The lion and the gazelleSkylee – fuori dall'aula di Divinazione

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    173
    Location
    Richmond Upon Thames, London, UK

    Status
    i'm sleeping

    Harry Barnes

    casa
    18 anni - V anno
    *possibile violenza, linguaggio volgare o offensivo


    C’erano così tante cose al mondo che non sopportavo: i gatti, i bambini, i vecchi, i grifondoro del cazzo che si ostinano sempre nel voler dare aria a quel buco di culo che era la loro bocca… la lista avrebbe presentato innumerevoli voci, pressoché infinite, considerando che ogni giorno veniva ampliata con dedizione. Da un paio di mesi, poi, il tutto era peggiorato a dismisura, rendendomi irascibile e manesco come mai prima d’ora… forse. Beh, diciamo che prima avrei almeno cercato di nasconderlo, di non dare troppo nell’occhio; ma, ora come ora, non me ne fregava un fico secco di trattenere i miei istinti, né di prenderne eventuali conseguenze: se mi avessero cacciato da scuola, in quel momento, avrei accettato tale destino senza battere ciglio, essendone per giunta contento. Per quell’anno ne avevo già le scatole piene: stava valendo per dieci. Il castello, per me, togliendo le lezioni, era sempre stato un luogo di divertimento: una specie di parco giochi in cui poter far casino più o meno liberamente, circondato da gente della mia età; studiare da casa era stato terribile proprio per quello: tutti gli altri maghi, durante l’anno, frequentavano le loro scuole, e io ero solo come un cane; cercavo di svagarmi in giro per Londra, compiendo malefatte per puro piacere, usando la magia da quando ero diventato maggiorenne e la traccia era finalmente scomparsa, ma non era abbastanza. La mancanza di quel pezzo di vita si faceva sentire eccessivamente, era un richiamo costante; così, non appena ne ho avuto l’opportunità, non ci ho pensato due volte a tornare in Scozia, dopo che le acque si fossero calmate. Già mi ci vedevo: a capo della squadra di quidditch di Serpeverde, futuro Caposcuola, adorato dai professori, temuto dai primini e circondato da belle e giovani ragazzine in gonnella. Quanto cazzo erano sexy certune. Tutto bello, insomma, finché non avevo fatto conti con il San Valentino più tragico e demoralizzante della mia vita… cioè l’unico, e speravo vivamente che sarebbe rimasto tale, perché a distanza di due mesi stavo ancora cercando di riprendermi, e non avrei retto proprio a un round two. Non senza lasciare morti al passaggio di sicuro. Ne avevo immaginate di ogni: staccare orecchie a morsi, trovare un incantesimo che spezzasse tutti e quattro gli arti in maniera netta e lancinante, qualcosa che li facesse morire dissanguati dagli occhi, come un lento pianto mortale… mi divertivo a pensarci, per me era uno sfogo, ma se solo avessi davvero potuto… sarebbe rimasto soltanto un sogno, o un incubo, ad occhi aperti? Conoscevo la risposta, e sapevo di dover aver paura di me stesso, che forse avrei avuto bisogno di aiuto per contenere quei pensieri crescenti, ma infondo mi dissi che il periodo non era dei migliori, e magari sarebbe passato una volta che sarebbe stato tutto finito.
    Avevo tentato di prendere quella lezione più alla leggera, ma la libertà che si erano presi ormai tutti nei miei confronti mi faceva strofinare le budella una contro l’altra: tutti – Hestia, Marshall, Aaron – si meritavano di soffrire fisicamente per i loro continui oltraggi. Certo, ero io ad aizzarli per primo, ma cambiava forse qualcosa? Sarebbero tornati ad essere tutti i miei giocattolini, che lo volessero oppure no; potevano provare a sfogarsi a parole, glielo concedevo, dopo quel periodo di merda era una cosa che arrivavo a comprendere, ma tentare la fortuna a seconda del mio umore del momento o, più precisamente, del livello in cui era posizionata la mia asticella di sopportazione ai trigger, era sciocco quanto tentare di farsi predire il futuro dal proprio compagno a Divinazione.
    Non ero l’unico, però, ad essere di ira facile quel giorno: quando la Métis sbraitò alla professoressa, rimasi a bocca aperta: un comportamento assurdo e disdicevole da parte della Caposcuola perfettina. E inutile fu scusarsi: la Lovecraft pareva tiepida nei modi, ma sapeva il fatto suo, e l’aveva richiamata nel suo ufficio dopo la lezione. Quella, pensai, era un’opportunità perfetta per braccarla, e farmi dire, una volta per tutta, che cazzo di problemi avesse: doveva essere passato ormai poco più di un mese da quando aveva smesso totalmente di parlarmi dopo quella serata in Africa, e qui ritorniamo al primissimo punto della questione: c’erano davvero troppe cose che detestassi al mondo, ma al primo posto c’era senza dubbio l’essere ignorato. Preferivo, infatti, essere preso a spintoni, o a male parole, ma tutto, tutto era più sopportabile di quello, soprattutto dopo i nostri discorsi di quella sera. La ragazza mi evitava come la peste, manco fossi l’uomo nero, e trattenerla al mio cospetto per più di quindici secondi stava risultando impossibile. Non si fa mica così, bionda. Potevo aver sbagliato quella sera – anche se ne dubitavo altamente –, ma non era accaduto nulla di così grave da trattarmi, praticamente, come un mostro. Non poteva ritenersi molestata… non quella sera, dov’era stata lei per prima ad infilarsi nella mia tenda, lei per prima a guardarmi con quegli occhi…

    Stavo seduto per terra, spalle al muro, davanti alla porta dell’aula di divinazione, ai pressi della scala a chiocciola, con la stessa aria di uno che attende impazientemente i risultati di un importante test. Con le gambe piegate verso il petto, picchiettavo ritmicamente un tallone per terra, ormai stufo di aspettare che quella porta si aprisse. Doveva essere dentro da almeno mezzo’ora, porco cane. E allora basta, sai che c’è? Mi ero rotto i coglioni: io me ne vado.
    E feci davvero per farlo: mi alzai da terra ma, prima ancora di poggiare il tallone sul primo scalino, sentii quella maledetta porta aprirsi e mi voltai di scatto.
    In quel momento mi resi conto di una cosa: non avevo pensato a come approcciarla. A un modo che risultasse efficace per non farla scappare, come una gazzella di fronte a un leone: e dovevo avere proprio la stessa aria, quando feci praticamente per braccarla, impedendole di intraprendere la scalinata.
    Mi spostai prima a destra e poi a sinistra, come un portiere che cerca di evitare un goal; poi aprii le braccia, un po’ per occupare bruscamente l’intera larghezza dei gradini, e un po’ per sfinimento: – Vuoi smetterla di scappare? Merlino santo. – il mio approccio fu, allora, di totale sincerità, senza inutili giri di parole. Smettila di scappare da me. – le lanciai uno sguardo serio, a una spanna da lei, a dimostrazione che avevo capito quale gioco stesse facendo, e che non avevo la minima intenzione di farlo continuare. – Dammi almeno una spiegazione. – soffiai stancamente. Ho tutto il giorno, Métis: col cazzo che ti muovi di qua.


     
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode

    Skylee Metis

    CnonHm
    La lezione era andata uno schifo e ancora di più lo aveva fatto la mia giornata, anzi no, che dico, gli ultimi mesi. Non c'era una sola e singola parte della mia vita che stesse andando nel verso giusto e forse l'unica nota positiva, seppur piccola a confronto con i mille problemi che mi trascinavo dietro, facendola addirittura sfigurare, era stata la scoperta di un qualcosa di molto importante per me. Finalmente sapevo chi ero, cos ero in grado di fare e ciò dal quale mi dovevo tenere alla larga e una di quelle cose era proprio il fuoco, aka il mio fedele compagno per quel pomeriggio di lezione. Era stato faticoso conciliare il mio pessimo umore dell'ultimo periodo al dovermi impegnare affinché i miei voti non precipitassero sotto terra, con la maggior parte delle materie ero riuscita a mantenere un eccellente media vivendo più di rendita che di reale impegno messo in quei mesi, ma per altre, tipo Divinazione, la questione diventava più complicata e se sulla teoria potevo cavarmela, sulla pratica facevo veramente pietà, ancora non avevo idea di cosa avrei dovuto leggere realmente fra le fiamme di Hestia e forse era stato crudele da parte mia augurarle disgrazie, ma ecco... quelle non mancavano mai durante le lezioni della professoressa Lovecraft e quindi erano forse quanto di più probabile sarebbe potuto uscire da una vera lettura di una fiamma, per quanto vera potesse ritenersi una cagata del genere. Stando alla predizione fatta sulle mie fiamme qualcosa di molto positivo mi sarebbe dovuto accadere nel mio prossimo futuro, ma diffidavo molto di quella profezia e difatti, come a voler sostenere maggiormente le mie congetture in merito a tale argomento, l'incontro con la docente dopo la lezione si era rivelato dannatamente impegnativo e dubitavo ne fosse uscito davvero qualcosa di buono. Come se tutta quella fortuna non si fosse potuta dire abbastanza per una vita intera quando finalmente uscii da quell'aula mi ritrovai davanti l'unica persona che per più di un mese avevo tentato di evitare alla bell e meglio. Harry, che con i suoi occhi scuri mi stava inchiodando sul posto come avrebbe fatto un predatore qualsiasi dinnanzi alla sua preda. Ero stata così brava a stargli lontano, a ridurre i nostri incontri al minimo e a incentrarli per lo più solo sulle questioni inevitabili quali brevi sessioni di studio per assicurarmi che non smettesse di lavorare su quanto duramente ottenuto nel semestre precedente e veloci incontri riguardanti questioni scolastiche, fine. Per tutto il resto ero stata al pari di un ombra, un qualcosa di sfuggente impossibile da trattenere per più di una manciata di minuti per volta. Quando lo vedevo per i corridoi mi ricordavo improvvisamente di dover tornare indietro a prendere chissà quale cosa da chissà quale posto, o quando a lezione lo vedevo seduto da solo mi fiondavo immediatamente verso il primo altro posto libero per evitare di dovergli stare vicino e altri escamotage così che a dirla tutta avevano funzionato splendidamente. Eppure nemmeno ciò era bastato a farmi sentire meglio e meno colpevole per quanto non era mai accaduto, ma che senza troppa fatica sarebbe potuto tranquillamente accadere. Era sbagliato, scorretto e disonesto ed io non volevo essere nulla di tutto ciò nei confronti di Axel, nemmeno ora che dopo più di un mese attendevo sue notizie senza avere la bencheminima idea su dove si trovasse. Mi pareva di star rivivendo ciò che era accaduto con le mie migliori amiche che per lungo tempo avevo ritenuto al pari di una sorella, ma che ora non erano altro che lontani fantasmi. Ora come allora ero impotente, impossibilitata a seguire le loro tracce per rintracciarle, impossibilitata a contattarle in qualsivoglia maniera con la certezza di ottenere una risposta. Avevo provato di tutto, origami incantati, gufi, incantesimi difficili e complicati che chiaramente non ero stata in grado di castare e persino metodi babbani nel tentativo di ricevere la risposta ad una chiamata o ad un messaggio, ma nulla, nulla aveva funzionato e il tentativo più fallimentare di tutti era stato quello di inviargli un patronus, tale mezzo di comunicazione sarebbe giunto per forza a destinazione, pur non sapendo dove si trovava lui, ma ogni tentativo di castarlo si era rivelato inutile. Non avevo né la testa né la concentrazione necessaria a ripescare un ricordo abbastanza felice a far sì che la magia funzionasse, come al solito tendevo a concentrarmi solo su quanto di più negativo c'era attorno a me rendendo vano ogni ricordo o sensazione allegra e ciò mi era sempre costato la riuscita di tale incantesimo. Ero un essere umano pure io e come tutti gli esseri umani non ero perfetta e forse il mio più grande difetto era proprio quello di essere tendenzialmente negativa nell'affrontare gli avvenimenti che la vita mi poneva davanti, le sfide, i problemi e quanto di più disparato poteva esserci. Ero negativa, negativa e pessimista, non vedevo mai gli aspetti positivi di quanto mi accadeva o comunque finivo sempre per concentrare la mia attenzione su quelli sfavorevoli e così continuavo giorno dopo giorno a farmi divorare dall'oscurità che mi avvolgeva, incapace e sfiduciosa di vedere la luce. Ecco cos'era ciò di cui avevo bisogno. Luce. Pura e serena luce in grado di tendermi la mano per aiutarmi ad uscire dal mio vortice opprimente, ma ahimè erano rare le volte in cui riuscivo ad assaporare tale sensazione e la mia maggior fonte di luce era al momento dispersa chissà dove, nemmeno sapevo se era ancora vivo o cosciente, non sapevo nulla e quell'incertezza mi scioglieva dall'interno come acido sulla pelle nuda. «Non sto scappando da te...» Affermai vedendomi bene dal prolungare quel contatto visivo tanto insostenibile. Tentai poi di sfuggire da quella barriera fatta di carne e ossa spostando il peso prima su un piede e poi sull'altro per tentare di trovare una via di fuga, ma Harry era irremovibile e ostinato a bloccarmi su quella stessa porta. «Che palle, ti ho detto che non ti sto ignorando, ora vattene!» Sbottai spazientita calpestandogli un piede per obbligarlo a spostarsi almeno di poco da quella perfetta posizione che fungeva da gabbia umana. «Non è una bella giornata, tutto qui, chiunque ha brutte giornate ed io vorrei solo poterne passare una senza che chiunque mi stia col fiato sul collo» Ammisi percorrendo a grandi falcate il corridoio davanti a me per imboccare la via delle scale e dirigermi verso la meta dentro la quale mi ero prefissata di rintanarmi per estraniarmi totalmente dal mondo esterno. «Voglio solo farmi un luungo e rilassante bagno, pensi sia possibile?» Gli domandai voltando il capo verso la sua direzione all'udire dei suoi passi dietro di me. Ero piena, piena ed esausta, volevo sprofondare nel caldo abbraccio della mia fedele amica acqua e non volevo parlare con nessuno. Volevo evitare il mondo intero, volevo chiudermi a riccio per piangere lontano da sguardi indiscreti e volevo pace, volevo silenzio, tutte cose che mi sarebbe stato impossibile ottenere se quel dannato Serpeverde non si fosse levato di torno lasciandomi libero il passaggio fino al bagno dei prefetti. Perché doveva rendermi tutto così difficile? Perché?

