Fuoco e zanne

Axel

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    4 gennaio 2023

    Siamo nella stagione alta, o meglio, la stagione alta della neve. In alcuni tratti camminare diventa quasi difficoltoso, soprattutto in quelli in cui la strada è irregolare e crea dei fossi in cui la neve si va ad accumulare per bene. E siamo ancora a gennaio, ne passerà di tempo prima che si sciolga e le strade siano di nuovo facilmente praticabili. Il problema non è neanch eil freddo, a quello ci pensa l'elementarismo che, a giorni alterni, mi fa sentire come una donna in menopausa. Ma qua ad Hogsmeade come funziona, non passa nessuno pseudo spazzaneve magico? Comunque per fortuna non sono uscita per farmi una passeggiatina, sono uscita per andarmi a bere qualcosa alla Testa di Porco che, lo devo ammettere, un po' mi era mancato. Il locale sgangherato e a volte neanche troppo profumato è diventato un simbolo di questo villaggio per me, il mio piccolo rifugio per i momenti in cui voglio prendermi una pausa dal castello.
    Certo che sono un po' ridicola a pensare di aver bisogno di una pausa da Hogwarts quando ci sono tornata da qualche giorno... però ok, diciamoci, la verità, la pausa è una scusa. Ho solo voglia di una birra.
    Ed il fatto che non riesca totalmente a rilassarmi, mi urta: sono seduta da circa una ventina di minuti ad uno dei tavoli poggiati alla parete, che sono da sempre i miei posti preferiti. Ho ordinato quello che ormai posso definire "il solito", una birra rossa che non è fra le più buone bevute ma che resta comunque una consolazione. I presupposti perchè i mi rilassi ci sono eppure mi ritrovo a fissare le piccole bollicine del liquido color mogano un po' come se fossi sotto effetto di ipnosi. Seguo una goccioliona con il dito mentre sale su verso la superficie e in mente ho la lettera di auguri di mio padre; non si è mai arreso, neanche un istante, neanche durante queste feste e puntuale come sempre ci ha tenuto a ricordarmi che mi pensa. Questa volta gli ho risposto. Dopo tanta carta accumulata, gli ho risposto. Mi sono sprecata, ho inserito un "sto bene", un "sono dal nonno" e ho concluso con un "buon Natale e Buon Anno" perchè così avevo già risolto per gli auguri dell'anno nuovo. Poche parole, ma lui sa che è già tanto il fatto stesso di aver ricevuto risposta. Sono cambiate un po' di cose, forse... ho persino chiuso il periodo dell'erba, quella roba non mi faceva davvero così bene.
    “Bah” sospiro piegando gli angoli della bocca all'ingiù come se stessi autorispondendo, solo che l'ho fatto a voce alta. Ma non abbastanza perchè qualcuno mi abbia sentito, credo "quindi sei sicura vero che non vuoi un'altra birra" è il solito disturbatore da bar, l'ho notato, punta una ragazza sola e le chiede se vuole bere di più. Lo fa sempre "sono molto sicura, no grazie" gli sorrido sarcastica, in fondo è innocuo: ogni tanto si gira e ripete la domanda. Insomma, ci prova, magari finalmente qualcuna gli dirà di sì attratta dall'alcol gratis. Comunque se non mi avesse chiamata per tipo la terza volta, non avrei scollato gli occhi dalla mia birra e se non avessi alzato gli occhi dalla mia birra, non avrei notato una faccia familiare qualche tavolo più in là. La mia testa fa un tilt verso destra, sguardo sorpreso e ritorno alla realtà "chi non muore si rivede!" che poi da quanto è lì? Ero così tanto concentrata a farmi i fatti miei che non l'ho notato manco per sbaglio? "Ok che il castello è grande, ma così mi pare troppo" sto esagerando, ho rivisto Axel un paio di altre volte prima delle vacanze, sempre i soliti incontri sporadici. Nessuno dei due è tipo da dirsi "ci vediamo lì alle ore tot", mi farebbe anche strano se dovessi dargli appuntamento. Però fra vacanze e tutto il resto, effettivamente è come non incontrarsi da un po'. Mi allungo sul tavolo; ad un'occhiata più attenta non mi sembra di ottimo umore ma magari è solo un'impressione mia "in effetti non dovrei stupirmi, incontrati qui non è così strano".



     
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    Axel
    Quanto gli giravano i coglioni. A pallettoni o come le eliche di un aeroplano. Dio, pensava, avrebbe potuto prendere il volo talmente gli giravano di prepotenza ma la vera domanda era: perché gli giravano i coglioni o, più precisamente, qual era il motivo del suo malumore questa volta? Di fatto il bulgaro era di pessimo umore un buon ottanta percento della sua esistenza e nello specifico bastava davvero molto poco perché una luna dritta si guastasse capovolgendosi irrimediabilmente nel giro di poco. Bastava appunto quella, banalmente, a guastargli per estensione l’intera esistenza. C’era da dire che il periodo non era poi congeniale, infatti, la luna del mese si sarebbe tenuta nel giro di quarantotto ore scarse ed i nervi del ragazzo erano per questo motivo fisiologicamente a fior di pelle. Sarebbe bastata un’occhiata storta per farlo scattare e, consapevole di ciò, il giovane si era isolato come faceva solitamente in prossimità del plenilunio. Una misura difensiva nei confronti del prossimo e ancor di più della sua fedina penale magica e non. C’era poi un allineamento particolare degli astri che vedeva il mannaro al centro di una sequenza di sfortune che andavano colpendolo una dietro l’altra senza sosta da quando... beh da quando aveva conosciuto la Métis, c’era poco da fare i conti o raccontarsi favole a giustificare la realtà e anzi nel momento in cui le cose tra loro erano cambiate – chi direbbe in meglio – si poteva dire fossero addirittura peggiorate. La morale era che Skylee gli aveva fottuto la vita, in tutti i sensi. Se prima, quando non la tollerava, senza la minima remora avrebbe potuto prendere e mollarla col suo merdone adesso non avrebbe potuto nemmeno lontanamente pensare ad una cosa del genere. Si sarebbe gettato nel fuoco se questo avrebbe voluto dire salvarla. Si sarebbe preso le pugnalate, fatto da scudo e l’avrebbe difesa contro chiunque e questo cambiamento lo metteva ancora di più nei casini con sua madre, con Ethan e beh col suo futuro... non aveva idea di come si chiamasse l’equivalente del nonno di una moglie. Moglie, un nuovo brivido gli attraversò la schiena mentre restio mandava giù l’ennesimo boccale di birra che Jack, il proprietario della Testa di Porco, gli aveva servito. «Il giorno in cui non ti vedrò col cazzo storto sarà quello in cui vincerò alla lotteria dei maghi», sentenziò l’uomo sbattendogli un nuovo boccale ricolmo del liquido ambrato. Axel lo osservò torvo. «Se vuoi te lo do io il montepremi, basta che non mi rompi il cazzo!» L’uomo arrestò un attimo il movimento rotatorio dello straccio sudicio all’interno del bicchiere che stava strofinando e soppesò la figura del bulgaro per qualche istante. «Se come no!» Decise alla fine lasciandosi ingannare dai vestiti logori e di dubbio gusto che indossava il ragazzo. Come al solito l’apparenza ben celava il suo di colpo rimpinguato patrimonio da duca del distretto bulgaro di Burgas. «Quindi sei sicura vero che non vuoi un'altra birra?!» Il tonò ubriaco e stentore di Philip detto Phil-il-lercio arrivò distintamente alle orecchie del lupo che, con un sorriso da parte a parte, si voltò a guardare chi fosse la vittima delle sue attenzioni, non prima d’aver scambiato un’occhiata eloquente col barista. Scivolando sullo sgabello, il boccale stretto nella presa, rotò sul posto voltandosi in direzione dei pacati, solo da parte della fortunata vincitrice, schiamazzi e... guarda guarda Kynthia Lloyd. Era decisamente un botto che non parlava con la Grifondoro che poteva considerare un’amica, no spè too much, una conoscente piacevole lì al castello con cui intrattenersi e non per passare il tempo nel modo preferito dal mannaro. Cioè aveva provato con lei ma a quanto pareva la moretta sembrava immune al suo fascino magnetico riuscendo perfino a smontare le avance che le aveva fatto. Fastidioso certo ma aveva quel twist che in qualche modo era riuscito a conquistare la corazza del bulgaro.
    «Chi non muore si rivede! Ok che il castello è grande, ma così mi pare troppo», lo apostrofò accorgendosi dello sguardo che le teneva addosso. Lentamente, mesto, Axel si alzò dallo sgabello al bancone e con alcuni passi decisi si avvicinò a Phil piantandogli la sua grossa mano sulla spalla che lo costrinse a piantare il sedere sul primo appiglio. «Mi spiace amico, ha scelto lei», sentenziò tirandogli altre due pacche nemmeno troppo delicate che lo scossero come un cencio piegandolo ulteriormente sulla schiena curva. Che poi, era cresciuto lui – ancora – o era la schiena del vecchio ad essersi curvata col peso della vita? Prese posto infilandosi all’interno del tavolo lasciando che il boccale scorresse lungo il legno mentre con un tonfo poggiava storto la schiena al muro. «Jack non lo ammetterà mai ma ormai la roba gliela finanzio io», replicò con un ghigno facendo cenno all’uomo dietro il banco. «E tu Lloyd qual buon vento ti porta in questa catapecchia? Ti facevo tipa da salottino della Piediburro», ghignò ancora sfottendola. La Grifondoro aveva tutto fuorché l’aspetto di una fighettina da sala da thè. «Che mi racconti, mh?» Le abbaiò a mo’ di pretesa quasi le stesse ordinando di intrattenerlo.
     
