Remedy

Jason

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    Halley Wheeler | quinto anno | prefetto grifondoro


    La sua vita, da mesi, si trovava ad essere disordinata. Confusa. A tratti inspiegabile. Spesso sei chiedeva se, ad un certo punto, sarebbe stato possibile resettare il tutto. Partire da zero. Tabula rasa. Tornare a quelle origini che, in fin dei conti, poi, non aveva neanche disdegnato così tanto. Una famiglia unita e felice. Amici. Un buon rendimento scolastico e nulla più. Nessun pensiero. Nessuna preoccupazione di chissà quale natura. Niente di niente. La mente avrebbe vorticato, esclusivamente, intorno a ciò che la rendeva felice e, lei, non avrebbe fatto altro che coltivare il suo futuro, tenendosi alla larga dal potenziale malessere, derivato da scelte errate. Una prospettiva allettante. Invitante. Una di quelle da film. Sospirò e, da lontano, una voce chiamò il suo nome. Lontana. Dai contorni sfumati. Un suono che non sapeva se dirsi fastidioso o soave. Cazzo! Riprese il completo possesso delle sue facoltà mentali e, immediatamente, si accorse del tono incazzato del suo capo, installato poco più in là e intento a tenere a bada un branco di ragazzini, colpevoli di aver toccato uno dei tanti manici di scopa in esposizione. Ordinaria amministrazione, certamente. Eppure ogni volta che si presentava quel tipo di problema, il Signor Murphy, perdeva la calma. Toccava a lei, inverosimilmente, a riportare la calma tra quelle quattro mura e così fece. Uscì dalla sua confort zone e si diresse proprio la centro della mischia, con aria poco amichevole di chi era appena stata costretta a lasciare i suoi affari per dei moscerini fastidiosi. Una situazione al limite del ridicolo. In fondo quei mocciosi erano solo curiosi di toccare con mano quel legno prestigioso. Niente di così eclatante. Eppure la vena sulla tempia dell’uomo –oramai di mezza età- pulsava più del dovuto. Con estrema cautela la giovane battitrice riportò l’ordine e, quando l’orda di troll dodicenni, si fu diradata, la quiete tornò ad albergare nel negozio, in procinto di chiudere. Sì. Amava quell’orario. Il frangente più tranquillo dell’intera giornata. Soprattutto il sabato e, soprattutto, quando la serata sarebbe stata all’insegna del divertimento. Si era promessa di dedicare l’intero fine settimana alla ricerca compulsiva di un appartamento e, proprio per questo motivo, quella sera, si sarebbe concessa una pausa. Meritata. Avrebbe raggiunto Liam e, come spesso accadeva, sarebbero usciti a farsi qualche bicchiere, fino a quando il suo amico fosse stato in grado di non combinare disastri. Beh, in fondo era pur sempre la sua baby sitter personale. No? Quello era il suo dovere. Dentro e fuori dalle mura del castello. Il giovane, comunque si era gentilmente offerto di accompagnarla attraverso vicoli oscuri. In lungo e in largo, valutando i pro e i contro di ogni appartamento. La ricerca, comunque, non aveva dato i suoi frutti e la cosa iniziava a darle su i nervi. Sbuffò e guardò l’orologio. L’ora X era scoccata e lei, finalmente, dopo aver sistemato gli ultimi dettagli e messo in ordine il bancone, avrebbe potuto abbandonare Diagon Alley per fare ritorno al suo alloggio di fortuna, per darsi una sciacquata prima dell’inizio dei festeggiamenti del fine settimana. La campanella suonò. Qualcuno aveva appena varcato la soglia. Che palle! Finse indifferenza, come se non la tangesse minimamente la presenza oscura che, lentamente, si avvicinava a lei. Sempre la solita storia. Il classico cliente dell’ultima ora. Lo siste… Lo sguardo smeraldino si issò. Le pupille si dilatarono. Lo stupore fu enorme. Quell’uomo era lì. Davanti a lei. Bello come non mai. Si mozzò il fiato e un sorriso, lentamente, si disegnò sul suo volto incredulo ma, allo stesso tempo, felice come non lo era stato da tempo. Prese coraggio, convincendosi che non poteva trattarsi di un miraggio. “Papà!” Il sono tono di voce mutò drasticamente, così come il suo umore. Avvertì una stretta al cuore. Le era mancato come l’aria. Più di qualsiasi cosa al mondo. Quante notti si era ritrovata sola, con gli occhi incollati al soffitto, pregando di poter parlare con l’unica persona che, dopo tutti i problemi, le era rimasta a fianco. “Che ci fai qui?” Domandò stupidamente, come se davvero le importasse la ragione effettiva. Era lì per lei. Questo le bastava e le avanzava. “Se mi dai un minuto, prendo la giacca!” Lo abbandonò per un istante per poi ricomparire poco dopo, avvolta nella sua giacca di pelle primaverile. “A domani, Signore!” Salutò frettolosamente il datore di lavoro e, una volta agguantato il braccio di Jason, Halley, si portò all’esterno, dove avrebbero avuto più libertà di pensiero e parola.

