Suddenly

Axel.

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar


    ★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    158

    Status
    spymode
    mike
    Stanca ma felice. Due stati d’animo che, negli ultimi tempi, riuscivano a convivere in lei senza particolari problemi. Se da un lato avvertiva un senso di spossatezza, dall’altro sentiva il bisogno di vivere minuto per minuto quell’esistenza che, di punto in bianco, sarebbe potuta terminare per mano di coloro che, chissà in quale punto del mondo, iniziavano a muoversi per riprendersi ciò che, secondo loro, gli apparteneva senza alcuna riserva. Nel giro di poco, quindi, Rain era divenuta l’oggetto del loro desiderio e, conoscendoli bene, era certa che non si sarebbero arresi davanti a nulla. Dritti all’obiettivo. Dritti a lei, evitando giri superflui. Si trovava in pericolo. La sua visita estiva nella casa dei genitori adottivi le aveva confermato quel pensiero ma, d’altra parte, non sentiva il bisogno di vivere nell’ombra anzi, al contrario, con grande determinazione, aveva deciso di esporsi a tal punto da risultare anche un facile bersaglio. Stupida? Fatalista? Punti di vista differenti che non avrebbero cambiato il suo. Non le importava. Nessun limite. Neanche se questa libertà, avesse segnato definitivamente la sua fine. Ombre tetre. L’oscurità sembrava avvolgerla completamente e, per quanto si sforzasse ad operare per autoconvincersi, l’idea di dover affrontare la situazione in totale autonomia la spaventava. Fino a quel momento solo una persona era a conoscenza, in parte, dei fatti accaduti nei mesi precedenti. Nathan Knox. Il Grifondoro che, come un fulmine a ciel sereno, si era fatto largo nella sua quotidianità, ritagliandosi uno spazio così importante da indurla a credere di provare qualche cosa nei suoi riguardi. Galeotta fu una notte di fine estate quando, dopo una serata in compagnia, si era lasciata andare tra le sue braccia, ritrovando quella sensazione di protezione che raramente aveva riscontrato nelle relazioni precedenti. Se così si poteva dire, effettivamente. Diamond Rain Scamander. L’emancipazione fatta a persona. Così inavvicinabile. Altamente tossica e decisamente esasperante. Una persona particolare, difficile da catturare e da gestire. Impossibile da far innamorare. Rain. Colei che, dopo attente riflessioni, cominciava a vacillare, lasciandosi trasportare da emozioni semi sconosciute ma fruitrici di felicità, la stessa che, in qualche modo, riuscì ad offuscare la stanchezza, gentile regalo dell’ansia provata a raffica durante ogni singolo minuto della giornata.
    Aumentò il passo, mantenendo lo sguardo dritto davanti a sé. Fiero e sicuro. Il solito portamento indifferente. Distante. Nessuno si azzardava a rubarle neanche un istante. La sua figura si muoveva leggiadra e indispettita lungo il corridoio. Le lezioni erano giunte al termine e il bisogno di rintanarsi all’interno della sua Sala Comune, poteva dirsi la sua priorità assoluta ed indiscussa. La pesantezza delle attività si erano sommate all’esaurimento e, dopo quello stress, il suo sistema nervoso necessitava di un’attività rilassante e, allo stesso tempo, costruttiva. Optò per la lettura. Niente di impegnativo ma, comunque, utile ad aiutarla nella sue evasione momentanea da quel mondo ricolmo di preoccupazioni. Si lasciò la luce alle spalle e, più determinata che mai, scese negli inferi in quel dei sotterranei percorrendo nella semi oscurità la distanza che la separava dalla quiete. Varcò la sogli e immediatamente il tepore del camino giunse a lei, riscaldandole la pelle e provocandole un brivido confortante lungo la schiena. Si guardò intorno e, con sua grande sorpresa, constatò quanto quel luogo non fosse molto gettonato in quel frangete. Fatta eccezione per qualche anima disperata, sparsa qua e là, affaccendata a fare chissà cosa, il silenzio regnava sovrano, rotto da qualche sporadica risatina isterica da parte di mocciosi esagitati per un nonnulla. Si protese in avanti e stava per abbandonare la nave quando, a qualche metro da lei, di spalle si ergeva la possente figura più che familiare del bulgaro più famoso di Hogwarts: Axel Dragonv. Il suo amico speciale. La persona con la quale riusciva ad essere sé stessa, lasciando da parte quelle maschere alle quali era abituata a far ricorso e, soprattutto, quei freni inibitori che non facevano bene al suo spirito libero. Si avvicinò di soppiatto. Lo sguardo cadde, inevitabilmente, sul suo fondoschiena ma, per qualche assurdo motivo, non le suscitò la solita reazione per quanto perfetto risultasse ai suoi occhi. Oggettivamente, il moro, poteva essere definito un gran figo, capace di esercitare una fortissima attrazione sessuale non solo su di lei ma, anche, sulla maggior parte della popolazione femminile presente in quel castello. Un punto a suo favore. Una caratteristica fondamentale per impersonare il ruolo di playboy che gli calzava a pennello. Che le stava accadendo? Allontanò l’inevitabile pensiero, decidendo improvvisamente di palesare la sua presenza tramite un abbraccio da dietro. Gli circondò la vita e, subito dopo, uscì allo scoperto, portandosi davanti ai suo sguardo, credendo di trovarlo letteralmente perplesso. Quale mente instabile si sarebbe mai sognata di avanzare nei suoi confronti un gesto tanto intimo, senza temere una ripercussione? Beh, solo una grande faccia di merda. La faccia di merda di una rossa a caso. Si alzò sulle punte e posò lo sue labbra cremisi sulla sua guancia, strappandogli un casto bacio, come fosse un gesto consueto al quale l’aveva volutamente abituato. “Buonasera, straniero!” Si allontanò di qualche passo, attratta dalla poltrona in velluto verde scuro, posizionandosi comodamente, senza perdere il contatto visivo con il ragazzo. “Mi stavi aspettando?” Certo che no. Per quanto si fossero divertiti, era consapevole di non essere affatto al centro del suo mondo. Proprio per quel motivo, fino a poco prima di comprendere la suo nuova realtà, Rain, si era dedicata al piacere in sua compagnia, senza impegno. Nessuna pressione. Nessuna promessa. Niente che potesse etichettare un legame che, comunque, poteva definirsi solido seppur l’esclusività non era mai neanche stata sfiorata. Una perfezione che, forse, sarebbe stata infranta dai sentimenti provati nei confronti di un altro uomo. “Sono davvero felice di vederti. Un po' di intimità insime al mio amico del cuore. Mi ci voleva.” Gli impegni si erano susseguiti in una modalità devastante. Il tempo libero si era ridotto ai minimi termini e il suo rendimento scolastico si trovava in cima alle sue priorità, così da poter innalzare le sue aspettative verso un futuro roseo che, contro ogni previsione, credeva fermamente di meritare. “Allora? Non hai nulla da raccontarmi?” Piegò la testa di lato, lasciando che i suo capelli raccolti in una lunga coda ordinata, finissero sulla sua spalla. Prese tempo, conscia di dovergli una spiegazione riguardante le insinuazioni proposte al falò di inizio anno, durante il loro cammino verso la festa. Se ne era scordato? Probabilmente. Eppure, prima di congedarsi da lui, avrebbe vuotato il sacco, speranzosa di poter ricevere delle dritte sui comportamenti da tenere in quella difficoltà dalla quale non riusciva a riemergere. Un consiglio disinteressato e obiettivo. Non avrebbe potuto chiedere di meglio.