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    Grifondoro
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    Avrei potuto fare incontri più sfortunati, invece tutto sommato mi è finita bene. Axel è uno dei pochi serpeverde con cui, stranamente, vado d'accordo. Sembra quasi che gli appartenenti alla casa dei figli di Salazar si vogliano davvero impegnare per mentenere viva la competizione che intercorre fra la loro e la mia casa, come se fosse una vecchia tradizione. Eppure con Axel abbiamo raggiunto un equilibrio, sarà forse perchè ci accomuna una specie di tacito accordo che prevede il non romperci le palle a vicenda e finchè dura, è un patto ottimo. Con il tempo mi sono abituata ad averlo intorno, fino a quando non mi sono ritrovata persino a ballarci insieme ad uno dei tanti, numerosi balli proposti da Hogwarts. Potrei darmi una pacca sulla spalla per essere stata capace di abituarmi alla presenza di un altro essere umano all'interno del mio ristrettissimo spazio vitale. Che stia davvero facendo progressi? Che cazzo, per forza, anche solo fosse per la numerosa camerata in cui mi trovo. Magari loro neanche ci fanno troppo caso, eppure sono diventata più tollerante anche quando si tratta di vedere le mie cose addosso a qualcun altro.
    Dunque eccolo il serpeverde che alza il culo e porta sia il suo boccale che il suo musone al mio tavolo, occupandosi anche di farmi un bell'assist con Phil nel frattempo. Faccio spallucce all'uomo con la gobba, un Leopardi che non ci ha creduto abbastanza. Diciamo pure che la schiena ricurva può l'unica cosa che accomuna quel viscidone al famoso poeta italiano. A momenti non sobbalzo pure io quando Axel si lascia cadere sulla sedia come un sacco di patate, sembra più ingombrante del solito “il tuo alcolismo è la sua fortuna” pure io rivolgo lo sguardo verso Jack, che credo ormai si sia abituato anche alla mia di presenza “dovrebbe prendere in considerazione l'idea di fare una carta fedeltà per i clienti più stretti” chiamasi business, e io avrei già fatto abbastanza punti per una birra gratis.
    “Sì eh?” assecondo il gioco raddrizzando la schiena e migliorando la postura come se fossero cose a cui faccio caso “volevo fare l'umile e vedere come si sta fra i plebei” salvo poi tornare a rilassare spalle e tutto il resto, prendo anche una bella sorsata di birra a che ci sono. Poi sollevo gli occhi, solo quelli, mentre il resto della testa rimane semi abbassata sul boccale di birra. Che gli racconto? Un favola, che altro gli devo raccontare. La mia vita in questo momento è a metà fra la stasi più totale è il panico generale: sono in una di quelle fasi di transizione in cui tutto accade così lentamente che non capisci nemmeno se qualcosa si sta muovendo oppure no. Da un lato non mi sembra di essere allo stesso punto di una settimana fa, mi sembra di essere lontana anni luce da, magari, qualche mese fa. Eppure allo stesso tempo è come se nulla fosse davvero cambiato, a partire dallo stato emotivo continuamente nervoso. Anzi, ecco, sono solo diventata più distratta. Però ci sto provando a concentrarmi su qualcosa, tipo il quidditch, uno sport per cui non si può dire che abbia una vera passione al contrario id Hally magari ma che finchè mi fa stare a cavallo di una scopa e mi distrae, allora è perfetto per la causa. Che poi, a proposito di quidditch “sto riprendendo con i soliti ritmi del castello, e a tal proposito...” faccio scivolare il boccale sulla destra, in modo da avere visuale libera su Axel “tra poco di riprende anche col quidditch. Mi ha sorpreso sapere che eri in squadra, ti facevo più tipo da...” inizio a muovere le mani, come se quel gesto mi aiutasse a trovare l'attività giusta “da gara di lancio dei coltelli” e il palmo aperto della sinistra, si schianta contro la superficie in legno quando trovo lo quello che cercavo, con faccia soddisfatta tra l'altro. "Ammetto di essere curiosa di scoprire se in partita i serpeverde sono così sleali come si vocifera" che poi io non do un vero peso a quella diceria, si deduce anche dal tono di voce leggero con cui lo dico. Però boh, non si può negare che durante le loro partite l'arbitro sprechi sempre una parola in più per loro...
    Quidditch e slealtà, ecco l'argomento da birra che cercavo. Nulla di troppo impegnativo insomma.



