce seria e imbarazzata. «Anzi... credo che cambierò scuola dopo quanto accaduto. Sono uscita in giardino perché mi hanno fatto finire della soda sul vestito rendendolo trasparente» Era così imbarazzante parlarne ad alta voce... «E beh... mi mi hanno visto tutti e si sono messi a ridere e a prendermi in giro... non vedevano l'ora che accadesse una cosa simile...» Constatai consapevole che ciò che dicevo rispecchiasse il vero. «Non piaccio a nessuno, praticamente tutto il castello non aspettava altro che un simile evento per potermi sfottere. No, è escluso, non posso rientrare nel tendone. Sarebbe troppo umiliante...» Ammisi infine nascondendo nuovamente il viso nell'incavo del suo collo, incapace persino di guardarlo negli occhi, troppo terrorizzata di leggerci vergogna nei miei confronti, scherno. Magari essere il non ragazzo della prefetta più detestata e derisa della scuola poteva essere troppo persino per lui...
    ★ ★ ★
    Prefetta Corvonero | Scheda | Mailbox | Pensatoio

    Interagito con il non fidanzato 👀
     
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    Axel
    Si allontanò molto lentamente dal suo viso, un sopracciglio inarcato nella curiosità di scoprire se la sua teoria avesse avuto un riscontro positivo. Sollevò lo sguardo. La neve si era fermata e complici le temperature più elevate rispetto all’inverno era già prossima all’essersi sciolta del tutto. «Interessante», sogghignò con una certa soddisfazione sia per avere un tale controllo sulle emozioni della ragazza e sia perché era lo stesso effetto che Skylee aveva su di lui. Riusciva a mandarlo su di giri con un tocco delle sue dita ed allo stesso tempo a calmare le reazioni della bestia. Gli faceva bene e lentamente nel corso di quei minuti il suo umore altalenante era tornato a toccare il cielo come quando, poco prima, ne stava parlando con Kynthia. A proposito, che fine aveva fatto la Grifondoro? Pensava lo avesse seguito ma qualcosa doveva averla distratta e vabbè lui poi non aveva minimamente più pensato all’amica. «Uhm... non credo che entrerò più in quel tendone» ora il sopracciglio inarcato del bulgaro si fletté ancora più in alto per la sorpresa. Di che parlava? Aveva appurato che non fosse fuggita a causa del comportamento del suo compagno di casa ma che fosse a causa sua – anche se concretamente non aveva fatto nulla – o così gli aveva urlato poco prima di lanciargli lo scarpone. Di che stava parlando adesso? «Non dire puttanate» sbuffò con sufficienza quando la Corvonero asserì che per la vergogna avrebbe persino valutato un cambio di scuola. «Mi hanno fatto finire della soda sul vestito rendendolo trasparente», Axel inclinò il capo. «E quindi? Métis hai un culo che parla da solo, si sono rifatti gli occhi», semplice, lineare. Per quanto la cosa gli desse molto – estremamente tanto – al cazzo che qualcuno la vedesse al di fuori di lui non poteva nemmeno nascondere quanto lei fosse esteticamente bellissima. Il fisico a clessidra era assolutamente perfetto e nelle sue mani entravano alla perfezione i piccoli seni che possedeva e dio ragazzi! Quel culo era in grado di convertire anche un omosessuale! «Esageri sicuro.» Replicò chiudendo il discorso dal suo punto di vista. Facendo perno sulle gambe si alzò in piedi battendo quello che era lo sporco dalle ginocchia e si diede una sistemata alla giacca del completo che aveva messo. «Piantala», fece serio, «sei solo dispotica e troppo ligia alle regole. Alla gente ‘ste cose danno al cazzo. I cocchi dei prof non sono mai piaciuti. Andiamo forza!» Le porse la mano. «Sei con me adesso, non ti dirà un cazzo di niente nessuno e se lo faranno beh» fece spallucce, «tanto peggio per loro», sarebbe saltata qualche mandibola o ci sarebbe stato qualche occhio nero ma onestamente ne dubitava. La gente si teneva abbastanza alla larga da lui in quanto era pur sempre un colosso di quasi un metro e novanta ben piazzato dagli allenamenti militari dell’ex scuola del nord, in più, se questo non fosse già stato sufficiente, le cicatrici visibili su viso e collo, insieme ad anelli, orecchini e matita nera ad evidenziare il verde luminoso dei suoi occhi avrebbero fatto da sicuro deterrente per eventuali sfottò alla sua accompagnatrice. Chiaro, c’erano sempre soggetti a cui vivere faceva abbastanza schifo da decidere di provocare uno come Axel ma sicuro il colpo iniziale non sarebbe partito da lui. «Fatti furbo!» Gli aveva sempre insegnato Ethan e lui aveva imparato che “legittima difesa” suonava meglio di una presa di posizione. Dopo l’apripista era tutto in discesa. «Forza, muovi il culo» e così dicendo le fece cenno di passare avanti, «e vai avanti tu, grazie» concluse con un sorriso sornione che chiariva fin troppo bene le sue intenzioni.
    Sbuffò, Skylee non sembrava intenzionata a voler andare, l’espressione da cucciolo impaurito stampata in viso. «Ti lascio qui allora» fece quindi cambiando strategia, le braccia larghe ed un passo già accennato rivolto all’ingresso... “Avanti Métis da quando sei una fifona?” Sollevò le sopracciglia, eloquente. «Ookkay», alzò gli occhi al cielo piegando le braccia dietro la nuca, la maschera appesa all’avambraccio. Il messaggio era chiaro: regola numero uno dello statuto di “fidanzati non fidanzati”, niente costrizioni.


    Citata Kynthia.
    Sta costringendo Sky a rientrare, se non lo farà rientra lui da solo
     
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    Quando Rose si staccò da lui, David si prese del tempo per pensare. Aveva urlato per farsi sentire, dichiarando in parte ciò che pensava di lei abbracciandola addirittura e, non contento, le aveva anche detto che la stava aspettando. Strinse i pugni, non era da lui, avrebbe dovuto mandarla a fanculo a rientrare, invece no, era rimasto. La spiegazione che si era dato era che considerava la coniglietta di sua propietà. Ne era attratto, questo era chiaro, ma non aveva ancora concluso niente da quel punto di vista dato che il coniglio sembrava avere la cintura di castità, e questo, di solito, era per lui un motivo valido per mandare al diavolo una ragazza. Non lo aveva fatto. Come se non bastasse, aveva anche abbassato di poco le difese con lei perché anche se l'aveva trattata di merda un sacco di volte, Rose gli era sempre andata in contro. Scosse la testa, che senso aveva pensarci così tanto? Gli andava di fare così e basta, quando non ne avrebbe avuto più voglia si sarebbe fermato. Una delle cose buone che suo padre gli aveva insegnato era di andare diritto per la sua strada e prendersi ciò che voleva, indipendetemente dalle conseguenze. E anche per quelle c'era rimedio, a dirlo era uno che in giradino aveva più cadaveri che piante e che non era mai stato beccato.
    Ascoltò ciò che la conglietta aveva da dire e quando arrivò alla questione fiducia non poté fare a meno di alzare un sopracciglio. Lui si fidava solo di se stesso, stop. «Ti ho tirato via perché quelle persone mi stavano sulle palle, semplice. Hai tutte amiche moleste sai. E io non mi fido di nessuno in generale.» La sua famiglia, il suo sangue, lo aveva trattato come un appestato voltandogli le spalle, era stato torturato nel peggiore dei modi e quando suo fratello lo aveva ferito con un coltello per vendicarsi e lui si era difeso prendendolo a calci, i suoi genitori si erano avventati su di lui, rompendogli tre costole e colpendolo con una serie di Cruciatus. Da allora aveva conosciuto solo violenza e indifferenza, persino suo zio aveva avuto pietà di lui. E se non puoi fidarti nemmeno di loro, di chi puoi farlo? Di nessuno. Perché ognuno pensa ai cazzi suoi. « Che voci dovrebbero girare? Poi non mi sembrava ti dispiacesse, avevi anche la maschera da coniglio.» Fece spallucce. Non capiva quale fosse il problema, ormai quello era uno dei suoi soprannomi e lo avrebbe usato quando voleva. Si passò una mano tra i capelli, era stata una serata strana e voleva solo andarsene a dormire. Non aveva nemmeno voglia di pestare qualcuno, e questo la diceva lunga. Stavano avendo un confronto e David non era fatto per quelle cose, lui parlava con le mani non con la bocca, mentre la ragazza là davanti era il suo esatto opposto. «Dimmi un po', se mi vegognassi a farmi vedere con te ci sarei venuto a questo ballo?» Incrociò le braccia al petto in attesa di una risposta. Avevano anche passato tutta la sera insieme, un dettaglio che non voleva assolutamente ricordare ora come ora. Quel coniglio gli faceva fare cose strane, doveva ritornare in sé perché perché per un po' non lo era stato. La vide barcollare verso di lui, fece due passi avanti per sostenerla. Ecco, un altro gesto senza senso. «Perché vuoi così tanto conoscermi? Non capisco cosa ti spinge a farlo, onestamente. E ti ho già detto cosa sei Rose, non mi ripeterò. » Il suo modo di fare irritava le persone, le allontavana. Faceva terra bruciata introno a lui, preferiva starsene per i cazzi suoi e interagire con la gente quando ne aveva voglia, solo con quel coniglio aveva passato più tempo del dovuto e questo perché la trovava sopportabile rispetto agli altri. «Ho capito. Comunque questa è tua, me l'ha lanciata prima il fenicottero.» Le fece vedere la maschera nera che si era tolta. Le spostò una ciocca di capelli e gliela mise, allontanandosi poi di qualche passo. Alzò gli occhi al cielo, fissando la luna. A quest'ora avrebbe già dovuto trasformarsi, invece era ancora umano. Quel gene del cazzo ce ne stava mettendo di tempo per manifestarsi, a lui quel potere serviva. Sentì la voce del coniglio chiamarlo, riportando la sua attenzione su di lei. Chissà se non fosse scappata una volta saputa la sua vera natura. «Che volevi farmi vedere?» A parte qualche intoppo era stato un ottimo cavaliere, sua madre sarebbe stata fiera, le sue lezioni di galateo erano servite a qualcosa.



    Interagito con Rose.


