Now, speak!

With Michael.

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  1. Harris Jr.
     
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    La paura. Una delle emozioni più difficili da gestire. Il dolore si piange. La rabbia si urla. Ma la paura? Era riuscita ad aggrapparsi al suo cuore, rendendolo fragile. Quante volte aveva maledetto il fatto di non essere come suo fratello. David. Un fottuto menefreghista, capace di affrontare le difficoltà di petto, senza guardare in faccia a nessuno, nemmeno a coloro che si sforzavano ad accettarlo per lo stronzo che era a causa della sua esistenza priva di stimoli positivi. David. Il suo opposto senza anima. Colui che si era fatto trascinare ed inghiottire dall’oscurità, senza esitazione, lo stesso che aveva incentrato la sua intera esistenza sulla vendetta, tralasciando ciò che per il resto del mondo costituiva una priorità: l’amore. Un male necessario? Mike non ne era affatto convinto e gli occhi di Grace, ogni volta, avvaloravano la sua teoria. Per questo motivo il timore di non poterli più incrociare e fonderli nei suoi lo mandava ai matti. Sì. Come se rinunciare a lei, sarebbe equivalso a porre la parola fine alla sua esistenza, la stessa che si era impegnato così tanto a migliorare, dopo il suo arrivo a Hogwarts. Rischiava. Ne era consapevole ma, allora, cosa sarebbe stato meglio per lei? Dimenticarlo? Se l’avesse lasciata andare, se lei l’avesse odiato a tal punto da ripudiarlo, la sua vita sarebbe stata salva. A quel punto le loro strade si sarebbero divise definitivamente ma, se il piano fosse andato in porto? Se lui e suo fratello fossero riusciti nel loro intento di togliere di mezzo Dean, una volta per tutte? Il rimpianto l’avrebbe consumato, proiettandolo in un futuro vuoto, inutile. Un’esistenza miserabile. Un’esistenza che non sarebbe valsa la pena di essere vissuta. Nessun obiettivo. Da solo con la sua coscienza e no, non era di certo quello a cui aspirava. E allora, cosa fare? Adagiò lo sguardo sulla ragazza, così piccola e delicata. Il suo volto provato lo fece trasalire ancora una volta. La colpa era sua. Sua e di nessun altro. I suoi silenzi, le sue mezze verità. Le sue importanti omissioni. Fattori che avevano contribuito a creare in lei dubbi lancinanti che, in quel momento, stava portando alla sua attenzione, senza far ricorso a mezzi termini completamente inutili alla sua causa. Aveva ragione. In tutto e per tutto e, il ragazzo, avvertì la sensazione devastante di non meritare la sua pazienza infinita. Lui l’aveva aspettata ma lei era riuscito a ripagarlo in maniera tale da renderlo ancora debitore nei suoi confronti. Come cazzo era potuto accadere? Portò la mano alla testa, scompigliandosi il ciuffo, palesando il suo profondo stato di disagio. Mai prima di allora si era trovato in una posizione simile. Non gli era mai importato di qualcuno a quel livello e i suoi rapporti superficiali non erano mai stati motivo di confusione. Stava vivendo un contesto totalmente nuovo, difficile da gestire su due piedi, così, senza la dovuta preparazione. Si sforzò. Ricostituendo l’integrità di quella maschera fatta di un’espressione neutra, quasi impassibile, come se nessun pensiero scalfisse la sua anima, macchiata da un avvenimento che l’avrebbe accompagnato fino alla fine dei suoi giorni. E Poi? Il non ritorno. Una richiesta stanca, alla quale non tardò una risposta altrettanto esausta.
