Million reasons

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    Grifondoro
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    C’era una volta nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts una ragazzina appartenente alla casa di Godric Grifondoro che si aggirava per il castello con lo sguardo corrucciato, il labbro sporto in fuori ed una raccolta di due grossi volumi scolastici stretta al petto con l’aggiunta di una pergamena arrotolata incastrata sottobraccio. La giovane Grifondoro camminava pensierosa poiché, in seguito al falò d’inizio anno, i primi grattacapi avevano cominciato ad arrovellarsi nella sua testa e necessitavano d’essere sbrogliati. Si era augurata che il nuovo anno fosse più tranquillo, ricco di gioia e con la tranquillità in più data dalla convinzione, almeno superficiale poiché in fondo al suo cuore la verità era un’altra, di un rapporto stabile eppure, sin dal primo giorno d’arrivo, le cose avevano cominciato a complicarsi. Dapprima proprio con il bel Serpeverde con la quale non aveva ancora trovato occasione e voglia per sedersi e parlare ma parlare davvero e come ci si sarebbe aspettato da parte di entrambi poiché da ambo le parti c’erano dei conti in sospeso e rispettive omissioni che avrebbero richiesto una presa di posizione e soprattutto della sincerità o il loro rapporto ne avrebbe risentito a lungo andare. Troppi non detti e troppe omissioni nascoste dietro un “è tutto okay” o un caldo sorriso seguito da una carezza. Grace di questo ne era stanca: i silenzi avrebbero ammazzato ciò che avevano che sapeva essere speciale e lei aveva già visto una storia – la sua – finire proprio per colpa di questo e di ideali con la quale l’altra parte l’aveva rivestita. Non avrebbe più commesso gli stessi errori uno perché teneva a Michael più di quanto fosse in grado di concepire e due perché si reputava migliore di così, degna davvero delle confidenze dell’altro altrimenti, il loro, che diamine di rapporto sarebbe stato? E proprio per questa ragione, in parte, era arrabbiata proprio con il Serpeverde. Al falò aveva fatto un casino seguendo Victoria, scegliendo di occuparsi di lei e del suo cuore infranto, scegliendo di mettere da parte colui per la quale il suo di cuore faceva le bizze ogni qual volta si rivolgesse a lei o la sola presenza si manifestasse all’interno di una stanza. Invece lo aveva piantato in asso, lì, al falò, e per questo forse era stata effettivamente pessima e degna del fastidio dell’altro ma quando era tornata del ragazzo per cercare di scusarsi e chiarirsi dell’altro non c’era stata traccia così come nei pochi giorni trascorsi da quel momento. Michael, non aveva provato a cercarla. O almeno questo era ciò che aveva percepito lei osservando la sua algida figura – di nascosto – a lezione. Che fosse così arrabbiato? Lo capiva ma solo in parte. Se da un lato si malediva per aver incasinato le cose tra loro dall’altro le dava rabbia il modo in cui lui aveva scelto di starsene per conto suo sparendo dai radar e non provandoci nemmeno. Tutte quelle belle cose che le aveva detto allora? Chiacchiere? Più pensava a questo e più avvertiva le mani prudere, pizzicare. Era stata una scelta così imperdonabile “salvare” un’amica? Perché questo aveva fatto con la Serpeverde. Victoria aveva avuto – lo aveva sentito – bisogno di lei e dentro di lei era nata come una forza inspiegabile ed innegabile che l’aveva spinta al di sopra della sua volontà a raggiungerla obnubilando i sensi e mettendo qualsiasi altra cosa in secondo piano persino lui, il ragazzo dei suoi sogni.
    «Mmmh!» Esordì in uno sbuffò deciso piantando il piede e di riflesso la sua persona nel bel mezzo del corridoio ricevendo l’urto di chi le era immediatamente dietro e non aveva avuto modo di deviare all’ultimo secondo. «Eccheccazzo oh!» Fu la reazione del tizio che spalancò le braccia in sua direzione esprimendo dei sottintesi abbastanza palesi nella sua posa ed espressione. «Scusami!» Replicò di rimando la Grifondoro sbarrando gli occhi quasi si fosse appena svegliata da quell’incanto che erano i suoi pensieri. Si era chiusa nella sua dimensione. Si spostò a lato del corridoio guardando sfilare le persone e, mordicchiandosi il labbro inferiore, sbuffò indecisa sul da farsi salvo individuare poco più avanti la scala che portava ai piani superiori e alla torre di Astronomia; lì se fosse stata fortunata avrebbe trovato della vera pace e avrebbe potuto riflettere su quale sarebbero state le mosse migliori da portare avanti.
    Si buttò nel marasma “navigando” controcorrente fino a raggiungere la scalinata e lì, con un po’ di buona lena, si lanciò verso gli infiniti scalini prendendo la salita come un aggiuntivo allenamento cardio che avrebbe potuto vantare alla sua despota preferita che già non vedeva l’ora di ricominciare gli allenamenti della squadra di cui programmava il calendario serrato. Dovevano rimanere campioni, certo, corretto, ma avrebbe voluto arrivare viva ai diciott’anni!
    «Oooh!» Esclamò in uno sbuffo una volta giunta alla fine della faticata e senza preoccuparsi che il posto potesse essere occupato – non aveva sentito la voce della Garcia – aveva spalancato la porta gettando i suoi averi sul primo banco salvo poi fermarsi quando aveva individuato la figurati di Nathan seduta sul cornicione.
    «Tu!» Esordì ricolma di stupore ma riprendendosi subito aggiunse «ecco dov’eri finito. Ti stavo cercando!» Non era vero, almeno inizialmente, ma lo era diventato nel momento in cui la Johnson aveva riconosciuto la figura del compagno Grifondoro in quanto nei suoi programmi ed arrovellamenti era anche previsto un consulto ed un confronto con l’amico. «Che ci fai quassù tutto solo?» Lo affiancò prendendo deliberatamente posto di fronte a lui sul cornicione a strapiombo verso il vuoto ed il Lago Nero, «fuggi da Halley e dai suoi programmi d’allenamento? Perché io sì!» Rise allargando un caloroso sorriso verso il ragazzo. «A parte gli scherzi… mh…» Corrucciò la fronte indecisa sul come affrontare l’argomento senza aggredirlo o che. «Non so come iniziare o come dirlo, per cui prendi con le pinze il modo» mise le mani avanti e chinando il capo sollevò lo sguardo negli occhi limpidi del ragazzo. «Mi spiegheresti cos’è successo alla festa?» Una pausa. «Ho notato una certa tensione nell’aria» dove quella tensione prendeva il nome di Victoria Crain ma giudicando che non fosse, almeno inizialmente, il caso di fare il nome dell’amica avanzò il discorso rimanendo generica. Per cominciare. Aveva sentito la campana, sconvolta, della Serpe ma ora necessitava anche di avere il suo di punto di vista per capire appieno cosa fosse successo e perché davvero era coinvolta quella stronza di Rain Scamander. Lui, con Rain… giammai!


    Edited by Dragonov - 28/10/2023, 20:45
     
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    Nathan Knox | III | Grifondoro


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    C'era una volta, in una terra lontana lontana, un castello incantato e pieno di misteri, protetto dagli occhi di chi non possedeva nel proprio sangue alcuna traccia di potenziale magico, e per un buon motivo: i suoi abitanti erano tutti esauriti. Nathan, in quei giorni, ne era l'esempio lampante. La scuola era iniziata ormai da più di un mese e le cose si erano fatte già da subito frenetiche, cominciando con le lezioni che, per lui che aveva tanto da recuperare, erano partite subito in quarta e finendo poi con Rain che, oramai, occupava gran parte dei suoi pensieri. Tutti i buoni propositi, sul concentrarsi sullo studio, non perdere troppo tempo, fare le cose con calma e non affezionarsi troppo velocemente erano saltati ad una velocità disarmante nel momento in cui aveva messo gli occhi su quell'uragano dai capelli rossi. Eppure cosa avrebbe dovuto fare? Ignorare e passare oltre? Si, se fosse stato furbo avrebbe mantenuto le distanze visto che, per qualche motivo, immaginava si sarebbe stancata presto di un tipo come lui, troppo tranquillo per una come lei e, in effetti, non sapeva nemmeno come definirlo il loro rapporto proprio perché di definito non vi era nulla. Non avevano mai messo un'etichetta e forse era meglio così, lasciando le cose in quel limbo indeterminato così che tutto potesse terminare in modo meno rumoroso quando poi sarebbe arrivato il giorno, nonostante già al falò di inizio anno aveva avuto un assaggio di come sarebbe stato si meno rumoroso ma certo non si sarebbe dispiaciuto meno. Si erano chiariti dopo quel pomeriggio, ma ricordava benissimo la stretta allo stomaco nell'averla vista tra le braccia di quel biondino che, in ogni caso, continuava a non stargli simpatico pur non avendo fatto nulla di male. Ormai era stato catalogato sotto “disturbatore”. Avevano continuato a vedersi e, in un certo qual modo, si era abituato alla sua presenza nelle sue giornate, il che era un problema quando poi si ricordava che aveva dei compiti da portare a termine tra gli allenamenti e lo studio. Halley, si poteva dire, era diventata davvero una tiranna che non accettava scuse per saltare gli allenamenti ma, per quanto tosta, era un tipo di lavoro che Nate apprezzava soprattutto perché aveva imparato ad amare anche quello sport quanto, e forse più, del Quodpot, ma quella era una cosa che non avrebbe mai potuto ammettere davanti all'altra rosso-oro che completava il trio di ragazze a cui si era legato di più. Mai avrebbe potuto confessare a Grace che farsi esplodere una pluffa tra le mani era, a ragion veduta, una follia, quello sarebbe rimasto un suo inconfessabile segreto. Tutto sembrava andare bene in un certo senso, l'America cominciava ad essere un ricordo lontano e, per quanto se lo fosse augurato, doveva ammettere di provare un certo senso di colpa. Aveva il diritto di stare bene? Da una parte, egoisticamente, avrebbe voluto rispondere di si, che non aveva fatto poi nulla di male e che meritasse un po' di serenità e di divertirsi come tutti gli altri, tuttavia aveva paura. Paura di perdere quello che aveva trovato, come la quiete prima della tempesta e, allo stesso tempo, temeva di dimenticare ogni cosa. Cominciava già a pensare meno a suo fratello, ormai affidato alle cure degli zii, e non sapeva se fosse giusto o meno, così come era preoccupato di dimenticare i volti dei suoi genitori che avevano già iniziato a sbiadire e, questo, era sicuro non fosse giusto. Scosse la testa bionda cercando di scacciare quei pensieri, finché fosse durata aveva tutta l'intenzione di bearsi di quella pace ritrovata, di non volere adombrarsi con quei pensieri che gli cambiavano l'umore e, soprattutto, non gli facevano prestare attenzione a quello che stava facendo. Per la quarta volta rilesse la stessa frase del libro che teneva tra le mani, dondolando le gambe seduto su quel cornicione su cui si trovava, credendo che chiudendosi in un'aula, isolato dalle distrazioni, sarebbe riuscito a studiare senza problemi, senza considerare che ciò che lo deconcentrava era solo nella sua testa. Aveva scelto la torre di Astronomia di proposito, così remota in un certo senso che avrebbe tenuto alla larga la fauna studentesca e che, era consapevole, aveva un appeal maggiore la notte, quando acquisiva quell'aura magica nonostante la magia fosse un po' all'ordine del giorno in quella scuola. Ci stava provando davvero a concentrarsi, ad isolarsi da tutti i suoni e le risate provenienti dalla tenuta del castello di tutti quegli studenti che dovevano essere stati più rapidi di lui a completare i loro studi ma, mentre leggeva la stessa frase per quella che doveva essere la settima volta, una voce inaspettata lo fece sobbalzare e, agitandosi, il libro gli scivolò di mano finendo dritto giù dalla torre
    -Io- un sorrisetto prese forma quando posò gli occhi sulla figura di Grace appena comparsa -Mi stavi cercando?- si voltò, sporgendosi ora oltre il cornicione per cercare di scorgere il suo libro -In realtà stavo cercando di studiare- dove diavolo era finito il libro? Strizzò gli occhi per cercare di cogliere i dettagli sul prato proprio al di sotto della torre ma, per quanto fossero in alto, del libro non sembrava esserci traccia -Ti prego, non dirmi che Halley sta organizzando un allenamento fuori programma- sconsolato tornò a guardare la ragazza sull'orlo delle lacrime o quasi -Non mi sento più le braccia, Grace!- per non parlare del suo sedere e di quanto cominciasse a trovare scomoda la scopa, ma quello non glielo avrebbe detto, era giusto lasciare un po' di mistero anche tra amici. Poi l'atmosfera cambiò, Nathan corrucciò le sopracciglia osservando attento le espressioni della compagna che sembrava non essere a suo agio in quel tipo di discorsi e, doveva ammettere, fece parecchia fatica a seguirla e a capire di cosa stesse parlando
    “Ho notato una certa tensione nell’aria” com'era possibile? Era certo che Grace se ne fosse andata in cerca del suo bello, non credeva avesse continuato a prestare attenzione a quello che capitava li, nel gruppetto con cui era rimasto. Quella ragazza era sorprendente, aveva un occhio attento e sembrava sempre preoccuparsi per tutti. Dopo un primo attimo di smarrimento, accennò un sorriso colpevole. Si, doveva ammetterlo, quel giorno si era stupito lui stesso della sua reazione, si era innervosito e non era stato affatto bravo a nasconderlo, risultando anche piuttosto scostante con quel biondino di cui faceva finta non ricordare il nome
    -Lo hai notato, eh?- abbassò lo sguardo colpevole osservandosi le mani ormai vuote -Non so nemmeno io cosa dirti, non mi capita mai di agitarmi, soprattutto per questo tipo di cose- tornò ad osservare il parco sotto di loro. Per un momento aveva creduto di aver preso un abbaglio con Rain e, dubitando di lei, aveva già cominciato a dubitare di tutti gli altri come una reazione a catena -Però alla fine ero io che avevo frainteso tutto, mi ha anche baciato davanti a tutti, vorrà dire qualcosa- sorrise prima di rabbuiarsi subito dopo -Cioè almeno credo- lo stava facendo di nuovo, dubitare, forse proprio per il fatto di essere questa cosa indefinita -Però ci siamo chiariti in questi giorni, contenta?- sorrise ancora tornando a volgersi verso di lei. Era carina a darsi pensiero nonostante Rain non fosse di certo tra le sue conoscenze preferite, sapeva che tra le due non corresse proprio buon sangue -A te invece com'è andata? Ti ho persa di vista ad un certo punto- troppo nervoso e troppo preso da quella rossa che lo avrebbe mandato al manicomio. Perché stava parlando di lei, vero?