    La pace interiore si fece sentire. Si fermò e, come per assicurarsi che fosse realmente lì con lei, Halley si lasciò andare ad un atto di estremo affetto. Salì in punta di piedi –come se potesse servire- e abbraccio il padre. La visione di lui esanime ancora, dopo tutti quei mesi, la perseguitava e il fatto di averlo lì, a pochi passi la rasserenava non poco. “Scusami.” Esordì, trattenendo quel fiume in piena che avrebbe voluto infrangere gli argini, riversandosi su di lui, per fargli comprende quanto fosse dispiaciuto per aver disatteso le sue aspettative e quelle materne. Sua madre, infatti, non le aveva più rivolto la parola e, in tutta risposta, lei non si era azzardata a fare un passo in più verso di lei. Sapeva di sbagliare eppure, dopo le minacce subite poco prima di Natale, la mora, si era convinta che casa sua, non fosse più il luogo adatto a lei. “Ci ho provato.” Una mezza verità. Aveva fatto ritorno al nido, certo, così come richiesto da Seira O’Hara in persona ma, d’altra parte, non aveva fatto altro che tentare di innervosire quella donna. Risultato? Una catastrofe di una considerevole portata che, probabilmente, si era riflessa anche all’interno del rapporto duale marito e moglie. “Ho fallito.” Nonostante ciò, però, l’indipendenza guadagnata era tutto ciò che aveva sempre desiderato ardentemente. Cercò di glissare ma, prima o poi, sarebbe uscito anche l’altro argomento. Quello, per lei, più arduo da affrontare ma, per molti aspetti, inevitabile. Anzi, probabilmente si trattava proprio di ciò. “Come stai?” Non lo perdeva di vista, come per paura che potesse svanire da un momento all’altro, così come era comparso. “E il lavoro? Come procede?” Il tentativo di confondere le acque risultò patetico ma, d’altra parte, andare dritta al punto, l’avrebbe costretta ad affrontare la visione che aveva avuto su di lui. Non era pronta. Nonostante lui sapesse già cosa era apparso davanti agli occhi della figlia, la sua calma continuava ad essere leggenda. Si schiarì la gola e poi: “La mamma, come sta?” Mormorò imbarazzata. Chissà se Crudelia, tra un’udienza e l’altra, aveva avuto modo di spiegare al marito la situazione tesa tra donne. Beh, non mancava molto. Di lì a poco, avrebbe avuto tutte le informazioni necessarie a spiegare il perché della sua presenza, proprio sul suo luogo di lavoro.