     
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    Axel
    «Puoi dirlo forte», sentenziò alla volta della Grifondoro e della sua affermazione. Cazzo se lo manteneva davvero quel posto. Si poteva dire che Axel fosse lì praticamente tutti i fine settimana. Al pomeriggio, post allenamenti di routine per mantenere la forma fisica e, cosa più importante, scaricare la tensione che andava cumulandosi nel budget sopportazione consentito dal lupo, prendeva, usciva dai confini di Hogwarts quel tanto che bastava per riuscire a smaterializzarsi e si teletrasportava, letteralmente, fuori dall’ingresso del pub, la mano già poggiata sulla logora porta di legno segnata dagli anni dalla quale Jack, il proprietario, lo accoglieva con battute più o meno discutibili in base al suo umore anch’esso ballerino. Si poteva dire che i due caratterialmente fossero le facce identiche della stessa medaglia: burbero e scontroso uno quanto sarcastico e indisponente l’altro. Una amabile accoppiata. «Un? Sono tipo sconti? In quel caso io ci sto», replicò accompagnando quelle parole con l’indice proteso. Voltò quindi il capo verso il bancone trovando Jack che lo osservava mentre, al solito, asciugava manualmente l’ennesimo boccale da (burro)birra. Allargò un sorriso dei suoi in direzione dell’uomo che sollevò gli occhi al cielo borbottando qualche improperio mentre si voltava a fare dell’altro. Axel era sicuro che alla prima buona occasione gli avrebbe fatto la ramanzina predicando in merito al fatto che stesse tornando come ai vecchi tempi all’arte del rimorchio, che l’ultima volta con la moretta stramba era stato a tanto così da lanciarla nel camino eccetera eccetera... Jack doveva calmarsi e respirare di più o gli sarebbero scoppiate le coronarie senza contare che, rispetto ai vecchi tempi di cui parlava, non aveva più toccato altra ragazza al di fuori della bionda Corvonero. Toccato, non guardato, fortunatamente gli occhi ancora funzionavano al mannaro e quegli occhi ora si beavano – ancora una volta – dello scollo generoso, rispetto alla camicia appuntata della divisa scolastica, della maglietta della Grifondoro. «Da?» Era sempre curioso di sentire le descrizioni più disparate della sua persona. «Faccio anche quello. Qui, tra l’altro, ed il mio record deve ancora essere battuto per la cronaca» si vantò, magari se la Grifondoro glielo avesse chiesto le avrebbe dato anche una pratica dimostrazione afferrando un coltello dal primo tavolo che ne disponesse uno per lanciarlo contro il bersaglio senza nemmeno guardarlo. La mira del mannaro aveva qualcosa di incredibile grazie ai sensi più sviluppati che la sua natura gli concedeva. Un vista dettagliata, una percezione dell’ambiente a circondarlo più sensibile alla minima alterazione e, alla base, una formazione di anni in tal senso data dal padre, dal padrino che lo aveva cresciuto ed infine dalla scuola nordica. «Vuoi vedere?» Le strizzò l’occhio facendo cenno d’alzarsi, qualcosa gli diceva che Kynthia forse non avrebbe apprezzato quel genere di attenzioni come nemmeno fosse interessata a quello spettacolino. «E proprio per la mia mira sono in squadra. Quell’idiota che c’è a Corvonero nemmeno vedrà arrivare le mie pluffe», sicuro di sé al limite dell’impossibile pregustandosi l’imminente partita che si sarebbe tenuta in febbraio. In quell’occasione avrebbe gareggiato contro Skylee il cui ruolo la metteva nella posizione di doverlo attaccare lanciandogli contro i peggiori bolidi. Era certo al mille percento che la bionda non si sarebbe risparmiata, anzi, al primo colpo messo dentro l’anello gli avrebbe come minimo indirizzato tutti i bolidi, sul campo qualsiasi cosa ci fosse tra i due veniva completamente meno con la competitività della caposcuola. «Oh vedrai quando sarà ora che stracceremo i corvi. O forse non lo vedrete proprio... vincere ai rigori Lloyd. Che botta di culo!» Ghignò brevemente prima di riprendere. «Ah, a proposito, spiegami. Come ti è venuta quella roba alla fine? Te l’ha detto la Wheeler?» La Wheeler, n’altra de bona, Axel aveva provato a corteggiarla col file d’infilarsi sotto le lenzuola con la bella Grifondoro dagli occhi verdi ma lei, dopo il teatrino messo su dai cocktail drogati, aveva scelto di rifugiarsi nella codardia per evitare il Serpeverde che, nei suoi confronti, era stato impeccabile. Il bulgaro ancora non mandava giù quella faccenda esattamente come ci si aspettava da un rancoroso di prim’ordine come lo era lui. «Ceh... davvero Lloyd», rideva, «che cazzo era quella merda di tiro? Pure una lumaca sarebbe riuscita a prendere quella roba», e non erano finite le provocazioni, «cazzo sei un cercatore, dovresti vederci bene... avevi la scopa annodata o l’altra aveva il più bel culo della storia? Cazzo hai guardato solo che quello», che poi per come erano bardati per stare in quota con quel freddo a stento si vedevano in faccia; fortunatamente sul retro delle divise erano scritti i cognomi e numeri e se la mora gli avesse confermato la bontà di quel culo Axel sarebbe sicuramente andato alla ricerca di quella Saint-Clement per accertarsene personalmente da estimatore qual era dei lati B.

    Viole N. Halò
     
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    La mia testa fa un tilt stranito verso destra, dura mezzo secondo, il tempo che mi ci vuole per realizzare che fra me e lui il vero principino in realtà, è proprio Axel “allora sei proprio ignorante quando si tratta di roba babbana” me la rido un po', che in realtà è anche una cosa normale per chi ha vissuto tutta la vita a contatto con la magia. Per me non è stato così, e anzi, la magia è stata la grande nemica per molto tempo. Fino a quando non ci ho più o meno fatto pace, lo definirei ancora un rapporto complicato ma... ci stiamo lavorando
    “però ci hai preso, sconti per i clienti più fedeli. Mi pare un giusto compromesso” questi due in qualche modo se la intendono, magari è la passione per l'alcol o forse è l'abitudine. Persino per me questo posto è diventato familiare, queste pareti, il calore e anche gli odori misti che si propagano nello spazio. Sono sempre gli stessi, quelli di un menù probabilmente invariato da anni, ma in qualche strano modo è rassicurante sapere che alcune cose non cambiano mai. Dall'altra parte invece è un incubo chiamato monotonia.
    “Certo” ecco qua “potevo effettivamente aspettarmelo” quantomeno ci ho azzeccato, la faccia da lanciatore di coltelli l'ha sul serio. E via al petto che si gonfia e alle informazioni non richieste su quanto sia bravo ed infallibile, sui record e io annuisco mettendo su una faccia che ostenta falso interesse. Infatti quando arriva l'offerta di una dimostrazione, ne approfitto subito per portarmi la mano al petto per un effetto ancora più drammatico “oh, ma certo!” ecco la voce farsi un po' più acuta “temevo che non me lo avresti mai chiesto!” per aggiungere una nota finale di redibilità mi alzo lentamente in compagnia del mio boccale, sorseggio la mia birra che tra l'altro sta anche finendo. Troppo velocemente aggiungerei, questo boccale deve avere il fondo bucato. Insomma, fondamentalmente non sono quel genere di persona che si fa impressionare da qualche trucchetto con i coltelli, te scalpita per assistere ad incredibili dimostrazioni di talento. Soprattutto se queste sono accompagnate da parole tipo quelle che sta usando Axel in questo momento, con un ego che buca la ionosfera. Però dai, è divertente sentirlo parlare tutto sommato “vedremo allora” rispondo un po' con l'aria di chi sta effettivamente una sfida, anche se silenziosa. Anche il mio sguardo sembra suggerirlo, così, un po' di sottecchi, mentre mi poggio ad un lato del tavolo in legno.
    “Quantomeno abbiamo vinto” che scema, avrei dovuto prevedere che il mio spunto avrebbe irrimediabilmente portato a parlare della partita che, ad oggi, continuo a vedere come un fallimento. Sì, mi brucia il culo, ok? “Halley ci ha suggerito di provarle tutte. L'ho presa in parola” faccio spallucce fingendo indifferenza. E mi sembra anche di riuscirci. Ok, fino a qua reggo il colpo. Quando però il bulgaro inizia a ricordarmi quanto effettivamente sia stato moscio e sciatto quel tiro di merda, inizia ad essere un pelo più difficile per me ignorare la cosa. Ho sempre avuto l'enorme, immenso difetto di cedere alle provocazioni. Stendo il collo verso destra come a voler sciogliere la tensione. Poi arriccio le labbra in una specie di sorriso che lascia intravedere vaffanculo non detti. Socchiudo gli occhi e li riapro sul viso del serpeverde mentre la mia espressione inizia lentamente a mutare in quella di una persona alquanto infastidita “finito con l'analisi non richiesta?” magari non si sfoga da un po', magari si è solo svegliato con le palle girate o con una voglia particolare di farle girare agli altri, ma io oggi non sono granchè in vena “in qualunque modo fosse il suo culo, non sarà di certo più bello di quella di una certa corvonero” quindi decido di mirare all'orgoglio da maschio alpha a cui sembra tenere tanto “deve avere una forma magnifica per spingerti a seguirla fin fuori da un tendone. L'hanno visto tutti, è stata una mossa inaspettata. Attenzione, non vorrei che iniziasse a girare la voce che Dragonov ha il guinzaglio” termino con l'accenno di un sorrisetto. Era solo un esempio, persino io che nella vita miro a farmi i fatti miei ci ho fatto caso: quei due sono decisamente più vicini di quello che magari vorrebbero far credere. E non è mi abitudine ficcare il naso in questione del genere, specie quando sono così stupide. Ma non poteva davvero aspettarsi che non rispondessi, è abbastanza grande e grosso da sopportare qualche commento in più “ora voglio una sigaretta, cazzo” e io che mi stavo pure limitando. Lascio i soldi sul tavolo, prendo il cappotto e supero Axel con un'ultima occhiata colma di fastidio. Ma in fondo anche con un po' di sarcasmo. Ho voluto giocare un po' con la sua pazienza, tanto tra poco gli passa e magari si viene a fumare una sigaretta pure lui. Amici come prima.


