«Ragazzina?» Alzai divertita un sopracciglio prima di scoppiare un una fragorosa risata che non mi preoccupai di contenere rompendo il silenzio che proveniva dalla vicina foresta proibita.
«Ti ricordi che sei tu quello più piccolo fra i due, vero?» Gli feci strizzandogli con fastidiosa gentilezza la guancia quasi fosse un bambino importunato dalla zia di turno. Effettivamente gli anni che ci dividevano non erano molti, anzi, a dire il vero era solo poco più di un anno se la memoria non mi ingannava riguardo la sua data di compleanno, ma era sempre meglio puntualizzare, detestavo mi si desse della mocciosa troppo piccola per capire o fare qualcosa, figuriamoci poi se a dirlo era una testa di mandragola come Harry.
«Sto parlando di questo genere di stronzaggine... circa» Sibilai piccata quando il Serpeverde cominciò a brontolare per il mio braccio intrecciato al suo vedendomi bene dal rispondere alla frecciatina riguardante Axel. Non ne volevo parlare, non con lui almeno, sapevo bene che tutto ciò che avrei ottenuto sarebbero stati sguardi al cielo e lo stesso consiglio che poco tempo prima mi aveva dato: lascialo, ti fa solo stare male. Che poi... stavamo ancora assieme dopo quanto accaduto alla lezione? Non ne avevo idea... forse no, in fin dei conti il modo in cui mi aveva allontanato e schernito lasciava ben poco spazio all'immaginazione, che si trattasse di un motivo o di un altro, ma... ma la parte meno razionale di me non riusciva ad accettarlo, cazzo, non aveva il minimo senso, non era giusto e faceva troppo male per accettarlo. Mi continuavo a ripetere che doveva esserci una spiegazione dietro tale suo cambiamento, ma lui non mi aveva suggerito in alcun modo che quella potesse essere una recita, non mi aveva indirizzato alcuno sguardo fuggente mentre nessuno ci guardava, non aveva osato alcun tipo ti contatto e ben che meno mi era sembrato incerto o tentennante mentre mi ringhiava di lasciarlo in pace. Che fosse diventato così bravo a mentire e fingere? In fin dei conti lui come me aveva dovuto celare al mondo intero parti o verità di sé che non si poteva arrischiare a mostrare a chiunque, ma quel modo, quegli occhi tanto freddi e inespressivi, diamine, sembrava di avere davanti un'altra persona... come poteva quindi aver mentito con tata naturalezza, era impossibile. Pensavo pensavo e tutto ciò che ottenevo erano sempre nuove domande alle quali non vi avrei trovato risposta se a schiarire i miei dubbi non fosse stato Axel in persona.
«Tu ti ecciti veramente per cose molto strane, lo sai mio... amichetto gay?» Conclusi la frase riducendo la voce a un sussurro e saltellai velocemente indietro di qualche passo tirando a me il suo braccio che ora penzolava a mezz'aria per sfuggire a un eventuale vendetta o gesto sgraziato in risposta a quella mia innocente battutina.
«Suvvia suvvia, so che non lo sei, ma pensa positivo, con tale fama probabilmente qualche ragazza si arrischierebbe a cambiarsi davanti a te senza porsi alcun problema, guarda che ha i suoi vantaggi...» Sollevai le spalle facendogli un occhiolino di intesa. Quello era uno dei pochi modi che conoscevo per tentare di stemperare la gravità di alcune situazioni, cercare di minimizzare e riderci su mi era sempre sembrato un buon modo per evitare di fare i conti con la grandezza di alcuni problemi e in fin dei conti ridere faceva bene, no? Aveva senso, dai... o almeno per me lo aveva.
«Pfff, pure con un sacco dell'immondizia addosso rimarrei più bella di te» Sorrisi beffarda assumendo una posizione stoica e non mi preoccupai di mostrare alla luce del sole, o beh, del tramonto, la grandezza del mio ego che spesso tendevo a nascondere con la maggior parte delle persone per evitare di apparire ancor più antipatica di quanto già non risultassi a una prima occhiata, ma con Harry non c'è ne era bisogno, in quanto a ego avrebbe potuto fare le scarpe a molti e quindi non c'era nulla da temere nel mostrarmi per quella che ero. Sapevo di essere una bella ragazza, avevo una vita sottile, un corpo tonico e un altezza invidiabile; per quanto riguardava il viso forse non rispettava gli standard di bellezza comuni, con tratti morbidi e fanciulleschi simili a quelli di una dolce bambolina, ma avevo sicuramente il mio perché e mi distinguevo dalla massa spiccando proprio per tali differenze che mi contraddistinguevano quali ad esempio, oltre i lineamenti più spigolosi e duri, la mia lunga chioma color platino e i miei occhi eterocromatici che da sempre avevano mosso nelle persone tanta curiosità e sorpresa.
«Io sono una dura! Come osi?» Mi stava dando forse della mammoletta? Soffiai via dal viso d'alabastro una ciocca di ricci ribelli che proprio non voleva restare dietro all'orecchio e lo guardai di traverso cercabdo di assumere un espressione offesa. E perché mai non sarei dovuta essere una dura? Solo perché mi aveva visto piangere e ammettere in parte quanto spezzata fossi non significava che io non fossi forte, lo ero eccome, solo che alle volte i miei problemi erano così grandi da oscurare la mia forza d'animo, schiacciandola e sovrastandola giocando sporco.
