Nessun incantesimo mi era riuscito particolarmente alla grande, purtroppo; al meglio avevo mandato una coppia di pesci non perfetti e per nulla feroci contro la Anderson che, tuttavia, venne un po’ mordicchiata anche lei, e quello mi bastò. Il risultato della fenice, invece, vista la mia particolare vicinanza col fuoco, era quello che mi aveva deluso di più: era uscita una sorta di fenice, sì, ma per nulla grande e maestosa come me l’ero immaginata…
come quella della grifondoro che neppure faceva parte della nostra classe, insomma. La Lloyd che, al contrario mio, non doveva essersi impegnata granché per l’opportunità di recupero in inverno, ed era rimasta così agli anni inferiori…
sbeffeggiandoci palesemente, facendoci passare come
idioti, perché nonostante ciò aveva fatto meglio di ognuno di noi. Era bona, eh, ma in quel momento mi stava decisamente sul culo.
“E tu come mai scendi nei bassi fondi?” ghignai divertito, increspando una guancia e mostrando una simpatica fossetta.
– Studi antropologici – ironizzai a mia volta, non certo comunque di quale sarebbe dovuta essere la mia reale risposta.
– Sì… lo dicono tutti. Ma il cappello non sbaglia mai. – la osservai con fare curioso: quella ragazza sembrava un mistero.
Quando la professoressa ci richiamò, mi alzai dai piedi dell’albero, ritrovandomi decisamente troppe formiche addosso, che provai a scacciare in mano modo dai pantaloni e dai polpacci a colpi di pesanti sberle, prima di prestare una mano in aiuto della tassorosso per alzarsi; dopotutto ero un signore, no?
Beh, a volte. Diciamo che ero stato educato così, ma non sempre mi andava di avvalermi di quel lato di me, che avrebbe dovuto farmi apparire come vagamente aristocratico. Nelle situazioni formali, certo, non potevo che fare altrimenti, ma per quanto riguardava il resto del tempo… non era forse troppo noioso? E soprattutto
immeritato, dall’altra parte. Non era mica un diritto della gente essere trattata da me in modo signorile, no? Dovevi quantomeno ispirarmi tale istinto. La Turner, beh, non mi ispirava certo nulla di fine… anzi; non doveva far parte di un ceto molto alto, o comunque era ben lontana dal sembrarlo. Ma infondo…
quelle povere tassine non andavano protette dal mondo, troppo cattivo per loro, sempre e comunque? Mi facevano tenerezza. Circa.
Le ragazze. I ragazzi solo pena. Comunque sia, non accettò la mia mano, che ritirai lentamente per infilarmela in tasca con fare scocciato, prendendo a raggiungere gli altri.
Una prova, eh? E che cazzo! Quel bel culo avrebbe dovuto dircelo. Maledetta. Ci aveva colti tutti nel sacco:
non avremmo avuto affatto modo di ritrarci a tale evento. Non restava che farsene una ragione, e limitarsi a sbuffare mentre mi posizionavo quel dannato zainetto in spalla. Sollevai un sopracciglio decisamente poco convinto quando la Vane che informò del fatto che fosse stata proprio la Lloyd a preparare le suddette pozioni: avrebbero funzionato? O ci avrebbero come minimo fatto spuntare otto braccia e un pene al posto del naso? Dentro di me, mi dissi che avrei fatto di tutto per cercare di non ingerirne neppure una: gli altri membri della mia squadra potevano fare un po’ quel che volevano…
Una mano strinse la mia: abbassai lo sguardo solo per un istante, sul palmo pallido che si unì al mio, per farlo risalire sulla proprietaria: la Métis.
