I will follow you into the dark

Nathan.

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  1. acid rain.
     
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    L’amore travolto dalla gelosia diventa ostilità. L’ostilità si trasforma in odio e quest’ultimo in follia. Non poteva permetterlo. Conosceva alla perfezione quali sarebbero state le conseguenze di un atteggiamento poco sano ma, mai prima di allora, quel lato semi oscuro, aveva preso il largo. Si era ritrovata a provare fastidio. Certo. Come negarlo. Quando Axel l’aveva accantonata per seguire la biondina slavata, se ne era risentita. Alla stregua di una bimba alla quale avevano sottratto il suo giocattolo preferito. Un pensiero sciocco. Lei in primis non si sarebbe fatta scrupoli. Non vi era alcun tipo di sentimento. Attrazione fisica, un legame che somigliava a un’amicizia più che a un amore. Con Nathan? Tutta un’altra storia. Risultava complicato applicare la proprietà utilizzata nei confronti del libertino bulgaro. Ovviamente. Il distacco. La tolleranza nell’osservarlo mentre, ignaro, si interfacciava con un universo femminile pronto a soffocarlo nelle sue spire. Impossibile. Era giunta a questa conclusione proprio durante il falò, organizzato per celebrare –come se ce ne fosse bisogno- il ritorno tra i banchi di scuola. L’atteggiamento della Johnson non le era piaciuto. Quella sua propensione ad attaccarsi come una cozza a lui, la mandava ai matti. Anche per questo motivo aveva mandato in avanscoperta Freya, alla ricerca di risposte che confermassero la relazione tra la bionda leonessa e il taciturno Harris. Le buone nuove erano giunte e i suoi nervi sembravano aver trovato pace, evitando di schizzare via da sotto la sua pelle diafana. Una piccola, grande, vittoria a dirla tutta. Rimaneva il fatto che, durante la festa, si era cimentata in uno spettacolino di dubbio gusto, utilizzando il biondino dall’aria stralunata che, in fondo, aveva addirittura imparato a conoscere. Il suo putto personale. Riccioli d’oro in versione amante dei serpentoni. Colui che aveva deciso di prendere sotto la sua ala protettrice e trasformarlo, chissà, in una persona normale.
    Che aveva fatto di male? No. Lui non poteva minimamente conoscere il caos che regnava in quella testolina rossa. I film mentali. Le paranoie che sembravano più catastrofi. Finché, il tutto, sarebbe rimasto nascosto nelle profondità cavernose della sua psiche, beh, no. Niente di male all’orizzonte. Le sue iridi nocciola studiarono nel dettaglio la sua espressione, alla ricerca di una nota di seccatura sul suo volto. Il nulla. La sua espressione, ancora una volta, la spiazzò. Trasudava sincerità da ogni poro. “La stronza.” Ammise senza mezzi termini, abbassando lo sguardo, mostrando la vergogna che si era portata dentro. Avrebbe potuto muoversi diversamente. Ragionare sulla situazione, senza compiere passi falsi potenzialmente letali. Invece no. Si era lasciata travolgere dall’istinto, come sempre. Atti che, prima o poi, si sarebbero presentati sotto forma di karma, cogliendola nel sonno. Una giusta punizione per chi, come lei, peccava di diffidenza cosmica, anche verso chi dimostrava tutto il dimostrabile possibile. In ogni caso, data la domanda scagliata sull’impreparata verde-argento, prese ad interrogarsi su quali fossero stati i discorsi tra lui e Grace. Doveva essere stata lei ad informarlo della sua ambigua relazione con il bel Dragonov. Chi se no? Chi poteva avere interesse a gettarle fango e, così, insinuare dubbi nella mente del Grifondoro, se non quell’arpia dal volto fintamente angelico. L’avrebbe pagata. Cara. Un giorno le avrebbe restituito il favore, senza sconti di pena. Prese il coraggio a due mani e, con ostentata sicurezza, decise di imboccare il sentiero della verità. Così come giusto che fosse. Perché lui era lui e lei voleva lui, più di qualsiasi altra cosa al mondo. “Non da quando…” Andiamo, Diamond. Era pur sempre per la monogamia, una volta messa nel sacco, si intende. “… non dopo quella sera.” Quella notte era stata un qualche cosa di mai vissuto prima. Sapeva di non poter dare il solito peso che conferiva a tutte le relazioni occasionali che, di tanto in tanto, si concedeva giusto per scaldare il letto. Fino a quel momento, Rain, era sempre tornata da Axel. In lui riponeva fiducia, sì, ma sapeva bene che il sentimento non sarebbe mai sbocciato. O c’era o no. Nessuna via di mezzo quando in ballo vi erano emozioni forti. La sua voce risultò incerta, non a causa dei concetti proferiti ma per l’imbarazzo provato in una situazione completamente nuova, alla quale non si era mai nemmeno avvicinata. Aveva paura. Paura di amare. Paura di non essere ricambiata e delusa. Si trattava di un vero e proprio limite insormontabile che la bloccava. Non aveva neanche idea di come si vivesse una relazione esclusiva. Obblighi? Doveri? Dove stava la lista aggiornata degli atteggiamenti da mantenere per non rischiare il peggio? La confusione totale. Una sensazione di soffocamento che, però, riuscì a rinchiudere in un angolo remoto del suo Io, così da non sembrare quella pazza scatenata che, di lì a poco, avrebbe preso il sopravvento. “Non sarebbe un problema?” Lo stava domandando seriamente. Le interessava perché se lo avesse ferito, l’avrebbe uccisa. Si avvicinò e lui, con un gesto della mano, le scostò una ciocca di capelli, finita per caso davanti a quegli ipnotizzati. Si decise. Era giusto conoscere le intenzioni di entrambi e, sebbene fosse certa delle sue, ancora mancava un pezzo all’appello. La risposta più importante. Tirò un sospiro di sollievo. Musica per le sue orecchie. Non poteva chiedere di meglio a quel destino che, spesso, si era scagliato su di lei, così aggressivamente da lasciarla inerme. Una gioia era giunta. “Gli parlerò.” L’avrebbe fatto anche se già immaginava l’espressione accigliata del Serpeverde posarsi su di lei. “Il prima possibile.” Poteva starne certo.