     
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    Ribaltare un imprevisto in un’occasione. Esattamente ciò che aveva visto e poi messo in atto la Grifondoro. Non era certo premeditato quell’incontro in quel della torre di Astronomia ma la giovane rosso-oro aveva saputo cogliere l’opportunità al balzo nell’esatto momento in cui aveva realizzato l’identità della figura presente nella torre: il suo amico. Victoria ne era uscita sconvolta, persino provata da quel falò e le Johnson non aveva potuto fare a meno di ripromettersi che nonostante tutto e, a prescindere dalle intenzioni che le aveva comunicato la Serpeverde, avrebbe comunque infilato il suo nasino leggermente all’insù in quella faccenda nel tentativo di fare chiarezza su quello che era stato lo svolgimento dei fatti e perché no, magari, se ci fosse stata la possibilità, magari anche mettere una buona parola nei riguardi di quell’amica che si era presa una cotta non da poco per il bel cacciatore. Perché non fare da cupido? Perché non utilizzare quel poco d’influenza che sentiva di poter vantare sull’amico magari indirizzandolo tra le braccia confortevoli della Crain? Se c’era una cosa che non poteva nemmeno lontanamente concepire era proprio quanto esternato da Victoria, ovvero, che Nathan avesse invece un debole per la di lei compagna di casa Rain Scamander. Lo giudicava impossibile in quanto inconsapevole e pertanto peccando di quell’ignoranza che voleva reale la frequentazione assolutamente in atto tra i due giovani. Era assolutamente impossibile, di base, un’idea simile e aveva immediatamente etichettato quella rivelazione come un errore, un possibile abbaglio in cui il cuore spezzato della Crain doveva essere caduto. Nathan e Rain, figurarsi! Lui poi, così speciale per la sua semplicità ed innocenza con una strega simile, una bulla. Impossibile! Rifiutava di crederlo pertanto aveva negato fino a che aveva potuto finendo per mettersi in testa da sola quell’intenzione del tutto non richiesta dalle parti d’infilarsi in mezzo, quindi trovare Nathan lì alla torre, era stato letto dalla giovane Grifondoro unicamente come un segno, un benestare positivo da parte del destino nei riguardi del suo piano. Pertanto s’infilò con affabile maestria cambiando in corso d’opera la sua affermazione per approcciare il cacciatore che sembrò non notare il cambio di tono che invece avrebbe tradito la sorpresa nello scoprirlo lì.
    «Yup!» Mentì, «pensavo fossi in biblioteca invece hai scelto di nasconderti meglio» continuò la sua piccola bugia bianca che avrebbe funto unicamente da preambolo per ciò che di lì a poco sarebbe andata a fare. In fin dei conti era solo la premessa una piccola menzogna in quanto nelle sue intenzioni c’era davvero di cercarlo, che poteva farci se il destino aveva scelto per lei? «Non dirmi che ti stavi nascondendo anche da me?!» Asserì ostentando un’indignazione che non possedeva mentre avanzava arrivando a prendere posto di fronte al ragazzo, accoccolandosi sul davanzale lì a svariati metri d’altezza che avrebbero potuto mandare il cuore in gola a chiunque ma non a loro, non a due giocatori di quidditch abituati ad amare quel tempo passato tra le nuvole.
    «In realtà stavo cercando di studiare» lo squadrò e da lì un sopracciglio scattò per aria. «Senza libro? Prodigioso...» Ridacchiò per poi seguire lo sguardo dell’altro che andava affacciandosi verso lo strapiombo della torre dove alcuni studenti passeggiavano chiacchierando. Si voltò verso il Grifondoro, l’interrogativo ancora sospeso nell’aria in attesa di una spiegazione.
    «E invece... No, scherzo! Nessun allenamento extra!» Un leggero scherzetto che lo avrebbe portato a sbiancare facendola sbellicare dal ridere salvo poi, più magnanima, rivelargli quello che era il vero. Anche lei, per quanto amasse quello sport, non ne poteva davvero più di tutti quegli allenamenti. Di quel passo sarebbero arrivati distrutti alla primissima partita di campionato o con l’acido lattico nei muscoli. «Non diamole idee. L’ultimo esercizio non so te ma mi ha ammazzato. Roba che non ho sentito più le braccia per due giorni, nemmeno alzare la penna!» Qualcosa come mezz’ora di passaggi a lunga distanza, poi a lunga distanza ma in movimento spronando loro a tenere le braccia alte. Una diavoleria che aveva letto in qualche giornalino di settore il cui inserto specifico era dedicato ai Cannoni di Chadley. Maledetti loro che le facevano venire idee! «Se non vinciamo la prossima dichiaro l’ammutinamento.» Rise ancora, complice, prima di tirare un sospiro per passare a quanto in realtà le premeva trarre da quell’incontro: la questione Victoria. Titubante gettò l’amo abbozzando una frase che avrebbe potuto lasciar intendere tutto e allo stesso tempo niente, qualcosa che le permettesse di sondare il terreno con il Grifondoro permettendole di capire dal modo in cui avrebbe reagito il suo stato in riferimento alla questione. O forse no. D’un primo acchito Nathan le sembrò spaesato tanto da portarla a piegare di lato la testa lanciando qualche altro appiglio che generò l’effetto desiderato: un sorriso stentato, colpevole. Bingo!
    «Lo hai notato, eh? Non so nemmeno io cosa dirti, non mi capita mai di agitarmi, soprattutto per questo tipo di cose…» Pronta ad ascoltare la Johnson si sistemò sul davanzale raccogliendo le ginocchia al petto, adagiandovi le braccia che avrebbero funto da cuscino per il suo viso. «Però alla fine ero io che avevo frainteso tutto, mi ha anche baciato davanti a tutti, vorrà dire qualcosa!»
    WHAAAAAT?!
    Victoria questo non glielo aveva detto! Ma vedi te se la Serpeverde doveva tenersi per se una cosa così grossa?! Erano o non erano amiche?! Ah se l’avrebbe sentita! Quella sera stessa! Eccome, Grace le sarebbe saltata addosso stressandola fino a che quel pettegolezzo non sarebbe stato estorto dalla sua bocca.
    «Però ci siamo chiariti in questi giorni, contenta?» Il sorriso sulle labbra del cacciatore s’allargò sincero contagiando anche gli occhi di quella felicità così pura da renderlo ancora più bello. «A te invece com’è andata? Ti ho persa di vista ad un certo punto» ma lei era ancora ferma alla questione del bacio, del chiarimento tanto che al momento della rivelazione era scattata tirandosi immediatamente su dal cuscino formato dalle braccia guardando il ragazzo con occhi sbarrati di stupore. Aspetta.
    «Q-q-quindi tu», wow, «quindi tu e...» le dita si piegarono lasciando entrambi gli indici ad indicare direzioni diverse. «Quindi tu e...» cazzo se era grossa come notizia! I suoi due migliori amici avevano una tresca! «Tu e Victoria vi siete baciati?!» Ceh! Chi se ne poteva fregare di ciò che era successo a lei! Nathan e Victoria si erano baciati! «Quando? Come?!»


    Edited by Dragonov - 1/11/2023, 13:22
     
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    Nathan Knox | III | Grifondoro


    S8Oys
    Aveva sempre avuto un debole per Astronomia, una materia che sapeva non gli sarebbe servita poi a molto nella vita in generale anzi, forse affatto, con i suoi pianeti, le sue mappe del cielo che mai più, uscito da Hogwarts, avrebbe considerato. Lo rassicurava, immaginare la vastità dell'Universo di cui faceva parte lo faceva sentire piccolo e, di conseguenza, i suoi problemi risultavano ancora più infimi e più superabili. Un pensiero scontato come i panettoni dopo Natale, banale, però era vero. La confortevolezza di quei pensieri mediocri lo faceva sentire leggero e, nonostante non fossero una brillante dimostrazione di spiccata fantasia, gli stava bene ugualmente. Gli andava bene risultare convenzionale se questo voleva dire sentirsi un po' più frivolo, nonostante fosse una sensazione passeggera, della durata di una lezione al massimo, prima di tornare al mondo reale dove ogni cosa sembrava un problema insormontabile.
    -Soprattutto da te! Non si sa mai cosa potrebbe venirti in mente- continuò a sorridere per sottolineare che stesse scherzando, ma nemmeno troppo. Grace sapeva essere una sorpresa continua, sempre piena di energie come la sua degna compare, pronta a trascinarlo come aveva sempre fatto con quella sua costante energia che non sapeva dove tirava fuori. Insieme sembravano il nonno pensionato con la nipotina che se lo portava appresso. Doveva tanto a Grace, lei non se ne rendeva nemmeno conto, ma era stata quel pilastro principale che lo aveva tirato fuori da quella depressione che, inesorabile, lo aveva avvolto ed incupito lasciando che si isolasse da tutti annaspando nella solitudine, la voce silenziosa che aveva infranto il silenzio assordante di cui si era circondato, e non aveva avuto ancora l'occasione di ringraziarla come meritasse
    -Lo avevo il libro!- si sporse di nuovo oltre il cornicione osservando il prato al di sotto della torre -Mi è scivolato, tu lo vedi?- strinse di nuovo gli occhi per mettere a fuoco i dettagli sottostanti ma, ancora una volta, non trovò traccia del tomo che, come uno sciocco, aveva lasciato che gli sfuggisse dalle dita per lo spavento -Chi mai ruberebbe un libro di Astronomia?- e perché, soprattutto. Si voltò di scatto verso la biondina con occhi leggermente sgranati temendo che fosse davvero li per portarlo al campo da Quidditch -Dillo che vuoi farmi venire un infarto- si lasciò andare ad un sospiro sollevato, finendo poi per mettersi comodo poggiando le spalle contro la fredda pietra -Ti prego, non dirlo nemmeno per scherzo. Se non vincessimo ci farebbe allenare anche di notte- ma la Jhonson non era li per conto di Halley e, tanto meno, per allenamenti dell'ultimo minuto. No, era li per quello che era successo al falò, premuroso da parte sua, ma anche difficoltoso da spiegare per lui. Aveva ormai appreso che tra la biondina e Rain non corresse buon sangue, proprio per niente, creandogli così quel disagio che gli impediva di parlare all'una dell'altra. Non riusciva a capacitarsi di come, due persone che gli piacevano così tanto, non riuscissero a trovare nessun punto in comune per sotterrare l'ascia di guerra e, chi lo sa, diventare amiche magari. Entrambe caparbie, entrambe forti, in realtà avevano diversi lati in comune nonostante le diversità fossero comunque maggiori. Aveva spesso desiderato poter nominare la Grifoncina in presenza di Rain senza che questa storcesse il suo adorabile naso, così come avrebbe voluto sentirsi libero di parlare della Serpe a Grace, magari rivelandole anche i suoi dubbi e i suoi timori, ma aveva sempre evitato l'argomento. Tra le due, credeva che la Cacciatrice fosse quella che sapesse meno della situazione, non avendole mai rivelato quali fossero i suoi sentimenti per la verde-argento ma, come c'era da aspettarsi, era riuscita a scoprirlo da sola arrivando a preoccuparsi per quello che era successo al falò, mettendo da parte ogni frizione con la rivale, se così si poteva definire, per sincerarsi di come stessero le cose. Dolce da parte sua, o almeno questo era ciò che aveva capito Nathan. Come un abile monologhista, l'americano si dilettò in un breve riassunto degli avvenimenti di quella festa di rientro, sorridendo di se stesso e delle sue insicurezze che erano venute tutte a galla non appena aveva creduto di averla persa. Lei lo fissò, stranita, quasi sorpresa di quella rivelazione, facendogli inclinare la testa di lato confuso per quella reazione
    “Tu e Victoria vi siete baciati?!” Come, scusa? La bocca di Nathan si aprì per lo stupore richiudendosi subito dopo e raccogliendo i pensieri per collegare i puntini che credeva di essersi perso
    -Aspetta, cosa? No!- rizzò la schiena sporgendosi in avanti verso la biondina -Che cosa c'entra Victoria?- più si sforzava e meno capiva, dei tasselli mancavano ad ogni ragionamento che provò a fare ma nulla sembrava tornare
    -Rain, io stavo parlando di Rain- si passò una mano tra i capelli accennando un sorriso impacciato. Per un momento si era sentito sollevato di non dover rivelare quel trasporto che sentiva verso la Serpeverde, come se Grace lo avesse già scoperto, invece eccolo a doverlo ammettere apertamente senza sapere che reazione avrebbe potuto avere lei
    -Non.. non stavi parlando di lei? La tensione nell'aria, non era per lei?- corrucciò le sopracciglia tornando serio. Le domande di Grace, la sua curiosità, erano evidentemente rivolte a qualcosa che lui non era stato in grado di cogliere e, come un ciucco, ci era cascato con tutte le scarpe arrivando, poi, ad interpretare quella commedia degli equivoci che in quel momento gli fece tingere le gote di un rosso tenue -É successo qualcosa a Victoria quando ci siamo separati? Sono, si insomma, mi sono spostato per parlare con Rain e l'ho persa di vista, sta bene?- qualcosa doveva essere successo per forza. Non conosceva la ragazza, aveva avuto modo di scambiarci poche parole in ancora meno occasioni, ma sembrava una brava ragazza e gli sarebbe dispiaciuto se le fosse successo qualcosa -Le hanno.. fatto qualcosa?- abbassò la voce, quasi fosse un segreto inconfessabile. Deglutì sporgendosi in avanti, incatenando lo sguardo cristallino in quello di lei, intenzionato a venire a capo di quel rompicapo che ora lo tormentava. Se non si fosse fatto affossare dalle paranoie, se fosse rimasto li con lei, Rain e quel maledetto biondino, magari le avrebbe risparmiato un brutto momento -É stato coso, Aiden, per caso?- non era mai stato una persona violenta, ma con la scusa giusta avrebbe potuto improvvisare.