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    Anni erano passati dall'ultima volta che si era ritrovato a camminare per quelle vie. Troppi, molti più di quanto gli piacesse ammettere perché, nonostante la schiena dolorante e le ginocchia che non erano più quelle di una volta, Jason non accettava ancora l'idea di invecchiare. Eppure doveva farci i conti, soprattutto visto e considerato come la sua stessa moglie non faceva altro che farglielo notare, tentando di convincerlo a ritirarsi ad un lavoro da ufficio, “più consono” secondo lei. Ma come avrebbe potuto? Lei viveva bene dietro la sua scrivania, a dirigere tutti gli altri nella comodità della sua posizione ma, lui, non era fatto per quello. Era nato per il rischio, per seguire il pericolo e, dove possibile, porvi rimedio. Aveva ancora tanto da dare nel suo campo e ancora, a quel punto della sua carriera, riusciva a dare una lezione a tutte le nuove reclute grazie all'esperienza e alla pratica che aveva acquisito a furia di rischiare l'osso del collo e non solo quello. Lei, Seira, avrebbe potuto anche immaginarselo visto che quella donna era stata la prima, tra le creature pericolose con cui aveva avuto a che fare, a cui aveva dato la caccia pur se in modo diverso e, alla fine, aveva vinto anche quella lotta. Non sapeva dire come vi fosse riuscito, lei così seria e diligente, attenta alle regole e ligia al suo dovere di Caposcuola, e lui, l'esatto opposto, scapestrato, agitato e ben poco incline a seguire i precetti della scuola. Forse per sfinimento, ma contava il risultato. Sorrise mentre camminava per i vicoli di quella porzione di Londra nascosta ai babbani, ripensando ai vecchi tempi e di come tutto fosse più facile senza che nemmeno se ne rendessero conto. Troppi pensieri, troppe preoccupazioni in quel momento gli adombravano la mente e, la maggior parte, erano rivolti proprio alla ragione per cui si trovava proprio li: Halley. Il sorriso si accentuò pensando a quella ragazza pestifera che gli aveva concesso il privilegio di diventare padre. Mai, prima del giorno in cui la tenne tra le braccia per la prima volta, aveva creduto possibile provare un affetto simile verso un altro essere vivente. Amava sua moglie, era sempre stato così e dubitava sarebbe mai cambiato, nonostante le differenze, ma con Halley era diverso. Incondizionato, non vi era altro modo per descriverlo. Lo avevano avvisato, gli avevano detto che sarebbe successo ma, fino a quando non posò gli occhi su quel visetto minuscolo e raggrinzito, non era riuscito a capirlo. Poco importava che somigliasse a un vecchietto pelato e rugoso, ai suoi occhi era risultata comunque bellissima e, soprattutto, ciò di più prezioso che potesse avere al mondo. Non gli importava cosa decidesse di fare in futuro, lavoro o scelte personali che fossero, gli bastava sapere che stesse bene e che fosse felice e, per quanto potesse, si sarebbe sempre assicurato che fosse così. Aveva solo un rimorso nella vita, quello di non essere stato presente quanto avrebbe voluto e dovuto, l'unica pecca di un lavoro altrimenti perfetto. Si sentiva in colpa per la sua assenza che, spesso, lo teneva distante settimane se non mesi, lasciando la responsabilità di crescerla a Seira e, forse anche per questo, il rapporto incrinato tra le due donne della sua vita gli risultava come un macigno sul petto. Se fosse stato meno assente, forse, avrebbe potuto fare tra mediatore tra le due, entrambe fin troppo testarde e simili per riuscire a rimanere troppo nella stessa stanza senza scontrarsi. Halley era un mix perfetto tra i suoi genitori, il carattere da dittatrice di sua madre, ma con lo spirito avventuriero di suo padre. Una combinazione deleteria per i nervi tesi della madre, sempre vigile e allarmata per ogni virgola fuori posto, creando così un clima di perenne tensione e scontri tra le due arrivando al punto, in quel periodo, di non riuscire più a trovare un compromesso. Si fermò, sollevando lo sguardo sull'insegna del negozio in cui aveva passato ore ed ore da ragazzo, un sospiro di nostalgia sfuggì al suo controllo e, alla fine, entrò facendo suonare la campanella che ne avrebbe annunciato l'ingresso. Sorrise a trentadue denti quando, finalmente, la sua Halley si accorse di lui, ma poi: “Papà!” per Merlino. Ogni volta era una pugnalata al cuore. Quella parola, quella maledetta parola. Non