    Edited by acid rain. - 5/1/2024, 21:07
     
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Advanced Member
    ★★★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    1,162
    Location
    Bulgaria

    Status
    spymode
    axel
    axel
    Non gli capitava spesso di chiedersi cosa lui volesse, non si concedeva quasi mai questo lusso ma, ora che era all’ultimo anno quel pensiero era diventato qualcosa di ricorrente qualcosa che, a momenti disparati, quando meno se l’aspettava, tornava a bussare dall’oblio del suo subconscio. Forse il motivo trovava anche risposta in quel corpo docenti che altro non faceva che ricordargli l’imminente arrivo dei M.A.G.O. e con essi la necessità di pensare proprio a quel futuro che il mannaro aveva voluto tenere così tanto distante da sé. In realtà Axel aveva ben poca scelta in merito. Due erano le opzioni: ritirarsi in Bulgaria assumendo il ruolo per la quale non era nato ma che il destino gli aveva propinato con una dinamica al pari di un fottuto scherzo, oppure, fondamentalmente non scegliere e lasciare tutto inalterato continuando quello che era il suo lavoro per il padrino. Da un weekend sarebbe passato ad un full time per il mago, un bel upgrade per Ethan, per la sua fedina penale decisamente meno. Due opzioni, quando c’era persino chi non ne avesse mezza ma il Dragonov non poteva fare a meno di rapportare il contesto. Cosa sarebbe stato meglio? Non avere opzioni o avere quelle come alternative. Più ci pensava e più una smorfia di malcontento prendeva possesso dei suoi lineamenti esplicitando quel disagio che invece a parole non trovava spazio. Perenne mutismo, perenne introversione in quello che era un infinito dialogo tra sé stesso e lui. Non c’era spazio per eventuali consultazioni così come non c’erano persone degne di quell’apertura che avrebbe richiesto un certo grado di esposizione e fiducia. Gli mancava avere la comprensione ed il supporto di qualcuno? No e questo perché in vita sua del supporto lo aveva avuto, e in maniera del tutto distorta, da suo padre. Il suo vero padre, il duca Dragonov. Dimitar aveva intuito il potenziale, quella propensione alle attività fisiche e al combattimento ed aveva incentivato i due suoi figli maggiori a quella pratica. Fine. Per altro non c’era stato spazio se non imparare quale fosse il suo posto nella gerarchia di comando abbassando il capo quando era il diretto superiore – Ethan – a parlare. Non c’era stato spazio per forme di dialogo, di comprensione o qualsiasi genere d’apertura. Introspezione pura che, a volte, lo portava decisamente a sbagliare sia nell’atteggiamento che nella strada da prendere. Il dialogo, le relazioni e lo scambio verbale fulcro per la crescita di un individuo erano quindi campo del tutto inesplorato.
    Con uno schiocco di disapprovazione della lingua allontanò il mozzicone dalle labbra strisciandolo, senza il benché minimo rispetto, sul dorso gelido della parete in pietra finendo poi per gettarlo senza particolare riguardo di dove quello stesso mozzicone andasse a sporcare. S’infilò ambo le mani tasca sbattendo gli anfibi sull’ultimo gradino scacciando quello che era lo sporco esterno di troppo dalla suola per pura forza dell’abitudine prima di entrare nel caldo riparo rappresentato dal castello. Si scrollò di dosso il freddo accogliendo quel tepore che nel giro di poco si sarebbe trasformato in vero e proprio caldo tale da richiedere la svestizione di parte dell’abbigliamento superiore a cominciare dal mantello per concludersi con il maglione e chissà, magari sarebbe saltato anche qualche bottone della camicia insieme ad una cravatta decisamente più allentata. Quanto non sopportava quella divisa. Così elegante atta a dipingerli come dei damerini dell’alta società. Tutti perfettamente vestiti e tirati a lucido in quello scomodo abbigliamento che per le attività proposte era ben poco utile alla causa. Decisamente meglio quanto rimpianta la divisa della scuola del nord disegnata appositamente per tenere conto delle discipline che i ragazzi avrebbero affrontato alla temperature in cui era situato il castello ma il tutto senza mancare di strizzare l’occhio ad un’estetica decisamente più di suo gradimento (militare, ndr).
    Discese le scale diretto alla sua Sala Comune passando per una sosta nella sua stanza che si tramutò in una fermata di passaggio quando la trovò occupata dal robot intento a – far cosa? Amoreggiare? – con la sua biscia del cazzo. Diede in una smorfia di disgusto arraffando un libro lasciato in precedenza dalla scrivania per levare immediatamente le tende. No grazie! Quel tipo non lo aveva ancora inquadrato del tutto proprio perché aveva uno strano modo di fare ma finché stava nel suo e non s’impicciava dei fatti suoi, potevano coesistere più che serenamente. Diverso era il discorso di quando aveva condiviso la stanza con Harris. Con lui era stata una convivenza sul filo del rasoio partita con il piede sbagliato e di certo non per colpa del bulgaro in quanto non era stato lui a ficcanasare a più occasioni negli affari altrui pensando bene di provocare l’altra parte con giudizi richiesti nemmeno per il cazzo. Ma aveva imparato a capire che il mannaro fosse così – un’idiota – pertanto meno confidenze e adito gli dava e meglio stava. Forse il motivo era da ricercarsi nella natura di entrambi: entrambi maschi e di carattere, chi più chi meno, e soprattutto entrambi mannari ed in quanto tali già di per sé parecchio su di giri. Bastava un nonnulla perché la scintilla si tramutasse in un feroce incendio.
    Arrancò fino alla Sala Comune dove si appropriò di una poltrona in prossimità del focolare del camino e vi sprofondò dentro scompostamente aprendo il libro totalmente a caso. Che voleva leggere poi? Chiuse l’indice al suo interno girando la copertina: Trasfigurazioni. Ma che aveva fatto di male? Sbatté le palpebre, l’espressione dolorante mentre ciondolava il capo che successivamente lasciò andare contro il palmo aperto. Che due coglioni essere alla fine! C’era un compito/relazione/prova ad ogni respiro e talvolta toccava anche ad un tipo come lui di aprire effettivamente il libro smettendola di campare di rendita e scaltrezza. Una prima letta al titolo – “L’arte dell’invisibilità” – e forse alla prima riga che già uno sbadiglio lo distrasse dalla lettura. Mugugnò spronandosi alla concentrazione prima di ritentare per il quarto d’ora successivo quando, giocherellando con le pagine tra le mani gli finì la lettera che vi aveva buttato dentro qualche giorno prima. La lettera proveniva da sua madre, l’ennesima, ma questa volta non era una missiva qualunque con la quale sua madre gli rompeva i coglioni per qualcosa, era un invito. Su carta intestata con tutti gli svolazzi ed i paroloni del caso che in pratica incastrava la sua presenza, in quanto duca, alla cena della vigilia con la quale avrebbero atteso l’arrivo del Natale tutti insieme. Axel la fissò mentre una nuova smorfia di disgusto ne piegava i lineamenti. Fare il duca... Che gran bella merda! La estrasse dalle pagine piantandosela davanti agli occhi smeraldini passando con lo sguardo ogni centimetro di quegli svolazzi arzigogolati dalla grafia di Elèna, percepiva persino il profumo della donna. Chiuse il libro alzandosi in piedi e, lettera alla mano, si avvicinò al focolare rimanendo in piedi a contemplare le fiamme. Fissò ancora lo scritto, la data, il modo in cui si appellava agli invitati ed il modo in cui parlava di lui con la pretesa di poter disporre della sua figura e presenza a piacimento... e la gettò tra le fiamme osservando la carta bruciare senza alcuno sforzo.
    Furono due braccia avvolte attorno alla sua vita e la pressione di un viso contro la sua schiena a richiamarlo dai meandri dei suoi pensieri. Per qualche motivo era certo fosse Freya, la bella moretta – e mannara – che aveva cominciato a frequentare da circa l’inizio della scuola ma il profumo e la chioma di capelli rossi identificarono un’altra persona altrettanto nelle sue grazie. La Scamander lo tirò costringendolo ad abbassarsi nella sua direzione quel tanto da stampare le sue labbra fulve sulle guancia, probabilmente lasciandogli il segno.
    «Straniera!» Sulle labbra prese immediatamente forma un sorriso mentre la mano andava a poggiarsi coprendo le braccia esili della Scamander.
    «Mi stavi aspettando?» Il sopracciglio scattò in direzione del soffitto lasciando tuttavia che il sorriso ne addolcisse i lineamenti. Come no! Ma dalla sua bocca uscirono altre parole. «Certo. Sono nato per questo» mentì spudoratamente sciogliendo gentilmente l’intreccio delle braccia della rossa per girarsi all’interno di quella stretta. Le avvolse le spalle poggiandosi con un braccio su di esse mentre con la dominante andava a cercare il suo bel visino per sollevarle il mento chinandosi per ricambiare quel bacio sulla bocca di lei se glielo avesse concesso o, altrimenti, sulla fronte se avesse cercato di svicolare sollevando senza dubbio un interrogativo nel bulgaro. In ogni caso, preso da uno slancio d’euforia si sarebbe chinato passandole le braccia dietro alle ginocchia per sollevarla da terra, senza il benché minimo sforzo, prima di portarla alla poltrona che aveva occupato qualche attimo prima per ributtarsi con questa volta la rossa addosso a fargli da intrattenimento. Una compagnia decisamente migliore del suo libro di Trasfigurazioni.
    «Amico del cuore. Ouch Scamander! Così mi offendi... pensavo d’essere tuo marito a questo punto», in fin dei conti avevano passato un numero di tempo e di volte non indifferente insieme sotto le coperte. «Cos’hai da dirmi, bellezza? Sei strana ultimamente» e per strana intendeva che non la trovava più in intimo ad aspettarlo nella sua camera. «Non me la conti giusta» incatenò gli occhi verdi in quelli scuri della verde-argento sollevando un sopracciglio prima che gli stessi scivolassero tentati dalle labbra rosse – e invitanti – di lei. Magari avrebbe preso un altro bacio.