     
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    Gli uomini. Una strana razza. Una razza che per la Grifondoro sarebbe forse rimasta un mistero impossibile da comprendere e decifrare, da capire poiché certe azioni perpetrate in essere la lasciavano sgomenta per il mancato nesso di partenza. Modi di pensare, di ragionare distanti per la gran maggioranza del tempo del tutto diversi dalla controparte femminile che si traducevano fin troppo spesso e volentieri in azioni dalla motivazione discutibile se non persino dall’esito. Un po’ come stava facendo il cacciatore che, forse preso dalla sua spiccata vena solitaria, era andato nascondendosi sulla Torre di Astronomia adducendo come motivazione a quell’isolamento forzato lo studio. Strano modo di studiare il suo... senza libro. Gatta ci covava o almeno era questo che d’un primo acchito aveva partorito mentalmente la Johnson restituendo al Grifondoro uno sguardo solenne che racchiudeva una certa palese perplessità nello sguardo, nell'espressione, nel modo in cui le folte sopracciglia di un tono di biondo più scure rispetto ai capelli giacevano inarcate sul suo viso.
    Andiamo! Lei non era una cima o almeno non si riteneva tale e al pari come di certi loro compagni di Corvonero ma non si riteneva certo sciocca o sbadata e ciò che Nathan stava facendo senza la materia prima lo metteva in una posizione quantomeno sospetta. Cosa stava facendo lì davvero?
    «Fai bene! Sono...» mise un attimo da parte il fare sospettoso avvicinandosi con l’aria di una finta santarellina innocente quando in realtà la giovane dietro il volto dai lineamenti angelici nascondeva un gran bel peperino di carattere. Sollevò le mani agitandole quasi a mimare la creazione di un vortice di materia invisibile e continuò lasciando che un sorriso le increspasse le labbra rosee e carnose: «l’imprevedibilità fatta a persona. Swish!» Ridacchiò tornando poi a prenderlo in giro sul suo quantomeno discutibile metodo di studio e, sporgendosi anche lei oltre il davanzale della torre cercò con lo sguardo tracce del pesante tomo di Astronomia che il ragazzo asseriva con una certa sicurezza di stare leggendo. Niente di niente. Piegò il capo fissando l’amico con fare indecifrabile cercando di decidere dentro di sé quanto di vero ci fosse in quella situazione. Non fosse stato il suo Nate avrebbe dubitato ed alla grande, anzi, a quel punto avrebbe già tacciato l’altra persona di starle propinando delle menzogne ma non il suo amico che aveva le stesse cattive intenzioni che poteva avere un cucciolo di foca o un golden retriever. Nathan, per come lo aveva idealizzato ma anche conosciuto lei, non era in grado volontariamente di fare del male a nessuno e aveva persino dubbi che potesse farlo involontariamente ma a quello, quantomeno, lasciava il beneficio del dubbio in quanto individuo di sesso maschile: era nel loro DNA fare sciocchezze, vedi Michael ma con il Serpeverde avrebbe avuto modo di confrontarsi in tempi molto brevi. Giusto il tempo di racimolare il coraggio necessario per affrontarlo!
    «Non farti sentire da lei!» Asserì la Grifondoro sgranando i grandi occhi cerulei quando l’altro azzardò che Halley avrebbe potuto farli allenare anche di notte. Era Halley, ovvio che lo avrebbe fatto se lo avesse ritenuto necessario per il raggiungimento dello scopo! Magari adducendo qualche motivazione del tutto plausibile come la resistenza all’aria più fredda della notte o un quale diavolo di allenamento per la vista... certo poi gliele pagava lei le diottrie perse! Rabbrividì. «Promettimi che non ripeterai una cosa del genere ad alta voce e soprattutto davanti a lei» sollevò l’indice, seria, verso l’amico. Era questione di vita o di morte per le loro povere pellacce e trattandosi proprio della Wheeler una precauzione simile era d’obbligo!
    Espirò rumorosamente lasciando che un sorriso tornasse ad addolcire i lineamenti. Sapeva ciò che doveva fare ed era giunto il momento di trasformare quella casualità che il destino le aveva propinato in un’opportunità a tutti gli effetti. Grace non sapeva bene come affrontare l’argomento e proprio per questo motivo mise le mani avanti affinché il cacciatore prendesse con le pinze i modi in cui si sarebbe espressa. Victoria, quindi. Si schiarì la voce cominciando ad intavolare il discorso prendendolo alla larga e, dal modo in cui Nathan, avrebbe poi reagito avrebbe o meno aggiustato il tiro. Ciò che non si aspettava fu la rivelazione posta dal Grifondoro: si erano baciati. Cosa?! Era stupita, letteralmente esterrefatta soprattutto perché da quanto aveva avuto modo di confrontarsi con la Serpeverde quell’episodio non era nemmeno stato preso in considerazione, che fosse avvenuto nei giorni successivi? Indagò.
    «Aspetta, cosa? No! Che cosa c’entra Victoria?» Beh non era chiaro? Forse no. Aggrottò le sopracciglia. «I-io parlavo di Vic!» Di chi se no?! Okay che il suo ragazzo era smistato proprio tra i Serpeverde ma era solo due quelli che frequentava, appunto lui e Victoria. Chi altri?
    «Rain, io stavo parlando di Rain»
    «EEEEEWWWW!» L’istinto ebbe la meglio ancor prima che potesse anche solo pensare di controllarsi, anche solo pensare che quella reazione avrebbe potuto offendere o far star male in qualche modo Nathan. “Dio che schifo!” Quel secondo commento fortunatamente ebbe la decenza di censurarlo nella sua mente. «Stai scherzando spero! Sul serio?! Rain?!» Diamine ora capiva ancor meglio la reazione così accesa e piccata di Victoria se i due s’erano addirittura baciati davanti al suo naso. Ma poi, quella non se la faceva con Dragonov? Aveva visto più di una volta il colosso di Serpeverde prendersi determinate confidenze con la rossa anche pubblicamente. In che razza di casino si stava andando ad impelagare Nathan?
    «No che non parlavo di lei!» Figurati! Non gliene poteva importare di meno di quella, finché le stava distante poi era tanto di guadagnato in quanto le due proprio non riuscivano a coesistere senza che l’una – o l’altra – finisse per provocare la nemica. Poi quanto era insopportabile col suo fare da saputella in classe! Grace non poteva proprio tollerarla. «Oddio Nate sei proprio un disastro» mugugnò presa dallo sconforto mentre fissava l’amico. «Vic sta bene... circa.» Per quanto poteva stare bene una persona con il cuore spezzato. «Si riprenderà ma ecco... Come dire. Aveva una certa, ehm, preferenza per te», se di preferenza poteva parlarsi. «Nate, sul serio? Rain? Rain Scamander? Tu stai scherzando. Dimmi che scherzi per piacere. Quella va con tutti!» E avrebbe anche potuto contarli sulle dita delle sue mani solo che non sarebbero state sufficienti allo scopo per quella che era la sua considerazione. Sicuro era stata con Dragonov poi l’aveva vista in atteggiamenti discutibili/flirtanti con almeno altre quattro persone. «Chi è Aiden adesso?» Poggiò la parte laterale dell’indice sulla fronte inclinandosi stancamente in avanti. «Possibile che tu ed Halley abbiate dei gusti di merda? Che ho fatto di male?» Sperava Nathan avesse una capacità di discernimento migliore rispetto all’amica ma a quanto pareva nemmeno lui si salvava dagli errori di valutazione e che errori! Grace non riusciva – almeno non in quel momento – a decretare chi fosse peggiore tra i due individui. Forse, David, anzi con ogni probabilità il maggiore degli Harris in quanto aveva la capacità espressiva di un uomo delle caverne per quanto aveva potuto vedere con i suoi stessi occhi e come la Wheeler si fosse presa una cotta per lui – rifiutava di pensare se ne fosse innamorata – era del tutto inspiegabile.
    «Da quando» o quanto? «Frequenti la Scamander?»
     
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    Nathan Knox | III | Grifondoro


    Sibe9
    A volte erano proprio i guai a cercare lui, non sapeva come o perché, ma sembrava proprio che ad ogni passo vi fosse in agguato qualche calamità pronto a coglierlo in fallo. Era da un po' che ci pensava, ma aveva come l'impressione di essersi soffermato fin troppo ad attendere questo guaio, questo qualcosa, che oramai si presentava ad ogni occasione come un vecchio amico: che fosse la morte di qualcuno, un incontro strano o uno fortunato. Per quanto fosse confortante trovare la certezza dell'ignoto che questo avrebbe rappresentato, Nathan era anche molto stanco. Stava sprecando la sua vita in attesa, tergiversando senza mai agire in prima persona e preparandosi solo a reagire a ciò che il fato avrebbe avuto in serbo per lui. Che stava facendo? Spettatore passivo dei suoi anni migliori, se li sarebbe visti scorrere davanti agli occhi senza mai far sentire la sua voce che, pur se nascosta, sapeva di avere. Calmo, tranquillo, pacato, sempre cordiale con tutti finché avesse potuto, erano caratteristiche avrebbero sempre fatto parte di lui e gli stava pure bene, ma sapeva che c'era anche dell'altro, una parte di lui che non era ancora riuscito a lasciare andare, che nemmeno vedeva, e che avrebbe tanto voluto venisse fuori per conoscersi meglio. Posò gli occhi cerulei sulla figura minuta della sua compagna scuotendo la testa e ridacchiando di quel suo fare teatrale. La invidiava. Immaginava che anche Grace avesse le sue insicurezze, come tutti d'altronde, dubbi e domande che si poneva da sola e che le arrovellavano la testa, ma non lo dava mai a vedere. Era sempre allegra e vitale, coinvolgente, non restava in panchina a crogiolarsi nei suoi pensieri. Correva il rischio, si lanciava, sbagliava e rimediava, cambiava strada e trovava la sua, lui avrebbe potuto dire lo stesso? No. Avrebbe voluto, questo si, solo che non sapeva come si faceva.
    -Te lo giuro, Grace!- il volto dubbioso della ragazza era lecito, sotto quella torre non vi era nulla oltre al verde prato che stava già perdendo d'intensità, pronto a venir coperto dal bianco manto innevato che era solito invadere i territori del castello ad ogni inverno -Mi è scivolato e poi, beh, è sparito!- portò la mano destra sul cuore, quasi a giurare che stesse dicendo il vero mentre, con la sinistra, indicava di nuovo fuori dal cornicione dove la biondina aveva già controllato. Inspiegabile come ci fossero persone pronte a sgraffignare persino un libro di scuola, come se loro non ne avessero, degli sciacalli in tutto e per tutto.
    -Non sono così masochista, li evito proprio questi discorsi con lei- parlare di Quidditch con Halley era come darsi la zappa sui piedi da solo. Non sapeva dire perché ne fosse diventata così ossessionata, o almeno questa era l'impressione che ne aveva avuto, qualcosa gli diceva che usasse lo sport come paretaio per svagare la mente e alleggerire lo spirito
    -Spero solo che stia bene- l'aveva vista turbata, era sotto gli occhi di tutti che ci fosse qualcosa che disturbava la grifoncina e, se gli allenamenti erano un buon modo per lei per distrarsi allora erano ben accetti, ma nel limite dell'umano consentito. Ormai annaspava per le scale del castello come fosse zoppo, tenendosi persino il fianco a corto di fiato, non era quella la fine che aveva immaginato per lui, troppo giovane per un'esistenza così fisicamente sofferente. La mente era già stata messa fin troppo alla prova, che almeno i muscoli avessero qualche attimo di riposo.
    Ciò che, il rosso-oro, non si sarebbe aspettato, fu la premura con cui Grace tornò a parlare della giornata del falò. Era stata una giornata divertente per certi versi e stressante per altri, aveva incontrato vecchie conoscenze che non vedeva da mesi e ne aveva conosciute di nuove, aveva chiacchierato come un normale ragazzo come aveva sempre voluto essere, almeno fino a quando il suo cuore già mal ridotto non ebbe un fremito nel vedere Rain con qualcun altro. Ricordava bene come la cosa fu un duro colpo, come in un attimo aveva messo indubbio ogni relazione instaurata dal suo arrivo, persino la stessa con Grace, e si sentì un cretino per come poi la stessa Scamander gli aveva spiegato stessero le cose. Non avrebbe saputo dire se la sua fosse stata semplice gelosia o più che altro dispiacere, magari entrambi. Geloso di quella che aveva scambiato per intimità e dispiacere nel vedere sfumato qualcosa di bello, qualcosa a cui, già quell'estate, aveva dato un valore diverso. Erano giovani, non si erano mai dati etichette, persino ora non sapeva cosa fossero, ciononostante, seppur per pochi minuti, si era sentito di nuovo messo da parte senza nemmeno la grazia di averlo informato a priori. Sapeva che la Johnson e Victoria erano amiche, e Nathan si trovava proprio con quest'ultima quando la ragazza dai capelli fiammeggianti aveva fatto la comparsa nel suo campo visivo, era scontato per lui credere che fosse stata lei ad informare Grace del suo evidente disagio e della sua maleducazione per essersi allontanato con Rain, mollando Vic con quel tipo che ora, per lui, appariva come poco raccomandabile. Invece no. Incomprensioni, equivoci, tutto ciò che la Grifondoro aveva chiesto e a cui lui aveva dato la sua versione non erano stati altro che un enorme malinteso.
    -Ma che cosa c'entra Victoria con la tensione che c'è stata al falò?- le sopracciglia si corrucciarono, spontanee, mentre mille dubbi si palesavano dai suoi occhi espressivi. Per tutto il tempo aveva creduto volesse sapere di Rain, dando sfogo a quelle che erano state le sensazioni di quel momento ormai passato, quindi perché la Johnson si riferiva all'altra serpe? Era evidente che gli mancasse un pezzo di quell'intricato passaggio. Le sopracciglia si rilassarono e le spalle si abbassavano mentre Nathan apriva per poi richiudere definitivamente la bocca, stringendo le labbra tra loro, alla reazione di Grace davanti al fatto che fosse Rain la ragazza che aveva baciato. Sapeva che non erano amiche, che non si piacessero proprio, ma quella reazione disgustata non lo lasciò affatto indifferente. Nonostante i pregiudizi, sperava in una reazione diversa. Avrebbe compreso la sorpresa, di certo era qualcosa che la biondina avrebbe non potuto immaginare, ma lo sdegno dimostrato lo ferì.
    “Stai scherzando spero! Sul serio?! Rain?!” abbassò la testa trovando un momentaneo interesse per le pietre che formavano il pavimento. Dall'amica avrebbe desiderato un po' di sostegno, anche se non condivideva la scelta, persino se non si potesse definire esattamente una scelta, non era qualcosa su cui aveva controllo e, Grace più di ogni altro, credeva che sarebbe stata in grado di capire che certe attrazioni nascevano e basta, che non si potevano comandare, a volte, anche quando si era già impegnati con qualcun altro
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    -N-no, non sto scherzando- rialzò il viso questa volta più sicuro, pure se la voce lo tradì, non era giusto chinare il capo come se si vergognasse della Scamander o di quello che poteva provare per lei -Lo so che non la sopporti, sei stata molto chiara, ma nemmeno la conosci. Non come la conosco io almeno- e lui la conosceva? In parte poteva affermare di si, ci sarebbe stato molto altro da scoprire, e la speranza era proprio che la rossa le desse la possibilità. Poi, ecco il tassello mancante che andava a completare quel puzzle mentale che avrebbe collegato ogni puntino. Un'ondata di disagio lo travolse, facendolo arrossire all'istante da capo a piedi, un peperoncino in piena regola mentre sgranava gli occhi per lo stupore davanti quella rivelazione su Vic che lo colse impreparato -Ti prego, dimmi che sei tu che stai scherzando- cieco ed insensibile. Era per questo, quindi, che la ragazza si era innervosita quel famoso pomeriggio? -Io non lo sapevo, dovrei scusarmi? Dovrei parlarle? Grace, che devo fare?- si portò le mani a coprirgli la bocca mentre implorava tacitamente all'amica un aiuto per risolvere una situazione a cui, di certo, non era abituato. Amica che, invece, sembrava non avesse alcuna intenzione a smettere di rigirare il coltello nella piaga
    “Dimmi che scherzi per piacere. Quella va con tutti!” il colorito scemò dalle guance mentre le braccia ricadevano lungo i fianchi. Si voltò puntando lo sguardo verso il panorama che la torre offriva, concentrandosi sulle fronde ondose dei sempreverde che riempivano la Foresta Proibita
    -Mi piace, Grace, cosa ci posso fare? Tu avrai tutti i tuoi motivi per avercela con lei o trovarla odiosa, ma non è quello che vedo io- tornò ad osservare la compagna con un sorriso appena accennato pensando a Rain. Era stata sempre gentile con lui, e divertente, sorprendente e mai banale, di sicuro gli aveva movimentato gli ultimi mesi -Non ti so dire esattamente cosa, magari ci vedo tutto quello che non riesci a vederci tu- e, lo ammetteva, una parte egoista di lui apprezzava anche che fosse così: se era riuscito a scovare nella Serpeverde qualcosa che nessuno aveva scorto, allora voleva dire che vi aveva trovato qualcosa che era solo suo -Non è lo stesso con il tuo Mike? Non che mi sembri un cattivo ragazzo, ma quanti a parte te possono vantarene una conoscenza? Non potrebbero farsi idee sbagliate su di lui come tu te ne fai su di lei?-
    Scoppiò persino a ridere quando la paragonò ad Harris, un paragone assurdo a suo dire. Halley avrebbe avuto bisogno di un trattamento sanitario d'urgenza in psichiatria, e forse anche Grace se credeva che Rain fosse uguale a David
    -É stata la prima persona che ho incontrato quando sono arrivato, abbiamo chiacchierato di tanto in tanto e poi sai, da cosa nasce cosa, e credo di essermi preso una cotta- sorrise apertamente con gli occhi cristallini che luccicavano per quell'ammissione che era la prima volta che veniva fatta ad alta voce. Non raccontò che, da quell'estate, le cose si erano fatte ben più intime di qualche chiacchierata perché rimaneva comunque un cavaliere, ma il sorriso, poco alla volta, cominciò a spegnersi
    -Quella cosa, insomma, quella che va..- con tutti -Quello che hai detto- deglutì a fatica mentre la bocca si prosciugava per il nervoso -Victoria, al falò, credo abbia alluso a qualcosa del genere. Tu, beh, davvero lo pensi?- non si sarebbe perso una virgola mentre, fissandola con occhi da cucciolo bastonato, sperò che la risposta fosse negativa. Pure fosse stata una bugia.

