Posts written by -Nox-

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    Da un lato Seira, la donna per cui aveva sempre fatto follie e che ancora gli faceva battere il cuore come un ragazzino, e che ancora lo riprendeva proprio come se lo fosse davvero. Dall'altro Halley, la sua bambina troppo simile a lui con una naturale propensione a mettersi nei casini. Mai avrebbe potuto prendere le parti di una delle due credendoci fino in fondo. Capiva Seira, le motivazioni che la spingevano a voler tenere Halley al sicuro, a saperla protetta e salva da ogni male si fosse mai potuto abbattere su di lei. Era intrinseco in ogni genitore degno di ricoprire quel ruolo, quello di fare qualunque cosa per i propri figli ma, ed era inutile negarlo, capiva anche la piccola di casa. La sua indole, il suo istinto, quella sua natura che tanto gli ricordavano se stesso da giovane e che ancora facevano parte di lui. Diviso a metà tra ragione e sentimento, ecco come si era sempre sentito davanti ai continui battibecchi tra le due donne, costretto a fare da pacere e, dove possibile, a cercare un punto di incontro che sapeva non sarebbe mai stato trovato in quel contesto, soprattutto dopo i recenti avvenimenti che avevano messo tutti in allerta. Hogwarts non era più un posto sicuro ma, in fin dei conti, lo era mai stata davvero? Eppure l'idea della moglie di tenere Halley lontana dalla scuola, metterla sotto una campana di vetro e pretendere che alla ragazza andasse bene così era semplicemente folle. I maghi oscuri si stavano muovendo, quello era ormai stato appurato, ma se erano riusciti a penetrare le difese di uno dei posti più sicuri della Gran Bretagna, allora, nessun posto era realmente sicuro, ecco perché aveva accettato di buon grado la prospettiva di collaborare con gli Auror, sperando nella possibilità di far parte del gruppo che avrebbe tenuto d'occhio i confini scolastici per poter stare vicino a ciò che aveva di più prezioso
    “Da che parte stai?” una domanda la cui risposta era più complicata di quanto Halley credesse -Dalla parte di entrambe- una risposta paracula quanto sincera -Andiamo, Halley. Non puoi pensare che la situazione non preoccupi anche me- le sopracciglia si corrucciarono mentre osservava il volto della figlia, quasi a cercare segni nascosti di qualcosa che non andava -Ma non spetta a me dirti cosa fare, non più- erano passati i tempi in cui poteva far valere le proprie ragioni a discapito delle volontà della brunetta. Per quanto quella ragazza, così minuta e all'apparenza delicata, sarebbe sempre stata la sua bambina ai suoi occhi, era diventata un'adulta -Mi dispiace per la situazione che si è creata e vorrei che le cose tornassero come prima, ma..- se ne era andata, aveva trovato un lavoro, si era data da fare dimostrando di sapersela cavare da sola -Sei stata brava- le fece un sorriso, fiero di come non si era limitata a piangersi addosso come molti altri al suo posto avrebbero fatto -Conoscevo un ragazzo che avrebbe fatto esattamente come te al tuo posto- occhiolino, occhiolino, gomito, gomito. Il sorriso si ampliò, orgoglioso della giovane donna che stava guardando -Ma puoi sempre chiamarmi, per qualunque motivo- non voleva dirle apertamente che si, capiva le sue scelte e le sosteneva, che credeva che fosse giusto che scegliesse da sé la propria strada e il modo in cui avesse deciso di percorrerla, non voleva schierarsi contro sua moglie che, di sicuro, lo avrebbe appeso al soffitto per le caviglie se mai lo fosse venuta a sapere, ma in un modo contorto e tutto suo ci teneva a far sapere ad Halley che sarebbe sempre stato dalla sua parte e che, per lei, ci sarebbe sempre stato.
    Il mondo magico era in uno stato di caos come non lo si vedeva da anni. Non solo l'attacco alla scuola, persino Azkaban aveva subito un'evasione di massa che aveva messo tutti in allerta. L'ultima volta che una cosa del genere era successa, Voldemort era tornato e aveva quasi messo tutti di nuovo in ginocchio. Portò le mani alle tasche dei pantaloni, ascoltando in silenzio la figlia che parlava della professoressa uccisa, sospirando e fissando un punto impreciso davanti a lui mentre proseguivano in quella passeggiata priva di una meta specifica -Hai avuto paura?- era curioso di capire come sua figlia avesse reagito ad un avvenimento del genere -Ne hai ora?- non era facile capire cosa le frullasse per la testa vivendo separati per così tanto tempo, come si sentisse davanti a quelle vicende e, da una parte, era consapevole che quella enorme litigata, per quanto distruttiva, sarebbe stata un ottimo diversivo da tutte le altre questioni. Se la mente di Halley fosse rimasta concentrata sulla madre, avrebbe avuto meno tempo per concentrarsi su tutto il resto che stava avvenendo attorno a lei.
    “L’avevo immaginato ma speravo che fossi qui principalmente per tuo volere” sprofondò sulla panchina, una mano sul cuore a fingere un dolore immaginario nel modo più teatrale che riuscisse a recitare -Ehi! Ho detto anche da parte sua!- quasi offeso da quanta poca fiducia avesse in lui. Era vero, Seira voleva che Jason si accertasse della situazione della figlia, ma la questione era anche di suo interesse. Il suo lavoro lo aveva sempre tenuto lontano da casa per periodi anche lunghi, e la cosa era un dolo per lui quanto per la sua famiglia. Quel poco tempo di cui disponeva per rimanere a casa lo aveva sempre utilizzato per stare loro vicino, sarebbe sempre corso da Halley al termine di ogni missione per poter parlare con lei o anche solo vederla per pochi minuti -Non posso prometterti che non si farà male nessun altro, non si sa ancora chi ci sia dietro né quali siano i loro obiettivi- si sporse in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia e fissando il pavimento attorno ai suoi piedi. Le spalle curve, i capelli spettinati che coprivano parte del suo viso -Faremo del nostro meglio per evitare che accada di nuovo- puntò lo sguardo sul volto della ragazza, il desiderio di vederla di nuovo sorridente era un incentivo sufficiente per farlo collaborare con gli Auror in qualunque modo fosse stato utile. Sospirò di nuovo, aveva perso il conto di quanti ne aveva fatti da quando era tornato a casa, voltando poi il busto verso la ragazza preoccupata al suo fianco. La domanda della Grifondoro cadde nel vuoto, Jason ne studiò i lineamenti alla ricerca delle parole giuste da utilizzare -Si- lapidario, sincero. Seira lo aveva messo al corrente della visione avuta dalla ragazza e, doveva ammettere, la cosa non lo aveva sorpreso più di tanto -Deve essere stato orribile da vedere, penso impazzirei se vedessi una cosa del genere su te o tua madre- ancora sincerità. Non era un potere che aveva mai invidiato, per ogni cosa bella ce ne sarebbe stata una orribile da osservare inermi. Poteva essere considerato un dono quanto un supplizio, e sapeva bene da che lato pendesse l'opinione di Halley fino a quel momento ma, ne era sicuro, vi era un terzo modo di vederla: un'opportunità. Niente più, niente meno. L'occasione di cambiare le sorti di ciò che vedeva e, in quel caso specifico, sarebbe stato piuttosto utile a lui stesso -Sei preoccupata per me?- l'accenno di un sorriso per cercare di stemperare la tensione, sapendo bene che sarebbe servito molto più di quello -Succederà, prima o poi. Voglio dire guardami- si indicò mantenendo il sorriso di poco prima -Sono ancora un bocconcino, chiunque vorrebbe avermi- eppure non mentiva. La morte era una naturale conseguenza della vita, e sarebbe successo davvero prima o poi. Vederlo, di sicuro, non era stato piacevole per lei, ma era una conseguenza che Jason aveva messo in conto il giorno in cui aveva scelto che cosa volesse fare nella sua vita. Tanti colleghi avevano fatto quella fine, e molti altri avrebbero subito la stessa sorte, la speranza era solo che questo potesse avvenire il più tardi possibile -Non sono un esperto, so solo quello che tua madre mi ha spiegato in tutti questi anni ma, Halley, solo perché lo hai visto non vuol dire che succederà- le poggiò una mano su quella testolina dura come il cemento che si ritrovava -Le tue visioni possono aiutare ad impedire che quello che vedi accada davvero- avrebbero aiutato lui a stare più attento e, a malincuore, gli aveva fatto buttare la maglietta che indossava in quella sua visione. Così, per stare più tranquillo. -Ti sei più esercitata? Mamma dice che è più facile con le persone a cui sei legata- se avesse voluto vere e proprie lezioni sulla divinazione era da lei che sarebbe dovuta andare, Jason avrebbe potuto aiutarla molto poco ma, se non altro, poteva aiutarla ad accettarlo.

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    Anni erano passati dall'ultima volta che si era ritrovato a camminare per quelle vie. Troppi, molti più di quanto gli piacesse ammettere perché, nonostante la schiena dolorante e le ginocchia che non erano più quelle di una volta, Jason non accettava ancora l'idea di invecchiare. Eppure doveva farci i conti, soprattutto visto e considerato come la sua stessa moglie non faceva altro che farglielo notare, tentando di convincerlo a ritirarsi ad un lavoro da ufficio, “più consono” secondo lei. Ma come avrebbe potuto? Lei viveva bene dietro la sua scrivania, a dirigere tutti gli altri nella comodità della sua posizione ma, lui, non era fatto per quello. Era nato per il rischio, per seguire il pericolo e, dove possibile, porvi rimedio. Aveva ancora tanto da dare nel suo campo e ancora, a quel punto della sua carriera, riusciva a dare una lezione a tutte le nuove reclute grazie all'esperienza e alla pratica che aveva acquisito a furia di rischiare l'osso del collo e non solo quello. Lei, Seira, avrebbe potuto anche immaginarselo visto che quella donna era stata la prima, tra le creature pericolose con cui aveva avuto a che fare, a cui aveva dato la caccia pur se in modo diverso e, alla fine, aveva vinto anche quella lotta. Non sapeva dire come vi fosse riuscito, lei così seria e diligente, attenta alle regole e ligia al suo dovere di Caposcuola, e lui, l'esatto opposto, scapestrato, agitato e ben poco incline a seguire i precetti della scuola. Forse per sfinimento, ma contava il risultato. Sorrise mentre camminava per i vicoli di quella porzione di Londra nascosta ai babbani, ripensando ai vecchi tempi e di come tutto fosse più facile senza che nemmeno se ne rendessero conto. Troppi pensieri, troppe preoccupazioni in quel momento gli adombravano la mente e, la maggior parte, erano rivolti proprio alla ragione per cui si trovava proprio li: Halley. Il sorriso si accentuò pensando a quella ragazza pestifera che gli aveva concesso il privilegio di diventare padre. Mai, prima del giorno in cui la tenne tra le braccia per la prima volta, aveva creduto possibile provare un affetto simile verso un altro essere vivente. Amava sua moglie, era sempre stato così e dubitava sarebbe mai cambiato, nonostante le differenze, ma con Halley era diverso. Incondizionato, non vi era altro modo per descriverlo. Lo avevano avvisato, gli avevano detto che sarebbe successo ma, fino a quando non posò gli occhi su quel visetto minuscolo e raggrinzito, non era riuscito a capirlo. Poco importava che somigliasse a un vecchietto pelato e rugoso, ai suoi occhi era risultata comunque bellissima e, soprattutto, ciò di più prezioso che potesse avere al mondo. Non gli importava cosa decidesse di fare in futuro, lavoro o scelte personali che fossero, gli bastava sapere che stesse bene e che fosse felice e, per quanto potesse, si sarebbe sempre assicurato che fosse così. Aveva solo un rimorso nella vita, quello di non essere stato presente quanto avrebbe voluto e dovuto, l'unica pecca di un lavoro altrimenti perfetto. Si sentiva in colpa per la sua assenza che, spesso, lo teneva distante settimane se non mesi, lasciando la responsabilità di crescerla a Seira e, forse anche per questo, il rapporto incrinato tra le due donne della sua vita gli risultava come un macigno sul petto. Se fosse stato meno assente, forse, avrebbe potuto fare tra mediatore tra le due, entrambe fin troppo testarde e simili per riuscire a rimanere troppo nella stessa stanza senza scontrarsi. Halley era un mix perfetto tra i suoi genitori, il carattere da dittatrice di sua madre, ma con lo spirito avventuriero di suo padre. Una combinazione deleteria per i nervi tesi della madre, sempre vigile e allarmata per ogni virgola fuori posto, creando così un clima di perenne tensione e scontri tra le due arrivando al punto, in quel periodo, di non riuscire più a trovare un compromesso. Si fermò, sollevando lo sguardo sull'insegna del negozio in cui aveva passato ore ed ore da ragazzo, un sospiro di nostalgia sfuggì al suo controllo e, alla fine, entrò facendo suonare la campanella che ne avrebbe annunciato l'ingresso. Sorrise a trentadue denti quando, finalmente, la sua Halley si accorse di lui, ma poi: “Papà!” per Merlino. Ogni volta era una pugnalata al cuore. Quella parola, quella maledetta parola. Non ci poteva fare niente, ne odiava il suono, era come sentire delle unghie stridere contro una lavagna, come un ciglio fastidioso in un occhio, come la sabbia nel costume. Un fastidio naturale contro cui non poteva vincere. “Babbo”, “ba”, o persino “ehi, tu, coso”, qualsiasi altro appellativo sarebbe stato meglio di “pahpàh” ma, a dimostrazione di quanto la testa di quella brunetta fosse dura, non vi era stato verso di farglielo entrare. Alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa, mantenendo il sorriso anche se dentro di sé la sua disperazione urlava e scalpitava -Sono qui per incontrare la figlia di qualcun altro, è ovvio- la sua proverbiale faccia da schiaffi ci mise pochi secondi per uscire allo scoperto. Fu un peccato che la ragazza ci mise così poco per tornare da lui indossando la giacca, ebbe solo pochi attimi per sfoggiare con orgoglio le foto di una Halley sul vasino che teneva nel portafogli al suo datore di lavoro -Si, a domani capo! Magari le porterò altre foto!- si lasciò afferrare il braccio e trascinare fuori dal negozio, contento di potersi finalmente godere la compagnia della sua bambina speciale. Ricambiò l'abbraccio, stringendola tra le braccia robuste e beandosi di quel calore familiare -Non hai fallito, pulce- enunciò una volta sciolto l'abbraccio, dispiaciuto per quel tormento che sapeva che sua figlia si portava dentro -Siete solo entrambe molto, molto, aiutami a dire molto testarde- entrambe pretendevano di far valere le proprie ragioni e nessuna delle due era intenzionata a scendere a compromessi. Capiva Halley, anche lui a quell'età non sarebbe riuscito a stare alle restrizioni imposte da una madre come Seira ma, d'altra parte, capiva anche la moglie che non faceva che preoccuparsi della figlia, soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti accaduti nel mondo magico e, in particolare, proprio nella scuola -Io sto bene, i soliti acciacchi! Abbiamo appena finito una missione e per un po' credo proprio che rimarrò a casa- avevano dovuto smantellare un nido di Acromantule che avevano deciso di prendere d'assalto un piccolo paesino in prevalenza magico a sud. Le bastardelle erano riuscite a creare una serie di cunicoli sotterranei e non era stato facile trovarle tutte e, insieme, tutte le loro uova -In realtà non credo che avrò missioni a breve, al Ministero c'è un bel casino per quello che sta succedendo, e credo vogliano tenere tutti mobilitati per evitare che ricapitino cose del genere. È possibile che collaboreremo con gli Auror per un po'- la cosa non gli dispiaceva poi troppo, avrebbe messo un po' di pepe e di novità in quella che per lui era diventata una routine e, in più, se mai gli avessero imposto di far parte del gruppo scelto per sorvegliare Hogwarts, avrebbe potuto tenere sotto controllo la stessa Halley, calmando le nevrosi che stavano assalendo la sua consorte “La mamma, come sta?” giusto appunto. Le scoccò un'occhiata eloquente rimanendo in silenzio per puntare un po' sul senso di colpa che, era probabile, Halley già provava -Isterica ed esaurita come sempre, quindi bene!- ridacchiò cercando di stemperare quella tensione momentanea, invitandola a camminare al suo fianco ed immergendosi tra la folla di lavoratori che, come lei, avevano terminato il loro turno e stavano tornando a casa -Lo sai, lei è sempre preoccupata per te. Inutile che ti dica che sono qui anche per indagare da parte sua- avrebbe sempre giocato a carte scoperte con quella nanerottola di sua figlia -Tu come stai? Com'è la situazione a scuola?- non serviva che fosse Seira a domandargli di scoprire quelle cose, lui per primo voleva saperla al sicuro. Si fermò nei pressi di una panchina, lasciandosi cadere con un sospiro ed abbandonandosi contro lo schienale. Era sempre carico e pieno di adrenalina ma, quando poi si fermava, tutta la stanchezza gli piombava addosso in un secondo, facendolo sentire pesante ed esausto -La vera domanda è come mai chiedi a me di tua madre, come mai non glielo chiedi tu? Cos'è successo questa volta?- sapeva cos'era successo, Seira lo aveva messo al corrente o, almeno, gli aveva riferito la sua versione e, se aveva capito qualche cosa in quegli anni, era proprio di sentirle entrambe prima di mettere il becco tra le due per evitare di venire sbranato, cosa che per un cacciatore di creature pericolose sarebbe stata umiliante.