    Edited by David_ - 7/7/2022, 23:10
     
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    Quella festa era una colossale perdita di tempo, e non avrebbe creduto a nessuno che avrebbe detto altrimenti. Era riuscita a perderne una buona parte vagando in solitaria sulle sponde del lago, e forse sarebbe stato meglio fosse rimasta li perché nulla di quello che aveva visto fino quel momento l'aveva colpita in positivo. Giusto la presenza di Harris era riuscita a risollevarle il morale, cinque minuti di puro godimento alle sue spalle, cercando di toccare tutti i punti sensibili sperando si arrabbiasse abbastanza da accompagnarla a trovare il modo di far diventare quella festa più interessane. Con un incendio, per esempio. O con il crollo improvviso delle strutture che sorreggevano il tendone. Sarebbe stato divertente vedere tutte le persone all'interno agitarsi come pesci in una rete e, se fossero stati abbastanza fortunati, magari uno dei pianeti che fluttuavano contro il soffitto si sarebbe sfracellato in testa a qualche prof che li avevano costretti a quella pagliacciata. Perché quello era, almeno per lei. Quella ritrovata necessità di farli vestire bene, di fargli mettere una maschera in faccia e di non far fare loro nulla per tutta la sera se non bere succhi e mangiare tartine. Avrebbero potuto organizzare una cena con delitto, quanto meno. Il gioco, ovvio. Ma anche il piccolo David le era stato portato via dal confettino nervoso, era bastato un solo colpo di frusta, chissà se se ne rendeva conto?
    Diede un ultimo sguardo infastidito al lato della stanza improvvisata in cui si trovavano tutti i professori, non se ne sarebbero nemmeno accorti ma, per lei, la serata poteva anche finire li
    -Magari avvisami se trovi qualcosa che non sia succo di zucca- si rivolse un'ultima volta al confettino in lilla, era giunto il momento che anche lei provasse a farsi un goccetto. C'era una prima volta per tutto, in fin dei conti. Chissà come sarebbe stata se si fosse tolta i freni inibitori. La curiosità c'era, questo sicuro.
    Girò i tacchi e si incamminò con le sue solite ampie falcate verso l'esterno, ormai decisa a non rimettere più piede dentro quello stupido tendone. L'idea era quella di tornarsene in camera e togliersi quelle scarpe dolorose e quel vestito ridicolo, conscia che le possibilità della Grifondoro di trovare alcolici fosse pressoché nulla. Tutti troppo precisini in quella scuola per mettersi a rischiare in quel modo. Eppure, quando finalmente mise piede fuori dalla magica tenda, venne investita prima dall'aria fresca che le frustava la pelle, sensazione che le procurava sempre un certo piacere, ma subito dopo si rese conto di un familiare profumo di cannella che permeava in quell'aria che per un attimo le aveva saputo dare sollievo. Fantastico, ora le sarebbe rimasto attaccato al vestito già ridicolo di per sé. Ma, in realtà, non fu quello il suo primo pensiero quando il profumo le solleticò il naso, riportando a galla alcune scene che avrebbe dimenticato volentieri. Inspiegabilmente, almeno per lei, si ritrovò a ricercare la fonte di quell'aroma speziato che suscitava in lei sensazioni contrastanti. Quando gli occhi si posarono sulla figura di lui ghignò, aprì la bocca pronta a dire qualcosa ma si fermò
    “Ti detesto” serrò di nuovo le labbra, ricordandosi alcune delle gentili parole che le aveva rivolto. Era bastato molto poco, in effetti, per arrivare a quella conclusione. Era bastato non fare nulla, giusto esistere. Un po' come le aveva sempre ripetuto sua madre d'altronde. Osservò meglio la scena notando solo in quel momento che si stava accompagnando ad un coniglio, un drago di carta e la sexy biondona seminuda intercettata poco prima all'interno
    -Ma che carini- sorrise falsa assottigliando lo sguardo. Una singolare uscita a quattro.
    “Ti detesto” le suonò di nuovo nella testa. Che cazzo. E allora che la detestasse.
    -Hai deciso di assumere altre droghe perché le ragazze ti potessero trovare interessante?- un sorrisetto antipatico le incurvò un angolo della bocca. Na, aveva ragione, non ne aveva bisogno. Però c'era ancora qualcosa che si era legata al dito da quella mattina, e non tanto quella stupida frase che continuava a risuonarle nelle orecchie, a quello vi era abituata
    -Stai attenta- si rivolse alla biondina di cui non sapeva il nome sempre con un ghigno stampato in faccia, ma lo sguardo rimase fisso su di lui -Se ti dicesse che non ha preso niente per convincerti a baciarlo non ti fidare- incrociò le braccia al petto inclinando appena la testa -Mente-


    Interagito di nuovo con Kynthia prima di uscire. Citati Jaemin e il suo drago, Chanel e Seàn.
    Interagito con Seàn e Chanel. Simpatichina come sempre :mmh:

    Vestito - Maschera
     
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    JAEMIN WAN – 17 ANNI – SERPEVERDE (II/III)

    Gli occhioni da cucciolo lasciando il posto ad un broncetto immediato al sollevamento di quel dito medio. Ma come si permette, gli sta distruggendo i sogni di gloria. Maleducato. Pizzica la lingua contro gli incisivi, piegando la testolina lateralmente mentre cambia l’espressione. Il capo viene anche reclinato un po’ indietro, cosicché le palpebre siano costrette a restare parzialmente chiuse, mentre indirizza a SEAN un’occhiata maliziosa proprio in corrispondenza di quella folata di cannella che gli viene soffiata in viso. [Avrei giurato che fosse vietato fumare] butta lì cantilenante in tutta risposta, espandendo un sorrisetto quasi si stesse preparando a godere del disappunto altrui. [Perciò… visto che non siamo più amici] come se lo fossero mai stati [potrei andare a fare una soffiata direttamente al Preside] la cui posizione (inventata sul momento, questo è chiaro, dato che è appena arrivato) verrebbe segnata con un rapido gesto della mancina verso il tendone, per poi farla tornare lungo il fianco. Così ti piace il gioco duro, bell’imbusto? Allora giochiamo. Infatti non accenna ad andarsene proprio da nessuna parte, restando con i piedi ben saldi dove si trovano. Il massimo del movimento è impresso dalla bacchetta che si diverte a far svolazzare il chartanimus sopra di loro. Anche lo sguardo del ragazzetto risulta restìo ad abbandonare gli occhi del compagno, bramosi di vedergli comparire in faccia un qualsiasi cenno di scompostezza, sia esso per rabbia, o indignazione, o quel che gli pare. Non è importante, gli basta scatenare una reazione. Però, suo malgrado, deve distrarsi almeno all’arrivo di CHANEL e la sua essenza di vaniglia. [Oh, ciao⁓!] saluta con trasporto, balzando anche sul posto con ritrovata euforia. [Sei assolutamente la benvenuta⁓ !] ma dove, sul prato? Comunque dal sorriso illuminato che le regala sembra sinceramente lieto di poterla accogliere nel club. [Hai mica visto il professor White da qualche parte?] le domanda anche poco dopo, con gli occhi che scivolano ammiccanti nuovamente su SEAN, pur mantenendo il volto dritto sulla nuova arrivata. La dentatura viene scoperta nel momento stesso in cui le pupille agganciano il loro obiettivo. Si sta divertendo un mondo. Probabile che gli arrivi un cartone in faccia nel giro di pochi minuti, ma non sembra preoccuparsene. Potrebbe pure sperarlo, chi lo sa. Resta il fatto che quegli zigomi innalzati e sporgenti rendono più o meno l’idea del suo buon umore inalterato. Tant’è che mentre le chiacchiere si concentrano fra gli altri due in uno scambio di battute per nulla interessanti per lui, si mette a far volteggiare il proprio drago accompagnando ogni virata con un fischio e uno [Swruuuuuush!] partecipativo. Ma poi smette solo perché qualcosa sta per accadere non troppo distante da loro. Cosa non saprebbe dirlo, viene avvertito dalle parole di HARDICE e segue la linea del suo sguardo per poter essere sul pezzo a sua volta, ma non vede altro che un cumulo di gente più o meno indistinta che fa cose a caso. E quindi si fida e basta. “Una rissa”. [BOTTE, BOTTE, BOTTE!!!] incita allora urlando - che lo sentano bene tutti, mi raccomando - e gettando ambe le braccia al cielo a mo’ di ultras in curva. Va beh, se non si fosse capito vuole solo fare un po’ di casino. [Un gancio di qua, e un calcio di là, la canzone della felicità, bom bom bom! Se sei triste e ti manca l’allegria, scaccia fuori la malinconia…] adesso sgomita un po’ cercando di beccare un po’ l’uno e un po’ l’altra, muovendo il bacino per cercare la complicità dei due colleghi lì presenti, e perché no, di coinvolgerli nella sua variante della canzoncina infantile. Batterebbe anche le mani, per dare ritmo al tutto, ma proprio mentre batte il primo colpo soggiunge una REINA in vena di molestie tanto quanto lo è lui. Molto bene. [Wo-wo-woooi!] commenta appassionato e insinuante, rimbalzando le iridi fra lei e SEAN convinto di aver già capito tutto e per questo leccandosi anche il labbro inferiore prima di morderlo allusivo. [Sembra che la ragazza ti conosca bene] ridacchia avvicinandosi pericolosamente all’altro, pronto ad annusarlo all’altezza della nuca per poi tornare a osservare REINA da quella posizione. [Ow, allora dici che è per questo che lo trovo così intrigante, oggi? E io che pensavo di essermi eccitato per la cannella] provoca, per l’ennesima volta.


    Interagito con SEAN, CHANEL e REINA.
     