     
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    Axel
    Glielo stava giustappunto spiegando alla Lloyd del suo talento con i coltelli o, per estensione, con tutto ciò che implicasse avere un’eccellente mira. Axel aveva tanti difetti a livello caratteriale: era burbero, tendenzialmente scontroso e spigoloso ma a livello prettamente fisico, da un punto di vista superficiale o pratico, si poteva dire che compensasse con la prestanza. Alto, in quanto poteva oramai vantare un’altezza che di pochi centimetri non toccava i due metri, e muscoloso; il mannaro era letteralmente un armadio che era stato addestrato dai suoi diversi precettori – suo padre, Ethan e la scuola del nord – con un sistema paramilitare basato sul successo pena la propria vita. Dalla sua però il Dragonov, oltre ai poteri gentilmente concessi dalla maledizione, aveva anche una naturale inclinazione a tutto ciò che rasentasse la sfera fisica. Mira, forza, velocità, erano tutti aspetti nella quale il bulgaro eccelleva senza il minimo sforzo per questo senza troppe difficoltà aveva sbaragliato le selezioni per entrare nella squadra di quidditch di Serpeverde: non c’era pluffa che non entrasse negli anelli, anche perché – a volte – la stessa forza che ci metteva spingeva il portiere all’interno dei cerchi metallici. Ma la Grifondoro lo aveva proprio sfidato nel suo territorio e lui, ego riferito com’era, non avrebbe mai potuto tirarsi indietro ad una dimostrazione per giunta richiesta. Dalla tasca sfilò il coltello, quello regalatogli da suo padre e che per lungo tempo aveva creduto perso – in realtà in possesso della Métis, storia lunga quella – e lo poggiò sul tavolo, sfilò anche la bacchetta dalla manica della camicia e la posò, accanto a sé, sul banco di legno. Le sue sopracciglia ebbero uno scatto mentre sottolineava quel gesto alla Lloyd: nessun trucco, nessun inganno, puro talento il suo. Sollevò la mano andandola a posizionare al di sopra del tovagliolo contenente le posate e, ostentando indecisione, roteò il polso al di sopra di esso. Forchetta o coltello? «Preferenze?» Le chiese con una certa dose di presunzione come se per lui facesse davvero poca importanza lo strumento poiché, a prescindere, sarebbe andato a segno. Senza attendere la risposta della ragazza o al più ignorandola, optò per la forchetta che dapprima le mostrò finendo per stringerla in punta unicamente con le dita della dominante. «E vediamo», scandì lasciando che le labbra si piegassero in un ghigno soddisfatto mentre la ragazza s’alzava – forse interessata? – per prendere posto al lato del tavolo, facendosi più vicina. Molto più vicina. Seduto dov’era Axel ebbe modo di eseguire una panoramica del totale splendore rappresentato dalla Grifondoro non potendo fare a meno di dedicare qualche secondo d’apprezzamento in più alle belle cosce sode fasciate in quei jeans stretti. Sollevò lentamente lo sguardo continuando a bearsi della sua figura mentre sulle labbra si disegnava una linea sghemba d’apprezzamento. Quanto se la sarebbe fatta. Ogni curva della Grifondoro sembrava essere stata disegnata per mandare un uomo in estasi e si dava al caso che il bulgaro non fosse un uomo qualunque. Era un lupo mannaro ed in quanto tale il richiamo della carne, del sesso, dell’attrazione erano per lui come il canto di una sirena. Batté il manico della forchetta sulla coscia della ragazza, voltò lo sguardo verso il bersaglio – calcolando mentalmente la dose di forza e la traiettoria – e poi, tornando al volto della Lloyd, sollevandosi e sporgendosi di un poco vicino alla ragazza, sferrò il colpo. Centro. Spaccone. «Ti basta?» Come motivazione al perché sono in squadra? Un ulteriore tilt delle sopracciglia prima di ricadere nuovamente sulla sedia e partire con una disamina assolutamente non richiesta della sua prestazione durante la partita di campionato. «Piuttosto imbarazzante», concluse dopo la sbottata di lei come se non avesse già infierito a sufficienza sulla mora. Axel si sistemò sulla panca sollevando le braccia muscolose per ripiegarle intrecciando le dita dietro la nuca, l’espressione della soddisfazione fatta a persona. Soddisfazione che sarebbe durata molto poco in quanto la Grifondoro non sarebbe rimasta di certo a subire quella valanga di provocazioni.
    «In qualunque modo fosse il suo culo, non sarà di certo più bello di quella di una certa Corvonero!» Vero, il culo della sua Skylee rimaneva la sua opera d’arte preferita. «Deve avere una forma magnifica per spingerti a seguirla fin fuori da un tendone. L'hanno visto tutti, è stata una mossa inaspettata.» Da pacificamente soddisfatta l’espressione sul volto del bulgaro comincia a corrucciarsi mentre assottiglia lo sguardo che restituisce alla mora. E quindi? A lui non era mai particolarmente fregato del parere del prossimo quando decideva di compiere un gesto, o meglio, guardava al suo tornaconto e si dava il caso che Skylee rappresentasse un suo vivo interesse. «Non vorrei che iniziasse a girare la voce che Dragonov ha il guinzaglio!» Oh, questo non doveva dirlo. La sua collera ci mette un attimo a salire, colpito nell’ego, nel suo ego più profondo di maschio – alfa – che non prende ordini da nessuno. Ci mette quel tanto da permettere a Kynthia di borbottare qualcosa, che non comprende – perché non la sta ascoltando – prima di vederla sfilare fuori dal locale. Che fa batte in ritirata? Eh no, col cazzo. Scatta in piedi in un rumore di legno che striscia sul pavimento e stoviglie che tintinnano dallo sbalzo brusco e senza degnare di uno sguardo nessuno, tantomeno Jack che lo osserva scuotendo la testa immaginandosi chissà quale scenario, esce fuori al gelo del principio di gennaio. «Che cazzo hai detto?!» La mano destra va ad arpionare il polso della Grifondoro costringendola a voltarsi contro la sua volontà prima di spingerla, complice la sua stazza, contro la parete della locanda di fatto inchiodandola. «Chi è che dovrebbe avere il guinzaglio Lloyd?» La sua mano sinistra è aperta contro la parete proprio accanto alla sua guancia a chiuderle ogni via di fuga. Tutta la sua posa è reclinata a modo che il volto del bulgaro sia di poco più in alto rispetto al suo ma sicuramente molto, troppo, vicino.


