”Come ti ha cresciuto nostra madre, mmh?” Michael piegò la testa di lato, scrutando il fratello molto attentamente, pronto a rispondere a tono a quello che aveva tutta l’aria di essere un rimprovero in piena regola.
”Cosa ti ha insegnato?” Un cazzo. Non gli aveva insegnato un emerito cazzo. Quello che aveva appreso, quello che era diventato era esclusivamente frutto di un duro lavoro svolto su sé stesso. Né più, né meno. Un giorno, si sarebbe guardato indietro senza essere in debito con nessuno, tantomeno con coloro che avevano reso la sua esistenza un vero e proprio inferno. Ciondolò, alzando le spalle e posando la sigaretta tra le labbra, in attesa dell’ennesimo –nervoso- tiro.
“E a te?” Domandò con apparente indifferenza.
“Cosa ha insegnato?” Poteva davvero andarsene in giro con quell’aria soddisfatta, sapendo che dietro alla sua discutibile educazione vi era un vero e proprio mostro? Dean Harris era riuscito nel suo intento. Aveva trascinato David dalla sua parte, traviandolo e plasmandolo a sua immagine e somiglianza, senza un briciolo di pietà per quello che, all’epoca, non era altro che un bambino bisognoso delle attenzioni dei suoi genitori. Come ogni dannatissimo bambino in quel mondo di merda. Da quel momento, tutto aveva preso una piega così lontana da ogni aspettativa mai sondata. Atroce. Assurdo. Tutto schifosamente ingiusto. Nel suo sguardo vi era un’ombra, qualche cosa di nuovo e mai osservato prima in quegli occhi scuri, così distanti e profondamente compromessi da immagini capaci di mutare l’intera esistenza di un essere umano.
”Credi che mi piaccia sottostare al suo volere?” Non ne poteva essere certo al cento per cento.
Cosa passasse per la testa di quel giovane uomo, per il biondo, non era altro che un grandissimo enigma eppure, da qualche parte, lì dentro, doveva esserci l’anima tormentata di un ragazzo come tanti altri. Dissentì, così interdetto da non riuscire a prendere la parola immediatamente, così da poter dare vita a uno dei loro soliti battibecchi che, nel bene o nel male, li facevano sembrare quello che erano:
fratelli. Un legame di sangue indissolubile e unico. Niente e nessuno avrebbe potuto cambiare la loro ossessione l’uno per l’altro.
”Non ho scelta…” Vi era sempre una scelta. Sempre. Sosteneva il contrario meramente per suo tornaconto o per lavare quella coscienza che, altrimenti, lo avrebbe schiacciato da un momento all’altro.
“Ti sbagli!” Possibile che fosse così ottuso da non prendere in considerazione l’unica possibilità che lo avrebbe sottratto da quella misera esistenza?
“Non sono qui per rinnegare la nostra natura.” Anche perché non avrebbe avuto alcun senso, se non quello di rimpiangere il passato che non sarebbe più tornato. Il presente gli aveva servito il conto e, ora, volente o nolente, avrebbe dovuto pagare errori che non avevano nulla a che fare direttamente con la sua persona. Affari di famiglia, li chiamavano. Merda. Solo ed esclusivamente una montagna di merda da risolvere e possibilmente senza porre troppe domande a riguardo.
“Mi conosci…” Forse più del dovuto.
“Non sono un tipo arrendevole!” Piuttosto testardo ed eccessivamente sicuro di sé, tanto da apparire ricolmo di quella supponenza che a pochi andava a genio. Problemi loro, ovviamente.
“Dopo tutto questo tempo, posso dirti, che sono stanco di averti contro.” Fu davvero difficile dare voce a quel pensiero che, da mesi, si portava appresso. I loro trascorsi non erano stati dei migliori ma ciò non toglieva che, con impegno da parte di entrambi, le cose sarebbero potute –quantomeno- migliorare e forse, un giorno, li avrebbe visti schierati dalla stessa parte della barricata, così come in quella maledetta notte a Londra quando, dopo la battaglia, si erano risvegliati l’uno accanto all’altro, vittime di un sacrificio significativo che, fortunatamente, li aveva tenuti in vita. Le loro personalità, però, non potevano essere più diverse di quello che erano.