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    All'udire di quell'audace complimento le mie labbra si incresparono lievemente, lasciando intravvedere una dentatura perfetta e bianchissima, con solo i due incisivi superiori leggermente più evidenti rispetto a tutti gli altri. Era un apprezzamento decisamente divertente, ma a giudicare dallo sguardo che il Bulgaro aveva fissato verso di me, le sue parole dovevano essere vere, almeno per lui. Non ero solita ricevere complimenti, solitamente erano più le prese in giro quelle che ricevevo, anche se realisticamente parlando sapevo bene di non essere per niente male. O almeno per il mio personale parere era così. Io mi piacevo, non avevo mai avuto grossi problemi con il mio corpo, ero decisamente più insicura per quanto riuardava il mio carattere e i miei modi di fare, fin troppo poco abituati alle altre persone per potersi uniformare a quelli di molti. Mi definito una persona eccentrica e stravagante, quando la vita non sembrava accanirsi contro di me potevo pure vantare una personalità alquanto spumeggiante, ma ciò non mi impediva di sentirmi spesso a disagio, quando si trattava di essere spontanea e amichevole con le persone che mi circondavano. «Non esagero per niente, è così sul serio!» Affermai decisa portandomi le braccia al petto per incrociarle poco sotto il seno. Non avevo intenzione di ascoltare le sue giustificazioni in merito al comportamento dei nostri compagni di scuola. Non mi interessavano affatto. Solo non sopportavo che il mio essere impeccabile dal punto di vista accademico, fosse una buon motivo per potermi puntare contro un derisorio dito indice. «Non sono dispotica. Pff» Sbuffai dalla bocca indirizzando l'aria verso l'alto, sollevando così di poco una piccola ciocca di capelli svolazzanti. Non ero per nulla dispotica. Affatto. «Mh...» Mi limitai a mugugnare incerta, mentre con sguardo desideroso fissavo la sua mano tesa davanti a me. L'avrei voluta afferrare, eccome se avrei voluto. Avrei voluto credere che davvero, se in sua compagnia, nessuno avrebbe osato befggiarsi di me. Eppure qualcosa mi tratteneva, era la mia solita paura, quella bastarda. Mi bloccava sempre, mi lasciava impietrita davanti alle situazioni e mi toglieva il fiato, ma volevo reagire. Dovevo iniziare a farlo. Afferrai ancora poco convinta la mano del Bulgaro, che con un deciso tirotto mi sollevò da terra. Mi rimisi l'anfibio al piede e non mancai di sorridere imbarazzata alla sua battuta sul precederlo. Avevo inteso piuttosto velocemente l'allusione al poter così osservare meglio il mio fondoschiena, ma non lo superai affatto e anzi, rimasi interdetta davanti al tendone, esattamente sul limitare tra il dentro e il fuori, con ancora la mia maschera da volpe stretta nella mancina, invece che sul mio viso. «No. Aspetta» Esclamai improvvisamente capendo che quello era il preciso momento per reagire alla paura. «Entro pure io, solo... promettimi che mi aiuterai a guardare male chiunque osi ridere ancora di me. Va bene?» Sorrisi timidamente avvinghiandomi contro il suo avambraccio per riuscire ad appoggiare appena la testa sulle sue larghe spalle per poterlo osservare meglio. Ora che non serviva più mentire a me stessa, riuscivo finalmente a vederlo per quello che era quella sera. Bellissimo. Così affascinante e sexy da togliere il fiato a chiunque, me compresa. «Sicuro di non preferire il lago nero eh? Sei ancora in tempo per cambiare idea...» Pigolai irrigidendomi mentre oltrepassavamo l'entrata e ci dirigevamo nuovamente verso il vivo della festa, dove la parte superiore del tendone si apriva in una grande finestra che dava esattamente sulla luna. «Sai, quella è opera mia...» La indicai sorridendo appena. Lui non poteva saperlo ma l'avevo fatta aggiungere pensando esattamente a lui e a come probabilmente, a causa della sua maledizione, non si fosse mai soffermato a guardare la bellezza della luna, vedendola piuttosto come un qualcosa da temere. Una nemica. «Sembra piaccia alle coppiette...» Sorrisi nuovamente ma questa volta con un pelo di orgoglio nello sguardo, mentre ossevavo le svariate coppie di studenti volteggiarci al di sotto. «Magari se sapessero che è stata proprio la loro prefetta palo in culo a farlo, si disperderebbero da quella zona in pochi secondi» Scoppiai a ridere arricciando il naso, certa che almeno per alcuni, pur di non ammettere che la loro odiosa prefetta fosse anche in grado di fare o pensare cose belle per loro, invece che metterli sempre tutti in punizione senza pietà, l'avrebbero vista come un'appetibile scelta. «Ti piace?.. Il ballo in generale intendo...» Chiesi poi improvvisamente laconica, continuando a fissare con il sorriso la mia finestrella. Mi sarebbe piaciuto sostarci sotto per osservare il cielo, ma ciò avrebbe voluto dire ritrovarsi sulla pista da ballo e no, non avevo intenzione di dare altri motivi alle persone per ridere di me, ma con senno di poi, forse quella graziosa quanto suggestiva finestrella avrei potuto farla inserire in un luogo più appartato, dove raggiungerla non avrebbe dovuto per forza significare unirsi alle danze.
    ★ ★ ★
    Prefetta Corvonero | Scheda | Mailbox | Pensatoio

    Interagito con Ax. Dopo un breve tentennamento sono entrati nuovamente nel tendone.
     
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  7. seán
     
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    Da quella posizione esterna potevo godere di una vista chiara su ciò che accadeva all'interno del tendone, e per questo motivo avevo avuto modo di informarmi su come la serata stesse procedendo, senza bisogno di trovarmi in mezzo alla calca di persone. Sì stava bene, là fuori, tirava un venticello fresco e piacevole e non invidiavo assolutamente la gioventù che aveva scelto, invece, di ammassarsi all'interno. Tra una molestia e l'altra da parte del nuovo arrivato munito di drago di carta, ero rimasto incuriosito da alcune dinamiche che inizialmente non avrei definito proprio "interessanti" ma che con il passare del tempo si erano rivelate quanto meno "movimentate": il triangolo, che aveva rischiato di finire in rissa, aveva catturato la mia attenzione ed avrei proseguito ad osservare i tre, se poi non avessi spostato lo sguardo su qualcos'altro poco distante. Inizialmente non avevo riconosciuto chi fosse quella ragazza dalle gambe lunghe e snelle, ma ero rimasto colpito dall'abito che indossava, e non solo perchè era ricoperto di ragnatele - scelta che reputavo affascinante - ma soprattutto perchè era un abito che, secondo me, risultava eccessivamente vistoso, a tratti lo avrei definito persino indecente: lo spacco arrivava fin quasi alla biancheria intima che, da quella posizione, non potevo indovinare se la giovane portasse. Magari no. Non che fossero fatti miei, e poi di ragazze semi nude ne giravano parecchie. Nonostante i tempi fossero quelli che erano - moderni, depravati, immorali - io riuscivo comunque a stupirmi di quanto fossero in grado di colpirmi, sempre e comunque.
    Non ci misi troppo tempo, però, ad associare quel corpo e quei lineamenti nascosti sotto la maschera nera di pizzo, a Reina Scott. Immediatamente, la sua immagine mi riportò a qualche giorno prima, quando ci eravamo ritrovati insieme nell'aula di pozioni a cercare di guadagnare un bel voto, prima che la situazione degenerasse, ribaltando tutte le mie priorità. Se all'inizio il mio unico pensiero era riferito ad una E in quella materia, avevo concluso la pozione desiderando di infilarmi tra le gambe della giovane serpeverde, labbra sulle sue, mani strette ai suoi polsi. Perchè lei aveva giocato sporco, usando quella pozione contro di me. Nonostante fosse passato del tempo, però, potevo ricordare nitidamente la sensazione che avevo provato stringendo tra le braccia il suo corpo sottile, e ricordavo a memoria le note del suo profumo che si era mescolato con il mio, formandone uno nuovo, solo nostro. Ero convinto che tracce della pozione che aveva assunto fossero rimaste, dovevano esserlo per forza, perchè non si spiegava come riuscisse a fare leva su di me anche da così lontano, anche solo il suo pensiero. E dunque la seguii con lo sguardo per qualche istante, vedendola parlare con David, e vedendola flirtare con lui, così vicini, tanto che mi sembrò di troppo continuare a fissare lo sguardo su di loro, e lo distolsi, portandolo verso il quasi mozzicone di sigaretta. Tutto quel discorso sul fuggire dalle persone era una balla, aveva fatto in fretta a trovare la persona da cui non scappare. Buffo. Sentivo prurito dappertutto, in quel momento. In un certo senso mi sentivo anche deluso, e non sapevo nemmeno spiegarmi il motivo. Non aveva alcun senso, comunque. Riportai la completa attenzione sul giovane padre dei draghi che, nel mentre, minacciava di chiamare il preside per la sigaretta quasi giunta al termine. Era indispettito perchè non gli avevo dato corda forse, o forse aveva solo voglia di grane. In ogni caso, era partito con me con il piede sbagliato - o forse con il piede giusto, dipendeva da quale fosse il suo obbiettivo, perchè se aveva intenzione di rompermi il cazzo era sulla buona strada e gli mancava davvero poco. Ero già nervoso di mio, comunque. Non riuscivo a sopportare le persone invadenti, non le capivo, non trovavo punti in comune con loro per poter instaurare un rapporto che avesse un briciolo di senso e di speranze. Al suo nominare il preside, però, mi venne spontaneo trattenere un sorriso: avrei dovuto preoccuparmi? non credevo che il preside si scomodasse per una sigaretta fumata fuori dal castello, ma se questa poteva essere una scusa per scacciare il ragazzo io dovevo appigliarmici per forza. Scommetto che non lo farai invece, non lo dirai al preside perchè sei un ragazzo troppo buono ed ingenuo per farlo. Magari anche un po' sciocchino. La mia idea era quella di provocarlo per spingerlo a dirigersi davvero dal preside così da levarmelo dai piedi, nel mentre io avevo in mano solo un mozzicone di sigaretta che avrei fatto sparire nel giro di tre secondi non appena lui avesse voltato i tacchi. Le speranze che mi desse retta erano poche, ma c'erano. Che se ne andasse ad avvisare il preside, per Merlino. Allora? Sei ancora qui? La presenza di quel ragazzo nei dintorni era per me una disgrazia, non solo prendeva confidenze che non gli avevo dato, ma sembrava iperattivo, non riusciva a stare fermo. Iniziò a scalciare e sgomitare e ci tenni a fare un passo indietro per evitare che mi colpisse. Dovevo essere onesto nell'ammettere che questo tipo di persone mi facevano anche un po' paura. Non potevi mai sapere cosa stessero pensando o cosa gli passasse per la testa per reagire in determinati modi. Erano un po' come i bambini, totalmente imprevedibili. Non gli stavi dietro.
    "Ma che carini" La voce della Scott arrivò inaspettata, ma dentro di me ebbi la consapevolezza immediata di averlo sperato, solo un po'. Maledetta pozione. Voltai il capo verso di lei, pentendomi di non avere calata sul viso la maschera da falco che, invece, tenevo sollevata sui capelli. Quella copertura avrebbe garantito un po' di riservatezza ad ogni emozione che mi si poteva leggere in volto, in questo caso la sorpresa ed anche un certo sgomento. Ero arrabbiato, anche con lei, e non mi spiegavo nemmeno il motivo! Non mi trattenni dallo squadrarla dalla testa ai piedi, soffermandomi in particolare sullo spacco vertiginoso ed affatto pudico che le metteva in risalto la coscia lunga. Assurdo. Assottigliai lo sguardo, alla sua affermazione che trovavo proprio senza senso. Ma cosa voleva, tra l'altro? Io? E perchè dovrei? Sto cercando di stare da solo da mezz'ora e non ci riesco. Senza offesa davvero per i due nuovi arrivi, ma era la verità, e quel momento di puro scazzo me la stava tirando fuori tutta. Non esisteva in nessun mondo che potessi prendere "droghe" per attirare l'attenzione delle persone. Quella magari era lei, tra lei manie di protagonismo ed i vestitini succinti. Io volevo solo tornarmene al dormitorio senza sollevare i sospetti di qualche prefetto rompicoglioni. Magari la droga l'aveva presa lei per fare un'uscita tanto assurda. Perchè non te ne torni dentro a fare quello che stavi facendo ed avrei potuto concluderla qui, se non mi fosse sfuggito anche un con David? Mi pentii subito di aver buttato fuori il nome del ragazzo, perchè questo suggeriva che li avessi visti, che li avessi spiati in qualche modo. Magari la Scott avrebbe persino potuto credere che mi avesse dato fastidio vederli insieme. Non fosse mai. O con chiunque altro, comunque. Cani porci, il vice White e la figlia, insomma, a suo gusto. Okay, avevo parlato fin troppo, e me ne pentii. Distolsi lo sguardo da lei, portandolo al mozzicone spento e tirai fuori la bacchetta, con l'intenzione di farlo sparire. In parte fallii, perchè invece che dissolversi nel nulla, quello esplose con un rimbombo e qualche lucetta di troppo. Effetto sorpresa non voluto, mi capitava, a volte, quando le emozioni erano destabilizzanti, che gli incantesimi mi uscissero male, ci stavo lavorando. Merda. Tra l'altro quando cannavo gli incantesimi c'era sempre Reina ad assistere! (ergo era colpa della sua influenza negativa)
    Se sapevo perchè Reina ce l'avesse con me? Assolutamente no, forse si era alzata con il piede sbagliato, magari anche lei si stava annoiando, ma non pensasse che io potessi essere la sua valvola di sfogo perchè l'avrei gambizzata subito.
    Me ne fregava qualcosa? Meno di zero, finchè non mi pestava i piedi potevo sopportarla. Non era mia nemica, speravo vivamente che non si infilasse nella via per diventarlo, anche se pareva ci stesse provando.
    Non volevo spifferare ai quattro venti cosa fosse successo nell'aula di pozioni, ero riservato abbastanza da volere che rimanesse un fatto privato. Ed il fatto che lei stesse alludendo a ciò che era successo, in quel modo, segretamente mi feriva. Non avrei risposto al fuoco con il fuoco, non avrei tirato fuori quell'argomento, perchè una volta portato alla luce del sole avrebbe perso tutto il gusto che aveva avuto fino a quel momento. Sapevo io cosa avesse sentito il suo corpo, come i suoi muscoli avessero reagito rilassandosi sotto il tocco delle mie mani. E non lo avrei rivelato a nessuno.
    Tutto bene Reì? Stai cercando di dirmi qualcosa che non colgo? Potevo capire che avesse delle reazioni un po' bizzarre e che si comportasse in un modo per ottenere qualcosa, ma ancora non l'avevo decifrata come avrei voluto. Puntai lo sguardo serio nei suoi occhi, mantenendo una certa distanza dal suo corpo, e continuando a combattere con quel desiderio che mi spingeva verso di lei, come non fosse trascorso un secondo da quel dannato pomeriggio.
    Non mi conosce per niente. Tagliai corto, al ragazzo con il drago, mantenendo lo sguardo serio su Reina.
    Non potevo combattere due fuochi, comunque. Da una parte Reina che provocava per chissà quale misterioso motivo, e dall'altra il ragazzo che provava ad annusarmi i capelli. Da quella posizione ci avrei messo poco a dargli una testata, se fossi stato così cattivo. Ma non lo ero. Tu stai rischiando. Mi limitai a dirgli. E poteva prenderlo come voleva, quell'avvertimento.



