One year later

Daphne

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  1. .Moore.
     
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    Mi sono sempre definito una persona coerente, coerente con sè stessa e con gli altri. Soprattutto con gli altri: mediamente le persone hanno tutte la stessa opinione su di me, ai loro occhi non è difficile inquadrarmi e definirmi come un ragazzo dall'aria intellettuale che ignora ogni cosa intorno a sé che non ritiene degna della sua attenzione. In qualche modo, non mi sento di dire che hanno totalmente torto... c'è del vero nel modo in cui appaio. Tuttavia sono sempre stato molto consapevole dell'altra parte di me, quella che invece ho tenuto privata e riservata a poche persone forse perchè mi sento più a mio agio così, lo preferisco. Non pensavo che mi sarei ritrovato a giustificarmi per questo mio modo di agire così freddo e distaccato, ero convinto di averci fatto pace e di non vederlo più come una difetto, ma come una caratteristica e basta, senza particolari connotazioni. Persino con mia sorella non mi era successo di riconsiderare come sono, probabilmente perchè mi sono adagiato sulla consapevolezza che lei mi accetterà a prescindere, qualsiasi sia il mio carattere. Forse l'ho dato troppo per scontato, finendo per non considerare che qualcun altro di molto importante per me potrebbe aver mal interpretato le mie azioni. Una parte di me lo vede possibile, mentre l'altra si chiede come Daphne, fra tutti, abbia potuto sentire del disagio da parte mia, devo aver pesato male i gesti. Eppure, l'attimo dopo essermi in qualche modo giustificato, sembra che tutto fosse nient'altro che uno stupido fraintendimento. Fisso il mio sguardo nel suo quando si avvicina a me, le labbra schiuse respirano la sua stessa aria che, calda, mi sfiora la bocca. Resto a guardare la sua, carnosa, prima che quella piccolissima distanza venga eliminata: il suo calore mi riempie la bocca, i suoi capelli si intrecciano fra le mie dita in una stretta che sembra impossibile da sciogliere e così avvicino il mio corpo al suo, ancora un po', per sentirla meglio - con te sono diverso - sorrido con la fronte poggiata alla sua e la mano ancora ferma sulla sua nuca. Sono diverso, sì, e mi piace come sono quando sono con te. - Farò del mio meglio - ricambio il suo sguardo pieno di desiderio, lo stesso che è molto facile scorgere nei miei occhi e nei miei gesti, nel modo in cui continuo a schiuderle le labbra con la lingua e nel modo in cui le mie mani scorrono lungo il suo corpo. Lascio che sia proprio quello a parlare, il corpo, che riesce ad essere più onesto di me.
    Sulla strada verso quello che posso definire un luogo speciale, le parlo di mia madre accennando alla maschera fatta di sorrisi e buonumore che ha indossato per anni. Chissà quando ha iniziato, chissà quando è stata la prima volta che guardandosi allo specchio ha deciso di vestire il ruolo di una persona che non è. Chissà se invece adesso, dopo tutto questo tempo, sta pagando le conseguenze della sua decisione. Sono domande che mi pongo, è vero, ma non mi impegno a cercare una vera risposta. E se non lo faccio io, se io per primo non spendo le mie forse a detestarla neanche Dpahne deve farlo. La fisso per un momento, sollevo una mano per sfiorarle il viso, c'è una grande certezza nelle sue parole... e tantissima sincerità - voglio lo stesso per te - voglio che nessuno la ferisca, sia esso un parente, un amico, uno sconosciuto. Io e lei la pensiamo allo stesso modo sul destino che è toccato a quella donna. Poi, per un attimo resto immobili davanti alle parole che pronuncia in seguito, le labbra restano schiuse liberando solo una debole nuvola di condensa causata dal freddo - ...Daphne - pronuncio il suo nome con fermezza, a bassa voce - non puoi più farti indietro - poche parole, forse pragmatiche, forse non chiare, ma spontanee. Sono i miei pensieri e te li sto affidando tutti. Così la stringo a me quasi per trattenerla e non lasciarla andare più via; le sue labbra fredde contrastano con la temperatura che invece sento sul resto del corpo. Le mie mani le carezzano la schiena seguendo la linea della spina dorsale, dall'alto verso il basso e viceversa, poi la mia testa si abbassa a posarsi sulla sua spalla, l'altezza perfetta sia per lasciarle un bacio all'angolo della bocca, sia per sentire quelle parole, "io non ti lascio" . Risuonano nella mia testa con una forza che no avevo previsto, questo è quanto è importante per me.