    ★ ★ ★
    Caposcuola Corvonero | Mailbox | Pensatoio
     
    .
  3.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    173
    Location
    Richmond Upon Thames, London, UK

    Status
    i'm sleeping

    Harry Barnes

    casa
    18 anni - V anno
    *possibile violenza, linguaggio volgare o offensivo

    Merlino solo sapeva perché mi ero tanto ostinato ad aspettarla dietro a quella fottuta porta di noce. Voleva ignorarmi? Bene, avrei dovuto lasciarla fare. Non era così importante, tutt’altro. Ciò non toglieva comunque che, invece, io mi ritenessi una persona di un’importanza assoluta, e il fatto di venire ignorato se la faceva violentemente a pugni con quello di venire bullizzato da gente la quale utilità nel mondo poteva equipararsi tranquillamente a quella di uno scopino per il cesso senza setole. Non doveva essere un gran piacere neanche ficcarselo in culo.
    Non era neanche il fatto che mi si ignorasse a prescindere, ma chi. Se si trattava di gente che comunque, in un modo o nell’altro, faceva parte della mia vita, mi dava parecchio al cazzo; soprattutto dopo che aveva fatto lei per prima così tanto per spezzare quel lungo silenzio che avevo fatto cadere – non solo tra di noi, ma tra me e il mondo intero – come meccanismo di difesa dal mondo esterno; come minimo, ora si meritava che ricambiassi lo sfinimento che mi aveva causato e che, onestamente, stava continuando a causarmi seppur nel verso opposto. Fatto sta comunque lei si fosse impegnata così tanto che, alla fine, era perfino riuscita a far cadere le mie difese. Almeno per quella dannata serata in Africa. Certo, entrambi alla fine dei conti non eravamo troppo in noi stessi, col senno di poi, ma le cose che ci eravamo detti erano reali, sincere, senza filtri. E il modo in cui ci eravamo guardati, in spiaggia, mi sembrava reale allo stesso modo. Non sapevo come sarebbe andata dal giorno dopo, se solo non si fosse allontanata perentoriamente dal sottoscritto, ma di certo le cose non sarebbero state più allo stesso modo in entrambi i casi. Ora, fra di noi, aleggiava quella sottile essenza di “non detto”, fastidiosa quasi come uno strofinamento di palle su un’orgia di ortiche che, veramente, mi aveva già rotto abbondantemente i coglioni. La cosa che mi dava più fastidio, francamente, era la mancanza di palle (e il fatto che le stia nominando così tanto con trecento sinonimi diversi lascia intendere il grado di irritazione per tale situazione): non vuoi più avere a che fare con me? Perfetto: almeno abbi senso di esistere e buttati in uno straccio di confronto, soprattutto se sembravi star bene fino a due secondi prima. Qui il bipolarismo si sprecava, andava molto oltre, quella era una pazza, ve lo dico io. E allora perché stavo ancora dietro a quella fortuitissima porta? Potevo ancora tornare sui miei passi. Riuscii anche a convincermi abbastanza da alzarmi e decidere finalmente di andarmene, se solo la porta non si fosse aperta a tradimento, proprio nell’istante in cui stavo per intraprendere quella lunga scalinata a chiocciola.
    E allora qualsiasi ultimo proposito che avesse sfiorato la mia mente negli ultimissimi minuti se ne andò completamente, e andai subito a braccarla come un animale selvatico, facendole ben capire che non le avrei dato via di fuga.
    Se non avesse uscito le palle da sola, gliele avrei uscite a forza. So che suona male, ma è solo perché pensate in maniera troppo letterale e siete dei luridi zozzi.
    OrbR6KX
    – Certo, no, scusa, ci manca solo che ti metta ad aggredirmi con lo spray al peperoncino ogni qual volta mi avvicini. Non mi sorprenderei se, a questo punto, tu ne avessi acquistate una ventina di bombolette. – affermai ironico – ma forse non poi troppo – mentre spostavo il peso da un piede all’altro per nulla intenzionato a farla passare da quel punto in cui l’avevo costretta, bloccandole il passaggio.
    Imprecai quando mi pestò un piede riuscendo a crearsi a forza un varco. – Una brutta giornata? Mi sembra più un brutto sempre! alzai le braccia al cielo quando quella mi superò a grandi falcate, rivelandosi ancora una volta meritevole del titolo di “gazzella più veloce dell’anno”.
    “Forse dovresti fartene una ragione, ragazzo. Non è così che si comporta un gentiluomo” un quadro con un presunto gentiluomo obeso costretto a fumare una grossa pipa sfumacchiante per l’eternità fu così gentile da darmi il suo punto di vista, così, con un gran sorriso sbeffeggiante, ricambiai dandogli il mio: – Per me invece dovresti andare a farti fottere, ciccione di merda – sputai senza pensarci due volte sulla tela del quadro, inzuppando di saliva il tipo – a quel punto sconvolto – e cercai di tornare alle calcagna della bionda, che ritrovai solo in fondo alle scale. – Sono lieto di sapere che non sei ancora depressa al punto da non volere più lavarti, ma sono certo che potrai farlo anche dop– E VIENI QUA MANNAGGIA A MORGANA! – alzai la voce quando quella schizzò all’imboccare di un corridoio, diretta chissà dove. Forse alla sua torre? Non doveva assolutamente arrivarci. Era l’unico luogo al quale non avrei mai potuto avere accesso. E quel giorno avevo deciso che si sarebbe messo un punto a quella pagliacciata.
    La raggiunsi soltanto un corridoio dopo, per non rischiare di ruzzolare dalle scale.
    Tarantallegra! l’incantesimo svettò come un serpente luminoso per i metri di corridoio necessari affinché la colpisse in pieno, causando ai suoi arti inferiori un bisogno folle di dimostrare tutto il suo talento da ballerina.
    Mentre era intenta ad inciampare sui suoi stessi piedi, mi parai nuovamente davanti a lei, le braccia incrociate con la bacchetta sguainata: – Bionda, mi hai rotto il cazzo. È venuta l’ora della resa dei conti. Finite incantatem. – la liberai dalla tarantella frenetica solo per far prendere posto a un incantesimo forse un tantino più consono. Jutem. – pronunciai, e un sacco di juta intrappolò il corpo della ragazza; solo il corpo, perché doveva usare quella cazzo di bocca. – Sia chiaro: non ne posso più dei tuoi non-detti del cazzo. Puoi prendere tutte le scuse del mondo, ma purtroppo non sono il cretino che vorresti. Ora mi dirai il tuo fottuto problema e poi potrai anche levarti dai coglioni, per quanto mi riguarda. – le ordinai perentorio, rendendole ben chiaro che non avrei accettato un “no” come risposta. Ne avevo fin sopra i capelli delle sue stronzate.


     
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode

    Skylee Metis

    Tumblr_l_557614374498795
    «Un che?» Gli domandai un po' per distrarlo e un po' per reale curiosità non sapendo bene cosa volesse intendere con spray al peperoncino, o meglio, potevo intuirne in parte la forma sapendo bene cosa volessero dire le due parole separate, ma il perché qualcuno dovesse portarsi con se uno spray al peperoncino mi rimaneva oscuro. Tale curiosità mi fu forse realmente utile però, perché quando il mio piede si mosse per andare a schiacciare il suo, lui non se ne accorse o almeno non abbastanza in fretta da evitarlo e tale frazione di secondo mi bastò per sopraffarlo creandomi così un varco in quella gabbia umana che tanto astutamente era riuscita a intrappolarmi. Dovevo allontanarmi, mettere più distanza possibile fra me e lui, perché sapevo, sapevo che se solo si fosse avvicinato troppo il suo viso tentatore avrebbe rischiato di risvegliare ancora una volta la parte più selvatica di me, quella che ignorando ogni sentimento o buonsenso era desiderosa di appagare i più primordiali istinti che cuore e testa si rifiutavano di accontentare. Dovevo allontanarmi da lui perché sapevo che non avrebbe perso tempo e che le sue labbra si sarebbero presto mosse per pormi domande scomode alle quali non avevo intenzione di rispondere. Sgattaiolai furtiva oltre quel varco che mi ero aperta e a gran passi cominciai a discendere le ripide scalinate della torre di Divinazione per lasciarmi Harry e quel piano alle spalle. «Una brutta giornata? Mi sembra più un brutto sempre!» Lo udii esclamare olrmai piuttosto in lontananza mentre, almeno apparentemente, pareva fossi riuscita a seminarlo. Nemmeno si immaginava quanto vicino al vero si trovasse ciò che probabilmente aveva gridato per puro sfogo personale mentre ancora una volta gli sfuggivo sotto al naso. Il mio "sempre" non era sempre stato così brutto, anzi, un tempo che sembrava essere ormai lontano secoli ero stata felice, amata e serena. Avevo provato cosa volesse dire essere la persona più importante nella vita di qualcuno e pur non potendo vivere la mia vita in totale libertà in mezzo a persone ed altri bambini mio padre non mi aveva fatto mancare nulla nel suo piccolo. Mi aveva insegnato a gioire delle esperienze fatte, ad osservare e amare ciò che la vita poteva offrirci, persino tutte quelle cose che a prima vista potevano sembrarci imperfette o addirittura rotte, mi aveva insegnato ad essere curiosa e a sognare in grande, mi aveva detto che un giorno sarei potuta diventare tutto ciò che volevo, che avrei trovato il lavoro dei miei sogni, il mio principe azzurro, anzi no, il principe era diventato una comune persona al mio pari dopo le proteste che gli avevo brontolato contro sul fatto che mai sarei voluta essere una principessa da salvare e quindi, visto che avrei potuto avere tutto ciò che volevo, il principe era stato brutalmente scartato nalla lista dei sogni, ma forse col tempo ero diventata proprio ciò che ripudiavo tanto. Una di quelle tanto impotenti principesse delle favole che con le loro sole forze non erano in grado di scappare da quell'orrenda strega che le aveva rapite o da quella tanto alta e oscura torre dove erano state fatte prigioniere e il peggio era che tutto ciò accadeva solo nella mia testa. Ci avevo pensato spesso e talvolta ero giunta alla conclusione che col tempo la più acerrima nemica di me stessa ero proprio io. Io che non riuscivo a divincolarmi da quelle soffocanti corde d'obra attorno al mio corpo, attorno alla mia pulsante gola che fremeva dalla voglia di respirare ancora priva di quella maledetta stretta. Io che non sapevo in che direzione muovermi in quella fitta coltre di nebbia. Cos'avrei dovuto fare? Qual'era la scelta giusta da prendere. Agire o attendere. Ribellarsi o chinare il capo sconfitta? Odiavo sentirmi così impreparata e impotente dinnanzi a qualcosa e se l'argomento riguardava la mia vita e non un qualche compito a sorpresa o argomento inaspettato in una conversazione, la situazione si aggravava solamente. Non udii distintamente tutte le parole che Harry mi abbaiava dietro, ma durante la fuga riuscii a cogliere chiaramente almeno una parola. Depressa. Ero depressa? Non lo sapevo. Come si capiva un qualcosa del genere? Dubitavo fossi in grado di darmi una concreta e reale risposta e probabilmente non ero nemmeno per nulla qualificata a deciderlo, ma forse aveva senso, forse era quello il motivo per il quale mi sentivo tanto impossibilitata a reagire in un qualunque dannatissimo modo. Non volevo pensarci. Ancora una volta preferivo accantonare il problema piuttosto che affrontarlo, un po' come facevo sempre nella speranza che i miei fottuti problemi si risolvessero da soli. Corsi quasi quando l'ultima rampa di scale che mi divideva dal piano verso il quale mi ero diretta, finì. Ma non fui abbastanza veloce e prima che potessi raggiungere la porta per nascondermi all'interno del bagno per quel tanto che bastava a far passare ad Harry la voglia di aspettarmi un incantesimo mi colpì alle spalle e me mie gambe cominciarono a piegarsi e ad alzarsi in passi di danza simili a quelli che avevo visto ormai svariati anni prima sulla tv babbana in una trasmissione riguardante costumi e tradizioni del popolo Francese. Feci per allungare la mano verso la coscia alla ricerca della bacchetta, ormai piuttosto esausta e infastidita, ma prima ancora che la stringessi fra le dita l'incantesimo si interruppe per poi mutare in un qualcosa di ancor più fastidioso che mi fece persino scivolare la bacchetta di mano dalla sorpresa. Tentai di saltellare via ancora avvolta da quel tanto stringente sacco di juta, ma la fugà non si potè dire una delle più veloci vista la lentezza controllata dei salti per il timore di pestare involontariamente il mio catalizzatore tanto amato e fidato. La voce di Harry si fece sempre più vicina e man mano che si avvicinava ne potevo udire più chiaramente il volume. Alto. Troppo alto per quell'ora del giorno e per quei corridoi, che seppur poco frequentati, sarebbero presto potuti diventare più popolosi grazie a qualche curioso attirato dai toni del Serpeverde. «Abbassa la voce» Grugnii infastidita scalciando appena quando le forti braccia del ragazzo mi bloccarono ancora una volta alla parete impedendomi la fuga, ma il ragazzo non abbasso affatto i toni e anzi, parve infervorarsi sempre più mentre il suo sguardo scuro e penetrante mi inchiodava maggiormente sul posto. «Abbassa. Quella. Cazzo. Di. Voce.» Abbaiai a mia volta con tono severo, odiavo attirare l'attenzione su di me in modi tanto sgradevoli e ci mancava solo che qualche professore ci sorprendesse per dire definitivamente addio anche all'ultimo briciolo di sopportazione di quella merdosa giornata. «Non mi piace dare spettacolo» Ringhiai guardandomi attorno nervosamente per assicurarmi che ancora nessun curioso ci avesse raggiunto. «Se non ne voglio parlare è un mio diritto farlo!» Mi innervosii maggiormente in un modo che non credevo possibile raggiungere. Odiavo le costrizioni e forse per karma o per ironia della sorte ciò che solo ora capivo potesse dare tanto fastidio stava succedendo a me. Io per prima avevo svariate volte bloccato qualcuno col quale volevo chiarire una qualsivoglia questione, ma ecco, vissuto dall'altra parte non potevo che ammettere che era piuttosto estenuante. «Sta zitto!» Lo pregai non troppo cortesemente di tacere mentre cominciavo a sentirmi quella situazione sempre più stretta. Voltai il capo per interrompere il contatto visivo, ma lui continuò e continuò imperterrito a insistere per ricevere risposte senza abbassare mai il volume della voce che ormai mi rimbombava in testa come un martello pneumatico che rischiava di farmi impazzire. Zitto. Zitto. «Zitto.» E improvvisamente fra noi calò il silenzio. Mi accorsi di aver chiuso gli occhi e aver serrato i pugni così forti da sentire la pressione delle unghie sulla carne del palmo della mano solo quando un rivoletto d'acqua mi bagnò il volto. Voltai istintivamente il capo allarmata riaprendo gli occhi e davanti a me si palesò ancora una volta quel tanto temuto senso di impotenza che provavo ogni qualvolta non avevo la benchè minima idea di cosa fare per rimediare a un qualcosa che non avrei mai voluto causare. «No, no, no» Fiotti d'acqua cristallina fuoriuscivano dalla bocca del serpeverde. Non avevo idea se avesse capito o meno che la causa di quel suo improvviso problemino fossi proprio io, ma immaginavo che intuirlo non sarebbe stato troppo difficoltoso, soprattutto perché in quel corridoio ci trovavamo ancora soltanto noi due.
    tumblr_5f6501b4f1d4515ecfcfca5586ac96f3_991543a2_540
    «Oh cazzo, cazzo, cazzo» Non dovevo farmi prendere dal panico. Non dovevo farmi prendere dal panico. Eppure ero totalmente e irreversibilmente nel panico più totale. Mentre l'acqua continuava a scrosciare fuori da naso e bocca del ragazzo lasciandolo sempre più senza aria nei polmoni, io tentai di liberarmi da quel dannato sacco il più velocemente possibile per poi annullare quei pochi metri che ci dividevano dal bagno dei prefetti per cercare un luogo più calmo e sicuro in cui pensare lucidamente, lontano da orecchie e soprattutto occhi indiscreti. «Puffola Mordace» Pronucniai la parola d'ordine quasi impappinandomi sulle mie stesse parole mentre sorreggevo nervosamente Harry che se pochi istanti prima non mi avava odiato abbastanza ora sicuramente lo avrebbe fatto. «Posso rimediare, posso farcela, stai tranquillo. I-io ce la posso fare...» Dissi più per convincere me stessa che non lui una volta entrati nel bagno che subito si illumino di una pallida luce che sarebbe dovuta essere rilassante, ma che in quel disastro appariva solo che minacciosa. Potevo farcela. Potevo farcela?

