Now, speak!

With Michael.

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  1. yourgrace.
     
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    Grifondoro
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    Quante volte aveva sbagliato e quante volte ancora avrebbe dovuto ricadere nei soliti errori prima di riuscire a cambiare quel meccanismo che, inconsciamente, metteva in atto quando c’era un problema? Continuava a cadere nel solito errore, nel solito silenzio che la portava ad indugiare in alcune situazioni che vedeva e percepiva essere scomode eppure, proprio quel coraggio che veniva tanto decantato alla sua casa, le mancava nel momento del bisogno. Nel momento in cui al posto di fare e rifare e perpetrare lo stesso comportamento avrebbe dovuto affrontare di petto la situazione sovvertendo lo schema che era andato a crearsi. «Invece no, Grace!» Sentenziò rivolta a sé stessa ad alta voce mentre, ondeggiando le gambe sul davanzale di marmo, le andava tirando su per avvolgerle dalle braccia coperte dal maglioncino leggero che la leggera brezza autunnale le costringeva a mettere nonostante il timido sole che ancora si mostrava all’orizzonte. La Grifondoro ce l’aveva con sé stessa per un motivo ben preciso: l’impasse. Ancora una volta aveva scelto di attendere nella speranza che fosse la controparte a prendere l’iniziativa, a metterla con le spalle al muro magari con l’accusa ben precisa di cosa non le era andato giù invece, Michael, da questo punto di vista era più subdolo, prendeva le distanze e con i suoi occhi azzurri chiarissimi la squadrava dalla distanza, impassibile, impedendole di comprendere cosa davvero passasse per la testa del mannaro e perché avesse optato per quell’apparente trattamento del silenzio. La faceva impazzire. Più si dimostrava freddo e più la Grifondoro cadeva nella spirale degenerativa dei suoi pensieri che la portavano a vedere tutto più nero di quanto fosse realmente. Se solo si fosse decisa a fare la prima mossa. Sbuffò. “E va bene”, si disse. Avrebbe fatto l’uomo della situazione... doveva solo capire dove il suo ragazzo fosse in quel labirinto di corridoi e luoghi che era il castello di Hogwarts. Che ci vuole? Tirò la testa all’indietro roteando i grandi occhioni cerulei per il fastidio ed il nervoso. Le viscere cominciarono ad aggrovigliarsi per l’agitazione ma, Grace, era del tutto ben intenzionata a porre fine a quella faccenda. Non avrebbe lasciato passare un minuto di più, avrebbe sovvertito quella situazione, avrebbe finalmente messo in atto il suo cambiamento. Decisa si slanciò dal davanzale di marmo del giardino interno, uno dei suoi luoghi preferiti a metà strada tra la natura – il giardino – e la vita del castello – gli stessi corridoi che si diramavano per le varie direzioni e si mise in moto verso la sua destinazione: la bacheca dell’atrio. Sulla bacheca erano riepilogate le varie attività del castello e, soprattutto, era appesa una copia del calendario delle prenotazioni del campo da Quidditch. Quindi, alla mercé di tutti era possibile capire chi avesse bloccato il campo per gli allenamenti individuali.
    «Grifondoro, Grifondoro, Grifondoro, Tasso... Corvo... Grifo, Grifo, Grifo... Oh eddai Hal» bofonchiò scorrendo a ritroso nelle date e notando come l’amica avesse fondamentalmente monopolizzato il campo. Di quel passo le sarebbe uscita la tartaruga o due bicipiti da far invidia a quel colosso che avevano proprio a Serpeverde. Espirò mettendosela già via in partenza poi la sua aguzzina preferita sapeva già sarebbe stata irremovibile ma, in fondo, le andava anche bene così. Le ore passate a cavallo della scopa erano liberatorie e mai come durante gli allenamenti la sua testa riusciva ad essere davvero sgombra. Lì sulle nuvole tutto acquistava una prospettiva diversa!
    «Ah haaa!» L’indice si fermò con soddisfazione picchiettando sulla riga del giorno identificando i Serpeverde come i detentori del campo per i successivi venti minuti. “Finalmente David torni utile a qualcosa!” Lasciò cadere le pagine e con un sorriso soddisfatto si avviò a passo svelto fuori dalla scuola affondando le scarpe nell’erba leggermente alta per gli standard del guardiacaccia in direzione del campo da Quidditch. Una volta giunta diede un occhio all’orologio affisso nel corridoio d’ingresso e constatò che l’allenamento doveva essere in dirittura d’arrivo ed infatti nel giro di qualche minuto avvertì proprio il maggiore degli Harris dare l’ordine fine. Andò a nascondersi nell’altra coppia di spogliatoi, quella libera dall’utilizzo e pazientemente attese che la squadra terminasse di sistemarsi post allenamento ascoltando il casino di schiamazzi proveniente dallo spogliatoio maschile mentre da quello femminile poteva udirsi appena appena e sforzandosi la voce dell’unica ragazza facente parte della squadra che canticchiava coperta dallo scrosciare dell’acqua. «Ovviamente sa anche cantare, e certo» bofonchiò sottovoce tra sé tirando un sospiro piuttosto infastidito. C’era qualcosa che la Serpeverde non sapesse fare? Bellissima era bellissima, aggraziata anche, talentuosa in quello sport pure ed ora, come se non bastasse, Grace, scopriva che aveva anche una bella voce. Dava fastidio tutta quella perfezione e ancor di più che ronzasse attorno al suo ragazzo. Roteò gli occhi al cielo cominciando ad inviperirsi per la gelosia ma fu quando avvertì le voci farsi più vicine che comprese che i ragazzi dovevano aver cominciato ad uscire dagli spogliatoi. Scattò in piedi avvicinandosi allo stipite e da lì sbirciò l’uscita dei ragazzi, obiettivo: non incrociare quella palla al piede del maggiore tra i due fratelli. Origliò ancora e quando fu certa che quasi tutti i componenti fossero usciti, stupendosi ancora una volta dell’incredibile fortuna che voleva Michael ancora in procinto di sistemarsi. Uscì allo scoperto palesandosi alla vista della Serpeverde che le rivolse una delle sue occhiatine furbette dal significato misterioso che ricambiò inespressiva dirigendosi invece verso lo spogliatoio maschile dove trovò il Serpeverde con ancora i capelli umidi dalla doccia.
    Avanzò decisa anticipando i suoi movimenti e stendendo il palmo lo spinse contro la panca sperando d’averlo colto sufficientemente di sorpresa da farlo sbilanciare sedere togliendo almeno il suo vantaggio dell’altezza.
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    Gli circondò le guance con i palmi tirandolo a sé per baciarlo, sfrontata ma decisa a riprendersi ciò che era suo. Si strinse al ragazzo passando a circondargli le ampie spalle muscolose accoccolandosi sulla panchina con lui.
    «Sei una testa di rapa Michael Harris» esordì perentoria poi chiuse gli occhi traendo un respiro. «Perché cavolo sei sparito dalla festa? Ti ho cercato dopo... e...» il suo viso si corrucciò in un broncio mentre lo sguardo si fissava sul suo pettorale che puntellò con il dito. «Non mi hai cercata in questi giorni...» soffiò più triste, più ferita. Ed eccola lì, la paura che bussava alla bocca dello stomaco.


    Edited by Dragonov - 18/10/2023, 17:10
     
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12 replies since 18/10/2023, 16:05   307 views
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