    Seán Hardice - II - 80 17 - Scheda - Diario - mask



    Interagisce con Jasmine e Reina


    Edited by seán - 17/7/2022, 16:00
     
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    Sapeva bene che niente di quello che aveva provato quel giorno era reale, di quello che entrambi avevano provato. Era stata solo una piccola e breve illusione quella che li aveva spinti ad avvicinarsi, sfiorarsi, desiderarsi e, infine, baciarsi. Non era stato nemmeno un gran bacio, si poteva fare di meglio, loro avrebbero potuto fare di meglio. No! Che pensiero stupido. Era il ricordo di quelle sensazioni a farle pensare cose ridicole, solo per una manciata di minuti in cui si era sentita come creta tra le sue mani, oltre che totalmente dipendente dal sapore del suo respiro. Per questo, quando i suoi occhi incrociarono quelli sorpresi di lui, tutti gli sforzi che aveva fatto fino quel momento per non pensarci si presero per mano e si sfracellarono allegramente al suolo saltando dalla torre di Astronomia. Miraggio, inganno, allucinazione, chiamatela come cazzo vi pare, restava il fatto che anche se finto era tutto stampato a fuoco nella sua testa, e non si spiegava nemmeno il motivo dato che aveva già fatto ben altro che un bacetto e un massaggino. Ma forse proprio perché era stata spinta a fare qualcosa che non avrebbe voluto, ora si sentiva vulnerabile. E lei odiava sentirsi così. Solo per quello. Anche il fastidio che provava in quel momento, nasceva dall'essersi sentita raggirata, non certo perché se ne stava attaccato alla bambolina bionda. Nulla a che fare con quello. Si ritrovò a far rimbalzare gli occhi da lui alla Corva senza apparente motivo, sperando la maschera celasse il movimento, ma anche se non le avesse concesso quella privacy poco importava, lei si stava solo preoccupando per l'incolumità della sua compagna. Era fatta così, un gran cuore.
    -Ci scusiamo se noi umili mortali abbiamo disturbato vostra altezza- continuò sarcastica prendendo leggera il vestito ai lati e facendo una piccola riverenza derisoria, allargando così lo spacco già pronunciato fin quasi al limite della biancheria nel caso l'avesse avuta. Stava per riprendere con altro che la rendesse fastidiosa, quando il moro scoprì il fianco a facili battute
    “.. con David, o con chiunque altro, comunque” le sopracciglia si alzarono sotto il pizzo nero che le celava il volto. Quella era una sorpresa. Certo non si aspettava che le sue mosse venissero osservate da altri, ma la cosa più sorprendente fu che saperlo le aveva causato un certo piacere. Si ritrovò a sorridere come una cretina, godendosi il semplice fatto che la stesse osservando, quando in genere a lei non piacesse affatto che la guardassero troppo a lungo. Non appena se ne accorse, dopo essersi mentalmente insultata, trasformò il sorriso in un ghigno, molto più normale da vedere sul suo viso e cercò di dissimulare, come se la cosa non la toccasse. Come se non avesse provato piacere a sapere che stesse guardando lei e non la sua presunta accompagnatrice
    -Devi averci guardato proprio bene per aver riconosciuto sia me che lui- non era affatto una domanda, non sarebbe servito che confermasse l'ovvio. Avrebbe potuto chiedergli se gli era piaciuto lo spettacolo, ma evitò. Anche quella sarebbe stata una domanda superflua, forse, a giudicare dalla sua faccia
    -David è andato dalla sua ragazza, quindi si, magari andrò da chiunque altro- fece due passi in dietro, pronta a riprendere la sua strada, quando lo vide estrarre la bacchetta. Per un attimo pensò volesse schiantare lo stupido coniglio iperattivo e si arrestò volendo assistere alla scena, ma poi si scoprì volesse solo fare l'ecologico. In modo imbarazzante, tra l'altro. Fu sul punto di offrirsi per dargli qualche ripetizione di incantesimi, tanto per farsi beffe di lui e delle sue scarse capacità con la bacchetta, ma si morse la lingua giusto in tempo. Ci pensasse la sua fidanzatina ad occuparsi del damerino acido.
    Ancora una volta si ritrovò a suggerire alla bionda di fare attenzione, era così incazzata. Non le importava niente se lui si fosse mosso soggiogato dal filtro che avevano preparato, era una cosa che aveva messo in conto quando si era offerta volontaria per provarla dato che lui si era rifiutato di farlo. Lo avrebbe respinto, avrebbero saputo che la pozione funzionava e sarebbero potuti tornare ad ignorarsi come fatto fino quel momento. Invece no. Prima le aveva detto una cosa, poi aveva fatto l'esatto opposto. Non si sentiva stupida per essere stata attratta da lui per quel maledetto intruglio, si era sentita stupida per essere stata raggirata da lui. Perché no, non era una gran bugia o un grande inganno, almeno quelli li avrebbe potuti anche giustificare, ma era una cosa così stupida. Non sopportava essere presa per il culo. Non le importava che ne avesse ingerita così poca da permetterle comunque di prendere le distanze. Lo aveva fatto subito dopo aver detto che non sarebbe successo. Presa in giro solo per gonfiare il suo ego e vederla ai suoi piedi, probabilmente. Intollerabile.
    “E l'aveva già presa la pozione durante il massaggio?” Affanculo anche la sua testa.
    Poi di nuovo, ancora una volta, disse qualcosa che la lasciò come una statua di sale. Rei? Corrucciò le sopracciglia mentre si toglieva la maschera, tornando ad osservarlo con espressione confusa. E adesso chi diavolo era Rei? Aveva appena usato un nomignolo? Con lei? Cresciuta tra gli oggetti smarriti dove al massimo le si rivolgevano con “ehi tu, cosa”. Era questo che succedeva quando si passava il tempo con una persona e ci si parlava? Ci si prendevano confidenze? Queste avrebbero portato ad un'intimità, sia essa di qualsiasi tipo, fino a ritrovarsi legati in qualche modo. Lo sguardo si fece sempre più confuso, ed era bastata una sola parola perché, sotto sotto, le era anche piaciuto. L'idea che ci fosse qualcuno che potesse conoscerla non sembrava così male, ecco perché era un'idea che andava eliminata. Quello, era il momento di levare le tende e fuggire. Per fortuna anche lui negò quello che stava dicendo il tizio peloso. L'invadente tizio peloso. Fu un bene che lei e Hardice non fossero amici, o in quel momento gli avrebbe chiesto in prestito il coltellino argentato che portava sempre con se, per infilzare la pancia dello stupido coniglio e guardare se ne uscissero fuori caramelle. E avrebbe sorriso guardandolo agonizzare a terra, se caramelle non ne avesse trovate. Ma non erano amici e non si conoscevano.
    -No, infatti- rispose anche lei fissando gli occhi di lui prima di voltarsi. Era stanca. Quella serata era stata una noia e una pessima scoperta. C'erano cose di se che era meglio restassero celate. Voleva solo che finisse il prima possibile e la lasciassero libera di rintanarsi in stanza a riposizionare le distanze che aveva sempre tenuto. Non aveva più voglia di stare li a combattere una guerra senza armi. Sentì l'asiatico pronunciare un'ultima frase, si era eccitato per via della cannella. Anche lei. Stupida pozione. Ma non gli rispose. Non avrebbe parlato con un coniglio, quelli erano buoni solo al forno con le patate.
    -E di alla tua ragazza di darti ripetizioni di incantesimi, fai pena- non era riuscita a mordersi la lingua quella volta. Riprese il viale che aveva portato le coppiette felici al ballo e si allontanò dal gruppo vacanze Piemonte di qualche metro, lasciando che dal terreno si creasse una panchina in legno intrecciato su cui potersi mettere comoda posando la maschera al suo fianco, accavallando la gamba nuda su quella ancora coperta dall'abito, ad aspettare che la tortura finisse o che un improvviso calo delle temperature la congelasse sul posto. Aveva sempre trovato affascinante l'idea di morire giovane.