    ★ ★ ★
    Caposcuola Corvonero | Mailbox | Pensatoio
     
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    173
    Location
    Richmond Upon Thames, London, UK

    Status
    i'm sleeping

    Harry Barnes

    casa
    18 anni - V anno
    *possibile violenza, linguaggio volgare o offensivo

    Ah, avevo capito dove stesse andando. La stronza era quasi arrivata al bagno dei prefetti, ne ero quasi sicuro: poteva non averne necessità fisiologica, ma di certo ne avrebbe approfittato per tenermi fuori con la loro bella parolina d’ordine da caposcuola e prefettini del cazzo.
    Fortunatamente, riuscii a lanciarle quell’incantesimo ballerino giusto prima che svoltasse l’angolo, costringendola a un movimento di gambe sfrenato sul posto, dandomi tutto il tempo per raggiungerla con lo sguardo più alterato di sempre. – Non abbasso un cazzo, bionda, devi smetterla di giocare alla fuggitiva e avere il fegato di prendere di petto le cose. – ero incazzato come una iena africana adesso, oltre ad essere il leone, e si vedeva. La ragazza rispose richiedendo ancora più silenzio: il risultato? Più insisteva, più io alzavo la voce, perché col cazzo che faccio pure quello che mi chiedi e ti salvo da una bella figura di merda. – A me sì, invece. E farò accorrere l’intera scuola se non ti deciderai a darmi uno straccio di risposta. – ero fermo sulle mie intenzioni: non me ne sarei andato e non l’avrei lasciata in pace fino a quando non mi fossi ritenuto minimamente soddisfatto di ciò che avevo ottenuto.
    – Dentro questo sacco di yuta fai proprio ridere. – la stuzzicai per farla infervorare ancora di più e, magari così, avrebbe ceduto a qualche scoppio di rabbia che le avrebbe fatto dire ciò che pensava davvero. – Al mio cospetto, non esiste la democrazia. – avvicinai il mio volto al suo per scandire bene quelle ultime parole, impassibile, mentre la incenerivo con lo sguardo. Se avevi a che fare con me, era quello il trattamento che subivi. Forse avrebbe dovuto evitare di insistere nel volermi fare aprire come le cosce di una puttana, riuscirci e poi piangerne le conseguenze decidendo improvvisamente di voler diventare un’esperta a “nascondino”. Aveva poco da nascondersi: avrei finito per inchiodarla in ogni caso, prima o poi, proprio come stava accadendo in quel momento. – COSA? VUOI CHE PARLI PIÙ FORTE?? – mi piegai per urlarle nell’orecchio. Ero in grado di diventare il suo incubo peggiore, se solo avesse continuato a lavorare così ardentemente per spingermi ad esserlo. Ero abituato a prendere di mira gli altri per molto meno, ma con lei ci avrei messo particolare impegno. «Sta zitto!» continuò a ribadire quella, decidendo di voltare il capo dall’altra parte, evidentemente incapace di sostenere il mio sguardo. GUARDAMI!…GUARDAMI, HO DETTO. – le strinsi con forza l’interno delle guance per voltarla sgarbatamente nella mia direzione. – Mi. Stai. Stancando. – soffai contro le sue labbra increspate come la bocca di un pesce; ero a tanto così dal cambiare idea e decidere di sfancularla una volta per tutte, perché infondo chi me lo faceva fare? Nessuno. Se non il mio orgoglio del cazzo. Il mio sguardo, però, si spostava dai suoi occhi eterocromatici alle soffici montagnette della sua bocca rosa pallido e, preso dalla rabbia del momento, decisi di infastidirla ulteriormente prendendole il labbro inferiore fra i denti e tirandolo; se avevo messo così rapidamente un freno al buon proposito di non molestarla? Per così poco. In realtà non ero così esperto di molestie, non sapevo bene cosa vi rientrasse o meno… da come si fosse puntato il faro su quel tipo di argomenti così schifosamente femministi, negli ultimi anni, poteva tranquillamente reputarsi una molestia anche il primo sbadiglio che emettevo al mattino. Io davo fastidio, era ciò che mi riusciva meglio, e al momento avevo tutto il rancore di due mesi da rigettare contro il mondo. Non esattamente il periodo migliore per sfidarmi e scatenare violentemente quella parte di me.
    Sapevo che quel gesto l’avrebbe infastidita più di molto altro: sono fidanzata, gne gne gne, non si fanno queste cose, aspetta che ti stritolo i coglioni perché sono una “bad girl” che sa farsi rispettare. Puttanate. Se fosse passato qualcuno in quel momento, non me ne sarebbe fregato un bel niente. A una cosa, però, non avevo pensato…
    che sarei potuto diventare una fontana di Trevi, così, da un momento all’altro.
    – Ma che caz…BWLWLWLle mie parole si arrestarono forzatamente quando un fiotto d’acqua che non mi apparteneva prima sembrò invadermi con violenza la gabbia toracica, spingendo il mio corpo a rigettarlo da ambo le vie respiratorie, lasciandomi ben poco tempo per riprendere fiato tra una scarica d’acqua e l’altra. Che cazzo mi stava succedendo? Chi era stato? Dubitavo la bionda sapesse eseguire incantesimi non-verbali (non ancora, almeno), ma avevo notato soprattutto una cosa fondamentale: l’era caduta bacchetta. Visto ciò, non avrei certamente saputo spiegare il senso di quell’avvenimento così terribile e avverso, ma una cosa era certa: non avrebbe avuto importanza, perché di quel passo ci sarebbe voluto poco per mandarmi al campo santo.
    Sentii imprecare la bionda mentre, con difficoltà, mi aggrappavo al bordo dell’arco di una finestra cercando di mantenere una posizione vagamente eretta, ma le scariche si facevano sempre più violente e la forza andava pian piano abbandonandomi. Il corridoio, nel frattempo, si stava allagando a vista d’occhio, e le mie scarpe erano fradice.
    A un certo punto non ce la feci più, e il mio corpo cedette nell’abbandonarsi alle braccia della corvonero che, per fortuna, era riuscita - con qualche difficoltà - a liberarsi da sola dal sacco dentro il quale era imprigionata, e che ora mi veniva in soccorso.
    Mi trascinò fino al bagno dei prefetti, o almeno credevo, vista la parola d’ordine che aveva usato e il profumo fresco di sapone nell’aria, ma a quel punto anche la mia vista stava perdendo colpi, e iniziavo a vedere tutto più sbiadito. Sempre più sbiadito.
    «Posso rimediare, posso farcela, stai tranquillo. I-io ce la posso fare…» le sentii pronunciare quelle parole con quelle ultime gocce di vigilanza alle quali potevo attingere. Doveva “rimediare”? In che senso…?
    Persi i sensi, sbattendo il mento sul pavimento.
    Fanculo.


     
    .
  6.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode

    Skylee Metis

    Tumblr_l_140132333457080Tumblr_l_140128183824199
    C'è l'avevo messa tutta pur di evitare tale confronto, mi ero impegnata affinché nulla di sbagliato potesse accadere, avevo discusso per lunghe ore fra me e me per valutare quanto razionale potesse essere il mio pensiero riguardante quella sorta di karma del quale mi sentivo vittima e causa al tempo stesso. La parte di me più sentimentale e paranoica si era convinta che la colpa fosse unicamente mia e del fatto che quella sera in Africa mi fossi lasciata troppo andare ai miei istinti primordiali rischiando di fare un qualcosa per il quale sapevo mi sarei pentita per sempre, quella parte di me si era convinta che era stata colpa di tale esitazione nell'allontanarlo da me se ora quello realmente lontano era Axel, si era convinta che una chissà quale forza superiore si fosse intrapposta fra di noi per allontanarci dopo quanto avevo solo pensato sarebbe potuto accadere, né era così convinta da darmi il tormento giorno e notte e poco importava se la parte più razionale e logica mi sussurrava all'orecchio che non poteva essere così e che quello probabilmente era solo un modo per colpevolizzarmi e giustificare il fatto che mi sentissi così impotente dinnanzi tale questione, perché era così, ero impotente, non potevo fare nulla per raggiungerlo o trovarlo, perché tutto era stato inutile e pensare che fosse per via di una forza maggiore mi aiutava a convivere meglio col fatto che mi era impossibile combattere contro tale forza, anche se poi, pur non volendolo, mi avvelenava sempre più cuore e mente. Lo pregai rabbiosa di tacere per l'ennesima volta e la sua risposta, la sua stupidissima risposta, fu quella di alzare ancor più la voce per poi piantare i suoi denti nella carne del mio interno labbra in quella che forse doveva essere una prova di superiorità e forza, ma che finì soltanto per essere la miccia che fece prima innescare e poi esplodere quel potere tanto incontrollabile che risiedeva dentro di me. Quel gesto tanto impudente e sfacciato mi ricordava quasi quello dal quale era poi nata la storia fra me e il Bulgaro, era uno scenario molto simile effettivamente se non si escludeva il fatto che al tempo mi ero da poco lasciata con qualcuno e che quindi ero decisamente single e spinta da un pessimo consigliere chiamato alchol a non dargliela vinta in quel pericoloso gioco di superiorità finendo così per dare il via a una sorta di rapporto puramente sessuale che fungeva da valvola di sfogo per entrambi salvo poi mutare col tempo in altro, ma nonostante ciò la situazione attuale era totalmente diversa, totalmente ribaltata e non c'era alcuna sostanza ad assopire il mio buonsenso già di per sé fallimentare e invece che cedere o tenergli testa finii per esplodere nel peggior modo possibile, l'unico che non ero mai stata realmente in grado di controllare. Avevo ritratto con violenza la testa verso il muro finendo persino per ferirmi leggermente il labbro con lo scorrere dei suoi denti sulla mia carne e avevo poi voltato il capo di scatto imprecandogli contro parole sconnesse fra loro, ma la risposta era stata solo una: il silenzio. Mi ero voltata nuovamente verso di lui guardinga ed ero sbiancata alla vista dei rivoletti d'acqua che gli fuoriuscivano da naso e bocca a tempi alterni. Morte. Ecco a cos'avevo sempre legato il mio potere. Era portatore di morte o sofferenza, non lo ripudiavo per questo, anzi, in un qualche modo mi faceva sentire potente, ma lo temevo, quello sì, perché sapevo di non essere per nulla brava a controllarlo e solo una volta prima di allora c'ero riuscita ed era stato solo grazie a Rose se ce l'avevo fatta, non certo grazie a me, era questo ciò che mi ripetevo e che insistevo nel convincermi per giustificare il fatto che solo in quel caso ci fossi riuscita. Trascinai d'istinto Harry all'interno del bagno per evitare che il corridoio si allagasse ulteriormente e solo quando fummo dentro lo lasciai andare per qualche istante per richiudermi la porta alle spalle e castare un muffliato sulla stanza affinché nessuno udisse ciò che stava succedendo al suo interno e nel mentre tentavo di spremermi le meningi sul da farsi ma poi, improvvisamente, un tonfo secco mi riportò alla realtà dai miei vaneggiamenti sconnessi riguardanti colpe, responsabilità e possibilità di redenzione per tale gesto tanto orribile. Mi voltai e vidi Harry riverso a terra con la faccia spiaccicata sul pavimento che continuava a bagnarsi per via dei rivoli d'acqua che uscivano al di fuori del corpo privo di sensi del ragazzo. Lo scossi spaventata chinandomi sul pavimento. Se continuava a buttar fuori acqua voleva dire che era ancora vivo ma evidentemente il suo corpo aveva reagito allo shock svenendo, comprensibile, decisamente comprensibile ma dannatamente spaventoso, almeno per me che incapace di calmarmi continuavo a fissarlo a bocca aperta nel panico più totale. Morte. Morte. Morte. Quell'orribile parola continuava a rimbombarmi in testa, ma non volevo che ciò accadesse, non volevo essere responsabile dell'ennesima vita strappata al mondo, non volevo, non volevo. «Skylee puoi farcela, puoi farcela, lo hai già fatto in passato» Sussurrai a me stessa con voce spezzata. «C'era Rose, c'è l'ho fatta solo perché c'era lei a dirmi cosa fare...» Ribattei sconsolata insistendo ancora sul fatto che non era stato merito mio se quella volta avevo interrotto il flusso del mio potere. «Lei ti ha solo detto ciò che ti serviva capire per farcela, non lo ha fatto al posto tuo...» Vero, aveva ragione, avevo ragione. Era così. Io sapevo cosa fare, lo sapevo, dovevo soltanto trovare la forza per farlo ancora.
    Guardai concentrata il volto del Serpeverde rigato da scrosci d'acqua, mi concentrai su di lui e sul fatto che non lo volevo morto, che non volevo fare ancora del male a qualcuno, non a lui almeno, perché per quanto poco prima mi avesse fatto incazzare e innervosire non gli avrei mai augurato la morte, come già gli avevo ammesso in Africa, non l'avrei augurata mai a nessuno probabilmente e se mai mi fossi dovuta ancora macchiare del sangue di qualcuno sarebbe stato solo per autodifesa, non come risposta a delle sciocche provocazioni. «Ce la puoi fare» Mi diedi forza continuando a fissare il ragazzo disteso a terra con il viso che gli avevo poggiato sulle mie ginocchia voltandolo di lato per far fuoriuscire l'acqua senza che essa lo affogasse, anche se, effettivamente, in quel caso immaginavo sarebbe servito a poco. Chiusi gli occhi concentrata e diressi tutta la mia forza mentale verso il suo corpo tormentato dal mio potere per interromperlo, spremetti così forte le meningi che se solo avessero potuto sanguinare per lo sforzo lo avrebbero sicuramente fatto e continuai silenziosa a visionare nella mente il mio potere come fosse un rubinetto che potevo aprire e chiudere a mio piacimento e quando allungai metaforicamente la mano per farlo esso cessò di sprigionarsi e dalla bocca di Harry non fuoriuscì più nulla di anche solo vagamente somigliante a dell'acqua. Lo scossi ancora col sorriso sulle labbra per essere riuscita a dominare il mio potere ma lui non rispose, non si mosse. Cercai di alzarlo e di battergli con vigore una mano sul dorso della schiena per fargli sputare fuori eventuali residui di acqua ma non accadde ancora nulla. «Harry...» Sussurrai in preda al panico incorniciando il suo volto con ambo le mani per scuoterlo ancora nervosamente, avvicinai poi il palmo sinistro al suo naso per accertarmi che respirasse ancora e di fatto lo stava facendo, seppur in maniera fin troppo lenta e visibilmente affaticata. Era vivo, ma non stava bene, aveva bisogno di aiuto ma non sapevo cosa fare. Tentai in Reinnerva per ridestarlo da quel suo stato di incoscienza, ma non funzionò e solo quando il mio sguardo saettò per pochi secondi verso l'enorme vasca da bagno alle sue spalle mi venne quella che poteva essere uno stralcio di idea. Lo trascinai fino al bordo di quella vasca tanto sontuosa ed elegante e immersi prima me e poi lui, facendolo scivolare sul pavimento, dentro l'acqua. Ero una mezza Sirena, avevo il potere di curare qualcuno se lo volevo, me lo aveva spiegato il signor Warmswizzler e lo avevo sperimentato persino su me stessa quella notte di luna piena durante la quale invece che mutarmi in lupo avevo finito per perdere le forze dentro ad uno specchio d'acqua dopo essermi curata inconsapevolmente la ferita al fianco. Potevo farlo, mi era stato detto che a differenza di altri poteri quello era intrinseco con la mia persona, col mio stato di mezza sirena, non dovevo allenarlo, non dovevo padroneggiarlo, dovevo solo volerlo... ma... ma c'era un problema. No, non potevo pensare a una cosa del genere in una simile situazione, non potevo essere tanto egoista da sovrapporre i miei principi di fedeltà e altre stronzate simili ad altri ancor più importanti quali potevano essere la salvezza di una vita e il benessere di una persona. Non potevo essere tanto egoista eppure una parte di me continuava a dirmi di non farlo, di non sfidare ancora di più il fato che si sarebbe potuto abbattere rabbioso e vendicativo su di me e sulla mia felicità, ma dovevo, dovevo farlo per la mia coscienza, per il bene di Harry e persino per redimermi, almeno in parte, per quanto avevo commesso in Bretagna, quando incapace di controllare il mio potere e ignara di avere un dono che mi permetteva di ridare salute a una persona, non ero stata in grado di cambiare le sorti di quella vicenda, ma ora potevo e lo avrei fatto.
    Adagiai con fatica il corpo incosciente di Harry sul fondo della vasca mettendolo circa seduto per quanto mi fosse possibile farlo e chiudendo gli occhi per non pensare ad altro se non a farlo stare bene condividendo parte della mia salute e della mia energia vitale con lui, suggellai tale scambio magico avvicinando e poi unendo le mie labbra alle sue in quel bacio vitale e consenziente necessario ad attivare le abilità ereditate da chissà quale mio predecessore divenuto Sirena scampando a morte certa. Non sapevo quanto ci sarebbe voluto prima che Harry sentisse i benefici del mio potere e riprendesse conoscenza e non sapevo nemmeno quanto sarebbe potuto costare a me non avendo mai testato prima di quel momento il mio dono su altri, ma per una volta sapevo di star facendo la cosa giusta e che quello che stavo compiendo era un gesto benevolo, un gesto che avrebbe concretamente aiutato qualcuno per una volta tanto e ciò mi faceva stare bene e sentire meglio.