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    Nathan Knox | III | Grifondoro


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    Da una parte la capiva, sapeva bene cosa volesse dire lasciarsi prendere dal tarlo della gelosia, cullato dalle sue insicurezze era solito farsi sopraffare da mille e più supposizioni che non avrebbero fatto altro che turbare i suoi pensieri, come un cane che si morde la coda, un ciclo senza fine che non faceva che aumentare la mole di dubbi su cui si crogiolava e che, di conseguenza, non lo facevano mai sentire all'altezza. Da qui nasceva quel velo di gelosia, come se fosse tutto in bilico, precario, destinato ad interrompersi alla minima interferenza. Eppure, che una ragazza come Rain potesse provare la stessa cosa era, per Nathan, inspiegabile. Bella, sveglia, divertente, dava l'impressione di essere sempre sicura di sé, perché mai avrebbe dovuto farsi prendere da un sentimento di incertezza?
    -In panico? Solo perché parlavo con un'amica?- sorrise, involontario, sperando che non credesse che stesse ridendo di lei, ma incapace di non sentirsi lusingato da quella situazione. Era difficile crederci ma, Rain, teneva a lui. Per motivi che ancora non capiva e che, era probabile, mai avrebbe compreso -Te l'ho detto, io e Grace siamo solo amici, buoni amici! Ma non è il tipo di rapporto che ho con te- le gote, come al solito, si differenziarono dal resto del suo viso per quel colore vibrante che metteva a nudo le sue sensazioni -O almeno che vorrei- si affrettò ad aggiungere. Non era chiaro quali fossero i paradigmi del rapporto che avevano, ma sapeva bene quali avrebbe voluto che fossero. Sperava, in sostanza, che il legame che si stava creando con la rossa fosse diverso da quello che la stessa aveva tenuto con il Signor Maciste di Serpeverde e che, allo stesso tempo, fosse sua intenzione cambiare quel rapporto con lo stesso Dragonov. Non si trattava di competizione, quanto più uno smodato interesse verso un legame esclusivo che non aveva il coraggio di chiedere per paura che gli venisse rifiutato. Non pretendeva che la loro connessione si tagliasse di netto, così come non l'avrebbe mai messa davanti ad un ultimatum nudo e crudo per forzarle una reazione. Sperava fosse una sua libera scelta quella di proseguire in quella direzione, e rimase piacevolmente sorpreso quando lei gli rivelò l'intenzione nel troncare quello che vi era stato con Axel fino quel momento, quella connessione di cui Grace lo aveva messo a parte, rimanendone però amica, cosa a cui non avrebbe mai potuto opporsi -Mi fido già di te- ed era stata proprio lei a metterlo nelle condizioni di farlo, aprendosi con lui, dimostrandosi sincera e, talvolta, persino cruda. Di fatto, Nathan non aveva alcun motivo per non fidarsi di lei. Era vero, Grace gli aveva fatto nascere dei dubbi che la stessa Rain aveva ben pensato di chiarirgli senza necessità di mentire o negare l'evidenza e, questo, era ancora un punto a suo favore. Fino a quando non gli avesse dato dei motivi per dubitare delle sue parole, non vi erano ragioni per far crollare quella fiducia istintiva che aveva riposto nella verde-argento e, era convinto, non gliene avrebbe mai dati. Troppo diretta, troppo schietta, se mai la situazione le fosse venuta a noia glielo avrebbe sbattuto in faccia senza inutili giri di parole. Sarebbe successo, era convinto anche di questo, ma precludersi la bellezza di quello che stava vivendo solo per la possibilità che potesse andare male, beh, sarebbe stato un grande spreco “Vorrei che fossi molto di più!” le circondò la vita con le braccia, accogliendo quella vicinanza e lasciando che i volti si avvicinassero -Oh, beh, se proprio insisti- finse in modo palese di sforzarsi ad accogliere quella richiesta, ghignando e rubandole l'ennesimo bacio della giornata. Sarebbe stato un duro lavoro, ma qualcuno avrebbe dovuto farlo.

    Per tanto tempo era rimasto immobile, osservatore della vita che gli scorreva davanti agli occhi, con quella sensazione di vuoto costante di chi aveva perso tutto e, per tutto quel tempo, aveva temuto anche di perdere se stesso. Non era successo. Forse il caso, oppure il destino, una strana convergenza di fattori e, soprattutto, di nuove conoscenze gli avevano teso la mano e spazzato via in un lampo quella sensazione di abbandono. Si, gli era capitato di perdere qualcuno, esattamente come alla stessa Scamander, entrambi sopravvissuti ad un destino infame -C'è un modo non del cazzo per perdere qualcuno?- domandò retorico stringendola di più a sé -Ma sono sicuro che la rivedrai, quando meno te lo aspetti- era sempre così che succedeva. Magari a lavoro, magari mentre faceva la spesa, se la sarebbe ritrovata davanti, come nulla fosse, pronta a riprendere li da dove si erano interrotte. O, almeno, questo era il suo lato ottimista che parlava. Non avrebbe avuto cuore di fare cenno all'eventualità che non si sarebbero più viste. In quel caso, avrebbe fatto del suo meglio per sopperire alla sua mancanza.
    -Sottovalutare te? Ti sembro tanto pazzo?- la rossa era il tipo di persona che quando si metteva in testa una cosa difficilmente vi avrebbe rinunciato e, dubitare delle sue capacità, sarebbe stato da sciocchi -Però è divertente immaginarti nei panni di un'avventuriera- era un altro lato di lei che ancora non aveva scoperto del tutto e che avrebbe decisamente voluto scoprire di più -Si, ti sto chiedendo un appuntamento- fu con rinnovato coraggio che la fissò di rimando ancorando il suo sguardo in quello di lei, sostenendolo, accennando un sorriso per mascherare il tumulto interiore che si stava sviluppando dentro di lui. Non sarebbe stato il primo, me gli dava ancora un brivido di eccitazione riuscire ad organizzare altro tempo da passare insieme a quella formidabile ragazza strana.
    Poco alla volta, la situazione parve scaldarsi, per usare un eufemismo. Poco alla volta, quasi in punta di piedi, piccole rivelazioni erano state portate alla luce, rivelando la volontà di entrambi di mantenere quel rapporto elitario -Non ho alcuna intenzione di cercare un'altra- ammise, disarmato davanti alle movenze di lei che, subdola, gli si avvicinò fino a ritrovarsela spalmata addosso, annebbiando i suoi sensi con il suo profumo e con il contatto con quel corpo perfetto che stava imparando a conoscere sempre di più. Non rispose alle sue affermazioni, non aveva intenzione di valutare la possibilità che potesse andare male, non era un'opzione che poteva accettare, non in quel momento in cui ogni briciolo di razionalità veniva mandato all'aria dalle labbra di Rain che gli davano il tormento. Di nuovo, la strinse per la vita e, con un colpo di reni, sovvertì le posizioni imprigionandola tra lui e quel divano, baciandola a sua volta, sfiorando la sua pelle, scoprendola e lasciando che lei facesse altrettanto. Dimentico di dove si trovassero, forte del fatto che una stanza tanto segreta non fosse poi troppo frequentata. Spense ogni pensiero, lasciando che desiderio e brama avessero la meglio su di lui, su di loro, lasciando che quella passione chiarisse i dubbi che avrebbero potuto esserci.



    Conclusaaaa :cuore:
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    Nathan Knox | III | Grifondoro


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    L’amicizia non fa sconti. È un sentimento onesto. Corretto. Restituisce tutto ciò che si è offerto in precedenza e, Grace, era stata una delle persone in grado di dargli più di quanto Nathan avesse mai chiesto, anche più di quanto avesse osato sperare e, rinchiuso tra le sue insicurezze, dubitava sarebbe mai stato in grado di ricambiare tutto ciò. Come ripagare qualcuno che lo aveva afferrato prima che potesse cadere nel baratro, lui, non lo sapeva. Niente che avrebbe mai potuto dire o fare per la Grifondoro sembrava esprimere a pieno il livello di gratitudine che nutriva verso di lei, e ancor meno potevano le parole dimostrare quell'affetto puro e semplice che aveva iniziato a nutrire proprio verso la biondina. Caparbia quanto gentile, era riuscita a guadagnarsi un posto d'onore tra gli affetti del rosso-oro, dimostrandogli che non servivano legami di sangue per farlo sentire parte di qualcosa ma, lo ammetteva, non sempre era facile ricordarselo. Tra le mura domestiche, quando il silenzio era sovrano e l'isolamento gli faceva compagnia come un vecchio compagno di vita, quella sensazione di solitudine tornava imperterrita a tormentarlo, intrusiva, riportando a galla quei vecchi supplizi che lo corrodevano dall'interno, come tarli che rosicchiavano le sue certezze e, la cosa, doveva terminare. Nathan non era più solo, per ragioni a lui ignote, forse solo il caso o un'inaspettata fortuna, erano diverse le persone su cui oramai poteva contare e doveva solo che esserne felice. D'altra parte se quelle persone, che ormai facevano parte della sua cerchia, rappresentavano i mattoncini con cui stava ricostruendo la sua vita, non avrebbe potuto rinunciare a nessuno di loro. Nemmeno a Rain, che la cosa piacesse a Grace oppure no. Capiva le sue ragioni, ed erano persino lecite ma, una volta tanto, voleva fidarsi del suo istinto. Aveva bisogno di crederci. L'idea che potesse avere ragione, che lui non fosse altro che un passatempo momentaneo per la Scamander, era un dubbio che già aveva e che lo tormentava. Le sue insicurezze, ancora lontane dall'essere debellate, gli impedivano di capire cosa mai una ragazza come lei potesse trovare in lui e, quel discorso con Grace, non fece che affossare ancora di più quelle poche certezze che si portava dietro. Eppure non aveva intenzione di mollare, sarebbe andato avanti basandosi solo su quello che aveva sentito, anche da parte di Rain, consapevole che presto o tardi avrebbero dovuto chiarire quei punti sollevati dalla compagna
    “..Tenterò di guardare oltre. Di scrutare se la Scamander possiede un briciolo di umanità” ridacchiò posando lo sguardo sulla compagna, grato. Non era affatto scontato che provasse ad andare oltre quello che pensava di lei, per lui. Grace era una ragazza speciale, una spanna sopra tutte quelle vanitose che abitavano il castello e, se non ci fosse stata Rain, era probabile che avrebbe finito per avere un debole proprio per lei ma, nonostante questo, era più che felice del rapporto che avevano avuto fino quel momento. Era qualcosa che, ai suoi occhi, non poteva e non doveva venir rovinato da nient'altro -Grazie- allungò una mano per stringere una delle sue, così piccole in confronto, prima di lasciarla andare e che un sorriso giocoso si disegnasse sul suo volto -E io sarò pronto a dirti “te lo avevo detto”- Grace e Rain possibili amiche? Sarebbe stato surreale ma, Nathan, era pronto anche all'impossibile. La cosa più importante era sapere che la Johnson ci sarebbe stata, in qualunque modo quella storia fosse finita.
    Eppure, Rain non era l'unico pensiero a tormentarlo. Ve ne erano diversi che, oramai da anni, lo tormentavano in silenzio anche quando nemmeno se ne rendeva conto. Condizionato, a volte addirittura guidato, da quel trauma che non accennava a voler sparire, viveva con quel pesante fardello sulle spalle che non vedeva l'ora di lasciare andare. Il primo passo, forse, sarebbe dovuto essere parlarne per esorcizzarlo ma, il Grifondoro, non era pronto. Temeva che, parlandone, avrebbe rivissuto tutto quel dolore che ancora non accennava a diminuire e che, credeva, non sarebbe mai nemmeno passato -Ma ti prego, non credere che la cosa dipenda da te!- si affrettò mettendo le mani avanti, preoccupato che la ragazza potesse mal interpretare le sue parole -Non è che io non mi fidi o altro. È che.. fa male- abbassò lo sguardo, sentendosi un vile per quell'ammissione, e quale miglior modo per eludere l'imbarazzo se non un cambio drastico di discorso? Ascoltò le parole della ragazza con interesse, cercando di trovare una chiave di lettura per quella biondissima statua di sale che era il suo ragazzo. Non gli stava antipatico, anzi, in un certo senso lo incuriosiva. Così serio e silenzioso, invidiava quella che ai suoi occhi appariva come sicurezza ma, immaginava, erano le stesse caratteristiche che potevano creare una buona dose di frustrazione in Grace. Non doveva essere facile, tanto meno piacevole, dover andare avanti a tentoni per cercare di capire una persona che non si sbottonava mai, che non lasciava trapelare mai troppo di quello che sentiva o provava. Tuttavia non credeva ci fosse cattiveria o chissà quale cattiva intenzione da parte del ragazzo, piuttosto una inconsapevole incapacità nel condividere -Magari anche lui non è pronto a parlare- se, come diceva lei, c'erano misteri che lo circondavano, allora era possibile che avessero un peso che Harris non fosse pronto a spartire con altre persone -Sa che ci sei, quando sarà pronto sarà lui a farsi avanti. Oppure..- sorrise immaginando quelli che, invece, sarebbero potuti essere i modi persuasivi della compagna che lei stessa gli confermò -Oppure prendilo di petto, digli come la cosa ti fa sentire o che ti senti esclusa da quella che è la sua vita- a quel punto la patata bollente, se così si voleva chiamare, sarebbe passata a lui. Nessuno avrebbe potuto né dovuto costringerlo a rivelare cose che voleva rimanessero un segreto, né forzarlo a parlare di argomenti che avrebbe potuto ritenere privati ma, e questo non era così scontato, era giusto sapesse cosa questo comportasse per le persone che gli stavano a fianco -Hai tutto il diritto di dirgli come ti fa stare questa situazione- forse avrebbe dovuto seguire i suoi stessi consigli. Presto o tardi, come Grace, anche Nathan avrebbe dovuto fronteggiare Rain per sapere ciò che lo preoccupava.
    “Ci tengo davvero a lui. Credo... Mi sono innamorata di lui, Nate. Merlino! gli occhi cristallini del rosso-oro si illuminarono, divertiti, per quell'ammissione spontanea che lo portò a provare tenerezza verso quella ragazza così simile a lui nei rossori spontanei che invadevano i loro volti -Dovresti proprio dirglielo, magari così si convince a parlare- le strizzò un occhio, incoraggiante, ma la domanda seguente lo congelò sul posto. Era innamorato di Rain? Così eccessiva in tutto quello che faceva o diceva, così spontanea, così istintiva. Il tipo di persona che sapeva sempre quello che voleva e che non si fermava finché non lo otteneva. Forte, a tratti stronza, delicata quando serviva e solo quando aveva la certezza che in pochi lo avrebbero notato. Bella come poche, crudele solo con chi credeva lo meritasse. Spigliata, mai banale e affatto timida. Sorprendente come nessuna. La stessa che gli faceva accelerare il battito ad ogni sorriso. Non rispose alla domanda della Johnson, arrossendo quanto se non più di lei come forma di ammissione, a cui seguì un sorriso imbarazzato. Si era innamorato di quell'uragano rosso e nemmeno se ne era reso conto. -Siamo masochisti- le spalle si alzarono per poi ricadere immediatamente, quasi fosse una risposta scontata. Si alzò allungando le mani verso la ragazza, pronto ad aiutarla a rimettersi in piedi -Andiamo- la guidò verso l'uscita della torre -Abbiamo delle persone da cercare e un sacco di cose da dire, e poi lo so che ti è venuta voglia di sbaciucchiarti il tuo ragazzo- ridacchiò ancora mentre, insieme, lasciavano la stanza, quasi certo che un nuovo colorito vermiglio si sarebbe propagato sul viso della ragazza.



