free falling

Liam.

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    Halley Wheeler | quinto anno | prefetto grifondoro


    Aumentò la velocità, tagliando l’aria sempre più gelida. Non le importava. La mano destra stringeva la mazza mentre, la mancina, arpionava il nuovo e fiammante manico si scopa. Questioni di istanti. Il bolide la stava per centrare in pieno e se fosse riuscito nel suo intento, probabilmente, l’avrebbe ridotta male alla stregua dell’ultima partita contro quegli uccellacci del malaugurio. Un ghigno beffardo. No. Non l’avrebbe permesso. Il suo braccio si mosse, incanalando tutta l’energia necessaria per scagliare lontano quella pallina isterica e, con agilità, si sistemò così da avere ampio raggio d’azione. Tutto filò come di dovere. La sfera si infranse sulla parte superiore all’impugnatura, ritrovandosi a schizzare in tutta rapidità a parecchi metri di distanza da quella che era una battitrice contenta. Lasciò la sua posizione e si diresse verso il centro del campo, adagiandosi lentamente al terreno, così da richiamare l’attenzione del suo improvvisato avversario su di sé. Un allenamento interessante. Il primo dell’anno. Il primo con lui. Un allenamento che, comunque, aveva dato i suoi frutti, permettendole di salire ancora lassù, dove l’ultima volta il suo potere si era compiuto, mostrandole ciò che non avrebbe mai voluto vedere. “Devo andare.” Comunicò a malincuore. Quanto avrebbe voluto tornare ad esercitare ciò che più le faceva percepire quella libertà che, a quanto aveva avuto modo di vedere, scarseggiava nella sua vita. “Ci vediamo più tardi.” Si alzò sulle punte e gli posò un rapido bacio sulla guancia, così da non rischiare di fare tardi al suo giornaliero appuntamento con i Thestral. Si voltò ma prima, maliziosamente, gli sferrò una pacca sul fondoschiena. “Molto bene, Harris. Continua così.” Sventolò la mano e scomparve al di là della porta che conduceva agli spogliatoi femminili dove, in poco meno di mezz’ora, si tirò a lucido, indossando la divisa in maniera impeccabile. La giornata era cominciata nel migliore dei modi. Lezioni interessanti, incontri fruttuosi e un umore decente, come non accadeva da qualche tempo. Il ritorno a scuola, doveva ammetterlo, le aveva portato una gioia che riusciva a spiegare solo grazie al fatto che non vi fosse sua madre tra i piedi. La loro relazione era andata a peggiorare. Sempre più. Tanto che gli ultimi giorni di vacanza, Halley, si era rifiutata di passarli in villa Wheeler, preferendo la compagnia dei fratelli Harris. Seira non si era degnata di cercarla. Il trattamento che le riservava, poteva essere paragonato a quello con un qualsiasi estraneo e, nonostante facesse male alla mora, quasi quasi, lo preferiva alle urla e a quegli epiteti che, altrimenti, le avrebbe riservato per dare sfogo a tutta la sua frustrazione. Pro e contro. Come in tutto. Così cercava di motivarsi. Socchiuse gli occhi ed inspirò, liberando poi i polmoni. Si affrettò verso l’entrata del castello, percorrendo le scalinate con frenesia, così da non arrivare tardi a quello che era a tutti gli effetti una punizione. Sì. Roteò gli occhi e, dopo aver lasciato accanto al letto la sua attrezzatura di quidditch, si congedò dalle sue compagne di stanza, per raggiungere colui che sarebbe dovuto essere già sul luogo dove si sarebbero svolti i lavori forzati. Solo Merlino sapeva quanto potesse essere assurdo quel ragazzo. William Knight. Un nome una garanzia. Durante il falò aveva preso la decisione di fare visita alla Piovra. Più che atto eroico, l’avrebbero tutti considerato un atto stupido ma, alla fine, tutto è bene ciò che finisce bene e, insomma, poteva finire molto peggio per quello scapestrato. Si erano degnati di chiudere un occhio su quell’atteggiamento sconsiderato ma, la Wheeler, aveva bisogno di una mano con il suo consueto dovere e, allora, perché esitare nel rendergli la vita così semplice? Certo che no. Non l’avevano ribattezzata “tiranna” per niente. Si affacciò alla Sala Comune ma il volto del malcapitato non fu pervenuto. Meglio così. Forse era riuscito a mettersi una mano sulla coscienza e dopo un attento ragionamento, era giunto alla conclusione che il suo era stato un atteggiamento idiota. O forse no. Chi lo avrebbe mai potuto dire? Uscì nuovamente all’aperto, godendosi quei caldi raggi solari che, presto, avrebbero lasciato spazio a un freddo pungente fastidioso in vista dell’inizio del campionato. L’estate stava volgendo al termine e, con lei, anche tutti i problemi dettati dalla sua permanenza a Londra. Percorse distrattamente il sentiero, salutando di tanto in tanto con un cenno del capo chiunque fosse sul suo cammino. Gentile, sempre educata. Halley si trovava orgogliosa del suo andamento scolastico e, allo stesso tempo, anche della persona che era diventata dopo tutto il dolore subito durante il precedente anno. Le visioni si erano diradate ma, volta per volta, sembravano divenire sempre più nitide. Accurate. Fino a quel momento nulla suggeriva, però, che quelle immagini rispecchiassero il reale andamento degli eventi. Questo aspetto la rendeva inquieta ma, comunque, era riuscita anche a gestire questo lato di sé, pronto a metterla in difficoltà. Insomma, il lavoro che aveva compiuto su sé stessa si era rivelato utile. Nel bene o nel male. Giunse a destinazione e con suo grande disappunto, si trovò letteralmente sola. “Che mi aspettavo? Da lui, poi!” Si domandò, scrollando la testa. Dove si era andato ad imbucare? Di certo non si sarebbe cimentata in una caccia al tesoro, alla ricerca di quella testa calda. Sbuffò indispettita. Quanto non gli piacevano i ritardatari? Attendere qualcuno si trasformava ogni volta in una motivazione valida per aumentare la sua indisposizione. Si appoggiò al recinto, a braccia conserte, decisa ad attendere ancora qualche minuto prima di lasciare a sé stesso il ragazzo. Ed eccolo, apparire come se nulla fosse. “Buon pomeriggio, mio principe.” Lo apostrofò con aria seccata. “La stavo giusto aspettando. Trepidante proprio.” Certo, perché non ho nulla di meglio da fare! Per Morgana e Merlino. “Dove diavolo ti eri cacciato?” Riprese le redini di una conversazione normale. “Di questo passo finiremo stanotte.” E non ne aveva l’assoluta intenzione. “Perché?” Domandò senza pensarci troppo su. “Dovevi attirare l’attenzione di qualche ragazza?” In quel caso, forse, l’avrebbe potuto anche capire. “Hai fatto una stronzata. Potevi farti molto male.” Poteva anche diventare il boccone più prelibato della settimana per la piovra. Insomma, punti di vista.



     
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    William Knight | sesto anno | grifondoro


    Ho sempre saputo ci sarebbero state delle conseguenze. Atti plateali come i miei non passano certo inosservati e se sono ancora qui a raccontarlo - ad Hogwarts, intendo - lo devo solo alla mia ineguagliabile parlantina e alla complicità del preside Edevane. Il carissimo è diventato mio amico in questi anni, mi ha salvato il culo non so quante volte; quando vado a trovarlo in ufficio, giustificato da una pergamena lunghissima firmata dal professore di turno o da un prefetto fin troppo attaccato alla spilla, ci mettiamo a giocare alla versione da tavolo di quodpot; spesso finisco col dargli consigli su come preparare un'ottima crème brûlée - l'ho già detto che sono molto bravo in cucina? - o a sgranocchiare qualche dolcetto facendo una chiacchiera (se uscissi troppo presto dal suo ufficio, White inizierebbe a farsi due domande). Lì da qualche parte nel profondo più profondo del mio inconscio, accecato dalla potente luce della gloria che mi ha ricoperto quando sono nato, c'è il briciolo di buon senso che non trova posto nel mio quotidiano e che quindi, puntualmente, ignoro. Il giorno della festa di bentornato non ho fatto da meno e come diretta conseguenza della mia malefatta c'è un tête-à-tête con la tiranna. Oggi. Adesso.
    « Basta. Ok. Ok. Basta adesso. » boccheggio. Sono affaticato e per questo riesco a ripetere solo le due parole più brevi e semplici che ricordo. Provo a divincolarmi, togliermi di dosso un peso che in questo preciso momento mi opprime. Siccome non ne vuole sapere, devo per forza passare alle maniere forti.
    « Hai mai sentito parlare di spazio personale? Oh, questo deve essere il karma: divertente. » io non rispetto mai gli spazi personali altrui. Sono un tipo tattile: mi piace toccare la gente anche mentre parlo, abbracciare, trascinare, coinvolgere... E in genere adoro quando trovo qualcuno come me: mi sento come un orsacchiotto del cuore insieme ad un altro orsacchiotto del cuore, là sulle nuvole oltre l'arcobaleno... Mi sento meno a mio agio quando questo qualcuno è vestito da arancia e ha appena colpito me e il mio compagno di squadra con un incarceramus, bloccandoci a terra stretti l'uno all'altro. Credevo di evitare l'incantesimo con la mia indiscussa agilità, invece per colpa del piccolo sasso sotto al piede - o forse del mio costume da banana? - mi sono distratto e ora mi ritrovo incatenato a Sam.
    « Che cosa? No, non dirò mai che la tua squadra è migliore della mia. Tu adesso sciogli l'incantesimo, altrimenti... Oh no, coff coff, soffoc-off » sono anche un bravo attore. C'è effettivamente qualcosa in cui non sia bravo? Il migliore? Un maestro? Sapeste che mimica, che tono di rosso intenso ha colorato le mie guance, quanto evidente è la vena della tempia. Le corde si allentano e la pressione svanisce, mentre io fingo di cadere esausto sul terreno umido e freddo. I colpi di tosse continuano nel silenzio generale. Sono tutti così preoccupati: cazzo, le loro facce sono uno spettacolo. Mi gioco ancora un po' la carta dello stolto che non conosce i suoi limiti e si ritrova a fare i conti con le conseguenze del suo agire incontrollato; nascondo la faccia nel costume a banana e solo al momento opportuno scatto in piedi e inizio a correre, nella sorpresa generale.
    « Sono io il migliore! Visto che bravo con la tosse, un vero tocco da maestro! » le saette colorate che mi sfiorano sono parecchie ma non posso farmi beccare: Halley mi aspetta, da qualche parte.

    In fondo, capisco che sono sotto la sua fottuta responsabilità e che tocchi a lei, prefetto del Grifondoro, farmi capire come tornare sui passi della buona condotta. Sono solo così abituato a tutto questo che ormai non faccio una piega. Nemmeno mi preoccupo di presentarmi travestito da banana. La raggiungo con una corsetta sulla fine e la sento. "Buon pomeriggio, mio principe." Oh, lei sì che sa come accogliermi.
    Leggero piegamento di testa, sorriso sornione, sguardo vispo. "La stavo giusto aspettando. Trepidante proprio." Ignoro il sarcasmo che impregna l'ultima frase.
    « La mia assenza è insopportabile, lo so. Cosa faresti senza di me, Halley, ammettilo: studenti ligi, tutti in tiro e impettiti... nessuna violazione... Sai che noia? » la prefetto incalza, mi chiede che fine abbia fatto. Solo a questo punto mi accorgo del troppo giallo nel mio campo visivo: con un tocco di bacchetta il costume sparisce e lascia il posto alla divisa del Grifondoro. Nodo largo alla cravatta, colletto della camicia sbottonato di uno, tonaca impolverata sulle spalle e sul sedere. Do qualche schiaffo per ripulire, per me non è un dramma.
    « Avevo scommesso con Flynt e Gas... » ma lei non è molto interessata al motivo del mio ritardo, è più focalizzata sullo scoprire la motivazione che c'è dietro la mia performance di inizio settembre, quella per cui siamo stati costretti a incontrarci oggi. Quindi mi interrompo e la guardo: è curiosa di sapere se mi sia tuffato da una scopa in movimento nel Lago Nero per impressionare qualcuna. Sorrido non solo con la bocca ma anche con gli occhi.
    « Non strettamente. » in fondo io non ho bisogno di fare cose per attirare l'attenzione, splendo come un Sole e tanto basta a farmi guardare. Tranne che per Rain: lei, cazzo, sembra non subire gli effetti alla mia forza di attrazione. Un modo pure lo troverò.
    « Ma è andata bene, no? Sono stato fantastico, come sempre. Perché devi sempre pensare allo scenario peggiore? Io sono un dio dai mille talenti, dovresti saperlo! Su Halley, non hai letto la mia autobiografia? Mi ferisci. »

