”Non sai cosa cazzo sia la sofferenza…” Nel suo sguardo nient’altro che sdegno. Lo percepiva, chiaramente, sulla sua pelle. Pungente e, a tratti, dilaniante. Halley si sentì improvvisamente svuotata di ogni certezza, mentre la sua testa, in totale autonomia, si apprestava a rimettere tutto in discussione, gettando dubbi a destra e a manca in merito alla sua decisione di cadere in quella che poteva definirsi la
tela del ragno. Ci si era messa con le sue stesse mani, mossa da quella fottuta chimica scattata tra i due, inaspettatamente da un giorno all’altro, senza nessun tipo di sintomo in precedenza. Aveva agito d’istinto, accettando
termini e condizioni di un rapporto di mero sesso e null’altro e ora? Perché quella sensazione di disagio le martoriava l’anima? Con una semplice occhiata, David, era stato in grado di farla sentire una
nullità e il cuore della Grifondoro perse un battito, chiedendosi se quel tipo di rapporto fosse il massimo a cui potesse aspirare mai nella vita.
”quindi faresti meglio a chiudere quella cavolo di bocca invece di continuare a dire stronzate.” Di male in peggio. Quella presunzione faceva acqua da tutte le parti. Come poteva avanzare ipotesi sulle sue esperienze se mai, fino a quel dannato momento in quella dannata tenda, si era preoccupato di porle domande di un certo calibro che li avrebbe portati, quanto meno, ad essere consapevoli di chi fossero in realtà. Perché? Perché quella cattiveria riversata gratuitamente sull’unica persona con la quale avrebbe potuto essere sé stesso, senza dare in cambio nulla. Abbassò gli occhi, stanca di combattere contro quel muro di testardaggine e ostilità immotivata. Stanca di essere attaccata per ogni singolo pensiero differente dal suo. Stanca e basta. Non le restava altro che rinunciare a quella parte della sua quotidianità, correre ai ripari e scoprire se fosse in grado di mantenere quella linea di pensiero, senza rischiare di cadere in tentazione per il gusto del piacere fisico.
In risposta a quell’indecisione, David, scoppiò in una risata grottesca, finta ed inquietante. Prevedibile, visto e considerata la natura della domanda precedente, buttata lì, solo ed esclusivamente per cercare di smuovere in lui una reazione.
”No, Vuoi provare comunque provare a far battere il mio cuoricino, nana?” Non vi era nullo di buono in lui, nel suo tono e, soprattutto, nella sua anima. Quale destino lo aspettava? Chi sarebbe stato tanto folle anche solo a pensare di voler condividere la sua vita con lui al suo fianco. Sarebbe rimasto
solo e, da quel che stava assistendo, neanche gli importava. I suoi occhi si spensero, in attesa che quegli attacchi terminassero una buona volta e che si decidesse a lasciarla andare per la sua strada, lontana da lui, verso qualcuno che la apprezzasse per davvero, non solo per le performance mostrate a letto. Dissentì con il capo, determinata a puntualizzare quale fosse realmente il suo pensiero.
“Non ho mai creduto di essere così importante per te!” Forse, così, si sarebbe tranquillizzato, riportando quella relazione sul piano iniziale, caratterizzato dal
nessun coinvolgimento emotivo.
“Puoi stare tranquillo. Non è mia intenzione irrompere in quell’altro nero che hai al posto del cuore.” La sua espressione mutò, lasciando trapelare un velo di preoccupazione appena percettibile ma non necessariamente comprensibile. Si sistemò i costume, in ordine, ponendo una specie di barriera che sarebbe servita ad evidenziare il rifiuto anche di quella parte che, solitamente, dava soddisfazioni ad entrambi. Faticava a credere che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui si sarebbero incontrati ma, fino a prova contraria, non ci avrebbe messo la mano sul fuoco vista la grande attrazione che li aveva spinti a tanto, fin dal loro primo incontro.