    ”NO!” Le sue intenzioni risultarono immediatamente chiare: non si sarebbe fermata a quello stupido tentativo di arginare la sua piena. La frustrazione di entrambi stava raggiungendo un livello mai visto prima ma, d’altra parte, da ambo le parti vi erano alla base motivazioni più che valide. Esigeva. Grance sentiva il bisogno di comprendere quali fossero i reali motivi che lo spingevano a chiudersi a riccio, con lei e con il resto del mondo. Osservò la sua esagitazione, reprimendo l’esigenza di alzare la voce. No. Non era come suo fratello. Lui non si sarebbe mai adoperato per dimostrare la sua superiorità dal punto di vista fisico. Si costrinse, così, a reprimere il dolore, la paura e tutti i sentimenti che, come in un vortice, gli attanagliavano il petto, senza lasciargli via d’uscita. Che fosse realmente giunto il momento di lasciar trapelare alcune informazioni proibite? Non ne era certo e andarci cauto sembrava essere l’unica via percorribile per non rischiare il suo intero mondo, fatto di merda ma anche di elementi degni di essere vissuti a pieno. Come lei. Dissentì con il capo. Certo che non riteneva sano il suo comportamento ma se fosse servito a tenerla al sicuro, beh, non avrebbe esitato a fare ricorso a tutta la sua parte peggiore. “Ah, per l’amor del cielo, Grace! Chi ha mai pensato a una cosa simile?” Stupida. Se l’avesse ritenuta tale, l’avrebbe tenuta a debita distanza dal minuto zero, senza perdere un secondo. Fuori strada. Completamente. Il suo tono stremato la diceva lunga. “Hai ragione!” Riacquistò quel minimo di calma per rispondere con i dovuti modi, evitando di sconfinare in territori che sarebbero dovuti rimanere inesplorati. Ammise l’inevitabile. Oramai era chiaro che dietro ai suoi sotterfugi ci fosse qualche cosa di decisamente più grande, quasi impossibile anche solo da accettare. “Grace…” Prese tempo. Elaborò velocemente le diverse opzioni e nessuno gli sembrò così sensata da aiutarlo ad uscire da quell’impiccio senza ripercussioni irreversibili. Forse avrebbe addirittura fatto bene a non fidarsi di lui, a dirla tutta. I suoi occhi si gonfiarono di quelle lacrime che mai avrebbe voluto vedere rigare il suo volto perfetto e delicato. È colpa mia! Si sentì inutile. Spiazzato dalla semplicità di una frase, ricolma di un più che giusto significato. “Forse neanche merito la tua fiducia!” A denti stretti proferì quella che per lui altro non era che un’ovvietà. Quando la verità sarebbe stata svelata, probabilmente, sarebbe corsa via, lontano da lui e dal suo status di assassino, così come qualunque persona sana di mente. Vero era che le circostanze l’avevano costretto ad assumersi una responsabilità più grande di lui, così che potesse essere sanato un bisogno ben più grande. Se solo fosse riuscito a liberare sé stesso dalla sua prigionia, senza per forza destabilizzare l’equilibrio della bionda. Eppure, da qualsiasi angolazione analizzasse i fatti, non vedeva una facile risoluzione. “No, Grace! È una certezza. Non saresti stata fiera di me. Delle mie azioni.” Anche se queste erano state rivolte a suo fratello maggiore, da lei tanto detestato. Per quanto l’odio segnasse il loro rapporto, David, era pur sempre un essere umano fatto di carne, ossa e poca anima. “Per me è motivo di vergogna.” La difficoltà nel guardare al passato, solo in quel momento, fu chiara. Non ci aveva mai pensato, forse nella speranza di gettare il tutto in un angolo remoto della sua mente, dove l’avrebbe riposto per sempre. Ghignò ironico. Iniziava a credere di essere da lei sopravvalutato, come se credesse di avere a che fare con una specie di bravo ragazzo, perfetto e completamente estraneo al mettere in atto azioni deplorevoli.