     
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    Halley Wheeler | quinto anno | prefetto grifondoro


    Era da un po’ di tempo che ci pensava. Aveva voglia di qualche cosa di diverso, qualcosa di nuovo che potesse infondere in lei nuove sensazioni. Un hobby che esulasse dalla sua passione per il quidditch. Forse un corso di cucina? Perché no. Oppure dare una possibilità all’arte delle pozioni, mettendo da parte la sua avversione nei confronti di quella disciplina che per molti disponeva di un fascino non indifferente. Insomma, qualche cosa che la aiutasse a spostarsi da quella che era la sua ordinarietà. Osservò la spilla appuntata alla sua divisa e, per quanto non fosse del tutto convinta di essere all’altezza di quel ruolo, Halley, considerava quell’investimento una novità. Un motivo di crescita e un riconoscimento di quegli sforzi che le erano costati gran parte della sua sanità mentale. Ed eccola lì, dopo solo qualche giorno dal via dell’anno scolastico, a mietere le prime vittime. Certo, niente di nuovo se il protagonista rispondeva al nome di William Knight. Dal minuto zero, il Grifondoro, non aveva mancato di esporre al pubblico le sue doti da performer esperto, cimentandosi in un’entrata in scena al falò degna da oscar. Il pericolo era, senza dubbio, il suo mestiere, certo, ma se quest’ultimo avesse messo in pericolo l’andamento dell’intera Casa, beh, l’epilogo sarebbe stato differente. Osservava il passare dei minuti, inutili, persi per attendere colui che neanche dopo la sua punizione si sarebbe prodigato a mettersi in riga. Tempo sprecato che avrebbe potuto investire in altro, come ad esempio quell’allenamento che aveva mollato appositamente per raggiungerlo. Che affronto. Sbuffò per l’ennesima volta quando, proprio lì, all’orizzonte, comparve la figura di quello che sarebbe stato un uomo morto, se solo si fosse azzardato a prenderla per il culo riguardo il suo ritardo, quando era stata chiara con lui. “Ma che cazzo?” Perché? Non aveva idea di trovarsi accanto ad u maestro del travestimento, oltre a tutto il resto delle sue capacità delle quali aveva perso il conto. Ok, doveva ammetterlo. Nonostante la stranezza che rappresentava, Liam, la divertiva e, sotto sotto, riuscì a strapparle un sorriso sincero che, però, non gli avrebbe permesso di godersi, proprio per non vederlo gongolare delle sue eroiche gesta e, insomma, per farla divertire, ci voleva un’attitudine ben sviluppata. Celò il tutto dietro un atteggiamento lapidario. Solenne. Pugni suoi fianchi, aria da maestrina e sarcasmo pungente pronto ad investire quell’ignaro ragazzo, dal viso così angelico da darla a bere a chiunque, tranne che a lei. Benedetta esperienza. Roteò gli occhi, portandolo verso l’immensa distesa azzurra che presto avrebbe lasciato spazio all’imbrunire e, solo in un secondo momento, andò a squadrare il malcapitato, regalandogli un sorriso tirato per marcare il suo fastidio. “Il giallo è proprio il tuo colore.” Affermò, passando in rassegna centimetro per centimetro la sua fisicità nascosta da quel coso. Carino. Non ne vedeva uno dai tempi della festa di San Valentino quando, per qualche assurdo motivo, alcuni dei vestiti degli ospiti si erano trasformati in una banana gigante, mettendo in ridicolo addirittura il professore di Volo. “Ti dona, dico sul serio.” Annuì con il capo, sfoggiando un sorrisetto compiaciuto. La sicurezza in sé, in fin dei conti, altro non era che un punto a suo favore e che, non sapeva come, attirava l’attenzione di parecchie ragazze, così come aveva potuto notare durante il suo tuffo nel Lago Nero. “Mi mancava il respiro. Sei il mio ossigeno. Insostenibile!” Ironizzò, tenendo alto il livello di quello scambio di battute che, almeno, riuscivano a migliorare il suo umore. Su una cosa aveva ragione: tolto di mezzo lui, i problemi si sarebbero quantomeno dimezzati. In pochi si azzardavano ad infrangere le regole per il gusto di farlo e in un modo eclatante e senza alcun ritegno. “Noia? Non direi.” Puntualizzò Il suo sistema nervoso avrebbe ringraziato per la mancanza di problemi ma, in fondo, le vedute si trovavano ai poli opposti, mostrando il mondo attraverso due ottiche differenti ma mai errate. “Sai a quante attività extra curriculari potrei dedicarmi senza i vostri colpi di testa?” Se avesse messo insieme tutto il tempo perso a sgolarsi appresso a ragazzini desiderosi di essere sbattuti fuori da Hogwarts, la mora, avrebbe avuto la possibilità di esplorare nuovi fertili terreni e forse affinare le sue abilità lassù, nell’aria frizzante pre autunnale. Con un colpo di bacchetta l’ingombrante costume svanì, lasciando il posto alla divisa sulla quale, cucito ordinatamente, vi era lo stemma rosso-oro. Bene, molto bene. Quella visione l’aveva distratta abbastanza e ringraziò Merlino che non si fosse levato il tutto davanti ai suoi occhi imbarazzati. Con lui? Mai escludere nulla, il coraggio l’avrebbe avuto. Iniziò a propinarle scuse delle quali non se ne sarebbe fatta assolutamente nulla. Andò al punto, sollevando la questione riguardanti le sue manie di protagonismo. “Beh, sei stato fortunato visto?” Fece un giro su sé stessa, terminando con un sorriso in grado di lasciare trasparire la sfortuna che gli era capitata. “Hai attirato l’attenzione di una ragazza. La mia.” Mica una ragazza a caso, oh. “Forse non era ciò in cui contavi ma, ehi, dovrai accontentarti.” Arricciò il naso, esternando una finta dolcezza alla quale non avrebbe potuto credere. “Sei fortunato. Ci sono io con te. Così non ti permetterò di farti del male.” Mamma chioccia. E poi non avrebbe permesso a nessuno di minare la sua scalata alla vittoria, non solo sul campo ma anche della coppa delle case perché, dopo l’esperienza dell’anno precedente, non aveva trovato nulla di più delizioso. “Sono una persona pessimista.” Annunciò, senza mezzi termini. “Non hai idea di quanti scenari catastrofici passino davanti ai mei occhi.” Una triste realtà che le stava condizionando la vita. “Ohhh, dimmi che non hai scritto davvero un libro.” Conoscendolo ne sarebbe stato in grado. Per raccontare cosa, poi? In fondo era così giovane da non poter vantare chissà quale esperienza sul campo che era la vita. “Giammai. Ferire il mio principe? Quale affronto sarebbe?” Ma quale affronto sarebbe stato quando avrebbe capito il perché l’avesse chiamato a rapporto proprio in quel luogo così sperduto rispetto al resto. “Allora. Sei pentito? Pronto a chiedere venia?” Dalla sua risposta, poi, sarebbe scaturito il grado di tirannia nei suoi riguardi.





    Edited by Halley. - 29/10/2023, 08:45
     
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    La vedo: l'ondata di sarcasmo che sta per travolgermi è alta, carica, bellissima. Ed io da bravo temerario sono pronto a cavalcarla. L'onda, non Halley. Non che sia un pensiero nuovo... La Wheeler è stata praticamente il sogno di un sacco di ragazzi, compreso una versione più giovane di me, perché oltre ad essere bella ha anche un carattere che attira parecchio. È decisa, forte e sveglia: a chi non piace una così? A chi un carattere forte non lo sa gestire. Ne è passata di acqua sotto ai ponti da allora , la mia cotta nel frattempo è scemata, e vorrei davvero non doverle rubare così tanto i pomeriggi che magari preferirebbe passare (incomprensibilmente) con il suo bleha-gazzo... EEE, cazzata: chiedo espressamente che sia lei a seguirmi perché il suo bleah-gazzo non mi piace e provo, a modo mio, a tenerli lontani.
    La raggiungo a passo svelto e riconosco subito la posizione classica da "Ti aspetto per farti il culo a quattro". Come se fosse poi una novità... Si può dire che ho passato più tempo con i Prefetti a scontare punizioni per i motivi più diversi che a nascondermi nello stanzino delle scope a sbaciucchiarmi con la mia cotta di turno. Io e i Prefetti: potrebbero scriverci un libro. Comunque, cammino con non poca fatica: non è la mise più pratica per le passeggiate. "Il giallo è proprio il tuo colore" mi dice, al che abbasso lo sguardo sul mio costume a banana e allargo le braccia. Non ho alcun dubbio sul mio aspetto anche quando indosso qualcosa di potenzialmente ridicolo, quindi alzo gli occhi verdi nei suoi e sorrido sicuro.
    « Lo so. Non sono mai stato più affascinante » ma, per una mera questione di correttezza nei suoi confronti, alla fine torno a vestire l'uniforme della scuola. Non ho dimenticato il perché di questo incontro: non è perché Halley si è finalmente decisa ad ammettermi in squadra né perché vuole elogiare la mia fantasmagorica personalità, o ancora perché vuole una copia autografata della mia autobiografia in anteprima mondiale, no. Sono finito in punizione per avere mostrato un atteggiamento fin troppo leggero e spericolato durante il falò e lei, in quanto mio Prefetto, ha il dovere di farmi capire l'errore e possibilmente evitare di ripeterlo. Perché sono sotto la sua responsabilità. Almeno queste sono state le parole che il mio capocasa ha rivolto al Preside. Eddie, fosse stato per lui, non avrebbe mai firmato un provvedimento nei miei confronti ma non è un problema: anche finire in punizione può avere i suoi risvolti positivi. Prendi una sfida portata a termine durante la punizione: stonks di punti, slitto primo in classifica per direttissima e prima di Natale sarò campione. Sono sereno, per niente preoccupato quindi, tant'è che mi gioco anche la carta spavalda del "se non ci fossi io, cosa faresti?". Si dedicherebbe ad un numero indefinito di attività extracurriculari, chissà quali. Assottiglio lo sguardo, divertito.
    « E sarebbero divertenti come un pomeriggio assieme a me? Naaaaah » faccio tutto da solo, passando direttamente per tre stadi di conversazione diversi a una velocità così saettante che nemmeno su un manico di scopa ultimissimo modello: la giustificazione del mio ritardo, l'ipotesi di aver fatto tutto quanto per attirare l'attenzione di una ragazza ed infine un'analisi en passant del suo pessimismo cronico. L'ascolto, provo anche ad intervenire ma credo che sia così tanto focalizzata adesso sulla modalità "cazziatone" che non sia disposta ad ascoltarmi davvero. Secondo lei ho rischiato di farmi male per niente. Io invece credo che non ci siano limiti che possano fermarci se non quelli che ci imponiamo e non saranno di certo le paure degli altri a bloccarmi.
    « Ti preoccupi troppo, Halley. Era tutto calcolato! Mi conosci: avrei fatto qualcosa di pericoloso, potenzialmente mortale, senza la certezza matematica che ne sarei venuto fuori senza un graffio? » mi avvicino di un passo e sollevo un sopracciglio, con fare convinto ed accattivante. Ci guardiamo in faccia per qualche secondo: ci conosciamo abbastanza da sapere entrambi che quella che ho detto è una grande, gigantesca, strepitosa cazzata. Io non ho paura di niente e questo, in così tante occasioni che ormai ho perso il conto, mi ha creato non pochi problemi. Se c'è da buttarsi in caduta libera da una torre ed affidarsi ad un compagno per l'atterraggio, con un levicorpus magari o l'evocazione di un supporto, io lo faccio. Se c'è da entrare dentro la bocca di un leone sveglio e con un leggero languorino per recuperare una cosa importante, io lo faccio. Se c'è da mettere le mani dentro una scatola con un serpente per recuperare un antidoto al veleno che ho appena ingerito... puoi scordartelo, accolgo la morte a braccia aperte e senza rimpianti.
    « Considerami come un gatto, cado sempre sulle zampe e ho nove vite. Non muoio per così poco. E poi Alexandra è socievole, non capisco perché la evitiate tutti. Hai visto o no che onde ha messo su per me? Sembrava di stare al mare! Lo scriverò nella prossima edizione perché è chiaro che con una vita come la mia una sola biografia non basta. Ogni giorno un'avventura, praticamente ci vorrebbe una biblioteca solo per i miei racconti. Altro che Lockhart! » il mio straparlare viene interrotto dalla sua domanda cardine, direi quasi di rito: sei pentito? Perché mai dovrei pentirmi di avere fatto quello che volevo, di avere dato ai miei compagni uno spettacolo irripetibile e a lei la possibilità di passare un pomeriggio divertente? Lontana da quella sanguisuga emotiva? Mi viene quasi da ridere. Pentito io? Mai. Faccio spallucce e dico di no, allargando le braccia alla fine.
    « Meglio un ops che un e se. Affronto la mia sorte con coraggio. Cosa mi aspetta oggi? Lucidare la sala dei trofei con un fazzolettino da naso? Spazzolare i pavimenti a mano? Lavare i piatti in cucina? Oh no: lavare le mutande no. Sono abbastanza schifiltoso »