     
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    L’amicizia, che cosa meravigliosa. Uno di quei legami che, se fortunati, avrebbe investito le parti in causa dei sentimenti più puri che l’essere umano avrebbe potuto sperimentare quali altruismo e amore del tutto incondizionato. Grace lo provava seppur, una di quelle parti, fosse da poco entrata nella sua cerchia più ristretta ma la Grifondoro non era quel tipo di persona che stabiliva l’importanza di un’amicizia dal tempo trascorso quanto proprio dalla qualità di quel tempo investito e con Nathan, ne era certa, era tempo ben speso. Il rosso-oro la ascoltava sempre a prescindere da qualsiasi cosa lei dicesse che fosse o meno sensata e, riflettendoci, davvero le proponeva sempre una risposta adeguata al contesto soprattutto quando si parlava di affari di cuori. Lui, insieme a Victoria, erano stati decisivi nel momento in cui la Grifondoro s’era dovuta decidere a troncare una relazione che in un primo acchito sembrava essere partita nel migliore dei modi ma solo successivamente era andata spegnendosi nel giro di poco. Un fuoco di paglia il suo che l’aveva lasciata con non poco amaro in bocca soprattutto per la reazione avuta da quello che ormai poteva definire un ex. Marshall se ne era andato, di punto in bianco e senza la benché minima spiegazione se non quella pungente propinata da Aaron, il suo migliore amico, che l’aveva ripresa con i suoi modi piuttosto bruschi “tranquillizzandola” di non essere lei la causa di quella sparizione. Aveva addotto come motivazione il concerto che avrebbero dovuto tenere proprio quell’estate e di cui la Johnson era anche in possesso dei biglietti ma qualcosa le stonava in quanto credeva che se fosse davvero stato nelle intenzioni del Tassorosso partire così anticipatamente credeva che l’avrebbe messa a parte di quella decisione. Nulla era stato fatto ed anzi era venuta a sapere, attraverso il magico portale babbano del web dove era possibile reperire qualsiasi informazione (o quasi), che il ragazzo aveva anche presentato una canzone del tutto inedita. Aveva guardato le live di quello show e, a disagio, aveva successivamente chiuso le finestre. Quella canzone parlava di lei? Il tarlo le sarebbe sempre rimasto ma aveva scelto di lasciar andare quel problema, almeno fino a che il suo nome non fosse stato fatto. Era quindi stato abbastanza semplice dimenticarsi della questione per passare a qualcosa d’interesse maggiore: Michael. Come avesse potuto dubitare che ciò che stava facendo era la cosa giusta aveva capito fosse solo un freno della paura. Non sapeva spiegarselo del tutto, eppure, per il Serpeverde provava qualcosa di sincero, di puro e mai volontariamente avrebbe messo a repentaglio ciò che avevano anche se, nonostante tutto, l’idillio fosse compromesso già di per sé dell’attitudine ermetica del suo ragazzo che proprio a seguito degli eventi intercorsi al falò sembrava aver deciso di chiudersi in un silenzio che Grace non sapeva come interpretare. La stava punendo? Non capiva il perché di quella e forse proprio Nate, in quanto esponente della fazione maschile, avrebbe potuto far luce sulle possibili motivazioni addotte. Questo però se il ragazzo avesse ancora voluto rivolgerle la parola a seguito di quanto gli avrebbe detto.
    Ebbene, i fatti erano di colpo diventati chiarissimi e il malinteso iniziale dissipato: non c’era stato nessun bacio tra la verde-argento, Victoria, ed il Grifondoro. Non tra loro quantomeno ma tra lui e niente poco di meno che la sua acerrima nemica: Diamond Rain Scamander e proprio lì sorgevano i problemi. Grace non aveva nulla di carino da proferire in favore della Serpeverde, al contrario, aveva mille ed uno aneddoti per scoraggiare il ragazzo dalla frequentazione con la rossa. Ma quanto in là le era consentito spingersi prima che anche lui si voltasse male nei suoi riguardi? Era umano, del tutto comprensibile e lei stessa aveva perpetrato quello stesso atteggiamento quando inizialmente Halley era venuta a conoscenza della sua frequentazione con il minore di casa Harris. Era stata categorica e lo aveva ricoperto delle peggiori sentenze senza tuttavia conoscerlo affatto. Grace non l’aveva ascoltata ma lo stesso nemmeno l’amica lo aveva fatto finendo proprio per mettersi insieme al battitore delle serpi. Da che pulpito!
    «Non credo» replicò all’amico abbassando intristita lo sguardo verso le fronde degli alberi che si stagliavano contro l’orizzonte. Sospirò e quello prima o poi sarebbe stato un altro punto da affrontare per quanto ci avesse già provato durante la loro mini vacanza a Brighton. Lì era arrivata molto vicina dall’indisporre l’amica ma una caratteristica della Johnson era proprio quella: la sincerità ad ogni costo. Se c’era un qualcosa che non andava Grace era la persona che veniva a dirtelo a maggior ragione se di mezzo c’era il benessere psico-fisico dell’altro ed Halley non stava bene, ora ne aveva la certezza. Non conosceva i dettagli ma le bastava incrociare gli occhi smeraldini della capitana per notare quanto qualcosa non andasse per il verso giusto e la Johnson era pronta a scommettere che la causa di quel malumore risiedesse proprio nel suo ragazzo. La mano sul fuoco! La paghetta di un anno!
    Sollevò lo sguardo incrociando i limpidi occhi azzurri dell’amico ed un nuovo sospiro lasciò le rosee labbra carnose della cacciatrice. Anche lui, stesso tranello. Possibile che entrambi i suoi migliori amici fossero affetti della stessa incapacità quando si trattava di scegliere le persone giuste? E ora come poteva dirglielo? Come poteva essere proprio lei quella che avrebbe infranto le sue aspettative, il suo cuore?
    «Lo so che non la sopporti, sei stata molto chiara, ma nemmeno la conosci.» Scattò immediatamente lui quando la Grifondoro toccò l’oggetto del suo desiderio. Il sopracciglio della Johnson ebbe un fremito d’indignazione, tuttavia, abbassò lo sguardo. Nathan era l’ultima persona – così come lo era stata Halley – con cui voleva litigare. Teneva al loro rapporto, era prezioso, per cui si zittì istantaneamente. «Non come la conosco io almeno» nascosta com’era dall’inclinazione del suo viso tirò le labbra in una smorfia amara. Era sicuro di conoscerla davvero? O conosceva solo la maschera da smorfiosa che Rain propinava a tutto il pubblico maschile. Possibile che i ragazzi soffrissero di memoria a breve termine? Possibile che non l’avesse notata fare la gatta morta con mezzo castello? Lei sì, lei l’aveva vista eccome soprattutto con quel colosso del cacciatore dei Serpeverde, a braccetto con lui mentre il tipo faceva di lei ciò che voleva senza il minimo pudore. Non sopportava quelle scene quando le si presentavano davanti lo sguardo, la privacy sapevano cosa fosse? Chiaramente no come chiaramente Nathan non aveva nemmeno lontanamente intuito l’interesse di Victoria nei suoi riguardi che lo gettò nel panico più totale. Grace allungò le mani cercando di confortarlo al meglio che poté. Si sporse verso di lui tuttavia non arrivando mai a toccarlo.
    «Io non lo sapevo, dovrei scusarmi? Dovrei parlarle? Grace, che devo fare?» Cominciò a farneticare completamente scioccato. La Grifondoro scosse il capo. «No, lascia stare. Non fare niente.» Fece attirandosi la reazione ancora più scioccata dell’altro. «Ormai è fatto e Vic è una persona orgogliosa. Negherebbe tutto. Non ha senso.» Lo avrebbe mangiato vivo nella collera come aveva fatto peraltro con lei. «Le passerà, è una tipa forte ma Nate, davvero?» Davvero s’era preso una sbandata per Rain Scamander? Il tutto era forse più grave del previsto tanto che anche lei sbraitò.
    «Tu avrai tutti i tuoi motivi per avercela con lei o trovarla odiosa, ma non è quello che vedo io» Roteò lateralmente gli occhi. Uomini: una ragazza mezza svestita sbatteva le ciglia e subito ai loro piedi. Sinceramente lo pensava migliore di così ma a quanto pareva era un caso disperato tanto quanto il loro capitano.
    «Non ti so dire esattamente cosa, magari ci vedo tutto quello che non riesci a vederci tu.» Mh. Aveva qualche dubbio, decisamente più di uno e per mera curiosità avrebbe tanto voluto indossare le lenti colorate che permettevano di vedere quell’arpia nel modo in cui la vedevano i maschi. Era davvero estremamente scettica e per questo forse appariva lei stessa antipatica in primis. «Non è lo stesso con il tuo Mike?» Il nome risuonò come un amo gettato a richiamarla dai cattivi sproloqui interiori che avevano preso piede. Incontrò il suo sguardo limpido arrossendo di un poco al nome del suo ragazzo che, come sempre, le suscitava un’alterazione a livello del ritmo cardiaco.
    «Non che mi sembri un cattivo ragazzo», il sopracciglio della Johnson si sollevò scattando immediatamente sulla difensiva. Guai a toccarle il suo Mike! «Quanti a parte te possono vantare una conoscenza? Non potrebbero farsi idee sbagliate su di lui come tu te ne fai su di lei?» Le intenzioni bellicose immediatamente si sgonfiarono lasciando spazio a quelle riflessioni che proprio il Knox era in grado di farle mettere in atto. Aveva ragione. Aveva dannatamente ragione e l’esempio chiaro e lampante lo aveva proprio in Halley che non riusciva nemmeno lontanamente a vedere di buon occhio il cacciatore verde-argento nonostante la frequentazione in atto con il di lui fratello. «Okay, okay» sollevò le mani in segno di resa porgendo un ramoscello d’ulivo con una battuta atta a schernire tutta la situazione. Possibile che di due migliori amici, due su due, fosse pessimi nelle scelte sentimentali? Nathan rise e con lui anche gli angoli delle labbra della Grifondoro si sollevarono. Pace fatta.
    Ascoltò il suo breve racconto notando con una certa inquietudine come lo sguardo di lui s’illuminasse raccontando dell’altra, come i suoi lineamenti s’addolcissero e le guance prendessero il familiare colorito che faceva di entrambi due libri aperti. Era cotto, cotto totalmente per la Scamander e questo rendeva il suo compito ancora più mesto, difficile soprattutto quando la temuta domanda arrivò bussando cristallina alla porta: Rain andava con tutti? Era una poco di buono? Lo sguardo della Johnson si perse in qualche dettaglio del tutto superfluo della divisa dell’altro mentre rovistava nella sua mente in cerca delle parole migliori con la quale indorare la pillola. Rain era una poco di buono. Lo era dannazione e non sopportava che l’altro fosse stato così cieco fino a quel momento quando l’altra non si era manco mai presa la briga d’essere più discreta.
    «Nate...» odiava con tutte le sue forze la posizione nella quale la Scamander l’aveva messa. Proprio al suo amico doveva puntare?! «Credimi ti voglio bene ma non so come dirtelo» in un modo che facesse quanto meno un male minore. «Lo penso perché l’ho vista.» Bomba sganciata pronta ad entrare in collisione in tre... due... uno. Si sentì male per la piega in cui tramutò il volto dell’altro ma doveva sapere. Doveva sapere a cosa andava incontro. «Dragonov su tutti ma l’ho vista anche con altri. Nate non direi mai una cosa così di qualcuno ma Rain è... così. Forse nemmeno lo fa a posta.» Cos’era? Un tentativo di spezzare una lancia in suo favore? «Ma non credo proprio sia una persona fedele.» Concluse e poi, in un impeto di sentimento cercò le mani del ragazzo nel tentativo di stringerle, di fargli forza. «Sta attento con lei, non voglio tu ti faccia male ma dovevi saperlo» e le dispiaceva con tutto il cuore essere proprio lei il boia.