    ”Che cazzo ne sai di qual è il mio bene?” Poco e niente. Quel che certo, però, stava nel fatto che finché Dean Harris fosse stato in vita, restare al fianco di suo figlio non sarebbe stata una scelta saggia. Di questo ne era più che certo. Il rigore con il quale quell’essere disumano si muoveva, rasentava l’infernale. I suoi figli erano una sua proprietà e chiunque si fosse preso la briga di introdursi in quel rapporto duale, l’avrebbe pagata cara. Perché poi? Di cosa aveva paura? In fondo, lui per primo, aveva preso moglie, perché per loro sarebbe dovuto essere diverso. Leggende metropolitane. “So quel tanto che basta!” Lapidario. Inespressivo. Come se i suoi gelidi occhi si fossero spenti all’improvviso. Il suo bene era lontano da lui. A quel pensiero, una miccia si accese, lasciando che il fuoco puro ardesse in lui, tanto da condurlo al limite. Le intimò di stare zitta ma subito si pentì. L’animale non poteva prendere il sopravvento. Conficcò gli artigli nei palmi della mano e quando il dolore si acutizzò, Mike, si rese conto di aver oltrepassato il confine. “Io…” Afono. Si sentì morire dentro mentre Grace riversava su di lui una valanga di constatazioni sulle quali poteva dirsi perfettamente d’accordo. “No!” Tentò di farsi largo tra una parola e l’altra ma si sentì braccato. “NO!” Il suo tono si fece grottesco. Spaventoso. “Se fosse una questione di comodità, mi dispiace, ma non sarei qui.” Secco. Duro. Apparentemente senza cuore ma sincero fino in fondo e questo lei l’avrebbe potuto sapere se solo fosse stata a conoscenza della sua storia, sin dal principio. Sarebbe stato senz’altro facile lasciarsi tutto alle spalle e tornare da dove era venuto. Oltreoceano, almeno, non avrebbe rischiato di mettere a repentaglio la vita delle persone alle quali teneva. Ma no. Aveva deciso di rimanere, impegnandosi a proteggere quella fragilità che andava conservata sotto una campana di vetro, per non essere scalfita. “Sono stato chiaro?” Tagliò corto. Il bivio era lì, davanti a lui. Restava solo scegliere la strada da percorrere. Sei uno stronzo. Eppure quegli argomenti cavavano fuori il suo lato oscuro, indomabile. Si irrigidì, pentendosi immediatamente delle parole uscite dalla sua bocca. Trattenne il fiato ed intorno a lui qualche cosa di apparentemente strano accadde. Si guardò intorno, preoccupato per poi tornare ad indugiare su di lei, bisognoso anche solo di una tacita conferma che fosse proprio lei, attraverso il suo stato d’animo a giocare con il fuoco.
    ”… decidi persino per me.” E non avrebbe dovuto? Il suo dovere glielo imponeva e il resto era il nulla. “So esattamente ciò di cui sto parlando!” Cosa che lei non poteva dire. “Quindi, sì! Decido per te! Per la tua sicurezza.” Si lasciò scappare un dettaglio significativo. Aveva appena consegnato nelle sue mani uno stralcio di autenticità che sapeva avrebbe sollevato più dubbi che mai. Cazzo! Tutto gli stava sfuggendo dal suo controllo. Il panico era lì, in agguato, pronto a scaraventarsi addosso a quel ragazzo che, mai come in quell’istante, sarebbe voluto sparire dalla faccia della terra. … non credi in me!” Lo stava esasperando, incalzandolo in una maniera eccessiva, quasi come per ridurlo all’angolo. In silenzio. Ancora una volta. Affranto ma allo stesso tempo pronto ad incassare qualsiasi concetto, nato da quel fiume di parole. ”… non lo capisci che ti amo?” Il cuore gli balzò in gola. Il tempo parva fermarsi e lo smarrimento scivolò via, sostituito dalla rassicurazione nata dalla semplicità di quella frase. Nessuno si era mai espresso in quei termini nei suoi riguardi e, di riflesso, neanche lui. Il sentimento nei confronti della giovane leonessa era un qualche cosa di inspiegabile. Forte. Deciso. Lo stesso che l’aveva tenuto in vita quando il desiderio di soccombere, per evitare le torture inferte da quel padre senza scrupoli, era così forte ed invitante da trascinarlo con sé. Era quella la vera essenza dell’amore? Non ne era certo ma sospettava fosse proprio lei. Le braccia della bionda potevano essere considerate il suo luogo sicuro in cui sarebbe sempre tornato, se gliel’avesse permesso. Non si era mai preoccupato di dare un nome a quelle percezioni ma il suo discorso gli stava spianando la via. Le lacrime si sprigionarono copiose e Mike, tralasciando il suo stato mentale, si protese in avanti, avvolgendola in un abbraccio che sarebbe valso più di mille concetti buttati al vento. “Va bene!” Mormorò al suo orecchio, mentre la mano destra le accarezzava la testa dolcemente, per poi andare a parare sulla guancia per raccogliere con il pollice una lacrima. “Risponderò ad ogni tua domanda.” Sarebbe stato un libro aperto, affrontando a testa alta le sue angosce. “Prima, però…” Le sfiorò le labbra, evitando di approfondire il bacio. “Voglio che tu sappia che hai reso la mia esistenza migliore.” Da ogni prospettiva la si guardasse. Poggiò la fronte a quella della sua ragazza, sancendo il passaggio ad un livello superiore di quella relazione. “Hai reso me un uomo migliore!” Un uomo con un futuro, al di là della vendetta.
     
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