    Edited by yourgrace. - 20/2/2023, 09:20
     
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    Massì, lasciamo pure che Dragonov faccia il suo spettacolino. Dalle nostre chiacchierate casuali - ma anche dalle sue espressioni - è facile intuire quanto l'ego del serpeverde sia sproporzionato rispetto alla sua figura. Cioè, è impostato, non ha di certo una fisicità da rachitico, ma la quantità di ego è così abnorme da non poter essere contenuta neanche dal suo stesso corpo. Allora mi alzo per potermi concedere una visuale migliore della performance notando anche, nel mentre, uno sguardo da parte sua più lascivo del solito. Non sottolineo troppo la cosa, se non fosse che non riesco a contenere il movimento delle mie sopracciglia che si sollevano al ritmo di un "e quando mai" soltanto pensato. Vabbè non è qualcosa a cui dò importanza finchè si limita a rispettare i miei spazi.
    Incrocio comodamente le gambe ad altezza caviglia enfatizzando un'espressione sorpresa dalla sua infinita onestà mentre, alzandosi dalla sedia, abbandona la bacchetta sul tavolo. Ad ogni modo i miei commenti sul gesto vengono brutalmente scalzati da un'improvvisa realizzazione: ma quanto cazzo è alto? Non era così alto l'ultima volta che ci siamo visti . Il periodo della pubertà non dovrebbe essere finito da un pezzo? “sì però scendi dallo sgabello” e guardo in direzione dei suoi piedi alla ricerca, appunto, dello sgabello da me nominato che ovviamente non c'è. Mah.
    “Forchetta” ovviamente, il coltello sarebbe stata una scelta troppo banale. Senza battere ciglio nè diminuire minimamente il suo livello di spacconaggine, afferra l'oggetto e lo scaglia proprio verso il centro posto davanti a lui, attirando l'attenzione di un paio di commensali seduti ai loro tavoli. 'sti scemi non fanno che gonfiargli il petto emettendo suoni stupiti mentre io, che devo sempre smorzare l'entusiasmo, prendo ad applaudire lentamente a ritmo di "ma. Che. Bravo.” poi me la rido. In realtà bravo lo è davvero, cazzo, se ha la stessa mira sul campo da Quidditch, sarà una bella gatta da pelare e questo lo devo riconoscere “mi basta, apposto così. Grazie per la dimostrazione” e torno al mio posto. Mi sarei anche risparmiata la fatica se avessi predetto la piega fastidiosa che avrebbe preso la nostra apparentemente pacifica conversazione. Per quanto mi riguarda, ha cagato fuori dal vaso con il suo atteggiamento da cazzone, ha già detto più di quanto posso tollerare in una sola giornata. La pazienza non è mai stata una delle mie doti e dopo oggi, posso confermare che probabilmente mai lo sarà. Non sono destinata ad una vita da Gandhi. Visti però i miei precedenti con il fuoco, riesco a raccogliere un minimo di coscienza e a mettere un freno alle mie provocazioni che comunque, ci tengo a sottolineare, sono del tutto giustificate. Dragonov, te la sei proprio cercata. Mi alzo senza lasciargli il tempo per replicare, ho sganciato la mia bomba e la sua risposta non mi interessa. Dovrebbe imparare a tapparsi la bocca, ogni tanto parla decisamente troppo.
    Incontro l'aria gelida di gennaio appena apro la porta del locale. Contrasta moltissimo con la temperatura della mia pelle che invece sembra essere aumentata in maniera esponenziale, così tanto da rendere il cappotto completamente inutile. Me lo sto giusto ripiegando sulle braccia se non fosse che quel grandissimo coglione non decide di avventarsi sul mio polso facendo cadere sulla neve l'indumento. “Ehi, che cazzo fai?!” non contento, decide anche di spingermi violentemente contro la parete esterna della testa di porco facendomi sbattere la schiena. Questo grandissimo coglione regge le provocazioni peggio di me. Mi dimeno, provo a mollargli una ginocchiata all'altezza della cinta per liberarmi dalla presa mentre lui si ricurva su di me con gli occhi iniettati, palesemente, di rabbia. Ad un certo punto penso anche di mollargli una testata, ma temo finirei al SanMungo con un trauma cranico, se lo facessi. Non è bello essere colpiti nell'orgoglio, vero? Fa schifo, lo so bene. Stringo i denti perchè mi ha fatto male, porca puttana. Vorrebbe farmi paura? Minacciarmi? Vorrebbe che gli chiedessi scusa forse, che mi rimangiassi le mie parole? Col cazzo. Si avvicina a tal punto che riesco quasi a sentirne il respiro. Anzi no, lo sento davvero, mentre ho la sensazione che la mia temperatura stia aumentando grado dopo grado, ci manca poco prima che prenda fuoco “avrai un'ottima mira, ma ci senti poco" mi dispiace, ormai è troppo tardi per potermi fermare "ho detto che sei tu ad avere il guinzaglio, Dragonov ” mi faccio possibilmente ancora più vicina fissandolo negli occhi, c'è stato un tempo che queste situazioni di testa a testa erano il mio pane quotidiano. Sto praticamente vivendo un dejavù, è una di quelle situazioni che non fanno altro che peggiorare minuto dopo minuto, provocazione dopo provocazione e a cui, purtroppo, non ho mai imparato a rimanere indifferente. Non se ti viene la fantasia di inchiodarmi alla parete in questo modo “quindi? Ora che intendi farmi? ” vuoi uccidermi, forse? è praticamente un bisbiglio a denti stretti che vista la vicinanza, non farà alcuna fatica a sentire. Continuo a muovere debolmente il polso nonostante sia consapevole del fatto che i miei tentativi sono praticamente inutili contro uno che ha la fisicità di una montagna. Che cazzo, Dragonov.