    Citati Jaemin e Chanel, interagito con Seàn.
    Se ne è andata a giocare un po' più in la aspettando la fine del ballo o della vita. Quello che arriva prima.

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    Lo lasciai parlare, rispondere ed assimilare le diverse domande e affermazioni che gli avevo posto. Quel tempo servì a me per potermi calmare un pochino e cercare di darmi un controllo. Le mie amiche non gli piacevano ma questo non era un buon motivo per allontanarmi da loro erano pursempre le mie amiche ma potevo cercare di comprendere che non tutti possono piacere a tutti. Il cielo stellato sembrava avvolgerci in un abbraccio che serviva a calmarci e i miei occhi per un attimo si persero nella bellezza del lago che era di fronte a noi. Quando la questione si spostò sul nomignolo che mi aveva accostato, David sembrò non comprendere «Beh, a me piacerebbe che restasse una cosa tra me e te. Solo nostra e non di proprietà di altri... visto che potrebbero chiamarmi così...» Era un qualcosa di mio e suo non di tutta la scolaresca. Non volevo essere presa in giro mi faceva stare male e sarei potuta arrivare ad odiare quel piccolo nomignolo quando, poteva restare una cosa tra me e lui. Come un nostro minuscolo segreto. Chissà forse avrebbe intuito che il mio dire era per una cosa che volevo fosse nostra e non di altri. La paura che le persone vicino a me si vergognassero di quella che ero e di come ero fatta usciva spesso fuori. Eppure sapevo di non avere niente di così orribile o tanto da far vergognare qualcuno ma nella mia testolina era difficile inserire il pensiero che qualcuno restando vicino a me non si sentisse a disagio. Alzai gli occhi verso di lui e quando sentii perdere leggermente l’equilibrio avvertii il suo braccio sostenermi. Lui non si rendeva nemmeno conto di quanto cercasse di essere distaccato e super impassibile e poi con piccoli gesti mi dimostrava che non era propriamente così. La mia mano si posò sulla sua giacca, per istinto ed aggiunsi «Sono felice di sentirti dire questo...» la sua domanda nel venire con me al ballo mi aveva dato un’altra conferma oltre alle parole che aveva pronunciato prima. Sorrisi dolcemente anche se un pochino stanca per la sfuriata fatta prima, non ero abituata e il potere di metamorfomagus rendeva tutto più complicato. La domanda che mi pose subito dopo mi lasciò leggermente stranita. Come poteva non capire il perché volessi conoscerlo? Lui non aveva la curiosità di conoscere me? Cercai le parole giuste da dire, ma di solito non ero molto brava in questo, ci provai: «Davvero? Io vorrei conoscerti perché... perché mi incuriosisci... Sai di solito quando due persone provano qualcosa, che sia amicizia o altro cercano di conoscere il giusto dell’altro per poter andare avanti... come se uno volesse giocare a quidditch no? Vuoi conoscere il gioco e i suoi trucchetti per migliorarti ed essere il compagno perfetto per la squadra, ma se non conosci i tuoi compagni, il loro gioco e il gioco in se non puoi nemmeno provare a vincere...» Feci una faccia leggermente dubbiosa. Non ero proprio convinta di essermi spiegata ma suvvià doveva pur arrivarci. In fondo e senza volerlo avevo dichiarato di sentire qualcosa per lui quindi perché dovevo e volevo conoscerlo, era logico... Mi spostai leggermente la gonna del vestito ed aggiunsi «Ok, si fa schifo come esempio e non sono ferrata nel quidditch...» Feci una piccola risatina anche un pochino imbarazzata. Lo vidi avvicinarsi ulteriormente e mostrarmi la maschera da coniglietto che aveva in mano. Come l’aveva avuta lui? Non l’avevo lanciata a terra? Le mie domande ebbero una risposta. «Cosa?» Kkynthia? Kynthia aveva preso la mia maschera ed era andata da lui? Perché... perché aveva voluto aiutarmi? Se l’intenzione era davvero stata quella... Non aggiunsi altro e lasciai che David mi posizionasse la maschera sul mio viso e poi si allontanò di qualche passo. Volevo allungare la mano per fermarlo ma ricordai della sua reazione nel tendone quando gli presi la mano. Il suo viso aveva leggermente cambiato espressione, io, le piccole cose le notavo. Così mi fermai e ritirai il braccio indietro posandolo sul vestito. Avevamo urlato, lo avevo preso a pugni sul petto eppure non riuscivo a tenere il broncio a lungo, nemmeno con le mie amiche. Beh tranne Kynthia ma li la questione era diversa ero stata ferita e molto duramente e adesso mi ero chiusa per proteggermi per non ricadere come allora in un vortice che mi avrebbe condotta giù, nel profondo buio di me stessa e non sempre avrei avuto una Sky ad aiutarmi, come aveva fatto, salvandomi e restandomi vicino. David sembrava aver trovato, anche lui, la calma e così mi chiese cosa volevo fargli vedere fuori. «E’ una stupidaggine...» risposi prontamente. Mi rendevo conto che riuscivo a trovare la bellezza in cose che gli altri non vedevano così speciali. Dovevo sembrare ridicola. Ormai avevo detto che gli avrei fatto vedere qualcosa e tirarmi indietro era ancora peggio. Così gli diedi le spalle ed iniziai ad incamminarmi «Vieni...per favore.» Alzai con le mani la gonna del vestito per non inciampare e proseguì per qualche metro costeggiando la riva del lago e poi salendo un piccolissimo rialzo dove vi erano degli alberi molto grandi e che con il buio mettevano un pochino di inquietudine. Feci un pochino di fatica con le scarpe che avevo e quasi scivolai «Per la barba di merlino... sto bene!» aggiunsi subito. Una volta salita superai qualche albero per poi ritrovarmi il lago proprio di fronte con l’acqua che poteva bagnarci i piedi se solo avessimo fatto qualche passo in più scendendo un piccolissimo dislivello. Il cielo si rifletteva nelle sue acque e per quanto l’oscurità potesse far paura, in quel momento era bellissima. Alberi, piante e luci si univano alla bellezza del lago e divenivano un posto meraviglioso. Mi fermai e il mio viso si illuminò. Nei miei occhi si rifletteva la bellezza, mentre un piccolo sorriso delicato e spontaneo si disegnò sulle mie labbra. Mi voltai per guardare David ed aggiunsi «Lo so... te l’avevo detto che era una stupidaggine...» cercai di giustificare un qualcosa che a me invece emozionava tanto «però... a me piace...» dissi sottovoce. Speravo che il confronto avuto fosse servito a scoprire qualcosa in più di noi per noi stessi e nei confronti dell’altro. Forse avevo esagerato un pochino ma questo che stavo provando all’interno di me era nuovo e mi sentivo confusa a volte. Avevo ben capito che parlare di David con Sky era meglio evitare e io non volevo assolutamente crearle disturbo o fastidio, quindi confrontarmi con qualcuno era difficile. Avrei scoperto e capito da sola quello che ancora mi sembrava annebbiato. Mi morsi il labbro mentre i miei occhi si stavano perdendo in quella bellezza... «Ehm... prima di tornare nel tendone, ti va di restare qui solo qualche minuto?» chiesi timidamente arrossendo leggermente «Se ti va... oppure puoi andare...» aggiunsi a voce bassa. Non lo avrei mai obbligato a restare con me, era una sua scelta ma era chiaro che se fosse rimasto mi avrebbe reso contenta senza recarmi alcun fastidio anzi... era sottointeso che gli stavo chiedendo di non andare via.



    Interagito con: David
    Nominate Kynthia e Sky.

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  10. seán
     
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    Persino uno stupido avrebbe capito che Reina fosse infastidita dalla presenza della corvonero al mio fianco e questo mi faceva sorgere parecchie domande. Anche se potevo sforzarmi per arrivare al motivo di tanta apprensione, visto come spostava lo sguardo intrigante da me alla ragazza al mio fianco, in verità non riuscivo davvero a capire. Non riuscivo a comprendere perchè si stesse comportando così, parlandomi come se fossi un suo nemico, come se in qualche modo le avessi fatto del male senza nemmeno volerlo. Ma avrei cercato di non rispondere alle sue provocazioni, preferendo lasciarmele scivolare addosso, come sapevo fare bene (o come avevo saputo fare fino a quel momento). Tipo...quando poi mi prese per snob, facendo un inchino e sollevando i bordi del vestito, che si allargò vertiginosamente mettendo in mostra ulteriori centimetri di pelle. Lo sguardo mi cadde proprio lì, sull'inguine, come catturato tra le ragnatele del suo abitino. Spostai gli occhi sul coniglio, per studiare la sua reazione a quella scenetta. Era colpito? Poi guardai la corvonero, e lei lo era? Fregava qualcosa a qualcuno? Pareva di no. Io sicuramente non volevo farle credere che fossi in qualche modo colpito da lei. Lo ero, certo, ma in negativo, senza alcun dubbio. Non mi piaceva chi dava mostra di sè in questo modo, lo trovavo lascivo.
    Attraente, sì, audace senza dubbio, e selvaggio, ma a tratti anche osceno.
    E comunque era lungi da me volerla dissuadere da ciò che pensava, non volevo certo farle credere di non essere lo snob che invece ero. Totalmente vero. Mi limitai ad una scrollata di spalle, con sguardo divertito da quelle parole. Poteva chiamarmi Maestà se voleva, non mi sarei offeso.

    Piuttosto mi sentivo in difetto per altro: mi prudeva il fatto che pensasse l'avessi spiata dentro il tendone e mi infastidiva che avesse capito che il mio interesse era stato catturato da lei e David e dalle loro effusioni. Mi sentivo come spogliato di una maschera, messo a nudo. Ed il bello di tutto ciò era che io stesso mi ero messo in quella condizione, da solo. Dunque cercai di confondere le acque. Difficile rimanere anonimi e con gli occhi l'avrei guardata da capo a piedi, con nessuno sguardo in particolare con un vestito simile. Di ragazze poco vestite ne avevo viste tante, anche la corvonero al mio fianco lo era, ma trovavo l'outfit di Reina il più osè di tutti. Senza contare che ero ancora convinto che non portasse le mutande.