Merlino, ma che avevo fatto di male? – Non ti faccio un bel cazzo, Métis. – sibilai sprezzante;
ma che cosa voleva da me? Problemi suoi! Quella donna doveva spararsi delle siringhe di camomilla in vena, altroché incantesimi… e poi quella tipologia non faceva proprio per me; non che l’avrei comunque aiutata, intendiamoci. Doveva darsi una svegliata a smettere di crogiolarsi su strane pozioni e incantesimi per inseguire una pace che comunque io trovavo
inesistente.
Chi mai era in pace? Il pappone delle puttane che giravano al Wonderland, forse…Tirai via la mia mano dalla sua in maniera netta e brusca, per poi stringerle forte il polso, premendo i larghi polpastrelli contro la sua carne e lasciandovi, probabilmente, dei segni basati sulla mancata circolazione che avrebbe visto di lì a un po’; serviva pur sempre un qualche contatto. Allo stesso modo, strizzai la mano sinistra contro la carne del fianco opposto della Wheeler, avvolgendole un braccio attorno, in attesa che ognuna afferrasse le altre e la professoressa ci desse il via per…sì:
far ballare nuovamente un po’ le nostre budella, perché evidentemente per lei non era mai abbastanza. «Per favore» la ignorai totalmente invece, quella volta, proprio nell’istante nel quale venimmo tutti risucchiati per sparire da quella sorta di piccola spiaggia per ritrovarci in…
– Una… casa di legno? – sollevai un sopracciglio sorpreso, guardandomi attorno incerto e spaesato, interessato soprattutto a sporgermi dalla larga finestra dissestata, senza vetri né tende di alcun tipo, solo per notare che…
– Siamo… decisamente in alto. Complimenti per l’arredatore, davvero. Sarà forse opera di “Jimmy Muffetta”, rinomato interior designer dei troll… – dissi notando della strana muffa che pareva risalire a sprazzi le pareti. Ma forse… no, non era
propriamente muffa…
– Hey, io ho le suole… calde. Che cazzo è questa roba? – alzai uno anfibio nel tentativo di allungarne un occhio al di sotto per constatarne lo stato,
– Merlino schifoso… me le sta mangiucchiando! – imprecai a catena contro probabilmente ogni mago noto presenza sul libro di
Storia della Magia del nostro anno, prima che degli strani versetti acuti arrivassero alle mie orecchie.
– Ma che… diavolo sono? – mi avvicinai verso una sorta di nido di fortuna fatto principalmente di rametti secchi intrecciati con…
merda? Fango? Impossibile dirlo.
– “Bellissimi”? Insomma… – mi chinai sui talloni, gli avambracci posizionati sulle cosce, mentre piegavo leggermente la testa di lato, le braccia corrucciata nel rimirare quelle strane creaturine,
– … non è proprio la parola che userei. Sono piuttosto rinsecchiti e… pelati e… cazzo sono proprio orribili… AHIO! – ritirai un dito di scatto dopo che, nel tentativo di farlo svolazzare fastidiosamente sopra la testa di uno di loro, quello decise di morderlo con forza decisamente inaspettata. Agitai la mano dolorante e poi mi ficcai il dito in bocca per succhiare il sangue che stava ora gocciolando dal polpastrello.
– Bestie di mer… DAAAH! – spalancai gli occhi quando una versione decisamente extra large di quei mostriciattoli - più colorata, in salute e abbastanza temibile - faceva la sua apparizione facendoci diventare praticamente tutti biondi quanto la Métis a causa del suo urlo isterico.
– Che cazzo di problemi hanno le femmine di ogni fottutissima razza?!! INCARCERAMUS! INCARCERAMUS! – puntai la bacchetta contro la l’enorme bestia nel tentativo di farla bloccare sul posto da una serie di giri di corda invisibili che, almeno per un po’, l’avrebbero bloccata.
Forse.
– Andiamo, andiamo, ANDIAMO! – spinsi fuori la Duval e la Shiny con i palmi puntati sulla loro schiena, con tanta forza e rapidità da rischiare di farle inciampare entrambe sui loro stessi piedi. A giudicare dal taglio sul dito, un morso della madre non era nulla che avrei mai ambito a provare.