    Edited by all eyes on ME! - 9/11/2023, 20:49
     
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    Halley Wheeler | quinto anno | prefetto grifondoro


    Aveva bisogno di ridere. Un’esigenza naturale. Data per scontata dalla maggioranza degli esseri umani. Un gesto così spontaneo al quale non veniva attribuita chissà quale grande importanza. Forse perché non vi si prestava abbastanza attenzione. Una leggerezza capace di costare cara. Chissà. Supposizioni. Domande che si era posta proprio quando, in seguito ai ripetuti traumi che la vita le aveva inflitto, il suo sorriso si era spento così lentamente lasciandole credere che fosse del tutto normale. Darci un taglio. Ecco quale doveva essere la sua reazione. Porre fine all’era dell’agonia in favore di una nuova lei, più simile a quella ragazzina che non aveva mai perso la voglia di mettersi in gioco, spingendosi anche oltre quei limiti che avrebbe voluto infrangere. Liam? Liam si era rivelato una piacevolissima sorpresa. Tralasciando il suo fare scapestrato e decisamente irritante, il Grifondoro, poteva essere paragonato a un tornado in grado di strapparla alla sua noiosa quotidianità. Certo, se l’avesse fatto con un po’ di delicatezza in più, non avrebbe disdegnato ma poteva farselo andare bene, purché non si cimentasse ad affossare la sua Casa, per il puro divertimento di osservare il suo Prefetto, alle prese con una gravissima crisi nervosa. Male molto male. Fortunatamente, nonostante ci fosse andata vicinissima, ancora le sue coronarie sembravano resistere ai ripetuti colpi di testa del suo bimbo preferito. Questione di tempo. L’avrebbe ritenuto responsabile. “E ora?” Domandò seria. Nella sua espressione non vi era nulla che facesse sperare in qualche cosa di buono come, ad esempio, un commento scherzoso e disinibito che la proiettasse al di fuori del ruolo che vestiva in quel preciso istante. E invece… “Se mi fossi innamorata di te? E, ovviamente, della tua sexy banana! Sarebbe un bel problema, non trovi?” Posò i pugni sui fianchi, come se stesse per affibbiargli una paternale degna del più vecchio dei nonni, dalla dubbia saccenteria. Tutto merito della banana. Il costume, per Merlino. Lo stesso che svanì sotto i suoi occhi, lasciando il posto alla classica, castigata, divisa scolastica con lo stemma rosso-oro ricamato. Simpatico. Non aveva idea di cosa stesse facendo prima del loro incontro e, francamente, non avrebbe voluto peggiorare la sua posizione, già compromessa dal suo eroico gesto effettuato durante lo stramaledetto falò. D’istinto scosse la testa, sottolineando il suo disappunto che ancora, a distanza di giorni, non era andato a scemare. Effettivamente, però, nelle parole del ragazzo si trovava un fondo di un’amara verità. Che avrebbe fatto senza di lui? Il quidditch. Lo studio. Passare del tempo con David. Attività sopravvalutate se messe in relazione alle bizzarre mansioni appositamente pensate per il giovane Knight. L’avrebbe messa sul piano dell’ispirazione. Liam la ispirava. Per lui avrebbe invento i peggiori incarichi per impegnargli i pomeriggi e, perché no, si sarebbe sacrificata volentieri pur di osservarlo alle prese con eventuali crisi esistenziali. “Potresti invitarmi a bere qualche cosa, se volessi passare un semplice pomeriggio in mia compagnia. Senza per forza rischiare l’osso del collo.” Insomma, facile facile. Come due normalissimi amici. Ma no. Si voleva sempre esagerare. E poi neanche aveva voglia di fargli il cazziatone. Si trovava moralmente stanca per calcare la mano. Sbuffò e roteò gli occhi, lasciando che vagassero per un tempo indefinito in quel cielo oramai tendente all’inverno. Quanta pazienza doveva avere. Era quello che avrebbe dovuto fare per tutto l’anno? Quando era venuta a conoscenza dei suoi compito, in lei erano sorti dubbi che l’avevano indotta a credere di non essere tagliata per il ruolo ma se avesse rifiutato, sarebbe stato come ammettere a sé stessa che vi era qualche cosa in grado di spaventarla a tal punto da rinunciare. E no. Arrendersi non era di certo nella sua indole. Così come in campo o come con David, si sarebbe messa in gioco, fino all’ultimo giorno, all’ultimo respiro. Stupida. Forse sì ma il bello della Wheeler si celava dietro a quella caparbietà che la contraddistingueva. Stupida cocciuta! Un sopracciglio schizzò all’insù, stupito dal fatto che vi fosse qualcuno ancora più stupido in circolazione. “Liam…” Gli posò una mano sulla spalla, avvicinandosi pericolosamente. “… credimi! Non vuoi sapere davvero cosa penso del tuo non so come definirlo!” Si era preoccupata? Certo che si, una predisposizione genetica malata, quella che la vedeva preoccuparsi anche per il più insignificante degli esseri viventi, figuriamoci per una persona alla quale teneva davvero. Lo spinse leggermente, allontanandolo poco prima che iniziasse a ripercorrere la sua personale carrellata di scuse, volte a giustificare un atto ingiustificabile. “Alexandra?” Aveva terminato le espressioni facciali per esternare ciò che covava al suo interno, reprimendolo per non essere eccessiva, contando che le cose erano andate a finire meglio del previsto. Almeno era vivo e fin troppo vegeto, pronto a combinarne un’altra delle sue senza pietà per lei e per il suo fragile cuoricino. Constatò, in breve, che le sue visioni non provocavano un mal di testa distruttivo come quello provocato dal fiume di parole propinatele da quel simpatico megalomane. Un megalomane che non sapeva come trattare, nonostante stesse insieme a un’altra specie di megalomane. Insomma, sì, David lo era sotto molteplici aspetti, come se giocasse inconsapevolmente a chi l’avesse più lungo. Liam era diverso. Alla mano. Ma il problema rimaneva alla base, ben radicato. Impossibile da estirpare. Fortunatamente sapeva anche come farsi voler bene. “Così mi piaci!” Era proprio quello che le sue orecchie avrebbero voluto sentire. Affrontare il proprio destino a testa alta, così come un vero combattente e poi, per Morgana, era pur sempre un fottuto Grifondoro, non avrebbe accettato una risposta da smidollato. Però doveva ammetterlo, avrebbe preso i suoi consigli alla lettera, così da utilizzarli contro a coloro che si sarebbero, in un futuro, scagliati contro il regolamento scolastico. Perché? Perché sotto sotto, la mora, godeva nell’infliggere quello pseudo dolore, atteggiamento che sarebbe stato ben mascherato dietro la scusa che la vedeva meramente adempiere il suo dovere da spillata. Gli passò il braccio intorno al collo, alzandosi in punta di piedi e obbligandolo ad abbassarsi al suo livello. “No.” Cinguettò ingenuamente. “Come saprai, o forse no, in qualità di assistente della professoressa di Cura delle Creature Magiche, ho il compito di tenere in ordine e puliti i recinti.” Ricordava bene il giorno in cui, sua zia in persona, aveva avanzato la richiesta di aiutarla in quei compiti che aveva continuato ad eseguire senza battere ciglio. Con il dito indicò uno degli spazi delimitati da una staccionata robusta. “Riesci a vederli?” Piegò la testa di lato, curiosa della sua risposta. I Thestral, ovviamente. Creature affascinanti, visibili esclusivamente da chi aveva assistito a scene mortali. Scene alle quali nessun ragazzo avrebbe dovuto assistere mai. “Io no. A quanto pare sono fortunata! Ma ho imparato a percepirne la presenza.” O forse era ciò che credeva dopo aver passato tutto quel tempo lì, con loro, parlandoci e sfogandosi con loro. Patetico, non è vero?



     
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    William Knight | sesto anno | grifondoro


    Avrei dovuto saperlo che con Halley niente è come sembra. Le piace giocare col fuoco, correre dei rischi (da brava Grifondoro) e soprattutto mostrarsi in tutta la sua spavalderia. Posso capirla, lo faccio anch'io e devo dire che mi piace molto quando dall'altra parte trovo un mio simile, qualcuno che risponda alle mie provocazioni istigandomi a sua volta, insomma che mi regga il gioco e inneschi una reazione a catena divertente. Halley si presta bene allo scopo e lo dimostra presto. Ho l'espressione ancora divertita stampata in faccia mentre dice qualcosa del tipo "sarebbe stato un problema se mi fossi innamorata di te e della tua banana". Si affievolisce un po' il mio sorriso e i lineamenti si rilassano. Lo so che sta scherzando ma io, che sono stato cotto perso di lei, subisco un po' l'effetto di quello che ha detto. So di non avere giocato la mia carta quando ne ho avuto l'occasione: ero troppo concentrato sulle mie avventure magnifiche per potermi dedicare ad un'altra persona che non sono io.
    « Che sciocchezze » scuoto la testa e ridacchio, guardando un po' oltre lei e muovendomi sul posto.
    « Tu mi ami già. Certo, una parte di te vorrebbe staccarmi la testa con un diffindo ma il tuo cuore si rifiuta categoricamente di farmi del male. Questo perché? Perché mi ami e perché sai che la tua vita senza di me sarebbe noiosa come una lezione di storia della magia col professor Ruff. »

    Tornato ad essere un umile Grifondoro, continuiamo a chiacchierare ad un passo dai recinti. O meglio, io chiacchiero. Quando mi si scioglie la lingua è difficile darle un freno, mi trasformo in una specie di slavina inarrestabile che può solo travolgere e, perché no, distruggere. Proprio per questa ragione Halley non può far altro che ascoltarmi e alla fine darmi ragione. Funziona così: io mi difendo, ti sfinisco e tu, ormai stremato dal fiume di parole che ti ho riversato addosso, mi dai ragione. Nel migliore dei casi mi chiedi anche scusa. Facile, no? Con lei sembra avere dei risultati un po' diversi: prima la storia dell'innamorarsi, poi dell'invitarla a bere qualcosa, ora la mano sulla spalla... La distanza tra noi è talmente poca che posso sentire il suo respiro. Non so che cosa abbia in testa oggi Halley ma non può fare così. Non senza aspettarsi delle reazioni, insomma. Inarco un sopracciglio e abbasso la voce.
    « Lo so, faccio questo effetto a molte persone. » a questo punto, porto una mano sul suo fianco e l'attiro a me. La guardo e nel frattempo porto entrambe le mani sui suoi fianchi; indugio pochi secondi, che passo a osservare il suo volto e le sue espressioni (e a darmi del coglione), prima di iniziare a farle il solletico.
    « Dimmi un po', le cose con sono-un-cattivo-ragazzo-Harris non vanno più bene? Vuoi farlo ingelosire? No no no, vuoi mettere alla prova la mia fama di invincibile » Harris ha una sua certa fama, qui a scuola. Non ha neanche dovuto faticare tanto per costruirsela. La cosa che più mi sorprende? Come sia arrivato così avanti a scuola come nella vita, soprattutto come abbia fatto a conquistare Halley. Questo sì che è un bel mistero.
    « Mi piacciono le sfide potenzialmente mortali, è vero, ma questa non rientra tra quelle che vorrei giocare » e ciò detto ci avviamo verso i recinti. Sono in punizione per avere dato spettacolo al falò. Siccome non è la prima volta, so che si tratterà di qualcosa di noioso. L'ultima volta ho dovuto pulire il pavimento del corridoio del secondo piano con uno spazzolino da denti: davvero cattivo. Sono quindi pronto all'amara sentenza quando ci fermiamo di fronte al nulla. Niente. Vuoto. Uno spazio aperto e deserto almeno secondo la mia percezione. La mia prefetto, invece, parla di presenze.
    « Cosa, che? Sei una sensitiva? » sbatto un po' le palpebre e strabuzzo gli occhi, spostando lo sguardo da lei alla porzione di terreno recintata e vuota. Cosa nel mondo magico è invisibile? Chiaramente non i fantasmi. I flussi di energia? Le auree?
    « Oh! Parli dei Thesral. No, neanch'io posso vederli. Mi pare di avere letto che li vedi solo quando hai visto morire qualcuno... Ci siamo risparmiati una gran tristezza. Ma... se tu non puoi vederli, io non posso vederli... Come facciamo? » e assottiglio lo sguardo verso il vuoto.