    Buon Natale, Zoc 🖤
     
    .
  3.  
    .
    Avatar


    ★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    158

    Status
    spymode
    mike
    Si sentiva nervosa. Agitata. Stava per fare qualche cosa che non aveva mai fatto prima. Totalmente impreparata. In balia di dubbi esistenziali, lancinanti e pericolosi per una come lei, da sempre convinta di avere il coltello dalla parte del manico. Inutile puntualizzare. La faccenda stava sfuggendo di mano e la fragilità derivata, sì, la spaventava a morte. Quanto avrebbe voluto fingere indifferenza. Era sempre stata brava a mostrarsi frivola, menefreghista –a tratti narcisista-. Che era accaduto? Aveva sentito parlare delle famosissime cotte adolescenziali. Spesso si era intromessa nei discorsi di quelle povere ragazzine succubi del concetto di amore, sputando sentenze non richieste e suggerendo loro di farsi una scopata liberatoria. Facile, no? Il suo castello, dopo la breve frequentazione con Nate, si era disintegrato, travolgendo la vecchia lei e lasciando spazio a una persona nuova, sconosciuta e fin troppo seria per i suoi gusti. Tanti erano stati i cambiamenti e non solo dal punto di vista emotivo/sentimentale. L’estate le aveva lasciato un retrogusto amaro, proiettandola in una realtà drasticamente diversa da quella alla quale era abituata. I suoi genitori biologici le davano la caccia. Quelli adottivi, invece, si trovavano da qualche parte nel mondo, probabilmente sottoterra e privi di vita. Si era ritrovata sola, dall’oggi al domani. Senza neanche poter lottare per ripristinare quell’equilibrio perduto per sempre. Sospirò e terminò la sua corsa disperata verso l’unico luogo che, con estrema naturalezza, riusciva a considerare come una vera e propria seconda casa. Il suo rapporto con l’ambiente scolastico era stato conflittuale ma, dopo mille peripezie, era riuscita ad entrare nel sistema e, senza particolari problemi, a scalare la vetta della classifica degli studenti più brillanti. Sapeva cosa si diceva sul suo conto ma, d’altra parte, come si soleva dire: non ti curar di loro ma guarda e passa. Non che fosse facile ma non lo trovava neanche così arduo, grazie al suo modo di porsi nei confronti della plebe. Una volta giunta a destinazione si guardò intorno, pregando tra sé e sé di poter passare i minuti successivi in una bolla di tranquillità. Un universo parallelo che l’avrebbe protetta dagli eventi negativi e tedianti. Allo stesso tempo, la rossa, si trovava consapevole di una cosa, ossia di dover trovare il coraggio di parlare ad Axel di una certa cosa. Come avrebbe reagito alla sua confessione? Sarebbe stato felice per lei? Avrebbe finto che non fosse mai esistita? Lei stessa si era risentita quando, il bulgaro, si era dedicato alla sua amichetta bionda. Perché per lui sarebbe dovuto essere diverso? In ogni caso avrebbe accettato qualsiasi responso, non essendo nella posizione adatta per dettare legge. I suoi occhi percorrevano ogni centimetro della Sala Comune quando, in un angolo remoto, scorse l’imponente figura dell’oggetto dei suoi pensieri. Il momento era arrivato. Non le restava altro se non fare ricorso a tutto il suo sangue freddo, affrontando a muso duro la circostanza. Lo agguantò da dietro, circondandogli la vita con le esili braccia, immediatamente sovrastate da quelle possenti del ragazzo che, come sempre, non si fece trovare impreparato. Che fosse l’istinto fin troppo allenato, o qualche altro motivo a lei oscuro. Il moro, però, sembrava in perenne allerta. Poco male, avrebbe evitato problemi inutili alle coronarie. La accolse con un sorriso che e fece salire ancora di più l’ansia. Era davvero pronta a lasciarlo andare a favore della monogamia? Gli estremi sembravano esserci tutti. Dalla A alla Z. Se fosse un bene, beh, l’avrebbe scoperto in itinere, dopo le prime litigate o i primi problemi di coppia. “Bugiardo!” Replicò fintamente scettica. Che non fosse al centro dei suoi pensieri era più che assodato ma, per qualche assurdo motivo, sembrava realmente interessato a lei. Un interesse che aveva tutta l’aria di una potenziale amicizia. Con benefici, ok. Ma pur sempre amicizia. Il suo tono tradiva il suo tentativo di accondiscendenza, nonostante il divertimento. Una strana danza ebbe inizio e, finalmente, si trovarono faccia a faccia, come in un giorno qualunque, caratterizzato da gesti che avevano assunto una nota abitudinaria. Le sollevò il mento e posò le labbra sulle sue che, prontamente si serrarono. Un comportamento atipico che non sarebbe passato inosservato. Si allontanò quel tanto che bastava per ritrovare la cognizione di causa per continuare sulla retta via ma, d'altra parte, la montagna avrebbe comuunque avuto la meglio. Inutile sarebbe stato ribellarsi al suo volere di raggiungere la poltrona. Lo lasciò fare, fingendosi indispettita “Scusa.” Tossì forzatamente, sfociando nel melodramma. “Credo di aver contratto qualche malattia strana.” Certo, il vaiolo di drago. Portò la mano alla gola, stringendola leggermente e continuando la sua sceneggiata da quattro soldi, alla quale non avrebbe creduto neanche in seguito di un ictus. “Salvati!” Almeno tu. Ma andiamo. Posò una mano sul suo petto e lo spinse via, con fare angoscioso. Oh, sì! Si sarebbe reso conto che qualche cosa, nel suo comportamento, non andava e ciò avrebbe sollevato più di una domanda. Se lo meritava. Così avrebbe imparato a cacciare le palle immediatamente. Evitando mezzucci del cazzo, utili solo a rimandare l’inevitabile. Rilassò le spalle e si arrese. Piegò la testa di lato ed ascoltò le battute proprio riguardanti il loro legame. Forse sarebbe stato più facile essere, ufficialmente, la sua ragazza. In fin dei conti, le loro anime si trovavano sulla stessa lunghezza d’onda. Se solo avesse scelto lei, mesi prima, al posto della Corvonero tutto fumo e nient’arrosto, in quel momento, sarebbe stato più facile. Ma, lei in primis, non si era mai posta nei suoi confronti, avanzando pretese che si sarebbero trasformato in un dovere che non era in grado di gestire. Lei. Troppo spirito libero per essere ingabbiata, si era tenuta alla larga da ogni coinvolgimento che andasse oltre alla semplice unione fisica. Il tempo, però passa. I cambiamenti avvengono. E lì, davanti a quegli occhi dei quali conosceva anche la più piccola sfumatura, stava per ammettere anche a sé stessa di essere fuori dal mercato. Forse. “Sono ancora arrabbiata.” Non era la verità. “Preferire una bionda a una focosa rossa?” Irragionevole. “Che colpo basso!” Quella ragazza non le era mai andata a genio, soprattutto a causa dei suoi modi di porsi. Altezzosi e da principessa caduta in miseria. Ridicola. A distanza di anni, ancora non era riuscita a spiegarsi cosa avesse spinto il bulgaro ad intrattenersi con l’insipidità in persona. Ma la strana era lei. Certo, come no. “Io? Strana?” Inarcò il sopracciglio sinistro, fingendosi sorpresa. Ok. Abbandonare la nave. Prima di subito. Girare intorno alla questione, solo per temporeggiare non avrebbe cambiato le carte in tavola. “Sì!” Confermò la sua teoria basata, approssimativamente, sulle sue mancate visite in camera sua, negli ultimi giorni. “Sto frequentando una persona!” Si sentì sollevata. Come se quel macigno avesse abbandonato il suo stomaco. Lì, dove era rimasto per troppo tempo. “Credo!” Aggiunse, evidenziando la sua carenza in campo sentimentale. “Voglio dire…” Cosa? Stava di nuovo partendo per la tangente, trainata dal profondo disagio. “Sì. Mi vedo con Nathan!” Terminò, sostenendo il suo sguardo. Doveva ammetterlo, sarebbe stata dura resistere al fascino di quel ragazzone ma, da quel poco che aveva intuito, una presenza non troppo estranea, era entrata nella sua vita. Galeotto fu il falò. Rain si era astenuta dal porre domande ma, in quel frangente, le avrebbe fatto comodo giocare ad armi pari. “Credo che anche tu debba dirmi qualche cosa.” Paracula. “O sbaglio, amore mio?” Ironizzò, arricciando il naso ed avvicinandosi un po’ di più. Ruotò il busto e tentò di circondargli il collo con le braccia, al solo fine di provocarlo. Ops! Beccati. Confidati, amico mio!

    E TRE! TVB <3


    Edited by acid rain. - 6/1/2024, 01:33
     
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Advanced Member
    ★★★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    1,162
    Location
    Bulgaria