    ★ ★ ★
    Caposcuola Corvonero | Mailbox | Pensatoio
     
    .
  7.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    173
    Location
    Richmond Upon Thames, London, UK

    Status
    i'm sleeping

    Harry Barnes

    casa
    18 anni - V anno
    *possibile violenza, linguaggio volgare o offensivo

    I miei incisivi premettero sulla carne del suo labbro inferiore con prepotenza, lo sguardo consapevole di star facendo qualcosa che l’avrebbe di certo fatta adirare, ma in quel momento avrei tentato ogni cosa pur di farla parlare e mettere un punto a quella cosa, o quantomeno dare un significato minimamente sensato a quel suo comportamento così strano e sfuggente. Conoscendola, ero certo di andar incontro a niente di meno che una testata in pieno naso in risposta a quel mio gesto azzardato, ma la bionda parve non avere la grinta neanche per quello, quel giorno, optando semplicemente per spostare il viso dall’altra parte, talmente di scatto che i miei denti, che tenevano saldo il suo labbro, strisciarono con violenza su di esso, nell’atto da parte sua di strapparmelo a forza. Doveva essersi probabilmente ferita, ma poco mi importava: questo era quello che succedeva a mantenere quel comportamento così irritante, che superava perfino quello che aveva tenuto quando mi aveva dato il benvenuto al castello dopo tanto tempo, al mio ritorno. Era come se fosse cambiata, in una versione della Métis che non sapevo proprio come decifrare; eppure, ne avevo conosciute già tante: quella ingenua e delicata di alcuni anni prima, quella altezzosa e ambiziosa, quella irritante e aggressiva, quella rompipalle che voleva attenzioni, quella più fragile, di poche parole, e infine quella giocosa; una cosa, però, era certa: la sua personalità si imponeva sempre, era impossibile non notarla, e questa era la cosa - forse - che più mi colpiva di lei. Ormai ero talmente abituato a subire la sua energia da rotta in culo che vedermela togliere per un così lungo tempo era stato quasi uno shock per il sottoscritto; dopo quella famosa sera in Africa, mi sarei quasi aspettato che qualcosa fosse cambiato, essendoci scambiati delle confidenze tali da comprenderci vicendevolmente un po’ di più; per un momento mi ero immaginato, magari, che quella leggerezza che stavo provando sarebbe potuta prolungarsi nel tempo, aiutandomi a uscire da quel periodo di merda che stavo vivendo. Invece fu tutto il contrario: non solo Skylee smise quasi di guardarmi in faccia, ma la situazione in cui versavo era peggiorata a dismisura, subendo delle percosse particolarmente violente, di cui portavo ancora i segni sulla pelle, e soprattutto il fatto di venire diseredato senza se e senza ma, togliendomi tutto ciò che conoscevo, compreso ciò che credevo di essere sempre stato. Era passato circa un mese e mezzo da allora, e la risalita verso la ricerca di un nuovo senso di appartenenza e di sicurezza in me stesso mi toccò farlo a mani nude, senza l’aiuto di nessuno, se non la vicinanza di Malachai, che mi aveva spalleggiato per tutto quel tempo, aiutandomi a far virare il mio pensiero su altro, a trovare delle alternative al senso di miseria e inutilità che mi attanagliavano. Una parte di me provò qualcosa di molto simile all’abbandono, da parte sua, e la cosa che più mal sopportavo era la mancanza di spiegazioni; più pensavo agli ultimi momenti passati insieme, più fermamente credevo di non meritarmi affatto quel trattamento. Mi ero comportato fin troppo bene nei suoi confronti, qualcosa che, al contrario, forse era lei che non meritava.
    Per questo insistevo così tanto. Per questo, quel giorno, avevo deciso di non mollare l’osso fin quando non avessi ottenuto ciò che volevo: risposte.
    Ma non arrivarono. Ciò che successe, in realtà, mi fece totalmente scordare di ogni mio possibile proposito, perché mi ritrovai le vie respiratorie ricolme d’acqua insipida come una botte che voleva implodere, e così feci, schizzando acqua da ogni via aerea a intermittenza, perdendo totalmente il controllo, e finendo per perdere i sensi all’interno di un bagno nel quale non ero mai stato, sbattendo il mento e credendo, onestamente, di morire.

    Mi trovavo sott’acqua. Attorno a me vi era soltanto un’infinità di semi buio tinto di una debole luce verdastra proveniente dall’alto.
    Mi sentivo colto da un deja vu: di colpo era come se mi trovassi nuovamente in Africa, nelle sue profondità marine, ma questa volta ero solo, completamente solo, senza neanche un pesce a vista d’occhio; mi guardai i palmi delle mani e i piedi, mi toccai il collo: non avevo branchie, e neppure un testa bocca. Però, in qualche modo, sembravo respirare, per quanto difficoltoso a tratti fosse. Cosa ci facevo lì? Come facevo a tirarmi fuori da quella situazione? Non ne avevo idea: mi tastai le tasche, e mi resi conto che non avessi con me neppure la bacchetta. La sensazione che avevo, era che sarei rimasto lì per sempre. Terrificante, ma in qualche modo il sentimento che prevaleva in quel momento era un senso di pace completamente incoerente con quel tipo di situazione, come se fossi intontito da qualche pozione losca, o da un confundus.
    3785c4d5246fd94284d4ce56049d5a867b2ce779
    La solitudine fu spezzata dall’arrivo, in lontananza, di una sirena bellissima: era quella dai capelli pallidi che avevo incontrato quella volta, la riconoscevo, non avrei mai potuto scordarmela. Si avvicino a me con fare suadente, la pelle perlacea e i capelli quasi bianchi che ondeggiavano morbidamente seguendo il naturale andazzo caotico del mare. Mi guardava, mi voleva, mi prendeva il volto fra le mani e in un attimo mi resi conto: voleva finire ciò che non era riuscita a mettere in atto quella volta. Ed esattamente come quella volta - durante la quale solo l’intervento di Kaeris riuscì ad interrompere quello stato di trance - non mi sarei per nulla ritratto, anzi, avevo incontrato quella stessa sirena molte volte in sogno, da quella volta, ricercando quelle labbra che non ero riuscito ad incontrare, stregato totalmente dalla sua aura perfetta e ultraterrena, una bellezza come non ne avevo mai viste. Le mani della sirena mi accarezzarono la pelle, e ben presto le sue umide labbra toccarono le mie; in risposta, gliele schiusi delicatamente con la lingua, assaporando quel momento quasi mistico, che avevo desiderato da così tanto. La mia mano sinistra si spostò dietro la nuca della sirena, spingendole il capo contro il mio mentre il bacio iniziava a farsi più intenso, passionale, come se il senso della mia vita si riducesse a quello. Respiravo a fatica contro il suo corpo sinuoso, le punte dei seni che mi solleticavano il petto, deciso a dedicarle ogni mio battito…

    Riaprii gli occhi, lentamente, incontrando quelli eterocromatici della corvonero, con le labbra sigillate nelle mie.
    Mi scansai, sciogliendo quel contatto così dannatamente intimo, e mi guardai attorno: mi trovavo ancora dentro quel bagno, immerso all’interno di una grossa vasca, in compagnia di Skylee, i vestiti ormai completamente fradici, così come quelli della corvonero, che tornai a guardare con aria interrogativa e visibilmente confusa: – Cosa cazzo è successo? –


     
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode

    Skylee Metis

    Cno2Wp
    Mi ero così profondamente convinta di non essere in grado di dominare il mio potere che esso aveva preso totalmente il sopravvento su di me. Gli permettevo di esplodere ogni qual volta mi sentivo troppo spaventata, arrabbiata e triste, gli permettevo di far del male, di uccidere, ma non glielo avrei più concesso. Ci sarebbero voluti sicuramente molto tempo e altrettanto allenamento ma da quel momento in poi, promisi a me stessa, avrei fatto di tutto pur di migliorare e controllare ciò che per fin troppo tempo avevo considerato incontrollabile. Era stato orribile vedere ancora una volta la vita svanire pian piano dagli occhi di una persona che, consapevole di non poter nulla dinnanzi quel potere distruttivo, riviveva probabilmente tutta la sua vita davanti agli occhi pensando al come e al perché fosse finito per cacciarsi in una simile situazione che gli sarebbe costata la vita. Era stato orribile sentirmi a mia volta impotente dinnanzi quel fiume in piena di magia, ma per una volta ero stata più forte di lui e lottando e battendomi con ferocia mi ero fatta strada in quella fitta nebbia minacciosa ed ero arrivata dinnanzi il punto di svolta. Avevo trovato l'interruttore, il rubinetto da richiudere per fermare il dolore che stavo causando e avevo girato con impeto la manopola per richiuderlo sotto il mio volere. Un ordine silenzioso ma che non consentiva repliche. Una scelta e il potere si interruppe. Vidi l'acqua smettere di scrosciare al di fuori delle vie respiratorie del Serpeverde e tirai da prima un sospiro di sollievo, che si tramutò poi in una nuova ondata di paura e terrore. Ero riuscita a fermarmi ma forse lo avevo fatto troppo tardi, forse il male che avevo causato era ormai divenuto irreversibile e non importava che io fossi riuscita a controllarlo per la prima volta in totale autonomia, lui se ne sarebbe andato ugualmente. NO. Non lo avrei permesso. Potevo fare qualcosa, potevo fare altro prima di arrendermi al volere del fato che crudele e meschino continuava a distruggere tutto ciò che riguardava la mia vita quasi come avesse un conto in sospeso di chissà quale tipo con me.
    L'acqua infradiciò totalmente i miei indumenti non appena mi immersi e con la gonna svolazzante che gonfia d'acqua si rifiutava di aderire al corpo come suo solito, trascinai il corpo pesante del Barnes al mio fianco per tentare il tutte e per tutto. Sembrava così pacifico mentre la sua mente svolazzava chissà dove, pareva essere quasi in pace ma dubitavo avrebbe preferito rimanere in quello stato per sempre piuttosto che tornare a vivere la propria vita come meglio preferiva e quindi non mi rimaneva altra scelta, dovevo lottare per lui e dovevo farlo in fretta, altrimenti sarebbe potuto peggiorare e persino quel debole respiro che timidamente gli gonfiava a ritmo alterno la cassa toracica sarebbe potuto svanire. Dovevo lottare al posto suo eppure una parte di me lo trovava così difficile, così sbagliato. Sapevo che non dipendeva dalla mia volontà quanto avrei dovuto fare di lì a poco, mi ripetevo che era solo per il bene superiore se mi sarei ritrovata a dover fare volontariamente ciò che con veemenza avevo tanto rifiutato un quei lunghi mesi durante i quali il Barnes aveva ricominciato a far parte della mia vita. Era tornato ad abitare al castello facendomi ricadere in un qualcosa che pensavo di aver da tempo superato, mi aveva fatto perdere la pazienza, mi aveva fatto risentire un forte sentimento di odio nei suoi confronti, ma era stato al tempo stesso un motivo di vanto e soddisfazione personale quando, dopo infiniti pomeriggi passati assieme a studiare, era riuscito a saltare ben due anni di studi tornando ad essere pressoché in pari anziché relegato ai primi anni a far compagnia ai ragazzini decisamente meno esperti di lui. Insomma, aveva ricominciato a far parte della mia vita e spesso non ne ero felice, soprattuto quando metteva a dura prova la mia relazione costringendomi a mentire, o meglio omettere parte della verità ad Axel, pur di non passare altre infinite ore a litigare con lui per le attenzioni che l'altro Serpeverde mi riservava, eppure non riuscivo a odiarlo veramente, non riuscivo a tenerlo del tutto lontano da me e pure quando scappavo, lo evitavo o ignoravo lui ritrovava il modo per continuare a starmi prepotentemente tra i piedi impedendomi di scegliere di tenerlo alla larga dalla mia vita. Dovetti combattere contro me stessa per qualche manciata di secondo valutando tutti i pro e i contro che il mio gesto necessario a farlo tornare in salute avrebbe potuto provocare creando conseguenze di chissà quale natura, ma poi mi decisi e prima che potessi cambiare idea le mie labbra si premettero contro le sue prive di una qualsiasi emozione che non mi sarei concessa di identificare o elaborare ritenendo tale soluzione l'unica percorribile e non una scelta o un desiderio nascosto in chissà quale angolino recondito e polveroso della mia mente. Percepii il calore della sua pelle contro la mia e sentii come parte della mia energia vitale scomparire lentamente da dentro di me per raggiungere il suo corpo ancora provato dalla furia dei miei poteri. Rimasi immobile non permettendomi di muovere alcun muscolo e tenendo ancora il suo viso fra le mani attesi che riprendesse conoscenza, ma quando lo fece qualcosa di altrettanto bizzarro e inaspettato accadde. Mi strinse a sua volta una mano attorno alla nuca e mi spinse con una forza gentile contro di sé schiudendo le mie labbra che impreparate a una simile reazione da parta sua ubbidirono confuse e accolsero la sua lingua come una vecchia amica della quale ricordavano ancora il tocco e forse persino il sapore. Per un breve attimo pure la mia lingua si mosse per sfiorare la sua, calda e bagnata, con fare curioso ma non appena realizzai realmente ciò che stava accadendo e percepii le mie forze vitali farsi sempre più flebili tentai di allontanarmi da lui e quasi nemmeno farlo apposta lui fece lo stesso discostandosi dal mio viso e dal mio corpo fluttuante con fare confuso. Ora che non eravamo più intrecciati in quella sorta di abbraccio rigenerante per l'uno e stancante per l'altra mi sentivo strana, percepivo una sensazione indescrivibile dentro, somigliava al vuoto che ero solita provare ma era diverso e tutti i miei sensi seguiti dalla mia mente parevano essere ovattati, ma poco importava, Harry stava bene, era vivo. Vivo, non morto, vivo. «Tu. Tu stai bene?!» Esclamai non capendo bene nemmeno io se si trattasse di un'affermazione o di una domanda. «Sei vivo, io, io non ti ho ucciso» Balbettai incapace di dare un freno alle mie parole che lasciavano sfuggire più verità di quella che in altri momenti mi sarei concessa di condividere. «Sei vivo!» Ripetei ancora una volta con voce tremante e occhi lucidi mentre gli gettavo le braccia al collo ancora spaventata e preoccupata per quanto soli pochi minuti prima avevo temuto succedesse. Lo strinsi a me ignorando la sua domanda e chinai il capo verso il suo collo sfiorandolo in una maniera totalmente casta e involontaria. Percepivo il suo battito cardiaco tornato regolare sulle mie labbra adagiate sulla sua pelle riscaldata dal caldo cullare dell'acqua. Era vivo. Il suo cuore batteva e i suoi polmoni si gonfiavano e poco importava se sentivo la testa e tutto il resto del corpo così pesanti da non essere in grado di sollevarli. Lo avevo salvato. Gli dovevo la verità? Dovevo ammettere cos'avevo fatto prima di riuscire a rimediare alle mie colpe? Non lo sapevo, ma la mia bocca si mosse autonomamente togliendomi il cruccio di deciderlo da me. «N-non volevo farti del male... io io non volevo fare ciò che ho fatto, ti prego, perdonami...» Sussurrai riuscendo a spostare di soli pochi millimetri le mie labbra dal suo collo per permettermi di parlare con facilità mentre le mie braccia restavano ancora ben salde al suo corpo pieno di grinze causate dal tessuto fradicio della sua camicia bianca increspata dall'acqua. «N-non volevo, non volevo te lo giuro...» Ripetei nella speranza che mi credesse. In Africa gli avevo scherzosamente detto che non mi sarebbe importato se fosse morto, ma non era vero, ovviamente non era vero e doveva saperlo, non doveva credere che io avessi fatto ciò che avevo fatto con l'intenzione di fargli seriamente del male, solo non ero stata in grado di controllarlo e il mio potere era esploso prima che potessi fare qualsiasi cosa nel tentativo di trattenerlo.