     
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    Halley Wheeler | quinto anno | prefetto grifondoro


    Erano simili, quel tanto che bastava per poter affermare di aver trovato un’anima affine ma con quella diversità intrinseca nei loro caratteri che, tuttavia, la faceva divertire. La conclusione non poteva che essere una: era certa di non potersi meritare una persona di quel calibro? No. Certo che. Lo meritava eccome. Eppure, nonostante la buona volontà, si era infilata, consapevolmente, in una situazione scomoda. Avrebbe dovuto pensarci prima quando, mesi prima, si era accorta di suscitare interesse nel ragazzo che ora, ingenuamente, ballonzolava davanti ai suoi occhi. Il ricordo la fece sorridere e sciogliere allo stesso tempo. Quel tipo era sempre stato strano. Si cacciava in guai indicibili. Le faceva saltare i nervi e lo avrebbe preso a calci nel culo a giorni alterni ma, fino a prova contraria, non si era mai permesso di porre in essere atteggiamenti denigratori nei suoi confronti. In nessuna occasione, evitando di arrecarle dolore inutile. Dolore che con David sembrava essere l’ordine del giorno. Le cose con il verde-argento, però, negli ultimi tempi, andavano relativamente bene e, dopo il ritardo avuto durante il periodo estivo, Halley, si era ritrovata spesso a porsi domande sul futuro che l’avrebbe attesa, se fosse rimasta al fianco del maggiore dei fratelli Harris. Nessuna risposta. Il vuoto. Si era prodigata a lasciarsi alle spalle il passato ma, a sprazzi, tornava per insidiare quella tranquillità ricercata con tutte le sue forze. Le battute si susseguivano in maniera del tutto naturale, come se tra loro fosse una sorta di consuetudine anche spingersi oltre. Effettivamente poteva dire di essere a proprio agio, anche su argomenti che, normalmente, l’avrebbero inquietata. “Mi hai beccata.” Portò la mano sul petto, melodrammatica, come se stesse recitando in una di quelle soap opera da quattro soldi che tanto piacevano a sua madre, grande mente eccelsa, stregata da quelle stronzate. “Sono follemente innamorata di te!” Insomma, che vi era di strano? Solita storia. Lui che si comportava da idiota e lei che tentava di redimerlo, riportandolo in careggiata. Un cliché. Uno dei tanti. “Ma è Azkaban l’unico deterrente che mi impedisce di staccarti la testa!” e non di certo un sentimento sopravvalutato come l’amore. Dissentì con il capo, ripensando alla preoccupazione che aveva provato quando, mosso da una spavalderia senza confini, Liam, si era cimentato in quel tutto del tutto fuori luogo, per lo più nei pressi di una creatura potenzialmente letale per chiunque, anche i più abili. Sciagurato. Simpatico, sì ma pur sempre un megalomane che prima o poi avrebbe fatto una brutta fine, con conseguente dispiacere per tutti i suoi amici. Lei compresa. Rimase in silenzio, lasciando sfogare quella che sembrava una specie di crisi di mezza età anticipata. Inarcò il sopracciglio e si lasciò coinvolgere in quel turbinio di deliri, fatti di assenza di umiltà e sicurezza in sé stesso. Tanto da avanzare quella che poteva essere una proposta strana avanzata da lei. Sì. Ma in ciò vi era racchiusa una profonda verità: per attirare la sua attenzione, non servivano gesti eclatanti. Sarebbe bastato chiedere. Una burrobirra innocente. Tra amici. A che pensava? Li separava un soffio. Così poco da lasciarla interdetta per qualche istante. Che stava accadendo? Le scappò da ridere. Non stentava a credere che molte ragazze potessero essere interessate a un tipo come lui. Credeva fermamente che sarebbe stato un compagno indomabile, interessante e passionale. “Eppure sei single!” Lo apostrofò. “Non hai trovato ancora la donna degna di regnare al tuo fianco?” Ironizzò appena in tempo, prima di avvertire il calore della sua mano sopra la camicia. L’attirò a sé, senza troppi complimenti, infischiandosene delle conseguenze e si appropriò di entrambi i suoi fianchi. Scrutò il viso del Grifondoro con aria dubbiosa, ipnotizzata, incapace di muoversi, come se non sapesse come reagire a una situazione simile. David! Il suo pensiero volò a lui. Alla breve convivenza che li aveva uniti in quegli ultimi giorni estivi. Al loro legame morboso Ma, inevitabilmente, anche al dolore che le aveva provocato durante l’anno precedente. Posò la mano sul petto di Liam, domandandosi se lui, in qualche modo, avrebbe potuto dargli quello che stava cercando nella relazione con il maggiore dei fratelli Harris. Possibile. Sì. Prima di riuscire a spingerlo via, però, il ragazzaccio, passò all’azione, torturandola attraverso una tecnica che, la maggior parte delle volte, otteneva un pieno successo: il solletico. Si allontanò, fingendo una breve fuga. “Me la paghi!” Lo minacciò, riducendo gli occhi smeraldini a una fessura, prima di riavvicinarsi e riprendere la discussione che, a quel punto, le sembrò critica. “Non ti piace proprio!” Commentò sarcastica quando fu nominato il suo ragazzo. “Non direi…” Alzò le spalle, come se reputasse di poco conto l’argomento. “… al momento.” La sua espressione mutò. Un’ombra attraversò il suo sguardo, poco prima pieno di vita. Anche se la situazione non era critica, Halley, non poteva escludere che di lì a poco, David, avrebbe mandato tutto a puttane per un semplice capriccio, buttato lì. “Lungi da me.” Rispose. Mai e poi mai ci avrebbe provato con qualcuno, legata sentimentalmente com’era. “Perché? Ti interesso?” Lo fissò seriamente. In quel caso sì, avrebbe fatto ingelosire a morte il battitore, rendendolo realmente pericoloso. Scoppiò a ridere. “Hai paura del temibile Harris?” Certo. La reputazione lo precedeva. “Come puoi non lottare per la mia mano? Temerario come sei.” Insomma, aveva sfidato Alexandra. David poteva essere considerato davvero più temibile di una piova mangia uomini? Ne dubitava fortemente. “O forse c’è già qualcuno nel tuo cuoricino da leone?” Lo prese a gomitate amichevoli. Le confidenze. Quelle belle. Ficcare il naso non le riusciva bene ma, doveva ammetterlo, lo trovava divertente con certi soggetti. Tra una sciocchezza e l’altra, insieme, raggiunsero la meta, mettendo al centro dell’attenzione le creature con le quali avrebbero avuto a che fare quel pomeriggio. ”… sei una sensitiva?” Le venne da ridere. Certo, le sensitive non erano altro che delle cialtrone. Lei era passata di livello e non per volere suo. “Più o meno.” In realtà aveva imparato, dopo un anno, ad avere a che fare con quei cavalli dalla forma scheletrica e la loro presenza si faceva sentire, nonostante non riuscisse a vederli. “Già. Proprio così!” Confermò quella che non era per nulla una leggenda metropolitana. Quelle creature potevano essere viste solo da chi aveva visto in faccia la morte. “Siamo fortunati, a quanto pare!” Ricordava ancora la sensazione che aveva provato quando, durante il suo quarto anno, il Professor O’Neill, li aveva costretti a cavalcarli senza aver ben idea di come fare. “Ne ho cavalcato uno!” Un compito eseguito alla perfezione, se non fosse stata per la sua caduta al termine della sua avventura. Caduta che le era costata cara, visto il voto di merda rifilatole ingiustamente da quell’idiota. “Zitto!” Portò il dito vicino alla bocca. Poteva percepire una presenza insolita, avvicinarsi a loro per poi tornare ad occuparsi degli affari propri. Halley aprì il recinto e si portò al suo interno. “Andiamo!” Allungò la mano per far in modo che la seguisse passo per passo. “Sai dirmi qualche cosa sulla loro dieta?” Domandò con un sorriso falso sulle labbra. Testare la preparazione sulle creature magiche era sempre un divertimento per lei, così appassionata alla materia.



     
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    William Knight | sesto anno | grifondoro


    Come ci siamo finiti, partendo da me in punizione che mi presento vestito da banana, a parlare di amore e appuntamenti ad una distanza definibile in nessun altro modo se non pericolosa? Impossibile restare indifferenti in una situazione uguale e identica a questa: ho davanti una bella ragazza che mi parla, ad un palmo dal naso, con un tono di voce chiaro e morbido; mi posa una mano sulla spalla e mi guarda negli occhi mentre, con la stessa nonchalance con cui parla del tempo o dell'ultimo acquisto da Mielandia, dice che potrei invitarla a bere e, non contenta, si domanda cosa sarebbe successo se si fosse innamorata di me. Anzi, di me e della mia sexy banana. Il riferimento - contestualizzato - è al costume giallo con cui mi sono fatto vivo ma la mia testa lo collega subito ad altro. Ad un'altra banana sempre presente e sempre pronta; la sento pulsare un paio di volte, subendo l'effetto del mio umore e degli stimoli eccitanti che recepisco. E' una reazione spontanea la mia: rilasso i lineamenti, inumidisco le labbra e sorrido uscendomene con una delle mie solite risposte poco umili. Se c'è una cosa che ho capito è che non voglio compromettere la mia amicizia con Halley-la-tiranna-Wheeler; il mio treno è passato un botto di tempo fa e non permetterò al mio cazzo di mandare tutto a puttane. Neanche se potessero fargli un super complimento. Incassiamo, ci emozioniamo, pulsiamo dalla felicità ma non ci lasciamo condizionare. Quanto meno ci proviamo: insomma, non sono mica uno stronzo che perde l'occasione. Piuttosto la creo! Lei, dal canto suo, risponde con la spavalda ironia che ci accomuna: situazioni come questa non la spaventano, credo invece che ci sguazzi. Proprio come me. Infatti mi punzecchia ancora, sottolineando come io sia in effetti da solo: amato da tutt* ma nel concreto di nessuno. Senza una regina accanto. Allargo un po' le braccia, come a voler dire "Che ci vuoi fare? E' il rischio del mestiere" ed avanzo di un piccolo passo.
    « La popolarità è un rischio. Tutti ti vogliono ma pochi riescono a gestire lo stress da sovraesposizione e io so di che parlo, insomma... sotto i riflettori ci sono nato e cresciuto » Ne parlo con cognizione: sono adulato, amato, praticamente idolatrato da una miriade di persone - dentro e fuori la scuola - ma scommetto che nemmeno un quarto di queste sarebbe in grado di sostenere la pressione standomi accanto in maniera fissa. I giudizi degli altri, le attenzioni, il peso della popolarità... tanto, troppo.
    Vorrei aggiungere che al momento ho altre priorità - ovvero dedicarmi al campionato insieme al mio gruppo senza nome - e quindi non ho tempo per cercarmi una regina, dirle che mi sta bene anche vivermi la mia gioventù senza legami, ma non ho tempo per approfondire la questione: la distanza tra Halley e me si riduce drasticamente. L'ho attirata a me per i fianchi, giusto per farle capire un paio di cose: la prima, che non può comportarsi così senza aspettarsi delle reazioni; la seconda, che è ancora in tempo per avere una relazione sana e normale. Cosa che quasi di sicuro con sono-un-cattivo-ragazzo-Harris non ha. Pensiero abbastanza pregiudizievole ma il suo ragazzo lo conosciamo tutti, chi più chi meno: per renderla felice e permetterle di vivere una relazione splendida o ha una doppia personalità che tira fuori solo quando è insieme a lei oppure è semplicemente impossibile. Ed io, che voglio bene ad Halley, vorrei farle capire la differenza e permetterle di salvarsi prima che sia troppo tardi per i suoi sentimenti.
    Ho le mani sui suoi fianchi e gli occhi verdi dentro ai suoi; non resisto alla tentazione di guardarle anche le labbra, carnose, e di stringere di più la presa sulla carne. Perfino la scimmia che solitamente nel mio cervello batte i piattini si blocca per un secondo intero. Ho superato la mia cotta per lei da molto tempo ma mi sento comunque in difficoltà ad averla così vicino. Devo smuovere le acque, uscire da questo limbo penso. Mi trovo davanti ad un bivio: o proseguo sulla strada della spavalderia senza stare troppo a pensare al dopo o salvo la nostra amicizia.
    Farle il solletico si rivela la mossa giusta: Halley ride di gusto, si contorce e riesce a liberarsi giurandomi che gliela pagherò. Rido di conseguenza, col cuore più leggero ma il bassoventre ancora in tumulto.
    « Aggiungi al conto! » e la inseguo oltre i recinti mentre mi spettino i capelli per ritrovarmi un po'.

