Now, speak!

With Michael.

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  1. Harris Jr.
     
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    Non gli capitava spesso di perdere le staffe. Quando avvertiva la possibilità, però, nutriva sempre quel timore di non riuscire a mantenere il controllo. Si era allenato in maniera assidua. Devoto alla causa. Come se da quello dipendesse la sua intera esistenza e, a dirla tutta, la verità non si trovava così lontana da quel concetto. Mai e poi mai avrebbe desiderato trovarsi ad avere a che fare con una sua ipotetica esplosione di rabbia, soprattutto in presenza di coloro ai quali teneva realmente. Un rischio che, oramai, aveva accettato nella sua quotidianità. Una possibilità che, spesso, aveva minacciato di tramutarsi in realtà grazie alla presenza assidua di David. Suo fratello non perdeva occasione per tentare di portarlo fuori dalla grazia di Merlino e di Morgana, senza neanche pensare cosa ciò potesse significare per lui. Scontrarsi con l’animale che albergava in lui era l’ultima cosa di cui aveva bisogno anche se, a dirla tutta, i suoi crimini erano avvenuto in forma umana. Portò la mano alla fronte. Segno del suo più totale disagio. Grace, quel giorno, appariva diversa. Motivata. Inverosimilmente più del solito, se fosse stato possibile. Che era accaduto? Possibile che se la fosse presa esclusivamente per la sua reazione pacata durante lo svolgimento del falò? Impossibile. Dietro a quell’atteggiamento doveva esserci ben altro. Di più. Più di quello che riusciva anche solo lontanamente ad immaginare. L’agitazione della giovane, però, ebbe un ascendente negativo sul mannaro che, a seguito di quelle accuse mosse nei suoi confronti, si sentì del tutto in balia dell’istinto. Quella sensazione di essere portato al limite, lo consumò, obbligandolo a fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per non risultare ambiguo, ponendo in essere atteggiamenti del tutto fuori luogo per un diciottenne qualunque. Le parole della bionda lo colpirono, come una di quelle piccole navi bersagliate, in una partita del gioco babbano chiamato battaglia navale. Questo era riuscito a dimostrarle? Indifferenza. In tutto quel tempo non si era visto altro di lui? L’interesse? L’amore provato nei suoi confronti. Il desiderio di proteggerla da tutto e da tutti? Niente. Si sentì sconfitto, su ogni fronte. Come se i suoi sforzi non fossero serviti a mostrare, anche se in minima parte, ciò che era realmente: un ragazzo innamorato. Uno come tanti, fatta eccezione per un qualche cosa che, per il momento, sarebbe dovuto rimanere lì, nel dimenticatoio. Avvertiva in pieno petto il dolore mostrato dalla rosso-oro. Inerme, davanti a quel fiume in piena, costituito da sentimenti contrastanti che avrebbe giurato di conoscere in parte. Lui. Lui doveva essere il suo argine. Lui avrebbe potuto fermare il male che l’affliggeva ma, purtroppo, riversare su di lei la verità, sarebbe stato peggio del previsto e, forse, si sarebbe pentita anche solo di aver accettato –un anno prima- il suo invito a quel maledetto ballo. Il loro scambi di punti di vista, presto, si trasformò in vero e proprio litigio dove, contro ogni pronostico, anche Mike si trovò a dover alzare i toni per enfatizzare il suo disappunto, provocato da diverse esternazioni compiute da quella che, oramai, dopo mille peripezie, poteva considerare la sua ragazza. Perché, sì, per lui si trattava di una relazione più che seria. Nessun’altra avrebbe preso il suo posto. Lo accusò senza mezzi termini di non parlare. Di escluderla dalla sua vita e la cosa peggiore stava proprio nel fatto che aveva pienamente ragione. A nulla valeva spiegare quanto fosse importante che non venisse a conoscenza di alcuni dettagli. Non le importava. Grace voleva esserci dentro con tutti i piedi. Voleva lui senza alcuna riserva. Senza timore di ciò che si celava dietro quel muro di ghiaccio, costruito proprio per tutelarla. Quante volte si era nascosto dietro a un dito, fingendo che tutto fosse al proprio posto. Come poteva