    The end :ti:
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    Nathan Knox | III | Grifondoro


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    Rain era una stronza. O meglio, faceva la stronza, ed era ben diverso. Lo sapeva, era stata proprio lei a metterlo a parte di quel suo modo di fare per non permettere a nessuno di avvicinarsi abbastanza da scorgere cosa nascondesse sotto quell'armatura di indifferenza e sdegno verso il prossimo, ma mai, prima di quel falò, era ricorsa a quell'espediente con lui -Non lo negherò- l'accenno di un sorriso si disegnò sulle labbra del biondino che, seppur aveva faticato a farsi passare quel fastidio, era riuscito a gettarsi quella storia alle spalle fidandosi delle parole dell'ammaliante ragazza a cui, aveva scoperto, era facile far perdere le staffe e farla tornare alle vecchie abitudini -Anche se non ho capito il perché- era sempre andato tutto bene, anzi, più che bene. Poi, quel colpo basso che non capiva da cosa fosse dovuto che lo aveva lasciato interdetto e infastidito come un bambino che non riceve le giuste attenzioni. Ci aveva ripensato più volte di quanto gli piacesse ammettere e, alla fine, era riuscito a trovare solo una motivazione plausibile per quanto assurda fosse secondo lui -Senti, non è che eri gelosa?- sollevò le sopracciglia, ora divertito da quel paradosso. Tuttavia il divertimento passò in secondo piano quando si andò a toccare l'argomento che più gli premeva da quando aveva parlato con Grace quel pomeriggio alla torre: Dragonov. Il seme del dubbio era stato piantato in lui ed era cresciuto indisturbato senza aver mai trovato il coraggio di rivelare alla ragazza quelli che erano i suoi timori ma, solo perché non ne parlava, non voleva dire che non vi fossero. Dire che lui e il bestione di Serpeverde fossero simili sarebbe stata una bella cavolata, nulla avevano in comune tranne quell'ascendente che una certa rossa aveva su di loro e, per la cronaca, a Nathan andava bene così. Lo aveva osservato in giro per il castello quando ne aveva avuta l'occasione, sempre arcigno, sempre musone tranne quando riusciva a farsi spuntare qualche ghigno beffardo sul viso. Non poteva dire gli facesse simpatia, con la sua faccia arcigna ed imbronciata, soprattutto ora che era a conoscenza di quel passato nemmeno troppo lontano in cui si divertiva a fare bisboccia sotto la doccia con la ragazza per cui, ormai era innegabile, provava dei sentimenti. Per lui, oramai, riusciva solo a provare fastidio ed astio ingiustificati, senza nemmeno conoscerlo e senza che ci fosse interesse nel farlo, solo per quella gelosia nata dall'insicurezza che faceva parte del suo essere e che dubitava, nonostante tutto quello che Rain potesse dirgli, sarebbe mai passata. Non era mai stato un presuntuoso o un arrogante, uno di quei ragazzi sicuri di sé che se la cantavano e se la suonavano da soli, così convinti di essere i migliori da risultare, infine, solo ridicoli. A volte li invidiava, avrebbe voluto avere quell'ingenuità per potersi dichiarare meglio di altri, avrebbe vissuto sicuramente meglio, come uno sciocco ignaro del mondo intorno a loro, più tranquillo, con meno paranoie. Invece era un pensatore seriale, si faceva mille problemi anche quando non ce n'era bisogno e finiva sempre per non sentirsi mai all'altezza. Persino in quel momento, davanti a quella ragazza dall'animo libero, non capiva perché stesse scegliendo lui quando avrebbe potuto avere chiunque in quel fin troppo popolato castello. Ma lo stava facendo, sceglieva lui invece che quello strano rapporto libertino che aveva condiviso fino a quel momento con quella montagna umana. Che poi, come faceva ad essere così grosso? Era forse incrociato con un gigante? Condivideva il DNA di un minotauro? Era cresciuto ad omogenizzati e steroidi? O cosa? Che vita ingiusta.
    -Un problema no, certo non faccio i salti di gioia, ma non arriverei mai a dirti di chi essere o non essere amica- geloso si, possessivo no. Era abbastanza evoluto da ripudiare qualsiasi comportamento tossico, non avrebbe mai nascosto Rain dietro ad una teca di vetro come fosse un suo oggetto, da tenere lontano da chiunque, nonostante avrebbe voluto farlo per proteggerla da altro schifo che la vita avrebbe potuto gettarle addosso. Non era la vita che la serpe avrebbe voluto, né quella che si sarebbe meritata. Il suo spirito libero sarebbe dovuto rimanere tale, restare con lui doveva essere una sua scelta, e di nessun altro -E poi è così raro sentirti parlare di amici, dato che tieni tutti a distanza, qualcosa di positivo dovrà pur averla.. ma non voglio sapere cosa!- serrò gli occhi mentre le immagini peggiori a cui potesse pensare gli si palesarono davanti agli occhi. Maledetti pensieri intrusivi e fervida immaginazione. No, non voleva sapere quali erano questi aspetti di Dragonov tanto apprezzabili da fargli meritare un posto tra le rare persone degne di considerazione per la rossa. Era già un conforto sapere che era disposta a cambiare i paradigmi di quel rapporto, era molto più di quanto si sarebbe aspettato.
    Le sorprese sembravano non voler finire e, ancora una volta, la Scamander riuscì a sorprenderlo. Quella stanza era un piccolo tesoro segreto, un luogo che in pochi avrebbero potuto osservare. Chissà in quanti, prima di loro, avevano messo piede in quello spazio nascosto, protetto, e lui era uno di quei privilegiati. Vagò per la stanza osservandone gli spazi e l'arredamento essenziale, in un posto del genere non serviva altro, quando i suoi occhi tornarono a soffermarsi sulla figura della ragazza che, rimasta in disparte, se la ghignava nell'osservare la reazione di lui. Doveva esserle sembrato un bambino in un parcogiochi.
    -Pagherò- sorrise appena prima di ricambiare quel bacio, stringendole le braccia attorno alla vita e limitandosi ad ascoltare il racconto di come, una giovane avventuriera dai capelli color del fuoco, era riuscita a scoprire un luogo così singolare e, a suo modo, magico “L’ho scoperto insieme a una persona che non è più tra noi” panico. Semplice e chiaro, era proprio quella la sensazione che traspariva dagli occhi chiari e ora leggermente sgranati del biondino che, boccheggiando, cercava qualcosa da dire che fosse adatto. Possibile che quella ragazza fosse circondata da perdite? Morte e disperazione sembravano inseguirla come se si divertissero a darle il tormento e, lui, da bravo incapace non sapeva trovare le parole adatte per consolarla. Forse la ragazza lo notò, tutta quella preoccupazione disegnata sul volto del Grifondoro non era stata ben mascherata, e fu abbastanza rapida da spiegare bene la situazione così che lui potesse trarre un sospiro di sollievo -Merlino, vuoi farmi venire un infarto?- sorrise sollevato della non morte della persona di cui stava parlando, anche se una partenza era pur sempre una perdita. Magari sentiva la sua mancanza, magari era un argomento delicato -Tu, in giro per il castello in cerca di avventure- sollevò un sopracciglio che svettò sul suo sguardo beffardo -Molto “Grifondoro” come cosa- in un certo senso si sentì fiero di lei, quasi quel modo di fare gliela facesse sentire ancora più vicina -Ti andrebbe di rifarlo? Potrebbero esserci altre stanze del genere!- in più, lui, sarebbe rimasto. Pazza era pazza, era un dato di fatto, ma non era sempre un male. Quel lampo di follia che intravedeva in Rain non era altro che la sua totale libertà nel suo modo di fare e di porsi, il suo modo di vivere senza freni totalmente opposto rispetto a quello del rosso-oro che, invece, aveva fatto del frenarsi la sua principale caratteristica -No, non credo tu nasconda qualcosa di bello. Ne sono sicuro- ne aveva la certezza perché era stata lei a mostrarlo. Per motivi inspiegabili, forse una strana combinazione, forse fortuna, forse destino, lei si era aperta con lui mostrandogli com'era davvero, dietro quella maschera di sarcasmo e pungente acidità, dietro la sua lingua serpentina che usava come arma per non permettere a nessuno di scorgere cosa nascondesse all'interno, per non rischiare che qualcuno percepisse quella fragilità che, invece, l'avvolgeva come una coperta. Era certo che vi fossero tante altre sfaccettature della ragazza di cui, ancora, non era a conoscenza, ma non aveva fretta. Avrebbe scoperto ogni lato di lei, poco alla volta, quando lei avrebbe deciso di mostrarlo, fiducioso che, presto o tardi, lo avrebbe fatto -Beccato! Lo ammetto, a volte è proprio divertente- non che apprezzasse quando diventava crudele con gli altri senza alcuna ragione apparente, ma la velocità con cui sembrava trovare una risposta a tutto, così piccata e serpentina, era a suo modo ammirevole. Portò il braccio sullo schienale del divano, poggiandovi contro il capo voltando il busto verso la ragazza per osservarla -Sono uno stronzo se dico che non vorrei condividerti?- onesto, non gli costò alcuno sforzo quell'ammissione sincera. Non gli andava che le confidenze che faceva a lui venissero fatte ad altre persone, era bello potersi sentire speciale in un certo qual senso, ai suoi occhi, quasi fosse lui l'unico meritevole di tale privilegio. Un po' infantile, per niente realista, ed era pure un controsenso perché in realtà gli avrebbe fatto anche piacere vederla sfilarsi l'armatura e vivere i rapporti in modo sereno, come qualunque persona della loro età avrebbe dovuto fare -Mi piace che con me sei diversa rispetto a come ti mostri agli altri. Immagino questo mi renda un egoista- con la mancina andò a sistemarle dei capelli fuori posto, soffermandosi poi a sfiorarle il volto con la punta delle dita -Mi fai venire voglia di essere egoista- se quello fosse un bene o meno non era dato saperlo. Nella sua testa, era solo la riprova che teneva davvero a lei, abbastanza da temere che qualcuno potesse portarla via da lui.

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    Nathan Knox | III | Grifondoro


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    Un cruccio senza fine. Insidiose, le parole di Grace non facevano altro che corrodere quelle poche certezze che il Grifondoro possedeva, infondendo l'ombra del dubbio su ciò che, fino a quel momento aveva creduto. Nonostante le mille insicurezze che lo accompagnavano ogni giorno, aveva creduto alle parole della Scamander quando si era detta interessata lui, al suo tocco deciso, alla passione che li aveva travolti ben più di una volta e, ora, la Johnson gli diceva di non farlo. Non avrebbe dovuto crederle, quasi quello fosse stato il modus operandi di una predatrice che aveva, come unico obiettivo, la conquista. Confuso e abbattuto, osservava la grifoncina parlare e smontare, pezzetto dopo pezzetto, ogni sua certezza. Era così facile prendersi gioco di lui? Davvero non vi era nulla di vero? Non ne capiva il senso né il tornaconto che la serpe avrebbe potuto ottenere, non essendo nemmeno un valido trofeo da sfoggiare. Si, forse l'amica aveva ragione e ciò che gli aveva detto Rain non erano altro che parole al vento per accrescere il suo ego crogiolandosi in una nuova conquista, accrescendo così la sicurezza in se stessa, ma se così non fosse stato? Se la sincerità che aveva percepito dai suoi gesti, così come dalle sue rivelazioni, fosse stata reale e vi avesse rinunciato solo per un pregiudizio, per difesa, per un tarlo che, infido, rosicchiava quei pilastri precari su cui aveva basato quello strano rapporto dalle tinte ancora incerte, avrebbe vissuto nel rimpianto di qualcosa che sarebbe potuto essere ma non aveva avuto il coraggio di affrontare. Capiva ciò che diceva la Johnson, ogni sua affermazione aveva un fondo di verità ed era certo che non gli avrebbe mai parlato così se non avesse creduto a ciò che stava dicendo, voleva aiutarlo, forse persino proteggerlo e le era immensamente grato per questo, ritrovandosi quasi a sorridere a quella ragazza ora tanto dura
    -Lo so, non è una persona con cui è facile avere a che fare- quelle uscite a lezione non erano piaciute nemmeno a lui ma, per quanto non le condividesse, per quanto avrebbe voluto che la stessa Rain riuscisse a frenarsi, e per quanto sapesse che presto o tardi avrebbero finito per litigare proprio per i modi che riservava al prossimo, lui sapeva cosa la verde-argento nascondesse al di sotto, cosa la spingesse a comportarsi in quel modo -Non credere che mi faccia piacere quando fa così- aveva capito che tutti, chi più e chi meno, erano condizionati da ciò che avevano vissuto e, nel caso di Rain, il passato che tornava a tormentarla di punto in bianco, interrompendo la sua quiete, non era una situazione facile da gestire. Glielo aveva rivelato, con una sincerità disarmante, già al loro primo incontro si era detta consapevole di quel modo di fare che indisponeva tutti gli altri, Grace inclusa, e di come lo facesse di proposito proprio per tenere tutti gli altri lontani. Quel modo di offendere, di fare male con quella sua lingua affilata, era lo stesso modo che feriva se stessa, che la avvolgeva nel comfort della sua solitudine. Era voluto, era studiato, la ragazza era convinta che quell'atteggiamento spigoloso avrebbe fatto meno male agli altri di quanto non avrebbe fatto la sua più piacevole vicinanza. Era triste, era sbagliato e, Nathan, sperava di riuscire a farle cambiare idea un giorno -So che sembra una frase fatta, ma non è quello che sembra- fissò gli occhi in quelli chiari della ragazza che gli stava di fronte, cercando di imprimere nello sguardo la serietà con cui la metteva a parte, seppur non in modo chiaro, di quello che sapeva sulla ragazza al centro della conversazione -C'è un motivo se fa così, e non voglio cercare di giustificarla, ma vorrei che almeno ti fidassi di me- non le avrebbe mai chiesto di farsela piacere a prescindere, né di andare a fondo per cercare di capire ciò che muoveva la Scamander nel fare la stronza, perché così voleva mostrarsi, avrebbe solo voluto che capisse perché per lui fosse importante provare a starle vicino. Al di la di quelli che erano i suoi sentimenti, ancora non chiari nemmeno a lui stesso, sapeva qual era il tormento interiore che muoveva la ragazza, e non aveva alcuna intenzione di lasciarla sola ad affrontarlo. Forse neppure se avesse scoperto che la grifoncina avesse ragione, se nulla di quello che stava vivendo era reale e che non fosse l'unico per lei. Non gli aveva mai mentito promettendogli qualcosa, né avevano mai parlato di un'esclusività del loro rapporto, sarebbe stato ingiusto da parte sua fargliene una colpa, per quanto questo lo avrebbe ferito in ogni caso. I sentimenti erano uno di quegli argomenti su cui non si sentiva ferrato, non sapeva come dimostrarli, non sapeva quando fosse il caso di parlarne, né era sempre bravo a leggerli, come aveva dimostrato non essendo stato in grado di realizzare quali fossero quelli di Victoria verso di lui, per quanto dubitava si potesse parlare di sentimenti nel vero senso della parola, non avendo poi avuto modo di conoscersi o di parlare più di quelle sporadiche occasioni che li avevano visti insieme -Normale! Certo- mosse le spalle creando delle piccole ondine -Sciolto- poi si bloccò, al di la di non poter fare enorme affidamento sulle sue doti di attore ci avrebbe comunque provato, tuttavia c'era comunque qualcosa che usciva dal suo controllo: la sua faccia. Il suo modo di arrossire senza che potesse farci nulla, l'imbarazzo dipinto sul suo volto e che Vic avrebbe sicuramente notato. Merlino. Era ora che cominciasse a fare meditazione per gestire quei suoi sbalzi. Oppure a fermarsi il cuore così che non pompasse sangue fin le sue gote -Ci proverò- si portò una mano alla nuca sorridendo, già a disagio, immaginando subito il peggio. Era tipico di lui, andare ad immaginare le situazioni peggiori, forse proprio per quello che era successo nella sua vita negli ultimi anni, un fatto che lo aveva lasciato perso e vuoto per più tempo di quanto chiunque meritasse. Solo, ecco come aveva vissuto e si era sentito da quel giorno. L'unico legame parentale che gli rimaneva era proprio la causa scatenante di tutti i suoi incubi peggiori e, ora, per le mani non aveva più nulla. Nulla che, almeno, gli desse la parvenza di avere una famiglia. Ogni volta che tornava a casa, lontano dalle chiassose zone del castello scozzese, veniva travolto da quel silenzio assordante che lo metteva davanti a quel suo isolamento forzato e non voluto. Forse era per quello che si era preso una cotta platonica per quegli aggeggi babbani così rumorosi, per avere una parvenza di vita dentro quelle quattro mura come se non fosse l'unico presente. Ma Grace aveva ragione, non era più solo, lei come altri erano diventati una presenza costante nelle sue giornate così come nella sua vita, e sperava solo che potesse continuare così per molto tempo se non per sempre -Certo che per me è lo stesso- rispose sincero preso in contropiede, rendendosi conto di essersi espresso piuttosto male nei confronti della grifoncina. Si avvicinò di nuovo, riprendendo posto al suo fianco -Magari non in senso “amoroso”, passami il termine- ridacchiò mimando le virgolette con le dita -Ma sei importante per me, Grace. Tu.. nemmeno lo immagini quanto tu abbia fatto per me- abbassò il capo riportandolo sul pavimento di pietra, ripensando a com'erano i suoi giorni prima di quegli incontri fortunati. Se da una parte Rain lo aveva aiutato a fargli battere di nuovo il cuore, Grace era quella lucina che lo aveva tirato fuori dal suo tunnel depressivo. Ai suoi occhi, seppur in modo differente, le due giovani donne erano egualmente importanti e non avrebbe rinunciato a nessuna delle due, nonostante loro, invece, si detestassero e lo mettessero in guardia verso l'altra. Simili anche in questo.
    “No... Però se ti ha baciato voglio sperare che qualcosa debba esserci” tutto giusto, questo voleva dire che visto che non si erano fermati ai baci, era una prova ulteriore? Questo alla Johnson non lo rivelò, tenendosi i suoi segreti sulla camera da letto che, anche per galanteria, sapeva non fosse carino rivelare -Lo spero anche io- sorrise di nuovo alla ragazza, speranzoso e contento di quello slancio ottimistico dell'amica. Cosa voleva? Non lo sapeva neppure lui. Facile dire che avrebbe voluto che fosse la sua ragazza, ma c'erano stati così tanti cambiamenti che non sapeva nemmeno se fosse un bene. Le cose si stavano sviluppando in modo naturale, senza fretta, senza vincoli, e metterla davanti ad una scelta del genere avrebbe potuto cambiare tutto ed incrinare quel rapporto che avevano ma, ancora una volta la biondina aveva ragione -Capito. Solo che fa un po' paura- ammise, mostrandosi per il codardo che era -Quindi..- con il capo leggermente abbassato puntò di nuovo gli occhi su di lei, quasi fosse un cucciolo bastonato -se andasse male posso comunque venire a piagnucolare da te?- ridacchiò colpevole, stemperando quel clima che era andato a crearsi, ma la domanda implicita era un'altra, voleva solo sapere se lei, in caso, ci sarebbe stata come diceva.
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    “Da quanto te lo stavi portando dentro?” era bello avere qualcuno con cui poter parlarne, finalmente, nonostante i pensieri dell'amica sulla ragazza che, in un certo senso, si era scelto, tenere quella situazione nascosta non gli avrebbe fatto bene -Parecchio in effetti. È stata la prima persona che ho incontrato quando sono arrivato e credo che mi sia piaciuta subito. Ha dei modi.. singolari- sorrise guardando dritto davanti a sé, ricordando come gli fosse piombata tra capo e collo, cadendo di faccia sull'erba umida all'alba. Un'entrata in scena degna di lei -Ma la svolta direi che è arrivata questa estate, mentre tu eri in giro a spassartela con Halley- quello strano incontro avvenuto a due passi da casa, che aveva alzato l'asticella e portato quel rapporto su altri binari, ben più intensi, ben più fisici. Non aveva mai avuto paura della possibile reazione di Grace, anche perché era prevedibile quale sarebbe stata, ed era consapevole che prima o poi sarebbe successo, soprattutto perché non voleva avere segreti con quella che era, a tutti gli effetti, la sua migliore amica -É difficile parlare di qualcosa che non sai come definire. Credo stessi solo cercando tempo per chiarirmi le idee, ma tu hai ragione come quasi sempre, è ora che lo faccia- si portò le ginocchia al petto osservandola serio -Non mi piace avere segreti con te, ma ne ho- un'ammissione non da poco che non sapeva come la ragazza avrebbe preso -Ci sono cose su di me, sulla mia famiglia, che non ti ho raccontato, e vorrei farlo!- si affrettò ad aggiungere mettendo le mani avanti -Solo non.. non oggi- la guardò speranzoso, ancora una volta, sperando capisse che non era un argomento facile. Un tasto ancora dolente, una ferita aperta e mai rimarginata di cui non era facile parlare -Per oggi si è parlato abbastanza di me! Parliamo un po' di te, piuttosto!- uno sguardo furbo e un sorrisetto divertito furono un invito a parlare del suo bello e misterioso. Mike, un'incognita su cui non aveva mai potuto farsi un'idea a causa di quel suo modo chiuso e riservato di rapportarsi a tutti. Annuì convinto corrucciando le sopracciglia, chiedendosi quali fossero i dubbi che crucciassero la ragazza riguardo quella che era, a tutti gli effetti, la sua relazione. Ascoltò in silenzio, arrossendo di nuovo al nome di Victoria e del modo furente in cui era stata vista dalla Grifondoro, sentendosi responsabile, ora, anche del fatto che Mike fosse stato piantato in asso dalla sua ragazza per calmare l'amica delusa a causa sua. Fantastico. Sarebbe potuto essere più idiota? Se avesse avuto più tatto, o se non fosse stato così stupido da non accorgersi di un suo minimo interesse nei suoi confronti, quella situazione non si sarebbe andata a creare, Grace non avrebbe mollato Mike per inseguire la Crain, e ora non avrebbe un ulteriore problema. Poco alla volta la testa andò ad incassarsi nelle spalle, trasformandolo in un uomo senza collo dall'espressione addolorata -Beh.. intanto scusami, non fosse stato per me Victoria non si sarebbe arrabbiata- si passò una mano tra i capelli, cercando di nascondere un minimo il suo volto arrossato -Io però non credo che Mike mantenga il silenzio per punirti, mi sembra proprio il suo modo di essere, non ci vedrei cattiveria o qualche intenzione dietro- che non fosse un gran chiacchierone era li, sotto gli occhi di tutti -A volte è difficile parlare di qualcosa- sorrise amaro, riferendosi a se stesso in prima persona e a quello che solo poco prima le aveva riferito -Io non lo conosco, ma sembra un tipo abituato a tenersi le cose dentro, non è facile cambiare il proprio modo di fare anche se davanti a qualcuno a cui si tiene- in questo, riusciva a capire il Serpeverde perfettamente -Non deve essere bello sapere che ti manca una parte per capire il quadro, dovresti essere paziente, magari fargli sapere che sai che c'è qualcosa che non ti dice e mostrarti disposta ad ascoltarlo quando se la sentirà- guardò il suo volto gentile, così in disaccordo con la sua indole fumantina e più di pancia nelle reazioni -Ma conoscendoti penso che lo vorresti prendere di petto e metterlo con le spalle al muro- rise, immaginandosi quello scricciolo con le mani sui fianchi, che imponeva al biondino di parlare con lei e renderla partecipe di quello che gli stava succedendo -Però potrebbe funzionare- si fece pensieroso, afferrandosi il mento ispido tra le dita -A volte serve una spinta per lasciarsi andare, vedere che dall'altra parte c'è interesse nel voler sapere- inclinò la testa verso la spalla, chiedendosi cosa passasse per la testa della giovane ragazza al suo fianco. Non era semplice, poteva immaginarlo. Doveva sentirsi esclusa e, magari, quel silenzio da parte del suo ragazzo avrebbe potuto farle credere di non essere abbastanza importante per lui da metterla a parte dei suoi tormenti interiori -Sei preoccupata per lui? Temi gli sia successo qualcosa?- seppure lui e Rain avevano un modo differente di comportarsi, per Nathan quei loro atteggiamenti erano dovuti a traumi che si portavano dietro e, se per la rossa era sicuro che fosse così, su Mike era solo una supposizione basata su sue sensazioni. Era evidente che ci tenesse alla Johnson, o nemmeno si sarebbe preso la briga di raggiungerla in infermeria per assicurarsi della sua salute, ma sapeva anche quanto fosse difficile essere consapevoli dei piccoli gesti quando li si viveva in prima persona -O temi che sia qualcosa che riguarda voi? Io credo che lui ci tenga a te, almeno da quello che ho potuto vedere- stirò le labbra in quello che doveva apparire come un sorriso rassicurante, osservandola con gli occhi ora resi ancora più cristallini dalla luce che filtrava dalla grande finestra -Magari teme solo di appesantirti con qualche suo problema che pensa di poter risolvere da solo-