    La smetto presto perché voglio parlare della sua storia. Non nascondo che David non mi piaccia e nemmeno il non essere ancora stato in grado di unire i puntini su come possano essersi trovati due tipi come loro tanto da iniziare una relazione.
    « E' un cazzone » glielo dico mentre cammino al suo fianco e la guardo di sbieco.
    « Davvero faccio fatica a capire cosa ci trovi in lui. Ce l'ha enorme o che? Sarebbe l'unica spiegazione, anche se... non è l'unico. Così, giusto per » come al solito non conosco contegno né misure. La mia cavalleria è andata momentaneamente in pausa.
    « Certo che mi interessi! Soprattutto mi interessa che tu non ti perda standogli dietro. Pensi che non l'abbia notato nessuno ma ti ha spento il sorriso. Invece di farti volare a due metri da terra senza scopa, ti sta facendo diventare il fantasma di te stessa. Si può sapere che ti prende? Come glielo puoi permettere, tu che non hai mai lasciato passare neanche una mosca sotto al tuo naso senza che lo volessi! E non mi dire che non è colpa sua: magari non lo sarà al cento per cento, ma un buon quaranta... » Hai paura del temibile Harris? Come puoi non lottare per la mia mano, temerario come sei? queste parole mi fanno un po' accigliare. Tant'è che alzo l'indice con fare perentorio.
    « Hei! Io non ho paura di niente e di nessuno, tanto meno di uno come Harris » nel frattempo arriviamo davanti ad un recinto vuoto. Non capisco cosa dobbiamo farci, l'unica cosa che mi viene in mente è strappare a mano le erbacce. Un lavoro noiosissimo e anche deleterio per le mie mani meravigliose. Halley sostiene che dentro a questo recinto ci siano i Thestral: creature visibili solo a chi ha conosciuto da vicino la morte. La cosa divertente è che nessuno dei due è in grado di vederli.
    « Hai cavalcato una bestia invisibile? Oh ti prego Halley, ti prego: anch'io voglio farlo » sollevo le sopracciglia immaginando quanto possa essere stato strano e, soprattutto, immedesimandomi in chi è rimasto giù ed ha potuto vedere, prima di sentire il lumos accendersi. Mi zittisco e deglutisco guardando il vuoto al suo segnale: io non sento niente ma mi fido della sua intuizione. Andare incontro ad un potenziale pericolo invisibile? Pane per i miei denti! Giubilo per la mia piccola grande anima avventuriera! Scrollo le spalle con crescente euforia e sorrido finché non mi chiede della dieta dei Thestral.
    « Che mangiano... Cose invisibili, ovviamente. » rispondo. Dopotutto, l'importante è crederci. Anche se non conosci la risposta l'importante è far credere all'altra persona che non è così. Mi muovo con calma, a stento però contengo l'eccitazione.


     
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    Halley Wheeler | quinto anno | prefetto grifondoro


    La stranezza di quella situazione era comica oltre misura. Uscita per infliggere una punizione ad un ribelle, si era ritrovata a guardare una banana negli occhi mentre la teneva tra le braccia. In quella scena, però, vi era qualche cosa di profondamente sbagliato. Strano. Non si trattava di malizia. Le sue intenzioni si fermavano a quello che avrebbe definito, candidamente, rapporto amichevole. Eppure qualche cosa le suggeriva di fuggire. Non da Liam. Ma da sé stessa. Conscia della decisione presa, Halley, iniziava forse a pentirsi di aver intrapreso una strada così complessa, ricolma d’interruzioni, buche e pericoli di ogni natura? Probabile. Come sarebbe potuto essere altrimenti? I segnali contrastanti provenienti da David, spesso e volentieri, provocavano in lei confusione. Smarrimento. Sensazioni che combinate tra loro, prima o poi, l’avrebbero annientata, trasformandola nella persona che non sarebbe mai voluta diventare. Vi era un briciolo di masochismo in tutto ciò. Nelle azioni. Nei pensieri e, soprattutto, in quei fottuti sentimenti che aveva tentato invano di debellare dopo l’episodio avvenuto in Africa. Piccoli frammenti di memoria che, lì per lì, furono spazzati via dalla situazione che, per chissà quale motivo, si era creata tra i due amici. Nessuna logica. Solo la spontaneità che guidava quello scambio di battute capaci di far riemergere la Wheeler che tutti avevano conosciuto. La spensierata tiranna. La ragazza capace di divertirsi. Colei che non perdeva occasione di mettersi in gioco. La giovane donna della quale andava fiera. Meritava di tornare alle origini. Per sé stessa e per coloro che le volevano bene, proprio come il simpatico aspirante suicida che se ne stava lì, davanti ai suoi occhi, immerso in uno dei suoi viaggi mentali, apparentemente più vicini al profano che al sacro. Oh sì! L’ascendente che aveva avuto su di lui era a conoscenza di molti ma, d’altra parte, non vi era mai stata l’occasione di approfondire la questione, così il treno aveva lasciato la stazione e il tutto fu insabbiato, rivelando quel potenziale sotto forma di amicizia. Pura. Sincera. Una di quelle in cui ogni commento era concesso. Positivo o negativo che fosse. “Liam?” Esordì, seria. “Sembri turbato!” Forse la sua parlantina l’aveva portato a sprofondare nel disagio. Tra banane varie e appuntamenti mai avvenuti, forse, iniziava ad accusare il colpo. Ci volle un attimo a scivolare nell’esagerazione, quella impossibile da gestire con la sola spavalderia che, entrambi, conoscevano alla perfezione tanto da farne la loro arma vincente, nella maggioranza delle volte. In ogni caso, allargando le braccia, con fare melodrammatico, il rosso-oro con la passione per le piove di nome Alexandra, si levo dall’impiccio con marcata disinvoltura. Lo ascoltò attentamente. In silenzio. Di popolarità non ne sapeva molto. Poteva solo immaginare le difficoltà derivate da un mondo ricco di attenzioni. L’aveva sperimentato in parte quando, a tradimento, la sua faccia era finita sulle pagine di quel giornalino dalla dubbia morale. Nei giorni successivi l’imbarazzo aveva regnato sovrano, costringendola a ridurre al minimo le uscite non necessarie. Fortunatamente, quel fuoco di paglia, durò poco. Lasciando spazio a qualcuno di più appetibile. Perché, in fondo, da sempre, il gossip funzionava in quella maniera. Allargò le braccia, con fare melodrammatico, arrendendosi a quel ruolo sociale che sembrava pendere sulla sua testa, come la stupida spada di Damocle. Un piccolo passo in avanti, decretò l’annullamento di quella distanza che, fino a pochi attimi prima, aveva caratterizzato la loro posizione. Il suo respiro fu vicino. Lo avvertì più di quanto avrebbe dovuto ma non fece nulla per alterare quella condizione, certa di non correre alcun pericolo. “Felice di essere la persona più anonima di questo mondo, allora.” Si sminuì volutamente. Iniziava a credere davvero di essere invisibile o, per lo meno, colei che poteva essere facilmente sostituita. Un rischio. Uno dei tanti così come rischioso, lentamente, stava divenendo il contesto in cui si erano inseriti, ignari delle conseguenze. Con decisione andò a cingerle i fianchi, attirandola a sé. Notò quanto fossero simili alle sue le sfumature smeraldine degli occhi di Liam, particolare al quale non aveva mai dato peso. Lo sguardo di lui, infine, si adagiò sulle sue labbra, spingendolo a serrare ancora di più la presa all’altezza del bacino. No! No! No! La mente prese a lavorare freneticamente, cercando una via d’uscita, efficace non solo per salvare la loro amicizia ma anche per evitare una serie di complicazioni nel rapporto con David, poco incline ad essere comprensivo con anima viva. “Non puoi guardarmi così!” Affermò perentoria, pronta a sfuggire. Ma così come, poi? Era certa che al di là di quella scenetta fraintendibile, vi fosse un messaggio ben più profondo. Una dimostrazione di ciò a cui avrebbe potuto ambire, se solo si fosse convinta a cambiare direzione. Il cuore si sollevò quando, fanciullescamente, prese a farle il solletico. Rise di gusto, come non faceva da tanto. Forse da troppo. Lo minacciò e, alla fine, l’inevitabile giunse a farle visita. Dopo una breve corsa per evitare il contatto con la sua pelle, presero a camminare. Vicini. ”È un cazzone.” Il soggetto al quale stava facendo riferimento, altro non era che l’Harris maggiore. Difenderlo non sarebbe servito a molto. Chi semina vento, non può raccogliere altro che tempesta. Ghignò. Scuotendo la testa, per poi incassare un commentò che la lasciò interdetta. “Liam!” Lo canzonò, combattuta tra lo scoppiare a ridere e l’imbarazzo totale. Durò poco. Il fare solito del Grifondoro, sembrò svanire nel nulla. Al suo posto, un’aria differente. Preoccupata. Il cuore le balzò in gola, incredula davanti a quell’accurata analisi svolta. Abbassò lo sguardo, puntandolo al terreno. Quando lo rialzò, le lacrime minacciarono di fuoriuscire copiose da quegli occhi spenti, privati di quell’ardore che tanto aveva amato. “Vorrei solo essere felice.” Sussurrò, stringendo i pugni, tanto da conficcarsi le unghie nei palmi. “Gli ultimi mesi sono stati difficili.” Ammise, imponendosi di non porre alcun limite a quelle confessioni. Doveva parlare. Doveva dare sfogo al suo disagio e lui era lì, realmente interessato al suo bene. Si stava prendendo cura di lei, da vero amico. “Me ne sono andata di casa, sai?” Domandò retorica, guardando avanti, come se fosse un argomento scontato. “Ho trovato un lavoro.” Un’estate proficua la sua. “E sto cercando un appartamento nel quale fare ritorno, quando saranno terminate le lezioni.” Insomma, cambiamenti drastici che aveva a che fare con il litigio avvenuto poco prima della sua partenza per Hogwarts. “Ti va di accompagnarmi?” Si voltò verso di lui, alzando leggermente la testa per catturare la sua attenzione visiva. “Qualche consiglio mi farebbe comodo.” Altrimenti si sarebbe ritrovata ad accontentarsi di una sudicia stanza al Paiolo Magico e no, vivere in quel modo non era contemplato nei suoi piani iniziali. Ridendo e scherzando, giunsero ai recinti, appena dopo averla messa al corrente di non aver alcun timore del figlio di Salazar. Sorrise di rimando ed, infine, si trovarono al guardare al di là della staccionata dove, come da pronostico, non riuscirono a scorgere niente. Un buon segno, vista la triste storia legata a quelle creature tanto affascinanti quanto portatrici di sventura. Chi poteva godere della loro visuale, infatti, era entrato in contatto con la morte. Sospirò, lieta che il destino, almeno da quel lato, le aveva risparmiato un’angoscia di quel genere.
    “L’ho fatto.” Non che avesse avuto scelta. Le era capitata l’occasione e l’aveva colta al volo per cercare di accaparrarsi un voto più che degno in quella che era una delle sue materie preferite. “Non voglio essere il biglietto del tuo soggiorno in infermeria.” Borbottò. “Ma forse…” Improvvisamente avvertì una presenza famigliare e, immediatamente cercò di soffocare l’entusiasmo del ragazzo. “Si trova proprio accanto a noi!” Un leggero spostamento di aria. “È stata mia zia ad insegnarmi come comportarmi con loro!” La donna che l’aveva tradita, vendendola letteralmente a sua madre, dopo averla scongiurata di mantenere il segreto. Portò la mano alla fronte, per poi sferrargli un piccolo pugno ammonitore sulla spalla. “Sono onnivori.” Puntualizzò. “Mangiano qualsiasi cosa!” Lo schifo si dipinse sul suo volto. “Intendo proprio tutto tutto.” Rifiuti. Carcasse di animali deceduti. Insomma. Tutto. Si aggrappò alla tracolla che aveva con sé, subito avvertì un movimento all’interno di essa. “Cosa?” Si affrettò ad aprirla, aiutando la sua puffola a fare capolino. “Che ci fai qui?” Non fece in tempo a terminare la frase che, il piccolo esserino, andò a posizionarsi sulla spalla di Liam. “Invadente!” Roteò gli occhi e finse indifferenza. Quella bestiaccia le ricordava sempre di più sua madre. Beh, in fondo era stato un suo regalo. “È gelosa!” Tutto quell’appiccicume le faceva saltare i nervi. “Fai attenzione al naso!” Lo avvertì. Troppo tardi. L'infame bestiola lo stava aggredendo. Halley scattò in vanti e si lanciò letteralmente contro di lui, saltellando per levargli quella piccola stronza d'addosso. "Vaffanculo, Blue!" La afferrò, improgionandola nella sua morsa, per poi passare al mento del ragazzo, assicurandosi che non fosse ferito. "Scusa, scusa, scusa! Stai bene?" Si stava trattenendo dallo scoppiare a ridere. "Avrei dovuto lasciarla a Londra!" Fetente. La fotocopia pelosa di Seira O'Hara.



