One year later

Daphne

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  1. .Moore.
     
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    È paradossale che una persona come me dia tante certezze, ma non mi suona affatto strano che invece sia io quello che ne ha bisogno; non ho mai chiesto nè ai miei genitori nè a mia sorella di farmi promesse, questo perché non ho mai creduto davvero nel potere che le promesse possono avere. Le ho sempre viste come un qualcosa di estremamente fragile, tanto fragile al punto che sembra che siano loro stesse a chiedere di essere infrante. La gente se le fa per rassicurazione, o come forma di garanzia, nonostante sia consapevole del fatto
    to che una promessa può essere tradita non appena la persona che te l'ha fatta non volta le spalle. Eppure, se siamo consapevoli dei rischi, perché è così rassicurante? Perchè ci facciamo prendere in giro? E perché faccio parte di questo sistema anche io, volendo volontariamente farmi prendere in giro? Ironico, davvero ironico e stranamente difficile da comprendere. Ancora una volta, devo supporre di aver fatto male i miei calcoli perché il peso che do alle sue parole -che suonano proprio come una promessa- è forse troppo grande... eppure va bene così - brava, non provarci più- ricambio quella stretta come sempre, mi sciolgo dall'abbraccio solo per condurla al lago. Ci sediamo alla riva, guardiamo la superficie dell'acqua incresparsi appena mentre i miei racconti di infanzia, quei frammentati ricordi che ho, prendono in un certo senso vita. Ne parlo guardando i luoghi in cui quei stessi ricordi si sono formati ed è strano, è un'esperienza mai fatta prima - devo apparire come una persona davvero buona ai tuoi occhi - mi inumidisco rapidamente le labbra mentre la guardo, un po' come a voler trattenere il suo sapore. Mi parla di me stesso e di come in alcuni contesti riesca ad essere una persona completamente diversa da quella che lei è abituata a vedere. Ci rifletto per un attimo, mi soffermo a pensare - ogni tanto non capisco se tu tiri fuori il vero me stesso o se invece sei l'unica che riesca a farmi provare determinate cose - questa volta lo dico con voce sospesa, come se stessi effettivamente valutando le possibilità, come se stessi indagando la mia vera natura. È solo che pensavo di conoscermi davvero molto bene prima di incontrare Daphne, ma adesso tutto sembra messo in discussione. Il mio flusso di pensieri viene interrotto da ciò che Daphne sceglie di aggiungere poco dopo, un qualcosa che non mi aspettavo dicesse a voce alta e che sul momento mi fa sorridere. Gelosia, eh? Gelosia o forse possessività? Forse entrambe, un po' come quelle che provo io quando la vedo relazionarsi con altri ragazzi all'infuori di me. Anche la serpeverde prova queste sensazioni, la cosa mi sorprende solo in parte: nei nostri momenti più intimi, non manchiamo di dirci quanto apparteniamo l'uno all'altra. Non sono frasi di circostanza, dettate dalla passione del momento, ma è qualcosa in cui entrambi crediamo davvero - non oso immaginare in quale stronza potresti trasformarti- e forse un po' in questo la sottovaluto, non saprei, ma considerato quanto mi piace darle tutte le mie attenzioni dubito che ci sarà mai il rischio di scoprirlo. Incontro le sue labbra sorridendo prima di schiuderle e assopararla appieno, ormai i baci per noi sono come un sorta di punteggiatura in mezzo ai vari discorsi che affrontiamo. Mi aveva raccontato dei ricordi di cui è stata privata, ricordi importanti che riguardavano il fratello che aveva perso e per cui, silenziosamente, soffriva - vupi recuperarli tutti, un giorno? - perchè io penso invece che alcune cose sia meglio lasciarle andare per sempre, che restino nel passato a cui appartengano così da non turbare il presente. Forse sono diventato indifferente ai miei ricordi persi, o forse sono solo troppo codardo per affrontarli.