    Edited by Dragonov - 7/1/2024, 18:35
     
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    Rischiare, il senso della vita. Qualcosa a cui lui non era mai stato avvezzo, così comodo nel rimanere nell'ordinario, così prudente in ogni aspetto che lo riguardasse, osare avrebbe significato mettersi, in un certo qual modo, in pericolo, accettando anche il rischio del fallimento. Era pronto? No, nessuno era mai pronto a fallire, ma non tentare di perseguire un'idea, un sogno, o persino una persona, avrebbe voluto dire che niente di tutto questo valesse abbastanza o che, ancora più probabile, fosse lui a non valere niente. Per anni, e la cosa lo faceva ancora sorridere, si era lamentato della mancanza di libertà che i suoi genitori gli imponevano, di quanto si sentisse oppresso sotto certi aspetti, di come non fosse autonomo nel prendere le proprie decisioni per sottostare alle loro, di come gli tarpassero le ali, anche se senza cattiveria, decidendo cosa fosse giusto per lui. Ora, che di libertà ne aveva quanta ne voleva, ne era solo spaventato. Non aveva più quella fune di costrizioni di cui lamentarsi, da colpevolizzare nel non riuscire a fare qualcosa che desiderava, adesso che era indipendente era obbligato a prendere decisioni e, proprio quelle volontà, comportavano dei rischi che doveva essere pronto ad affrontare. L'angoscia di non riuscire a raggiungere ciò che si desiderava era sempre li, presente e costante, qualcosa con cui fare i conti ogni sera fissando i tendaggi che ricoprivano il letto a baldacchino che occupava, pronta a tenerlo sveglio la notte e a renderlo stordito durante il giorno. Nathan era stanco di tutto questo, il carico di aspettative di cui si circondava era proprio quello che lo spingeva verso la paura del fallimento, ed era arrivata l'ora di dire basta, di smetterla di pensare al futuro e godersi un po' più il presente facendo solo ciò che aveva voglia di fare, lasciandosi andare e seguendo la strada che, d'istinto, sentiva di voler percorrere, anche se questo avrebbe fatto storcere il naso ad un'amica che, sospirando sconsolata, non faceva altro che preoccuparsi per lui.
    Quelle di Grace non erano parole gentili né lusinghiere, e non era facile neppure per lui mantenere la calma di cui era solito munirsi, ma capiva perché lo stesse facendo. Lo vedeva dal modo in cui la Grifondoro si preoccupava per la sua amica, Halley, da giorni ridotta al fantasma di se stessa. La Johnson era così, si preoccupava per gli altri anche a costo di dover essere dura e lapidaria, brutalmente onesta nel dire le cose, forse proprio per svegliarli e fargli aprire gli occhi su quelle che, per lei, erano scelte discutibili. La speranza, ora, era che lo stesse facendo con lui per lo stesso motivo, perché ci teneva, e non solo per l'avversione che provava verso Rain. Se fosse stato quello il motivo per cui lo faceva, perché teneva a lui, allora avrebbe potuto accettarlo, sorridendo di quella crudezza che solo una vera amica poteva permettersi. Tutti meritavano un'amica che li proteggesse come faceva lei, persino da se stessi a volte, Halley era fortunata ad averla, e confidava che persino lui potesse ritenersi tale
    -Davvero, l'ho capito che non ti sta simpatica- mise di nuovo le mani avanti notando tutte le espressioni che passavano sul volto della compagna e rendendo eloquente quale fosse il suo pensiero a riguardo -Non ti sto chiedendo di fartela piacere, ma puoi darle almeno il beneficio del dubbio?- e magari scoprire che, com'era successo a loro poco prima, tra lei e la Serpeverde potevano esserci stati solo dei grossi malintesi. Magari avrebbe potuto vedere un nuovo aspetto della rossa. Magari avrebbe potuto vedere parti di lei che le accomunavano. Magari, magari, magari. Tutte ipotesi che si abbarbicavano nella sua mente e che si auguravano un lieto fine in cui tutti, seppur in ruoli differenti, potessero fare parte di quella che era la sua vita.
    Tutto un altro paio di maniche era, invece, il discorso su Victoria. Come avrebbe potuto immaginarlo? Le occasioni per fare conversazioni erano state poche e, lui, trovava sempre sconcertante che qualche ragazza potesse dirsi interessata proprio alla sua persona. Con le orecchie a sventola ed il naso a patata, timido, impacciato, anche noioso sotto tantissimi punti di vista, non capiva l'attrattiva e, ragazze sveglie e spigliate come Vic o la stessa Rain, presto o tardi se ne sarebbero accorte
    -Va bene, farò come dici- il rossore evidente su tutto il suo viso era un chiaro segno di quanto quell'informazione lo avesse preso di soppiatto, una doccia gelata ripensando al modo in cui si era allontanato con un'altra proprio davanti a lei -Ho fatto un casino, vero?- imperdonabile. Una mancanza di tatto che non si sarebbe dovuta ripetere. Accettò il suggerimento di Grace, anche perché non avrebbe davvero saputo cosa dire per scusarsi dell'accaduto.
    SiZWs
    -Davvero- sorrise di nuovo all'amica che, tuttavia, non sembrava affatto in vena di scherzare. Si alzò, abbandonando la posizione e prendendo a vagare per la stanza circolare con le mani nelle tasche, osservando le mappe celesti incantate e perdendosi in quelli che erano i suoi pensieri.
    -Mi piace- ripeté di nuovo come se non lo avesse fatto a sufficienza -Mi diverte, mi fa pensare a lei, mi fa sentire cose che non credevo nemmeno più di riuscire a provare- si voltò di nuovo verso la biondina ora con sguardo serio e appena abbattuto, togliendo le mani dalle tasche ed allargando appena le braccia, -Grace, io non ho niente- gli arti tornarono a cadere lungo i fianchi -Quando non sono qui, passo il tempo in una casa deserta che ho riempito di eleffrodomestici, e quando sono con lei riesco a non pensarci- sorrise ancora nonostante il peso di quella rivelazione, avvicinandosi di nuovo alla ragazza e sedendosi nel posto che aveva da poco abbandonato. Era divertente vedere come scattasse sulla difensiva ogni qual volta venisse nominato il suo ragazzo, anche se non parlava il suo corpo lo faceva per lei e, finché fosse stato così, avrebbe voluto dire che le cose, tra loro, andavano bene. Non era male quel ragazzo, ne aveva avuto un sentore quell'unica volta in cui era riuscito ad averci una conversazione, anche se alle sfortunate spese della ragazza li presente. Ciononostante, non era un ragazzo di facile interpretazione, non era il tipo di persona che spandesse sorrisi e grandi gesti verso il prossimo, e forse aveva le sue ragioni, come era possibile che altri si facessero un'idea sbagliata su di lui. Non era possibile che, Grace, si stesse sbagliando su Rain? La Scamander non aveva un carattere semplice e, al contrario di Mike, si faceva sentire apparendo, spesso, nel modo sbagliato. Ma Nathan sapeva che era apparenza, era il muro che lei stessa aveva ammesso di mettere, il suo modo di tenere gli altri a distanza, lui ne era a conoscenza e per questo riusciva a vedere qualcosa che non era destinato ad essere per i più, si sentiva un privilegiato per questo e, per tale motivo, non poteva avercela con la Johnson per l'idea che si era fatta della ragazza che occupava i suoi pensieri. Non poteva biasimarla, quella era l'idea che Rain stessa voleva creare nel prossimo. O forse era lui, accecato da ciò che sentiva, a non avere un quadro obiettivo. La verità, come sempre, stava nel mezzo, ma era disposto a correre il rischio questa volta, nonostante le allusioni che nemmeno Grace si risparmiò verso la rossissima Serpeverde che, oramai, si era fatta una certa pubblicità negativa
    “Nate..” lo sguardo cercò quello della ragazza, osservandola con occhi speranzosi e desiderando solo ricevere una risposta opposta a quella che, invece, ottenne. Era chiaro ciò che Grace voleva dirgli, ma non sapeva nemmeno come prenderla. Non aveva idea di che rapporto ci fosse stato tra Rain e il bestione imponente di Serpeverde, o quale avessero ancora, non era un argomento di cui avessero mai parlato, “Sta attento con lei, non voglio tu ti faccia male ma dovevi saperlo” annuì, abbassando lo sguardo ancora una volta sulle proprie mani che avevano preso a tormentarsi
    -Beh, non è la mia ragazza- ammise quasi stesse ragionando ad alta voce ed era vero, non avevano mai chiarito quale fosse la natura del loro rapporto, mai parlato di esclusiva o altro per quanto per lui fosse impensabile, almeno per quel momento, immaginarsi con qualcuna che non fosse lei -Non credo si possa parlare di fedeltà, anche se certo non mi farebbe piacere-. La sola idea di vederla con qualcun altro, questa volta per davvero e non come la situazione del falò, gli faceva rigirare il fegato. In quel caso, cos'avrebbe fatto? Avrebbe messo un punto a quella storia, se così si fosse potuta definire, o avrebbe provato a combattere per tenersela? Non era una domanda a cui dare una risposta semplice e, finché non ci si fosse trovato, non lo avrebbe mai saputo -Però la colpa è anche mia che non ho mai chiarito la situazione, dovrei farlo?- certo che avrebbe dovuto, ma la risposta avrebbe potuto essere difficile da affrontare. Tornò ad osservarla, gli occhi sereni nonostante il tormento interiore che lo divorava, fantasticando su quale fosse ora l'opinione che lei avrebbe potuto avere di lui ora che era a conoscenza di quella faccenda -Devo dire che mi fa piacere avertelo detto. E grazie, per essere stata sincera, non deve essere stato facile- sollevò un angolo della bocca prima di abbandonarsi contro la parete alle sue spalle, trovando un sostegno, per poi sospirare. Aveva tanto su cui riflettere.
    -E tu invece? Qualche novità?- lo sguardo si fece più furbo -Come vanno le cose? Ancora in Luna di miele?- le sopracciglia scattarono un paio di volte verso l'alto in un chiaro riferimento al suo bello e misterioso, era giunta l'ora di parlare di qualcosa di più piacevole per la biondina che aveva avuto la pazienza di starlo a sentire. E poi ci stava prendendo gusto ad informarsi sui fatti del castello, soprattutto se riguardavano le persone a cui teneva di più.

     
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    Quando iniziava, era difficile per lei frenarsi, era come una valanga che travolgeva qualsiasi cosa si trovasse lungo il suo cammino. Non le piaceva quella parte di sé. Quella parte cruda e priva di qualsivoglia freno atto ad indorare la pillola che avrebbe servito al prossimo ma a volte, e anche lei doveva ammetterlo, risultava essere necessario. Persino di vitale importanza in alcuni casi. Lei lo avrebbe voluto per sé stessa e non poteva negare che seppur le parole di Halley fino a quel momento non avevano trovato riscontro nel minore dei fratelli Harris, il tarlo del dubbio era sempre lì, presente, dietro l’angolo e pronto a rosicchiare la polpa del legno di cui erano composte le sue intenzioni. E se? E se, e se e se. Mille interrogativi che però non avrebbero ricevuto risposta fino a che lei, codarda, non avesse trovato il coraggio d’impuntare i piedi per ottenere le risposte che meritava. Ma ciò che vedeva era reale? C’era davvero un problema? O era quella strana ansia che prendeva il sopravvento sulla sua lucidità mentale a parlare per lei? A volte pensava d’esagerare, a volte pensava che fosse lei quella rotta e compromessa che nel momento esatto in cui era e si sentiva felice doveva necessariamente mettersi i bastoni tra le ruote minando a quel sentimento così puro e genuino. Non sapeva bene cosa pensare in quel frangente ma la cosa che sapeva era che quello non fosse il momento adatto per lasciarsi andare a tali elucubrazioni in quanto il protagonista indiscusso delle sue attenzioni doveva essere Nathan in quel momento. Nathan che, come la loro migliore amica in comune, possedeva la stessa calamita attira casi umani, nel suo caso quella grandissima troia di Diamond Scamander. Odiava rivolgere un tale aggettivo verso un’altra donna ma da ciò che aveva avuto modo di vedere, Rain, non faceva altro per smentire quell’accezione. La Scamander era in grado d’incarnare tutto ciò che la infastidiva dell’universo femminile. Così frivola, sopra le righe e dannatamente estrosa ma non in senso positivo come lo poteva essere una persona come William, il Grifondoro era quasi un pagliaccio che volontariamente amava mettersi in mostra per portare gioia ed un sorriso nel prossimo, mentre Rain non mirava a nulla di tutto questo. Rain era la definizione di mean girl. Sempre pronta a giudicare gli altri pizzicandoli con la sua lingua biforcuta – degna della sua casa d’appartenenza – puntando un riflettore sul povero malcapitato di turno che difficilmente avrebbe avuto la forza per rispondere a tono alle frecciate subdole ed al vetriolo propinate dalla rossa che non possedeva un’etica e questo era forse la cosa che più riusciva a mandare in bestia la rosso-oro. Il modo in cui Rain non guardasse nessuno in faccia, forte o soprattutto debole che fosse come era stato il caso della Corvonero, Madoka, alla precedente lezione di Cura delle Creature Magiche. L’aveva trattata con disprezzo prendendola in giro con una cattiveria totalmente gratuita che aveva immediatamente acceso lo spirito da paladina della giustizia insito nella Johnson. Perché non se la prendeva con qualcuno della sua stessa taglia? Ed eccolo lì, l’inizio della loro inimicizia, del disprezzo reciproco alla quale difficilmente sarebbero state in grado di mettere un punto al fine di un bene comune: Nathan. Eppure di lì a poco sarebbe dovuta entrare nell’ottica di farlo.
    «Davvero, l'ho capito che non ti sta simpatica» del tutto un eufemismo quello proferito dal rosso-oro che trovò ulteriore conferma negli occhi sbarrati della bionda. Che non le fosse simpatica era semplicemente riduttivo!
    «Non ti sto chiedendo di fartela piacere, ma puoi darle almeno il beneficio del dubbio?» Certo che no! Ed era lampante alla luce di quella risposta che l’amico non fosse a conoscenza – paradossalmente – di tutto ciò che invece la Johnson sapeva. Come poteva darle il beneficio del dubbio se ogni due per tre l’attaccava? Se la trovava ad ogni angolo del castello intenta a scambiarsi saliva con il suo toy-boy di turno? Era disgustosamente sfacciata, arrogante e pure presuntuosa ed il modo altezzoso con cui s’atteggiava le chiudeva la vena. Era davvero necessario tutto quello snobismo? Come se lei fosse la migliore al mondo? Su che base poi?
    «Vorrei anche farlo questo sforzo ma è un po’ difficile considerato che mi provoca tutte le cavolo di volte. Ceh dai Nate! Come fai? Ha sfottuto anche Madoka, Madoka per Merlino e Morgana!» Letteralmente come sparare sulla croce rossa! Bisognava possedere una cattiveria innata per prendersela anche con quella povera strega. «Dai!» Lo sapevano tutti – poiché l’avevano divulgato i prof – che la Corvonero fosse rimasta sotto a causa di problemi personali importanti in casa e accanirsi così contro di lei era davvero meschino. Che cazzo di gusti aveva l’amico?! Però per quanto lei sostenesse, Nathan, sembrava sordo a tutti i fatti oggettivi posti dalla bionda. Era cieco e sordo di fronte all’evidenza esattamente come lo era Halley. E a tal proposito dov’era finita la loro amica grazie alla sua ostinazione? A fare il fantasma di sé stessa dietro ad un viscido imbecille. Se solo non fosse stato il fratello del suo ragazzo sarebbe andata ad affrontarlo senza guardare in faccia al fatto che fosse decisamente più grosso di lei. Non gliene importava. Pazza Grifondoro! Si sarebbe rotta l’osso del collo pur di difendere i suoi ideali.
    «Ho fatto un casino, vero?» Grace arricciò il naso portando anche le labbra a piegarsi in quella smorfia. «Un pochino» confermò incapace di nascondergli anche in quel caso la verità, anche se, in quel frangente, pensava di riuscire a comprendere come le attenzioni della Crain fossero passate in secondo piano: chi non era cieco di fronte all’amore? E chi era tanto coraggioso da mostrare apertamente il suo interesse verso l’oggetto del proprio desiderio? In pochi lo erano poiché il mettersi in gioco, il consegnare all’altro il proprio cuore non era questione da poco. Era un salto nel vuoto e chiunque avrebbe voluto un minimo di certezze prima di intraprendere un simile azzardo dalla quale era impossibile tornare indietro. Una volta che i sentimenti finivano nel piatto, una volta che l’attrazione veniva confermata anche a parole si poteva solo giacere nudi, inermi, di fronte all’altra persona nella speranza che questi avesse la decenza di non schernire quel sentito, di non prendere quel sentimento per gettarlo privo di qualsivoglia tatto nel cestino. Nathan quantomeno non era stato indelicato, non aveva schernito Victoria. Il suo peccato risiedeva nell’ignoranza, nel non sapere cosa la Serpeverde covasse nei suoi riguardi. Una cotta nel migliore dei casi, una preferenza nel caso dell’amica che prima o poi, solo col tempo, sarebbe passata. «Dalle tempo e soprattutto non forzarla. Sii normale con lei o finirai per metterla a disagio» e lì sarebbero stati cavoli amari in quanto, se portata sulla difensiva, la Crain scattava immediatamente sulla difensiva passando al contrattacco atto a ferire senza la benché minima pietà. Decisamente fuori discussione un’escalation simile, indi per cui meglio tornare al vero cruccio fuoriuscito da tutta quella vicenda: la cotta del Grifondoro per la Scamander. O forse qualcosa di più dal modo in cui Nathan le parlò della rossa. I modi gentili, il sorriso e la fiammella andatasi ad accendere nello sguardo dell’amico... tutti segni che le fecero intuire che il Knox si fosse preso una sbandata e non indifferente per Miss Crudelia. Quanto si sarebbe fatto male alla fine di quella vicenda? Quanto Rain ci avrebbe messo a stufarsi di lui per correre a sedurre il prossimo obiettivo? Quanto la disprezzava! Non poteva mettere gli occhi su qualcun altro? Tipo quello scimmione di David Harris? Almeno avrebbero fatto schifo insieme! Il re e la regina del fastidio.
    «... Mi fa sentire cose che non credevo nemmeno più di riuscire a provare.» Un po’ melodrammatico considerando l’età? L’espressione della biondina si corrucciò insieme al rammarico provato. Più Nathan esternava quelli che erano i suoi più puri sentimenti, per quanto riposti nella persona più discutibile che la Johnson conoscesse, più accresceva in petto il magone della consapevolezza di ciò che avrebbe dovuto fare: metterlo in guardia e, così facendo, forse, spezzargli il cuore. Era necessario, per quanto doloroso, che l’altro fosse consapevole di ciò nella quale si stesse imbarcando e perché no, magari, rivalutare alla luce delle nuove conoscenze il tutto.
    «Grace, io non ho niente!» Le braccia del ragazzetto caddero a peso morto lungo i suoi fianchi mentre di riflesso l’espressione sul volto della Grifondoro s’increspò rivelando confusione e, successivamente, un pizzico di dissenso. Non le piacquero quelle parole poiché non le trovava veritiere. Nathan non era solo. Aveva lei, aveva la squadra ed il fatto che sparissero così come nulla fosse dalla sua considerazione in parte la feriva.
    «Quando non sono qui, passo il tempo in una casa deserta che ho riempito di eleffrodomestici, e quando sono con lei riesco a non pensarci.» Cosa le stava dicendo? Era solo? Perché? E i suoi genitori? Mille ed uno interrogativi cominciarono ad affollarsi nella testa della ragazza che tuttavia non proferì parola incapace in quel momento di riuscire a chiedere con il tatto necessario. «Tu non sei solo», però tenne a sottolineare incapace di starsene zitta. «Hai me. Halley... tutto il resto della squadra. Noi... Io ci sono e sarò sempre.» E non lo diceva tanto per dire, Grace credeva in quelle parole e se Nathan avesse incrociato le iridi azzurre della Grifondoro vi avrebbe letto unicamente fermezza. «Non so se sia lo stesso per te» e forse non lo era se dava tutta quell’importanza alla Scamander dimenticandosi di lei, di loro. «Ma io ti considero il mio migliore amico. Non ti libererai facilmente di me e proprio perché tengo a te è mio dovere metterti in guardia.» Prese un respiro. Non era semplice. «Io non credo Rain sia la persona giusta per te. Credo ti farà del male e non lo dico perché mi sta antipatica ma perché è un dato oggettivo. Lei non è fatta per le relazioni.» Sentenziò prima di passare allo sgancio della bomba vera e propria, quella che avrebbe sicuramente ferito l’altro. Ed infatti l’espressione sul volto dell’amico gelò. Quanto faceva male!
    «No... Però se ti ha baciato voglio sperare che qualcosa debba esserci.» Quanto sarebbe stata meschina altrimenti? Se il suo modus operandi fosse stato dispensare baci a destra e a manca?
    «Tu cosa vuoi da lei?» E la domanda andava al di là dei motivi più superficiali alla quale Nathan potesse pensare. Era più profonda e manifestava tutto lo sforzo che la biondina stesse impiegando per mettere da parte i milioni di motivi che si tramutavano in una sentita avversità nei riguardi dell’altra. «Perché se la risposta è che stia unicamente con te soltanto non hai molta scelta. Devi dirglielo. Devi pretenderlo perché non meriti niente di meno. Hai capito?» Insomma che non gli saltasse in mente di farsi andare tutto pur di averla ancora intorno.
    Passato il momento cruciale la tensione andò naturalmente stemperandosi e, quasi all’unisono trassero un profondo respiro.
    «Da quanto te lo stavi portando dentro?» Il sopracciglio scattò interrogativo verso l’alto mentre finalmente, dopo tutto quel tempo, un sorriso prendeva forma sulle sue labbra. «Non dirmi che avevi paura della mia reazione!» Un po’ se lo aspettava anche se, come tutte le volte, la cosa la faceva rimanere un po’ male perché non avrebbe voluto ispirare quel tipo di soggezione, anzi, al contrario, avrebbe voluto che soprattutto i suoi amici fossero tranquilli da potersi rifugiare in lei.
    «E tu invece? Qualche novità? Come vanno le cose? Ancora in luna di miele?» Lo sguardo della Grifondoro s’abbasso mentre le labbra si schiusero nel tentativo d’articolare qualcosa. Se l’intenzione dell’amico era quella di passare ad argomenti decisamente più gioviali e leggeri non sapeva quanto si sbagliasse di grosso.
    «Ehm» abbozzò. Ed ora come glielo diceva. «In realtà...» Espirò in visiva difficoltà cominciando a tormentarsi le dita per poi passarle tra i lunghi capelli biondi.
    «Ti... ti dispiace aiutarmi a capire?» Mormorò attendendo un cenno da parte dell’altro e, quando lo ebbe ottenuto passò a raccontagli con difficoltà parte di quanto accaduto alla festa. Gli raccontò di Victoria e di come l’aveva vista furente partire in quarta verso il suo compagno di stanza e dell’istinto tassativo quanto impellente d’aiutarla che l’aveva portata a mollare così su due piedi il Serpeverde. Glissò su quanto successo con il fuoco con la Crain e passò a parlargli del modo in cui era convinta Michael la stesse punendo: il silenzio. Michael la guardava da distante con i suoi freddi occhi azzurri senza mai avvicinarsi. S’era offeso? Era stato imperdonabile quanto aveva fatto? «Poi ho la sensazione mi nasconda qualcosa. Non so cosa, credimi. Ma qualcosa c’è e quando cerco d’intavolare il discorso lui svia o peggio fa finta di nulla. Perché secondo te?» Sollevò gli incerti occhioni in quelli del ragazzo. Era davvero immeritevole di fiducia?
     