     
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    Kynthia si dimenava e sicuramente in un contesto differente da questo Axel non avrebbe mai reagito a quel modo. Mai le avrebbe stretto il polso, arpionandolo nella sua morsa d’acciaio, per strattonarla e spingerla contro la parete della locanda per poi, con lo stesso, parare la ginocchiata che la Grifondoro cercò di mollargli nel tentativo di liberarsi ma no, avrebbe colpito solo stessa facendosi probabilmente del male ma Axel se ne sarebbe fregato completamente accecato com’era di collera. Collera perché il suo onore da stupido maschio lo spingeva a non accettare, e tantomeno tollerare, che qualcuno potesse insinuare che lui fosse alla mercé e agli ordini della sua ragazza, che potesse insinuare che la bionda fosse riuscita a mettergli un freno, un guinzaglio, come aveva osato insultarlo la Grifondoro. Lui aveva scelto di farlo, per quanto la Corvonero potesse averglielo chiesto e imposto in quello stupido contratto verbale che avevano siglato, era lui ad avere scelto di rispettarlo e diamine se di occasioni non ne erano mancate. Diamine se le ragazze, quelle lascive della sua casa, non avevano continuato a provocarlo. Una di loro, una che in passato si era particolarmente divertita sotto le coperte col bulgaro aveva tentato di dissuaderlo ma lui era stato di ghiaccio, irremovibile, aveva rifiutato la concasata con gentilezza, persino un sorriso (e un occhiolino). Non aveva ceduto per mantenere a quella parola nonostante la moretta gli avesse messo la pulce nell’orecchio di presunti atteggiamenti di Barnes piuttosto espliciti nei confronti della Corvonero alla quale quest’ultima avrebbe più che volentieri ceduto. Cazzate. Era impossibile. Skylee giurava che tra loro non ci fosse niente e Axel di lei si fidava (all’incirca) anche se non lo dava a vedere, non si fidava – ovviamente – del Serpeverde ed era sicuro che lui, quando non era nei paraggi di guardia, ne approfittasse. Ah, se prima o poi gli passava a portata quando non era la Métis ad essere nei paraggi... Ah come sarebbe stato lui quello a ridere! Il punto però era uno. Lui lo aveva fatto per scelta, per Skylee e la sua felicità ed era questo ciò che contava ai suoi occhi anche se, nell’ultimo periodo le discussioni e le incomprensioni si erano fatte di un poco più frequenti. Skylee si era fissata che avrebbe dovuto provare quell’anti-lupo modificata apposta per lui che era riuscita a provocare. Axel lo aveva già fatto provandola durante la luna precedente ma non aveva voluto condividere con lei il risultato. Il motivo? Sbalordimento. Quella pozione aveva funzionato. Aveva placato la sete della bestia e per la prima volta da quando ne avesse coscienza ricordava l’intero arco di plenilunio, cosa avesse fatto, provato o sentito. Si era fuso con il lupo. Quella pozione però, non alleviava il resto. L’influsso della luna lo rendeva ancora più agitato del normale ed era proprio per quel motivo se Axel era scattati a quel modo alla provocazione della Lloyd. Il guinzaglio. Tzè. A che pro tradire la Corva quando questa era sempre pronta a dargliela? A qualsiasi ora del giorno, o della notte – il bello di scoparsi una Caposcuola – lei era pronta, vogliosa e lui non aveva alcun problema ad accontentarla.
    «Ho detto che sei tu ad avere il guinzaglio, Dragonov!» Scandì la Grifondoro ribellandosi ulteriormente, forse persino valutando di sferrare una testata al moro dal modo in cui il suo corpo si mosse tanto che il bulgaro le piegò il bracciò contro il petto spingendola nuovamente senza preoccuparsi che la ragazza si facesse del male nell’urto. Non gliene fotteva un cazzo del suo dolore. «Non provocarmi, Lloyd», ringhiò avvicinando ulteriormente il suo viso a quello della ragazza. La sua voce era un ringhio basso sempre più animale mentre la luna, quasi piena, si alzava nel cielo limpido, quanto freddo, di gennaio. Era così vicina, dannatamente vicina e lo provocava esattamente come circa più di un anno prima aveva fatto Skylee al di fuori del Wonderland. In quell’occasione la bionda caposcuola non aveva fatto che provocarlo sfogando la sua frustrazione sul mannaro che aveva finito per attaccarla e per costringerla contro il ruvido tronco di un albero. In quell’occasione l’aveva baciata, per la prima volta, proprio per provocare in lei quel rigetto che ostentava provare ma sapevano entrambi com’era finita... Ed ora Kynthia si trovava quasi nella medesima posizione a provocarlo. I parallelismi erano un puro scherzo del destino. Si puntellò, con il palmo della mano libera, dalla parete staccandosi da essa e con le dita afferrò la base della mandibola della ragazza sollevandole senza il minimo garbo il viso verso l’alto. Un ghigno gli attraversò il volto prima di chinarsi e baciarle il collo, lì, sulla giugulare dove il battito cardiaco accelerato rivelava un timore che la Grifondoro non avrebbe probabilmente ammesso ad anima viva. Hai paura eh, Lloyd? Sarebbe stata una sciocca a non averne. Axel era alto, grosso, fisicamente, per non parlare della sua esperienza dal punto di vista delle classi scolastiche frequentate; lui era un sesto anno mentre lei solo un terzo, nulla avrebbe potuto se il ragazzo avesse voluto approfittarsi di lei. Era lecito che quel pensiero le sfiorasse la mente nonostante Axel avesse un preciso codice morale che non gli avrebbe mai permesso di violentare – nel senso più sporco del termine – una donna. Avrebbe giocato con lei, sicuramente, ma non si sarebbe spinto a tanto senza il suo consenso. La scia di baci proseguì fino all’angolo delle sue labbra dove il mannaro si arrestò inchiodando i suoi verdi occhi famelici in quelli scuri della Grifondoro. L’angolo della sua bocca si sollevò, soddisfatto di averle quasi rubato un bacio che lei non avrebbe – per quanto ne poteva sapere – apprezzato. Chi aveva adesso il guinzaglio? Si avvicinò pronto a rubarle ben di più...


    Edited by Dragonov - 25/2/2023, 19:55
     
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    Più provo a divincolarmi dalla presa di Dragonov, più sembra che questo ragazzo sia fatto di cemento e ferro. Che cazzo, si muove appena di qualche millimetro ma comunque non ottengo nessun risultato neanche quando provo ad assestargli una ginocchiata sul fianco. Fondamentalmente sto lottando contro un armadio a quattro ante in legno massello.
    Non mi piace manco per un cazzo come sensazione. È vero che l'ho provocato, anche in maniera del tutto intenzionale se vogliamo dircela tutta. Sapevo che quello che avrei detto l'avrebbe ferito nell'orgoglio ma non sapevo che avrebbe avuto una reazione così violenta. Mi ricorda un meccanismo già visto sia fuori che dentro le mura di casa mia: nonostante gli sforzi di Ethan per tenere il ruolo di quello buono che per te fa i sacrifici, bastava provocarlo un po' per vedere delle crepe nella sua messa in scena e scorgere la pazzia. Ad un certo punto sembra che non si sia neanche sforzato troppo per nasconderla. Forse ho sottovalutato anche un eventuale squilibrio di Dragonov che fino ad oggi, non ha mai allungato un dito su di me. Questo stronzo. Adesso sì che ho veramente voglia di spaccargli la faccia “ma cosa sei, un animale?!” visto quella specie di verso che emette, la domanda è lecita. Continuo ad inveire contro di lui mentre un secondo violento gesto non mi costringe a pregare il braccio contro il petto in una posizione decisamente fastidiosa. E lui non cede di mezzo centimetro nonostante sia evidente che mi sta facendo piuttosto male, ancora. A quel punto è come se mi avesse prosciugato le forze e ammetto di avere un lieve cedimento. Abbasso la guardia insomma e sto per dire qualcosa tipo "va bene ok, basta, non hai nessun guinzaglio, adesso ti levi dai coglioni?" ma non mi sembra che il serpeverde stia considerando l'idea di lasciare la presa, anzi, adesso allunga la presa sul mio mento che solleva verso l'alto senza la minima delicatezza ovviamente, secondo il copione seguito fino ad adesso “che-” è tutto un enorme "che cazzo". È come se volesse esporre un punto debole per poi attaccarlo. Sento il suo respiro sul collo e poi l'inaspettato: il contatto con le sue labbra. Sgrano gli occhi per lo stupore, non ero preparata a questo tipo di attacco. Non capisco come ci sia arrivato, cosa voglia dimostrare, forse che non indossa nessun guinzaglio e che può fare come gli pare. Deve essere questo. Comunque sia è fastidioso, è fastidioso che abbia scelto di muoversi in questo modo, è fastidioso il fatto che io non riesca a muovermi. È la stessa sensazione provata così tanti anni fa che l'avevo praticamente rimossa. Un brivido mi sale su per la schiena, non di quelli piacevoli ma di quelli di... paura.
    All'epoca avevo sedici anni. Forse si potrebbe dire che non sia passato chissà quanto tempo, sicuramente abbastanza perché io cambiassi radicalmente. Allora, esattamente come adesso, mi sono ritrovata con la schiena al muro provando per la prima volta cosa fosse la paura, quell'ansia che ti coglie quando improvvisamente qualcuno viola prepotentemente il tuo spazio e tu non sai cosa ti accadrà dopo. È lo stesso ghigno soddisfatto, lo stesso sorrisetto sghembo di chi ha ottenuto l'effetto sperato. Allora ho deciso che mai più a nessuno avrei dato la soddisfazione di vedermi spaventata, quindi perché adesso non riesco a mantenere la mia promessa? È panico, forse. Axel non è più Axel, io non sono più io ma adesso è come se avessi di nuovo sedici anni e fossi costretta contro quello stesso muro di una casa vuota. Sento la mia espressione mutare, le sue labbra salire e fermarsi all'angolo della bocca. Qui spero che ci ripensi e faccia marcia indietro, ma questo non avviene: sento distintamente la presa sul mio viso e poi le sue labbra sulle mie, schiuse con prepotenza. Tremo, il respiro mi si fa pesante, così come il petto e gli occhi. Perchè ha dovuto risvegliare quel ricordo? dono stata così brava a tenerlo sopito. Avrei preferito che mi prendesse a pugni. Mi fischiano le orecchie, non sento più alcun suono, è come se fra me e lo spazio circostante fosse calato un filtro fatto di sensazioni spiacevoli e... calore. L'aria vibra, esattamente come quella volta, ma qualcosa è cambiato. Istintivamente apro una mano contro il petto del serpeverde come a volerlo allontanare da me e siccome questo non basta, decisa ad interrompere il contatto, serro i denti sulle sue labbra mordendole violentemente. Mi sento bruciare, ovunque, dentro e fuori, dalle orbite degli occhi fino alle punte delle dita che stringo contro il petto del bulgaro. E poi eccole, le fiamme che prima sentivo solo dentro di me si propagano anche all'esterno dando fuoco alla sua giacca e così anche alla neve sotto ai nostri piedi. Porca puttana. Perché. Respiro pesantemente buttando fuori l'aria dalla bocca. Cazzo, mi ero anche abituata alla sua presenza “perchè...” ho il respiro corto, gli occhi puntati sul terreno e un mix micidiale tra rabbia e panico in corpo che fanno tremare la mia voce “perchè hai dovuto-” la frase resta a metà tranciata da una sorta di improvviso calo di energie che mi costringe a piegarmi su me stessa poggiando le mani sulle ginocchia. Non la forza di guardarlo in faccia, la voglia in realtà, il coraggio, non lo so. Però ad un certo punto, lo faccio ugualmente “hai davvero superato il limite Axel” dico fermamente ponendo un altro paio di passi di distanza fra di noi. La linea di fuoco brucia sulla neve come se quest'ultima fosse un combustibile e proprio adesso realizzo che non smetterà di ardere fino a quando non sarò io a deciderlo.