    Continuo con naturalezza a raccontarle episodi randomici della mia infanzia che lei ascolta come se fossero le informazioni più importanti che abbia mai sentito. Mi piace quest'attenzione che mi dà, ho paura di abituarmici ma allo stesso tempo temo di averlo già fatto. Sorrido - andiamo, non pensi che anche io possa essere cattivo? - l'attiro a me cingendole le spalle con un braccio e voltandole il viso nella mia direzione, mi assicuro che mi guardi mentre le parlo - ti racconterò tutto quello che mi viene in mente - ed era quasi un peccato che ne avessi così pochi. Secondo la psicologa che mi seguiva all'epoca, si tratta di un meccanismo di difesa attuato dal mio cervello per conservare i ricordi preziosi e rimuovere quelli meno gradevoli, una strana selezione basata sull'inconscio. E quindi le mie memorie, per anni, sono tornante sotto forma di sogni... solo che è difficile distinguere il vero dal falso quando non c'è nessuno che possa raccontarti come sono andate davvero le cose. A volte è frustrante, ma sembra che anche a questo ci abbia ormai fatto l'abitudine. Poi, in tutta onestà, quando sento il sapore di Daphne per me quella diventa la mia unica priorità del momento - lo sei già. Non so se riesci ad immaginare quanto - era pericoloso. C'è qualcosa di pericoloso nella nostra relazione, me ne rendo conto. La stessa cosa che ci unisce così intensamente, un giorno potrebbe diventare la nostra rovina. Lo so, eppure sembra che io abbia già decido di andare incontro al mio destino sorridendo, fregandomene delle conseguenze. I pensieri iniziano ad abbandonarmi uno per uno quando i movimenti del suo corpo si fanno più intensi mentre si posiziona comodamente sopra di me. La mia testa si svuota, come solo lei è in grado di fare; dei mie ricordi perduti, di mia madre, non resta neanche l'ombra perchè adesso c'è solo il desiderio a guidare ogni mio movimento e a farmi pronunciare ogni parola. Passo la lingua sul pollice che lei stessa ha leccato poco prima, come a voler divorare avidamente il suo sapore. Il mio corpo reagisce immediatamente, la cerca, la desidera, e ora ogni mia azione è atta ad averla: le stringo con fermezza le cosce morbide per non farla scappare, per non permetterle di distaccarsi da me, neanche un momento. Vuole davvero farmi impazzire. Mi risponde con un forse che dovrebbe lasciare l'ombra di un'incertezza che ci mette molto poco a svanire: la mia lingua si muove in profondità nella sua bocca, accarezzandola, succhiandola, faticando a lasciarle tempo per prendere aria. Le do tregua solo quando mi avvento sul suo collo a lasciare il segno del mio passaggio su quella pelle bianca e calda, delicata, basta poco per segnarla e per me è un piacere guardare il risultato delle mie attenzioni. - Direi di sì... - alzo il bacino in moda che possa sentire meglio cosa mi provocano le sue attenzioni, le rimuovo gli strati più superficiali per potermi avventare successivamente sul suo seno: non c'è molta delicatezza nei miei gesti, è come se avessi fretta di farla mia.
