Million reasons

with Nathan

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    Grifondoro
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    Quando iniziava, era difficile per lei frenarsi, era come una valanga che travolgeva qualsiasi cosa si trovasse lungo il suo cammino. Non le piaceva quella parte di sé. Quella parte cruda e priva di qualsivoglia freno atto ad indorare la pillola che avrebbe servito al prossimo ma a volte, e anche lei doveva ammetterlo, risultava essere necessario. Persino di vitale importanza in alcuni casi. Lei lo avrebbe voluto per sé stessa e non poteva negare che seppur le parole di Halley fino a quel momento non avevano trovato riscontro nel minore dei fratelli Harris, il tarlo del dubbio era sempre lì, presente, dietro l’angolo e pronto a rosicchiare la polpa del legno di cui erano composte le sue intenzioni. E se? E se, e se e se. Mille interrogativi che però non avrebbero ricevuto risposta fino a che lei, codarda, non avesse trovato il coraggio d’impuntare i piedi per ottenere le risposte che meritava. Ma ciò che vedeva era reale? C’era davvero un problema? O era quella strana ansia che prendeva il sopravvento sulla sua lucidità mentale a parlare per lei? A volte pensava d’esagerare, a volte pensava che fosse lei quella rotta e compromessa che nel momento esatto in cui era e si sentiva felice doveva necessariamente mettersi i bastoni tra le ruote minando a quel sentimento così puro e genuino. Non sapeva bene cosa pensare in quel frangente ma la cosa che sapeva era che quello non fosse il momento adatto per lasciarsi andare a tali elucubrazioni in quanto il protagonista indiscusso delle sue attenzioni doveva essere Nathan in quel momento. Nathan che, come la loro migliore amica in comune, possedeva la stessa calamita attira casi umani, nel suo caso quella grandissima troia di Diamond Scamander. Odiava rivolgere un tale aggettivo verso un’altra donna ma da ciò che aveva avuto modo di vedere, Rain, non faceva altro per smentire quell’accezione. La Scamander era in grado d’incarnare tutto ciò che la infastidiva dell’universo femminile. Così frivola, sopra le righe e dannatamente estrosa ma non in senso positivo come lo poteva essere una persona come William, il Grifondoro era quasi un pagliaccio che volontariamente amava mettersi in mostra per portare gioia ed un sorriso nel prossimo, mentre Rain non mirava a nulla di tutto questo. Rain era la definizione di mean girl. Sempre pronta a giudicare gli altri pizzicandoli con la sua lingua biforcuta – degna della sua casa d’appartenenza – puntando un riflettore sul povero malcapitato di turno che difficilmente avrebbe avuto la forza per rispondere a tono alle frecciate subdole ed al vetriolo propinate dalla rossa che non possedeva un’etica e questo era forse la cosa che più riusciva a mandare in bestia la rosso-oro. Il modo in cui Rain non guardasse nessuno in faccia, forte o soprattutto debole che fosse come era stato il caso della Corvonero, Madoka, alla precedente lezione di Cura delle Creature Magiche. L’aveva trattata con disprezzo prendendola in giro con una cattiveria totalmente gratuita che aveva immediatamente acceso lo spirito da paladina della giustizia insito nella Johnson. Perché non se la prendeva con qualcuno della sua stessa taglia? Ed eccolo lì, l’inizio della loro inimicizia, del disprezzo reciproco alla quale difficilmente sarebbero state in grado di mettere un punto al fine di un bene comune: Nathan. Eppure di lì a poco sarebbe dovuta entrare nell’ottica di farlo.
    «Davvero, l'ho capito che non ti sta simpatica» del tutto un eufemismo quello proferito dal rosso-oro che trovò ulteriore conferma negli occhi sbarrati della bionda. Che non le fosse simpatica era semplicemente riduttivo!
    «Non ti sto chiedendo di fartela piacere, ma puoi darle almeno il beneficio del dubbio?» Certo che no! Ed era lampante alla luce di quella risposta che l’amico non fosse a conoscenza – paradossalmente – di tutto ciò che invece la Johnson sapeva. Come poteva darle il beneficio del dubbio se ogni due per tre l’attaccava? Se la trovava ad ogni angolo del castello intenta a scambiarsi saliva con il suo toy-boy di turno? Era disgustosamente sfacciata, arrogante e pure presuntuosa ed il modo altezzoso con cui s’atteggiava le chiudeva la vena. Era davvero necessario tutto quello snobismo? Come se lei fosse la migliore al mondo? Su che base poi?