     
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    Difficile tenere segreta la mia spiccata simpatia per Halley Wheeler. La ragazza porta con sé tutte le caratteristiche che personalmente apprezzo di più in una persona: è esplosiva, tenace, amichevole, audace, bella sia dentro che fuori, coinvolgente e travolgente; ha saputo conquistare tutti i suoi compagni, nessuno escluso, preoccupandosi di non lasciare indietro nessuno. Non c'è figlio di Godric che possa nutrire sentimenti negativi per lei, e se pure ci fosse sarebbe una mosca bianca dal giudizio poco attendibile perché matematicamente non si può non voler bene alla Wheeler.
    Che, tra le mie braccia, dice pian piano "au revoir" alla sfacciataggine che l'ha messa in questa situazione in apparenza discutibile. "Non guardarmi così", dice con quello che a me sembra un fil di voce; occhi negli occhi, il tempo che pare subire l'effetto di un incantesimo bloccante, i rumori e le presenze intorno a noi all'improvviso silenziose.
    « Così come? » chiedo senza mollare la presa né alleggerire l'intensità del mio sguardo. Domanda retorica, so benissimo come la sto guardando: come uno che la bacerebbe se non avesse così tanto rispetto per il legame che ci lega, dando inizio all'esorcismo di quel diabolico malessere che le sta dietro da un po'. E' inevitabile che le guardi la bocca e che la desideri, sono pur sempre umano, e come se la nostra distanza non fosse già pericolosa, come se non stessi subendo già gli effetti che - volente o nolente - ha su di me, l'attiro e la stringo di più: le mie mani scivolano lungo i suoi fianchi asciutti, la sinistra presto le accarezza e solletica la schiena. Percepisco il suo calore e le sue forme premute contro il mio petto ed è una sensazione bellissima quanto illuminante; per una questione di equilibrio divarico un po' di più le gambe prima di fare la mia scelta. La situazione viene presto ribaltata grazie al solletico, che mi dona forse qualcosa di ben più memorabile e prezioso di un bacio di Halley: la sua risata genuina.

    Quando la nostra corsetta si interrompe e fissiamo una tregua, affiora l'altra metà del nostro rapporto; quella profonda e attenta amicizia che ci fa esprimere senza filtri gioie e timori. Io sarò anche un noto "senza paura" ma il fatto che sia riuscito a mettere anche lei - e diversi altri - nella condizione di aprirsi con me tanto da raccontarmi della propria vita è... bellissimo. Tralasciando la mia analisi accurata ed infallibile su "sono-un-malessere-David", la sua reazione mi blocca. E' sul punto di piangere mentre mi informa delle ultime novità.
    "Vorrei solo essere felice."
    Come puoi pensare di riuscirci se decidi di tenere accanto a te un dissennatore?
    "Gli ultimi mesi sono stati difficili."
    Lo credo bene, sei sulla buona strada per diventare un poltergeist.
    "Me ne sono andata di casa, sai?"
    « EH? E quando? » sgrano gli occhi, sorpreso, interagendo subito. Halley purtroppo non ha un buon rapporto con sua madre, la convivenza è sempre stata difficile con una persona tanto severa quanto la signora O'Hara, ma credevo che ce l'avrebbe fatta ad aspettare fino al diploma prima di chiudere definitivamente i ponti. Invece scopro che non solo si è lasciata alle spalle la vita da figlia di casa ma che ha anche trovato un lavoro. In più, sta cercando un appartamento. Spontaneamente mi offro di aiutarla: non ho idea di quanto sia difficile trovarne uno ma credo che senza soldi (o comunque con pochi) non sia poi così facile trovare quello giusto.
    « Certo che t'accompagno! Dove l'hai trovato? A Hogsmeade, immagino. Mhm... beh, se questo non ci dovesse piacere o non trovassimo nient'altro, puoi venire a stare da me. In un certo senso, conviviamo già! » mi sono inserito in automatico nella dinamica di scelta e nel meccanismo di selezione.
    « E di cosa ti occupi, adesso? Oltre ad essere capitano della squadra di Quidditch, Prefetto del Grifondoro, aspirante caposcuola, chaperon per teste gloriose come la mia... » e sollevo un sopracciglio con fare ironico, invitandola a raccontarmi ancora qualcosa di lei. Mi piace e non lo nego.

    Forse troppo presto per i miei gusti, ci ritroviamo di fronte ad un recinto che scopro essere occupato dai leggendari Thesral. Io non posso vederli ed evidentemente non ero attento a lezione di Cura delle Creature Magiche quando e se ne abbiamo parlato perché non ho la più pallida idea di come siano fatti, di come comportarmi al loro cospetto né tanto meno di cosa mangino: do prova della mia ignoranza immediatamente ma non mi crea problemi, so che almeno lei non dovrà giudicarmi né può bocciarmi. Mi si rizzano i peli dietro la nuca per uno spostamento d'aria improvviso che mi fa voltare di scatto con la testa prima verso sinistra e poi a destra, oltre che per il pensiero che mangino qualsiasi cosa.
    « Possibile che sia...? » di fianco a me, dietro di me, sopra di me? Neanche il tempo di interrogarmi al riguardo che la voce del Prefetto si alza di una mezza nota: mi guardo intorno sospreso in cerca dell'inatteso intruso, ma ci siamo solo noi due nel raggio di metri. Forse chilometri. Abbasso gli occhi su una palla di pelo dal colore sgargiante, sbucata da chissà dove, che non ha perso tempo saltandomi in spalla.
    « Non perde tempo, eh? Mi piace. AHIA! » un dolore lancinante al naso che mi piega in due. Nascondo il naso con entrambe le mani, con gli occhi strettissimi e lacrime di dolore che premono per uscire; Halley, dal canto suo, mi toglie di dosso la belva affamata di sangue che non contenta mi ha anche morso il mento.
    « Ma che cazzo...?! QUELLA COSA E' SATANA! » non so bene cosa voglia dire, è una di quelle espressioni che ho assorbito da un compagno e che ho fatto mia in breve tempo.
    « St-sto bene. Mi ha solo ucciso. Sono sfregiato, sono rimasto sfregiato? » a fatica allontano le mani dal viso dolorante. Gli occhi verdi pieni di lacrime, che fuoriescono rigando le guance asciutte. Mi preoccupo prima di tutto del mio aspetto.
    « Fa così anche col tuo malessere o le loro anime diaboliche si riconoscono e danzano insieme nell'ardemonio? » sbatto le palpebre e reagisco - male! - all'aria che sfiora il mio naso appena morso.




    Ho un po' d'ansia da prestazione, dopo così tanto tempo. D: ma che bello essere tornata!
     
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    Halley Wheeler | quinto anno | prefetto grifondoro


    Desiderava quella leggerezza. La stessa che non aveva mai avuto la fortuna di provare da quando aveva legato la sua vita a quella del verde-argento. Perché doveva rendere tutto così complicato? Sempre. In ogni occasione. Non vi era nulla al mondo che fosse servito da medicina, più di un animo leggero, sgombro da qualsiasi cattivo pensiero. Lo sapeva bene. Aveva imparato a convivere con la sensazione perenne di camminare sull’orlo di un precipizio senza fine. Vero. Ma ciò non escludeva il fatto che avrebbe voluto quella tranquillità che credeva di meritare. Se solo le sue scelte fossero state differenti. Se solo al posto di David, nella sua testa, ci fosse stato il ragazzo che aveva davanti. L’epilogo sarebbe stato differente, ne era più che convinta. Uno scenario differente. Per sua sfortuna, però, irrealizzabile. Il destino le aveva riservato l’ennesima sfida e, proprio in quell’istante, riuscì a comprendere quanto fosse sopraffatta da quei sentimenti –ancora senza nome certo- nei confronti di quello che era, a tutti gli effetti, un poco di buono, incapace di lasciar trapelare quel lato umano che gli avrebbe permesso di amare qualcuno. Rimase immobile. Quasi le mancò il respiro. Aveva timore di compromettere l’amicizia con Liam ma, allo stesso tempo, non riusciva a fare a meno di pensare a quanto sarebbe stato semplice lasciarsi andare alle sue attenzioni, lasciandosi David alle spalle per sempre. Niente più sofferenze. Niente di niente. Solo pace e armonia che, sin da adolescente, aveva desiderato vivere una volta innamorata. Le cose erano andate diversamente. Le fiamme dell’inferno si erano scagliate su di lei, sotto forma di passione e tutto aveva assunto connotati così dannatamente affascinanti da trascinarla nel peccato, sin dal principio. La vicinanza con il Grifondoro si fece sentire. Il suo sguardo immortalò l’immagine delle sue labbra. No. Non poteva guardarla così. Lo apostrofò con un sussurro imbarazzato. Il tempo sembrava essersi fermato. Anche i movimenti divennero più lenti, come se fossero entrai in una trance strana e sbagliata. Perché, sì. Quel contatto era sbagliato. “Come se volessi baciare il tuo aguzzino!” Ironizzò. “Potrebbe trattarsi della Sindrome di Stoccolma!” Non si scansò. Non ne aveva motivo. Quel giovane uomo, mai e poi mai, avrebbe mandato a puttane il loro rapporto, nonostante la sua imprevedibilità che altro non era che una leggenda tra quelle mura. Avvertì il suo tocco a livello della schiena. Caldo. Fin troppo ma, con maestria, pose fine a quello che –se visionato dall’esterno- sarebbe potuto apparire come un approccio di natura differente da quella reale. Le sue mani scattarono sui suoi fianchi, veloci e certe che avrebbero ottenuto il risultato atteso. Halley si dimenò, ridendo di gusto, come non faceva da tempo e, subito dopo, prese a correre per fuggire da quell’improvviso attacco. “Troverò il modo per fartela pagare, Knight!” Solitamente essere colta in fallo non le andava a genio ma, anche grazie a quel gesto genuino, riuscì a entrare nell’ottica di quella spensieratezza assente da troppo tempo.

    Tutto durò giusto il tempo di una corsetta. Breve e intensa. Non abbastanza, però, per provocarle il fiatone. Gli allenamenti dovevano pur servire a qualche cosa. L’atmosfera si rabbuiò e, per poco, non crollò definitivamente. Non se lo sarebbe mai perdonata. No. Optò, quindi, per una via di mezzo. Una strada apposita per non indurre alla preoccupazione il suo amico, ma costellata di verità bisognose di essere liberate. La delicatezza di Liam la spiazzò. Limitandosi ad ascoltare, il biondino, passò di livello, entrando di diritto nel suo cuoricino palpitante. “Poco prima di partire per Hogwarts.” Ammise. “Dopo una feroce discussione con mia madre.” Non avevano più avuto contatti. Nessuna delle due si era degnata di fare un passo verso l’altra per cercare un punto di incontro e, a dirla tutta, ad Halley andava bene così. “Ho passato qualche giorno da David e poi, beh, eccomi qui!” Vita nuova. Una pagina bianca che attendeva di essere scritta. Sì, sarebbe ripartita da sé stessa, mettendosi al primo posto in qualsiasi ambito. Con o senza l’aiuto di terzi. Un coraggio non indifferente. Aveva pur sempre vent’anni e l’inesperienza di chiunque portasse sulle spalle le sue stesse primavere. Abbassò lo sguardo e cercò di non lasciare che i ricordi di quelle parole senza anima, la trascinassero nel baratro. Sua madre. La stessa donna che le aveva dato la vita, si stava comportando alla stregua di una strega crudele, con il solo scopo di manovrare le fila di una figlia –secondo lei- troppo ingenua per prendere decisioni sulla sua vita. Vaffanculo! Ricordava ancora il suo sguardo sprezzante quando, senza alcun invito, si era presa la briga di andare a farle visita dopo la caduta, durante la finale di quidditch. I suoi occhi l’avevano fulminata. Il loro scontro era stato duro. Un faccia a faccia al quale non era per nulla preparata. Senza contare la scena successiva che aveva visto, nello stesso posto e nello stesso momento, il suo ragazzo e sua madre. Uno contro l’altro. David aveva preso le sue difese, assicurandosi la posizione più bassa nella personale classifica di gradimento della temibile Seira O’Hara.
    Sorrise quando accettò di darle una mano a cercare un alloggio che si adattasse alle sue esigenze. “Non stai correndo troppo, mio caro?” Aggrottò la fronte mentre, scherzosamente, un sopracciglio si inarcò. “Ancora non hai ammesso i tuoi sentimenti per la sottoscritta.” Nonché futura nemica, dopo quel pomeriggio all’insegna di una punizione con i controcazzi. “Già passiamo alla convivenza?” Arricciò il naso e riprese il filo del discorso o, almeno, ci provò a risultare seria, così come richiesto dal contesto. “Hogsmeade.” Confermò, sforzandosi di sorridere. Il più lontano possibile dalla sua residenza di origine, così da non rischiare di incontrare agenti disturbanti. “Sono la nuova commessa di Accessori di Prima Qualità per il Quidditch!” Si era candidata per quel ruolo e, per chissà quale botta di culo, le sue preghiere erano state esaudite. “Non ti preoccupare!” Piegò la testa di lato. “Avrò sempre tempo per farti da baby sitter!” Oh, sì! Non si sarebbe mai sognata di lasciarlo nelle mani di qualcuno diverso da sé stessa. Le cose sarebbero sfuggite al controllo e Liam si sarebbe fatto espellere in un batter d’occhio, come nulla fosse, rischiando l’intera carriera scolastica e il suo futuro.