     
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    Axel
    Tutto ruotava sul dimostrare qualcosa, un qualcosa che avrebbe dovuto, non sarebbero state ammesse alternative, zittire l’altra perché se c’era una cosa che Axel non sopportava era venire tacciato di qualcosa che non lo rappresentava. In quel caso specifico venire associato all’essere il portatore di un metaforico guinzaglio che la caposcuola di Corvonero si andava dicendo avesse stretto intorno al suo collo. Lui non era il suo galoppino e men che meno sottostava agli ordini di qualcuno. Aveva scelto di accordare quel compromesso semplicemente sulla base dei sentimenti che aveva iniziato a nutrire da un tempo imprecisato nei confronti della bionda, sentimenti che però non aveva esplorato con una riflessione interiore e tantomeno esternato alla diretta interessata. Si limitava, attraverso piccoli gesti, ad esternare ciò che a parole non gli veniva naturale esprimere poiché credeva – tra l’altro – che fossero i piccoli gesti spinti dal proprio io interiore ad avere davvero significato. Lo faccio perché ci tengo, lo faccio perché voglio farlo. Era un concetto così complicato da comprendere per quegli inglesi del cazzo? Nessuna costrizione, imposizione. Una scelta. Una scelta che pareva averlo portato ad essere lo zimbello della scuola, a fargli perdere una sorta di credibilità in quella che era la fama che si era andato a costruire di donnaiolo sfuggente quanto tenebroso. Quindi era questo che si diceva di lui? Che Skylee lo avesse tirato fuori dai giochi e lo tenesse in pugno? La sola idea gli mandava il sangue alla testa ma non solo perché naturalmente la cosa lo avrebbe infastidito già di base ma poiché, calendario alla mano, il successivo giorno si sarebbe chiuso nella cella della Stanza delle Necessità al castello e si sarebbe trasformato e così, lì fuori, sotto l’influsso della luna non del tutto piena, i suoi sensi ed emozioni venivano amplificati oltremisura. Se lontano dal plenilunio un possibile argomento lo avrebbe semplicemente irritato, in quel momento, quasi al cloud del suo ciclo, ogni cosa assumeva d’importanza capitale mandandolo fuori di testa (o dai gangheri) prima e più del dovuto. Sovra reazione, questa la parola chiave per un lupo mannaro in procinto di trasformazione. Era per questo motivo e senza una reale intenzione normale che aveva oltrepassato ogni limite con Kynthia bloccandola contro la parete della locanda. Per una banale, becera, dimostrazione di forza. Per zittire la Grifondoro una volta per tutte dimostrandole che ad uno come il Dragonov nessun avrebbe potuto mettere un freno. L’aveva quindi afferrata per il polso e ruotandolo l’aveva costretta e spinta in malo modo contro la parete immobilizzandola da possibili grandi gesti che le permettessero la fuga ma ciò non era servito a molto poiché la ragazza, testarda, aveva scelto la via del pericolo provocando ulteriormente e deliberatamente il suo avversario che in quanto ad esperienza e forza fisica era di molto superiore. Axel non aveva retto più decidendo di giocare ulteriormente con i nervi della mora che non avrebbe di certo apprezzato la sua presenza così imposta. Se c’era una cosa che aveva vagamente capito di lei era il rispetto delle distanze. Kynthia non gli aveva raccontato qualcosa in merito e tantomeno lui aveva chiesto ma aveva notato, nel linguaggio non verbale del suo corpo, che la ragazza rimaneva sulle sue, a distanza, e non era mai la prima a ricercare un contatto e che, quelle poche volte che aveva azzardato amichevolmente qualcosa, ella si era sempre ritratta. Come quell’estate, al ballo, quando l’aveva aiutata ad indossare la maschera per la festa. Nonostante l’avesse informata delle sue intenzioni e avesse ricevuto il suo benestare, sotto il suo tocco Kynthia si era irrigidita.
    Individua il punto debole: colpisci.
    Avrebbe rappresentato un bel contrappasso, quindi, forzare la sua persona, le sue labbra, sul corpo di lei. Un modo orribile, osceno per violare la sua persona contro la sua volontà. E fu quell’esatta reazione che si andò a ricreare quando le labbra del Dragonov incontrarono la pelle della giugulare della Grifondoro. Kynthia rimase basita, di stucco e passò un attimo infinito prima che potesse rendersi conto che quanto successo era stato reale che quel ragazzo, quel ragazzo di cui probabilmente si era fidata fin troppo e che aveva lasciato entrare nella sua sfera, aveva in realtà la capacità di poterle fare del male. Fu forse questa la paura ad invaderla, la consapevolezza pressante e pungente del pericolo alle porte, quello capace di spingerle il cuore a perdere un battito prima di gettarsi in una folle corsa mentre, sotto le dita ruvide del mannaro, il corpo fragile della ragazza comincia a tremare. Vorrebbe chiederle se ha paura ma è superfluo, Axel fiuta quella paura crogiolandosi e gongolando di quell’effetto sapendo d’aver ottenuto il risultato sperato poiché la rosso-oro, adesso, non gli mancherà mai più di rispetto allo stesso modo e a dirla tutta nemmeno riuscirà più a guardarlo con gli stessi occhi. È davvero questo ciò che vuoi Axel? Lui sa che non andrà oltre, che dopo averle rubato quel bacio si fermerà perché, va bene tutto, ma non avrebbe mai azzardato oltre e questo lei, lei che è così assurdamente in svantaggio non può saperlo ed anzi ha la mente che febbricitante cerca una via di fuga che non c’è. Non esiste.
    Il mannaro risalì dal suo collo soffermandosi solo un istante per incontrare lo sguardo di lei prima di sorridere e rubarle un ultimo bacio, questa volta dalle sue labbra carnose sulla quale preme e s’insinua forzandole un contatto che lei dannatamente non desidera fino a sentire i denti della Lloyd affondare con rabbia sul suo labbro e un gusto metallico e ferroso sporcargli il gusto da quello della Grifondoro. Lo faccio perché voglio, lo faccio perché posso. Nessun trasporto, solo la volontà a ferire quella del Dragonov, a fare del male colpendo quello che ha individuato essere il punto debole della ragazza.
    Un ghigno, la sua risposta, che si spegne e perde di vigore quando sul suo petto avverte un calore che si fa via via più intenso fino a brucialo, ustionarlo, costringendolo a perdere la presa sul corpo di lei, di fatto, liberandola. “Che cazzo?!” Indietreggiò tastandosi il petto, spegnendo il principio d’incendio sulla camicia che gli lascia un buco nella stessa ed uno stampo sanguinolento nella pelle ed è lì che il suo campo visivo nota la linea di fuoco posta a divisione tra i due, quasi a proteggerla. Quando ha tirato fuori la bacchetta? La ferita bruciante al petto intanto propaga un dolore incalcolabile che dirama, allo stesso tempo, una scarica di collera nel corpo del mannaro tanto forte da alterarne i lineamenti che immediatamente si trasfigurano in quelli di una bestia. I quattro canini s’allungano così come le dita delle mani lasciano il posto ad affilati artigli neri. «Che... Hai... Fatto?!» E vorrebbe riferirsi alle fiamme, vorrebbe riferirsi al dolore che continua a fargli impazzire le sinapsi mandandogli in tilt il cervello ma la vera verità è che ha perso le staffe ed ora la ragazza è costretta a vedere e fronteggiare il suo lato più oscuro. «Vattene» È piegato, sposta dei passi lateralmente allontanandosi da lei ma è come se il suo corpo non obbedisse ai comandi ed Axel sa che è il lupo a bramare il sangue della ragazza a bramare vendetta per il colpo subito per quanto sia di una mera auto-difesa. «VAI!» E non doveva andare così, nulla doveva andare in questo modo.
     