    ★ ★ ★
    Caposcuola Corvonero | Mailbox | Pensatoio


    Edited by Skylee. - 7/5/2023, 04:26
     
    .
  9.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    173
    Location
    Richmond Upon Thames, London, UK

    Status
    i'm sleeping

    Harry Barnes

    casa
    18 anni - V anno
    *possibile violenza, linguaggio volgare o offensivo

    907abbf08d7384060fa6a083fe8318c49af9821d
    Quel contatto sapeva di paradiso. Non avrei potuto descriverlo in nessun altro modo. Trovarmi finalmente a contatto con quella meravigliosa creatura ultraterrena non era che la realizzazione di un vero sogno che, ormai da qualche tempo, si era acceso in me, solleticandomi i pensieri, i sogni. Eppure, vista la natura di quelli che non erano altro che pesci dai graziosi seni prominenti, le labbra come petali pallidi ma succosi e i modi così irresistibilmente voluttuosi, tale desiderio non poteva che definirsi in altro modo che masochismo allo stato puro: quelle bellissime mezze donne non avrebbero voluto altro, probabilmente, che uccidermi, ma tale pensiero non poteva che riuscire ad eccitarmi ancora di più, donando a quel fascino un’essenza oscura, proibita, letale. Dovevo avere dei problemi molto seri, ma d’altronde non l’avevo mai negato: non ero un tipo ordinario, non facevo dei pensieri che si potessero definire normali, ma probabilmente deviati, da cosa non avrei saputo dirlo; il mio dna? Il clima e l’ambiente nel quale ero cresciuto? Oppure qualche altra influenza che ignoravo? Chi poteva saperlo? Di certo non io ma, francamente, neppure mi importava; non mi facevo alcun cruccio in merito, anzi, godevo di quelle mie tendenze bizzarre e le abbracciavo con calore, cosa che, ironicamente, non facevo neppure con le persone; dopotutto amavo ogni parte di me, non potevo farci nulla, mi ritenevo perfetto esattamente così com’ero; tutto doveva avere un senso, un motivo superiore, e sapevo che proprio il mio essere diverso mi avrebbe portato ad essere qualcuno di influente quando fossi stato un adulto fatto e finito, finita quella scuola di merda e tutto il resto.
    C’era solo una persona, in effetti, che mi ricordava, almeno in parte, quella sirena: Skylee. Probabilmente erano semplicemente gli stessi colori pallidi, molto simili, che le accomunavano; ma quegli occhi così bizzarramente bicolore erano del tutto unici, perciò non vi fu alcun dubbio sul fatto che, quando aprii finalmente gli occhi destandomi da quello che doveva essere stato un sogno dalla durata imprecisabile, non avessi affatto davanti quella meravigliosa sirena, ma la corvonero, che mi sembrava, per qualche motivo, di non vedere da molto tempo.
    I miei vestiti erano completamente fradici, la camicia candida, appiccicata al mio corpo come una seconda pelle, era diventata ormai semi trasparente per quanto fosse pregna d’acqua, e i pantaloni avevano creato un leggero effetto a palloncino nel tentare dei movimenti di gambe.
    Skylee mi stava addosso, per qualche motivo a me oscuro. Le punte dei suoi lunghi capelli erano bagnate, spalmate sulla mia spalla; si staccarono solamente quando, vicendevolmente, ci staccammo l’uno dall’altra, spezzando quel momento di chimica così confuso, che in realtà sapeva tanto di presa in giro: non stavo baciando lei, ma la sirena. Eppure era proprio il contrario: non stavo baciando la sirena, ma lei. A quel punto non avrei saputo sicuramente dire se le sensazioni da me provate fino a un istante prima fossero state reali, o meglio, se fossero state la purissima reazione del mio corpo al contatto delle labbra della corvonero o della sirena. Propendevo sinceramente per la seconda: avevo già baciato Skylee, in passato, ma non era mai stato qualcosa di così intenso, atto a scatenare un’emozione e un piacere così grande e intenso. No: per qualche motivo, mi aveva preso in giro. Non c’era altra spiegazione. In più, non potevo che chiedermi che cazzo ci facessi dentro una fottuta vasca d’acqua, se fino a prima ci trovavamo…
    … in corridoio. Ma cosa stavamo facendo? Non ricordavo bene, dovevo rifletterci un attimo…
    Poggiai un gomito a lato della vasca e successivamente mantenni il peso del capo contro il palmo aperto, cercando di riaprire ogni cassettino della memoria che avessi trovato…
    «Tu. Tu stai bene?!» non risposi. Come mi sentivo? Svuotato, ma rigenerato. Aveva senso? Credevo proprio di no. Una sensazione simile la provavo dopo aver fatto sesso, ma di certo non era quello il caso. Almeno era ciò che credevo.
    «Sei vivo, io, io non ti ho ucciso» sbarrai gli occhi, abbandonando il contatto col palmo bagnato, mentre la corvonero mi si gettava addosso, braccia al collo; un senso di consapevolezza crescente iniziava a far pian piano sparire la nebbia che fino a un attimo prima annebbiava totalmente la memoria legata agli ultimi momenti in compagnia nella bionda, nel corridoio… nel corridoio«Sei vivo!» ripeté, prima di affondare le labbra sul mio collo e confondermi ancora di più con quel contatto così… diverso. Non da noi. Non da me.
    Rimasi immobile per tutto il tempo, con la ragazza appiccicata al mio corpo quasi fosse un tutt’uno, fissando la grossa vetrata di fronte a me: una sirena. Ironico. Decisamente ironico.
    E a un tratto ripresi la parola.
    70fcdffc7cb6a7d7b334287a1c1a6d45e8381952
    b641d0929ea3280cf3f1db96657fe1e3a434a36c
    – Mi hai preso in giro, non è vero? – dissi con fare secco e accusatorio, la voce ferma e bassa. – Non so cosa tu abbia fatto, ma non mi piace affatto. – ovviamente mi riferivo al sogno, al bacio, come se avesse architettato tutto solo per indurmi a vivere qualcosa di non reale, qualcosa di splendido per poi strapparmelo e riportarmi alla noiosa realtà. Oppure… – Volevi molestarmi in questa vasca, Métis? Che cazzo di problemi hai? – prima fuggiva da me per settimane, e poi mi faceva risvegliare in una vasca costringendomi a un limone durissimo. Avrei anche apprezzato, in un’altra circostanza, ma per qualche motivo, quella volta precisa, non mi piacque affatto. – Non ti credevo così depravata. – il fatto che continuasse a dire “non ti ho ucciso”, poi, non sapevo proprio come decifrarlo. Forse mi stava costringendo a un sogno che rischiava di diventare infinito? Quello era un modo decisamente bizzarro per uccidere qualcuno senza ucciderlo. Ma perché, poi?
    La bionda non muoveva un muscolo, se non quello che bastava per liberare le labbra dal contatto con la mia spalla e tornare a dire qualcosa che, questa volta, fece scattare davvero in me qualcosa, facendomi incazzare.
    Il corridoio. Le grida. Il morso al labbro. L’acqua. Troppa acqua. Il bagno.
    Il bagno.

    La scostai in malo modo, acquistando un’espressione dura e adirata. – CHE CAZZO HAI FATTO, SKYLEE??? – alzai la voce, in maniera anche abbastanza spaventosa. – HAI SUL SERIO CERCATO DI UCCIDERMI?!!??! – schiaffeggiai la superficie d’acqua di cui la vasca era ricolma, talmente tanto forte da inondarle il volto e schizzare fuori, sul pavimento lucido del bagno.
    E in un attimo non ci vidi più.
    Le presi il mento in una mano, e strinsi talmente forte da costringerla ad indietreggiare e schiacciarla contro il bordo della vasca parallelo al mio, digrignando i denti tanto da fargli quasi emettere un suono. – TU SEI UNA PICCOLA PSICOPATICA, TU… – mi arrestai, allenando la presa sulla sua mandibola e facendo cadere lo sguardo altrove, cogliendo improvvisamente una realizzazione importantissima: – Tu… non potevi farlo. Non avevi la bacchetta. – i miei occhi saettarono di nuovo su di lei, sempre iniettati di rancore, ma questa volta colmi di sospetto. – Tu non sei una strega normale. – lasciai cadere quella stranamente pacata (dopo tanto gridare) considerazione in mezzo a noi, mettendo particolare enfasi sull'ultima parola, creando un nuovo silenzio di cui si impregnò l'aria, a parte i battiti accellerati di entrambi che, come un orologio rotto, scandivano i secondi in maniera caotica e totalmente irregolare.




    questo bambino è così fuori controllo AHAHAHAHAHAH
     
    .
  10.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode

    Skylee Metis

    Tumblr_l_140653596216630
    Le nostre labbra si divisero lasciando entrambi con un espressione perplessa e confusa sul volto, il flusso di vitalità e potere che dal mio corpo passava lentamente nel suo si interruppe e quando lo fece percepii come una leggera scossa lungo la schiena, come se il mio corpo sapesse prima ancora di me che qualcosa ora gli mancava. Un pezzetto minuscolo e trascurabile che però aveva messo ogni particella di me in subbuglio nel tentativo di comprendere ciò che era successo. Mi sentivo più debole e fragile del solito, leggermente meno reattiva e decisamente fuori asse, era evidente che un simile scambio di energia vitale causasse uno scombussolamento non indifferente al corpo del donatore, ma nonostante ciò ero felice. Avevo fatto del bene, avevo curato anziché ferire, avevo donato qualcosa piuttosto che portarlo via e se il mio corpo si lamentava l'essenza più intima di me si stava crogiolando in quella sensazione bellissima di aver fatto qualcosa di buono, qualcosa di giusto. Fu difficile non scoppiare in lacrime per la sorpresa quando il Serpeverde si rivelò essere nuovamente vigile e in forma e il mio corpo si mosse in automatico per stringerlo fra le mie braccia. Ero felice che stesse bene ma forse buona parte di quel sentimento poteva dirsi egoistico, perché sì, sarebbe stato scorretto mentire a me stessa fingendo che ciò che mi sollevava davvero nel profondo non fosse che nessuna vita si era aggiunta alla conta dei miei peccati imperdonabili. Pronunciai le seguenti parole in modo impacciato e sincero ma ciò che arrivò dall'altra parte furono solo accuse che mi lasciarono interdetta. «C-cosa? Io non ti ho preso in giro, io...» Ti ho salvato la vita in un modo per nulla facile per me? No, non potevo dirglielo, non potevo rivelarglielo così alla leggera, mi avrebbe esposto, mi avrebbe reso troppo nuda e facilmente attaccabile ai suoi occhi. «No che non volevo molestarti... io...» Che diamine di discorsi erano? Molestarlo poi? Perché mai avrei dovuto fare una simile cosa? Non aveva veramente senso e forse stava solo vaneggiando ancora provato dallo stress mentale e fisico di pochi istanti prima, o magari semplicemente non sapeva dare una spiegazione a quanto accaduto e di quello, ahimè, non potevo fargli una colpa visto che per prima, pur essendo stata io l'artefice del tutto, mi sentivo in parte confusa e stranita da quegli avvenimenti. Mi ero agitata. Avevo esagerato e non ero stata in grado di controllarmi, non fino all'ultimo almeno e ciò aveva permesso al mio potere di espandersi a tal punto da mettere seriamente in pericolo l'incolumità del Serpeverde. Sentii la sua mano afferrarmi con forza il mento e con altrettanta forza il peso del suo corpo mi costrinse al bordo della vasca facendomi poggiare la schiena leggermente visibile attraverso il tessuto bagnato della camicia contro la parete della stessa. Ero troppo stanca e troppo debole anche solo per sperare di vincere uno scontro fisico che mi avrebbe visto comunque in svantaggio già di partenza e l'unica arma, l'unico scudo a mia disposizione erano le parole. La sincerità che tanto temevo e tanto volevo tenere tutta per me. «Non volevo» Susurrai con tono teso e dispiaciuto mentre tentavo in tutti i modi di trattenere le lacrime dinnazi un'ondata così forte di consapevolezza e verità da ferirmi nel profondo. Lo avevo quasi ucciso, era vero, aveva ragione, eppure non era mai stata mia intenzione farlo. Mi sentii rivolgere altre dure accuse ma prima che potessi ribattere in alcun modo la presa si fece leggermente meno serrata e il ragazzo cominciò a dubitare delle sue parole e di ciò che poteva essere accaduto. Potevo fingere, potevo fingere ancora una volta e giurare il falso dicendo che non avevo idea di cosa fosse successo, che era vero, che non ero stata io a fare qualsiasi cosa fosse accaduta, ma era giusto? Sarebbe stato giusto continuare a vivere in quella torre altissima e impenetrabile di bugie pure quando la verità era così vicina e sotto gli occhi di entrambi? «Tu non sei una strega normale» No, non lo ero, ero così lontana dall'essere normale che certi giorni faceva persino male doverlo ammettere a me stessa. Non sapevo se avrei preferito nascere priva di tali poteri, in un qualche modo mi rendevano potente e temibile, se solo avessi imparato a gestirli sul serio, ma la vita sarebbe stata forse molto più facile. Non avrei dovuto temere il giudizio di nessuno, non sarei impallidita al solo pensiero di ciò che i miei parenti avrebbero potuto fare di me se fossero venuti a conoscenza di ciò che ero e di ciò che la mia sola natura rappresentava per le tradizioni di famiglia e soprattutto non avrei mai più dovuto temere di fare del male a qualcuno. Verità. Bugia. Verità. Bugia. Cosa scegliere? Quale strada percorrere? Quella arida è solitaria che ero solita seguire dove sicurezza e abitudine regnavano sovrane, o quella più spaventosa e imprevedibile che prevedeva il riporre anche solo un briciolo di fiducia in qualcuno nonostante fosse tanto spaventoso farlo? «Io...» Non sapevo cosa dire, non sapevo che parole usare. Avevo paura. Una paura dannatamente paralizzante che mi impediva quasi persino di respirare. «Sì, ti ho quasi ucciso e no, non sono una strega normale, o meglio, una parte di me non lo è...» Aveva senso? Forse no, ma era la verità. Io ero una normalissima strega dotata solamente di qualche abilità in più che mi rendeva diversa dagli altri in una maniera talvolta spaventosa, ma pur sempre bellissima. «Ma non volevo, non volevo farti del male... volevo che smettessi di urlare, volevo che ti allontanassi da me perché... perché...» Agrottai le sopracciglia incapace di esprimermi bene a parole, non ero brava con quelle cose, potevo imparare interi tomi a memoria ma esprimere le mie emozioni in maniera chiara e semplice proprio no, non era da me. «Volevo che mi stessi lontano per evitare ciò. Per me è un periodo difficile, molto difficile e stressante e io non mi so controllare, non so tenere a bada i miei poteri. Io faccio male alle persone, quando sto cosí rischio di ferire qualcuno, io... diamine stavo per ucciderti poco fa» Mi coprii il viso con ambo le mani sentendo avvampare le mie gote in preda alla vergogna e al di sotto di esse le lacrime cominciarono a scrosciare silenzie e amare. «Eri quasi morto, cazzo, eri svenuto e quasi non respiravi più, ho avuto paura di essere arrivata troppo tardi, temevo di non essermi riuscita a fermare in tempo» Scoppiai in un pianto isterico incapace di controllare oltre quelle emozioni tanto violente che mi martellavano petto e mente. «Non volevo farti ciò che ho fatto, ti prego di credermi» Spinsi ancor più forte i palmi delle mani sul viso come a tappare quel fiume in piena che straripava dai miei occhi eterocromatici. Era così dannatamente umiliante sentirsi tanto nudi ed esposti dinnanzi a qualcuno e se già di per sé odiavo piangere davanti alle persone perché troppo orgogliosa per ammettere che pure io ero fragile, umana, farlo davanti a lui era ancor più mortificante perché per tanti mesi mi ero comportata come fossi superiore e indifferente ad ogni sua provocazione, mentre ora, messa davanti alla verità e costretta ad ammettere che ero esplosa proprio per via di quelle costanti provocazioni da parte del Serpeverde, mi sentivo come un albero spogliato di tutte le sue verdeggianti foglie in grado di nascondere la sua vera forma imperfetta e complicata fatta di rami intricati e precari come il mio equilibrio interiore. «Non volevo farti del male...»