    Finalmente scivolarono in quell’universo parallelo che tanto gli era caro. L’armadio senza fondò terminò, proiettandoli in quella che lei definiva isola felice. Lo era stata davvero per lei. I momenti bui non erano mancati e, ogni qualvolta sentisse il bisogno di rimanere sola con sé stessa, si rifugiava in quello spazio segreto. Lontana dagli occhi indiscreti del mondo, ritrovando l’equilibrio andato perduto. Sorrise senza farsi vedere mentre, Nathan, si aggirava per la stanza, così da potersi godere il panorama sotto diverse angolature. Per lo meno lo aveva colpito. Fece spallucce. “Te lo permetto.” Assunse un’aria fanciullesca. “Ma tutto ha un prezzo, mio caro. Lo sai?” Gli portò le braccia al collo, tirandolo a sé e posandogli un bacio sulle labbra. Casto come non mai. Come l’aveva trovata? Bella domanda. “In un giorno qualunque.” Stava giusto fuggendo da quell’idiota di Tassorosso. Lo stesso che l’aveva umiliata davanti all’intera scuola, portando al ballo la prima sciacquetta disponibile. Certo. Tipico comportamento di chi è consapevole di non poter avere di meglio. “L’ho scoperto insieme a una persona che non è più tra noi.” No. Forse si sarebbe fatto l’idea sbagliata. “Voglio dire, non è morta!” O, almeno, lo sperava con tutto il cuore, anche se non aveva mai più avuto sue notizie. “Se ne è andata.” Lasciando un grande vuoto, soprattutto in seguito a quel biglietto scritto di suoi pugno. “Eravamo alla ricerca di qualche cosa che potesse essere all’altezza delle nostre aspettative.” Stavano ficcando il naso non avrebbero dovuto. Quindi? Poteva essere considerato reato? Certo che no. “Ci siamo imbattute in ciò. Niente male, eh?” Denotava un certo fascino. Una prospettiva differente dalla solita. Proprio quello di cui avevano bisogno. Le rubò un bacio, prima di scappare. “Ehi!” Si finse offesa. “Credi che io nasconda qualche cosa di bello, quindi?” Perché no? Tutto era possibile. Non si trattava di un meccanismo di difesa qualsiasi. No. Mantenere le distanze era una specie di fissazione che aveva avuto sin da piccola. La motivazione andava fatta risalire alle modalità con le quali era stata cresciuta. In principio, i suoi genitori biologici, si erano rivelati una vera delusione. L’amore che avrebbero dovuto riversare su di lei, incondizionatamente, si era ridotto a qualche sporadico episodio. Un bacio sulla guancia. Una pacca sulle spalle. Niente di veramente importante. E poi? Poi se ne erano andati. Lei li aveva accettati, forse per natura ma dal loro tradimento, Rain, non era più riuscita a fidarsi pienamente di nessuno. Neanche di coloro che, mossi da compassione, l’avevano presa tra le braccia e confortata più di una volta. “Se dovessero ripristinarmi i dati di fabbrica.” In quel caso, forse, si sarebbe stato facile ripartire da zero. Ma che divertimento ci sarebbe stato? La sua reputazione da cattiva ragazza sarebbe andata a farsi fottere e sarebbero potuti arrivare a pensare di avere una chance di rientrare nelle sue preferenze. Giammai. Non scherziamo. Chi doveva entrarci ci era già entrato. I tutti i sensi. “Sicuro che non diverta te?” Domandò. “E poi dovresti sgomitare per avere la mia attenzione.” Come se fosse stato possibile. “Ti senti pronto a condividermi con la mondanità?” Che brivido insopportabile.
     
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