credere di riuscire a portare avanti quella messa in scena da quattro soldi, sotto il naso dell’unica persona che poteva dire di amare? Un codardo. Ecco come si reputava. Un codardo buono a nulla. Forse David aveva ragione. Dean avrebbe sfruttato quella sua debolezza e in pochissimo tempo lo avrebbe fatto fuori, cancellandola non solo dalla faccia della terra, ma anche dalla vita di tutti quelli che orbitavano intorno a lui. Forse si sarebbero abituati. Qualcuno neanche se ne sarebbe accorto della sua assenza ma lei sì! Lei avrebbe sofferto a tal punto da fargli sperare che non esistesse un aldilà. Un punto di osservazione superiore. A che cazzo stai pensando, idiota? Cercò di darsi una mossa, così da poter cercare di calmare quelle acque fin troppo agitate per i suoi gusti. L’aveva costretta. In qualche modo, era stato lui a portarla fuori strada, lasciandole credere cose che non corrispondevano al vero. La colpa era da attribuirsi, esclusivamente, alla sua omertà e alla mancanza di palle. Ricercò in sé quella parvenza di calma, senza la quale, sarebbe caduto nella trappola, preparata accuratamente dall’altra sua natura, quella pericolosa. Passò la mano tra i capelli, nervosa e veloce. Si stava esponendo. Eccessivamente, forse. Ma se non voleva perdere colei che rappresentava la sua umanità, un esame di coscienza parve d’obbligo. Ribattere? Inutile. L’agitazione della Johnson lo irritò per qualche istante ma, razionalmente, elaborò le motivazioni che l’avevano portata a esplodere a quei livelli. La lasciò sfogare a pieno ritmo. Anche quando lo mandò a fanculo, senza passare dal via. Quell’atteggiamento lo eccitava inspiegabilmente. Come se fosse in grado di trasformare la rabbia in una sorta di tensione sessuale che, inevitabilmente, provavano fin da tempi non sospetti. Sarebbe stato in grado di piombare su di lei. Prenderla in quel sudicio spogliatoio. Farla sua più e più volte. L’adrenalina pensava per lui ma, come sempre, il senso di giustizia, riusciva a prendere il sopravvento, portandolo a razionalizzare quell’impulso animalesco. Su una cosa però sbagliava. Sapeva più del dovuto. Michael era cosciente di essere il male puro per lei. Questa consapevolezza, quindi, lo tramutava in un attimo nel più egoista delle persone all’interno di quella scuola.
    “Ti sbagli!” Fu proprio in quel momento che decise di intervenire, al solo fine di puntualizzare qualche cosa che non poteva essere noto. “So ciò che è meglio per te!” Ribadì. “Semplicemente perché so di non essere il tuo bene!” Recitò quelle parole, apparentemente senza senso, con aria afflitta. Triste. Come se si fosse autonomamente posto davanti a ciò che aveva ignorato per troppo tempo. “Ma su una cosa hai ragione, Grace!” Alzò lo sguardo su di lei, scandagliandone ogni dettaglio che sarebbe rimasto impresso nella sua mente, qualsiasi fosse stata poi l’epilogo. “Nessuno può decidere per te. Non permetterlo mai!” Così da non fare la sua stessa fine. Perché, sì. Lui non era altro che il frutto di decisioni prese da qualcun altro. Qualcuno che sapeva che mettendolo al mondo, con tutta probabilità, lo avrebbe condannato a una vita in catene. Nel vero senso della parola. Senza pensarci due volte, il minore dei fratelli Harris, la prese tra le braccia, cercando di infondere in lei, almeno una piccola parte di sicurezza che meritava perché, nonostante fosse il pericolo numero uno, Grace con lui sarebbe stata al sicuro. La giovane tentò di dimenarsi, con una forza atipica per un tipo minuto come lei. Una grinta irrefrenabile. Uno degli aspetti che più lo attraevano. Pochi istanti e poi la resa. Si accasciò contro il suo petto e lui stette molto attento a non lasciarsela sfuggire. Non in quel momento, almeno. Forse l’avrebbe persa in seguito alla sua confessione e, per questo motivo, voleva viversi a pieno gli ultimi istanti. Quelli, forse, più significativi che avrebbero decretato il loro futuro. ”Io voglio sapere tutto.” Si trattava di un gran numero di informazioni e, di certo, non sarebbero potute essere ridotte ai minimi