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    Nathan Knox | III | Grifondoro


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    Sarebbe stato questo essere un Grifondoro? Lanciarsi senza riflettere, senza valutare le conseguenze, senza paure o, anche meglio, nonostante le paure? Perché se era questo, allora, era stato messo nella Casa sbagliata. Non era il tipo di persona che parlava senza riflettere, lui rimuginava e si arrovellava anche sui concetti più semplici, anche su domande all'apparenza semplici che, tuttavia, non lo erano affatto. Sarebbe stato bello avere quel tipo di sfacciataggine che gli avrebbe fatto chiedere scusa invece che il permesso, ma non era quel tipo di persona. Era frenato, sempre, in ogni situazione, e non sapeva dire se questo suo modo di essere fosse davvero il suo, o se fosse diventato così dopo. Ricordava il ragazzo che era stato, era passato dall'essere un timido bambino abbandonato alle cure della servitù con, al massimo, la compagnia di un fratello problematico al diventare un ragazzo normale, qualunque cosa questo significasse, con una vita propria e degli amici, gli stessi che non ci avevano pensato due volte a metterlo alla porta, ripudiato a quelli che erano i suoi problemi. Non gli aveano creduto, anzi, non gli avevano nemmeno dato modo di spiegarsi, e per Merlino era loro diritto! Come era suo diritto quello di andarci cauto, ora, con le persone che incontrava e con cui intrecciava il suo percorso ma, nonostante i piani iniziali fossero quelli di muoversi in punta di piedi, di diffidare quando possibile, di non legarsi ad altri o almeno non così velocemente, non ci era riuscito. Era stato come travolto da una valanga e si era lasciato trascinare da alcune di quelle persone: Grace, Halley, i suoi compagni, tutte persone a cui non avrebbe voluto rinunciare e che ringraziava per averlo fatto sentire parte di qualcosa e, non di meno, Rain, l'uragano rosso che lo aveva investito in pieno. Con lei piano e trattenuto erano parole che perdevano ogni significato, con quella ragazza le cose andavano da zero a cento in pochissimi secondi come con le migliori scope da corsa e, questo, a volte era paralizzante. Disarmante come Rain riuscisse a conquistarlo sempre di più, pezzetto dopo pezzetto, ogni volta che gli mostrava una parte di lei che non mostrava a nessuno, tutta quella parte che era nascosta e che mancava a persone come Grace per decifrare quel rebus umano dai capelli vermigli. Si fidava della Johnson, forse più della stessa Scamander che aveva un ascendente su di lui che le avrebbe permesso di rigirarselo come voleva, sapeva che la rosso-oro non aveva alcun motivo per mentirgli e metterlo in guardia, anzi, apprezzava quel suo modo di preoccuparsi per lui. Non era rimasto nessuno che lo facesse. Da mesi, anni, badava a se stesso e, lo ammetteva, era piacevole avere una mamma chioccia che si interessasse ai suoi casini. Eppure, nonostante Grace non conoscesse il perché la Scamander si comportasse in un certo modo, attaccando, tenendo tutti a distanza, facendo la stronza anche laddove non serviva, era riuscita a sollevare dei dubbi in Nathan che nessuno, fuorché Rain, avrebbe potuto sciogliere. Ma come fare se il coraggio di domandare veniva meno? Gli avessero chiesto di saltare tra le fiamme per un giusto motivo lo avrebbe fatto, ma chiederle di chiarire la situazione lo spaventava più che duellare contro un mago oscuro. Forse non sapere era meglio, avrebbe potuto crogiolarsi nell'illusione di essere l'unico per lei, fingere che le parole di Grace riguardassero un passato ormai distante che non li avrebbe potuti tangere, permettendogli di essere felice ancora per un po'. Invece, contro ogni aspettativa, fu proprio la serpe a sollevare l'argomento, gettando la corazza e quel velo di sfrontatezza dietro cui era solita nascondersi, niente sarcasmo o acidità difensiva, solo Rain, quella che piaceva a lui
    -Andiamo, Rain, che hai fatto di male?- tra i due, quello irragionevole era stato lui. Era fermo e convinto di questo, si era lasciato ingelosire solo per averla vista con un altro, mano nella mano, anche se a dirla tutta era stato proprio quest'ultimo dettaglio ad averlo fatto risentire, quasi gli stesse facendo un torto quando, nella realtà, non si erano mai promessi niente. Le parole di Grace ancora risuonavano nella sua mente con un certo peso, la convinzione con cui l'amica lo aveva messo in guardia davanti ad una possibile presa in giro o, quantomeno, all'essere un fugace passatempo momentaneo lo aveva mortificato, facendolo sentire stupido per non averlo nemmeno preso in considerazione. Possibile che si fosse immaginato tutto? Di aver solo creduto di aver condiviso qualcosa di speciale con quella ragazza misteriosa ed illeggibile? Si era possibile, e allora eccolo li, stentato, quella puntina di coraggio rosso-oro che il Cappello Parlante era convinto che lui avesse, che gli aveva dato modo di palesare i dubbi che ora lo tormentavano. Un nome tra tutti, Dragonov, la montagna umana con cui non poteva competere. Cosa ci trovava in quell'aspro Serpeverde? O, meglio ancora, cosa trovava in lui se il suo tipo era uno come il nuovo battitore delle serpi? Così sicuro, così sfrontato, qualità che Nathan non poteva vantare e non sapeva nemmeno se mai le avrebbe volute, per non parlare dell'aspetto che, beh, che fossero diversi era li alla luce del sole. Si strinse le spalle, nervoso nel sapere quale sarebbe stata la risposta e, quando questa arrivò, gli occhi si abbassarono sul pavimento, a fissare la punta delle scarpe sotto le quali credeva che Rain avesse aperto una voragine. Non era così, ma la sensazione fu la stessa “Andiamo a letto insieme da parecchio tempo! Avrei dovuto dirtelo prima, lo so!” Andiamo. Quindi lo facevano ancora. Poi altre parole che ebbero solo il potere di confonderlo di più -Vi vedete ancora o fa parte del tuo passato? Non sto capendo- la faceva più complicata di quanto in realtà non fosse e, da parte di Nathan, vi era più che altro disagio nell'affrontare un discorso che, in quel momento, lo terrorizzava. Chiedeva ma non voleva sapere. Non era esatto, avrebbe voluto che la risposta fosse in suo favore ma, non avendone la certezza, avrebbe quasi preferito rimanere nell'ignoranza -Amico, visagista, può essere quello che vuoi, non mi importa- si ammutolì un secondo ripensando alla frase appena proferita -Beh, no, non è vero che non mi interessa. Però insomma, sii sincera- si avvicinò di nuovo a lei scostandole una ciocca ribelle da davanti i suoi occhi scuri -Se le cose cambiassero, oggi, domani, o quando sarà, dimmelo-
    “Cosa ti aspetti da me?” che domanda semplice e allo stesso tempo complicata. Lasciò che lei gli afferrasse una mano, stringendola a sua volta. Forse era anche ora di fare il Grifonscemo e smetterla di arrovellarsi la testa con pensieri superflui, di tutti qui “ma”, “e se” o “ma magari” di cui era solito circondarsi e auto-infliggersi per smorzare ogni suo entusiasmo e farlo restare con i piedi per terra. E così fece, spense ogni pensiero, ogni vocina allarmata che gli risuonava nella mente, niente razionalità, solo la prima cosa che gli passava per la testa senza alcun filtro -Che tu sia mia- le rispose, questa volta sicuro e, senza darle modo di replicare l'attirò di nuovo a sé accompagnandola con una mano dietro la nuca, annullando di nuovo quella distanza superflua di cui non sentiva affatto bisogno.

    S0igp
    Si lasciò guidare, di nuovo, in questa nuova e singolare avventura dentro un armadio. Certo non si poteva dire che Rain fosse una ragazza noiosa, ma chiudersi in un armadio superava qualunque aspettativa potesse aver avuto. Invece rimase interdetto quando, una luce innaturale, li inondò non appena le ante vennero aperte, rivelando quanto quello non fosse un armadio come gli altri. Sorpreso, lasciò che gli occhi vagassero per la stanza per quel breve attimo prima di ritrovarsi di nuovo a stretto contatto con la ragazza, facendo passare in secondo piano il fatto che fossero in una stanza, segreta, dentro un armadio -Com'è possibile?- domandò più a se stesso una volta che la carenza di ossigeno si fece sentire -Oh, ma dai!- come un bambino al parco giochi si avvicinò alle enormi vetrate che si tuffavano nelle profondità del Lago Nero, dandogli una nuova prospettiva su quel mondo sommerso che non aveva mai esplorato -Mi permetti di stare nella tua isola felice?- si voltò ad osservarla, sorridendo, con una nuova luce nello sguardo -Come hai fatto a trovarla?- passò le braccia attorno alla vita sottile della verde-argento, stringendosela contro senza darle modo di sfuggire -Certo che sei pazza, ma sull'armadio avevi ragione- scherzò lui prima di rifilarle un bacio a fior di labbra e scappare, letteralmente, andando a visionare la scarna mobilia che quel posto conteneva -É per questo che dicevi che l'aula ti somiglia? Perché nasconde qualcosa di bello?- si accomodò sul divano facendo segno alla ragazza di raggiungerlo. I rumori soffocati delle profondità del lago riempivano i silenzi che si creavano tra i due tra una frase e l'altra, dando loro l'impressione di fluttuare tra quelle stesse acque -Credi che un giorno smetterai di tenere tutti a distanza?- era curioso, oltre che speranzoso e al tempo stesso reticente. Da una parte avrebbe voluto che tutti potessero vedere quella parte bella di lei che teneva nascosta e segregata, dall'altra, più egoista, avrebbe preferito che quella fosse una parte destinata a lui e a lui soltanto -Ammettilo, un po' ti diverte- ghignò verso quel piccolo diavolo dalla lingua velenosa che, quando voleva, sapeva trovare una parola malefica per tutti. E lo ammetteva, a volte divertiva anche lui.