    Era giunto il momento di andare al sodo. Molto sodo. Perché l’approccio con i Thestral, avrebbe necessitato di una grande concentrazione. Avvicinarsi alle scheletriche creature, infatti, sarebbe stato complicato, soprattutto per via della loro impossibilità nel vederli. Una fortuna da un lato, ma una grande sfiga dall’altro. “Evita i movimenti bruschi e resta in ascolto.” Sua zia le aveva insegnato gran parte di ciò che sapeva ma, non per questo, si sentiva in debito con quella stronza. “Fai attenzione a ogni fruscio.” E cerca di non farli incazzare! Impresa ardua, considerando il loro temperamento lontano dall’aggressivo. Una parola. Una sola parola. Quando si accorse della problematica, per Halley, era troppo tardi. La piccola bestiola si avventò su Liam, senza alcuna pietà, attaccandolo. Possibile che fosse così stronza? Spoiler: sì. “Cazzo!” Esclamò, precipitandosi a soccorrere la povera vittima ignara. “Sì. È il suo secondo nome, effettivamente!” La osservò con aria da rimprovero, come se sarebbe servito a far pentire quella piccola palla di pelo, apparentemente indifesa. Scrollò la testa e si chinò sull’amico, in preda al panico, terrorizzato dalla possibilità di essere stato sfregiato. Insomma. “Le cicatrici sono sexy!” E doveva ammettere che esercitavano un enorme ascendente su di lei! Troppo senbile. Sorry not sorry. “Fa vedere!” Gli alzò a forza il mento, scostandogli le mani. “Neanche un graffio!” Decretò alla fine. “Il tuo bel faccino è salvo!” Il suo tono lamentoso la divertì, anche quando andò a constatare quanto la puffola e David fossero affini. Entrambi aggressivi e gelosi di Halley a livelli estremi. “Probabilmente l’ha addestrata proprio lui a mia insaputa, così da tenermi lontana da te…” O da qualsiasi essere umano di sesso maschile. Tralasciando gli scherzi, non si sarebbe stupita, sembrava proprio un piano losco, da David. La acchiappò al volo e la strinse tra le mani, facendo attenzione a non provocarle dolore. La porse al leoncino ferito nell’orgoglio: “Andiamo, fate pace! Rendetemi fiera di voi!” In caso fossero andati d’accordo, avrebbe potuto anche trasferirsi da lui, quell’ammasso di pelo insopportabile.



     
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    Tra di noi non c'è stata corrispondenza durante le vacanze. Sinceramente avrei voluto scriverle - a lei come ad altri - ma ogni volta che il pensiero di farlo mi illuminava ero impegnato in una qualche attività più o meno interessante. Il non fare le cose sul momento, Morgana lo sa, apre la porta ad un luogo buio triste e desolato: il dimenticatoio.
    Scopro solo ora che Halley si è lasciata alle spalle casa sua, il suo essere "figlia", la sua famiglia. Ne parla con dolore ma con una fierezza nello sguardo che riconosco: quella di chi ha intenzione di non tornare sui suoi passi nonostante faccia un male cane. Sbatto le palpebre e metto le mani nelle tasche dei pantaloni neri, un po' sgualciti, e torno su di lei con lo sguardo. Ammiro molto il fatto che abbia preso in mano le redini della sua esistenza ed abbia scelto di seguire la strada che crede sia quella giusta, andando contro il giudizio di un genitore. Un gesto che richiede autentico coraggio. Non m'immischio nella storia: non ho avuto incontri segnanti con sua madre ma se la tiranna dice che è una specie di dittatrice allora le credo. La lascio quindi parlare finché non ammette di avere trascorso qualche giorno in compagnia del malessere prima di tornare a scuola. Sollevo un sopracciglio con fare sarcastico, immaginando quanto siano stati entusiasmanti e sani quei momenti.
    « Wow. Merdaviglioso! » e lo dico con un tono anche abbastanza credibile. Se solo non avessi scandito così tanto bene le parole affinché comprendesse il vero messaggio! "Ed eccomi qui".
    « Ed eccoti qui. Anno nuovo vita nuova, è così che si dice no? Spara i buoni propositi per questo nuovo anno, vai. Sono tutt'orecchi. Anzi, il primo se permetti te lo offre la casa. Numero uno: defenestrare il malessere che hai attaccato al culo. » quindi la guardo incoraggiante, facendo per voltarmi completamente e fare qualche passo come un gambero.
    « Credimi, non è difficile. Devi solo... » mimando con molto trasporto ed enfasi il gesto di un battitore, fingo di colpire qualcosa e poi di seguirlo in lontananza finché non sparisce completamente. Ad accompagnare, un fischio che si affievolisce man mano. Quasi nello stesso momento, Halley confessa di stare cercando un alloggio; se pure non mi avesse chiesto di accompagnarla, da vero gentiluomo l'avrei fatto di mia sponte. Un altro parere le farà di certo comodo e, soprattutto, avere un aggancio famoso potrebbe aprirle molte altre porte altrimenti inaccessibili!
    « In un certo senso, non conviviamo già? Condividiamo il tavolo all'ora dei pasti, un salotto, un'enorme tenuta! » prima allargo le braccia per indicare tutto ciò che ci circonda, poi aggrotto a malapena le sopracciglia con fare pensieroso ed aggiungo
    « In effetti l'unica cosa che non condividiamo è il letto ma a questo possiamo sempre rimediare. Sei una di quelle che si prende tutto lo spazio e ti giri e rigiri senza mai trovare pace? O ti rannicchi e resti immobile per tutta la notte? Mhmmm » torniamo di nuovo in quel vortice ironico - ma chissà poi fino a che punto - di battute su sentimenti e relazioni. Mi ci è voluto un enorme sforzo e lavoro su me stesso per spostarci dentro l'occhio del ciclone ed ora rischiamo di essere travolti di nuovo. "Non stai correndo troppo? Ancora non hai ammesso i tuoi sentimenti per la sottoscritta."
    « Signorina Wheeler, dovrebbe saperlo: se si presenta l'occasione non bisogna mai lasciarsela sfuggire. E semmai l'occasione non dovesse presentarsi, bisogna fare in modo di crearla. Ogni lasciata è persa! Mio padre dice sempre "Prendi sempre per primo, pure fossero mazzate". L'ho preso forse un po' troppo alla lettera, e di mazzate ne ho prese come e più di un bolide, ma garantisco di non avere rimpianti! Ho sempre fatto tutto quello che volevo. Beh, forse non proprio tutto... » l'allusione a poco prima è chiara ma guardo avanti, sorridendo alla sua promessa di essere sempre e comunque la mia baby sitter.

    Di lì a poco ho modo di conoscere un'altra figura ingombrante e violenta attaccata al culo di Halley: la sua puffola pigmea, piena di cattiveria gratuita e aggressività. Non perde tempo, la bastarda, per lanciarsi contro il mio naso nonostante il mio saluto affettuoso e la mia buona disposizione nei suoi confronti. Come può un esserino così morbido e dall'aspetto tanto tenero covare così tanto risentimento? Il pensiero che sia un'alleata del malessere si consolida quasi subito e non lo nascondo, perché io non nascondo mai niente. Piango dal dolore, domando se mi ha sfregiato con il suo attacco, mi assicuro che non siano in combutta. Halley si avvicina di nuovo, mi controlla il viso: ha un tocco delicato e un mezzo sorriso divertito.
    « Lo saranno sugli altri, io non ne ho mica bisogno. Ahia! » brucia da morire, cazzo. Come posso non avere neanche un graffio se sto soffrendo così? Comunque sia, è chiaro che Satana sia stata addestrata dal malessere. Per tenere Halley lontana da me. Non so perché ma questa frase mi colpisce e mi fa gonfiare il petto, tronfio.
    « Come se fosse possibile, pff. Avvisala: ha perso in partenza. » guardo la puffola stretta tra le sue braccia: lo vedo solo io o ha l'espressione cattiva? Come di chi medita vendetta, pianifica il tuo omicidio truce, attende il momento perfetto per colpirti e atterrarti? Riduco gli occhi a due fessure e mi avvicino di un paio di passi. Non ho paura, anche se il mio naso pulsa ancora dal dolore e ogni cellula presente nella zona interessata tira magari in una disperata richiesta a tirarmi indietro.
    « E' Satana, lei non vuole renderti fiera. Lei vuole sangue. SSSSOLO SSSSSANGUE » e alzo le braccia come un buon vecchio vampiro da libro, sibilando e avvicinandomi ancora ad Halley.

     
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    Halley Wheeler | quinto anno | prefetto grifondoro