    «Vorrei anche farlo questo sforzo ma è un po’ difficile considerato che mi provoca tutte le cavolo di volte. Ceh dai Nate! Come fai? Ha sfottuto anche Madoka, Madoka per Merlino e Morgana!» Letteralmente come sparare sulla croce rossa! Bisognava possedere una cattiveria innata per prendersela anche con quella povera strega. «Dai!» Lo sapevano tutti – poiché l’avevano divulgato i prof – che la Corvonero fosse rimasta sotto a causa di problemi personali importanti in casa e accanirsi così contro di lei era davvero meschino. Che cazzo di gusti aveva l’amico?! Però per quanto lei sostenesse, Nathan, sembrava sordo a tutti i fatti oggettivi posti dalla bionda. Era cieco e sordo di fronte all’evidenza esattamente come lo era Halley. E a tal proposito dov’era finita la loro amica grazie alla sua ostinazione? A fare il fantasma di sé stessa dietro ad un viscido imbecille. Se solo non fosse stato il fratello del suo ragazzo sarebbe andata ad affrontarlo senza guardare in faccia al fatto che fosse decisamente più grosso di lei. Non gliene importava. Pazza Grifondoro! Si sarebbe rotta l’osso del collo pur di difendere i suoi ideali.
    «Ho fatto un casino, vero?» Grace arricciò il naso portando anche le labbra a piegarsi in quella smorfia. «Un pochino» confermò incapace di nascondergli anche in quel caso la verità, anche se, in quel frangente, pensava di riuscire a comprendere come le attenzioni della Crain fossero passate in secondo piano: chi non era cieco di fronte all’amore? E chi era tanto coraggioso da mostrare apertamente il suo interesse verso l’oggetto del proprio desiderio? In pochi lo erano poiché il mettersi in gioco, il consegnare all’altro il proprio cuore non era questione da poco. Era un salto nel vuoto e chiunque avrebbe voluto un minimo di certezze prima di intraprendere un simile azzardo dalla quale era impossibile tornare indietro. Una volta che i sentimenti finivano nel piatto, una volta che l’attrazione veniva confermata anche a parole si poteva solo giacere nudi, inermi, di fronte all’altra persona nella speranza che questi avesse la decenza di non schernire quel sentito, di non prendere quel sentimento per gettarlo privo di qualsivoglia tatto nel cestino. Nathan quantomeno non era stato indelicato, non aveva schernito Victoria. Il suo peccato risiedeva nell’ignoranza, nel non sapere cosa la Serpeverde covasse nei suoi riguardi. Una cotta nel migliore dei casi, una preferenza nel caso dell’amica che prima o poi, solo col tempo, sarebbe passata. «Dalle tempo e soprattutto non forzarla. Sii normale con lei o finirai per metterla a disagio» e lì sarebbero stati cavoli amari in quanto, se portata sulla difensiva, la Crain scattava immediatamente sulla difensiva passando al contrattacco atto a ferire senza la benché minima pietà. Decisamente fuori discussione un’escalation simile, indi per cui meglio tornare al vero cruccio fuoriuscito da tutta quella vicenda: la cotta del Grifondoro per la Scamander. O forse qualcosa di più dal modo in cui Nathan le parlò della rossa. I modi gentili, il sorriso e la fiammella andatasi ad accendere nello sguardo dell’amico... tutti segni che le fecero intuire che il Knox si fosse preso una sbandata e non indifferente per Miss Crudelia. Quanto si sarebbe fatto male alla fine di quella vicenda? Quanto Rain ci avrebbe messo a stufarsi di lui per correre a sedurre il prossimo obiettivo? Quanto la disprezzava! Non poteva mettere gli occhi su qualcun altro? Tipo quello scimmione di David Harris? Almeno avrebbero fatto schifo insieme! Il re e la regina del fastidio.
    «... Mi fa sentire cose che non credevo nemmeno più di riuscire a provare.» Un po’ melodrammatico considerando l’età? L’espressione della biondina si corrucciò insieme al rammarico provato. Più Nathan esternava quelli che erano i suoi più puri sentimenti, per quanto riposti nella persona più discutibile che la Johnson conoscesse, più accresceva in petto il magone della consapevolezza di ciò che avrebbe dovuto fare: metterlo in guardia e, così facendo, forse, spezzargli il cuore. Era necessario, per quanto doloroso, che l’altro fosse consapevole di ciò nella quale si stesse imbarcando e perché no, magari, rivalutare alla luce delle nuove conoscenze il tutto.
    «Grace, io non ho niente!» Le braccia del ragazzetto caddero a peso morto lungo i suoi fianchi mentre di riflesso l’espressione sul volto della Grifondoro s’increspò rivelando confusione e, successivamente, un pizzico di dissenso. Non le piacquero quelle parole poiché non le trovava veritiere. Nathan non era solo. Aveva lei, aveva la squadra ed il fatto che sparissero così come nulla fosse dalla sua considerazione in parte la feriva.