    È facile distrarsi quando lei decide di essere così provocatoria; con ogni movimento che fa alimenta le mie fantasie e il mio desiderio, mi assale una sorta di dolce sofferenza la cui consolazione è sapere che alla fine ne varrà davvero la pena - al punto da essere pericoloso, Daphne - le rispondo a voce bassa mentre lei si concentra sulle mie labbra facendo scorrere su di esse la sua lingua bollente, anticipando qualcosa si più che entrambi sappiamo volere. Incuranti di dove ci troviamo, la nostra sola priorità diventa l'altro: le mani scorrono, le labbra non sembrano volersi separare neanche per un attimo e invece si cercano con insistenza. Nonostante conosca il suo corpo a memoria, quando insinuo le mani al di sotto del suo maglione le accarezzo il seno con la stessa intensità di sempre con l'intenzione di darle piacere. Mi stacco dal suo collo su cui invece mi ero fiondato voracemente e ammiro il risultato delle mie attenzioni, la sua pelle arrossata e a tratti leggermente violacea. Apprezzo persino quella leggera pressione Tutto il suo corpo inizia a muoversi, inizialmente su di me, poi scorrendo verso il basso facendomi immaginare quali siano le sue intenzioni. Non oso fermarla, sono come ipnotizzato da lei, da ogni minuscola sensazione della sua pelle che sfrega contro la mia e l'ipnosi sembra farsi attimo dopo attimo più profonda. Non riesco a fare altro se non a pronunciare il suo nome con un filo di voce e lasciare che quel piacere mi scuota da dentro. L'attiro a me praticamente subito e improvvisamente, quasi come non fossi stato deliberatamente io a sceglierlo, ci troviamo catapultati nella mia stanza, sul mio letto, dove prendo a darle tutte le attenzioni che voglio. Mentre la mia bocca è occupata sul suo seno, sento che la libera viene condotta sull'altro che accarezzo, stringo improvvisamente come se una strana pulsione animalesca avesse preso il sopravvento. Qui non c'è più niente a fermarci, dentro questa stanza non dobbiamo trattenerci. Comincio a pensare che qui, fra queste mura, posso farle quello che voglio. E che lei, se lo vorrà, potrà farlo a me. La voce della serpeverde riecheggia nella stanza, quei piccoli suoni di piacere che emette mi fanno soltanto desiderare di essere l'unico che potrà mai sentirli. Forse è la forza di questo pensiero egoistico a spingermi a distendermi sul suo corpo con tanta irruenza, attimo per attimo la ragione si annebbia lasciando spazio al malizioso desiderio di possederla in ogni modo possibile. I sui occhi si fanno languidi, in perfetta sintonia con i miei. Faccio aderire i nostri corpi e sospiro a bocca schiusa per quella sensazione di benessere che inizio ad avvertire stando a contatto con la sua pelle. Ed è guidato da queste sensazioni che faccio scorrere le dita sul suo mento, sulle sue labbra che l'indice schiude così che lei le possa accogliere nel calore della sua bocca. La sensazione è rovente, umida, morbida... mi avvolge appieno, è quasi un peccato ritrarre le dita. Non aspetto risposta a nessuna delle mie domande, impaziente di andare oltre e di vedere la sua espressione cambiare a causa del desiderio, a causa mia. Forse è questa una delle parti che preferisco quando facciamo l'amore.