    Status
    spymode
    axel
    axel
    C’era una cosa che i rapporti umani avevano in comune con i duelli: se si lasciavano intravedere i propri punti deboli si era spacciati. Una retorica quasi crudele per quanto intrisa di cinismo ma che per il bulgaro rappresentava una verità che lungo il corso della sua, seppur breve, vita era arrivata a ripetersi alla stregua di un mantra. Ogni capitolo della sua esistenza fino a quel momento era stato caratterizzato da un evento che altro non aveva fatto che rafforzare quell’affermazione, quell’insegnamento oramai a tutti gli effetti e lui, da bravo allievo, aveva appreso e messo in atto lasciando che quello scudo di impassibilità finisse per diventare un tratto distintivo della sua personalità. Niente era quello che sarebbe dovuto passare all’esterno. Non un lamento, non un’espressione. La pura impassibilità che lo avrebbe reso impenetrabile agli occhi dei nemici e, purtroppo, anche a quello degli affetti più cari per quanto di realmente vicino alla sua persona nella realtà dei fatti non considerasse nessuno. C’era stato un tempo nella sua vita in cui una sola persona s’era avvicinata così tanto alla sua essenza ma quella persona seppur non lo ricordasse più era stata cancellata, spazzata via nella sua interessa estirpando ogni singolo ricordo positivo legato ad essa. Ethan aveva fatto una lavoro con i fiocchi, certosino per certi versi, tagliando ed incollando selezionando ogni singolo che frame che il bulgaro e la nipote avessero trascorso in comune. Nulla era stato lasciato, se non qualche frammento ad hoc che avrebbe permesso al ragazzo di farsi un’idea – sbagliata – di quella che non era stata la loro storia: s’erano frequentati, avevano scopato ma era rimasto tutto alla mera fisicità. Nessun legame e solo il fastidio dettato da quel carattere tanto complesso che contraddistingueva la oramai andata Corvonero. Con lo stesso fastidio l’aveva trattata il verde-argento quando quest’ultima aveva provato ad approcciarlo, l’anno precedente, in seguito a quella lunga sparizione di mesi che le aveva restituito un uomo cambiato, regredito allo stadio iniziale di quello che era stato il loro rapporto. Regredito all’Axel menefreghista, manipolatore e cinico che altro non faceva se non esaminare il suo tornaconto dando ben poco spazio a quella che era la natura sociale della sua parte umana. Axel difficilmente appariva come una persona calorosa e men che meno ogni suo gesto o frase – delle poche pronunciate – lasciava trasparire un’apertura tale nei confronti del prossimo che lo stimolasse a cercare un di più o che lo spronasse davvero a compiere un tentativo di scalfire quella corazza ma era lì che vi risiedeva la stessa chiave di volta: la perseveranza. Il giusto approccio, la giusta delicatezza e soprattutto la pazienza con quell’animo tanto freddo e riservato avrebbero ripagato restituendo quello che era il vero io del Serpeverde: una persona presente seppur a distanza sulla quale poter contare ciecamente, un uomo protettivo nei confronti di chi entrava a far parte del suo branco ed una persona solida alla quale potersi aggrappare ma queste erano tutte caratteristiche che difficilmente avevano trovato luce e che solo una persona aveva potuto apprezzare ma nonostante questo senza mai apprezzarlo davvero, senza mai sentire d’avere abbastanza, il necessario. Axel non era stato il suo necessario e proprio nel momento decisivo nella quale era stata chiamata a resistere e combattere per il suo uomo aveva lasciato che altre braccia lenissero la sua mancanza. Un dispiacere ed una delusione che fortunatamente, per come erano andati i fatti, non avrebbero infierito su quella personalità già di per sé molto chiusa e che invece avrebbe potuto conoscere le gioie del contatto umano nel significato più puro dello stesso. C’era speranza per quanto lui, in realtà, non fosse minimamente alla ricerca di una tale evoluzione e nemmeno la disdegnasse, eppure, lentamente il destino sembrava essersi messo autonomamente in moto indirizzandolo verso quel cammino. Proprio uno di quegli elementi andò a tampinarlo quella sera mentre corrucciato rifletteva sulla sua stessa esistenza perdendosi nel movimento delle lingue di fuoco che lambivano i tizzoni all’interno del camino della Sala Comune. Ipnotizzato ma non abbastanza per i suoi sensi che, perennemente in uno stato d’allerta, captarono l’avvicinarsi di qualcuno. Nella sua mente era un’altra la figura che aveva inconsciamente sperato avesse compiuto quel gesto ma con reale interesse aveva invece accolto la presenza di quel piccolo peperino dai capelli rossi. Rain Scamander era quanto di più vicino ad un’amica lui potesse vantare per quanto, la loro, fosse tutto fuorché un’amicizia di quelle convenzionali. I due avevano condiviso lo stesso letto – e non, i luoghi non erano mai stati oggetto di pudore – un numero di volte pericolosamente alto ma, nonostante l’innegabile chimica di cui il loro rapporto era intriso, nessuna delle due parti aveva finito per innamorarsi dell’altro/a. Stavano bene insieme, stavano ancor meglio a letto ma il tutto terminava in quel modo non riuscendo mai a sconfinare in quello che avrebbe tranquillamente potuto diventare un vero rapporto di coppia. Mancava il di più e soprattutto mancava quella volontà che avrebbe altresì cambiato le carte in tavola del loro rapporto. Tutto ciò però non era accaduto a loro ma non era una cosa della quale i due giovani sembravano soffrire o aver mai sofferto. Prendevano ciò che arrivava da parte dell’altro e lo accettavano di buon grado arrivando persino ad instaurare un piacevole legame, un legame che, però, non aveva mai sconfinato nella serietà. Almeno non fino a quella sera in cui la rossa, per la prima volta, rifuggì un suo contatto. “Che cazzo” le prendeva? Axel non era abituato ad essere rifiutato e men che meno da lei. La rossa fece per allontanarlo con uno spintarella al suo petto ma il bulgaro le afferrò immediatamente il polso strattonandola contro di sé.