  8. .

    Nathan Knox | III | Grifondoro


    Come chiedere, se chiedere, era qualcosa che Nathan non riusciva a figurarsi. Nonostante l'ansia di sapere se lo mangiasse vivo, aveva paura che persino una domanda di troppo avrebbe potuto incrinare quel rapporto a cui non sapeva dare una connotazione precisa, rischiando di perdere qualcosa che, finalmente, lo facesse stare bene. Non si trattava solo di curiosità, era diventato qualcosa che sentiva di aver bisogno di sapere per stare sereno o, al più, per mettersi l'anima in pace, nonostante ci fosse ancora una parte di lui che avrebbe preferito rimanere nell'ignoranza. Temeva che, a domandare a Rain come stessero le cose tra loro, non avrebbe fatto altro che aggiungere ulteriore pressione al carico che la ragazza si portava sulle spalle, appesantendo quel periodo già così difficile per lei che, era possibile, cercasse solo leggerezza. Eppure voleva scoprirlo. Sapere se era solo quello ciò che rappresentava, una parentesi del momento, attimi di spensieratezza che le servivano per distrarsi e, magari, non era neppure l'unico. Nulla di sbagliato, niente che gli avrebbe fatto puntare il dito con chissà quale giudizio verso la ragazza che aveva tutto il diritto di fare ciò che voleva senza dover rendere conto a lui di come e a chi dedicasse il suo tempo, il Grifondoro non era mai stato il tipo che avrebbe fatto pensieri maligni o che valutassero le persone da quello, il suo interesse era più che altro per salvaguardare se stesso. Si era affezionato a quella ragazza bizzarra dai modi strani, mai scontati, mai banali, di certo non prevedibili e, farsi male, era qualcosa che avrebbe voluto evitare. Tuttavia non era sicuro di essere pronto per una risposta. Che fare se le affermazioni di Grace avessero trovato un riscontro nella replica della bella Serpeverde? Un passo in dietro sarebbe stato obbligatorio, evitare di farsi male era ciò che la logica gli imponeva di fare ma, al tempo stesso, non avrebbe voluto farlo. Ed eccola li, quella parte di lui che, al contrario, voleva rimanere nell'ignoranza per continuare a viversi quel rapporto a cui, oramai, aveva capito di tenere.
    Un vigliacco, ecco cos'era. Nemmeno sapeva cosa passasse per la testa di Rain e già programmava la ritirata strategica solo per non ferirsi. Lo sguardo si indurì e le sopracciglia si corrucciarono mentre osservava la figura di spalle della ragazza che lo trascinava per i corridoi senza metterlo a parte della meta a cui stavano puntando. Di nuovo, stava dimostrando di come, alla fine, scegliesse sempre la strada più facile e di come si defilasse dalle situazioni pur di non lasciare che lo scalfissero. Forse a ragionare in quel modo si sarebbe mantenuto al sicuro, protetto da quegli agenti esterni che avrebbero scombussolato i suoi equilibri ma, vivere così, che vita era? Strinse la presa sulla mano della Scamander realizzando, ora più di prima, che no, non avrebbe voluta lasciarla andare. E magari si sarebbe fatto male, poteva anche darsi che sarebbe tornato dalla Johnson con il cuore infranto a sentirsi dire un classico “te lo avevo detto”, sperando di poter trovare nell'amica un conforto se mai fosse stato il caso, ma mollare prima ancora di provarci sarebbe stato un tale spreco. Prima o poi le avrebbe chiesto come stavano le cose, tra loro come tra lei e altri, e pure se la risposta non fosse stata quella da lui sperata, allora le avrebbe dato un motivo per scegliere lui. Certo, questo voleva dire che avrebbe dovuto anche trovarlo un motivo per permetterle di fare quella scelta, ma un passo alla volta, ci stava lavorando.
    Sjkna
    -Voglio fidarmi di te- ammise con un mezzo sorriso, racchiudendo in quella breve frase tutto il turbinio emotivo che da giorni lo stava rendendo più pensieroso del solito ma, questo, la ragazza non poteva saperlo. Osservò meglio la stanza per cercare di capirne l'attrattiva, cercando nell'arredamento e nella sua disposizione un motivo per cui si trovavano proprio li e proprio in quel momento ma, i suoi occhi indagatori, non riuscirono a cogliere nulla per cui fosse valso il tragitto all'infuori della compagnia della verde-argento “Questa stanza, come dire, mi somiglia!” sollevò le sopracciglia, concedendo all'aula una seconda occhiata di studio per capirne il paragone
    -Incasinata?- arrischiò una battuta -Misteriosa?- questa volta più serio, ma sempre con un sorriso ad incurvargli le labbra. Non sapeva cosa intendesse la ragazza e cosa ci vedesse di simile a lei. Spoglia, fredda e polverosa, nulla su cui posasse lo sguardo gli avrebbe mai fatto pensare a Rain. Un'aula come tante, quasi banale, senza particolari meriti e che, per motivi di cui non era a conoscenza, era stata messa da parte. Come lui, in effetti. La strinse a sé, annullando le distanze e beandosi di quel contatto che gli fece scordare quest'ultimo pensiero. Si, forse era stato messo da parte e aveva lasciato che la polvere si depositasse su di lui, sui suoi pensieri e sulle sue sensazioni, rimanendo ancorato per un tempo interminabile su ricordi dolorosi che gli appesantivano l'anima, ma non era più così, ed era ora di smettere di vedersi in quel modo. Nonostante il senso di colpa che rimaneva a farsi sentire, era sempre più flebile, quasi una reminiscenza lontana. Si sentiva felice da giorni, forse da mesi, ed era successo tutto in modo così graduale e spontaneo che, per assurdo, cominciava a realizzarlo solo in quel momento
    -Che importa dove?- ridacchiò fissandosi sugli occhi scuri e profondi di lei -Non mi starai diventando romantica?- la prese bonariamente in giro, nonostante le gote rosse denotassero il suo apprezzamento per quella frase che, come tante altre pronunciate dalla stessa ragazza prima di questa, aveva lo strano effetto di farlo sentire speciale. Si chinò di nuovo su di lei, rubandole l'ennesimo bacio e rafforzando la presa sui suoi fianchi. Le mani presero a scorrere sulla schiena della ragazza sfiorando i lunghi capelli rossi e, una volta separati di nuovo per la carenza di ossigeno, poggiò la fronte contro quella della ragazza -Che importa dove?- ripeté, questa volta convinto della veridicità di quelle stesse parole. Lui? Non seppe mai cosa Rain avrebbe voluto dire, ma l'assecondò trovando in un armadio una nuova fonte di interesse. O almeno così sarebbe dovuto essere. Ai suoi occhi rimaneva un semplice mobile, nemmeno troppo grande, certo non degno di nota, non gli avrebbe dedicato una seconda occhiata se non fosse stato per la ragazza che, in un certo senso, lo obbligava a prestargli attenzione -É magico?- scherzò ancora ma, subito dopo, lo sguardo si fece serio percependo il cambio di tono della sua accompagnatrice, nonché guida, che come se gli avesse letto nel pensiero si perse in discorsi ben più seri di quanto si sarebbe aspettato. Ascoltò le sue parole in religioso silenzio, arrossendo come suo solito sul finale ma senza celare il sollievo che provò per quell'ammissione che lo fece sentire da subito più leggero
    -Rain, non mi devi alcuna scusa, è stato solo un malinteso- la reazione che aveva avuto per il solo averla vista con qualcun altro era stata esagerata, lui per primo aveva sbagliato, come se la Serpeverde non potesse parlare o avere rapporti con altre persone. Era spigliata, estroversa, non aveva fatto nulla che uscisse da ciò che aveva sempre saputo di lei -E mi piaci anche tu, nel caso non si fosse capito- il rossore sul suo viso stava toccando nuove vette. Lo stomaco, dentro di lui, stava facendo le capriole nel sentirla parlare ma, non poteva negarlo, non quanto avrebbe potuto se non avesse avuto quei pensieri intrusivi che lo costringevano ad immaginarla con qualcun altro. Nella sua mente, le parole di Grace risuonavano come un campanello di allarme che gli imponevano di rimanere con i piedi per terra. Come chiedere, se chiedere. Di nuovo quei dubbi amletici che gli smorzavano ogni entusiasmo
    -Mi piaci- lo ripeté di nuovo a sottolineare la rilevanza che dava a quelle parole -E sto sempre bene quando sono con te o quando penso a te, e per la cronaca, succede più spesso di quanto vorrei ammettere- sorrise imbarazzato portandosi una mano alla nuca prima che il sorriso cominciasse a spegnersi attimo dopo attimo -Solo che..- distolse lo sguardo incerto se farlo davvero. Le scostò i capelli dalla spalla solo per non doverla guardare negli occhi -Voglio dire.. Quindi tu e Dragonov..- che razza di idiota. Alla fine non era riuscito a trattenersi
    -Merlino, non voglio farti il terzo grado- si passò una mano sugli occhi prima di trovare il coraggio di portarli di nuovo su quelli di lei -Vorrei solo capire in cosa mi sto infilando- bon. Dubbi mollati, più o meno. Non poteva certo definirsi fiero del risultato zoppicante, ma era libera di rivelargli solo ciò che voleva sulla questione.
    Nonostante i dubbi, le paure che poteva avere, gli avvertimenti e tutto ciò che avrebbero comportato, non esitò un secondo ad afferrare la mano che gli veniva offerta -Andiamo- le sorrise, mettendosi al suo fianco, ritrovandosi ancora una volta davanti al misterioso armadio che gli suscitava solo confusione -Ma, Rain, dov'è che dovremmo andare, esattamente?-

  9. .

    Nathan Knox | III | Grifondoro


    SiZWz
    Rischiare, il senso della vita. Qualcosa a cui lui non era mai stato avvezzo, così comodo nel rimanere nell'ordinario, così prudente in ogni aspetto che lo riguardasse, osare avrebbe significato mettersi, in un certo qual modo, in pericolo, accettando anche il rischio del fallimento. Era pronto? No, nessuno era mai pronto a fallire, ma non tentare di perseguire un'idea, un sogno, o persino una persona, avrebbe voluto dire che niente di tutto questo valesse abbastanza o che, ancora più probabile, fosse lui a non valere niente. Per anni, e la cosa lo faceva ancora sorridere, si era lamentato della mancanza di libertà che i suoi genitori gli imponevano, di quanto si sentisse oppresso sotto certi aspetti, di come non fosse autonomo nel prendere le proprie decisioni per sottostare alle loro, di come gli tarpassero le ali, anche se senza cattiveria, decidendo cosa fosse giusto per lui. Ora, che di libertà ne aveva quanta ne voleva, ne era solo spaventato. Non aveva più quella fune di costrizioni di cui lamentarsi, da colpevolizzare nel non riuscire a fare qualcosa che desiderava, adesso che era indipendente era obbligato a prendere decisioni e, proprio quelle volontà, comportavano dei rischi che doveva essere pronto ad affrontare. L'angoscia di non riuscire a raggiungere ciò che si desiderava era sempre li, presente e costante, qualcosa con cui fare i conti ogni sera fissando i tendaggi che ricoprivano il letto a baldacchino che occupava, pronta a tenerlo sveglio la notte e a renderlo stordito durante il giorno. Nathan era stanco di tutto questo, il carico di aspettative di cui si circondava era proprio quello che lo spingeva verso la paura del fallimento, ed era arrivata l'ora di dire basta, di smetterla di pensare al futuro e godersi un po' più il presente facendo solo ciò che aveva voglia di fare, lasciandosi andare e seguendo la strada che, d'istinto, sentiva di voler percorrere, anche se questo avrebbe fatto storcere il naso ad un'amica che, sospirando sconsolata, non faceva altro che preoccuparsi per lui.
    Quelle di Grace non erano parole gentili né lusinghiere, e non era facile neppure per lui mantenere la calma di cui era solito munirsi, ma capiva perché lo stesse facendo. Lo vedeva dal modo in cui la Grifondoro si preoccupava per la sua amica, Halley, da giorni ridotta al fantasma di se stessa. La Johnson era così, si preoccupava per gli altri anche a costo di dover essere dura e lapidaria, brutalmente onesta nel dire le cose, forse proprio per svegliarli e fargli aprire gli occhi su quelle che, per lei, erano scelte discutibili. La speranza, ora, era che lo stesse facendo con lui per lo stesso motivo, perché ci teneva, e non solo per l'avversione che provava verso Rain. Se fosse stato quello il motivo per cui lo faceva, perché teneva a lui, allora avrebbe potuto accettarlo, sorridendo di quella crudezza che solo una vera amica poteva permettersi. Tutti meritavano un'amica che li proteggesse come faceva lei, persino da se stessi a volte, Halley era fortunata ad averla, e confidava che persino lui potesse ritenersi tale
    -Davvero, l'ho capito che non ti sta simpatica- mise di nuovo le mani avanti notando tutte le espressioni che passavano sul volto della compagna e rendendo eloquente quale fosse il suo pensiero a riguardo -Non ti sto chiedendo di fartela piacere, ma puoi darle almeno il beneficio del dubbio?- e magari scoprire che, com'era successo a loro poco prima, tra lei e la Serpeverde potevano esserci stati solo dei grossi malintesi. Magari avrebbe potuto vedere un nuovo aspetto della rossa. Magari avrebbe potuto vedere parti di lei che le accomunavano. Magari, magari, magari. Tutte ipotesi che si abbarbicavano nella sua mente e che si auguravano un lieto fine in cui tutti, seppur in ruoli differenti, potessero fare parte di quella che era la sua vita.
    Tutto un altro paio di maniche era, invece, il discorso su Victoria. Come avrebbe potuto immaginarlo? Le occasioni per fare conversazioni erano state poche e, lui, trovava sempre sconcertante che qualche ragazza potesse dirsi interessata proprio alla sua persona. Con le orecchie a sventola ed il naso a patata, timido, impacciato, anche noioso sotto tantissimi punti di vista, non capiva l'attrattiva e, ragazze sveglie e spigliate come Vic o la stessa Rain, presto o tardi se ne sarebbero accorte
    -Va bene, farò come dici- il rossore evidente su tutto il suo viso era un chiaro segno di quanto quell'informazione lo avesse preso di soppiatto, una doccia gelata ripensando al modo in cui si era allontanato con un'altra proprio davanti a lei -Ho fatto un casino, vero?- imperdonabile. Una mancanza di tatto che non si sarebbe dovuta ripetere. Accettò il suggerimento di Grace, anche perché non avrebbe davvero saputo cosa dire per scusarsi dell'accaduto.
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    -Davvero- sorrise di nuovo all'amica che, tuttavia, non sembrava affatto in vena di scherzare. Si alzò, abbandonando la posizione e prendendo a vagare per la stanza circolare con le mani nelle tasche, osservando le mappe celesti incantate e perdendosi in quelli che erano i suoi pensieri.
    -Mi piace- ripeté di nuovo come se non lo avesse fatto a sufficienza -Mi diverte, mi fa pensare a lei, mi fa sentire cose che non credevo nemmeno più di riuscire a provare- si voltò di nuovo verso la biondina ora con sguardo serio e appena abbattuto, togliendo le mani dalle tasche ed allargando appena le braccia, -Grace, io non ho niente- gli arti tornarono a cadere lungo i fianchi -Quando non sono qui, passo il tempo in una casa deserta che ho riempito di eleffrodomestici, e quando sono con lei riesco a non pensarci- sorrise ancora nonostante il peso di quella rivelazione, avvicinandosi di nuovo alla ragazza e sedendosi nel posto che aveva da poco abbandonato. Era divertente vedere come scattasse sulla difensiva ogni qual volta venisse nominato il suo ragazzo, anche se non parlava il suo corpo lo faceva per lei e, finché fosse stato così, avrebbe voluto dire che le cose, tra loro, andavano bene. Non era male quel ragazzo, ne aveva avuto un sentore quell'unica volta in cui era riuscito ad averci una conversazione, anche se alle sfortunate spese della ragazza li presente. Ciononostante, non era un ragazzo di facile interpretazione, non era il tipo di persona che spandesse sorrisi e grandi gesti verso il prossimo, e forse aveva le sue ragioni, come era possibile che altri si facessero un'idea sbagliata su di lui. Non era possibile che, Grace, si stesse sbagliando su Rain? La Scamander non aveva un carattere semplice e, al contrario di Mike, si faceva sentire apparendo, spesso, nel modo sbagliato. Ma Nathan sapeva che era apparenza, era il muro che lei stessa aveva ammesso di mettere, il suo modo di tenere gli altri a distanza, lui ne era a conoscenza e per questo riusciva a vedere qualcosa che non era destinato ad essere per i più, si sentiva un privilegiato per questo e, per tale motivo, non poteva avercela con la Johnson per l'idea che si era fatta della ragazza che occupava i suoi pensieri. Non poteva biasimarla, quella era l'idea che Rain stessa voleva creare nel prossimo. O forse era lui, accecato da ciò che sentiva, a non avere un quadro obiettivo. La verità, come sempre, stava nel mezzo, ma era disposto a correre il rischio questa volta, nonostante le allusioni che nemmeno Grace si risparmiò verso la rossissima Serpeverde che, oramai, si era fatta una certa pubblicità negativa
    “Nate..” lo sguardo cercò quello della ragazza, osservandola con occhi speranzosi e desiderando solo ricevere una risposta opposta a quella che, invece, ottenne. Era chiaro ciò che Grace voleva dirgli, ma non sapeva nemmeno come prenderla. Non aveva idea di che rapporto ci fosse stato tra Rain e il bestione imponente di Serpeverde, o quale avessero ancora, non era un argomento di cui avessero mai parlato, “Sta attento con lei, non voglio tu ti faccia male ma dovevi saperlo” annuì, abbassando lo sguardo ancora una volta sulle proprie mani che avevano preso a tormentarsi
    -Beh, non è la mia ragazza- ammise quasi stesse ragionando ad alta voce ed era vero, non avevano mai chiarito quale fosse la natura del loro rapporto, mai parlato di esclusiva o altro per quanto per lui fosse impensabile, almeno per quel momento, immaginarsi con qualcuna che non fosse lei -Non credo si possa parlare di fedeltà, anche se certo non mi farebbe piacere-. La sola idea di vederla con qualcun altro, questa volta per davvero e non come la situazione del falò, gli faceva rigirare il fegato. In quel caso, cos'avrebbe fatto? Avrebbe messo un punto a quella storia, se così si fosse potuta definire, o avrebbe provato a combattere per tenersela? Non era una domanda a cui dare una risposta semplice e, finché non ci si fosse trovato, non lo avrebbe mai saputo -Però la colpa è anche mia che non ho mai chiarito la situazione, dovrei farlo?- certo che avrebbe dovuto, ma la risposta avrebbe potuto essere difficile da affrontare. Tornò ad osservarla, gli occhi sereni nonostante il tormento interiore che lo divorava, fantasticando su quale fosse ora l'opinione che lei avrebbe potuto avere di lui ora che era a conoscenza di quella faccenda -Devo dire che mi fa piacere avertelo detto. E grazie, per essere stata sincera, non deve essere stato facile- sollevò un angolo della bocca prima di abbandonarsi contro la parete alle sue spalle, trovando un sostegno, per poi sospirare. Aveva tanto su cui riflettere.
    -E tu invece? Qualche novità?- lo sguardo si fece più furbo -Come vanno le cose? Ancora in Luna di miele?- le sopracciglia scattarono un paio di volte verso l'alto in un chiaro riferimento al suo bello e misterioso, era giunta l'ora di parlare di qualcosa di più piacevole per la biondina che aveva avuto la pazienza di starlo a sentire. E poi ci stava prendendo gusto ad informarsi sui fatti del castello, soprattutto se riguardavano le persone a cui teneva di più.