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    Nathan Knox | III | Grifondoro


    S0YSL
    Un cruccio senza fine. Insidiose, le parole di Grace non facevano altro che corrodere quelle poche certezze che il Grifondoro possedeva, infondendo l'ombra del dubbio su ciò che, fino a quel momento aveva creduto. Nonostante le mille insicurezze che lo accompagnavano ogni giorno, aveva creduto alle parole della Scamander quando si era detta interessata lui, al suo tocco deciso, alla passione che li aveva travolti ben più di una volta e, ora, la Johnson gli diceva di non farlo. Non avrebbe dovuto crederle, quasi quello fosse stato il modus operandi di una predatrice che aveva, come unico obiettivo, la conquista. Confuso e abbattuto, osservava la grifoncina parlare e smontare, pezzetto dopo pezzetto, ogni sua certezza. Era così facile prendersi gioco di lui? Davvero non vi era nulla di vero? Non ne capiva il senso né il tornaconto che la serpe avrebbe potuto ottenere, non essendo nemmeno un valido trofeo da sfoggiare. Si, forse l'amica aveva ragione e ciò che gli aveva detto Rain non erano altro che parole al vento per accrescere il suo ego crogiolandosi in una nuova conquista, accrescendo così la sicurezza in se stessa, ma se così non fosse stato? Se la sincerità che aveva percepito dai suoi gesti, così come dalle sue rivelazioni, fosse stata reale e vi avesse rinunciato solo per un pregiudizio, per difesa, per un tarlo che, infido, rosicchiava quei pilastri precari su cui aveva basato quello strano rapporto dalle tinte ancora incerte, avrebbe vissuto nel rimpianto di qualcosa che sarebbe potuto essere ma non aveva avuto il coraggio di affrontare. Capiva ciò che diceva la Johnson, ogni sua affermazione aveva un fondo di verità ed era certo che non gli avrebbe mai parlato così se non avesse creduto a ciò che stava dicendo, voleva aiutarlo, forse persino proteggerlo e le era immensamente grato per questo, ritrovandosi quasi a sorridere a quella ragazza ora tanto dura
    -Lo so, non è una persona con cui è facile avere a che fare- quelle uscite a lezione non erano piaciute nemmeno a lui ma, per quanto non le condividesse, per quanto avrebbe voluto che la stessa Rain riuscisse a frenarsi, e per quanto sapesse che presto o tardi avrebbero finito per litigare proprio per i modi che riservava al prossimo, lui sapeva cosa la verde-argento nascondesse al di sotto, cosa la spingesse a comportarsi in quel modo -Non credere che mi faccia piacere quando fa così- aveva capito che tutti, chi più e chi meno, erano condizionati da ciò che avevano vissuto e, nel caso di Rain, il passato che tornava a tormentarla di punto in bianco, interrompendo la sua quiete, non era una situazione facile da gestire. Glielo aveva rivelato, con una sincerità disarmante, già al loro primo incontro si era detta consapevole di quel modo di fare che indisponeva tutti gli altri, Grace inclusa, e di come lo facesse di proposito proprio per tenere tutti gli altri lontani. Quel modo di offendere, di fare male con quella sua lingua affilata, era lo stesso modo che feriva se stessa, che la avvolgeva nel comfort della sua solitudine. Era voluto, era studiato, la ragazza era convinta che quell'atteggiamento spigoloso avrebbe fatto meno male agli altri di quanto non avrebbe fatto la sua più piacevole vicinanza. Era triste, era sbagliato e, Nathan, sperava di riuscire a farle cambiare idea un giorno -So che sembra una frase fatta, ma non è quello che sembra- fissò gli occhi in quelli chiari della ragazza che gli stava di fronte, cercando di imprimere nello sguardo la serietà con cui la metteva a parte, seppur non in modo chiaro, di quello che sapeva sulla ragazza al centro della conversazione -C'è un motivo se fa così, e non voglio cercare di giustificarla, ma vorrei che almeno ti fidassi di me- non le avrebbe mai chiesto di farsela piacere a prescindere, né di andare a fondo per cercare di capire ciò che muoveva la Scamander nel fare la stronza, perché così voleva mostrarsi, avrebbe solo voluto che capisse perché per lui fosse importante provare a starle vicino. Al di la di quelli che erano i suoi sentimenti, ancora non chiari nemmeno a lui stesso, sapeva qual era il tormento interiore che muoveva la ragazza, e non aveva alcuna intenzione di lasciarla sola ad affrontarlo. Forse neppure se avesse scoperto che la grifoncina avesse ragione, se nulla di quello che stava vivendo era reale e che non fosse l'unico per lei. Non gli aveva mai mentito promettendogli qualcosa, né avevano mai parlato di un'esclusività del loro rapporto, sarebbe stato ingiusto da parte sua fargliene una colpa, per quanto questo lo avrebbe ferito in ogni caso. I sentimenti erano uno di quegli argomenti su cui non si sentiva ferrato, non sapeva come dimostrarli, non sapeva quando fosse il caso di parlarne, né era sempre bravo a leggerli, come aveva dimostrato non essendo stato in grado di realizzare quali fossero quelli di Victoria verso di lui, per quanto dubitava si potesse parlare di sentimenti nel vero senso della parola, non avendo poi avuto modo di conoscersi o di parlare più di quelle sporadiche occasioni che li avevano visti insieme -Normale! Certo- mosse le spalle creando delle piccole ondine -Sciolto- poi si bloccò, al di la di non poter fare enorme affidamento sulle sue doti di attore ci avrebbe comunque provato, tuttavia c'era comunque qualcosa che usciva dal suo controllo: la sua faccia. Il suo modo di arrossire senza che potesse farci nulla, l'imbarazzo dipinto sul suo volto e che Vic avrebbe sicuramente notato. Merlino. Era ora che cominciasse a fare meditazione per gestire quei suoi sbalzi. Oppure a fermarsi il cuore così che non pompasse sangue fin le sue gote -Ci proverò- si portò una mano alla nuca sorridendo, già a disagio, immaginando subito il peggio. Era tipico di lui, andare ad immaginare le situazioni peggiori, forse proprio per quello che era successo nella sua vita negli ultimi anni, un fatto che lo aveva lasciato perso e vuoto per più tempo di quanto chiunque meritasse. Solo, ecco come aveva vissuto e si era sentito da quel giorno. L'unico legame parentale che gli rimaneva era proprio la causa scatenante di tutti i suoi incubi peggiori e, ora, per le mani non aveva più nulla. Nulla che, almeno, gli desse la parvenza di avere una famiglia. Ogni volta che tornava a casa, lontano dalle chiassose zone del castello scozzese, veniva travolto da quel silenzio assordante che lo metteva davanti a quel suo isolamento forzato e non voluto. Forse era per quello che si era preso una cotta platonica per quegli aggeggi babbani così rumorosi, per avere una parvenza di vita dentro quelle quattro mura come se non fosse l'unico presente. Ma Grace aveva ragione, non era più solo, lei come altri erano diventati una presenza costante nelle sue giornate così come nella sua vita, e sperava solo che potesse continuare così per molto tempo se non per sempre -Certo che per me è lo stesso- rispose sincero preso in contropiede, rendendosi conto di essersi espresso piuttosto male nei confronti della grifoncina. Si avvicinò di nuovo, riprendendo posto al suo fianco -Magari non in senso “amoroso”, passami il termine- ridacchiò mimando le virgolette con le dita -Ma sei importante per me, Grace. Tu.. nemmeno lo immagini quanto tu abbia fatto per me- abbassò il capo riportandolo sul pavimento di pietra, ripensando a com'erano i suoi giorni prima di quegli incontri fortunati. Se da una parte Rain lo aveva aiutato a fargli battere di nuovo il cuore, Grace era quella lucina che lo aveva tirato fuori dal suo tunnel depressivo. Ai suoi occhi, seppur in modo differente, le due giovani donne erano egualmente importanti e non avrebbe rinunciato a nessuna delle due, nonostante loro, invece, si detestassero e lo mettessero in guardia verso l'altra. Simili anche in questo.
    “No... Però se ti ha baciato voglio sperare che qualcosa debba esserci” tutto giusto, questo voleva dire che visto che non si erano fermati ai baci, era una prova ulteriore? Questo alla Johnson non lo rivelò, tenendosi i suoi segreti sulla camera da letto che, anche per galanteria, sapeva non fosse carino rivelare -Lo spero anche io- sorrise di nuovo alla ragazza, speranzoso e contento di quello slancio ottimistico dell'amica. Cosa voleva? Non lo sapeva neppure lui. Facile dire che avrebbe voluto che fosse la sua ragazza, ma c'erano stati così tanti cambiamenti che non sapeva nemmeno se fosse un bene. Le cose si stavano sviluppando in modo naturale, senza fretta, senza vincoli, e metterla davanti ad una scelta del genere avrebbe potuto cambiare tutto ed incrinare quel rapporto che avevano ma, ancora una volta la biondina aveva ragione -Capito. Solo che fa un po' paura- ammise, mostrandosi per il codardo che era -Quindi..- con il capo leggermente abbassato puntò di nuovo gli occhi su di lei, quasi fosse un cucciolo bastonato -se andasse male posso comunque venire a piagnucolare da te?- ridacchiò colpevole, stemperando quel clima che era andato a crearsi, ma la domanda implicita era un'altra, voleva solo sapere se lei, in caso, ci sarebbe stata come diceva.
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    “Da quanto te lo stavi portando dentro?” era bello avere qualcuno con cui poter parlarne, finalmente, nonostante i pensieri dell'amica sulla ragazza che, in un certo senso, si era scelto, tenere quella situazione nascosta non gli avrebbe fatto bene -Parecchio in effetti. È stata la prima persona che ho incontrato quando sono arrivato e credo che mi sia piaciuta subito. Ha dei modi.. singolari- sorrise guardando dritto davanti a sé, ricordando come gli fosse piombata tra capo e collo, cadendo di faccia sull'erba umida all'alba. Un'entrata in scena degna di lei -Ma la svolta direi che è arrivata questa estate, mentre tu eri in giro a spassartela con Halley- quello strano incontro avvenuto a due passi da casa, che aveva alzato l'asticella e portato quel rapporto su altri binari, ben più intensi, ben più fisici. Non aveva mai avuto paura della possibile reazione di Grace, anche perché era prevedibile quale sarebbe stata, ed era consapevole che prima o poi sarebbe successo, soprattutto perché non voleva avere segreti con quella che era, a tutti gli effetti, la sua migliore amica -É difficile parlare di qualcosa che non sai come definire. Credo stessi solo cercando tempo per chiarirmi le idee, ma tu hai ragione come quasi sempre, è ora che lo faccia- si portò le ginocchia al petto osservandola serio -Non mi piace avere segreti con te, ma ne ho- un'ammissione non da poco che non sapeva come la ragazza avrebbe preso -Ci sono cose su di me, sulla mia famiglia, che non ti ho raccontato, e vorrei farlo!- si affrettò ad aggiungere mettendo le mani avanti -Solo non.. non oggi- la guardò speranzoso, ancora una volta, sperando capisse che non era un argomento facile. Un tasto ancora dolente, una ferita aperta e mai rimarginata di cui non era facile parlare -Per oggi si è parlato abbastanza di me! Parliamo un po' di te, piuttosto!- uno sguardo furbo e un sorrisetto divertito furono un invito a parlare del suo bello e misterioso. Mike, un'incognita su cui non aveva mai potuto farsi un'idea a causa di quel suo modo chiuso e riservato di rapportarsi a tutti. Annuì convinto corrucciando le sopracciglia, chiedendosi quali fossero i dubbi che crucciassero la ragazza riguardo quella che era, a tutti gli effetti, la sua relazione. Ascoltò in silenzio, arrossendo di nuovo al nome di Victoria e del modo furente in cui era stata vista dalla Grifondoro, sentendosi responsabile, ora, anche del fatto che Mike fosse stato piantato in asso dalla sua ragazza per calmare l'amica delusa a causa sua. Fantastico. Sarebbe potuto essere più idiota? Se avesse avuto più tatto, o se non fosse stato così stupido da non accorgersi di un suo minimo interesse nei suoi confronti, quella situazione non si sarebbe andata a creare, Grace non avrebbe mollato Mike per inseguire la Crain, e ora non avrebbe un ulteriore problema. Poco alla volta la testa andò ad incassarsi nelle spalle, trasformandolo in un uomo senza collo dall'espressione addolorata -Beh.. intanto scusami, non fosse stato per me Victoria non si sarebbe arrabbiata- si passò una mano tra i capelli, cercando di nascondere un minimo il suo volto arrossato -Io però non credo che Mike mantenga il silenzio per punirti, mi sembra proprio il suo modo di essere, non ci vedrei cattiveria o qualche intenzione dietro- che non fosse un gran chiacchierone era li, sotto gli occhi di tutti -A volte è difficile parlare di qualcosa- sorrise amaro, riferendosi a se stesso in prima persona e a quello che solo poco prima le aveva riferito -Io non lo conosco, ma sembra un tipo abituato a tenersi le cose dentro, non è facile cambiare il proprio modo di fare anche se davanti a qualcuno a cui si tiene- in questo, riusciva a capire il Serpeverde perfettamente -Non deve essere bello sapere che ti manca una parte per capire il quadro, dovresti essere paziente, magari fargli sapere che sai che c'è qualcosa che non ti dice e mostrarti disposta ad ascoltarlo quando se la sentirà- guardò il suo volto gentile, così in disaccordo con la sua indole fumantina e più di pancia nelle reazioni -Ma conoscendoti penso che lo vorresti prendere di petto e metterlo con le spalle al muro- rise, immaginandosi quello scricciolo con le mani sui fianchi, che imponeva al biondino di parlare con lei e renderla partecipe di quello che gli stava succedendo -Però potrebbe funzionare- si fece pensieroso, afferrandosi il mento ispido tra le dita -A volte serve una spinta per lasciarsi andare, vedere che dall'altra parte c'è interesse nel voler sapere- inclinò la testa verso la spalla, chiedendosi cosa passasse per la testa della giovane ragazza al suo fianco. Non era semplice, poteva immaginarlo. Doveva sentirsi esclusa e, magari, quel silenzio da parte del suo ragazzo avrebbe potuto farle credere di non essere abbastanza importante per lui da metterla a parte dei suoi tormenti interiori -Sei preoccupata per lui? Temi gli sia successo qualcosa?- seppure lui e Rain avevano un modo differente di comportarsi, per Nathan quei loro atteggiamenti erano dovuti a traumi che si portavano dietro e, se per la rossa era sicuro che fosse così, su Mike era solo una supposizione basata su sue sensazioni. Era evidente che ci tenesse alla Johnson, o nemmeno si sarebbe preso la briga di raggiungerla in infermeria per assicurarsi della sua salute, ma sapeva anche quanto fosse difficile essere consapevoli dei piccoli gesti quando li si viveva in prima persona -O temi che sia qualcosa che riguarda voi? Io credo che lui ci tenga a te, almeno da quello che ho potuto vedere- stirò le labbra in quello che doveva apparire come un sorriso rassicurante, osservandola con gli occhi ora resi ancora più cristallini dalla luce che filtrava dalla grande finestra -Magari teme solo di appesantirti con qualche suo problema che pensa di poter risolvere da solo-