    «Allontanati di nuovo Scamander e passerò alle maniere forti» ribatté abbassando lo sguardo negli occhi scuri di lei fermo, perentorio, autoritario. Una minaccia che durò il tempo di un respiro prima che l’angolo delle labbra del mannaro si sollevasse nel consueto ghigno beffardo onnipresente sul volto del verde-argento. Si chinò sollevando senza sforzo la rossa prima di trasportarla sulla poltrona occupata in precedenza.
    «Sono ancora arrabbiata.» Merlino. Il bulgaro buttò la testa all’indietro sbuffando sonoramente. Ci risiamo.
    «Ancora con questa storia?!» Tutte le volte finivano così. «Ci sono solo andato a letto un paio di volte, mica tutta questa gran storia!» Che poi la cosa che non capiva era perché la rossa sostenesse che avesse fatto addirittura coppia fissa con la Métis. Ma quando mai? Eh... quando... Ma questa era un’altra vita, smembrata, sepolta, sotto le macerie sulla quale il suo padrino aveva eretto le fondamenta dei suoi nuovi ricordi. Skylee altro non era stata che l’ennesima, un numero, una tacca da spuntare tra le sue conquiste e nulla più. La fastidiosissima Corvonero dai modi snob ed altezzosi, la prefetta-perfetta che buona parte della scuola guardava sollevando gli occhi al cielo, nulla di più se non qualche scopata atta a farla stare zitta, atta a cancellarle il disprezzo che aveva tanto decantato nei suoi riguardi che invece, incredibilmente, spariva quando si trattava di succhiargli l’uccello o farsi scopare ansimando come una disperata mentre le regalava il miglior orgasmo della sua vita. Un classico. Più la facevano difficile e più in realtà bramavano le sue attenzioni. Così scontato da essere noioso, insoddisfacente poiché, alla fine della fiera, era un finale del tutto scontato. Eppure la rossa sosteneva tutt’altra storia.
    «Ma per piacere!» Si passò la dominante tra i folti capelli scuri ravvivando all’indietro la capigliatura gonfiando le guance a causa del disagio. Tamburellò il palmo sul lato della poltrona prima di depositarlo sulla coscia scoperta della Serpeverde, stringendone appena, con possesso, le carni. Sarebbe stata questione di niente permettere alle dita di scivolare sulla pelle candida della rossa scomparendo al di sotto della gonna. Gli occhi scesero alle labbra rosse, invitanti, di lei e in un istante ne furono ipnotizzati portandolo a staccarsi dallo schienale nel tentativo di un nuovo bacio che, nei suoi piani, avrebbe acceso immediatamente la Serpeverde. Ma lei lo allontanò.
    «Strana! Sì!» Ora era decisamente troppo ed il rifiuto lo stava decisamente irritando per quanto a differenza della minaccia che poco prima le aveva riservato non avrebbe mai alzato un dito contro la sua volontà e per quanto si fossero dilettati anche in “giochi di potere”, Axel sapeva riconoscere un “no” e per questo fermarsi. Non era un cazzo di approfittatore! Le donne, nella sua concezione, sarebbero andate a letto con lui perché lo volevano, non perché le avesse costrette.
    «Sto frequentando una persona!» Gli occhi verdi del bulgaro persero il piglio infastidito lasciando spazio allo stupore.
    «Quindi?» Non era la prima volta. C’era stato un periodo in cui aveva frequentato un Tassorosso – tale Bill, Quill o Will? Boh, poco importava – una delle loro migliori scopate quando lo smidollato non aveva retto il suo carattere. Una tale foga, energia. Si prospettava lo stesso?
    «E sarebbe?» Forse lo aveva sentito come nome ma non poteva esserne sicuro poiché il tipo, in quanto uomo, non rientrava nemmeno lontanamente nella sfera delle sue considerazioni. «Ah sì», fece poi annuendo quando la rossa gli servì l’assist: giocava come cacciatore per i Grifondoro. «Il biondino.» Aveva presente. Beh dai, in campo il tipo non era stato male e se a letto centrava l’anello come in campo… la rossa non cadeva troppo male.
    «Mh.» Anche se, quel discorso continuava a non piacergli, aveva i connotati di una pausa tra loro.
    «Credo che anche tu debba dirmi qualche cosa. O sbaglio, amore mio?»
    «Devo?» Replicò quasi a fior delle sue labbra quando quest’ultima gli circondò il collo avvicinandosi. Se faceva così col cazzo che sarebbe stato buono. Nathan o non Nathan, figurarsi che cazzo gliene fregava a lui del tipo.
    «No davvero. Che vuoi che ti dica?» Sollevò un sopracciglio preso in contropiede dalla genuina curiosità della Serpeverde che lo portò lentamente – molto lentamente e con un aiuto – ad intuire dove volesse andare a parare: Freya.
    «Che vuoi sapere?» Era gelosa? Non capiva, perché gli chiedeva di Freya se si stava già vedendo col coso?