    ★ ★ ★
    Caposcuola Corvonero | Mailbox | Pensatoio
     
    .
  11.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    173
    Location
    Richmond Upon Thames, London, UK

    Status
    i'm sleeping

    Harry Barnes

    casa
    18 anni - V anno
    *possibile violenza, linguaggio volgare o offensivo


    Non sapevo che cazzo significasse tutto quello. Le dinamiche mi erano ancora confuse: come c’ero finito, esattamente, dentro quella vasca? E perché, soprattutto? Non potetti che pensare a una qualche forma di molestia da parte della bionda: avrebbe avuto dell’incredibile, ma come altro si poteva spiegare quella situazione così bizzarra? Le sue labbra erano incollate alle mie, dopotutto, che mi trovavo in uno stato decisamente non cosciente. Se voleva limonarmi poteva farlo senza mandarmi k.o. in chissà che metodo assurdo…
    no, ora ricordavo. Il metodo era stato farmi rigettare quella che avrei detto fosse pressapoco la stessa quantità d’acqua di cui era costituito il lago nero da ogni cazzo di poro disponibile nel mio corpo, o quasi. Il mio culo, per capirci, era salvo. Ma non la mia vita, a quanto pareva: con uno shock evidente nello sguardo, realizzai come se si trattasse di una favoletta che dovevo essere andato di molto vicino alla morte. Quella stronza mi odiava a tal punto? Eppure, in quella maledettissima tenda, mi aveva assicurato di no: ma la gente mente sempre, soprattutto quando il suo piano è farti del male. E allora sapete cosa? Avrebbe dovuto rimanersene per i cazzacci suoi, senza disturbare la quiete che in quel periodo stavo cercando così disperatamente di costruirmi intorno, come una bolla di solitudine e silenzio che mi avrebbe permesso di sfogare in pace tutti i miei dispiaceri, tutte le frustrazioni, e cercare in qualche modo di ricaricarmi, in attesa di quando lo sarei stato abbastanza da tornare a mordere il mondo con ferocia, come d’altronde avevo sempre fatto. E dopo mesi, finalmente, forse, ci stavo pian piano riuscendo: un passettino alla volta, tornavo ad essere me stesso, lo stesso testa di cazzo che tutti conoscevano, solo più aggressivo di prima, per cercare di ristabilire gli equilibri che erano sempre stati: se ti guardo male, devi sposarti; se ti dico che mi hai rotto le palle, devi spaventarti; se superi il limite, devi correre, lontano, perché giurando su Merlino avrei preso in mano uno per uno il colletto di tutti quei figli di puttana che avevano osato mancarmi di rispetto e li avrei fatti pentire di ogni singola parola pronunciata contro il nome mio o della mia famiglia: solo così avrei riottenuto il mio posto fra le mura di casa, ma sapevo che non sarebbe stato così semplice: anche messi a posto uno per uno, non sarebbe bastato a far togliere di bocca alle male lingue vicine a mio padre ciò che avevo fatto, ciò che secondo loro ero, e di certo mio padre voleva un gesto più plateale, qualcosa di così grande da riuscire a farlo ricredere sul mio conto, almeno quel tanto che bastava per rientrare a far parte davvero della famiglia. Perché, per ora, ero un figlio di nessuno.
    E dopo tanto sforzo, morire non mi ci voleva proprio: sarebbe stata sicuramente la degna sbeffeggiata finale, qualcosa che non mi meritavo. O forse sì? Eppure era così folle: come poteva, proprio lei, farmi una cosa simile? Soprattutto dopo tutto quel finto supporto: cosa l’era passato in testa? Dopotutto le chiedevo soltanto un chiarimento, uno straccio di motivazione, e l’avrei lasciata in pace per sempre.
    Mi chiedevo quale motivazione ci potesse essere a tenerla tanto distante, quale dettaglio avesse bisogno di rimanere tanto taciuto: quali segreti poteva mai avere, a parte il fatto che si drogasse di quella strana bevanda dell’allegria? Non ce la vedevo neppure, ad averne. Era così perfettina, rigorosa… una che non si sarebbe messa nei guai, o non ne avrebbe creati. Insomma, cosa poteva esserci di così pazzesco che ancora non sapessi sul suo conto? Perché, insomma, a quel punto dubitavo sinceramente che fosse solamente una questione di “non voler vedermi”. Il suo nervosismo così palpabile in quel periodo, quell’umore così bizzarro e sfuggente, non era di certo dovuto solo a me: dopotutto, nonostante mi seccasse sempre ammettere un concetto simile, non ero poi così importante nella sua vita, almeno quanto lei non lo fosse per me. E allora perché diamine eravamo arrivati a… quello? Non lo so, ma mi scaturì una rabbia immane: come ogni volta, la mia visuale iniziò ad annebbiarsi un poco alla volta, mentre la furia mi schizzava dritta al cervello, le tempie della fronte si tendevano vistosamente e il volto si arrossava: mi sarebbe bastata, per l’ennesima volta, soltanto una motivazione a quel gesto così stupido e sconsiderato, e poi l’avrei affogata una volta per tutte, fottuta Morgana se l’avrei fatto. «Non volevo», continuò a blaterare, ma più lo faceva e più avevo la voglia irrefrenabile di afferrarla per i capelli e sbatterle ferocemente la nuca contro il bordo della vasca, e lasciarla stecchita per sempre. Ce la presi anche, per i capelli: il passo, a quel punto, era estremamente breve, ma gli lasciai andare la biondissima ciocca all’attaccatura del collo nel realizzare qualcosa che, in effetti, mi lasciava ancora più di stucco: – Come diamine ci sei riuscita? – ridussi gli occhi a due fessure, con aria investigativa, perché cazzo se quella non me la raccontava giusta. – Era magia oscura? – tentai, incerto. Che io sapessi, non esisteva ancora una tipo di magia oscura che permettesse ciò… purtroppo. Esisteva, infatti, la possibilità avanzata di riuscire, con moltissima pratica, ad effettuare un qualunque incantesimo senza l’uso della parola (non-verbali, si chiamavano), ma non c’era assolutamente alcun modo di potere eseguirli senza l’aiuto della bacchetta.
    Attesi, senza smettere di starle col fiato letteralmente sul collo, come una specie di mastino ancora in procinto di attaccare, finché quella - forse vedendosi giunta alle strette - non decise finalmente di spiccicare parola esprimendo qualcosa di utile. «Sì, ti ho quasi ucciso e no, non sono una strega normale, o meglio, una parte di me non lo è…» strinsi gli occhi ancora di più, in attesa di una spiegazione più approfondita, ma sembrava faticare ad arrivare: la ragazza era incerta, incespicava a tratti sulle sue stesse parole, come se non sapesse bene cosa poter dire o meno, come dirlo, o fin dove potesse spingersi.
    – L’ho notato. – che stava per uccidermi, sì, su quel punto eravamo già tutti consci e d’accordo. – Che cazzo vuol dire che “fai male alle persone”? Che cos’è questa cosa che hai fatto? Porca puttana Skylee, parla! – stringevo le mani sul bordo della vasca per contenere la rabbia che ancora non accennava a scemare del tutto ma, al contrario, veniva riaccesa a tratti da quel suo discorso a metà, come se dicesse tutto ma, allo stesso tempo, assolutamente niente. – COSA??? Cosa dovevi fermare??! – e nulla: scoppiò in lacrime. Un pianto disperato. Ma Merlino santo.
    Attesi immobile, a mollo, come una statua corrucciata, che la smettesse, ma non accennava a farlo. «Non volevo farti ciò che ho fatto, ti prego di credermi» la bionda si premette le mani sul viso, e io alzai lo sguardo al cielo, trascinandolo altrove, ovunque ma non su quel corpicino di donna piagnucolante davanti a me. Mi metteva profondamente a disagio, la gente che piangeva, soprattutto le donne. – Perché cazzo devi piangere sempre, adesso, si può sapere? – le chiesi bruscamente, senza però cercare una reale risposta: donne. Il loro modo di comportarsi non aveva senso per almeno la metà del tempo. Nell’altra metà ti rompevano soltanto le palle a oltranza.
    E d’un tratto, la vidi tremare. Sospirai. Scossi la testa. Che situazione del cazzo.
    c594388d19b19411241dcc34709282ef8e0c567a
    Mi riavvicinai a lei, nella vasca, ancora singhiozzante, e la tirai contro il mio petto, o meglio, contro la camicia fradicia: la strinsi forte, un po’ come quando tenti di soffocare tuo fratello col cuscino in attesa che muoia. No? Non ci avete mai provato? Dovreste… nel peggiore dei casi, è comunque divertente.
    La stringevo a me in maniera rigida, impostata, senza calore, come a voler contenere quella pioggia di sentimenti eccessivi, fuori luogo. – Smettila. Smettila di piangere, adesso… Hai rotto il cazzo. – aggiunsi, sbuffando aria nei suoi capelli, il mento sulla sua testa, incastrata contro il mio collo. Doveva contenersi, cazzo.
    Lasciai passare qualche minuto, fermi in quella posizione, in attesa che i singhiozzi si arrestassero. – Ho capito. Ma sappi che se rifai una cosa simile, io ti ammazzo. Senza rimorsi. Intesi? – a quel punto stacco il mio corpo dal suo, allontanandola abbastanza affinché potessi portarle i capelli all’indietro e renderle chiara la visuale della mia espressione seria quanto impassibile: – Skylee, INTESI? – cercai nel suo sguardo un accenno di comprensione, o nel suo capo un segno di assenso. – Guarda che se non parli chiaro una volta per tutte, io me ne vado. – la minacciai, – Me ne vado e smetto per sempre di rivolgerti la parola, dopo questa. Tanto è quello che vuoi, no? – mi succhiai un labbro in dentro, squadrandola, – È l’ultima chance che ti dò. L’ultima. – se te ne frega qualcosa. In caso contrario, avrei di certo vissuto meglio.