     
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    Salvare un amico da se stesso, il compito più arduo di tutti. Una passeggiata da equilibrista lungo un filo la cui altezza era proporzionale all’importanza del rapporto, all’intimità raggiunta dallo stesso. Più un’amicizia era stretta e più quel filo si faceva sottile aumentando il rischio della caduta il cui impatto avrebbe potenzialmente causato proprio la fine di quel legame. Così si sentiva la Grifondoro in quel preciso momento. S’allenava o meglio dire era costretta a fare l’equilibrista nel rapporto con i suoi amici più stretti e preziosi colpevoli, dal canto loro, d’avere, a suo giudizio, un pessimo metro di misura riguardo il prossimo e nello specifico proprio quel prossimo con la quale avevano ingaggiato una relazione. Sia la Wheeler che il Knox avevano perso la testa ma le controparti chiamate in causa erano quanto di più lontano dall’approvazione della loro giovane amica. Chi era il peggiore tra i due? Difficile a dirsi in quanto dalla propria, i due, avevano frecce ben appuntite nella propria faretra. Da un lato David Harris, il peggior essere umano che camminasse sulla terra. Abietto, piuttosto stupido e/o idiota sempre a suo giudizio e da quello che aveva avuto modo di vedere sul campo persino incompetente per non parlare di quanto fosse dannatamente quanto incredibilmente viscido, squallido. Il suo occhio si posava sulle ragazze radiografandole da cima a fondo e Grace avrebbe potuto giurarlo d’averlo visto leccarsi le labbra una volta. L’apoteosi del disgusto più totale. Cosa vi vedeva la sua amica in un malessere simile? La Johnson non sapeva proprio spiegarselo e quell’estate aveva tentato di far ragionare Halley ma, con una certa dose di rammarico e preoccupazione, aveva dovuto battere in ritirata constatando un fastidio nella compagna. Le piangeva il cuore a vederla così, inerme, l’ombra sbiadita di sé stessa e non più la fiera leonessa temuta da buona parte del castello. La “Tiranna” era stata soprannominata a causa della severa rigidità con la quale imbastiva e teneva gli allenamenti della sua squadra. Tutti e non uno di meno obbedivano al suo comando non osando nemmeno prendere in considerazione l’idea di trasgredirlo. Halley aveva saputo farsi rispettare e, nonostante il titolo non fosse ufficialmente suo, aveva preso ciò che era stato della squadra ricongiungendone i pezzi e mantenendola unita fino ad accompagnarla alla vittoria. Meritata. Senza dubbio! Ma chi era diventata ora quella donna? Non era più quella persona. La tiranna non c’era più e sia Grace che Nathan guardavano inermi a quella disperazione impressa su un così bel volto sciupato dalla tristezza. Cosa le stava succedendo? Chi ne era il responsabile? Per la Johnson la risposta era una ed una sola soltanto sulla quale avrebbe potuto serenamente adagiare la mano sul fuoco: non si sarebbe scottata e non grazie a quelle peculiarità che prima o poi avrebbero richiesto urgentemente la sua attenzione. Anche quello era un campo che premeva per essere sondato, forse persino alla svelta ma la giovane Grifondoro, complice l’età, possedeva ben altro ordine di priorità in testa in quel momento ed esse assumevano i contorni ben marcati di un biondino dagli occhi glaciali la cui casa d’appartenenza era la stessa di quella testa vuota che frequentava la Wheeler ma anche il Knox stesso. Oh sì! I grattacapi a quanto pareva non provenivano unicamente dalla capitana bensì ad aggiungersi vi era anche il compagno cacciatore che aveva deciso anche lui di lasciarsi lambire dalla perdizione rappresentata dalla bella Rain Scamander. Bella quanto quell’immagine di sé del tutto fastidiosa. Quella lingua biforcuta sempre pronta a frustare il prossimo scagliando sentenze a destra e a manca più o meno delicate ed il tutto senza lasciarsi sfiorare dal benché minimo scrupolo. Era oramai storia quel diverbio che avevano avuto alla lezione di Cura delle Creature Magiche del precedente anno scolastico. Lì la Scamander aveva concentrato le sue maligne attenzioni su una Corvonero le sue condizioni psicologiche piuttosto precarie erano conosciute dalla maggior parte degli abitanti del castello. Accanirsi contro di lei aveva mandato su tutte le furie la Johnson che non gliele aveva di certo mandate a dire. Come poteva adesso il suo migliore amico ammettere d’essersi preso una cotta per una persona tanto sgradevole? Tanto opportunista e sopra ogni cosa cattiva nel midollo? Grace non se ne capacitava. Nate era così buono, calmo e così infinitamente saggio mentre la Scamander distruggeva ogni cosa sotto il suo tocco.
    «Lo so, non è una persona con cui è facile avere a che fare» Le sopracciglia della bionda ebbero un’evidente flessione per quanto dalla sua bocca non fuoriuscì nemmeno un sospiro. Eloquente poi l’occhiata concentrata in un dettaglio ininfluente sulla divisa del ragazzo che ne palesava il pensiero alla successiva battuta: “oh se ne è accorto anche lui!” Almeno non era completamente andato, perso, invaghito e cieco davanti agli atteggiamenti da regina delle stronze della Serpeverde.
    «[...] Non è quello che sembra. C’è un motivo se fa così» poteva essere un giustificativo? Non troppo ai suoi occhi ma poiché l’amico le stava implorando pietà, con un sospiro, si arrese.
    «Se lo dici tu» bofonchiò non troppo convinta tuttavia cercando d’esortare quella sprezzante parte di sé nei riguardi della Serpeverde per fare più posto dando più luce ed attenzione a quella parte che invece voleva credere nella capacità di giudizio dell’amico. Voleva crederci, davvero, poiché Grace a Nathan voleva davvero bene e sapere che quel ragazzone pieno di qualità ma dall’animo timido, impicciato e malinconico fosse invece destinato a vedere quel suo sentimento infrangersi come una barchetta contro un iceberg la rendeva tremendamente irrequieta. Sperava di sbagliarsi, pregava di sbagliarsi. Merlino solo sapeva quanto bramasse di ricredersi e dar la ragione all’amico ma se così non fosse stato avrebbe battagliato per lui facendo quanto possibile per rendere difficile la vita della Scamander. Se pensava d’intimorirla si sbagliava di grosso! Avrebbe visto il fuoco dei Grifondoro... o anche solo le fiamme considerato quel problema che tarlava i limiti del suo conscio premendo per ricevere le giuste attenzioni. Non ora. Aveva altro a cui pensare.
    «Magari più sciolto di così!» Non poté fare a meno di scoppiare a ridere quando l’altro diede mostra di tutta l’incapacità con la quale non riusciva a ben gestire quella situazione che era involontariamente andata a crearsi con la Crain. Espirò. Una situazione certamente difficile ma a cui solo il tempo avrebbe davvero posto rimedio. Grace era convinta che la cotta della verde-argento sarebbe presto passata o, quantomeno, avrebbe perso d’intensità considerato tutto il contesto e chissà magari ben presto avrebbe volto le sue attenzioni verso qualcun altro di più disponibile. Lo sperava, come un po’ sperava che lo stesso Nathan ricadesse in quella dinamica che non riusciva in alcun modo a comprendere tanto che, incapace di trattenersi, gli chiese ancora una volta se fosse sicuro dei suoi sentimenti. Lo era. Scosse il capo. Era così strano, sbagliato e terribilmente pericoloso tanto che non poté trattenersi dal nascondere all’amico i dubbi circa la promiscuità della rossa ma ciò che ottenne fu una confessione in piena regola per quanto la Johnson non capisse appieno le implicazioni di una tale rivelazione. Nate si dichiarava solo, con niente ma ai suoi occhi il ragazzo non era niente di tutto questo. Si okay non sapeva nulla della sua vita al di fuori del castello come lui non sapeva poi molto di lei ma ciò che aveva imparato al castello era che poteva avere una seconda famiglia se lo voleva. Una famiglia formata dai suoi amici, dai suoi affetti e loro non l’avrebbero giudicata né sminuita ma apprezzata più di quanto avrebbe mai potuto fare la donna che chiamava madre. Quello per Grace era un tasto dolente che, tuttavia, riusciva a mettere da parte finché si trovava ad Hogwarts. Ci rimase male, quindi, quando il Knox se ne uscì asserendo quelle parole: lei cos’era per lui? Ma non stette zitta prendendo immediatamente posizione e, dal suo punto di vista, correggendo la sua visione. Non doveva più pensarsi solo. Non fino a che avrebbe avuto qualcuno al suo fianco e lei, Grace, intendeva rimanerci ben piantata.
    «Certo che no! Per quanto sia la tua anima gemella hai palesemente dei gusti discutibili!» Rise, stemperando nuovamente la lieve tensione andata alzandosi e successivamente gli tirò un buffetto. «Dai che scherzo. Davvero, lo giuro. Tenterò di guardare oltre» sollevò le mani mimando l’insegnante di Divinazione, miss Lovecraft, quando agitava le lunga dita sottili intorno alle sue sfere di cristallo. «Di scrutare se la Scamander possiede un briciolo di umanità…» O qualità. Arricciò il nasino poggiando ambo i palmi ai lati del corpo sulla piega del davanzale grezzo. Non aveva ancora finito, aveva ancora un ultimo sassolino da lanciare prima di ritenersi soddisfatta. Non lo faceva certo con piacere ma non sarebbe stata in pace con sé stessa se non avesse snocciolato tutti quelli che erano i suoi dubbi che non avrebbe mai potuto, per principio, tenere nascosti a colui che identificava come tra il migliore dei suoi amici. Nathan doveva sapere e, se davvero avesse voluto gettarsi in quella situazione, avrebbe dovuto farlo con coscienza sapendo appieno a cosa andava incontro. Qui entrava in gioco lei e, per quanto le facesse male a sua volta, era il suo compito.
    «Devi» asserì annuendo solenne. «La mia porta sarà sempre aperta per te... a prescindere dai tuoi gusti» concluse con una smorfia allungando poi le braccia affinché anche l’altro Grifondoro la stringesse in un abbraccio che avrebbe così sancito la fine di possibili tensioni tra loro. Pace fatta!
    «È stata la prima persona che ho incontrato quando sono arrivato [...] Ma la svolta direi che è arrivata questa estate, mentre tu eri in giro a spassartela con Halley!» Grace sollevò le sopracciglia evitando commenti ma era ben leggibile sul suo viso cosa le stesse passando per la mente: vedi a lasciarti solo? Ma presto distese i lineamenti in un sorriso sereno che spinse l’altro a continuare il suo piccolo racconto.
    «Quasi... pff!» Come se ne avesse sbagliata una fino a quel momento e, fino a prova contraria, la Scamander ancora se la faceva con mezzo castello per cui...
    «Non mi piace avere segreti con te, ma ne ho» chi non ne aveva? La stessa Johnson ne portava silente uno dentro di sé alla quale per prima non aveva ancora voluto attivamente pensare. Una filosofia sciocca la sua piuttosto immatura persino ma era come se, mettendo da parte il problema, esso potesse scomparire. Non era chiaramente così e presto o tardi la giovane si sarebbe trovata a prescindere dalla sua volontà a dover affrontare quel suo problema con la magia che più spesso del dovuto sembrava scappare al suo controllo. Da quando era tornata poi non riusciva ad entrare in una stanza senza che il suo umore influenzasse il danzare delle fiammelle all’interno delle fiaccole. Quasi lei fosse una brezza e le fiaccole si muovessero con lei e per lei. Era lei la causa eppure Grace ingollava l’amaro boccone scegliendo d’ignorare.
    «Vorrei farlo! Solo non... non oggi» per un attimo rimase immobile, le labbra strette in una linea sottile. L’addolorava sentire e sapere che l’amico non fosse pronto a rivelarle una parte così intima di sé, sarebbe stata falsa a negare un tale sentimento del tutto fisiologico ma lo rispettava profondamente, lui ed i suoi tempi. Annuì rapidamente accennando un nuovo sorriso confortante mentre allungava una mano verso il suo braccio in quella che voleva essere una leggera carezza di conforto. Accolse di buon grado il cambio di discorso che la vedeva questa volta protagonista in quanto era proprio nelle sue intenzioni confrontarsi con il ragazzo ma non per questo l’esposizione della questione sarebbe stata più semplice. Boccheggiò mentre la mente, rapida, elaborava quanto voleva chiedere e come: Mike. Il suo Mike. Quel ragazzo tormentato che aveva capito d’amar così profondamente ed intensamente il cui destino le dava lo spiacevole brivido d’essere sempre legato ad un filo, come se ci fosse qualcosa al di sopra di loro pronta a portarglielo via. Perché aveva quella sensazione? Perché era presente quel terrore? Era innato, presente nelle sue ossa quanto il freddo dell’inverno riusciva a gelarla dentro. Era inspiegabile e dentro di sé non desiderava altro che lui smentisse quella sensazione che venisse fuori che era tutto un brutto incubo e che loro stessero bene e che anche lui l’amasse. Invece timore, onnipresente e crescente timore che non le permetteva di valutare nulla con la giusta e dovuta lucidità. Che fare quindi? La risposta era davanti gli occhi della Grifondoro nella figura dell’amico che immediatamente acquisiva un allure di saggezza investendolo del potere di condizionare le sue possibili scelte future.
    «Scusami, non fosse stato per me Victoria non si sarebbe arrabbiata.» Grace scosse il capo socchiudendo gli occhi minimizzando quanto successo. Non era sua intenzione rinfacciare ancora quanto accaduto con la Serpeverde. Non era lei la vera causa del tutto ma unicamente l’elemento scatenante di un qualcosa che presto o tardi si sarebbe presentato. La miccia era stata inserita e prima o poi qualcosa ne avrebbe causato l’innesco.
    «Non deve essere bello sapere che ti manca una parte per capire il quadro» no, non lo era affatto e questo le dava una gran rabbia. «magari fargli sapere che sai che c’è qualcosa che non ti dice e mostrarti disposta ad ascoltarlo quando se la sentirà...»
    «L’ho fatto! Lui nega oppure cambia discorso. Ceh nega l’evidenza dei fatti Nate!» Sbottò animandosi la Grifondoro porgendo all’altro l’assist verso la successiva affermazione che la portò ad incassare quello che era a tutti gli effetti un dato di fatto: Grace non era paziente. Voleva tutto e lo voleva subito. Non aveva tempo per “strategie” né era il tipo. Fumante, di pancia e assolutamente spontanea ecco tutto ciò che era quella ragazzina londinese. Abbozzò un sorriso in risposta alle sue parole coprendosi il viso con le mani. Era così evidente, vero?
    «Non ce la faccio proprio a fare come dice mia mamma. Sii pacata Grace, rifletti... Non urlare non fare non dire. Uff!» Lei non era capace!
    «Però potrebbe funzionare»
    «Lo credi davvero?» Forse era davvero giunto il momento di prendere di petto la situazione. Di metterlo con le spalle al muro considerato che più volte la Johnson aveva tentato “la strada delle buone” ed il metodo non aveva sortito alcun effetto. Forse era davvero giunto il momento per la giovane leonessa di fare le cose a modo suo. Sì, doveva essere così.
    «Credo di sì. Non ne sono certa ma il mio istinto dice così» fece riferendosi ai timori che provava nei riguardi della situazione familiare dell’altro. Non osò entrare nel terreno minato di quanto aveva dedotto dai suoi incontri con Barnes poiché erano pur sempre affari strettamente personali del Serpeverde a cui nemmeno lei, se si fosse trovata nei suoi panni, avrebbe fatto piacere sapere che fossero oggetto di disquisizione altrui. Si tenne i dettagli per sé parlando unicamente di quelli che erano i suoi timori basati effettivamente sul nulla di certo e si lasciò andare ad un sospiro pregno del peso che quelle elucubrazioni portavano con sé.
    «Spero solo non lo porti via da me.» Sollevò lo sguardo negli occhi dell’amico. «Ci tengo davvero a lui. Credo... Mi sono innamorata di lui, Nate. Merlino!» Arrossì portandosi le mani al viso. «Ne ho avute di cotte» ed il Grifondoro era stato anche testimone di alcune di esse. «Questo è diverso. Lo sento.» Un sorriso andò a formarsi sulle sue labbra, naturalmente, proprio grazie ed a causa di quel sentimento così forte e vivo che le ardeva dentro. Sperava solo che quanto stesse provando non la portasse a soffrire com’era successo agli esordi del loro rapporto, durante le festività di Natale, con quel brutto scherzo dall’autore ignoto. «Anche tu... con Rain?» Anche lui provava questo per la discutibile Serpeverde? «Come ci siamo finiti a questo punto?» Ridacchiò scuotendo il capo ricacciando indietro quel pizzicore che aveva preso ad infastidirle gli occhi azzurri.
     
