Now, speak!

With Michael.

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  1. yourgrace.
     
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    Grifondoro
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    Shock, confusione, erano tante le reazioni e le sensazioni che quella rivelazione avrebbe dovuto provocarle, eppure, Grace percepiva uno strano senso di calma, di risolutezza. Ogni pezzo di quell’intricatissimo puzzle stava trovando il suo posto in quella vicenda e situazione che più di una volta le avevano tolto il sonno per l’agitazione per l’impasse in cui l’avevano costretta a vivere. Finalmente capiva, non tutto, chiaramente, ma gran parte di quel quadro della quale fino a quel momento aveva posseduto pochi e scarni indizi che il più delle volte potevano voler dire e rappresentare lo zero assoluto. Una ricerca spasmodica di quella che era la verità affidandosi a questo o quel commento, questo o quello sguardo, espressione, che il giovane enigmatico s’era lasciato sfuggire e soprattutto quanto le aveva raccontato il cugino che, sempre della stessa pasta per quell’aspetto, non aveva lasciato trasparire granché di più ma che le cui necessità lo avevano portato a doversi aprire seppur forzatamente poiché necessitava dell’aiuto della Grifondoro. Alla fine il loro era stato un dare-avere. Quello di Grace era stato un aiuto disinteressato, dettato unicamente dalla sua etica compassionevole e da quella moltitudine di caratteristiche che alla fin fine aveva portato il cappello parlante a smistarla – giustamente – tra i rosso-oro. Grace sentiva il bisogno di aiutare chi in difficoltà anche se, a trovarsi in difficoltà, era un omaccione la maggior parte del tempo fastidioso il cui passatempo sembrava fare il filo a qualsiasi essere vivente del genere umano la cui peculiarità principale era possedere la coppia di cromosomi “XX”. Fortunatamente però i loro incontri erano scemati ancor prima che il giovane Barnes potesse anche solo pensare di lasciarsi andare in quella direzione e la frequentazione cominciata con il di lui cugino aveva smorzato ogni possibile idea sul nascere. Non era lui l’interesse della biondina. Certo era che la sua scomparsa non aveva fatto altro che sollevare ulteriori ansie nella ragazza che aveva guardato al suo ragazzo, ai suoi silenzi e soprattutto alle sparizioni durante il corso dell’estate con maggiore apprensione nei riguardi di quel destino che se in certe occasioni pareva lì disteso davanti a loro, tornando a quella che era la brusca realtà Grace ne visualizzava le incertezze. Cosa celavano gli Harris-Barnes? Harry l’aveva aiutata unicamente a visualizzare la punta di quell’iceberg di guai. Alla fine, un’unione di piccoli punti che non avevano trovato la benché minima conferma provata ma che la Grifondoro aveva preso sostanzialmente per veri poiché il contrario non avrebbe avuto lo stesso senso compiuto. Doveva essere così. Doveva esserci del marcio, dell’oscuro in quella famiglia. Ma di quanta oscurità si parlasse, quello, non avrebbe potuto immaginarlo nemmeno lontanamente.
    Calma ma anche sgomento, crescente sgomento, presero il sopravvento mentre ascoltava avidamente ogni parola pronunciata dal Serpeverde non mancando di cogliere ed assorbire ogni singolo sguardo e micro-movimento lasciatosi sfuggire dal suo bel viso. Quella sincerità sarebbe stata frutto di un singolo momento che sarebbe stato difficile replicare, oppure, come sperava, il loro rapporto aveva finalmente raggiunto un ulteriore crescita scalando un ulteriore gradino che altro non avrebbe fatto che fortificare la loro unione? Osservò il suo viso, imprimendo quell’espressione, i suoi tratti.
    La Johnson aveva sempre trovato intriso di una tiepida malinconia il volto del biondo. Una tristezza appena accennata in quei lineamenti altrimenti algidi che difficilmente lasciavano trapelare una qualsivoglia informazione. Stoico nel suo silenzio che al più lasciava spazio ad una leggera aurea di giudizio in base all’inclinazione superba che potevano acquisire le sue sopracciglia. Ma lui non l’aveva mai guardata così, mai Michael Harris aveva posato il suo giudizio più cinico sulla piccola Johnson, anzi, scoprire d’aver attirato la sua attenzione in positivo tanto da chiedere la sua mano al ballo l’aveva lasciata di sasso. Senza poi non mancare di considerare la testardaggine con la quale s’era impuntato su di lei. Perché lei? Si domandava guardando a sé stessa come nulla di particolare che meritasse quel tipo d’attenzione poiché si vedeva normale, persino anonima, tralasciando invece quelle che erano le caratteristiche che il biondo più di tutti insieme ai suoi amici la vedevano come il centro di un piccolo universo di legami di cui lei era il sole che con le sue attenzioni scaldava e sanava quei piccoli pianeti altrimenti freddi dei loro traumi.