– Questo fuoco ci sta pigliando per il culo. – digrignai i denti sbuffando, nel vedere lo spazio vuoto davanti a noi.
– E STAI ZITTA, MERLIN BUCCHIN! – presi un anfibio e lo lanciai contro la creatura, seguito anche dal secondo, colpendola prima sul muso e poi in testa; tanto quella roba verdastra stava per bucarmi anche la pianta del piede.
Costavano decisamente troppe, quelle scarpe. E ora non mi sarei potuto permettere di ricomprarle. Impossibile contare il numero di impropri dedicati alla professoressa di Incantesimi anche solo in quel primo quarto d’ora.
«Se non ve la sentite di fare questo salto nel vuoto chi passa dall'altra parte puo far fluttuare a mezzaria chi non ci riesce per superare il burrone, però non so quanto possa essere sicuro» ma quanto blaterava la Métis? La mia semplice risposta fu onesta e silenziosa: la spinsi, facendo in modo che si aggrappasse per puro spirito di sopravvivenza alla liana,
– Datti una mossa, bionda, o ti faccio cadere di sotto – incrociai le braccia in attesa che facesse i suoi fottuti comodi nel recarsi dalla parte opposta in tutta tranquillità, prima di attirare nuovamente a me la corda e prendere di peso la Wheeler - praticamente dal culo - per farla attaccare anch’essa alla liana a mo di scimmia:
– Falla una dieta, ogni tanto – proposi con fare serio per il solo gusto di infastidirla.
– Ora tocca a te? – sollevai un sopracciglio facendo passare come uno scanner lo sguardo sull’unica mia concasata presente, la Shiny, nel constatare che, purtroppo, la gonna le si fosse già bella che asciugata. Solo quando rimasi l’ultimo, comunque, ci riflettei.
– Repsi Genitum…Repsi Genitum…Repsi Genitum… – ripetei varie volte, la bacchetta puntata da principio sul bordo di terra che dava sul vuoto di fronte ai miei piedi, nel tentativo di andare a ricreare una sorta di piccolo ponte formato da piante rampicanti da lì all’inizio del ponte. Non ci riuscii perfettamente, ma utilizzai la liana per tenermi semplicemente in equilibrio mentre comunque prendevo a camminare abbastanza tranquillamente da una parte ad un’altra.
– Che pippe – pronunciai denigratorio, ma con il giusto tocco di ironia compiaciuta, mentre iniziavamo a percorrere un ponte sospeso dopo l’altro, del tutto ignaro di dove ci stessimo dirigendo. Il tutto andò comunque avanti per un po’ di tempo; a un certo punto mi trovai ad affiancare Kaeris, alla quale feci rendere conto della mia presenza imminente alle sue spalle con un sonoro schiaffo sulla chiappa più prossima.
– Ops, scusami, è diventato un vizio. – pronunciai con aria molto falsamente dispiaciuta,
– Com’è che ci troviamo sempre in squadra insieme, noi, eh? Dillo che lo hai chiesto esplicitamente alla Vane perché ormai siamo “collaudati” e infondo non puoi fare a meno di me – le lanciai un’occhiata di maliziosa intesa.
– Wheeler, per caso ci vivono i tuoi parenti qui? – alzai lo sguardo nel notare per la prima volta una serie di minuscole e pittoresche casupole poco più in alto di noi, sparse un po’ ovunque.
– Potevi avvertirmi che abitassero qui. Ora mi toccherà conoscerli. Di già. Che ansia… potevamo aspettare almeno il secondo bacio. – lanciai un’occhiata in tralice verso Skylee, che comunque feci per ignorare per tutto il tempo. Speravo che quell’ultimo commento la infastidisse in maniera particolare.