ci poteva fare niente, ne odiava il suono, era come sentire delle unghie stridere contro una lavagna, come un ciglio fastidioso in un occhio, come la sabbia nel costume. Un fastidio naturale contro cui non poteva vincere. “Babbo”, “ba”, o persino “ehi, tu, coso”, qualsiasi altro appellativo sarebbe stato meglio di “pahpàh” ma, a dimostrazione di quanto la testa di quella brunetta fosse dura, non vi era stato verso di farglielo entrare. Alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa, mantenendo il sorriso anche se dentro di sé la sua disperazione urlava e scalpitava -Sono qui per incontrare la figlia di qualcun altro, è ovvio- la sua proverbiale faccia da schiaffi ci mise pochi secondi per uscire allo scoperto. Fu un peccato che la ragazza ci mise così poco per tornare da lui indossando la giacca, ebbe solo pochi attimi per sfoggiare con orgoglio le foto di una Halley sul vasino che teneva nel portafogli al suo datore di lavoro -Si, a domani capo! Magari le porterò altre foto!- si lasciò afferrare il braccio e trascinare fuori dal negozio, contento di potersi finalmente godere la compagnia della sua bambina speciale. Ricambiò l'abbraccio, stringendola tra le braccia robuste e beandosi di quel calore familiare -Non hai fallito, pulce- enunciò una volta sciolto l'abbraccio, dispiaciuto per quel tormento che sapeva che sua figlia si portava dentro -Siete solo entrambe molto, molto, aiutami a dire molto testarde- entrambe pretendevano di far valere le proprie ragioni e nessuna delle due era intenzionata a scendere a compromessi. Capiva Halley, anche lui a quell'età non sarebbe riuscito a stare alle restrizioni imposte da una madre come Seira ma, d'altra parte, capiva anche la moglie che non faceva che preoccuparsi della figlia, soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti accaduti nel mondo magico e, in particolare, proprio nella scuola -Io sto bene, i soliti acciacchi! Abbiamo appena finito una missione e per un po' credo proprio che rimarrò a casa- avevano dovuto smantellare un nido di Acromantule che avevano deciso di prendere d'assalto un piccolo paesino in prevalenza magico a sud. Le bastardelle erano riuscite a creare una serie di cunicoli sotterranei e non era stato facile trovarle tutte e, insieme, tutte le loro uova -In realtà non credo che avrò missioni a breve, al Ministero c'è un bel casino per quello che sta succedendo, e credo vogliano tenere tutti mobilitati per evitare che ricapitino cose del genere. È possibile che collaboreremo con gli Auror per un po'- la cosa non gli dispiaceva poi troppo, avrebbe messo un po' di pepe e di novità in quella che per lui era diventata una routine e, in più, se mai gli avessero imposto di far parte del gruppo scelto per sorvegliare Hogwarts, avrebbe potuto tenere sotto controllo la stessa Halley, calmando le nevrosi che stavano assalendo la sua consorte “La mamma, come sta?” giusto appunto. Le scoccò un'occhiata eloquente rimanendo in silenzio per puntare un po' sul senso di colpa che, era probabile, Halley già provava -Isterica ed esaurita come sempre, quindi bene!- ridacchiò cercando di stemperare quella tensione momentanea, invitandola a camminare al suo fianco ed immergendosi tra la folla di lavoratori che, come lei, avevano terminato il loro turno e stavano tornando a casa -Lo sai, lei è sempre preoccupata per te. Inutile che ti dica che sono qui anche per indagare da parte sua- avrebbe sempre giocato a carte scoperte con quella nanerottola di sua figlia -Tu come stai? Com'è la situazione a scuola?- non serviva che fosse Seira a domandargli di scoprire quelle cose, lui per primo voleva saperla al sicuro. Si fermò nei pressi di una panchina, lasciandosi cadere con un sospiro ed abbandonandosi contro lo schienale. Era sempre carico e pieno di adrenalina ma, quando poi si fermava, tutta la stanchezza gli piombava addosso in un secondo, facendolo sentire pesante ed esausto -La vera domanda è come mai chiedi a me di tua madre, come mai non glielo chiedi tu? Cos'è successo questa volta?- sapeva cos'era successo, Seira lo aveva messo al corrente o, almeno, gli aveva riferito la sua versione e, se aveva capito qualche cosa in quegli anni, era proprio di sentirle entrambe prima di mettere il becco tra le due per evitare di venire sbranato, cosa che per un cacciatore di creature pericolose sarebbe stata umiliante.