    «Si… Okay. Ma perché prendersela con te? Eri solo un bambino.» Aggrottò le sopracciglia. Non avrebbe mai potuto capire il perché e tantomeno giustificare David – non con quei pochi dati – per aver portato Michael allo strazio, allo sfinimento. Tutt’ora sembrava continuare a perpetrare atteggiamenti di quel tipo con chiunque e per gli argomenti più disparati. Le bastava pensare alle poche interazioni che aveva avuto con il moro per far rinvenire alla luce il fastidio ed il disagio suscitati dal Serpeverde. I due non erano chiaramente compatibili e, la Johnson, per evitare di snaturare sé stessa ed allo stesso tempo mettere in difficoltà i suoi cari preferiva svicolare da possibili incontri ravvicinati che includessero il ragazzo in questione.
    «È troppo comodo fargliele passare tutte solo perché ha avuto un’infanzia difficile. Tutti hanno dei problemi ma non per questo possono comportarsi da stronzi con chiunque» sentenziò ignorando per l’appunto la totalità dei fatti e, innocentemente, sottostimando quelle che erano le parole del ragazzo. Uccidere… era un’iperbole la sua, no? «Tu non sei stronzo» concluse in un filo di voce. Nella sua testa quell’ultima frase sarebbe dovuta uscire come un’affermazione del tutto convinta, poiché, lo pensava o almeno lo aveva sempre pensato fino a quel momento ma qualcosa in quel momento d’intimità, di confessioni, portò il suo tono a vacillare. Quanto conosceva davvero quel ragazzo? Michael gliel’aveva detto più volte, a più riprese, di quanto invece dovesse temerlo. Glielo aveva detto anche un attimo prima fino a che stavano litigando furiosamente. “Non sono il tuo bene”. Cominciava, poco alla volta, a capire di più ma ciononostante non era disposta a lasciarlo andare, non era disposta a perderlo ed il motivo lo aveva disperatamente urlato ad alta voce: lo amava. Lo amava di un amore bruciante, puro, che le rendeva necessaria la sua solida presenza e la sua calma. Lui era la sua roccia, il pianeta intorno alla quale voleva orbitare.
    «T-tuo padre?» Deglutì. Una nuova conferma a ciò che l’istinto le aveva suggerito. Le mani si strinsero più saldamente poco più su dei polsi percependo appena la medesima stretta del ragazzo. Allora lasciò che le dita scivolassero fino a congiungersi ed intrecciarsi con le mani di lui. Come poteva un padre ridurre un figlio in quello stato? Come?! Per un breve istante fu riconoscente a David per ciò che doveva aver fatto, rischiato. Quell’uomo era un folle! Da denuncia. Si strinse al petto del ragazzo ascoltando il battito del suo cuore, vivo e pulsante, che in qualche modo riuscì a mantenere saldi i suoi nervi. La paura di perderlo era sempre più palpabile, vera e non solo uno strisciante presentimento.
    Erano quelle stesse preoccupazioni che smarrivano lo sguardo della sua migliore amica? Anche lei sapeva? Era forse quello il motivo per la quale non riusciva a sopportare il fatto che frequentasse Michael? Perché non gliene aveva parlato? O forse anche lei era all’oscuro e David era semplicemente David? Le riusciva difficile pensare che non sapesse dopo tutto quel tempo seppur la loro relazione – dalle domande che le aveva rivolto quell’estate – non fosse, come dire, lineare.
    «Ma cosa vuole da voi? Siete solo dei ragazzi…» Per quanto fossero in procinto di diventare degli uomini fatti e finiti la realtà dei fatti era che erano dei ragazzini appena ventenni. Cosa poteva mai volere da loro? «P-perché non lo denunciate?» Domandò scostandosi dal suo petto per fissarlo in viso. Anche lui avrebbe riso sprezzante come aveva fatto suo cugino? Erano davvero così deboli le autorità? Sin dalle scuole babbane le avevano sempre riempito la testa con la bella favola della polizia, del loro ruolo nel rispetto dell’ordine e di quanto fosse importante rispettare la legge. Nel mondo magico si chiamavano diversamente ma il funzionamento era il medesimo con gli auror a fare rispettare quelle che erano le regole a protezione della civiltà ma possibile non fossero abbastanza? Possibile ci fossero persone in grado di scamparla aggirando quella legge? Quanto era ingenua e quanto si sentiva dannatamente impotente in quel momento. Così piccola, fragile, incapace di poter rappresentare un vero aiuto per il Serpeverde. Così inadatta esattamente come sua madre non perdeva occasione di sottolineare.
    Tirò su con il naso.
    «Con me saresti in costante pericolo. Se ti dovesse succedere qualche cosa, ne morirei!»
    «Non m’importa. Voglio stare con te!» Terribilmente immatura ma allo stesso tempo profondamente sincera. Voleva solo stare con lui e lui soltanto. Dividersi per questo era insensato poiché avrebbe continuato a pensarlo, a morire d’ansia senza conoscere come stesse. Avrebbe rischiato e non le sarebbe importato diversamente proprio perché lo amava. «Sono pronta a rischiare», qualsiasi cosa questo volesse dire. Allungò il braccio finendo per affondare le dita tra i capelli biondi del Serpeverde. «Sono testarda, ricordatelo» Abbozzò un sorriso cercando di stemperare la tensione di quell’attimo e successivamente lo ringraziò per quelle confidenze con la quale, finalmente, sarebbe riuscita a comprenderlo un po’ meglio. Intanto, attraverso le finestre a ribalta degli spogliatoi, il timido sole andava a nascondersi oltre le fronde degli alberi sancendo l’arrivo della sera sul castello di Hogwarts.
     
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