     
    .
  12.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode

    Skylee Metis

    iFyOhFh
    Cercavo di parlare, di costruire una frase di senso compiuto per spiegarmi meglio, ma tutte le parole che tentavo di pronunciare mi si soffocavano in gola e con esse pure ogni speranza di riuscire a giustificare i miei comportamenti o lasciarne intuire per lo meno le motivazioni. Non ero brava con quelle cose, non lo ero affatto. Aprirsi, confidarsi o persino essere anche solo sinceri mi veniva così difficile. Mi ero abituata così tanto a mentire per celare al mondo intero ogni minimo spiraglio della vera me, quella debole e persa, che avevo finito per farci l'abitudine e ora mentire, omettere la verità o modificarne alcune parti mi veniva fin troppo naturale, a tal punto da confondere e ingannare persino me stessa alle volte. Chi ero? Cosa volevo veramente? E perché mi era così complicato lasciar intravvedere la vera me? Ero una bella persona, o almeno lo ero stata, avevo dei sani principi che non abbandonavo quasi mai, avevo dei sogni, delle passioni e persino svariati amici, mentre ora? Ora ero solo l'ombra di me stessa abbandonata alle inesperte mani di una ragazza troppo impreparata al mondo esterno per poter affrontare l'ignoto con serenità. Ero diventata una persona che non riconoscevo, chiusa, introversa e persino antipatica alle volte, la me sorridente e allegra che saltava sulle spalle dei suoi amici e organizzava uscite all'insegna della spensieratezza e della serenità non esisteva più, non sapevo dove sarei potuta andare a ricercarla, l'avevo persa e tutto ciò che mi rimaneva erano solitudine e tristezza. Diamine quando odiavo la mia vita ultimamente, la trovavo vuota e spezzata, una brutta copia di quella precedente che al contrario era piena di gioia e felicità. Volevo essere felice, volevo ridere sul serio per qualcosa di sciocco, volevo ricominciare a far qualcosa per me, qualcosa che mi piacesse fare senza avere sulle spalle il peso di troppe decisioni da prendere e infinite azioni da compiere per evitare il peggio, volevo vivere, eppure annaspavo costantemente in cerca d'ossigeno. Cominciai a singhiozzare e a balbettare brevi frasi di scuse più che di giustificazioni e non importava quanto mi sentissi stupida nel piangere davanti al Serpeverde o nell'apparire come la sciocca ragazzina pronta a versare lacrime per ogni minima questione, semplicemente non riuscivo più a trattenerle e mi sentivo sconfitta, così sconfitta e sconfortata che i miei arti presero a tremare involontariamente scossi da svariati spasmi causati dai movimenti del mio petto in subbuglio e pieno fermento. Sentii il corpo del Barnes avvicinarsi nuovamente a me ma questa volta non per bloccarmi il viso con forza affinché, impossibilitata a voltare il capo, lo guardassi in faccia e gli spiegassi ciò che non riuscivo a dire, ma per abbracciarmi e stringermi a lui in una maniera molto rigida e innaturale che non dubitavo gli stesse costando un elevato disagio fisico e mentale. Dio com'ero pietosa stretta a lui come una bambina singhiozzante e spaventata, eppure non riuscivo ad allontanarmi, quel contatto umano, seppur rigido e forzato, mi faceva sentire in un qualche modo viva e reale, mi ricordava che nel mondo c'erano tante persone e che non ero sola, non totalmente almeno. Tentai di ubbidire al suo ordine rigettando dentro di me quelle calde e salate lacrime scroscianti, ma ci impiegai qualche minuto per riuscire ad arrestarle del tutto riordinando, almeno in parte, i miei pensieri e lui, incredibilmente, parve eccezionalmente paziente nel concedermi quei lunghi momenti di riflessione interiore continuando a stringermi in quell'abbraccio caldo, freddo e bagnato al tempo stesso. Quando mi allontanò da lui per alzarmi il viso verso il suo portandomi all'indietro la mia indomabile chioma riccioluta sentii la camicetta della divisa allontanarsi per pochi secondi dalla mia pelle per via dall'improvviso spostamento, ma non appena il moto forzato all'indietro si interruppe essa tornò ad aderire alla perfezione contro il mio fisico asciutto e leggermente smagrito a causa di quell'appetito tanto timido degli ultimi mesi. Annuii appena alle sue sincere minacce di morte in caso di tentata replica degli avvenimenti di poco prima e asciugandomi l'ultima lacrima che furtiva cercava di raggiungere la mia guancia, obbligai me stessa a tornare in sé per interrompere quell'imbarazzante momento di fragilità esplosiva.
    Verità o solitudine. Solitudine o verità. Era difficile scegliere e se da una parta desideravo che lui mi stesse lontano per non sentirmi più costantemente in colpa per ciò che talvolta il mio corpo domandava a gran voce, rendendo dannatamente difficile rispettare il volere assoluto e imprescindibile del mio cuore, dall'altra sentivo la necessità di sapere che c'era rimasta ancora almeno una persona vicino a me, una persona in grado di confondermi e tentarmi, una persona che non sapevo come avrei potuto definire, perché chiamarlo amico mi sarebbe suonato strano ma ancora di più lo avrebbe fatto se invece lo avessi definito in un qualsiasi altro modo. «Vuoi la verità?» Domandai impassibile non muovendomi di un solo passo mentre il mio viso veniva ancora sorretto dalle sue mani affinché il mio
    tumblr_02412a4aec7c6f9fa109370c176fecba_ea3e134f_540
    sguardo sfuggevole non si spostasse dal suo, scuro e magnetico come pochi. «Sono un Elementalista, posso controllare l'acqua a mio piacere, posso evocarla o sfruttarla con incantesimi verbali e non, posso chiederle di essere amichevole o distruttiva, posso chiederle persino di uccidere...» Il mio sguardo di ghiaccio non ebbe nemmeno un sussulto durante quel esondazione di verità quasi mai ammessa ad anima viva, non con tanta sincerità almeno. «Non sono in grado di controllare questo mio potere però, non ancora almeno e quando le mie emozioni diventano troppo instabili, complicate o forti succede ciò che è accaduto prima. Esplodo» Un potere tanto bello e affascinante quanto subdolo e feroce. «Mi era già capitato in passato e solo una volta ero riuscita a fermarlo, direi che sei stato fortunato...» Ah il mio buon vecchio sarcasmo, scudo impenetrabile e scaltro pronto a celare dietro di sé tutto ciò che non ero in grado di ammettere in totale onestà. Si era fermato una sola volta, altre non era invece stato letale ma una volta, quella volta, quella volta che per sempre sarebbe tornata a tormentarmi, non lo aveva fatto e si era sprigionato con così tanta violenza da diventare mortale. «Non lo sa quasi nessuno e visto che potrebbe mettermi in una posizione piuttosto scomoda con la mia famiglia non sono solita andarmene a vantare ai quattro venti...» Verità. Quelli erano fiumi di verità e non ero certa il Serpeverde sarebbe stato in grado di gestire il tutto. «Che altro dire? Ah si, giusto, la mia vita ultimamente è una grandissima merda, vivo ora dopo ora in un costante stato di ansia, non so che fine abbia fatto Axel, lui era andato...» Mi morsi il labbro cercando di contenere quella verità violenta che stava scrosicando fuori. «Era andato a fare un qualcosa di dannatamente stupido e pericoloso e non ho più sue notizie dal giorno precedente all'Africa...» Forse così avrebbe compreso meglio il perché del mio strano comportamento, o magari no, ma sapevo solo che ormai non ero più in grado di spegnere quel flusso violento di onestà. «Non so se sta bene, se è vivo o cosa gli sia successo, non riesco a contattarlo e non so dove si trovi e come se tutto ciò non bastasse ho altri mille problemi per mano. La mia famiglia, i miei doveri, le mie innumerevoli paure che paiono realizzarsi costantemente beffeggiandosi di me e io... io sto impazzendo, non sono in grado di gestire tutto questo. Voglio essere all'altezza di tutto e di tutti ma non ci riesco, è faticoso e continua a logorarmi dentro, mi sento... mi sento...» Mi ammutulii per un breve istante. «Mi sento così persa e smarrita e non so nemmeno da che punto o parte riprendere in mano la mia insignificante vita del cazzo» Sentivo le lacrime premere per uscire nuovamente, ma glielo impedii e abbassando finalmente il mio sguardo da quello del ragazzo davanti a me presi nervosamente a tirarmi fuori i lembi della camicia ormai fradicia dalla gonna per cominciare a sbottonarla lentamente dal basso verso l'alto fin sotto al petto per lasciar intravvedere e poi mostrare apertamente ciò che nessun'altro oltre a Rose e Axel aveva più visto da mesi e mesi, il mio fianco marchiato da una mezza luna argentea che non lasciava troppo spazio a interpretazioni soggettive. Era un morso, un morso di lupo mannaro ormai totalmente rimarginato posto lì a ricordarmi che ero sopravvissuta pure a quello, ma che ciò che era successo aveva portato con sé molti cambiamenti e scoperte non indifferenti. «E infine questo... sai cos'è?» Chiesi sincera. «Ecco l'ultima carta vincente che ho da darti in mano per affidarti la mia possibile distruzione. Non è ciò che pare, ma porta con sé un'altra verità che al momento sappiamo solo io e un'altra persona che mi ha aiutato a scoprire la natura di ciò che tale morso ha riportato a galla...» Verità. Verità. Verità. E ancora verità. Così tante informazioni da ubriacare persino il più esperto ascoltatore. Non dubitavo di aver lasciato affogare nuovamente il Serpeverde in quel fiume di parole, ma lui voleva la verità e io non conoscevo le mezze misure. Per me era o tutto o niente e non mi lasciavo mai totalmente andare con nessuno proprio per questo motivo, perché spesso le persone non erano in grado di ricevere ed elaborare nella giusta maniera ciò che gettavo loro addosso con furia e confusione. «In me scorre il sangue delle maridi, sono una mezza sirena» Sipario.

    ★ ★ ★
    Caposcuola Corvonero | Mailbox | Pensatoio
     
    .
  13.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    173
    Location
    Richmond Upon Thames, London, UK

    Status
    i'm sleeping

    Harry Barnes

    casa
    18 anni - V anno
    *possibile violenza, linguaggio volgare o offensivo


    La mia pazienza, oramai, era al limite: non ero una persona che si potesse definire in alcun modo empatica, e già normalmente la sua sola presenza bastava a metterla a dura prova, ma quel giorno… quel giorno la bionda aveva toccato ogni apice possibile. C’era da rabbrividire al solo pensiero che potesse fare di peggio perché, onestamente, a quel punto non sapevo davvero più cosa aspettarmi da lei. Cosa c’era di peggio che provare ad ucciderti? E, forse, violentarti. – Dimmi la verità: sei posseduta? – le domandai senza riuscire davvero a valutare una qualsiasi altra alternativa che fosse sensata, cioè coerente con quegli anni di conoscenza che mi avevano fatto inquadrare una ragazza che mai, in alcun modo, avrebbe potuto fare nulla di ciò che pareva esser accaduto quel giorno. Sì: la possibilità di una possessione era evidente. Questo avrebbe spiegato il suo cambio totale di comportamento negli ultimi tempi: non era lei a parlare, a muoversi. – Forse dovremmo portarti, non so… in infermeria? Dal professor White? – cercai di riflettere: che cosa si faceva, in quei casi? I babbani conoscevano una figura chiamata esorcista, se non ricordavo male, ma le possessioni in campo magico differivano totalmente da ciò che loro reputavano tale. – Barone sanguinario? Sei tu? – la scossi per le spalle, parlando con lei ma allo stesso tempo rivolgendomi a qualcosa che andasse oltre lei, che stesse dentro di lei. – Non ne vale la pena, Barone, ci sono altri corpi molto più sensuali al castello che potresti prendere… tipo Freya Riis. – cercai di convincerlo, cercando, allo stesso tempo, di trattenere una risata davanti all’espressione della ragazza che, chiaramente, si trovava al momento in uno stato di vigilanza. – Beh, Métis, è la verità – diedi un’alzata di spalle: doveva accettare la realtà. Ero certo che tutti, al castello, pensassero lo stesso. Almeno mettendola in confronto a Freya, perché, beh… era Freya, che cazzo. E io ho sempre preferito le bionde. Comunque, tutti quei discorsi parvero ridestarla da un pianto isterico, e fu con fare terribilmente serio che mi chiese se volessi la verità. – Te lo sto chiedendo solo da tre ore. – mollai finalmente il suo viso e scoccai la lingua contro il palato, distendendomi all’indietro, contro la parete della vasca, e incrociando le braccia strette al petto, in attesa di quello che non mi sarei certo aspettato si sarebbe rivelato un monologo accorato dalla durata imprecisata; un monologo che aveva la stessa capacità di un Confundus bene assestato, niente di meno. Mi concentrai sui suoi occhi eterocromatici passando dal blu al verde e dal verde al blu, bevendo ogni singola parola con attenzione, ma anche l’aria silente ma giudicante di uno che stesse ascoltando il delirio di un pazzo. “…posso controllare l'acqua a mio piacere, posso evocarla o sfruttarla con incantesimi verbali e non, posso chiederle di essere amichevole o distruttiva, posso chiederle persino di uccidere…” sì, e poi? Che altro? Puoi creare la vita dal nulla? Aspettate, sì, era una donna…comunque non aveva senso. Stava usando delle scuse veramente di merda per giustificare un gesto così assurdo e imperdonabile. – Ah, sì, fortunatissimo – mi passai la lingua sul labbro superiore e annuii, sbattendo le palpebre in un gesto che accompagnava il sollevarsi di entrambe le sopracciglia, mentre cercavo duramente di trattenermi dall’inondarla di sarcasmo velenoso. Stava parlando, quantomeno: era ciò che volevo. Dunque tanto valeva farla finire di raccontare qualsiasi cazzata stesse cavalcando in quel momento, prima di mandarla ufficialmente a quel paese. Ma probabilmente, con la testa, c’era già. – Certo, perché siete una famiglia di… elementalisti, giusto? Re e Regine dei mari – scomodai una mano dalla sua posizione per rivolgerla verso la bionda, prima di portarmela sulla nuca, per grattarla con fare irritato. Ma fu quando nominò il bulgaro che i miei occhi si socchiusero, non con aria interrogativa ma annoiata e allo stesso tempo sprezzante. – Forse si è stancato di studiare fra queste mura in età così avanzata e non gliene fregava poi così tanto di te – ipotizzai con franchezza disarmante; in effetti avevo notato anch’io che fosse sparito totalmente dalla circolazione, ma nello stesso momento in cui lo notavo, rimuovevo dalla testa tale informazione, perché insomma… chi cazzo se ne fotte. Però a una cosa, adesso, feci caso: due più due. – Ah, ecco perché eri venuta da me, in Africa: non avevi la compagnia del tuo piccioncino con cui fare ”cicici”. Era così, vero? – domandai facendo il segno delle virgolette con le dita, rendendomi conto, per la prima volta, di tutto: quella cosa in Africa, qualsiasi essa fosse, non aveva significato un bel nulla per lei. – Per questo te ne sei andata. – incrociai nuovamente le braccia al petto, più seccato che mai, rivolgendo lo sguardo altrove. «Mi sento così persa e smarrita e non so nemmeno da che punto o parte riprendere in mano la mia insignificante vita del cazzo» concluse, ma ormai avevo smesso di prestare così tanta attenzione al suo discorso. – Mh-h. Beh, uccidere qualcuno per poi violentare il suo corpo esanime mi sembra un ottimo modo per dare una svolta alla tua “insignificante vita del cazzo”. – ironizzai sprezzante, senza mostrare il benché minimo accenno di sensibilità nei suoi confronti. Ora avrebbe anche potuto ricominciare a piangere di nuovo: non l’avrei fermata. «E infine questo... sai cos’è?» mi voltai nella sua direzione, sollevando ancora una volta le sopracciglia mentre mi torturavo il labbro inferiore con i denti. “L’ultima carta vincente”, eh? L’ultima stronzata, vorrà dire.
    3eddb6a949906258b4217f0382b0f962faf92373
    La vidi tirarsi fuori la camicia dalla gonna, che successivamente prese a sbottonare dal basso verso l’alto. Woah, woah. Ferma! Che cazzo stai facendo?! – aprii le braccia, la bocca mezza aperta e la fronte corrucciata, ormai aspettandomi il peggio da lei. – Non farò sesso con te, è chiaro?! Stai aspettando il ciclo forse?! – ma poi si fermò, non arrivando a scoprire il seno, ma piuttosto mostrandomi il fianco, che era… che cazzo era, quella cosa? – Chi… che cosa… te lo ha fatto? – domandai con aria sconvolta: quella di certo non poteva essere una cazzata. «…sono una mezza sirena» silenzio. Totale. Disturbato solo dal rumore dell’acqua durante eventuali movimenti dei nostri corpi all’interno della vasca.
    Ci misi un po’ a decidermi di riprendere la parola. Questo accadde dopo un sorrisetto sprezzante: – Bene, Skylee, complimenti. – mi misi ad applaudire: colpi scanditi in modo lento ma deciso. Quando smisi, la mia intenzione era chiara: – Bella scenetta del cazzo, davvero. Divertentissima. Mi ha dato certo un’importante visione finale di te. Me ne vado, porca puttana. Ne ho abbastanza di essere preso per il culo da una ragazzetta qualunque. Ma almeno ho capito una cosa: di me non te n'è mai fregato un cazzo. Buono a sapersi. – facendo presa sul bordo della grande vasca, mi tirai in piedi, con un grande scrosciare d’acqua, intenzionato ad uscirvi. – Però fattela vedere, quella cosa. È strana forte. – detto ciò, feci per congedarmi.