     
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    Halley Wheeler | quinto anno | prefetto grifondoro


    Un uomo simpatico. Lo era sempre stato. Spesso si era chiesta cosa ci azzeccasse con quella simpaticona di sua moglie. Due personalità che non avevano nulla a che fare l’una con l’altra eppure, per qualche strano scherzo del destino, si erano ritrovate a completarsi, finendo per metterla al mondo. Halley si era sempre sentita più affine alla figura genitoriale maschile. Il loro modo di fare, il loro agire in maniera sprezzante davanti a qualsiasi tipo di pericolo. Insomma, tutti sintomi che indicavano una sola realtà, confermata anche grazie alla sua collocazione tra lo schieramento di Grifondoro. Strano. Come se avesse mai nutrito dubbi a riguardo. Certo, non si credeva una stupida ma, in fin dei conti, mai e poi mai sarebbe divenuta come la madre. Quadrata. Scrupolosa e fissata con la storiella dell’iperprotettività. Che si aspettava? Che avrebbe accettato di buona lena il suo consiglio? Ossia di tralasciare l’azione per salvaguardare la sua incolumità, esattamente come aveva fatto lei. La madre in primis non aveva mai voluto esporre le motivazioni per le quali, anni prima, aveva preso la saggia decisione di rinchiudersi tra quattro mura, dall’alto della sua importanza ma privata di quella che, per la mora, era motivo di vita. Non le importava quanto fosse pericoloso una determinata situazione. Ci si lanciava di pancia. Così come giusto che fosse per chi, come lei, avvertiva chiaro e forte, sulla pelle, il richiamo dell’adrenalina. Rimase immobile per qualche istante, scrutando quell’armadio dai tratti familiari, prima che un sorriso le addolcisse quei tratti che, negli ultimi tempi, raramente trovavano motivo di lasciarsi andare. Le era mancato. Più di quanto fosse in grado di ammettere ma, allo stesso tempo, affrontare la sua famiglia la metteva a disagio, proprio per via dei ripetuti silenzi nei quali si era chiusa, pur di non cadere in quel baratro. Come avrebbe spiegato gli ultimi accadimenti? Come presentare il proprio punto di vista, evitando di apparire l’eterna ingrata che se ne frega del parere di una madre apprensiva? Prese fiato e cercò, invano, di rimettere in ordine i pensieri, sperando di riuscire a temporeggiare, fino a quando non si fosse presentata, chiara, una via d’uscita. “Te la chiamo?” Domandò, guardandosi intorno con aria dubbiosa. Nonostante i mesi trascorsi lontano dalla sua terra natia, Jason, non aveva perso il suo senso dell’umorismo, neanche dopo le tragedie familiari che, lei e sua madre, gli avevano imposto con estremo egoismo. Sentiva il senso di colpa ma, allo stesso tempo, la convinzione di essere dalla parte della ragione, prendeva il sopravvento, impedendole di tornare sui suoi passi. Svanì al di là dell’ampia tenda che fungeva da divisorio tra una stanza e l’altra e, rapidamente, si impossessò del suo cappotto, pronta a liberarsi di quel lavoro che, per quel giorno, le era costato gran parte della sua sanità mentale, arrivando addirittura a sedare una semi rissa. Una frustrazione non indifferente. Fece capolino quando, improvvisamente, avvampò. Un lampo attraversò i suoi occhi, andando a parare sul traffico di fotografie che si stava consumando proprio davanti a lei. “Cosa diamine…” Non fece in tempo a ribellarsi più di tanto che il tutto scomparve, con la promessa che vi sarebbe stato ulteriore materiale compromettente. “Sei impazzito? Ho una reputazione!” L’apostrofò con aria seria. Sarebbe bastato uno schiocco di dita per mandare tutto all’aria –o una fottuta foto, ritraente una baby Halley sul vasino a fare i bisogni-. Accidenti a te! Gli arpionò il braccio e lo trascinò al di fuori, lontano da ogni fonte di pericolo. L’irritazione durò giusto il tempo di immettersi nella via principale e, poi, si lasciò cullare dall’istinto che la portò a circondarsi delle braccia di quel padre che, le circostanze, lo vedevano sempre così lontano da lei. Un dolore lancinante. Un dolore al quale, però, si era abituata, così come aveva fatto il callo riguardo il suo fallimento come figlia. La testardaggine da entrambe le parti, certo, fungeva da incentivo ma, d’altra parte, la battitrice era convinta di non aver nulla da spartire con il temperamento della O’Hara, troppo focalizzata sul desiderio di manipolare il futuro di una ragazza che credeva di sua proprietà. Sbuffò sonoramente. Cercando di non cadere in quello che sarebbe stato un pianto a dirotto, volto a rompere quell’argine che tratteneva tutto quel dolore soffocato a stento, per quanto? Troppo. “Da che parte stai?” Alzò lo sguardo, trovando quello simile dell’uomo che le aveva donato quei principi che, in quel momento, se ne stavano lì, pronti per essere chiamati in causa, in caso di una risposta che non fosse quella attesa. Non si sarebbe arrabbiata. Neanche l’avrebbe biasimato. Se a lei era stata concessa la via d’uscita, lui rimaneva costretto in quel vincolo matrimoniale che, nonostante tutto, sembrava ancora renderlo felice dopo tutti quegli anni, passati accanto a una donna tutt’altro che facile.