– Dici che dovrei fargli una bella piantina carnivora da portargli? Un bel gesto… sarà utile sicuramente per gli insetti… – finii appena di dire, che mi sentii colpire il retro del collo da qualcosa di pesante e ruvido, e mi graffiò.
– Ma che cazzo… ?! – Mi portai giusto una mano sul punto dolente, prima che la mia nuca venisse colpita nuovamente, e nel voltarmi quasi l’occhio, nel rendermi appena conto dell’inizio di una scarica feroce di legnetti, ramoscelli, pietre, piccoli frutti e cose non meglio identificabili che sembrarono piombarci addosso da tutte le direzioni. Strinsi gli occhi per adocchiare in lontananza quelli che sembrarono un branco di piccoli uomini in miniatura.
– Leprecauni? – constatai fra me e me, trovandolo inaspettato. In effetti quello era un habitat coerente.
– Protego! – mentre la Métis si scagliava contro quelle creature, la mia premura maggiore era quella di evitare di essere colpito al volto; il mio fisico era già stato abbastanza martoriato durante quell’anno - che sembrava iniziato da ormai almeno il doppio del tempo - ma il mio viso,
almeno quello, volevo che rimanesse il più possibile invariato per molto, molto tempo ancora. Avrei lasciato che fossero le donzelle a fare il lavoro sporco. Perché no? Il mio comodissimo piano andò a farsi benedire, però, quando
qualcosa andò a tirarmi i capelli, e mi trovai ad afferrare nientemeno che un Doxy che strinsi nel pugno, osservandolo da vicino. Quello mi fece una pernacchia, prima di provare a mordermi, ma in risposta a quell’ultimo strinsi il suo piccolo e gracile corpo talmente forte da spezzargli le alucce e stritolarlo fino alla morte o… un semplice svenimento? Boh, in ogni caso, non credevo che lasciarlo cadere da chissà quanti metri di altezza gli avrebbe fatto bene.
Ops. Quelli, però, erano arrivati come uno sciame fastidiosissimo, e
– Pressure! – fu solo uno degli incantesimi che decisi, di totale impulso, di scagliare contro di loro, spingendoli a fare meno faticosamente la fine del primo; tuttavia, mi ero già rotto abbondantemente le scatole quando iniziai a usare un
– Recido – contro gli ultimi arrivati, privandoli di arti casuali in maniera molto poco diplomatica.
– Aspettate… che cazzo è quel coso, adesso? – indicai qualcosa che stava sorvolando le nostre teste, e solo dopo qualche istante lo riconobbi: era un
Tuono Alato. Quella vista maestosa, però, durò poco, perché tutto attorno a noi prese a sbatacchiare in preda a un vento di bufera e una pioggia impietosa, data da un temporale improvviso e decisamente
fuori luogo. Tutto ciò che potei fare, in quei lunghissimi momenti di confusione, fu aggrapparmi saldamente alle corde di quel ponte che, comunque, aveva preso ad ondeggiare violentemente a destra e a sinistra senza sosta.
Proprio quando desiderai fortemente che si fermasse, quello parve farlo, e tutto tornò lentamente come prima: niente più vento, pioggia e lampi, ma un fastidioso sciame di esseri minuscoli, che cercai di scacciare con una mano come meglio potei, ci venne addosso, e subito dopo la Métis parve imitarli, perché mi diede una culata talmente potente da farmi scivolare all’indietro e
farmi rompere un’asse… dentro la quale caddi prima con un piede, e poi con l’altro. Guardai cadere l’asse sotto di me, talmente in basso da non sentire alcun tonfo.
Sarebbe stata quella la mia fine?In alto, lo sguardo bicolore di Skylee mi assicurava che per nulla al mondo avrebbe lasciato le mie braccia, nelle quali conficcò brutalmente le sue unghia.
«Non. Azzardarti. A. Mollarmi. Capito?» distolsi lo sguardo:
essere aiutato proprio da lei? Mi dava al cazzo. E poi che figura ci stavo facendo? Del rammollito. Intanto, però, la bacchetta mi era caduta di sotto, e avevo ben poco da fare.