«Non vedo perché dovresti vedermi male, sto benissimo» Risposi forse un po' troppo in fretta con tono piatto e quasi robotico. Era una bugia? Sì, eccome se lo era, ma se il mio ego era di modeste dimensioni il mio orgoglio era la stella madre di un sistema solare alquanto precario e instabile.
«Ho solo voglia di svagarmi» Continuai con la mia recita immagazzinando le ultime informazioni utili che il Serpeverde condivise. Non voleva andare ad Hogsmeade, soprattutto non al wonderland e mi sarei dovuta stringere forte a lui per smaterializzarci verso la sua città. Evitai di dire che forse sarebbe stato meglio se a smaterializzarci fossi stata io essendo probabilmente la più esperta fra i due nel compierla, amandola e utilizzandola forse più spesso del dovuto, non volevo ferire il suo orgoglio e immaginavo che pure lui, visto che si era proposto di utilizzarla con tanta tranquillità, non se la cavasse male.
Il rumore della metropoli Londinese riempì subito le nostre orecchie e ci informò che ci eravamo lasciati il castello alle spalle senza alcuna rottura o incidente del caso. Tirai fra me e me un sospiro di sollievo e mi concessi di guardarmi attorno; dovevo ammettere che le grandi città mi avevano da sempre fatto uno strano effetto, non ero abituata a stare in mezzo a così tante persone e i rumori, le luci e i vari stimoli esterni erano in grado di confondere la mia mente facendomi sentire un pesce fuori d'acqua abituato ad una boccia troppo piccola. Storsi il naso all'udire di una melodia proveniente dallo strumento di qualche artista di strada nei paraggi, non mi piaceva affatto e se avessi dovuto dire la verità al cento per cento non era poi nemmeno troppo bravo a suonare, ma hey, queste erano le attrattive delle metropoli, del tutto contrastanti con quelle che ritenevo molto più uniche ed entusiasmanti che potevo trovare a contatto con la natura in qualche landa dispersa dimenticata da Dio.
«Attento che ti viene il torcicollo...» Scherzai divertita passandomi una mano sul viso al notare il modo decisamente poco discreto con il quale il Serpeverde aveva deciso di studiare il fondoschiena della ragazza davanti a noi.
«Sì, l'ho guardato» Ammisi onesta.
«Ma con discrezione... cosa sei una scimmia che non sa controllare i suoi impulsi tu?» Risi sotto i baffi scuotendo la testa divertita, erano così scontati gli uomini che alle volte facevano quasi tenerezza nonostante il loro intrinseco modo di fare viscido, quasi.
«Mh... non molta, ci sono stata poche volte e no, non ho mangiato ovviamente, chi mangia prima delle sette di sera?» Risposi tentando di nascondere il fatto che in realtà a Londra ci fossi stata già abbastanza volte da permettere a una normale persona di orientarsi, peccato però che io non ero una di quelle persone normali e che di orientarmi in giro per il mondo non vi era verso. Ero bravina a farlo nei boschi adiacenti a casa mia in Alaska, ma nelle città o nei posti grandi in generale ero veramente pessima, durante il mio primo anno a Hogwarts mi ero persa così tante volte per il castello che i fantasmi avevano cominciato ad avere pietà di me e a indicarmi la giusta via ogni volta che ne incrociavo uno, non lo sapeva praticamente nessuno di questa mia grave incapacità ed io mi vedevo bene dall'andare a raccontarlo in giro, troppo imbarazzante.
«Ma che cazz» Boccheggiai confusa sentendomi spingere verso il muro di un qualche edificio dietro di noi da Harry, che senza scomporsi minimamente si premette contro di me intimandomi di fare silenzio.
«Che cavolo fai?» Chiesi strabuzzando gli occhi nel notare che si rigirava un portafogli fra le mani estraendone le banconote al suo interno prima di gettarlo per terra.
«Sul serio, che cazzo fai?» Gli picchiai una spalla con la mancina per attirare la sua attenzione.
«Lavoro? E da quando i figli di papà come te devono lavorare?» Ricordavo piuttosto bene il modo in cui si vantava sempre di appartenere a una prestigiosa famiglia benestante, perché mai allora avrebbe dovuto commettere certe azioni giustificandole con un banalissimo "questo è il mio nuovo lavoro", non aveva senso.
«Sei per caso cleptomane? Perché se no sul serio, che diamine fai?» Non ero nessuno per giudicarlo, non dopo le attività illegali che io stessa avevo dovuto compiere assieme ad Axel ed Ethan, rubare dei soldi al confronto era quasi come rubare le caramelle a un bambino, ma non vi ci vedevo il senso e continuavo a non trovare una spiegazione a quanto diceva.
«Ho i soldi per mangiare... quando ho detto che avresti dovuto sponsorizzare tutto te scherzavo... e comunque se non volevi spendere il tuo prezioso denaro bastava dirlo, non serviva prendere quello di qualcun'altro» Sussurrai sconcertata agrottando le sopracciglia mentre riprendevamo a camminare come se nulla fosse, nemmeno sapevo dove ci stesse portando, ma una cosa era certa, gli avrei dato il tormento finché non mi avesse spiegato perché aveva fatto ciò che aveva fatto.