    Riemerse dall’oscurità, contenta di quanto appena proferito dall’ex Grifondoro. La sua visione non aveva –ancora- avuto modo di esaudirsi. Forse si era davvero preoccupata troppo. In fondo non si trattava di null’altro che di una principiante, praticamente incapace su tutta la linea. La notizia, poi, che sarebbe rimasto a casa per un po’, la porto ulteriormente a sospettare di quanto quelle immagini l’avessero portata fuori strada, gettandola in un panico immotivato. “Per un po’?” Sapeva che non le avrebbe potuto rispondere con precisione, eppure, un lato –quello egoista- sperava di non doverlo più vedere andare via. “Sorveglieranno Hogwarts, non è vero?” Dopo lo strano avvenimento di Natale, il Ministero della Magia non aveva trovato un attimo di tregua. I pericoli che si nascondevano dietro l’assassinio della Professoressa Lovecfrat potevano essere innumerevoli e sempre in agguato. Avrebbero lavorato con molto impegno, pur di evitare una replica di quella tragedia. “Mi ero rivolta a lei!” Confessò, abbassando le iridi, alludendo alla vittima di quell’omicidio, ancora senza colpevole. “Le avevo chiesto aiuto per…” Avrebbe compreso, senza per forza andare oltre a quelle parole, già difficili da pronunciare. “La conoscevo.” Quella notte, però, Halley si era recata a porre fine ad un’altra faccenda che non aveva nulla a che fare con la vita della povera docente di Divinazione. La notte di Natale aveva sancito la fine anche della sua relazione con David. Da quel momento tra i due era calato il silenzio e la sofferenza di non riuscire più, nemmeno, a rivolgersi la parola. Mille e più volte i loro sguardi si erano incrociati. A nulla sarebbero servite le parole. Eppure la loro ultima discussione era lì. Impressa nella sua mente a fuoco. Entrambi non erano riusciti a cogliere quanto fossero importanti l’uno per l’altra e, alla fine, l’impazienza e il dolore, avevano preso le redini di quel legame riducendolo in brandelli.
    La domanda, poi, sortì naturale. Senza un perché. La persone in questione occupava un posto speciale nella sua vita e, anche con le divergenze che vi erano tra loro, ci teneva a conoscere la sua sorte, dopo l’abbandono da parte sua del tetto familiare. “Lei è preoccupata che io non segua il suo esempio.” Rispose secca. “Così come quando si è presentata qui dopo la mia caduta durante la finale di quidditch.” Quanto tempo aveva speso cercando di convincerla a mollare quello sport, a suo dire, pericoloso. “L’avevo immaginato ma speravo che fossi qui principalmente per tuo volere.” Sapeva bene che, una volta presa una decisione, tornare indietro sarebbe stato impossibile per una testa calda come quella della figlia. “Sto bene!” Mentì spudoratamente. Niente nella sua vita sembrava andare nel verso giusto “A scuola sembrano tutti in agitazione. Come se dovesse morire qualcun altro da un momento all’altro.” Ammise senza troppi giri di parola. “Se fosse così?” Forse avrebbero fatto meglio tutti quanti ad abbandonare la scuola e migrare altrove. Rimase spiazzata per le sue ultime domande. Come era possibile che chiedesse il perché? Lo osservò per qualche istante, indecisa se vuotare il sacco, completamente o rimanere sul vago, così da cercare di capire quanto fosse completa la sua conoscenza della situazione. “Vuole avere il controllo sul mio futuro.” Senza contare la questione “visioni”. “Te l’ha detto cosa ho visto?” Si stava riferendo alla visione sulla fine del Signor Wheeler. Quelle immagini ancora aleggiavano nella sua testa, terrorizzandola a morte.