    David era fidanzato? Onestamente non avevo visto l'Harris uscire dal tendone per dirigersi dalla sua ragazza, non era lui che stavo osservando. Ma chi meglio della serpeverde poteva saperlo, dato che parevano così tanto in confidenza? Da una parte questo non cambiava niente, al contrario, forse rendeva la situazione ancora peggiore e magari Reina non se ne rendeva conto, magari non le interessava, ma non ci faceva proprio bella figura, non ai miei occhi, anche se per lei non ero nessuno.
    Sgranai gli occhi. Te li scegli pure fidanzati? Quando giorni addietro avevamo parlato dei nostri "tipi" aveva omesso questo piccolo dettaglio. Non me lo avevi detto. Ghignai. Non potevo giudicare i gusti degli altri.

    Avrei sorvolato sulle sue frecciatine, se non avesse toccato il mio orgoglio facendo commenti sul mio talento come mago. Allora storsi il capo e la guardai serio. Quello sì che fece male, e ci rimasi di merda perchè era vero. In sua presenza avevo fatto solo due incantesimi e li avevo cannati entrambi, ed anche se pensavo di non doverle niente, di sicuro non mi faceva piacere passare per un mago scarso, perchè sapevo di non esserlo. Non sprecai nemmeno fiato per spiegarle che la corvonero al mio fianco non era la mia ragazza, che importava??
    Adios...Sollevai la mano per mimarle un ciaone, quando lei ipotizzò di andare da "chiunque altro". Eppure mi chiedevo cosa le avessi fatto di così terribile per far sì che ce l'avesse con me in quel modo. Decisi che fosse arrivato il momento di togliere le tende e tornare al castello. La mia presenza al ballo era durata giusto il tempo di una sigaretta. Buonanotte, divertitevi. Annunciai la dipartita ai ragazzi fuori dal tendone. Ero sicuro non avrebbero sentito la mia mancanza. Mi allontanai di qualche passo, seguendo Reina con lo sguardo. Ma non appena la vidi sedersi si una panchina distante, spinto dalla curiosità, la seguii. Mi avvicinai a lei con passo molto tranquillo, sebbene fossi amareggiato per le sue ultime parole. Rimasi in silenzio per un po', nonostante lei mi avrebbe visto arrivare e sostare poco distante da quella panchina. Nonostante lei forse mi detestasse, e io certo non la trovavo simpatica, mi sentivo attratto da lei. Forse solo in ricordo di com'era stato quel pomeriggio di qualche giorno prima. Non volevo litigare, volevo tirare fuori una bandiera bianca, per arrendermi. Perchè ero curioso di capire, perchè avevo provato interesse per lei, quel giorno, indipendentemente dalla pozione. Ti hanno annacquato il bicchiere? Perchè ce l'hai con me? Magari adesso che eravamo soli avrebbe fatto meno la gradassa. Eppure l'altro giorno... Sembravamo capirci, almeno un po'. La sua vicinanza mi riportò a quel giorno, di nuovo, ma scacciai quello stupido pensiero.



    Seán Hardice - II - 80 17 - Scheda - Diario - mask



    Interagisce con Reina, citati David, Chanel e Jaemin


    Edited by seán - 17/7/2022, 16:00
     
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    Axel
    «Lo sei eccome e a nessuno piace essere rimbeccato» men che meno da te, ma quella parte preferì tenersela per sé. Il broncio della Métis sapeva essere adorabile nella sua inoffensività e c’era da dire che il Dragonov avesse un certo debole per le suppliche ed il cipiglio imbronciato in genere. Ma una cosa aveva imparato, quel broncio sapeva trasformarsi in una gigantesca rottura di coglioni se avesse calibrato male le misure. In un attimo si sarebbe stizzita e si sarebbe lanciata in un’infinita lotta verbale di cui gli importava meno di zero. Perché finiva sempre così con lei, tutto si trasformava in una competizione alla supremazia, concetto che al Serpeverde importava relativamente in quanto sia a livello di stazza che per esperienza nei duelli continuava ad essere molte spanne avanti alla Corvonero. Era naturale che lo fosse con il suo passato alle spalle. Un passato di nome Ethan Kontos e prima ancora di lui, Dimitar Dragonov.
    «No. Aspetta!» La bionda saltò in piedi quando il mannaro le voltò le spalle concretizzando la sua minaccia con l’incipit di un passo in avanti. «Io vado» replicò, il ghigno sulle labbra di uno che sa di avere la vittoria in tasca. Skylee neutralizzò quella poca distanza che aveva messo e si aggrappò prepotentemente al suo braccio, lasciandolo interdetto, il sopracciglio inarcato, sfoggiando due occhioni scintillanti assolutamente irresistibili. «Nanerottola io guardo male tutti di base sovrappose la mano, ben più grossa, sulla sua e le sfiorò i capelli scompigliati con la tempia. Con una certa resistenza la trascinò dentro e al suo ennesimo tentativo di dissuaderlo dal continuare a procedere, uno sbuffo semi ringhiato avvertì la ragazza che non avrebbe tollerato un capriccio di più. Oltrepassarono la soglia e a dispetto di quello che le aveva appena promesso, ovvero di guardare tutti in cagnesco, se ne sbatté altamente procedendo a zonzo per la sala dandole l’impressione di sapere esattamente dove andava quando invece stava facendo un giro di ricognizione. «Sai, quella è opera mia...» Il pigolio della bionda lo distrasse dalle sue divagazioni mentali ed abbassando lo sguardo seguì la direzione di quello della ragazza rivolto verso l’apice della tenda. Lì, dove avrebbe dovuto trovarsi la punta della stessa era invece mozza e questo spiraglio rifletteva esattamente verso la luna. L’astro in cielo era visibile in una minuscola porzione ed il mannaro s’irrigidì naturalmente fissandolo. Ogni suo pensiero, ogni fibra di sé, si sentì attratta da quello spicchio e allo stesso tempo lo rifuggiva ricordando vivamente gli orrori a cui una dozzina di giorni prima il suo corpo era stato sottoposto e piegato. Odiava la luna e odiava ciò a cui lo riduceva. Scosse il capo e di tutta risposta evitò di proferire parola chiudendosi in uno stoico silenzio. Il suo istinto gli diceva che non avrebbe gradito, che sensibile com’era al momento, ci sarebbe rimasta più male del dovuto per quello che era unicamente un suo personale problema con la sua natura. Abbozzò una smorfia stringendo la mandibola ed evitando di chinare il capo affinché lei potesse leggergli in viso cosa cercava di celarle. «Smettila di denigrarti. Non ti conoscono e basta!» Replicò brusco, più piccato del normale a causa del pensiero ancora rivolto al cielo sopra di loro. Però Axel aveva ragione. In quella tenda, nessuno dei presenti, proprio nessuno, la conosceva davvero, per la vera Skylee. Forse, azzardava dentro di sé dagli sporadici racconti a cui lei si era lasciata andare, nemmeno quelle che definiva “sorelle” la conoscevano davvero. Lei era libera, sé stessa, vulnerabile solo quando era con lui. Lo aveva ammesso a denti stretti quando gli aveva rivelato di sentirsi al sicuro in sua presenza. Questo per Axel significava totale fiducia, fiducia che non l’avrebbe pugnalata o venduta o qualsiasi altra versione del tradimento che poteva concepire. Era una grossa responsabilità se avesse deciso che gli importasse.
    «Ti piace? Il ballo in generale intendo...» Le riflessioni del mannaro vennero interrotte di colpo a quella domanda malinconica e nonostante la sua espressione fosse ancora tra il serio ed il tirato abbassò comunque lo sguardo al viso di lei. Fissava assorta la luna, i denti che stringevano voluttuosi un lembo del labbro inferiore quasi fosse tentata da qualcosa. Che fosse il ballo stesso? «I balli mi piacciono» le rivelò con un’alzata di spalle. A lui piaceva ballare, seguire la musica e si doveva dire con una certa obbiettività che gli venisse naturale muoversi con eleganza conducendo i passi di un lento. Continuò ad osservarla mentre un’idea prendeva forma nella sua mente. «A Nesebăr non siamo riusciti a rifarci» cominciò roteando la sua posizione a modo che si trovasse di fronte alla ragazza. La fissò in quegli spettacolari occhi bicolore quanto incerti. «Dici di fidarti di me», non lo aveva proprio detto ma in quelle piccole ammissioni il senso sottinteso era quello. «Lasciati guidare, accontentami La maschera non se l’era più calcata in viso pertanto la Corvonero poté vedere le sopracciglia del bulgaro alzarsi in quella tacita richiesta mentre uno dei suoi luminosi sorrisi sghembi andava facendosi largo sul viso. La tirò gentilmente guidandola verso la pista e solo quando furono al centro si arrestò. Le circondò con un braccio la vita poggiandosi una delle sue mani in spalla. «Fottitene del resto, guarda me» la incitò quando i suoi occhi spauriti si guardarono attorno. Se l'avesse seguito non avrebbe avuto di che temere.