Ancora scossa dalla sua visione, Halley, rimase inerme, in balia ad emozioni così forti da non riuscire neanche da spiaccicare parola. Quando l’effetto svanì, però, un impulso dettato dal suo cervello la intimò a sottolineare l’ovvio che aveva percepito nell’espressione di David, proiettata in quelle immagini tremende alle quali aveva, involontariamente, assistito. Sentiva di essersi addentrata in qualche cosa che non la riguardava direttamente. Un labirinto intricato di perversioni delle quali aveva avuto un assaggio. Senza pensarci, quindi, si lasciò sfuggire un’opinione non richiesta e recepita nel peggiore dei modi. Come fosse la goccia che fece traboccare quel vaso ricolmo sino all’orlo di una rabbia cieca, David ricevette il colpo di grazia. Emise un rumore gutturale, profondo che Halley non riuscì a riconoscere ed, in pochi istanti, sentì le mani del ragazzo afferrarle il collo, stringendolo con forza bruta. Gli occhi della mora si sbarrarono, in assenza di ossigeno.
Lo guardava implorante mentre una lacrima le rigava il viso, giungendole poi alle labbra.
Perché? Si meritava quel trattamento? Ovviamente no. O forse un po’, dopo le raccomandazioni di chiunque avesse un po’ di sale in zucca. Così come aveva preso quell’insana iniziativa, il maggiore degli Harris, lasciò la presa, scossò da un brivido di consapevolezza di quel che stava mettendo in atto. Si passò le mani tra i capelli mentre, in preda al panico, si guardava intorno come disorientato.
”Cazzo, cazzo, CAZZO!” Afferrò la sua bacchetta e la puntò contro la ragazza, lì, immobile, attonita e pervasa da una paura folle che impediva al suo cervello di impartire l’ordine ai muscoli di muoversi. Zero.
”Ferula.” Intorno alla porzione di pelle lesionata, comparve un’improvvisata fasciatura che, così com’era, non sarebbe servita proprio a nulla.
”Devi metterci qualcosa sopra.” Riuscì a voltarsi, lentamente, svelando quel pallore che aveva decolorato il suo normale aspetto. I suoi occhi gonfi di lacrime non tardarono a scoppiare. Per la prima volta in vita sua aveva provato un
terrore smisurato, impossibile anche da descrivere o raccontare. No. Non le importava delle ferite esterne, quelle sarebbero guarite con un po’ di ingegno ma quel comportamento le aveva un tipo di lacerazioni per le quali non esisteva rimedio se non il
perdono e, per quello, non era di certo pronta.
”La bacchetta non te la do ma sì, sediamoci.” Diceva sul serio? Tutto nella norma, come se nulla fosse successo.
“David…” Il tono appariva appena udibile, un flebile sussurro tremante.
“Perché?” Domandò con un’estrema difficoltà, data dalla voce rotta dai singhiozzi che tentava in tutti i modi di soffocare, per non apparire patetica più di quel che aveva già largamente mostrato, piangendo.
“Perché?" Ripeté, alzando il volume di un tono.
“Ora sono io ad aver paura di te!” Era l’esatta copia del David che l’aveva aggredita, senza alcuna pietà, durante la notte di Halloween, la stessa che aveva dato inizio al loro incomprensibile rapporto.
“Non farmi del male.” Neanche gliel’avrebbe permesso, certo, ma la sua fisicità avrebbe, comunque, avuto la meglio. Si portò le mani all’altezza della gola e sfiorò quella medicazione, slacciandola quel tanto che bastava per scoprire i lividi dolenti al tocco e stringendosi nell’asciugamano, si accoccolò per sentire quel calore umano di cui aveva bisogno in quel momento. Nessuna a parola sarebbe servita, solo la presenza di qualcuno che fosse in grado di comprendere il suo dolore.
“Dammi la bacchetta.” L’ultimo avvertimento, in seguito se ne sarebbe uscita a costo di strappare con le sue mani quel tessuto di cui era composta la tenda.
“Lasciami andare.” E se fosse successo un’altra volta? E se non fosse più stato in grado di misurare la sua forza, arrivando fino in fondo.
“Ti prego.” L’insicurezza della Grifondoro non faceva altro che accentuare il suo timore di essere colpita un’altra volta. Si tenne a debita distanza, osservandolo con sguardo vacuo, approfittandone del suo momento di lucidità.
Perché, David?