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    Da un lato Seira, la donna per cui aveva sempre fatto follie e che ancora gli faceva battere il cuore come un ragazzino, e che ancora lo riprendeva proprio come se lo fosse davvero. Dall'altro Halley, la sua bambina troppo simile a lui con una naturale propensione a mettersi nei casini. Mai avrebbe potuto prendere le parti di una delle due credendoci fino in fondo. Capiva Seira, le motivazioni che la spingevano a voler tenere Halley al sicuro, a saperla protetta e salva da ogni male si fosse mai potuto abbattere su di lei. Era intrinseco in ogni genitore degno di ricoprire quel ruolo, quello di fare qualunque cosa per i propri figli ma, ed era inutile negarlo, capiva anche la piccola di casa. La sua indole, il suo istinto, quella sua natura che tanto gli ricordavano se stesso da giovane e che ancora facevano parte di lui. Diviso a metà tra ragione e sentimento, ecco come si era sempre sentito davanti ai continui battibecchi tra le due donne, costretto a fare da pacere e, dove possibile, a cercare un punto di incontro che sapeva non sarebbe mai stato trovato in quel contesto, soprattutto dopo i recenti avvenimenti che avevano messo tutti in allerta. Hogwarts non era più un posto sicuro ma, in fin dei conti, lo era mai stata davvero? Eppure l'idea della moglie di tenere Halley lontana dalla scuola, metterla sotto una campana di vetro e pretendere che alla ragazza andasse bene così era semplicemente folle. I maghi oscuri si stavano muovendo, quello era ormai stato appurato, ma se erano riusciti a penetrare le difese di uno dei posti più sicuri della Gran Bretagna, allora, nessun posto era realmente sicuro, ecco perché aveva accettato di buon grado la prospettiva di collaborare con gli Auror, sperando nella possibilità di far parte del gruppo che avrebbe tenuto d'occhio i confini scolastici per poter stare vicino a ciò che aveva di più prezioso
    “Da che parte stai?” una domanda la cui risposta era più complicata di quanto Halley credesse -Dalla parte di entrambe- una risposta paracula quanto sincera -Andiamo, Halley. Non puoi pensare che la situazione non preoccupi anche me- le sopracciglia si corrucciarono mentre osservava il volto della figlia, quasi a cercare segni nascosti di qualcosa che non andava -Ma non spetta a me dirti cosa fare, non più- erano passati i tempi in cui poteva far valere le proprie ragioni a discapito delle volontà della brunetta. Per quanto quella ragazza, così minuta e all'apparenza delicata, sarebbe sempre stata la sua bambina ai suoi occhi, era diventata un'adulta -Mi dispiace per la situazione che si è creata e vorrei che le cose tornassero come prima, ma..- se ne era andata, aveva trovato un lavoro, si era data da fare dimostrando di sapersela cavare da sola -Sei stata brava- le fece un sorriso, fiero di come non si era limitata a piangersi addosso come molti altri al suo posto avrebbero fatto -Conoscevo un ragazzo che avrebbe fatto esattamente come te al tuo posto- occhiolino, occhiolino, gomito, gomito. Il sorriso si ampliò, orgoglioso della giovane donna che stava guardando -Ma puoi sempre chiamarmi, per qualunque motivo- non voleva dirle apertamente che si, capiva le sue scelte e le sosteneva, che credeva che fosse giusto che scegliesse da sé la propria strada e il modo in cui avesse deciso di percorrerla, non voleva schierarsi contro sua moglie che, di sicuro, lo avrebbe appeso al soffitto per le caviglie se mai lo fosse venuta a sapere, ma in un modo contorto e tutto suo ci teneva a far sapere ad Halley che sarebbe sempre stato dalla sua parte e che, per lei, ci sarebbe sempre stato.
    Il mondo magico era in uno stato di caos come non lo si vedeva da anni. Non solo l'attacco alla scuola, persino Azkaban aveva subito un'evasione di massa che aveva messo tutti in allerta. L'ultima volta che una cosa del genere era successa, Voldemort era tornato e aveva quasi messo tutti di nuovo in ginocchio. Portò le mani alle tasche dei pantaloni, ascoltando in silenzio la figlia che parlava della professoressa uccisa, sospirando e fissando un punto impreciso davanti a lui mentre proseguivano in quella passeggiata priva di una meta specifica -Hai avuto paura?- era curioso di capire come sua figlia avesse reagito ad un avvenimento del genere -Ne hai ora?- non era facile capire cosa le frullasse per la testa vivendo separati per così tanto tempo, come si sentisse davanti a quelle vicende e, da una parte, era consapevole che quella enorme litigata, per quanto distruttiva, sarebbe stata un ottimo diversivo da tutte le altre questioni. Se la mente di Halley fosse rimasta concentrata sulla madre, avrebbe avuto meno tempo per concentrarsi su tutto il resto che stava avvenendo attorno a lei.