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    Nathan Knox | III | Grifondoro


    SidZF
    Più voleva non pensarci e più quel pensiero tornava, martellante, come un picchio che tamburellava il suo becco sul tronco di un albero. Sempre lì, costante, ai confini dei suoi pensieri che da giorni ormai lo tormentavano ogni volta che si trovava solo per abbastanza tempo da permettere ai pensieri di tornare sull'argomento. Fino all'inizio della scuola tutto sembrava stesse andando per il meglio, nonostante il senso di colpa che si presentava ogni qualvolta il suo cuore si sentisse più leggero, per la prima volta dopo molto tempo si era sentito felice. Nonostante quello che aveva perso, una famiglia, ciò che aveva trovato lo aveva riscaldato, riempito di sensazioni positive. Degli amici, un tetto sulla testa, un posto in cui tornare, un posto a cui appartenere, una ragazza che no, non era la sua ragazza, ma fino quel momento aveva pensato che la cosa non avesse importanza. In effetti, non aveva mai creduto che fosse rilevante darsi degli appellativi, stabilire a parole ciò che erano, ma nessun dubbio gli si era mai presentato a rovinare quel momentaneo idillio che stava vivendo. Questo, almeno, fino a quando non tornò ad Hogwarts. Avrebbe mentito se avesse detto che, ora, le cose stavano andando male per lui, anzi, tutto era perfetto, tutto progrediva senza intoppo alcuno ma, meschini, alcuni dubbi si erano insinuati in lui stringendogli il petto tra le spire soffocanti dell'ignoranza, del non sapere, lasciandolo a galleggiare inerme in quel lago di insicurezze che ora percepiva alle sue spalle. Prima Victoria, poi Grace, avevano contribuito a far nascere in lui il dubbio che, per Rain, non fosse altro che una frequentazione come tante altre che avrebbe potuto intrattenere. In effetti, mai si era parlato di esclusiva, forse perché per lui sarebbe stato assurdo pensare di frequentare qualcuno che non fosse lei in quel momento, ma non poteva essere certo che per la Serpeverde fosse lo stesso, e non avrebbe nemmeno potuto né voluto farle una colpa se, in effetti, oltre a lui avesse dedicato le sue attenzioni ad altri. Possibile che la capisse pure, per quanto non gli facesse affatto piacere, e il ricordo di lei e Aiden, mano nella mano, per quando avesse capito che non era quello che aveva creduto, gli aveva fatto intendere quanto sarebbe stato semplice, per la rossa, trovare qualcun altro. Cos'avrebbe dovuto fare lui, questo, non lo sapeva: parlarne con lei sarebbe sembrata la scelta migliore, anche se temeva che questo potesse risultare come un impegno a cui la ragazza non era pronta, aveva già i suoi problemi a cui pensare e sembrava meschino aggiungere le preoccupazioni del Grifondoro al carico. Frequentare altre ragazze? Impensabile per lui che, ogni volta che entrava in una stanza, finiva per cercarla tra la folla senza nemmeno rendersene conto, finendo per trovarla vuota ogni volta in cui non la trovava, non importava quante altre persone vi si potevano contare. Dubbi su dubbi, domande su domande, tutte cose per cui Halley lo avrebbe preso a bacchettate sulle dita se avesse saputo quale fosse la natura dei suoi pensieri invece di concentrarsi sugli allenamenti. Scese dalla scopa scambiando i soliti convenevoli con i compagni e, stanco, si incamminò vero gli spogliatoi dove lasciò che l'acqua calda gli scorresse addosso portandosi via fatica e stanchezza, ma i pensieri no, quelli rimasero esattamente al loro posto.
    -Andate pure, arrivo tra poco!- il tempo, nemico infame, era passato senza che ne avesse coscienza, lasciandolo ora solo nel suo tormento in uno spogliatoio ormai deserto in cui si rivestì di tutto punto e libero, in un certo senso, che il suo volto esprimesse al meglio ciò che erano le sue sensazioni. Si passò una mano sugli occhi chiari, ancora spossato, e finalmente si incamminò lungo il viale che riuscì ad infreddolirlo nel suo tragitto verso l'ingresso del castello
    -Ma che..- colto di sorpresa, abbassò lo sguardo prima sulle braccia che gli circondarono la vita e, solo in seguito, tentò di vedere chi si nascondesse dietro la sua schiena, non riuscendo a vederla in viso, ma finendo comunque per cogliere, con la coda dell'occhio, una folta chioma fulva che avrebbe riconosciuto tra mille
    -Ciao anche a te- sorrise mentre si chinava per lasciare che un bacio venisse depositato sulla sua guancia. Seguirla venne naturale, fidandosi dell'istinto che nemmeno lontanamente gli suggeriva che potesse finire in qualche pasticcio, ma comunque curioso di capire cos'avesse escogitato la sua mente contorta. Non fece domande, immaginando che non avrebbe ricevuto risposte, non esaustive per lo meno, limitandosi a seguirla stringendo la piccola mano della ragazza nella sua e lasciandosi guidare, osservandola di spalle con un mezzo sorriso, senza fare caso a come quei pensieri che poco prima lo stavano ammorbando, ora, non sembrassero più nemmeno suoi, dimenticati, pronti a saltar fuori al primo momento in cui le loro strade si fossero separate per tornare ai rispettivi dormitori. Si fermarono davanti ad una delle innumerevoli porte di quel luogo e, impaziente, allungò il collo per osservare l'interno non appena questa venne spalancata
    -Ah- la delusione lampante lasciò presto il posto ad un sorriso forzato -Voglio dire: un'aula! Che bello!- cercò di sembrare entusiasta ma la cosa era pressoché impossibile -Sei finita in punizione e vuoi che ti aiuti a ripulirla?- sollevò le sopracciglia facendo vagare lo sguardo sulla polvere che, come un manto immobile, preservava e nascondeva i colori dei mobili al di sotto. Con un braccio le circondò la vita sottile mentre, con l'altra mano, le scostava i capelli dal volto mentre le loro labbra si sfioravano, facendogli desiderare non interrompere quel contatto seppur leggero e delicato -Mi sei mancata anche tu- sorrise ancora, questa volta sincero, unendo di nuovo le labbra a quelle vermiglie di lei senza approfondire troppo quel gesto, senza rendere volgare quel momento in cui poteva sentirla sua -E hai scelto un'aula impolverata- ridacchiò, comunque lusingato che avesse scelto lui tra tutti -Non che mi lamenti, eh, apprezzo comunque il pensiero- scherzò lui esitando sul lasciarla andare ma non potendo fare altrimenti quando, seguendo lo sguardo della bella verde-argento, i suoi occhi incontrarono niente di meno che.. -Un armadio- constatazione sciocca -Cioè si, bello- corrucciò le sopracciglia avvicinandosi all'oggetto e scrutandolo più da vicino. Con le nocche della mano dominante batté un paio di colpi sul fianco dell'imponente scaffale -Ottima foggia, credo. Brava- con la mancina andò a fare un delicato pat-pat sulla testa rossa della Scamander, continuando a tenere gli occhi cerulei sull'armadio da cui ora si innalzava una piccola nuvoletta polverosa a seguito del suo bussare -Rain.. Perché stiamo guardando un armadio?-

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    Nathan Knox | III | Grifondoro


    Sibe9
    A volte erano proprio i guai a cercare lui, non sapeva come o perché, ma sembrava proprio che ad ogni passo vi fosse in agguato qualche calamità pronto a coglierlo in fallo. Era da un po' che ci pensava, ma aveva come l'impressione di essersi soffermato fin troppo ad attendere questo guaio, questo qualcosa, che oramai si presentava ad ogni occasione come un vecchio amico: che fosse la morte di qualcuno, un incontro strano o uno fortunato. Per quanto fosse confortante trovare la certezza dell'ignoto che questo avrebbe rappresentato, Nathan era anche molto stanco. Stava sprecando la sua vita in attesa, tergiversando senza mai agire in prima persona e preparandosi solo a reagire a ciò che il fato avrebbe avuto in serbo per lui. Che stava facendo? Spettatore passivo dei suoi anni migliori, se li sarebbe visti scorrere davanti agli occhi senza mai far sentire la sua voce che, pur se nascosta, sapeva di avere. Calmo, tranquillo, pacato, sempre cordiale con tutti finché avesse potuto, erano caratteristiche avrebbero sempre fatto parte di lui e gli stava pure bene, ma sapeva che c'era anche dell'altro, una parte di lui che non era ancora riuscito a lasciare andare, che nemmeno vedeva, e che avrebbe tanto voluto venisse fuori per conoscersi meglio. Posò gli occhi cerulei sulla figura minuta della sua compagna scuotendo la testa e ridacchiando di quel suo fare teatrale. La invidiava. Immaginava che anche Grace avesse le sue insicurezze, come tutti d'altronde, dubbi e domande che si poneva da sola e che le arrovellavano la testa, ma non lo dava mai a vedere. Era sempre allegra e vitale, coinvolgente, non restava in panchina a crogiolarsi nei suoi pensieri. Correva il rischio, si lanciava, sbagliava e rimediava, cambiava strada e trovava la sua, lui avrebbe potuto dire lo stesso? No. Avrebbe voluto, questo si, solo che non sapeva come si faceva.
    -Te lo giuro, Grace!- il volto dubbioso della ragazza era lecito, sotto quella torre non vi era nulla oltre al verde prato che stava già perdendo d'intensità, pronto a venir coperto dal bianco manto innevato che era solito invadere i territori del castello ad ogni inverno -Mi è scivolato e poi, beh, è sparito!- portò la mano destra sul cuore, quasi a giurare che stesse dicendo il vero mentre, con la sinistra, indicava di nuovo fuori dal cornicione dove la biondina aveva già controllato. Inspiegabile come ci fossero persone pronte a sgraffignare persino un libro di scuola, come se loro non ne avessero, degli sciacalli in tutto e per tutto.
    -Non sono così masochista, li evito proprio questi discorsi con lei- parlare di Quidditch con Halley era come darsi la zappa sui piedi da solo. Non sapeva dire perché ne fosse diventata così ossessionata, o almeno questa era l'impressione che ne aveva avuto, qualcosa gli diceva che usasse lo sport come paretaio per svagare la mente e alleggerire lo spirito
    -Spero solo che stia bene- l'aveva vista turbata, era sotto gli occhi di tutti che ci fosse qualcosa che disturbava la grifoncina e, se gli allenamenti erano un buon modo per lei per distrarsi allora erano ben accetti, ma nel limite dell'umano consentito. Ormai annaspava per le scale del castello come fosse zoppo, tenendosi persino il fianco a corto di fiato, non era quella la fine che aveva immaginato per lui, troppo giovane per un'esistenza così fisicamente sofferente. La mente era già stata messa fin troppo alla prova, che almeno i muscoli avessero qualche attimo di riposo.
    Ciò che, il rosso-oro, non si sarebbe aspettato, fu la premura con cui Grace tornò a parlare della giornata del falò. Era stata una giornata divertente per certi versi e stressante per altri, aveva incontrato vecchie conoscenze che non vedeva da mesi e ne aveva conosciute di nuove, aveva chiacchierato come un normale ragazzo come aveva sempre voluto essere, almeno fino a quando il suo cuore già mal ridotto non ebbe un fremito nel vedere Rain con qualcun altro. Ricordava bene come la cosa fu un duro colpo, come in un attimo aveva messo indubbio ogni relazione instaurata dal suo arrivo, persino la stessa con Grace, e si sentì un cretino per come poi la stessa Scamander gli aveva spiegato stessero le cose. Non avrebbe saputo dire se la sua fosse stata semplice gelosia o più che altro dispiacere, magari entrambi. Geloso di quella che aveva scambiato per intimità e dispiacere nel vedere sfumato qualcosa di bello, qualcosa a cui, già quell'estate, aveva dato un valore diverso. Erano giovani, non si erano mai dati etichette, persino ora non sapeva cosa fossero, ciononostante, seppur per pochi minuti, si era sentito di nuovo messo da parte senza nemmeno la grazia di averlo informato a priori. Sapeva che la Johnson e Victoria erano amiche, e Nathan si trovava proprio con quest'ultima quando la ragazza dai capelli fiammeggianti aveva fatto la comparsa nel suo campo visivo, era scontato per lui credere che fosse stata lei ad informare Grace del suo evidente disagio e della sua maleducazione per essersi allontanato con Rain, mollando Vic con quel tipo che ora, per lui, appariva come poco raccomandabile. Invece no. Incomprensioni, equivoci, tutto ciò che la Grifondoro aveva chiesto e a cui lui aveva dato la sua versione non erano stati altro che un enorme malinteso.
    -Ma che cosa c'entra Victoria con la tensione che c'è stata al falò?- le sopracciglia si corrucciarono, spontanee, mentre mille dubbi si palesavano dai suoi occhi espressivi. Per tutto il tempo aveva creduto volesse sapere di Rain, dando sfogo a quelle che erano state le sensazioni di quel momento ormai passato, quindi perché la Johnson si riferiva all'altra serpe? Era evidente che gli mancasse un pezzo di quell'intricato passaggio. Le sopracciglia si rilassarono e le spalle si abbassavano mentre Nathan apriva per poi richiudere definitivamente la bocca, stringendo le labbra tra loro, alla reazione di Grace davanti al fatto che fosse Rain la ragazza che aveva baciato. Sapeva che non erano amiche, che non si piacessero proprio, ma quella reazione disgustata non lo lasciò affatto indifferente. Nonostante i pregiudizi, sperava in una reazione diversa. Avrebbe compreso la sorpresa, di certo era qualcosa che la biondina avrebbe non potuto immaginare, ma lo sdegno dimostrato lo ferì.
    “Stai scherzando spero! Sul serio?! Rain?!” abbassò la testa trovando un momentaneo interesse per le pietre che formavano il pavimento. Dall'amica avrebbe desiderato un po' di sostegno, anche se non condivideva la scelta, persino se non si potesse definire esattamente una scelta, non era qualcosa su cui aveva controllo e, Grace più di ogni altro, credeva che sarebbe stata in grado di capire che certe attrazioni nascevano e basta, che non si potevano comandare, a volte, anche quando si era già impegnati con qualcun altro
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    -N-no, non sto scherzando- rialzò il viso questa volta più sicuro, pure se la voce lo tradì, non era giusto chinare il capo come se si vergognasse della Scamander o di quello che poteva provare per lei -Lo so che non la sopporti, sei stata molto chiara, ma nemmeno la conosci. Non come la conosco io almeno- e lui la conosceva? In parte poteva affermare di si, ci sarebbe stato molto altro da scoprire, e la speranza era proprio che la rossa le desse la possibilità. Poi, ecco il tassello mancante che andava a completare quel puzzle mentale che avrebbe collegato ogni puntino. Un'ondata di disagio lo travolse, facendolo arrossire all'istante da capo a piedi, un peperoncino in piena regola mentre sgranava gli occhi per lo stupore davanti quella rivelazione su Vic che lo colse impreparato -Ti prego, dimmi che sei tu che stai scherzando- cieco ed insensibile. Era per questo, quindi, che la ragazza si era innervosita quel famoso pomeriggio? -Io non lo sapevo, dovrei scusarmi? Dovrei parlarle? Grace, che devo fare?- si portò le mani a coprirgli la bocca mentre implorava tacitamente all'amica un aiuto per risolvere una situazione a cui, di certo, non era abituato. Amica che, invece, sembrava non avesse alcuna intenzione a smettere di rigirare il coltello nella piaga
    “Dimmi che scherzi per piacere. Quella va con tutti!” il colorito scemò dalle guance mentre le braccia ricadevano lungo i fianchi. Si voltò puntando lo sguardo verso il panorama che la torre offriva, concentrandosi sulle fronde ondose dei sempreverde che riempivano la Foresta Proibita
    -Mi piace, Grace, cosa ci posso fare? Tu avrai tutti i tuoi motivi per avercela con lei o trovarla odiosa, ma non è quello che vedo io- tornò ad osservare la compagna con un sorriso appena accennato pensando a Rain. Era stata sempre gentile con lui, e divertente, sorprendente e mai banale, di sicuro gli aveva movimentato gli ultimi mesi -Non ti so dire esattamente cosa, magari ci vedo tutto quello che non riesci a vederci tu- e, lo ammetteva, una parte egoista di lui apprezzava anche che fosse così: se era riuscito a scovare nella Serpeverde qualcosa che nessuno aveva scorto, allora voleva dire che vi aveva trovato qualcosa che era solo suo -Non è lo stesso con il tuo Mike? Non che mi sembri un cattivo ragazzo, ma quanti a parte te possono vantarene una conoscenza? Non potrebbero farsi idee sbagliate su di lui come tu te ne fai su di lei?-
    Scoppiò persino a ridere quando la paragonò ad Harris, un paragone assurdo a suo dire. Halley avrebbe avuto bisogno di un trattamento sanitario d'urgenza in psichiatria, e forse anche Grace se credeva che Rain fosse uguale a David
    -É stata la prima persona che ho incontrato quando sono arrivato, abbiamo chiacchierato di tanto in tanto e poi sai, da cosa nasce cosa, e credo di essermi preso una cotta- sorrise apertamente con gli occhi cristallini che luccicavano per quell'ammissione che era la prima volta che veniva fatta ad alta voce. Non raccontò che, da quell'estate, le cose si erano fatte ben più intime di qualche chiacchierata perché rimaneva comunque un cavaliere, ma il sorriso, poco alla volta, cominciò a spegnersi
    -Quella cosa, insomma, quella che va..- con tutti -Quello che hai detto- deglutì a fatica mentre la bocca si prosciugava per il nervoso -Victoria, al falò, credo abbia alluso a qualcosa del genere. Tu, beh, davvero lo pensi?- non si sarebbe perso una virgola mentre, fissandola con occhi da cucciolo bastonato, sperò che la risposta fosse negativa. Pure fosse stata una bugia.