     
    .
  14.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,653

    Status
    spymode

    Skylee Metis

    tumblr_ff71004aa3a8784afe4179dc7ded5356_7dcaeba3_540
    Le battutine di Harry furono così infantili e sciocche che quasi mi strapparono un sorriso, quasi però, perché tutto ciò che furono in grado di fare fu farmi smettere di piangere, o per lo meno furono utili a darmi quel poco che mi bastava per distrarre il cervello da quel vortice rumoroso che erano i miei pensieri confusi e deprimenti. «Smettila idiota, mi fai solo venire mal di testa» Lo rimbeccai facendo forza sulle gambe per poi contrarre i muscoli della schiena per opporre resistenza a quel tanto fastidioso dondolare forzato. «E non me ne fotte un bel niente di chi è più sensuale o meno di me, ho altre priorità nella vita fortunatamente» Risposi fredda e rigida come mio solito in quello sprazzo iniziale di verità per poi aprire la strada a quella più dura da digerire, quella decisamente meno scherzosa e infantile. Voleva la verità? Aveva detto di sì e me lo aveva ripetuto persino per avvalorare le sue intenzioni e quindi lo feci, mi svuotai totalmente impedendo alla ragione di trattenere ciò che forse avrei dovuto continuare a celare essendo troppo difficile da comprendere. «A dirla tutta sì, è esattamente così, o meglio, non tutti i membri della famiglia di mio padre lo sono, solo i prescelti -a detta loro- nati per guidare la famiglia, ma in quella merdosa famiglia dubito ci sarebbe posto per una donna al comando e quindi preferisco non scoprire cosa farebbero nel caso lo scoprissero...» Fuoco, stavo giocando col fuoco a confidare così quelle informazioni a uno come Harry, ma ormai non mi interessava nemmeno più ciò al quale potevo andare incontro, in quel momento non avevo più la testa per riflettere lucidamente o con buon senso, riuscivo solo a gettar fuori più verità possibile. Mi sentivo come quando inizi a correre lungo una discesa e passo dopo passo realizzi sempre più che non riuscirai a fermarti, e che i tuoi piedi si muovono ormai da soli per inerzia e forza di gravità e che l'unico scenario possibile sarà quello che vede il tuo corpo disteso a terra caduto in un imprecisato momento della discesa dopo che velocità o pendenza erano divenute troppo esagerate da poter gestire. «Fottiti» Gli abbaiai addosso rivolgendogli un volgare gestaccio in risposta alle sue supposizioni riguardanti il Bulgaro. «Sto parlando seriamente, non è da lui sparire così e sapendo bene cos'era andato a fare non posso che temere il peggio» Era andato da Ethan, lo stesso Ethan che senza pensarci troppo al nostro primo incontro mi aveva castato addosso un imperio per poter avere il più velocemente possibile risposte da parte mia, perché ostinata e cocciuta com'ero gli avevo detto che non avrei aperto bocca fin quando non avesse iniziato a darmi a sua volta risposte. «No. Sono venuta da te perché avevi palesemente bisogno di qualcuno al tuo fianco come io ne ho bisogno ora. Credi mi sia dimenticata cos'hai fatto nel bagno della festa? Quella sera potevo pure essere stata drogata da uno di quei dannatissimi drink, ma non ho perso la memoria di quanto visto e se al tempo potevo aver pensato fossero stati altri a ridurti cosi ora so che avevi fatto tutto da solo...» Non eravamo poi così diversi sotto quel punto di vista, due facce della stessa medaglia che seppur in maniera leggermente diversa reagivano allo stesso modo dinnanzi agli stimoli eccessivi della vita, o in modo violento o un modo distruttivo verso noi stessi. Lo capivo, lui forse poteva continuare a non capire me mostrandosi sempre più disinteressato e diffidente dinnanzi quelle mie pericolose verità, ma io capivo lui, lo capivo eccome e sapevo bene quanto alle volte ci si poteva sentire stremati e a pezzi da non riuscire più nemmeno a voler bene a se stessi. «Tsk» Schioccai con forza la lingua contro il palato con in volto un amara consapevolezza. Lui non aveva capito, ero stata così brava nella mia solita recita che mai avrebbe potuto capirlo a meno che non avesse riflettuto sul serio su ciò che era successo e su ciò che io avevo permesso al mio corpo di provare e sentire su quella spiaggia. Era un qualcosa di così sbagliato che in parte ero felice non avesse colto, perché se solo lo avesse fatto avrebbe significato dover fare ulteriormente i conti con la realtà e non sapevo se era realmente ciò che volevo. I miei desideri più intimi e lascivi era decisamente meglio che restassero per me. «Nemmeno ti immagini quanto lontano tu sia dalla realtà dei fatti...» Sibilai schioccando una seconda volta la lingua sul palato con fare di disprezzo. Voleva la verità ma poi non era pronto a farci i conti e persino quando credetti di aver dato il tutto e per tutto mostrandogli la nuda -letteralmente- e cruda realtà dei fatti parve non voler capire e anzi, pure mentre a fatica, combattendo contro il mio istinto, mi sbottonavo per la prima volta parte della camicetta per mostrargli ciò che solo ad Axel ero riuscita a far rivedere dopo quella notte, riuscì a trovare il modo di mostrarsi ancora una volta per il coglione che era uscendosene con battute così idiote alle quali non mi disturbai nemmeno di rispondergli. «Un lupo mannaro... ovviamente...» Mi limitai a sibilare secca pur sapendo che probabilmente non era ciò che stava realmente chiedendo. Detestavo David, ora pure più di prima, ma non avrei tradito il suo segreto, almeno non fin quando lui avrebbe avuto a sua volta uno dei miei fra le sue mani, seppur incorretto e difficilmente provabile con la sua sola parola. «Sei serio?» Borbottai a bocca leggermente aperta mentre lo udii indispettirsi e lo vidi fare cenno di andarsene voltandomi le spalle per poi uscire dalla vasca. Subito lo seguii e sentii un ira crescente montare nuovamente dentro di me. «Prima vuoi la verità, mi costringi ad aprirmi dandomi ultimatum del cazzo e poi non soddisfatto della verità fai pure quello offeso e te ne vai?» Urlai a perdifiato uscendo a mia volta dalla vasca gocciolando su tutto il pavimento per via dei miei abiti fradici. «Cos'altro vuoi da me Harry? Cosa cazzo vuoi di più da me?» Continuai stringendo così forte i pugni da farmi diventare bianche le nocche per lo sforzo. «Sei un idiota!» Lo detestavo, lo stavo realmente detestando in quel frangente come mai prima di quel momento. Mi ero aperta. Ero stata sincera, stranamente sincera, eppure pareva non bastare, lui non voleva credermi e ora nonostante tutto mi stava voltando le spalle con fare sprezzante. Era una prova quella che voleva? Voleva una dannatissima prova per riuscire a credere a tutto ciò che gli avevo detto? Ebbene gliene avrei fornita una che non avrebbe potuto ignorare. Sapevo di potercela fare, me lo sentivo dentro, mi sentivo più consapevole e sicura di me ora. Percepivo la rabbia continuare a montarmi dentro e quando fu al suo apice le permisi di canalizzarsi altrove. Raccolsi la mia bacchetta da terra e la gettai con impudenza contro la nuca di Harry per fargli capire che non l'avrei usata, che non mi sarebbe servita e che diamine quanto avrebbe fatto meglio a non giocare a sua volta con il fuoco.
    tumblr_74fe3abf1a4485c1af07475b495f8fb6_c213bbf9_540_0
    «Glacius» Scandii bene le parole visualizzando la porta d'ingresso al bagno dei prefetti nella mia mente. Non ci vollero nemmeno un paio di secondi prima che dal legno fuoriuscissero spuncioni ghiacciati che si allargarono lungo buona parte della parete in larghezza e fino al naso di Harry in lunghezza. Voleva prove? Voleva delle dannatissime prove su quanto poco scherzassi quando avevo ammesso che il mio potere poteva ferire o uccidere? Ebbene ora eccole lì, proprio sotto al suo naso a ricordargli che mi ero fermata ancora una volta abbastanza in tempo evitando il peggio, ma che nulla di buono sarebbe potuto uscire da quel dono tanto instabile e pericoloso. Non ebbi nemmeno il tempo di gioire del controllo appena avuto su quell'incanto elementale che le ginocchia mi cedettero per la fatica e mi obbligarono a cadere sul pavimento ricurva e protesa davanti a me con i gomiti e gli avambracci a proteggermi. Avevo esagerato, avevo deciso di utilizzare ben più energia di quella che grazie al bacio di vitalità donato al Serpeverde mi era rimasta e ora ne pagavo le conseguenze. Sentii il volto avvamparmi questa volta per la fatica e lo sforzo fatto e cominciai a sudare freddo sentendomi decisamente uno straccio inzuppato d'acqua e poi strizzato così forte da farlo rattrappire. «Ti basta come prova di sincerità?» Squittii con un filo di voce tossendo e percependo un forte mal di testa impossessarsi di me fino a farmi scoppiare le meningi dal dolore. Che gli bastasse o meno dubitavo di avere altro da dargli in quel momento e forse, se ancora non si fosse deciso a credermi, era meglio così.

    ★ ★ ★
    Caposcuola Corvonero | Mailbox | Pensatoio
     
    .
  15.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    173
    Location
    Richmond Upon Thames, London, UK

    Status
    i'm sleeping

    Harry Barnes

    casa
    18 anni - V anno
    *possibile violenza, linguaggio volgare o offensivo

    La bionda dovette credere che la stessi prendendo in giro, ma in quel momento ero serissimo sulla possibilità di una possessione. Ma, dopotutto, un posseduto non te lo direbbe mai. No?
    Eppure sembrava così tanto in sé, nel metter su una sceneggiata degna delle migliori soap opera babbane, qualcosa di così stupido che di certo il Barone Sanguinario non sarebbe stato in grado di elaborare. – Capisco – annuii per l’ennesima volta, le labbra arricciate e protese in maniera antipatica, indisponente, già pentendomi di aver insistito nel chiederle delle spiegazioni che, era chiaro: non sarebbero state altre che una stronzata dietro l’altra. Qualcosa per cui non valeva neanche la pena di prenderla in giro: che poi era ciò che lei stava facendo con me.
    Fottimi la corressi, per il solo gusto di infastidirla e darle contro. – Ah, no, attendi il bulgaro… – corressi questa volta me stesso, deglutendo con una nota di amarezza nella voce. Non ero stato altro che un modo per passare il tempo. Ma la domanda era: perché me la prendevo? Era ciò che io facevo con gli altri, né più né meno. Che cosa poteva fregarmene? E, più di tutto, che cosa avrei potuto aspettarmi? Non lo so, ma quella nuova realizzazione - che in realtà non era altro che la cosa più logica, alla quale non avevo volontariamente voluto pensare prima - rese il mio umore ancora più nero di prima.‘Sti cazziIn quel momento più che mai, non poteva fottermene di meno di che fine avesse fatto quell’essere inutile quanto tutti gli altri alla mia vita. Magari si sarebbe presto liberato un posto in squadra per accogliere un’altra gnocca, così, giusto per non far sentire tutta la pressione sessuale su una sola come piccioni su un tozzo di pane appena sfornato. – Ah, perché ti facevo pena? ringhiai, animato da nuova rabbia. – Beh sai che c’è? Io non ho bisogno proprio di nessuno, benché meno di te. Mi pare di essermi ripreso abbastanza bene anche senza il tuo aiuto… soprattutto considerato che tu stessa mi hai dato per più di un mese un motivo più che buono per crucciarmi, perché cazzo, sai che se c’è una cosa che davvero odio è essere ignorato. Gran testa di cazzo. – la offesi così, gratuitamente, cercando di sfogarmi a parole e tenere le mani al loro posto, costringendomi con tutte le forze a non fare qualche cazzata di decisamente irreparabile.
    2b44c0840ecd8470ca7d479347b522a53697f4cf
    ««Credi mi sia dimenticata cos'hai fatto nel bagno della festa?» mi irrigidii, raddrizzando la schiena al suo massimo, le labbra strette, mentre il fiume di offese si bloccava di netto. – Non pensavo ricordassi… – decisamente no. E ciò che disse un istante dopo, lo confermò: i tagli, il sangue, il mio sguardo tormentato. E si era anche resa conto che non fosse altro che opera mia. – Tu non sai un cazzo. Non sai un cazzo Skylee! – tuonai con un’ira che, questa volta, risaliva direttamente dal cuore, con una consapevolezza dolorosa, tanto che i miei occhi iniziarono ad appannarsi. – Fottuto Merlino! – mi portai entrambe le mani ai capelli e li strinsi forte, tirando il mio capo verso il basso, in una posa di totale chiusura, nel tentativo di sopprimere i pensieri e la frustrazione crescenti. Presi a dondolare nervosamente, iniziando a mordermi meccanicamente l’unghia del pollice sinistro, mentre la mano destra, oltre il bordo della vasca, premeva con le nocche contro il materiale duro di cui era composta, come a volerla sfondare. Tutto quello stress stava mandando in evidente tilt il mio stato psichico, causando una delle crisi nervose che mai, prima di quel momento, avevo mostrato a qualcuno.
    E neanche quello le avrei perdonato.
    La situazione si calmò lievemente soltanto quando quella si sbottonò la camicetta per mostrarmi qualcosa… qualcosa di orribile. «Un lupo mannaro... ovviamente…» corrugai la fronte talmente tanto da provar male alla fronte, o forse era solo il mal di testa che tutta quella discussione mi stava causando. – Mai stato più serio. Vai a fare culo, bionda. – le assicurai mettendo un piede oltre la vasca con la scarpa anch’essa fradicia, riempendo d’acqua il pavimento in cui, ormai, potevo specchiarmi. Ignorai le sue parole successive: volevo solo che smettesse di parlare, non la sopportavo più. – Non voglio più un cazzo da te Métis! Assolutamente un caaa…!!!! – la bacchetta della corvonero mi colpì dritta sulla nuca, e per la sorpresa, nell’atto di voltarmi, persi l’equilibrio anche grazie a una merda di pozza, che mi spinse a lottare contro la forza di gravità nel tentativo di tenermi in equilibrio su un piede solo. «Sei un idiota!» intanto quella continuò ad urlarmi dietro, parole che ero certo volessero sottolineare il fatto che stessi rischiando di spaccarmi la faccia (questa volta totalmente da solo), e che ignorai; qualcosa che non poteva assolutamente essere ignorato, però, era la stalattite di ghiaccio che, partendo orizzontalmente dalla porta del bagno, aveva quasi finito per entrarmi dentro agli occhi. Trattenni il fiato, gli occhi sbarrati, spostando lentamente la testa verso sinistra, nell’ammirare con un nodo di spavento allo stomaco l’impresa decorativa che la bionda aveva appena realizzato, evidentemente con la sola forza del pensiero, visto che la sua bacchetta stava giusto affiancando una delle mie scarpe. Il momento di silenzio fu spezzato dalla bionda stessa che, con un’amara soddisfazione, mi domandò: «Ti basta come prova di sincerità?» deglutii, voltandomi verso di lei, ma solo per vederla stramazzare al suolo.
    eac7a62948cf16544fa99f0653e1e0cbeb9e5d78
    – Skylee?? SKYLEE???! – corsi allarmato da lei, che sembrava esanime. Oh, rotta in culo, rispondimi! le ordinai, scuotendola, ma l’unica risposta che ricevetti fu il suo scivolarmi tra le braccia. – Andiamo, stronza…! – le sferrai una scarica di schiaffetti su una guancia, tentando di farla reagire in qualsiasi modo, ma senza risultati degni di nota. – Merlino strabico, dovevi proprio congelare la porta??!! Perché devi essere sempre così stupida!!!?? – domandai retorico rivolgendo lo sguardo quella parte della stanza completamente inagibile. L’unica cosa che avrei potuto fare era sciogliere tutto quel ghiacco con le fiamme, ma ci sarebbe voluto del tempo che forse la bionda, in quel momento, non aveva. In più non sapevo se quel tipo di ghiaccio fosse in qualche modo diverso, e per questo più difficile da eliminare.
    Le misi una mano sulla nuca, poggiai la sua fronte sul mio petto e presi a dondolare nuovamente per lo stress. – Ti credo, maledizione, ti credo!!! Smettila di spaventarmi! – la mia voce si incrinò, cercando nel suo volto un minimo segno di ripresa.


     
    .
21 replies since 20/4/2023, 11:56   372 views
  Share  
.
Top
Top