“Senza mostrare un briciolo di sentimento. Senza una coscienza.” Come poteva essere possibile non provare nulla nei confronti di nessuno, se non odio ed indifferenza. Spesso si era ritrovato ad idealizzare il fratello come un soggetto incapace di provare qualche cosa di significativo ma, in quella Foresta, l’epilogo aveva rimesso tutto in discussione, gettando dubbi su dubbi in quelle che erano sempre state le sue convinzioni da quattro soldi.
”Non mi ostino, è la mia natura, così come la tua è andare alla costante ricerca d'amore.” Un desiderio di colpirlo dritto in faccia, lo assalì repentinamente ma, facendo leva su tutto il buon senso, si limitò a sospirare davanti alla palese stronzata appena proferita da quello che era il sangue del suo sangue. Un discorso ridotto ai minimi termini, così, su due piedi, senza informazioni che potessero avvalorare la sua sciocca tesi. Sì, ora ne aveva le prove: lo credeva un perfetto idiota e, forse, in parte aveva anche ragione.
“Credi che sia davvero così strano avere bisogno di qualcuno che possa farti sentire vivo, una volta tanto?” o forse…
“Credi che possa renderti debole?” Forse era esattamente quella la motivazione che lo aveva spinto a percorrere la via della perdizione, respingendo coloro che tentavano di scalfire quella corazza che difficilmente si sarebbe piegata. Da un lato, però, comprendeva a pieno una preoccupazione simile, considerato il fatto che –da quando aveva iniziato a conoscere Grace- la sue mente aveva preso ad elaborare stratagemmi utili ad escludere il rischio di trascinare la Grifondoro in quello che sarebbe stato il baratro. No, non poteva permettere che il padre la utilizzasse come pedina contro di lui, solo per raggiungere il suo scopo.
“David. Basta!” La sua pazienza stava per raggiungere quel limite, oltre al quale vi era rabbia allo stato puro che, però, non avrebbe scatenato. Non all’interno di quella dannata scuola. Si divincolò da quello strattone.
“So bene quello che hai dovuto subire.” E pensi che mi abbia fatto piacere? Certo che no, si trattava di suo fratello e l’idea che fosse martoriato da quel figlio di puttana, gli faceva andare il sangue al cervello, nonostante Mike avesse posto in essere una condotta deplorevole nei suoi confronti.
“Aiutami a capire come fermarlo, allora.” Unire le forze sembrava la soluzione più sensata.
“Sai meglio di chiunque altro i suoi punti deboli.” O forse no. Beh, poco importava. Due menti sarebbero state più utili di una solitaria priva di dati oggettivi.
”E non partendo cosa speri di ottenere?” Tempo. Era sempre e solo questione di tempo ma, forse, sarebbe stato meglio assecondare la richiesta del suo vecchio, così da poter testare in prima persona le vere intenzioni di quel mostro. Alzò le spalle, accettando il fatto di non avere alcuna risposta a quel quesito.
“Sono cambiato, fratello!” Ammise.
“Ho lavorato sodo per diventare un essere umano decente!” Non il migliore, ovviamente, ma era pur sempre uno stupido inizio e doveva dire grazie alla Grifondoro che da tempo occupava la sua mente.
“Come ti ho detto non è mia intenzione negare la mia natura ma, stanne certo, farò di tutto per sopprimerla!” E di certo non l’avrebbe utilizzata per arrecare danni a degli sconosciuti, colpevoli di aver incrociato la strada di Dean Harris.
“Gli affari di nostro padre, non mi appartengono!” Poco ma sicuro.
“E non dovrebbero interessare neanche a te!” Esclamò con estrema calma, quasi innaturale.
"Buona morte, ci vediamo all’inferno!” Gli strappò un ghigno. Niente di più facile. Quello era il loro destino condiviso ma, pensandoci bene, l’inferno forse sarebbe stato migliore di quelle circostanze che erano costretti a vivere, giorno dopo giorno, come se non vi fosse via d’uscita se non tragica.
“Il suo scopo non è importante.” Non l’avrebbe raggiunto per quel che lo riguardava. Un gesto amichevole. Una semplice mano sulla spalla a sancire quella tregua inevitabile.
“Davvero non desideri una vita normale?” Gli riusciva davvero difficile credere il contrario ma, forse, la sua illusione sarebbe rimasta tale e alla fine, anche lui, si sarebbe lasciato trasportare dagli eventi, finendo ad essere l’ombra di sé stesso, gettando al vento le sue speranze per un futuro degno di essere vissuto.