    porta a ballare Sky


    Edited by Dragonov - 14/7/2022, 00:45
     
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    Non si stava divertendo, nonostante stesse facendo quello che più le piaceva e veniva meglio -la stronza-, non riusciva a trovarlo divertente. Non era come poco prima con Harris, quando vedere le facce del povero ragazzo alle sue battutine le aveva provocato un malcelato piacere. Ora non era divertente ed era pure incazzata. Non tanto con Hardice, ma con se stessa. Provava fastidio nel vederlo al fianco della Corva, come una cretina qualsiasi che provava gelosia verso la sua prima cotta. Ma lei non era gelosa, ovvio. Le dava solo fastidio perché.. vabbhé non lo aveva ancora capito il perché, e non le interessava farlo. A volte si avevano meno problemi restando nell'ignoranza. Per di più era tutto tremendamente stupido perché nemmeno si erano mai considerati prima, si erano parlati solo una volta, e quindi? Tutto quello capitato quel giorno era qualcosa su cui al massimo avrebbero dovuto ridere, un errore fatto con la superficialità di due studenti che non avevano ancora tutte le competenze per evitare danni collaterali del genere. Eppure, per quanto difficile e umiliante da ammettere, non aveva mai riso ripensandoci. E ci aveva ripensato parecchio. Aveva ripensato al modo in cui l'aveva fatta rabbrividire tra le sue braccia, o al cuore che accelerava quando le loro labbra si erano unite, così come si era data dell'idiota per averlo allontanato e messo fine a quel momento dannatamente breve. Perché tanto faceva sempre così, lei allontanava tutti, così non avrebbe mai corso il rischio di essere lasciata di nuovo, in mezzo a una strada o sugli scalini di un istituto, per esempio. E, nonostante questo, si era scoperta a desiderare di rifarlo. Di baciarlo ancora, di stringersi a lui e potersi sentire piccola senza la paura di rompersi in due. E questo era sbagliato. Le soluzioni erano due: cancellare quella seppur minima connessione che pareva si fosse creata, magari a causa del contesto e delle micro confessioni personali, sputandoci sopra veleno, oppure eliminare Hardice. Non riusciva ad immaginarsi altre vie d'uscita.
    Se ne stava in piedi, davanti a lui, a testa alta fingendo una sicurezza che non aveva mai avuto mentre lui la squadrava da cima a terra facendola sentire umiliata per le sue scelte, a detta sua, discutibili. Ma non glielo avrebbe mai fatto sapere, continuando a guardarlo con occhi freddi e un sorriso sfrontato stampato in faccia. Come al solito, non avrebbe lasciato che l'opinione di un signor nessuno avesse il minimo impatto su di lei, o almeno questo avrebbero dovuto pensare gli altri. Di solito era così in effetti, non le importava mai niente e non si disturbava a dover fingere. Di solito.
    Corrucciò le sopracciglia e lo guardò con occhi confusi mentre l'accusava di cose che non capiva. Quando mai aveva scelto qualcuno? E anche fosse, perché mai avrebbe dovuto dirlo a lui?
    -Cosa?- chiese senza capire cosa c'entrasse David nella questione, ma poi collegò i puntini. Li stava osservando mentre gli aveva mordicchiato l'orecchio, e si, da un punto di vista esterno in effetti poteva anche sembrare qualcosa che non era. Non ci aveva pensato, anche perché non avrebbe mai creduto di doversi giustificare. Almeno non con lui, visto che era l'unica persona con cui si fosse ritrovata a parlare di certe cose e a cui aveva candidamente ammesso che non si sarebbe mai fatta fregare ed ingabbiare in una relazione. Che cazzo. Nemmeno l'aveva ascoltata. Fiato sprecato, faceva bene a non lasciare che la gente si avvicinasse, tanto vedevano solo quello che volevano. Magari era comodo così. Però era delusa, a sentirlo parlare quel giorno doveva averlo sovrastimato. Sarebbe stato meglio fosse rimasto muto come suo solito, a fare Mr. Enigmatico e basta, così ora non si sarebbe trovata a doversi giustificare
    -Spari tante stronzate per uno che non dice mai un cazzo- come le fosse venuto in mente di ripetere l'esperienza, ora, proprio non se lo spiegava. Era evidente che, i due, non si capissero affatto. Che serata del cazzo. Andasse al diavolo, lui e la sua ragazza perfetta.
    Era ora di girare i tacchi e tornare da dove era venuta, a star li avrebbero solo continuato a farsi rimbalzare addosso frecciatine e, per il momento, non lo trovava così spassoso. Almeno non con lui. Che diavolo, a ripensarci le saliva solo più nervoso. Ora si sentiva stupida due volte, prima per aver desiderato che le cose si ripetessero, e poi perché, probabilmente, aveva preso un abbaglio e la persona con cui aveva parlato quel giorno nemmeno esisteva davvero. Almeno non per come lo aveva visto. Di certo non l'ascoltava, e questo era un dato di fatto. Sarebbe stato semplice passare oltre, sarebbe dovuta essere contenta di questo, ma non lo era.
    Si accomodò su una panchina spuntata per l'occasione, anche se comoda era un parolone. Era esausta, era stata alla serata al massimo per mezz'ora e le aveva risucchiato le energie. Sentì lo stomaco brontolare, non aveva nemmeno mangiato niente, troppi drammi. Poggiò la maschera al suo fianco e si fissò la gamba scoperta. Eccessiva. Che palle. I balli erano ridicoli. E i balli a tema pure peggio. Si massaggiò gli occhi stanchi finché non sentì dei passi che si avvicinavano, non ebbe nemmeno bisogno di riaprirli per capire di chi si trattasse. La nuvoletta di cannella che lo faceva sembrare un biscottino, per lo meno a lei che era affamata, era già un annuncio di per sé. Buffo, per uno che non faceva altro che desiderare di rimanere solo trovava sempre il modo di trovarsi con qualcuno. Sentiva fosse vicino, ma i passi si erano fermati, questo la spinse a riaprire gli occhi e voltare il capo nella sua direzione per capire cosa stesse facendo. Magari stava cercando di liberarsi di lei per aver colpito il suo ego di mago ferito, ma che ci poteva fare? Non gli aveva mai visto fare un incantesimo che funzionasse. Stesse tranquillo comunque, avrebbe trovato di certo qualche ragazza che si sarebbe prestata a dargli ripetizioni e non solo, non aveva di che temere.
    Puntò lo sguardo sulla sua figura, immobile, che non accennava a dire o fare nulla. Sospirò. Voleva i secondo round?
    -E siediti Hardice! Mi sembri un avvoltoio- si spostò dal centro della panchina per arrivare quasi al bordo, in modo da lasciare spazio tra i due nel caso si fosse seduto davvero -Non ti salterò addosso, tranquillo. L'effetto di quella cosa è finito da un pezzo- perché avesse dovuto parlarne di nuovo non le era chiaro, ma si morse la lingua fisicamente per averlo detto. Non avrebbe dovuto aprire quel discorso imbarazzante. Però aveva ragione, ce l'aveva con lui per un motivo stupido da farla sentire ridicola, ma non poteva farci niente
    -Perché hai bevuto la pozione dopo aver detto che non lo avresti fatto?- non si risponde ad una domanda con una domanda, ma lei era Reina e non avrebbe riconosciuto delle buone maniere nemmeno se le si fossero avvicinate a solleticarle le tette
    -Sei solito fare l'opposto di quello che dici?- il tasto dolente che l'aveva fatta sentire ridicola. Un po' perché l'aveva presa in giro per il gusto di vederla inerme al suo fascino artificiale, o almeno così credeva lei, un po' perché, anche se per una cavolata, ci aveva creduto. Le era proprio venuto naturale fidarsi di quello che diceva. Ed era terrificante rendersi conto di quanto ascendente avesse guadagnato in un'unica, stupida, volta in cui si erano incontrati.
    -Eppure l'altro giorno cosa?- forse sarebbe stato meglio rimanere con il coniglio. Non voleva parlarne. Non le piacevano le bugie, nemmeno se era lei a dirle. Non si vergognava di quello che faceva, mai, o non lo avrebbe proprio fatto. Eppure parlarne l'avrebbe messa solo in imbarazzo e l'unico modo di uscirne sarebbe stato quello di mentire se lui le avesse fatto domande sbagliate
    -Abbiamo bevuto una cosa che ha fatto in modo che ci piacessimo, che altro c'è da dire?- sdrammatizzò la cosa senza mai guardarlo in faccia, d'un tratto la punta delle sue scarpe luccicanti sembrava terribilmente interessante. Stava ignorando tutto quello che era venuto prima, concentrandosi solo sugli ultimi dieci minuti di quella mattinata. Si grattò la punta del naso a disagio. Quegli strani discorsi non servivano a nulla, la scuola sarebbe finita a breve e non si sarebbero più visti per mesi. Avrebbero potuto lasciar passare il tempo e tornare a scuola avendo dimenticato l'incidente. Avrebbero potuto tornare ad evitarsi ed ignorarsi mettendo di nuovo quel muro tra loro. Avrebbero potuto e avrebbero dovuto proprio perché, almeno lei, non avrebbe voluto.


    Citati Chanel e Jaemin.
    Interagito con Seàn. Seduta comoda comoda sulla panchina bitorzoluta.

    Vestito - Maschera
     
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    Era da mesi ormai che la chiamava coniglietta, quel soprannome non aveva nulla di speciale, l'aveva usato perché gli ricordava un coniglio. Col passare del tempo era diventata un'abitudine, non ci faceva nemmeno più caso e infatti quando parlava con altri di lei usava quell' appellativo. Lo stesso valeva per l' avvoltoio, una volta fatta l'associazione per lui non esistevano i nomi propri, salvo rare occasioni. Non che avesse mai chiamato quella bionda ossigenata Skylee, sia mai. «Ci penserò.» Era stranamente accondiscendente quella sera, occasione più unica che rara. Il giorno dopo sarebbe tornato il solito David, forse anche più stronzo di prima visto l' imminente incontro con quella canaglia di suo padre.
    Aveva chiesto a Rose perché ci tenesse tanto così a conoscerlo, era la prima volta che una persona si interessava a lui. Di solito scappavano tutti a gambe levate, non era facile averci a che fare e il modo arrogante e provocatorio in cui rispondeva faceva girare il cazzo alla gente; aveva fatto esplodere anche il coniglio solo che lei aveva deciso di rimanere. La risposta alla sua domanda fu strana, però capì il senso. Non è che le piaccio? Non era da escludere, tuttavia preferì non pensarci perché in quel caso avrebbe mandato tutto al diavolo, non poteva passare del tempo con qualcuno che provava quel tipo di sentimenti per lui, era fuori discussione. Il rapporto che avevano, se così si poteva chiamare, gli andava bene. Non voleva rotture di cazzo, per lui Rose era la sua coniglietta e basta. Non c'era altro. «Vediamo quanto duri, anche perché è tardi per tirarsi indietro.» Il problema era il suo caro paparino, prima o poi si sarebbe ritrovato faccia e faccia con quello stronzo di White e, quasi sicuramente, gli avrebbe detto di girare a largo da sua figlia. Per essere più precisi l'avrebbe minacciato, dietro quella maschera di gesso si nascondeva ben altro, lo sapeva. Aveva passato tutta la vita in mezzo a uomini così, da suo padre a suo zio; era importante mantere le apparenze ma la loro natura era un' altra. Era inutile pensarci adesso, non sapeva nemmeno se sarebbe tornato a Hogwarts a settembre, ne aveva le palle piene di quella scuola e poi era un lunatico; tra qualche mese avrebbe anche potuto cambiare idea sul coniglio, non aveva problemi a sfanculare la gente. Si tolse la giacca rimanendo solo con la camicia, peccato che sentisse ancora un cazzo di caldo, così si sbottonò i primi tre bottoni e con la bacchetta si bagnò i capelli. Adesso sì. «Coniglio non ce la fai proprio a non rischiare di cadere col culo a terra, vero?» La prese in giro. Gli voleva mostrare qualcosa e così l'aveva seguita, solo che se si fratturava l'osso sacro non è che potesse fare chissà cosa. Scosse la testa, aveva perso il conto di quante volte l'avesse salvata, quella ragazza a stento si reggeva in piedi. Poco dopo arrivarono a destinazione. Si guardò attorno, non era niente di che e, onestamente, aveva visto di meglio. Il l coniglio si emozionava con poco però, quindi c'era da aspettarselo. Dopo avergli chiesto indirettamente di restare era diventata rossa come un peperone.«E così mi hai portato lontano da occhi indiscreti per abusare di me, eh?» Si avvicinò di qualche passo, mantenendo però la giusta distanza. La osservò da capo a piedi, quella maschera gli ricodava le ragazze di una rivista babbana...com'è che si chiamava? Ah sì, Playboy. Il vestito che indossava era troppo coprente per i suoi gusti così, con tutta la nochalance di questo modo, le abbassò una spallina, passandole delicatamente un dito sul l braccio fino al polso per poi risalire. Lo fece altre due volte. Le gettò i capelli all' indietro, abbassò la testa e le diede dei leggeri baci sul collo, mentre con l'altra mano la teneva ferma contro di lui. Si staccò poco dopo, guardandola diritto negli occhi. «Allora?» La intimò. Avvicinò le labbra alle sue, ma non la baciò, si limitò ad osservarla. Era curioso di vedere fin dove si sarebbe spinta. Lui l'avrebbe presa anche dietro un cespuglio o nel lago, non c'erano problemi.