    Edited by Dragonov - 19/4/2024, 07:19
     
    .
  5.  
    .
    Avatar


    ★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    158

    Status
    spymode
    mike
    Neanche sapeva il perché fosse lì. Per cosa poi? Per cercare man forte? No. Non le era mai interessato di quello che potessero pensare gli altri. Ma lui. Le loro vite erano, seppur superficialmente, legate attraverso un’intesa che raramente si instaura con qualcuno di decisamente opposto. Erano amici. Speciali, sì. I benefici che ne avevano tratto erano lì, davanti agli occhi di tutti. Mai si erano nascosti. Anzi. Non mancavano di sottolineare quanto fossero vicini. Nessun segreto. Solo ed esclusivamente la normalità per lei. Si era tirata dietro l’odio di qualcuno? Probabilmente sì. Lo aveva letto negli occhi della biondina slavata, quella che qualche assurdo scherzo del destino era riuscita ad entrare nel cuore del bulgaro. Come? Un mistero, considerando il dito in culo che pareva portare con poca grazia, tra l’altro. Brutti ricordi che, fortunatamente, era riuscita ad archiviare. Quel periodo non era stato dei migliori. Doveva ammetterlo: aveva anche sentito la mancanza del ragazzo che, seppur libero da ogni dovere, faceva sempre parte del suo equilibrio e la presenza di Skyler, Sky, Skylee –come diavolo si chiamava quella sciocca?- l’aveva compromesso. Fanculo. Tutto era passato. La natura aveva fatto il suo corso e quasi tutto, era andato sistemandosi. E il suo amico era tornato. Beh, il tempo e le nuove conoscenze, poi, avevano fatto il resto e quella compromessa, proprio in quel preciso istante altri non era che lei. Che sia dannato Merlino! O anche no. Le sensazioni che provava, potevano dirsi differenti. La presenza di Nathan nella sua vita, lentamente, era servita come una sorta di medicina. Avvertiva il miglioramento anche se, tangibilmente, in pochi riuscivano a cogliere le sfaccettature che si erano insinuate nel suo animo. Come al solito riservata fino alla nausea, nona avrebbe permesso a molti di venire a conoscenza della sua piccola –grande- debolezza. O forse sarebbe risultata subito evidente, una volta uscita allo scoperto definitivamente. Ma prima, come giusto che fosse, il suo compito era quello di prendere il coraggio e svuotare il sacco, dando spiegazioni che, in realtà, forse neanche avrebbe dovuto fornire. Poco importava perché, una volta giunta nel covo dei figli di Salazar, la prima figura imponente che i suoi occhi nocciola incontrarono fu proprio quella della pietra dello scandalo. Tra una cosa e l’altra, fingendo un’indifferenza che non aveva neanche motivo di esserci, Rain, allontanò il moro per non incontrare irreparabili incidenti di percorso che, poi, avrebbero pesato sulla sua nuova relazione con il cacciatore di Grifondoro. Il suo gesto non piacque per nulla e, in tutta risposta, mossa da una forza tremendamente maggiore, fu strattonata a tal punto da tornare al punto di partenza: schiacciata contro il suo petto. Più vicina che mai. Ne derivò un avvertimento che, a prima vista, poteva sembrare minaccioso ma il tutto fu smentito da un ghigno. “Gni gni gni!” Lo canzonò, roteando gli occhi con la certezza che si trattasse solo di una burla. Un lato ben nascosto del Serpeverde che, di tanto in tanto, riusciva ad intravedere tra un'espressione burbera e un mezzo sorriso. Insomma, ci si accontentava.
    In un attimo si trovò nelle sue mani, come una fottuta marionetta e, subito dopo, su quella dannata poltrona, sulla quale per evitare ancora per qualche attimo il discorso, riportò l’attenzione su quanto fosse stato ingiusto ad abbandonarla in favore di quell’idiota. Croce sopra. Un torto difficile da perdonare. Andiamo. Esisteva davvero un paragone tra lei e il sorcio? Assurdo. Scelta sbagliata, piccolo grande uomo! Certo, punti di vista. Ma quello della Scamander valeva un po’ più di quello degli altri, con tutta l’umiltà di questo mondo, si intende. ”Ancora questa storia?!” Fino alla morte, cocco! Con chi pensava di avere a che fare? Con una Corvonero qualsiasi? Pane e rancore facevano parte della sua dieta, poteva starne certo. Finse un colpo al cuore. Si portò la mano al petto, come se fosse stata ferita realmente. “Un paio di volte, certo!” Era certa di ricordare che quella deviazione, perché così la definiva, fosse durata più del dovuto. Un atteggiamento davvero strano per un tipo come lui, così tanto che la situazione l’aveva indotta a credere che fosse stato drogato. Avrebbe capito una relazione con chiunque avesse un po’ di carattere. Ma quella? Di interessante non vantava neanche un’unghia dei suoi piedi troppo delicati anche per giocarsi la finale di quidditch perché, ehi, le voci erano girate alla grande e la sua reputazione era colata a picco, così come la sua credibilità. Poveri Corvacci. Senza capitano. Una vera ingiustizia. Non che le fottesse del campionato ma quella chicca, ricordava che aveva contribuito a metterla di buon umore. Umore che raggiunse il massimo della felicità quando, una volta per tutti, la spilungona si era levata dai coglioni definitivamente. “Doveva essere capace di numeri inimitabili, per essersi accaparrata l’esclusiva.” Poveri noi! Non c’è più religione! “No! Non voglio saperlo!” Inorridì improvvisamente, al solo pensiero si irrigidì e non per la gelosia ma per il fatto che stavano oltrepassando un limite che no, era giusto non oltrepassare. Mai. Ci teneva a quel ragazzo e, in un certo senso, avrebbe voluto vederlo sistemato una volta per tutte con una ragazza alla sua altezza e non alla prima sciacquetta desiderosa di svendersi al miglior offerente. Un nome l’aveva in mente ma, d’altra parte, non era ancora giunto il momento di esporre le sue tesi non troppo errate, in fin dei conti. Almeno, non dal suo punto di vista. La situazione appariva ai suoi occhi chiara come il sole ma… tempo al tempo.
    E no! Stop. Strada interrotta. Divieto di accesso per l’amor di Merlino. Permettergli alcune libertà, dopo gli avvenimenti, le risultava impossibili. Si stava trasformando nel suo peggior incubo: stava diventando monogama. Di quali stregonerie era capace Knox? Accidenti. In ogni caso fermò la mano, evitando le successive –ed inevitabili- reazioni non proprio adeguate e riservate a un’altra persona. Lo allontanò, rendendo chiaro che vi fosse qualche cosa di diverso nel suo solito modo di fare sfacciato. “Lo prenderò come un complimento. Meglio strana che ordinaria!” Come la maggior parte delle ragazzine che albergavano tra quelle quattro mura, girovagando senza alcun obiettivo finale. Una tristezza infinita. Comunque problemi loro. “E va bene!” Si decise ad andare oltre alle scuse, buttate a casaccio per rimandare l’inevitabile, tralasciando anche quella condotta da coniglia. Per quale motivo poi? Mica si trovava davanti a suo padre. E meno male. Figlio di puttana! La sua mente fu portata a ripensare a quello stronzo ma, in un istante, tutto fu riportato sulla pista giusta, facendole ricordare il perché fosse lì, davanti a lui. Svelò il suo segreto, lasciando che la notizia franasse su di lui. Lo osservò ma la sua espressione rimase la stessa, come se non gli fregasse assolutamente niente di quello che gli aveva appena detto. ”Quindi?” Il sopracciglio fiammante (?) della verde-argento schizzò all’insù incredula –ma neanche tanto-. Quante volte aveva sostenuto di frequentare qualcuno e poi? Poi tanti buchi nell’acqua si erano succeduti. Uno di questi era stato formato dal Tassorosso che l’aveva umiliata l’anno precedente, andando a mostrare in pubblico la sua intesa con… neanche ricordava il nome. Ma una cosa la ricordava bene: la sua dannata casata. Corvonero. Ancora. Quelle ragazze sembravano essere state disseminate sul suo cammino, così, giusto per rompere i coglioni e farle saltare i nervi. Una bella rottura di cazzo, non c’era che dire. “Voglio che le cose tra noi funzionino.” Si lasciò sfuggire, in un flebile soffio, la realtà dei fatti. “Dico sul serio, Axel!” Nel suo sguardo, la serietà. Nessuna traccia di quell’ombra furba che spesso caratterizzava quel tipo di argomenti. “Proprio lui. A quanto pare ho un debole per gli sportivi!” Ironizzò, prima di posare le sue iridi sulla sua espressione dubbiosa. “Credi che non faccia per me?” Oh, davvero? Stava chiedendo il parere di Dragonov sui suoi affari di cuore? Ma cosa si era fumata?
    Nonostante questo pensiero, oramai si trovava a sguazzare in quelle faccende amorose, tanto valeva andare oltre e passare a ciò che, invece, lui le stava nascondendo senza ritegno. “Devi! O meglio, sarebbe gradito!” Esclamò, rispondendo alla sua domanda. “Sono pur sempre tua amica.” Vero o, almeno, lo sperava, dopo tutto quel tempo passato insieme. “Possiamo scambiarci informazioni, senza giudicare l’altro, no?” Era ciò che accadeva nelle più comuni amicizie. Che voleva sapere? Forse quel che vi era tra loro? Al falò di rientro li aveva baccati –così come il resto dei presenti- ad esplorarsi a vicenda, senza curarsi del fatto che sarebbero così finiti sulla bocca di tutti coloro che ne aspettavano solo una mezza per spettegolare invano e alle loro spalle. “Freya è mia amica.” Ci teneva ad entrambi e le sarebbe davvero piaciuto che tra loro vi fosse qualche cosa in più di una semplice attrazione fisica. Un giorno. Forse. “Cosa c’è tra di voi?” Concluse, accigliandosi, preoccupata che fosse solo un capriccio o un passatempo.