    I suoi polsi sono bloccati, la costringo a rispondermi e la vedo avere qualche difficoltà nel mettere due parole in fila. Sorrido appena a vedere l'effetto che le fa il fatto che io la stia toccando. La bacio ancora, succhio le sue labbra trattenendole fra le mie; sono gonfie, arrossate, dolci come sempre, o forse anche un po' di più. Non lo so, non è facile riflettere nel mio stato attuale. E nonostante senta letteralmente il desiderio consumarmi dall'interno, mi prendo il tempo di fare le cose con calma, di rallentare in ritmo solo per tormentarla - e tormentarmi - un po' con una piacevole ma dolorosa attesa. Chissà, forse sto anche scoprendo di essere un po' masochista in fondo. Certo, Daphne rende tutto più difficile: mi sento improvvisamente tirare verso di lei, questo grazie alle mie difese basse e al suo intreccio fermo ed insistente intorno al mio bacino. Resto senza parole, l'unica cosa che lascia le mie labbra è un sospiro pesante, la stretta intorno ai suoi polsi si fa più forte. Mi sto trattenendo. Per cosa? Puro masochismo, il mio. Non dico niente, il mio corpo reagisce alle sue carezze e provocazioni e si muove verso di lei quasi come se avesse una coscienza sua. La bacio con irruenza e mentre la mano destra e impegnata a darle piacere, la sinistra inizia a liberare i suoi polsi. La mia è una scelta obbligata, perchè ora che una certa idea si sta delinando nella mia mente mi serve la mano per recuperare una maglietta dal cassetto affianco al letto. Procedo a tentoni per qualche secondo, prendo la prima che riesco a sentire e poi, quasi improvvisamente, anche l'altra mano si ferma. Le lascio un morso sul mento prima di poggiarmi sui gomiti, ai lati del suo viso. Mi tiro su, continuo a non dire una parola ma Daphne potrà iniziare a sentire il tessuto della maglia scura che le sfiora il viso - dicono che quando un senso viene annullato, tutti gli altri si affinino - il mio petto si poggia sul suo mentre quella specie di benda improvvisata le cala sulla fronte e poi a coprirle gradualmente gli occhi.
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    Non so come potrebbe reagire una come lei, una che sa benissimo cosa vuole e che di solito si muove per ottenerlo. Eppure desidero che si lasci andare a me. Le sfioro il lobo dell'orecchio destro con le labbra, mentre le mani vanno a stringere un debole nodo dietro la sua testa, qualcosa da ci probabilmente si libererà presto ma che almeno per un po' contribuirà ad aumentare l'intensità dell'esperienza. Mi sollevo ancora su di lei, guardarla in questo istate è un onore. Lascio una scia di baci in mezzo ai suoi seni, sul suo ventre e poi, di nuovo, le mie mani si staccano dal suo corpo. Lei non può vederlo, ma potrà certamente sentire il suono leggero dei miei pantaloni che scendono giù lungo le mie gambe lasciandomi libero di muovermi. Così come potrà sentire la mia eccitazione sfiorare la sua quando mi abbasso di nuovo su di lei e ora, all'improvviso, le mie mani posarsi rispettivamente sul suo fianco e poi, di nuovo, sul suo polso che tengo ben fermo contro il materasso - sei mia Daphne - lentamente, inizio a scivolare in lei - solo io posso farti questo - ancora, scivolo ancora dentro di lei e sospiro a denti stretti gettando la testa all'indietro. Nonostante sia lei quella che non riesce a vedere, tutto questo è ancora più eccitante anche per me. Poi una spinta decisa, la mia mano sul scivola sul suo collo, si poggia sulle sue clavicole mentre continuo a mantenere un ritmo lento. Mi abbasso su di lei, respiro il profumo che emana la sua pelle, passo la lingua sulle sue labbra per poi baciarla ancora con foga. Il suo corpo si contrae sotto al mio, sento le sue gambe stringersi sempre di più intorno al mio bacino. Sento di star impazzendo, sento di fare una grande fatica a mantenere il ritmo lento che ho imposto ad entrambi. Così accelero, inizio a darle ciò che mi ha chiesto, gradualmente. Abbasso il viso fino a sfiorare il suo, afferro il suo sedere spingendolo in alto e costringendola così a seguire i miei movimenti - lo senti? è così che ti piace? - non mi sento più me, mi libero da ogni inibizione come se fossi in uno stato di trance. Però mi piace. Mi piace morderle il collo, lasciare i segni del mio passaggio sulla sua pelle. E voglio che anche lei mi dica quanto le piace.


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