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    Nathan Knox | III | Grifondoro


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    L’amicizia non fa sconti. È un sentimento onesto. Corretto. Restituisce tutto ciò che si è offerto in precedenza e, Grace, era stata una delle persone in grado di dargli più di quanto Nathan avesse mai chiesto, anche più di quanto avesse osato sperare e, rinchiuso tra le sue insicurezze, dubitava sarebbe mai stato in grado di ricambiare tutto ciò. Come ripagare qualcuno che lo aveva afferrato prima che potesse cadere nel baratro, lui, non lo sapeva. Niente che avrebbe mai potuto dire o fare per la Grifondoro sembrava esprimere a pieno il livello di gratitudine che nutriva verso di lei, e ancor meno potevano le parole dimostrare quell'affetto puro e semplice che aveva iniziato a nutrire proprio verso la biondina. Caparbia quanto gentile, era riuscita a guadagnarsi un posto d'onore tra gli affetti del rosso-oro, dimostrandogli che non servivano legami di sangue per farlo sentire parte di qualcosa ma, lo ammetteva, non sempre era facile ricordarselo. Tra le mura domestiche, quando il silenzio era sovrano e l'isolamento gli faceva compagnia come un vecchio compagno di vita, quella sensazione di solitudine tornava imperterrita a tormentarlo, intrusiva, riportando a galla quei vecchi supplizi che lo corrodevano dall'interno, come tarli che rosicchiavano le sue certezze e, la cosa, doveva terminare. Nathan non era più solo, per ragioni a lui ignote, forse solo il caso o un'inaspettata fortuna, erano diverse le persone su cui oramai poteva contare e doveva solo che esserne felice. D'altra parte se quelle persone, che ormai facevano parte della sua cerchia, rappresentavano i mattoncini con cui stava ricostruendo la sua vita, non avrebbe potuto rinunciare a nessuno di loro. Nemmeno a Rain, che la cosa piacesse a Grace oppure no. Capiva le sue ragioni, ed erano persino lecite ma, una volta tanto, voleva fidarsi del suo istinto. Aveva bisogno di crederci. L'idea che potesse avere ragione, che lui non fosse altro che un passatempo momentaneo per la Scamander, era un dubbio che già aveva e che lo tormentava. Le sue insicurezze, ancora lontane dall'essere debellate, gli impedivano di capire cosa mai una ragazza come lei potesse trovare in lui e, quel discorso con Grace, non fece che affossare ancora di più quelle poche certezze che si portava dietro. Eppure non aveva intenzione di mollare, sarebbe andato avanti basandosi solo su quello che aveva sentito, anche da parte di Rain, consapevole che presto o tardi avrebbero dovuto chiarire quei punti sollevati dalla compagna
    “..Tenterò di guardare oltre. Di scrutare se la Scamander possiede un briciolo di umanità” ridacchiò posando lo sguardo sulla compagna, grato. Non era affatto scontato che provasse ad andare oltre quello che pensava di lei, per lui. Grace era una ragazza speciale, una spanna sopra tutte quelle vanitose che abitavano il castello e, se non ci fosse stata Rain, era probabile che avrebbe finito per avere un debole proprio per lei ma, nonostante questo, era più che felice del rapporto che avevano avuto fino quel momento. Era qualcosa che, ai suoi occhi, non poteva e non doveva venir rovinato da nient'altro -Grazie- allungò una mano per stringere una delle sue, così piccole in confronto, prima di lasciarla andare e che un sorriso giocoso si disegnasse sul suo volto -E io sarò pronto a dirti “te lo avevo detto”- Grace e Rain possibili amiche? Sarebbe stato surreale ma, Nathan, era pronto anche all'impossibile. La cosa più importante era sapere che la Johnson ci sarebbe stata, in qualunque modo quella storia fosse finita.
    Eppure, Rain non era l'unico pensiero a tormentarlo. Ve ne erano diversi che, oramai da anni, lo tormentavano in silenzio anche quando nemmeno se ne rendeva conto. Condizionato, a volte addirittura guidato, da quel trauma che non accennava a voler sparire, viveva con quel pesante fardello sulle spalle che non vedeva l'ora di lasciare andare. Il primo passo, forse, sarebbe dovuto essere parlarne per esorcizzarlo ma, il Grifondoro, non era pronto. Temeva che, parlandone, avrebbe rivissuto tutto quel dolore che ancora non accennava a diminuire e che, credeva, non sarebbe mai nemmeno passato -Ma ti prego, non credere che la cosa dipenda da te!- si affrettò mettendo le mani avanti, preoccupato che la ragazza potesse mal interpretare le sue parole -Non è che io non mi fidi o altro. È che.. fa male- abbassò lo sguardo, sentendosi un vile per quell'ammissione, e quale miglior modo per eludere l'imbarazzo se non un cambio drastico di discorso? Ascoltò le parole della ragazza con interesse, cercando di trovare una chiave di lettura per quella biondissima statua di sale che era il suo ragazzo. Non gli stava antipatico, anzi, in un certo senso lo incuriosiva. Così serio e silenzioso, invidiava quella che ai suoi occhi appariva come sicurezza ma, immaginava, erano le stesse caratteristiche che potevano creare una buona dose di frustrazione in Grace. Non doveva essere facile, tanto meno piacevole, dover andare avanti a tentoni per cercare di capire una persona che non si sbottonava mai, che non lasciava trapelare mai troppo di quello che sentiva o provava. Tuttavia non credeva ci fosse cattiveria o chissà quale cattiva intenzione da parte del ragazzo, piuttosto una inconsapevole incapacità nel condividere -Magari anche lui non è pronto a parlare- se, come diceva lei, c'erano misteri che lo circondavano, allora era possibile che avessero un peso che Harris non fosse pronto a spartire con altre persone -Sa che ci sei, quando sarà pronto sarà lui a farsi avanti. Oppure..- sorrise immaginando quelli che, invece, sarebbero potuti essere i modi persuasivi della compagna che lei stessa gli confermò -Oppure prendilo di petto, digli come la cosa ti fa sentire o che ti senti esclusa da quella che è la sua vita- a quel punto la patata bollente, se così si voleva chiamare, sarebbe passata a lui. Nessuno avrebbe potuto né dovuto costringerlo a rivelare cose che voleva rimanessero un segreto, né forzarlo a parlare di argomenti che avrebbe potuto ritenere privati ma, e questo non era così scontato, era giusto sapesse cosa questo comportasse per le persone che gli stavano a fianco -Hai tutto il diritto di dirgli come ti fa stare questa situazione- forse avrebbe dovuto seguire i suoi stessi consigli. Presto o tardi, come Grace, anche Nathan avrebbe dovuto fronteggiare Rain per sapere ciò che lo preoccupava.
    “Ci tengo davvero a lui. Credo... Mi sono innamorata di lui, Nate. Merlino! gli occhi cristallini del rosso-oro si illuminarono, divertiti, per quell'ammissione spontanea che lo portò a provare tenerezza verso quella ragazza così simile a lui nei rossori spontanei che invadevano i loro volti -Dovresti proprio dirglielo, magari così si convince a parlare- le strizzò un occhio, incoraggiante, ma la domanda seguente lo congelò sul posto. Era innamorato di Rain? Così eccessiva in tutto quello che faceva o diceva, così spontanea, così istintiva. Il tipo di persona che sapeva sempre quello che voleva e che non si fermava finché non lo otteneva. Forte, a tratti stronza, delicata quando serviva e solo quando aveva la certezza che in pochi lo avrebbero notato. Bella come poche, crudele solo con chi credeva lo meritasse. Spigliata, mai banale e affatto timida. Sorprendente come nessuna. La stessa che gli faceva accelerare il battito ad ogni sorriso. Non rispose alla domanda della Johnson, arrossendo quanto se non più di lei come forma di ammissione, a cui seguì un sorriso imbarazzato. Si era innamorato di quell'uragano rosso e nemmeno se ne era reso conto. -Siamo masochisti- le spalle si alzarono per poi ricadere immediatamente, quasi fosse una risposta scontata. Si alzò allungando le mani verso la ragazza, pronto ad aiutarla a rimettersi in piedi -Andiamo- la guidò verso l'uscita della torre -Abbiamo delle persone da cercare e un sacco di cose da dire, e poi lo so che ti è venuta voglia di sbaciucchiarti il tuo ragazzo- ridacchiò ancora mentre, insieme, lasciavano la stanza, quasi certo che un nuovo colorito vermiglio si sarebbe propagato sul viso della ragazza.



    The end :ti:
     
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