termini. Per questo decise di andarci piano. Un passo alla volta e, forse, con quella tattica, avrebbe potuto guadagnare tempo prezioso per la riuscita del suo piano contro la sua famiglia. Annuì. ”La tua famiglia…?” Gli sembrò una domanda più che logica. Ricordava l’occhiata cupa rivolta a suo fratello un anno prima quando, nel bel mezzo del ballo dedicato al Natale, suo padre aveva imposto loro di presenziare al suo cospetto in quel di Londra, dove poi era avvenuta la sua prima trasformazione. In quell’occasione Grace aveva assistito a quello scambio di terrore. “Parto dal principio. Il mio arrivo qui, Grace, non è stato casuale.” Sarebbe partito dal motivo per il quale aveva deciso di frequentare Hogwarts, andando contro il parere materno. “Ho deciso di frequentare questa scuola solo per David.” Ammise. Inizialmente nessun altro motivo avrebbe spiegato la sua presenza tra quelle mura. “L’avevo con lui.” A morte. “Volevo portare a termine ciò che avevo iniziato mesi prima quando, una notte, ho tentato di ucciderlo!” Abbassò lo sguardo. Si vergognava ma quella che era appena uscita dalla sua bocca non era altro che la realtà. “Ho passato molti anni a subire i suoi scatti d’ira.” Il suo intento non era di certo quello di farle odiare ancora più intensamente David. No. Al contrario. La sua volontà si fermava al mero racconto. “Violenze fisiche, intendo.” Tralasciò alcuni dettagli. “Io e lui abbiamo ricevuto un trattamento differente.” Anche se non di molto. “Io sono stato più fortunato di lui, grazie a mia madre.” La donna che l’aveva sottratto alle grinfie di un marito totalmente instabile mentale, con manie di grandezza così spiccate da poter vincere una discesa agli inferi diretta. “David ha sofferto, sì, ma non riuscivo a perdonarlo di aver scaricato la sua frustrazione su di me!” Frustrazione scaturita dall’essere stato il bersaglio prediletto di Dean. “La nostra è una famiglia disfunzionale, basata sull’aggressività.” Le storie di violenza si sprecavano. Erano così tante da averne perso il conto. “Mio padre non ha avuto alcuno scrupolo.” Ricordava come non aveva battuto ciglio nello spaccargli una gamba a mani nude, così, ridendogli in faccia. “La lettera la notte di Natale, giungeva proprio da lui. Ci invitava a raggiungerlo per…” Come spiegare? “Eseguire alcune direttive.” Non aveva avuto scelta. Attirare Dean a scuola, sarebbe stata una mossa stupida. Ma lo era stata anche quella di consegnarsi a lui, senza avere un’adeguata preparazione. “Abbiamo avuto uno scontro.” Si bloccò improvvisamente, tornando alla notizia scioccante di pochi attimi prima. “Voglio che tu sappia che sono pentito.” Per una miriade di cose, certo. Ma una su tutte. “Per quello che ho tentato di fare a David. Ero fuori di me. Non ragionavo.” Con il tempo aveva compreso il perché dei suoi atteggiamenti. “Non ti ho cercata perché non potevo!” Certo che no, era troppo occupato a prendere coscienza di quanto appena avvenuto e, soprattutto a curare le ferite inflitte da colui che, secondo natura, sarebbe dovuto essere il primo a proteggere i propri figli che, invece, aveva massacrato senza alcuna pietà, risparmiandogli la vita esclusivamente per il fatto che gli sarebbero serviti. “Non parlo di lui. Non parlo del mio passato.” Non volentieri, per lo meno. “Non voglio essere come lui.” Per poco una lacrima non andò a rigargli la guancia pallida. “In quei giorni, sarei voluto svanire nel nulla. Prima di varcare il cancello della scuola, ci ho pensato su. Se fosse la scelta giusta.” Ammise. “Ma sono tornato. L’ho fatto per te.” Ed ora poteva dirlo con certezza. “E ho fatto bene. Ora so cosa vuol dire amare.” Doveva ringraziarla. “Ti amo, Johnson!” Non la trattenne. Sapeva che quanto detto avrebbe potuto provocare un maremoto di emozioni. In fondo le aveva confessato di aver tentato di togliere la vita a una persona, che per quanto fastidiosa potesse essere, non meritava un trattamento simile. Illegale. Condannabile.

    BOOM BABY
    E UNA, ZOC!
     
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