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    Nathan Knox | III | Grifondoro


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    Aveva sempre avuto un debole per Astronomia, una materia che sapeva non gli sarebbe servita poi a molto nella vita in generale anzi, forse affatto, con i suoi pianeti, le sue mappe del cielo che mai più, uscito da Hogwarts, avrebbe considerato. Lo rassicurava, immaginare la vastità dell'Universo di cui faceva parte lo faceva sentire piccolo e, di conseguenza, i suoi problemi risultavano ancora più infimi e più superabili. Un pensiero scontato come i panettoni dopo Natale, banale, però era vero. La confortevolezza di quei pensieri mediocri lo faceva sentire leggero e, nonostante non fossero una brillante dimostrazione di spiccata fantasia, gli stava bene ugualmente. Gli andava bene risultare convenzionale se questo voleva dire sentirsi un po' più frivolo, nonostante fosse una sensazione passeggera, della durata di una lezione al massimo, prima di tornare al mondo reale dove ogni cosa sembrava un problema insormontabile.
    -Soprattutto da te! Non si sa mai cosa potrebbe venirti in mente- continuò a sorridere per sottolineare che stesse scherzando, ma nemmeno troppo. Grace sapeva essere una sorpresa continua, sempre piena di energie come la sua degna compare, pronta a trascinarlo come aveva sempre fatto con quella sua costante energia che non sapeva dove tirava fuori. Insieme sembravano il nonno pensionato con la nipotina che se lo portava appresso. Doveva tanto a Grace, lei non se ne rendeva nemmeno conto, ma era stata quel pilastro principale che lo aveva tirato fuori da quella depressione che, inesorabile, lo aveva avvolto ed incupito lasciando che si isolasse da tutti annaspando nella solitudine, la voce silenziosa che aveva infranto il silenzio assordante di cui si era circondato, e non aveva avuto ancora l'occasione di ringraziarla come meritasse
    -Lo avevo il libro!- si sporse di nuovo oltre il cornicione osservando il prato al di sotto della torre -Mi è scivolato, tu lo vedi?- strinse di nuovo gli occhi per mettere a fuoco i dettagli sottostanti ma, ancora una volta, non trovò traccia del tomo che, come uno sciocco, aveva lasciato che gli sfuggisse dalle dita per lo spavento -Chi mai ruberebbe un libro di Astronomia?- e perché, soprattutto. Si voltò di scatto verso la biondina con occhi leggermente sgranati temendo che fosse davvero li per portarlo al campo da Quidditch -Dillo che vuoi farmi venire un infarto- si lasciò andare ad un sospiro sollevato, finendo poi per mettersi comodo poggiando le spalle contro la fredda pietra -Ti prego, non dirlo nemmeno per scherzo. Se non vincessimo ci farebbe allenare anche di notte- ma la Jhonson non era li per conto di Halley e, tanto meno, per allenamenti dell'ultimo minuto. No, era li per quello che era successo al falò, premuroso da parte sua, ma anche difficoltoso da spiegare per lui. Aveva ormai appreso che tra la biondina e Rain non corresse buon sangue, proprio per niente, creandogli così quel disagio che gli impediva di parlare all'una dell'altra. Non riusciva a capacitarsi di come, due persone che gli piacevano così tanto, non riuscissero a trovare nessun punto in comune per sotterrare l'ascia di guerra e, chi lo sa, diventare amiche magari. Entrambe caparbie, entrambe forti, in realtà avevano diversi lati in comune nonostante le diversità fossero comunque maggiori. Aveva spesso desiderato poter nominare la Grifoncina in presenza di Rain senza che questa storcesse il suo adorabile naso, così come avrebbe voluto sentirsi libero di parlare della Serpe a Grace, magari rivelandole anche i suoi dubbi e i suoi timori, ma aveva sempre evitato l'argomento. Tra le due, credeva che la Cacciatrice fosse quella che sapesse meno della situazione, non avendole mai rivelato quali fossero i suoi sentimenti per la verde-argento ma, come c'era da aspettarsi, era riuscita a scoprirlo da sola arrivando a preoccuparsi per quello che era successo al falò, mettendo da parte ogni frizione con la rivale, se così si poteva definire, per sincerarsi di come stessero le cose. Dolce da parte sua, o almeno questo era ciò che aveva capito Nathan. Come un abile monologhista, l'americano si dilettò in un breve riassunto degli avvenimenti di quella festa di rientro, sorridendo di se stesso e delle sue insicurezze che erano venute tutte a galla non appena aveva creduto di averla persa. Lei lo fissò, stranita, quasi sorpresa di quella rivelazione, facendogli inclinare la testa di lato confuso per quella reazione
    “Tu e Victoria vi siete baciati?!” Come, scusa? La bocca di Nathan si aprì per lo stupore richiudendosi subito dopo e raccogliendo i pensieri per collegare i puntini che credeva di essersi perso
    -Aspetta, cosa? No!- rizzò la schiena sporgendosi in avanti verso la biondina -Che cosa c'entra Victoria?- più si sforzava e meno capiva, dei tasselli mancavano ad ogni ragionamento che provò a fare ma nulla sembrava tornare
    -Rain, io stavo parlando di Rain- si passò una mano tra i capelli accennando un sorriso impacciato. Per un momento si era sentito sollevato di non dover rivelare quel trasporto che sentiva verso la Serpeverde, come se Grace lo avesse già scoperto, invece eccolo a doverlo ammettere apertamente senza sapere che reazione avrebbe potuto avere lei
    -Non.. non stavi parlando di lei? La tensione nell'aria, non era per lei?- corrucciò le sopracciglia tornando serio. Le domande di Grace, la sua curiosità, erano evidentemente rivolte a qualcosa che lui non era stato in grado di cogliere e, come un ciucco, ci era cascato con tutte le scarpe arrivando, poi, ad interpretare quella commedia degli equivoci che in quel momento gli fece tingere le gote di un rosso tenue -É successo qualcosa a Victoria quando ci siamo separati? Sono, si insomma, mi sono spostato per parlare con Rain e l'ho persa di vista, sta bene?- qualcosa doveva essere successo per forza. Non conosceva la ragazza, aveva avuto modo di scambiarci poche parole in ancora meno occasioni, ma sembrava una brava ragazza e gli sarebbe dispiaciuto se le fosse successo qualcosa -Le hanno.. fatto qualcosa?- abbassò la voce, quasi fosse un segreto inconfessabile. Deglutì sporgendosi in avanti, incatenando lo sguardo cristallino in quello di lei, intenzionato a venire a capo di quel rompicapo che ora lo tormentava. Se non si fosse fatto affossare dalle paranoie, se fosse rimasto li con lei, Rain e quel maledetto biondino, magari le avrebbe risparmiato un brutto momento -É stato coso, Aiden, per caso?- non era mai stato una persona violenta, ma con la scusa giusta avrebbe potuto improvvisare.

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    Nathan Knox | III | Grifondoro


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    Era un mistero come fosse successo, un maledetto intrigo, ma era evidente come la situazione fosse ormai sfuggita di mano allo sfortunato Grifondoro che, aveva realizzato, si era preso una cotta incredibile per la ragazza che gli stava seduta di fronte. Con lei era stato tutto e subito, nessuna chiacchierata in punta di piedi, nessun silenzio imbarazzante, nessuna conversazione normale e leggera di quelle che di solito si hanno appena si conosce qualcuno di nuovo. No, con Rain era stato un salto nel tempo, accelerando ogni cosa fin dal primo momento, ritrovandosi in un vortice di informazioni e confidenze da cui, ormai, non poteva né voleva uscire. In realtà era combattuto, la parte razionale di lui aveva pianificato ogni cosa dal momento in cui aveva messo piede sul suolo inglese e, senza alcun dubbio, una relazione era proprio l'ultima cosa di cui aveva bisogno ma, se avesse spento il cervello, ogni fibra di lui lo spingeva a voler conoscere sempre di più quella ragazza che già lo aveva iniziato all'alcolismo. Non aveva alcuna fretta di definire la situazione tra loro due, non ve ne era motivo. L'unica preoccupazione, se così si poteva chiamare, era che tutto finisse con la stessa velocità con cui era iniziato. Forse fu una fortuna aver iniziato a bere proprio quella sera, il whisky stava facendo il suo corso abbassando le inibizioni e lasciandogli mettere da parte quei pensieri e quelle preoccupazione che, di normale, lo tenevano imbrigliato. In quel preciso momento, l'unico suo dispiacere era non aver scoperto prima quanto erano stati vicini senza mai vedersi, nemmeno per sbaglio, a tutto il resto avrebbe potuto pensare un altro giorno o, ancora meglio, smettere di pensarci del tutto e semplicemente godersi quella che sembrava apparire come una cosa bella, la prima dopo molto, moltissimo tempo. La verità era che dal momento in cui aveva incontrato la rossa, ogni aspetto della sua vita sembrava che non facesse che migliorare. Una ragazza che gli piaceva e che, pareva, lo ricambiasse, degli amici, un posto in cui non si sentisse fuori luogo. Magari era solo un caso, poteva essere che il semplice fatto di essersi trasferito gli avesse concesso una boccata d'aria nuova, eppure tutto era iniziato con lei e, ora, sentiva di essere esattamente dove doveva stare.
    -Meglio, sono un po' stanco dell'innocenza- ghignò lasciando che lei gli sfiorasse il volto. Sempre oculato, riflessivo, quella timidezza che spesso lo paralizzava era una condanna ma, davanti a lei e alle sue ammissioni, sembrava aver trovato quella sicurezza che nella maggior parte delle situazioni veniva meno, era probabile che anche in questo caso la bevanda alcolica ci avesse messo il suo zampino. Sarebbe dovuto diventare un alcolizzato quel fare uscire quel lato sopito di lui? Sperava di no. Avrebbe voluto che, anche se poco alla volta, quella titubanza continua che lo contraddistingueva sparisse, sperava di assimilare quell'intraprendenza che invece era parte di Rain e che potesse diventare così più spontaneo, meno rigido, proprio come stava dimostrando in quel momento la stessa ragazza alzandosi e trascinandoselo dietro quasi di forza. Non che gli dispiacesse. In quei momenti di lucidità soffusa, lasciò che fosse l'istinto a prevalere. Si avventarono l'uno sull'altra, facendo in modo che fosse il desiderio a guidarli, dando sfogo a quella voglia bruciante che, almeno per il biondo, già da quel pomeriggio in mezzo al corridoio si era impossessata di lui, mettendo da parte quell'innocenza che nessuno dei due possedeva più e che non gli avrebbe permesso di sfiorarla come stava facendo, di baciarla con lo quel trasporto che aveva chiuso fuori il resto del mondo, come se non fossero alla mercé di possibili occhi indiscreti ma, come ogni cosa bella, anche quel momento terminò. Urla che non avevano niente a che vedere con loro misero fine a quegli istanti idilliaci, riportando Nathan alla realtà e facendo si che tutti i dubbi che erano soliti tormentarlo tornassero prepotenti a galla, pur essendo consapevole dell'interesse della Serpeverde, pur non avendola forzata o obbligata, la pesantezza di quella parte di lui che lo costringeva a sentirsi responsabile di ogni cosa si ripresentò e, ancora una volta, fu lei a tranquillizzarlo
    -Ok- tornò a sorridere stringendola di nuovo a sé -Mi fido- e voleva davvero fidarsi di lei. Le loro bocche tornarono a cercarsi e, senza pensarci due volte, il Grifondoro si smaterializzò in casa sua portandosi Rain con lui e, senza nemmeno darle modo di capire esattamente dove si trovassero, la intrappolò contro la parete facendo di nuovo sue quelle labbra ormai turgide e arrossate. Quello sarebbe stato l'esatto momento in cui la ragazza avrebbe dovuto mettere una fine nel caso in cui non avesse voluto fare quel passo in più ma, a giudicare dai vestiti che cominciarono a sparire, la Scamander non sembrava di quell'avviso. Non si perse alcun movimento mentre le mani della ragazza eliminavano, pezzo dopo pezzo, ogni indumento dalla parte superiore del suo corpo, inspirando profondamente e arrivando a trattenere il fiato quando anche l'ultimo strato di stoffa che ne impediva la vista raggiunse gli altri
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    “Tu che ne dici?” bella domanda. Che avrebbe mai potuto dire? -Eh- le posò le mani sui fianchi avvicinandola a sè con gli occhi velati di desiderio -Che sono fottuto-
    La baciò di nuovo, risalendo con le mani lungo la linea dei suoi fianchi fino a sfiorarle il seno nudo e, poi, giù di nuovo a circondarle la vita, sollevandola tra le sue braccia per portarla fin nella camera dove l'adagiò sul letto. Come la rossa, si staccò da lei per sfilarsi con un unico movimento la maglietta indossata per poi calare su di lei a rubarle un altro bacio ancora. Si spostò di nuovo sul collo, quindi scese ancora, intenzionato ad assaporare ogni centimetro della sua candida pelle, concentrandosi su ogni punto più sensibile che le facesse sfuggire un gemito o un sospiro e, quando arrivò a scontrarsi con il tessuto dei pantaloni, sollevò gli occhi cerulei per incontrare quelli scuri e profondi di Rain, un ultimo momento per valutare un ripensamento che, per sua fortuna, non ci fu. Li sfilò direttamente insieme all'intimo e, ancora, tornò a dedicarle ogni attenzione senza perdersi alcun lamento di piacere. Fu con urgenza che si liberò dalla costrizione dei suoi stessi jeans e, quando i loro corpi si unirono, entrò in lei con un sospiro. Si muovevano all'unisono come se entrambi non stessero aspettando altro, affogando l'una negli occhi dell'altro, intervallando nuovi baci a gemiti strozzati, beandosi di quelle carezze volte a scoprire il corpo dell'altro e a quali stimoli fossero più suscettibili fino a quando, insieme, raggiunsero il piacere. Nathan si accasciò sul letto al fianco della ragazza -Resta- le sussurrò all'orecchio prima di crollare tra le braccia di Morfeo.