– Se ti tiro a mia volta ti porto giù con me, piccola deficiente! – le feci notare non tanto per salvaguardarla quanto per l’ovvietà del fatto che non avrebbe portato davvero a nulla. La pozione sarebbe effettivamente potuta essere una buona opzione, ma non ebbi neanche modo di rendermi conto se qualcuno avesse fatto in tempo a berla o meno; probabilmente no, perché d’un tratto mi sentii precipitare…
e la Métis appresso a me. Un verso di dolore mi fuoriuscii dalla bocca non appena la bionda mi cadde giusto addosso ai “gioielli di famiglia”.
– Merlin bucchin…!!!!… – mi piegai di lato portandomi entrambe le mani sulle parti basse; con un volo del genere, la botta era stata davvero potente.
– Si può sapere perché cazzo…?!!… – mi voltai verso la corvonero, senza più riconoscerla.
– Che… che stavo dicendo…?? – corrugai la fronte e buttai la testa all’indietro osservando il cielo e poi tutto attorno a me, fino a fare cadere l’occhio su degli strani rampicanti che, nel semi buio, abbracciavano le mie gambe.
– Qualcuno sa che cosa diavolo è questa cosa schifosa che si muove sotto di noi…?! E magari cosa ci facciamo qui… ah, c'e la mia ragazza – rivolsi uno sguardo nuovo alla Wheeler, uno che certamente non le avevo mai lanciato, mosso da una consapevolezza del tutto irreale, ricordando solamente un nostro bacio e, da quello, deducendo fosse la mia amante. Cercai di allungare una mano verso di lei ma, nel muovere le gambe, quelle vennero strette ulteriormente da quella specie di pianta che finì per affossarle talmente tanto da non poterle più muovere.
– Oh no… oh no… moriremo. Moriremo tutti. – allungai una mano sul seno della grifondoro, alla mia destra, stringendole il sinistro nel palmo.
– Almeno morirò toccando delle belle tette. Mi hai almeno amato, Wheeler, o ti interessavano solo il cazzo e i soldi? – le rivolsi un’occhiata profondamente drammatica, sicuro di essere giunto al capolinea, mentre il mio corpo veniva trascinato sempre più in basso.
Harry Barnes, V anno, Serpeverde.
Citati all'inizio Hestia e Kynthia.
Interagito con Ollie all’inizio del post, e successivamente col resto della squadra, un po’ alla volta. Non acconsente nel fare l’incantesimo richiesto a Sky. Un piccolo Occamy lo morde, facendogli uscire sangue dal dito; successivamente lancia un paio d’incarceratum sulla mamma Occamy e spinge violentemente Kaeris e Rey verso l’uscita. Prima di seguire il fuoco fatuo, zittisce la bestia lanciandogli entrambi gli anfibi - ormai in condizioni pessime - contro, e rimanendo dunque con le calze nere. Spinse Sky contro la liana e poi si offre di farlo anche con Rey; in ogni caso, aspetterà che siano tutte passate dall’altra parte - in un modo o nell’altro che narrerete voi - prima di creare una specie di ponte di piante rampicanti per spostarsi più agilmente. Non poteva farlo prima? Assolutamente no.
Continua a interagire e poi reagisce a Leprecauni e Doxy, ai quali fa fare davvero una brutta fine (scusate animalisti per questo post ignobile). Dopo il tuono alato perde la bacchetta, lui cade e appresso a lui Skylee che gli cade molto dolorosamente sui gioiellini. Contemporaneamente i Velenotteri hanno fatto il loro dovere e lui non si ricorda più una beata… ma crede che Halley sia la sua amante/fidanzata, e adesso fa pure il drammatico convintissimo di morire, con il tranello che lo stritola per risucchiarselo più a fondo.