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    In un attimo siamo quasi pari, mi ritrovo a torso nudo su un prato all'aperto, in un posto che in qualche modo rievoca quello del nostro primo bacio anche se di quell'insicurezza non c'è più la minima traccia. Adesso è tutto diverso, Daphne non si vergogna a mostrarmi il suo desiderio e io non mi vergogno a mostrarle il mio: dai suoi movimenti capisco facilmente le sue intenzioni, resto a guardarla con le labbra schiuse mentre si sposta verso la mia evidente eccitazione, fregandosene di dove siamo, senza porsi alcun limite. Quando la sua lingua rovente tocca la mia pelle, stringo i denti, serro la mascella. E quando avverto il calore dell'interno della sua bocca, mi lascio andare in un soddisfatto sospiro a denti stretti - Daphne... - oddio, cosa mi fai. La mano libera, quella che non è intrecciata alla sua, si insinua fra i suoi capelli stringendoli appena, si allarga contro la sua testa e seguendone i movimenti, a volte lenti, a volte tanto intensi da farmi contrarre i muscoli del corpo e costringermi a gettare la testa all'indietro per il piacere. La sensazione continua a crescere in modo esponenziale, quando inizia a diventare insostenibile la presa sulla sua testa si fa più ferma, la spinge ad andare più a fondo. Deglutisco rumorosamente, tengo le labbra schiuse come se stessi boccheggiando alla ricerca d'aria e quando arrivo all'apice un suono gutturale mi lascia le labbra, le contrazioni si fanno più frequenti, la mano è ancora ferma sulla sua nuca come a voler prolungare quel piacere che mi godo per intero, chiudendo gli occhi. Il mio respiro è pesante mentre la guardo risalire. Cosa hai appena fatto? Cos'era? Se mi fai provare qualcosa di così intenso, dubito che riuscirò mai a farne a meno. Il mio pollice scorre sulle sue labbra quasi a volerle ripulire ma, allo stesso tempo, ammirare. Dovrei avere freddo, eppure non lo percepisco. Mi ruba le parole dalla testa prima di riprendere a baciarmi intensamente. Dura un secondo, il pensiero che guida le mie azioni, dura appena un secondo: mi smaterializzo indietro al cottage, per essere precisi sul letto della mia stanza al piano superiore. La luce è soffusa, c'è uno strano bagliore bluastro che proviene dall'esterno, un bagliore innaturale creato grazie ad un incantesimo che fa sembrare la stanza immersa sott'acqua. Per tutte le pareti, si vede il tremolio intermittente causato dalla luce stessa. Non lo vedo, vado a memoria, Perchè la mia attenzione è tutta focalizzata sulla serpeverde: seduto sul letto prendo a baciarla e ad intrecciare il suo corpo con il mio, la costringo a salire a cavalcioni su di me mentre le sfilo il maglione e procedo a lanciarlo sul pavimento. Le mie mani esplorano ogni centimetro del suo seno, del suo busco, dei suoi fianchi; le mie labbra scendono lasciando una scia umida sul suo mento, sul petto, passando fra i seni e poi sui capezzoli che stringo appena fra i denti. Spesso alzo lo sguardo su di lei, osservo le sue reazioni mentre la distendo sotto il peso del mio corpo. Così, sorreggendomi con le braccia, la guardo stesa sotto di me con i capelli fuori posto a circondarle il volto - dimmi cosa vuoi - glielo sussurro guardandola pieno di desiderio, trattenendomi quasi dall'avventarmi su di lei. Voglio sentirla, voglio sentire cosa le dà piacere. Ma non posso restare fermo troppo a lungo: le schiudo le labbra con la lingua e poi, quasi con prepotenza, lascio scorrere in essa due dita costringedola a leccarle. I suoi occhi mi comunicano già cosa vuole, però - voglio sentirlo - glielo sussurro. Con un movimento rapido, sollevo le sue braccia sopra la sua testa tenendole ferme per i polsi. Mi abbasso su di lei sfilando le dita dalla sua bocca, per lasciare spazio alle mie labbra che bloccano le sue in un morso. Le dita umide si spostano fino ad insinuarsi nei suoi slip dove, con soddisfazione, incontro la sua intimità e sento tutta la sua eccitazione mentre la mia la sfiora nel suo punto più sensibile. Le dita entrano in lei, improvvisamente. So di aver detto che avrebbe dovuto dirmi lei quello che voleva, ma la tentazione è stata troppo forte. Un paio di spinte convinte si alternano ad altre più dolci, le dita scivolano fuori dandole una tregua. L amia lingua scorre sul suo collo, su fino ad avvicinarsi al suo orecchio - dimmi cosa ti piace - le mordo il lobo, le dita tornano a muoversi in lei con movimenti irregolari come fossi in attesa, in una sofferente attesa.


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