    Conclusa :volevi:
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    Nathan Knox | III | Grifondoro


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    C'era una volta, in una terra lontana lontana, un castello incantato e pieno di misteri, protetto dagli occhi di chi non possedeva nel proprio sangue alcuna traccia di potenziale magico, e per un buon motivo: i suoi abitanti erano tutti esauriti. Nathan, in quei giorni, ne era l'esempio lampante. La scuola era iniziata ormai da più di un mese e le cose si erano fatte già da subito frenetiche, cominciando con le lezioni che, per lui che aveva tanto da recuperare, erano partite subito in quarta e finendo poi con Rain che, oramai, occupava gran parte dei suoi pensieri. Tutti i buoni propositi, sul concentrarsi sullo studio, non perdere troppo tempo, fare le cose con calma e non affezionarsi troppo velocemente erano saltati ad una velocità disarmante nel momento in cui aveva messo gli occhi su quell'uragano dai capelli rossi. Eppure cosa avrebbe dovuto fare? Ignorare e passare oltre? Si, se fosse stato furbo avrebbe mantenuto le distanze visto che, per qualche motivo, immaginava si sarebbe stancata presto di un tipo come lui, troppo tranquillo per una come lei e, in effetti, non sapeva nemmeno come definirlo il loro rapporto proprio perché di definito non vi era nulla. Non avevano mai messo un'etichetta e forse era meglio così, lasciando le cose in quel limbo indeterminato così che tutto potesse terminare in modo meno rumoroso quando poi sarebbe arrivato il giorno, nonostante già al falò di inizio anno aveva avuto un assaggio di come sarebbe stato si meno rumoroso ma certo non si sarebbe dispiaciuto meno. Si erano chiariti dopo quel pomeriggio, ma ricordava benissimo la stretta allo stomaco nell'averla vista tra le braccia di quel biondino che, in ogni caso, continuava a non stargli simpatico pur non avendo fatto nulla di male. Ormai era stato catalogato sotto “disturbatore”. Avevano continuato a vedersi e, in un certo qual modo, si era abituato alla sua presenza nelle sue giornate, il che era un problema quando poi si ricordava che aveva dei compiti da portare a termine tra gli allenamenti e lo studio. Halley, si poteva dire, era diventata davvero una tiranna che non accettava scuse per saltare gli allenamenti ma, per quanto tosta, era un tipo di lavoro che Nate apprezzava soprattutto perché aveva imparato ad amare anche quello sport quanto, e forse più, del Quodpot, ma quella era una cosa che non avrebbe mai potuto ammettere davanti all'altra rosso-oro che completava il trio di ragazze a cui si era legato di più. Mai avrebbe potuto confessare a Grace che farsi esplodere una pluffa tra le mani era, a ragion veduta, una follia, quello sarebbe rimasto un suo inconfessabile segreto. Tutto sembrava andare bene in un certo senso, l'America cominciava ad essere un ricordo lontano e, per quanto se lo fosse augurato, doveva ammettere di provare un certo senso di colpa. Aveva il diritto di stare bene? Da una parte, egoisticamente, avrebbe voluto rispondere di si, che non aveva fatto poi nulla di male e che meritasse un po' di serenità e di divertirsi come tutti gli altri, tuttavia aveva paura. Paura di perdere quello che aveva trovato, come la quiete prima della tempesta e, allo stesso tempo, temeva di dimenticare ogni cosa. Cominciava già a pensare meno a suo fratello, ormai affidato alle cure degli zii, e non sapeva se fosse giusto o meno, così come era preoccupato di dimenticare i volti dei suoi genitori che avevano già iniziato a sbiadire e, questo, era sicuro non fosse giusto. Scosse la testa bionda cercando di scacciare quei pensieri, finché fosse durata aveva tutta l'intenzione di bearsi di quella pace ritrovata, di non volere adombrarsi con quei pensieri che gli cambiavano l'umore e, soprattutto, non gli facevano prestare attenzione a quello che stava facendo. Per la quarta volta rilesse la stessa frase del libro che teneva tra le mani, dondolando le gambe seduto su quel cornicione su cui si trovava, credendo che chiudendosi in un'aula, isolato dalle distrazioni, sarebbe riuscito a studiare senza problemi, senza considerare che ciò che lo deconcentrava era solo nella sua testa. Aveva scelto la torre di Astronomia di proposito, così remota in un certo senso che avrebbe tenuto alla larga la fauna studentesca e che, era consapevole, aveva un appeal maggiore la notte, quando acquisiva quell'aura magica nonostante la magia fosse un po' all'ordine del giorno in quella scuola. Ci stava provando davvero a concentrarsi, ad isolarsi da tutti i suoni e le risate provenienti dalla tenuta del castello di tutti quegli studenti che dovevano essere stati più rapidi di lui a completare i loro studi ma, mentre leggeva la stessa frase per quella che doveva essere la settima volta, una voce inaspettata lo fece sobbalzare e, agitandosi, il libro gli scivolò di mano finendo dritto giù dalla torre
    -Io- un sorrisetto prese forma quando posò gli occhi sulla figura di Grace appena comparsa -Mi stavi cercando?- si voltò, sporgendosi ora oltre il cornicione per cercare di scorgere il suo libro -In realtà stavo cercando di studiare- dove diavolo era finito il libro? Strizzò gli occhi per cercare di cogliere i dettagli sul prato proprio al di sotto della torre ma, per quanto fossero in alto, del libro non sembrava esserci traccia -Ti prego, non dirmi che Halley sta organizzando un allenamento fuori programma- sconsolato tornò a guardare la ragazza sull'orlo delle lacrime o quasi -Non mi sento più le braccia, Grace!- per non parlare del suo sedere e di quanto cominciasse a trovare scomoda la scopa, ma quello non glielo avrebbe detto, era giusto lasciare un po' di mistero anche tra amici. Poi l'atmosfera cambiò, Nathan corrucciò le sopracciglia osservando attento le espressioni della compagna che sembrava non essere a suo agio in quel tipo di discorsi e, doveva ammettere, fece parecchia fatica a seguirla e a capire di cosa stesse parlando
    “Ho notato una certa tensione nell’aria” com'era possibile? Era certo che Grace se ne fosse andata in cerca del suo bello, non credeva avesse continuato a prestare attenzione a quello che capitava li, nel gruppetto con cui era rimasto. Quella ragazza era sorprendente, aveva un occhio attento e sembrava sempre preoccuparsi per tutti. Dopo un primo attimo di smarrimento, accennò un sorriso colpevole. Si, doveva ammetterlo, quel giorno si era stupito lui stesso della sua reazione, si era innervosito e non era stato affatto bravo a nasconderlo, risultando anche piuttosto scostante con quel biondino di cui faceva finta non ricordare il nome
    -Lo hai notato, eh?- abbassò lo sguardo colpevole osservandosi le mani ormai vuote -Non so nemmeno io cosa dirti, non mi capita mai di agitarmi, soprattutto per questo tipo di cose- tornò ad osservare il parco sotto di loro. Per un momento aveva creduto di aver preso un abbaglio con Rain e, dubitando di lei, aveva già cominciato a dubitare di tutti gli altri come una reazione a catena -Però alla fine ero io che avevo frainteso tutto, mi ha anche baciato davanti a tutti, vorrà dire qualcosa- sorrise prima di rabbuiarsi subito dopo -Cioè almeno credo- lo stava facendo di nuovo, dubitare, forse proprio per il fatto di essere questa cosa indefinita -Però ci siamo chiariti in questi giorni, contenta?- sorrise ancora tornando a volgersi verso di lei. Era carina a darsi pensiero nonostante Rain non fosse di certo tra le sue conoscenze preferite, sapeva che tra le due non corresse proprio buon sangue -A te invece com'è andata? Ti ho persa di vista ad un certo punto- troppo nervoso e troppo preso da quella rossa che lo avrebbe mandato al manicomio. Perché stava parlando di lei, vero?

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    Nathan Knox | III | Grifondoro


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    Non era facile parlare di sé, in genere preferiva ascoltare e dispensare consigli laddove richiesto e, a volte, anche quando non erano necessari, un difetto che avrebbe dovuto aggiustare con il tempo. Era sempre stato un tipo piuttosto introverso, che faticava ad aprirsi in generale ma, nell'ultimo periodo, non era più solo questo suo lato caratteriale a metterlo in difficoltà, quanto più il dubbio su cosa dire e, soprattutto, a chi dirlo. Si era reso conto che, più che parlare apertamente di sé, snocciolava quelle piccole informazioni che credeva gli altri si sarebbero voluti sentir dire, niente di troppo personale, niente che andasse troppo oltre la superficie, sicuro che l'interesse fosse sempre blando. Proprio come quando le persone chiedevano “Come stai?”, quella domanda a cui quasi nessuno voleva sentirsi dare una risposta sincera, portando quasi tutti a rispondere con un semplice “Bene, e tu?”. Difficile trovare qualcuno a cui poter dire che gli era crollato il mondo addosso e che stava solo cercando di tenere insieme i pezzi e, certo, non era qualcosa da raccontare a persone che si conoscevano poco, mettendoli a disagio e trascinandoli in una conversazione che magari poi si sarebbero sentiti in dovere di affrontare, senza però reale coinvolgimento. Rain, tuttavia, era diversa. Fin da subito si era aperta con facilità, mettendolo a conoscenza di situazioni personali che di facile non avevano proprio niente, gettandolo in un turbine di informazioni che gli facevano ben sperare che il suo interesse nel farlo parlare di sé non fosse della solita natura frivola. Rimaneva il fatto che, in ogni caso, non volesse appesantirle la serata che già non sembrava felice, quindi rispose restando sul vago ma senza mentire
    -Sei stata qui dalla fine della scuola?- corrucciò le sopracciglia collegando i puntini -E non ci siamo mai incontrati?- un sorrisetto divertito spuntò sul suo viso, contento che non avesse fatto ulteriori domande che lo avrebbero messo in difficoltà in quel momento. Male, molto male. Aveva passato gran parte del suo tempo ad annoiarsi sul divano o, al più, a mettersi alla prova nei supermercati babbani solo per il gusto di usare quelle casse automatiche che facevano strani rumori. Ora si rendeva conto che avrebbe potuto spendere molto meglio il suo tempo se solo avesse allungato lo sguardo oltre il suo naso -A saperlo sarei venuto a darti fastidio molto più spesso- scherzò, ma non sul fatto che avrebbe frequentato quel locale più che volentieri, ed ecco perché lo stomaco si strinse appena quando la ragazza confermò di volerlo rivedere. Si sentì quasi un quindicenne alla sua prima cotta.
    -Credo tu ti stia sbagliando su di lei- ridacchiò passandosi una mano sulla nuca un po' a disagio quando il discorso virò su Grace. Gli piacevano entrambe le ragazze, anche se in modo diverso, e non gli faceva piacere sentire una parlare male dell'altra. Che situazione del cavolo!
    -Però ho capito, non ti piace- meglio sorvolare su quell'argomento per il momento, e chissà che prima o poi non sarebbe riuscito a fare da tramite tra le due. Probabilmente no.
    “Credi davvero voglia fermarmi a quello?” Nathan arrossì, come suo solito, mentre gli scenari più disparati si spiegarono davanti ai suoi occhi grazie alla mente che aveva cominciato a lasciarsi andare in fantasie più peccaminose di quanto avrebbe potuto esprimere ad alta voce -Ah, no?- inclinò il busto leggermente in avanti, sporgendosi così verso la ragazza intanto che il sorriso prendeva una piega più furba. Nonostante le gote arrossate, ritrovò lo stesso gioco iniziato quel giorno al campo da Quidditch -E cosa avevi in mente?- domandò fingendosi più ingenuo di quanto non fosse. Che le avessero messo qualche cosa nel bicchiere? Una nuova droga o ritrovato strano che le annebbiassero la mente? Come poteva anche solo pensare che avrebbe finito per non sopportare la sua presenza? Ghignò, occhi socchiusi a scrutarla in volto, mentre si rigirava il bicchiere tra le dita
    -Si sta forse sminuendo, signorina Scamander?- non era la prima volta che la ragazza si dipingeva come qualcuno da cui stare alla larga, lei stessa gli aveva raccontato di preferire tenere tutti a distanza. A volte lo riconduceva al suo essere figlia di gente poco raccomandabile, altre al suo modo di vedere se stessa come altrettanto mostruosa -Non vorrai dirmi che abbiamo qualcosa in comune?- scherzò ancora cercando di distrarla da quel velo di amarezza che le leggeva in volto notando i suoi occhi fissi a terra. Di nuovo, la ragazza riuscì a spiazzarlo con la sua dose di schiettezza e spontaneità che avrebbe sempre invidiato. Le guance della Serpeverde si tinsero di rosso, e Nathan stentò a credere fosse per imbarazzo, gli aveva detto ben di peggio con molta più nonchalance. Questa volta, però, sembrò diverso. Si lasciò trascinare fuori, non prima di aver fatto cadere una manciata di Galeoni sul tavolo per non passare per un mascalzone qualsiasi e, una volta fuori, la situazione non accennò a scendere di temperatura. Tutt'altro. Dal momento in cui Rain aveva premuto le labbra contro le sue, la temperatura non aveva fatto che aumentare. Aveva spento il cervello, smettendo di essere la solita persona controllata, lasciandosi andare a quelli che erano i suoi più naturali istinti e desideri.
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    Aveva ricambiato i suoi baci, smettendo di pensare alle conseguenze, aveva lasciato che le sue mani vagassero sul corpo della ragazza, l'aveva stretta a sé, l'aveva sollevata e portata li dove sarebbe stato più facile per lui avere accesso alla sua pelle serafica che aveva preso a baciare. Si era avventato su di lei spinto da una frenesia bruciante che già dall'ultimo incontro aveva tentato di sopprimere con pessimi risultati visto come, ora, la stringeva tra le braccia, infischiandosene se la sua eccitazione era ormai evidente. Continuò a torturarle il lungo collo da cigno, risalendo fino a tornare a rubarle quelle labbra rosse e piene che riempivano le sue fantasie, lasciando che ad ogni istante quei contatti si approfondissero sempre di più, arrivando ad insinuarsi fin sotto gli indumenti, accarezzandole la schiena. Sembrava che il tempo si fosse fermato, che tutta la conversazione precedente fosse stata solo un preludio per arrivare a quello, come se entrambi non aspettassero altro ma, come ogni cosa bella, anche quel momento fu destinato a finire. Una voce alle sue spalle lo riportò alla realtà, facendolo allontanare da lei e fissandola con occhi leggermente sgranati. Non si pentiva di nulla di quello che aveva fatto, nemmeno per un secondo il dubbio aveva attraversato il suo pensiero ma, la sensazione di essersi approfittato di lei, era forte. Temeva si stesse solo appoggiando a lui per ricevere conforto per il momento che stava vivendo e lui, come una subdola faina, si era insinuato tra quei sentimenti disperati, cercando un'apertura per avvicinarsi a lei. Era persino peggio di un molestatore! Fermò la sua crisi esistenziale per ascoltare la rossa che si era avvicinata, di nuovo, a lui dicendogli che andava tutto bene
    -Ma hai bevuto- anche se, in seconda analisi, forse era più lucida di lui. “Nessuno si approfitta di nessuno” Nate si calmò, poggiandole le mani sui fianchi e fissandosi sui suoi occhi scuri.
    -Sicura?- si lasciò convincere dalle parole di lei. Le passò un braccio attorno alla vita stringendola, baciandola ancora una volta “Rimani. Stai con me!” Knox sorrise ancora una volta senza allentare la presa su di lei. Ora che quei pensieri intrusivi erano stati messi a tacere, non c'era nulla che gli impedisse di riprendere da dove aveva interrotto
    -Non avevo intenzione di lasciarti andare- la strinse ancora portandola con sé quando, un istante dopo, la sensazione vorticante allo stomaco fu la prova inconfutabile della smaterializzazione riuscita. Non le diede il tempo di realizzare che l'avesse portata a casa con lui, in un lampo si impossessò di nuovo della sua bocca, premendola contro la parete alle sue spalle. Le braccia lasciarono la vita della rossissima ragazza, permettendo alle mani di riprendere la loro esplorazione da dove avevano interrotto -Se vuoi che mi fermi, dillo ora- o col cavolo che lo avrebbe fatto.



    Edited by -Nox- - 31/10/2023, 07:26
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