    «Quando non sono qui, passo il tempo in una casa deserta che ho riempito di eleffrodomestici, e quando sono con lei riesco a non pensarci.» Cosa le stava dicendo? Era solo? Perché? E i suoi genitori? Mille ed uno interrogativi cominciarono ad affollarsi nella testa della ragazza che tuttavia non proferì parola incapace in quel momento di riuscire a chiedere con il tatto necessario. «Tu non sei solo», però tenne a sottolineare incapace di starsene zitta. «Hai me. Halley... tutto il resto della squadra. Noi... Io ci sono e sarò sempre.» E non lo diceva tanto per dire, Grace credeva in quelle parole e se Nathan avesse incrociato le iridi azzurre della Grifondoro vi avrebbe letto unicamente fermezza. «Non so se sia lo stesso per te» e forse non lo era se dava tutta quell’importanza alla Scamander dimenticandosi di lei, di loro. «Ma io ti considero il mio migliore amico. Non ti libererai facilmente di me e proprio perché tengo a te è mio dovere metterti in guardia.» Prese un respiro. Non era semplice. «Io non credo Rain sia la persona giusta per te. Credo ti farà del male e non lo dico perché mi sta antipatica ma perché è un dato oggettivo. Lei non è fatta per le relazioni.» Sentenziò prima di passare allo sgancio della bomba vera e propria, quella che avrebbe sicuramente ferito l’altro. Ed infatti l’espressione sul volto dell’amico gelò. Quanto faceva male!
    «No... Però se ti ha baciato voglio sperare che qualcosa debba esserci.» Quanto sarebbe stata meschina altrimenti? Se il suo modus operandi fosse stato dispensare baci a destra e a manca?
    «Tu cosa vuoi da lei?» E la domanda andava al di là dei motivi più superficiali alla quale Nathan potesse pensare. Era più profonda e manifestava tutto lo sforzo che la biondina stesse impiegando per mettere da parte i milioni di motivi che si tramutavano in una sentita avversità nei riguardi dell’altra. «Perché se la risposta è che stia unicamente con te soltanto non hai molta scelta. Devi dirglielo. Devi pretenderlo perché non meriti niente di meno. Hai capito?» Insomma che non gli saltasse in mente di farsi andare tutto pur di averla ancora intorno.
    Passato il momento cruciale la tensione andò naturalmente stemperandosi e, quasi all’unisono trassero un profondo respiro.
    «Da quanto te lo stavi portando dentro?» Il sopracciglio scattò interrogativo verso l’alto mentre finalmente, dopo tutto quel tempo, un sorriso prendeva forma sulle sue labbra. «Non dirmi che avevi paura della mia reazione!» Un po’ se lo aspettava anche se, come tutte le volte, la cosa la faceva rimanere un po’ male perché non avrebbe voluto ispirare quel tipo di soggezione, anzi, al contrario, avrebbe voluto che soprattutto i suoi amici fossero tranquilli da potersi rifugiare in lei.
    «E tu invece? Qualche novità? Come vanno le cose? Ancora in luna di miele?» Lo sguardo della Grifondoro s’abbasso mentre le labbra si schiusero nel tentativo d’articolare qualcosa. Se l’intenzione dell’amico era quella di passare ad argomenti decisamente più gioviali e leggeri non sapeva quanto si sbagliasse di grosso.
    «Ehm» abbozzò. Ed ora come glielo diceva. «In realtà...» Espirò in visiva difficoltà cominciando a tormentarsi le dita per poi passarle tra i lunghi capelli biondi.
    «Ti... ti dispiace aiutarmi a capire?» Mormorò attendendo un cenno da parte dell’altro e, quando lo ebbe ottenuto passò a raccontagli con difficoltà parte di quanto accaduto alla festa. Gli raccontò di Victoria e di come l’aveva vista furente partire in quarta verso il suo compagno di stanza e dell’istinto tassativo quanto impellente d’aiutarla che l’aveva portata a mollare così su due piedi il Serpeverde. Glissò su quanto successo con il fuoco con la Crain e passò a parlargli del modo in cui era convinta Michael la stesse punendo: il silenzio. Michael la guardava da distante con i suoi freddi occhi azzurri senza mai avvicinarsi. S’era offeso? Era stato imperdonabile quanto aveva fatto? «Poi ho la sensazione mi nasconda qualcosa. Non so cosa, credimi. Ma qualcosa c’è e quando cerco d’intavolare il discorso lui svia o peggio fa finta di nulla. Perché secondo te?» Sollevò gli incerti occhioni in quelli del ragazzo. Era davvero immeritevole di fiducia?
     
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11 replies since 18/10/2023, 06:43   271 views
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