    Scusa scusa scusa scusa. TVB ma ora affonda tra le role v.v ciao!
     
    .
  6.  
    .
    Avatar

    Advanced Member
    ★★★★★

    Group
    Serpeverde
    Posts
    1,162
    Location
    Bulgaria

    Status
    spymode
    axel
    axel
    Legami, relazioni, esclusiva. Parole il cui significato per certi versi appariva estraneo e quanto di più lontano dalla figura del bulgaro che nemmeno per sbaglio si trovava all’attiva ricerca di una compagna. Non era mai stato nei suoi interessi fare coppia fissa ma nemmeno aveva mai denigrato – a differenza di talune teste di rapa – chi invece vi fosse felicemente invischiato. Semplicemente reputava che quel tipo di trattamento non facesse per lui in quanto perfettamente conscio di quello che era il suo carattere ed i conseguenti limiti. Axel non era un tipo semplice, affatto. Il suo carattere verteva per la maggior parte dei giorni verso il suo lato più incostante. Burbero, scorbutico e antipatico erano gli aggettivi che da sempre avevano caratterizzato la descrizione della sua persona e questo perché quei tratti avevano finito per diventare parte integrante del materiale che andava a formare il suo muro difensivo, la corazza che lo avrebbe preservato dalle crudezze del mondo esterno. Era più semplice essere giudicati la crème de la mèrde, essere percepiti nella maniera più assoluta a quel modo evitandosi così tutto quel giro di aspettative che avrebbero potuto deludere il prossimo. Insomma: non possono ferirti se non permetti loro di avvicinarsi. Un concetto molto semplice ma che fungeva da leitmotiv della sua esistenza per quello che aveva potuto sperimentare. Perché Axel aveva sofferto da sempre a tanto, tantissimo in rapporto alla sua giovane età. Aveva visto e subito cose che la maggior parte dei presenti in quel castello nemmeno poteva immaginare. Nessuno poteva capirlo.
    Aveva scoperto la menzogna in giovanissima età, a soli nove anni, quando sua madre lo aveva portato per la prima volta nelle segrete del loro maniero ad affrontare – il giorno del suo compleanno – la sua prima luna piena a seguito dell’attacco che aveva visto portare via il capofamiglia Dragonov. Lì, Axel, aveva scoperto la sofferenza quella vera che sua madre aveva tentato di nascondergli dietro un sorriso e la prospettiva di un gioco. Ma quale gioco. Le ossa erano andate rompendosi una ad una per sigillarsi nella nuova forma che avrebbe dato vita a quella natura – da quel momento in poi – racchiusa nei suoi geni; così, strappandosi di dosso la vecchia pelle, aveva scrollato dal mantello scuro ciò che rimaneva della sua umanità. Un giovane lupo, instabile sulle sue zampe fresche di trasformazione, aveva immediatamente preso a girare circospetto in quella cella fino a che le sue fini narici non avevano percepito l’odore pulsante ed acre della paura, la presenza di prede, scatenando l’insaziabile fame. Non importava che quelle prede fossero sua madre e/o suo fratello. Non importava nulla. C’era solo la logorante fame di sangue, carne, morte.
    Non gli era andata meglio dopo, non con il padrino che si ritrovava. Ethan e la sua sadica follia si erano divertite con lui. Nelle punizioni il mago dava il meglio di sé quando, con un sorriso folle in viso piazzava alcune fialette davanti al giovane mannaro spronandolo a cercare tra di esse l’unica che contenesse l’antidoto alle altre contenenti veleno. Nessuna conteneva l’antidoto, Axel, lo aveva presto capito sulla sua pelle quando quel gioco tornava riproponendosi ciclicamente per testare nei modi più disparati le sue abilità: dal riconoscere il tipo di veleno alle tempestive azioni contromisura d’adottare in una situazione simile. Drastico come metodo ma certamente aveva portato i suoi frutti se a Durmstrang era tra i migliori del suo anno per la classe di Veleni e, lo stesso, anche alla relativa disciplina della scuola scozzese seppure – e non con pochi scetticismi – più delicata in quanto a metodi d’insegnamento.
    Era per questo ed altri motivi, per il bagaglio d’oscurità che si portava sulle spalle che non lasciava avvicinare se non poche persone e ancor meno potevano vantare una relazione di qualche tipo con il bulgaro stesso. Molte ragazze in quel castello avrebbero giurato e spergiurato, fatto persino carte false, pur di ottenere le sue attenzioni ma Axel non era quel tipo di persona. Non lasciava avvicinare poiché, inconsciamente convinto, che la vicinanza avrebbe portato a scoprire determinati altarini che il prossimo non avrebbe saputo gestire. Troppa merda e troppo schifo per delle menti così viziate, abituate a quello che avrebbe dovuto essere lo standard vigente in una normalissima famiglia ma nella vita del bulgaro non c’era nulla di normale… tantomeno l’amicizia con la giovane seduta sulle sue gambe. Quello tra loro era quanto di più anticonvenzionale potesse esistere. Sempre sul filo della provocazione, sempre oltre quel buon costume che nell’amicizia portava ad aver un certo scrupolo nell’oltrepassare determinate linee, come ad esempio poteva l’essere andare a letto con l’altra persona coinvolta. Eppure, tra loro, quel sistema funzionava. Axel e Rain comunicavano così, fondendo i loro corpi, le loro anime per poi tornare a quella ragguardevole distanza scevra da implicazioni, costrizioni e tutto funzionava alla perfezione tra loro tranne... beh, tranne quando la rossa batteva sul “discorso Skylee”. Possibile fosse così gelosa e territoriale nei suoi riguardi che quel paio di scopate avute con la Corvonero la mettessero così sul piede di guerra? Possibile le stesse così antipatica la prefetta-perfetta? Non ne aveva idea ma era l’unica spiegazione plausibile che riuscisse a darsi.