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    Gli eventi sono degenerati in maniera esponenziale. Doveva essere una pacifica birra alla testa di porco e si è trasformato in qualcosa di molto di più, uno di quei torti che non riuscirò a mandare giù per molto tempo. Sì, perchè io lo vedo come un vero e proprio torto nonostante fra me ed Axel non ci sia quella che potrei definire amicizia. Eppure si era stabilito un equilibrio che ultimamente, più del solito, fatico a raggiungere. Non sono mai stata molto capace di moderare le mie reazioni, di controllarle, di rilassarmi sciogliendo quella di rigidezza che è diventato il mio biglietto da visita. Nei confronti del serpeverde non mi sono mostrata diversamente, ma non avrei potuto fare diversamente neanche se mi fossi sforzata. Ormai questo è quello che sono, non c'è verso id cambiare le cose. Comunque sia oltre a qualche battuta del cazzo da sborone, Dragonov non ha mai insistito più di tanto: mi raggiungeva alla parete di turno, alla dovuta distanza, e si accendeva la sua sigaretta silenziosamente facendo qualche commento di tanto in tanto. Commenti su quello che capitava, nulla di troppo impegnativo. Incontri sporadici che mi hanno abituato ad avere un contatto - se così possiamo chiamarlo - con qualcun altro. Non ci siamo mai rotti le palle reciprocamente, preferendo invece rispettare gli spazi altrui. Praticamente una pacchia, lo ammetto, un momento in cui stupidamente ho abbassato la guardia. Ecco, stupidamente.
    Forse Axel è stato ad osservare tutto il tempo e adesso, consapevole di cosa possa darmi profondamente fastidio, lo sta usando contro di me solo per dimostrarmi la sua forza. Quello che non può sapere è quella che a lui sembra solo una mossa un po' più audace per rompermi le palle, per me è un trigger che risveglia alcuni dei ricordi peggiori che ho. Qualcosa su cui non posso passare sopra così' facilmente.
    Per via del sapore che cambia nella mia bocca, capisco subito che l'ho ferito. Ed è il minimo, merda che non sei altro. Ciò che però lo fa davvero allontanare, finalmente, da me, è la mano che gli si poggia sul petto. Non è un risultato della mia forza, che è ridicolosamente inferiore rispetto alla sua... ma del mio elementarismo che oggi, adesso, mi torna davvero utile. Non è stato intenzionale, non volevo davvero ustionarlo. Quello che volevo era soltanto farlo smettere, fermarlo dal procurarmi queste sensazioni spiacevoli. Non mi è mai piaciuto sentirmi così impotente e incapace di capire cosa fare. Di norma nelle situazioni avverse non sono mai stato quel tipo di persone che si lascia trascinare dalle sensazioni e dal panico, eppure adesso mi sento incapace di fare qualsiasi cosa. Però mi trattengo, a fatica, dal far trapelare troppo. Che ne posso sapere? Che ne so io se fra un mese non gli prende di nuovo la voglia di farmi vedere quanto maschio può essere usando qualche altra debolezza contro di me? Col cazzo che continuerò a dargli le armi per potermi ferire.
    Tuttavia il mio viso è contratto così come il resto del corpo, è come se fossi diventata un nodo rigido. Un concentrato di nervi che si sfoga nelle fiamme che gli procurano un buco sulla camicia “il minimo che potessi fare... stronzo” ringhio a mia volta, sembra che ormai siamo giusti ad un punto in cui comunichiamo per versi. La verità è che non so inizialmente cosa ho fatto, a parte trasformare la mia volontà in realtà: volevo allontanarlo, in qualche modo ho trovato il modo di farlo. Si frappongono tra noi delle fiamme alimentate evidentemente dalla mia rabbia, dal mio fastidio, da tutto ciò di spiacevole che sto provando. Riesco a porre una distanza ed è proprio grazie a questa distanza che inizio a notare cos'altro sta accadendo davanti a me, proprio ad Axel. I suoi lineamenti stanno cambiando e non nello stesso modo in cui l'hanno fatto i miei, corrugandosi, no... le mani si allungano, anche i suoi denti sembrano essere più affilati. Ho un sussulto, un breve scatto all'indietro perchè il mio istinto mi dice che non devo avvicinarmi. Anche le sue parole mi suggeriscono di lasciarlo solo, eppure resto a vedere la sua trasformazione completarsi. Sembra doloroso “tu...” sei un mannaro, vero? Grazie agli insegnamenti di mio padre non mi ci vuole molto per capirlo. Anche se penso che nessuno potrebbe fraintendere, l'esistenza dei mannari è risaputa. Istintivamente guardo verso il cielo, nuvoloso. Dietro una coltre densa, riesco a scorgere appena la sagoma luminosa di una luna non completamente piena. Provo un minimo di pietà, un frammento, un minimo, quella che basta per far abbassare le fiamme «VAI!» urla e io ho un secondo sussulto. Questo bastardo “spero di non rivederti in giro per molto tempo.” sono le ultime amare parole che gli rivolgo prima di indietreggiare di un paio di passi e poi voltarmi, accellerando, verso Hogwarts.
    Che risolvesse da solo il suo problema, ci sarà abituato.

    Conclusaaaaa

     
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