    Ha fatto lo sporaccione con Rose e.e


    Edited by David_ - 15/7/2022, 00:41
     
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    Corvonero
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    - Non so proprio a cosa ti riferisci - no, farle ripetere per cosa sarebbe uno sforzo inutilmente imbarazzante, forse per entrambi. Quindi in qualche modo si è accorta che io mi sono accorto del piccolo incidente con la sua scollatura. Forse non sono stato abbastanza veloce a girarmi dall'altra parte. Comunque preferisco continuare sulla strada del finto tonto, nonostante accenni ad un sorriso che, ne sono consapevole, mi tradirà.
    Il secondo accenno di sorriso è per quando Daphne si definisce onesta con anche molta sicurezza in realtà, abbastanza perchè io mi senta quasi colpevole di aver anche solo dubitato che i suoi complimenti fossero volutamente esagerati. In realtà non mi sento davvero in colpa, in fondo chi la conosce? Io sicuramente no. O almeno, non molto. Forse dopo questa sera potrò affermare di avere qualche info in più sulla ragazza, di averla magari capita un po' meglio nonostante abbia evitate di porle domande troppo personali. Comunque la sua risposta me l'aspettavo ed oltre ad essere la mia espressione a dirlo lo fa anche un cenno della testa, che più precisamente dice "sì, lo immaginavo".
    - Sì, esatto - mi ci soffermo un altro istante prima di distogliere lo sguardo per evitare di sembrare psicopatico, oltre che strano - era proprio quello che volevo dire - e le mie spalle si alzano in maniera del tutto naturale. Forse anche io sono una persona onesta di base, quando riesco ad esserlo o quando voglio esserlo. Quando voglio, ci tengo a fare passare un concetto in maniera inequivocabile ma non saprei dire se è questo il caso o se semplicemente non avuto nessun problema ad ammettere che avessi intenzione di farle un complimento. Non lo so, ancora mi sembra di non capire nulla di come funziono, di come funziona la mia testa... e questa cosa mi da immensamente fastidio. Mi ci perdo spesso in questi pensieri, magari pure seduto sul bordo del letto mentre fisso il muro oppure quando sono davanti allo specchio, perdendomi nel mio riflesso e dando l'impressione di essere afflitto da narcisismo cronico. Mi ci perdo pure in momenti come questi in cui magari sarebbe preferibile evitare, visto che ho davanti a me un'interlocutrice ora intenta a stringermi il volto fra le mani per riportarmi alla realtà - cos- sì, ero solo assorto nei miei pensieri... - in realtà la guardo stranito, sono disorientato dalla sua reazione così eccessiva direi. Possibile che avessi un aspetto strano? Non mi capacito di cosa possa averla tanto spaventata, ma comunque provvedo a sedare gli animi dando una spiegazione tanto vaga quanto vera - guarda che sto bene - confermo una seconda volta, sempre con la faccia stranita, sempre con il sorriso indagatore che si chiede cosa le sia preso così all'improvviso. Non ne ho idea, comunque deve essere stato qualcosa di importante se ha persino deciso di tagliare la regola distanza che, tacitamente, applica dal giorno zero. Magari è solo ancora scottata dalla situazione dell'attacco di panico, ecco anche perchè avrei evitato di lasciarla sola stasera - perchè non dovrei tenerci? - e in automatico come se fosse un tic, aggrotto le sopracciglia - se ti ho chiesto di stare con noi è perchè voglio - scontato, no? Non era abbastanza chiaro? La compagnia della bionda non mi dispiace, quindi non vedo alcuna ragione per cui dovremmo separarci a questo punto della serata. Però forse sto facendo l'egoista, probabilmente avrà qualcuno con cui passare il tempo, come mi lascia intendere lei stessa. Non so perchè abbia pensato che sarebbe rimasta sola, che scemo - oh, ma probabilmente hai meglio da fare - mi guardo intorno: la sala è gremita di gente, la festa è al suo culmine. Di sicuro ci saranno delle alternative migliori. Persino per me l'alternativa migliore sarebbe starmene in un posto tranquillo con le mie amiche "sostanze stupefacenti". Sono un fattone, già, questa è una grande certezza. Quindi mani in tasca mi stacco dal bordo del tendone ed inizio a chiarire le mie intenzioni con i gesti: mi allontano muovendomi all'indietro di qualche passo - comunque se vuoi, basta che mi cerchi - impormi non è da me, mi darebbe molto fastidio se gli altri lo facessero con me. E quindi butto un'occhiata in giro per scorgere Chanel un po' più distante, anche lei in compagnia noto. Non mi è sembrata una bellissima cosa mollarla lì, in pista - ci vediamo - sorrido alla serpeverde. Ci vedremo davvero tra non molto, se continuiamo ad incontrarci così, a cadenza regolare. A quel punto mi giro, inizio a muovere dei passi verso la corvonero che ho abbandonato a metà discorso.
    Spero solo che non sia alterata per questa mancanza di attenzioni... sarebbe una rottura.

    Interagito con Daphne piccola stella. Nominata Chanel, si muove in sua direzione.



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    Serpeverde
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    «Beh, grazie.» Si spostò una ciocca di capelli dietro l' orecchio, imbarazzata. Non si aspettava quell' ammissione. Credeva di averlo compreso un po' di più, invece ogni volta diceva o faceva qualcosa che la sorprendeva. Aveva capito che quando voleva sapeva essere estremamente diretto, ma in quel caso pensava che avrebbe tragiversato, Hunter era uno che non si sbilanciava più di tanto,come lei. Quella sera, però, era diverso. La colpa era in parte da attribuire al fatto che a breve sarebbe stato l'anniversario di morte di sua nonna e questo la rendeva più instabile emotivamente, non a caso era l' unico giorno in cui piangeva. Sua madre non sopportava quando frignava, quindi già da piccola aveva imparato ad essere silenziosa e, a tratti, invisibile. E quei spiacevoli ricordi li aveva rivissuti nelle sue trance. Si era accorta che Hunter era perso nei suoi pensieri, per questo gli aveva preso il viso tra le mani preoccupata, magari ne stava avendo una anche lui. Perché si preoccupasse così tanto per lui restava un mistero, infondo era solo un estraneo. Anche se , riflettendoci, ogni volta che si incontravano succedeva qualcosa di strano e imbarazzante, era la prassi ormai. «Si ho visto che stai bene, meglio così.» Si allontanò, distogliendo lo sguardo. Il bianco dei fiori era sempre più intenso e non accennava a smettere. A quel punto, era chiaro che tipo emozione rappresentasse: imbarazzo. Quando Hunter tirò in ballo Chanel facendo quell' assurda proposta di passare a tre la serata, il bianco diminuì e al suo posto apparve il colore viola. Si era irritata, credeva che le avesse chiesto di andare con lui per pietà, e Daphne queste cose non le sopportava. Tuttavia fece finita di nulla, mise su il solito sorriso di circostanza e gli fece una domanda ben precisa, voleva sapere quali fossero le sue vere intenzioni. E anche lì la colse alla sprovvista. Ci teneva? Voleva che andasse con lui? Il bianco tornò.Quanto vuoi essere onesto stasera? Non le sarebbe dispiaciuto passare il resto della serata in sua compagnia, il problema era che essere in terzo incomodo non faceva per lei. Hunter le aveva detto che erano solo amici, ma Daphne non era stupida, sapeva che bolliva altro in pentola. Ciò nonostante sorrise, sinceramente questa volta, perché la verità era che le faceva piacere che il corvonero volesse stare con lei. Stava per rispondergli ma il riccio l'anticipò. «Sì, la mia amica mi aspetta dentro in effetti. E ti ho trattenuto anche troppo.» Bugia. Lo vide fare qualche passo indietro, lei invece rimase ferma dov'era. L' unica volta in cui si era trovata quasi senza parole come adesso era stato con Lys, ma la situazione era diversa. Lì c'era attrazione, inutile negarlo dopo averlo baciato sulla torre, grazie anche all' alcol aveva dato una bella spinta ad entrambi. Quel momento ormai era passato, e a Daphne andava bene così. Le relazioni amorose non facevano per lei, sopratutto per ciò che avrebbe fatto in futuro. Sapeva, però, che se qualcuno l'avesse presa di testa sarebbe stata in guai seri.Quel tipo di attrazione era pericolosa, sopratutto per i razionali.
    "Comunque se vuoi, basta che mi cerchi." Agrottò le sopracciglia. Era più confusa di prima, quel ragazzo aveva uno strano modo di fare, le serviva un manuale per capirlo. E poi non era giusto che fosse l' unica in quello stato, dopo tutto quello che le aveva detto se ne andava così, come se niente fosse? Lasciandola con più domande che risposte? Col cavolo! Si mosse velocemente, raggiungendolo in poco tempo. Gli mise una mano sulla spalla per fermalo e poi gli diede bacio sulla guancia destra, quella non coperta dalla maschera. «Questo è il vero grazie. »Lo superò di qualche passo, dandogli le spalle. Prima di andare, lo guardò con la coda dell' occhio e disse la sua stessa frase, o quasi. «Se mi vuoi, sono dentro.»E questa volta se ne andò davvero. Salutò con un cenno del capo Chanel che era in compagnia di uno strano coniglio ed entrò in sala. Occhio per occhio, dente per dente Hunter. Si guardò attorno, notando Sky e Axel ballare. La famosa serpe doveva essere lui, non male. Aveva il suo fascino. Nel mentre si avviò al tavolo delle bevande, si versò un po' di Sprite e bevve tutto d' un fiato. Accanto a lei c'era la ragazza che aveva urtato prima. «Serata strana, vero?»Chissà se lo era anche per lei.




    Ha interagito con Hunter, povero panda chissà come la prende. Poi ha salutato Chanel, entrando nel tendone e ha interagito con Kynthia al tavolo delle bevande.


    Edited by Daphne. - 17/7/2022, 01:25
     
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