    “L’avevo immaginato ma speravo che fossi qui principalmente per tuo volere” sprofondò sulla panchina, una mano sul cuore a fingere un dolore immaginario nel modo più teatrale che riuscisse a recitare -Ehi! Ho detto anche da parte sua!- quasi offeso da quanta poca fiducia avesse in lui. Era vero, Seira voleva che Jason si accertasse della situazione della figlia, ma la questione era anche di suo interesse. Il suo lavoro lo aveva sempre tenuto lontano da casa per periodi anche lunghi, e la cosa era un dolo per lui quanto per la sua famiglia. Quel poco tempo di cui disponeva per rimanere a casa lo aveva sempre utilizzato per stare loro vicino, sarebbe sempre corso da Halley al termine di ogni missione per poter parlare con lei o anche solo vederla per pochi minuti -Non posso prometterti che non si farà male nessun altro, non si sa ancora chi ci sia dietro né quali siano i loro obiettivi- si sporse in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia e fissando il pavimento attorno ai suoi piedi. Le spalle curve, i capelli spettinati che coprivano parte del suo viso -Faremo del nostro meglio per evitare che accada di nuovo- puntò lo sguardo sul volto della ragazza, il desiderio di vederla di nuovo sorridente era un incentivo sufficiente per farlo collaborare con gli Auror in qualunque modo fosse stato utile. Sospirò di nuovo, aveva perso il conto di quanti ne aveva fatti da quando era tornato a casa, voltando poi il busto verso la ragazza preoccupata al suo fianco. La domanda della Grifondoro cadde nel vuoto, Jason ne studiò i lineamenti alla ricerca delle parole giuste da utilizzare -Si- lapidario, sincero. Seira lo aveva messo al corrente della visione avuta dalla ragazza e, doveva ammettere, la cosa non lo aveva sorpreso più di tanto -Deve essere stato orribile da vedere, penso impazzirei se vedessi una cosa del genere su te o tua madre- ancora sincerità. Non era un potere che aveva mai invidiato, per ogni cosa bella ce ne sarebbe stata una orribile da osservare inermi. Poteva essere considerato un dono quanto un supplizio, e sapeva bene da che lato pendesse l'opinione di Halley fino a quel momento ma, ne era sicuro, vi era un terzo modo di vederla: un'opportunità. Niente più, niente meno. L'occasione di cambiare le sorti di ciò che vedeva e, in quel caso specifico, sarebbe stato piuttosto utile a lui stesso -Sei preoccupata per me?- l'accenno di un sorriso per cercare di stemperare la tensione, sapendo bene che sarebbe servito molto più di quello -Succederà, prima o poi. Voglio dire guardami- si indicò mantenendo il sorriso di poco prima -Sono ancora un bocconcino, chiunque vorrebbe avermi- eppure non mentiva. La morte era una naturale conseguenza della vita, e sarebbe successo davvero prima o poi. Vederlo, di sicuro, non era stato piacevole per lei, ma era una conseguenza che Jason aveva messo in conto il giorno in cui aveva scelto che cosa volesse fare nella sua vita. Tanti colleghi avevano fatto quella fine, e molti altri avrebbero subito la stessa sorte, la speranza era solo che questo potesse avvenire il più tardi possibile -Non sono un esperto, so solo quello che tua madre mi ha spiegato in tutti questi anni ma, Halley, solo perché lo hai visto non vuol dire che succederà- le poggiò una mano su quella testolina dura come il cemento che si ritrovava -Le tue visioni possono aiutare ad impedire che quello che vedi accada davvero- avrebbero aiutato lui a stare più attento e, a malincuore, gli aveva fatto buttare la maglietta che indossava in quella sua visione. Così, per stare più tranquillo. -Ti sei più esercitata? Mamma dice che è più facile con le persone a cui sei legata- se avesse voluto vere e proprie lezioni sulla divinazione era da lei che sarebbe dovuta andare, Jason avrebbe potuto aiutarla molto poco ma, se non altro, poteva aiutarla ad accettarlo.

     
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3 replies since 23/3/2024, 02:25   164 views
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