    «Doveva essere capace di numeri inimitabili, per essersi accaparrata l’esclusiva.» Ancora con quest’esclusiva! Era fissata! Quanto ai numeri inimitabili... «No! Non voglio saperlo!» Esclamò subito lei schiaffeggiandogli con fare teatrale il pettorale. L’espressione piuttosto eloquente del bulgaro tornò neutrale per quanto il ghigno divertito ancora piegasse i suoi lineamenti.
    «Hai fatto tutto tu» Sottolineò sfiorandole con l’indice lo spazio libero posto tra le due sopracciglia chiare e, sempre ad essere lei, fu quella a bloccare le sue avance. Il Serpeverde non sapeva più che pesci pigliare! Ma cosa diavolo le stava succedendo?
    Si passò esasperato una mano tra i folti capelli scuri, riportando lontano dagli occhi le leggere onde nere della sua chioma quando la Scamander, finalmente, si decise a vuotare il sacco mettendolo al corrente della sua ritrovata monogamia – Ew! – con niente poco di meno che il cacciatore dei Grifondoro. Quello muto, per la cronaca.
    «Voglio che le cose tra noi funzionino.»
    «Mh.» Fu il suo semplice commento e forse, proprio per l’assenza di gioia o entusiasmo, era possibile intuire quanto qualcosa non andasse in quella rivelazione almeno agli occhi del dispotico battitore.
    «Dico sul serio, Axel!» Protestò lei animata da un fervore che proveniva dal suo cuore, dalla sincera emozione data da quel sentimento. Axel studiò il suo viso, i suoi occhi scuri e dopo qualche tempo annuì. «Allora dovrai vestirti meglio o non posso farti promesse» ghignò lasciando che lo sguardo scivolasse sulle cosce della ragazza fin troppo visibili grazie alla gonna sollevata sia dalla posizione – addosso a lui – sulla poltrona, sia dallo stile della ragazza che la portava a scoprirsi più di quanto la divisa cercasse di castigare.
    Espirò con un certo rammarico. «Sto scherzando», aggiunse riferendosi all’abbigliamento. Lei non avrebbe mai dovuto cambiare per nessuno, stava a lui e per estensione a tutta la sua categoria darsi un controllo per quanto fosse estremamente dura con un bocconcino come lo era lei. Axel era così dannatamente abituato a fare di lei ciò che voleva, prenderla e dar sfogo a qualsiasi suo impulso e lo stesso valeva nella maniera più assoluta per la rossa che più di una volta lo aveva sorpreso in positivo.
    «Boh. Che ne so!» Sbottò alla domanda di lei. «Hai dubbi? Vuoi che indaghi?» Era questo che le era venuta a chiedere e alla quale aveva accennato un secolo prima durante il falò? «Sembra un tipo a posto ma se vuoi ci penso io», sollevò un sopracciglio ritenendo superfluo mettere a parte l’amica (speciale) di quali fossero i suoi metodi per estorcere informazioni. Se lei avesse acconsentito la cosa sarebbe rimasta tra lui ed il cacciatore.
    Ma le novità, per quella giornata, a quel punto ricca di stranezze, non sembravano essersi concluse. E sempre a quel punto per il bulgaro era evidente: il biondino di Rain spacciava droga o non si spiegava come le venissero certe idee.
    «Sono pur sempre tua amica.»
    «S셻 Ciò che non capiva era dove volesse andare a parare. Le restituì un’espressione vuota per poi lentamente assumere un’aria sempre più interrogativa.
    «Possiamo scambiarci informazioni senza giudicare l’altro, no?» Confermò ancora annuendo circospetto con il capo per quanto le informazioni oggetto dei loro scambi non fossero state poi così tanto profonde e confidenziali. Gli occhi verdi si strinsero guardinghi mentre si massaggiava la barba in corrispondenza delle labbra.
    «Freya è mia amica.» Proruppe lei sottolineando con il linguaggio del corpo quell’affermazione. Le sopracciglia del bulgaro si sollevarono a questo punto veementemente interrogative. Proprio continuava a non capire il nesso di tutto quel giro di domande che altro non gli permetteva di capire se non che Rain fosse, in qualche modo, gelosa delle attenzioni date alla sua compagna di stanza.
    «Cosa c’è tra di voi?» Eccoci qua.
    «Sei forse gelosa, Scamander?» Il sorriso furbo si aprì scoprendo la dentatura biancastra mentre la mano tornava a scivolare con lentezza calcolata lungo la coscia scoperta di lei trovando l’ennesimo rifiuto.
    «Senti. Hai rotto il cazzo!» Sbottò oramai esasperato. «Non vuoi che ti tocco perché ora c’è il biondino però cosa Freya? Cosa?! Nemmeno lei posso toccare adesso?» Come se quella nave non fosse già salpata molto, molto tempo addietro. Lo sguardo s’incupì lasciando trasparire in quel verde scuro come le fronde della foresta proibita tutto il fastidio e l’accenno di una collera primordiale che forse, la Serpeverde, raramente poteva avergli letto nello sguardo. Non intendo starle distante. Tutta la sua figura sembrava esprimere quelle semplici parole. La figura, l’aura, quanto emanasse… era pura territorialità. Freya era suo territorio.
    «Stanne fuori.» Si sporse verso la rossa in un’autoritaria minaccia che l’altra non aveva mai visto rivolgere nei suoi riguardi.


    Edited by Dragonov - 19/4/2024, 08:40
     
    .
5 replies since 9/12/2023, 02:02   169 views
  Share  
.
Top
Top