    Non più figlia. Non ancora donna adulta. Sapeva soltanto quello che non era: sicura al cento per cento di riuscire a sopportare il peso delle responsabilità che, a quel punto, sarebbero pesate esclusivamente sulle sue spalle. E se la decisione, presa con cognizione di causa, l’avesse schiacciata e ridotta in poltiglia? Niente di più facile. A diciannove anni, le esperienze di vita, per forza di cose, scarseggiavano ma, d’altra parte, per salvaguardare la sua libertà, quella decisione drastica si era rivelata essere, l’unica possibile. Le era dispiaciuto? Sì. Mai e poi mai si sarebbe sognata di ritrovarsi sola. In mezzo ad un mondo ostile, senza alcun sostegno. Doveva immaginarselo. La sua ribellione aveva messo in moto un meccanismo che, una volta innescato, sarebbe stato impossibile da arrestare. Sua madre, in un modo o nell’altro, si sarebbe fatta in quattro pur di limitarle il raggio d’azione e, proprio ciò, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Seira O’Hara si era persino espressa a sfavore della sua presenza nella squadra di quidditch della sua Casa. Insomma. Una vera e propria persecuzione intollerabile. A niente era servito l’intervento di Jason che, dopo una violenta litigata, si era visto costretto a ripartire con il cuore in gola, lasciando le donne della sua vita l’una contro l’altra, senza poter muovere un dito per favorire un riavvicinamento. Si era rifugiata da David. Sì. Un porto sicuro ma, allo stesso tempo, sentiva di essere di troppo. Lui e il fratello vantavano una routine che, di certo, non prevedeva la presenza di terzi incomodi. La decisione, così, era stata presa. Ed eccola. Una donna pronta ad affrontare quella novità, cercando di non crollare, come una stupida idiota, davanti al primo ostacolo. Mancava solo un alloggio definitivo, che la salvasse dal suo status attuale di senza fissa dimora. Bene ma non benissimo. Rivolse uno sguardo al ragazzo. Un lampo di rimprovero. Sarebbe riuscito, un giorno, a nascondere la sua avversione per il maggiore dei fratelli Harris? Probabilmente no e lei, a dirla tutta, non si sarebbe adoperata per fare in modo che le due personalità riuscissero, quantomeno, a entrare in contatto senza scontrarsi. Trattare con David? Impossibile. Il fatto che Liam si prendesse certe libertà, non sarebbe andato a genio al verde-argento, così dannatamente geloso di qualsiasi essere dotato di pene. Come se fosse stata lei a scoparsi l’intero corpo studentesco. Ma vaffanculo! Se lei riusciva a non tenere un atteggiamento da pazza, con uno sforzo avrebbe potuto farcela anche lui. E invece no. Halley gli apparteneva e, per lui, era tutto ciò che contava. Ghignò al suono del merdaviglioso e alzò le spalle. I giorni trascorsi in compagnia del suo “malessere”, come era stato definito, non erano stati poi così male. Si era rivelato un lato di David che, probabilmente, nessuno aveva mai notato. Una sfumatura di lui nascosta che lei aveva intravisto già nella notte di capodanno quando, improvvisamente, l’aveva invitata a rimanere con lui, quasi come fosse disperato e solo. “Ho solo un buon proposito.” Abbassò lo sguardo, imbarazzata come non mai. “Tornare quella di una volta!” Niente più insicurezze. Finirla con il permettere agli altri di farla sentire una nullità. Basta. Nessuno avrebbe più messo a soqquadro quell’anima che, a fatica, stava ricostruendo facendo leva su tutte le sue forze. Nessuno. A costo di ferire chiunque ci provasse. Egoista? Probabilmente. La sua serenità sarebbe arrivata prima di quella degli altri, calpestandone anche i voleri. Le scappò una risata. Defenestrare il battitore, al momento, non avrebbe giovato alla sua causa ma, probabilmente, aveva ragione, prima o poi avrebbe posto in essere un atteggiamento capace di minare la tranquillità alla quale ambiva e lì, poi, sarebbero sorti i primi problemi da affrontare. Beh, tempo al tempo. Inutile fasciarsi la testa prima di esserla rotta, no? Così si andava a dire. In ogni caso, i tentativi di Liam di giocare alla provola, la divertiva. Un modo di scherzare che, da fuori, avrebbe potuto far sorgere dei dubbi. Non le importava un cazzo. Avrebbero potuto parlare a sproposito, se disponevano di tutto quel tempo da perdere. La verità, alla fine, sarebbe stata sempre dalla sua parte. “Una convivenza forzata.” Con qualcuno lo era davvero. “Ancora non ti sei stufato di me?” A detta di molti, soprattutto in campo, si comportava come una vera e propria tiranna, proiettata alla vittoria e a null’altro. Non che avessero tutti i torti, per l’amor di Morgana ma, da qualche parte, si trovava anche un animo spensierato e accomodante, no? ”… l’unica cosa che non condividiamo è il letto ma per questo possiamo sempre rimediare.” Roteò gli occhi, implorando Merlino di salvarla da quelle proposte indecenti, prima che la situazione sfuggisse di mano. In quante avrebbero voluto trovarsi nella sua posizione? Troppe. Ne era certa. Vi erano ragazze che non attendevano altro che sentirsi dire dal suo amico, parole di interesse nei loro riguardi. Ma lui? Riservava quelle attenzioni a lei. Una ragazza impegnata ma consapevole che al suo fianco, tutto sarebbe stato così dannatamente semplice. Una routine ben differente da quella che era costretta a vivere con Harris. Una quotidianità che, normalmente, ogni fanciulla di quel regno e non, avrebbe voluto per sé. Tra il principe e la bestia, Halley aveva scelto la bestia, la quale non aveva perso l’occasione di avvolgerla tra le sue spire, soffocandola lentamente e, ancora, non riusciva a comprendere se fosse un bene o un male. “Dormo nuda.” Effettivamente. Certo non ad Hogwarts ma solitamente, era una delle gioie della vita alla quale non rinunciava. “Sempre alla ricerca del calore umano.” Ehi, l’aveva chiesto lui. Si stava solo limitando a rispondere alle domande e poi aveva un testimone, poteva sempre chiedere la conferma al suo più acerrimo nemico. “Però scalcio. Senza pietà!” Gli tirò una spallata amichevole, lasciando che il discorso procedesse verso lo step successivo. “Non sono d’accordo!” Affermò con decisione, lasciandosi andare a un impeto di eccessiva sicurezza. “Niente è perso.” Finché fossero stati al mondo e in grado di provare e riprovare. “Basta crederci!” Terminò la sua perla di saggezza. “Quale occasione avresti perso, se posso sapere?” Domando curiosa di conoscere ciò che, a quanto poteva notare, aveva lasciato un retrogusto amaro nel povero ragazzo deluso.

    Tutto troppo serio. Davvero. Ma un piccolo incidente si rivelò provvidenziale. Forse per lei. Per Liam un po’ meno. Si trovò letteralmente attaccato da Blue, la piccola palla pelosa, regalatale dalla madre in un momento di rara gentilezza. O forse era solo una sua piccola spia. Chi poteva dirlo con esattezza? Stava di fatto che la stronzetta fungeva da guardia del corpo e, Halley, non riusciva a spiegarsi il perché si fosse accanita sul povero malcapitato. Per un secondo, pensò al corpo di David e beh, si. Le cicatrici sulla sua pelle le aveva trovate sexy, anche se ancora non riusciva a comprendere la loro natura. Allontanò quella visione e si concentrò sul suo compito: separare vittima e carnefice. Ridere o arrabbiarsi? La scenetta, però, la divertiva assai. Immaginava la sua puffola lottare per tenerli alla larga, come fosse guidata da un certe Serpeverde di sua conoscenza. No. Non poteva essere. Blue e David non si erano neanche mai incontrati prima e quelle bestiole erano pur sempre selvatiche, difficilmente plasmabili o, almeno, il soggetto in questione che se ne stava teneramente tra le braccia della padrona, come se avesse vinto. “Ti riporto a Londra!” Minacciò la sua amichetta del cuore, sussurrandole lentamente. Sarebbe stata cosa buona e giusta, vista la sfrontatezza dell’animaletto. Si rivolse, infine, al leone. “Sono colpita! Pur di non stare lontano da me, subiresti le pene dell’inferno da parte di Satana in persona.” Assunse un’aria melodrammatica e portò la mano alla fronte mentre, in tutta risposta, il ragazzo prese ad imitare cosa? Un vampiro? Non era proprio chiara la sua intenzione. Lo osservò avvicinarsi e piegò la testa di lato. “Non so quanto convenga! Il mio sangue è infetto!” Da una stupida maledizione. Una verità che si perse in quella che era una battuta. “Ma il tuo, potrebbe trovarlo invitante.” Anche se forse avrebbe preferito le sue caccole. In fondo era proprio per quello che si era attaccata al suo naso.



     
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    Non so che diavolo mi passi per la testa: di proposito, con un atteggiamento a dir poco masochistico, riprendo la linea allusiva e scottante del discorso che, con un colpo da maestro, m'ero lasciato alle spalle. Se dovessi proprio cercare una spiegazione sensata a quanto appena successo sarebbe più o meno questa: è una cattiva abitudine piuttosto difficile da perdere. Halley ed io abbiamo sempre giocato e scherzato in questa maniera; il fatto che si sia fidanzata potrebbe avere allentato un po' le cose ma solo perché ha (giustamente o meno) scelto di passare più tempo con sono-un-cattivo-ragazzo-Harris che con gli amici. Forse avesse scelto qualcun altro il tutto sarebbe scemato e maturato in maniera del tutto naturale: insomma, ho abbastanza rispetto per i sentimenti e le relazioni! Sono un tipo leale, un gentiluomo si può dire. Invece no: ha deciso di stare con una sanguisuga emotiva, un vero e proprio dissennatore, che le succhia via ogni briciolo di felicità giorno dopo giorno. E lei è, come tutti quelli che vivono situazioni analoghe, troppo innamorata per accorgersene. Per sua fortuna nella sua vita ci sono anche io, che ho fatto dell'aprirle gli occhi una delle mie missioni prioritarie.

    Halley ed io ci saremmo potuti baciare rischiando di considerarlo un errore subito dopo e di pentircene; invece ho ottenuto qualcosa di ben più prezioso: il suono della sua risata. Per un attimo tutti i suoi tormenti sono diventati nuvola che la mia brezza, fresca e leggera, ha portato via. Si può considerare un momento magico perché ho avuto il privilegio di intravedere di nuovo il suo sole splendere, prima che le ombre si impadronissero di nuovo di lei. E lei, magari, ha capito un po' di più che cos'è che manca davvero alla sua relazione. Perché non ci vuole una sfera di cristallo per capire che non c'è armonia, che insieme al suo David non rida. Non sarebbe così provata, altrimenti. Il suo desiderio, dice, è quello di tornare ad essere quella di una volta.
    « Quella di una volta ti ha portata a questo! Devi essere specifica quando vuoi manifestare qualcosa, che ne diresti di "Il mio buon proposito è tornare ad essere quella di una volta, ma con un briciolo di esperienza in più che mi salvi dal rifare le scelte sbagliate"? Eh, suona meglio. » il timore più grande è quello che Halley riesca a riprendere davvero in mano le redini della sua vita, che riesca a lasciarsi alle spalle chi non è giusto per lei, salvo poi ricadere vittima dello stesso schema ma con una persona nuova.
    Dietro la sua facciata da prefetta perfetta si nascondono un sacco di diffoltà: prima con se stessa, poi con la sua famiglia, infine con la "pseudo-persona" con cui ha una storia. Per un po' c'è anche riuscita a nascondere tutto sotto al tappeto, fingendo che andasse tutto bene e che non ci fosse alcun motivo di preoccuparsi. La Grifondoro però deve avere dimenticato che i tappeti possono essere volanti: prima o poi esigeranno di non stare più inchiodati a terra, per di più a nascondere un mucchio sempre più grande di segreti e difficoltà; quando lo faranno, non ci sarà nient'altro da fare se non affrontare tutto e tutto insieme. Un gran bel casino, anche per uno della nostra stessa pasta.
    La ascolto senza star troppo a ragionare sul mio coinvolgimento: se ha bisogno d'aiuto è quello che le darò. Un tetto, supporto, perfino denaro. In linea di massima non sono un tipo parsimonioso, ma per gli amici potrei perfino andare alla Gringott e chiedere un prestito - se solo gli elfi ne elargissero a studenti disoccupati. E a proposito di convivenza... "Non ti sei ancora stufato di me?"
    « Stufarmi? Non sono mica un cavolo » ironia, la mia ancora di salvezza. Tutto tronfio, muovo anche le spalle nel camminare al suo fianco, finché non dice con aria seria di dormire nuda e alla costante ricerca di calore umano. Non che la cosa mi sconvolga né mi sorprenda, neanch'io indosso il pigiama ma per una questione di decenza almeno resto in mutande.
    « Ne sarà felice la tua compagna di stanza! Corteggi spudoratamente anche lei o è un privilegio riservato al tuo Dio? Che, a scanso di possibili equivoci per il tuo cuore danneggiato, sono io. »
    Parlando poi di ripensamenti ed occasioni perse, è curiosa di sapere cosa mi sia lasciato sfuggire. Incoraggiante come al solito con gli altri, troppo poco con se stessa, dice una cosa importante: niente è perso se ci credi.
    « Ecco, brava! Vedi che le cose le sai? Allora perché non le metti in pratica? Puoi avere una vita migliore di così, una persona accanto migliore di così! Non migliore di me, quello mai, non esiste al mondo una persona che sia migliore di me. Ma migliore di Harris, beh... non è poi così difficile.
    Comunque, delfina curiosa, io non ho semplicemente perso un'occasione. Ho scelto di non giocarmela perché farei un torto troppo grande all'universo se il tutto poi venisse considerato uno sbaglio. »
    e con questa perla di saggezza, forse troppo profonda per essere presa sul serio detta da uno come me, entriamo nel recinto in apparenza deserto.
    Qui, oltre ad un primo approccio con gli invisibili Thesral ho anche un incontro ravvicinato del quarto tipo con la creatura più dispettosa, irriverente ed aggressiva mai incontrata: una puffola pigmea blu. La stronza mi afferra il naso, lo stringe forte finché Halley non la rimprovera e la tira via. Sono stato abbastanza sicuro di sentire il naso venir via insieme a lei. Invece no: niente sfregi, niente sangue, niente di niente. Il dolore è stato forte e gli occhi si sono riempiti di lacrime.
    « O... potrei ribaltare le carte in tavola ed essere io il suo peggiore incubo! ARGH »
    Ridendo e scherzando il tempo destinato alla mia punizione scorre veloce - anche se non so fino a che punto si possa parlare di "punizione" - e presto Halley ed io facciamo ritorno al castello.



    and that's it!
    conclusa
     
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13 replies since 27/9/2023, 11:13   241 views
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