Appuntamento al buio??? - con Grace

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  1. Mikhail
     
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    Incredibile come fosse passato in fretta il tempo: ben tre mesi erano trascorsi dall'inizio dell'anno scolastico ad Hogwarts, così come tre erano state le persone che erano riuscite a suscitare il mio interesse. Di queste ultime, uno lo avrei potuto tranquillamente identificare come una sorta di mentore, per quanto non fossi ancora del tutto certo della reale veridicità delle sue parole; una l'avrei invece potuta considerare una specie di allieva, malgrado avesse ancora parecchio da fare per la sua...controparte; l'ultima, invece, aveva un non so che di diverso, rispetto a tutti gli altri. Era praticamente come tutte le altre pecorelle di Hogwarts, se non per il fatto che m'era parso di intravedere qualcosa nei suoi occhi: un richiamo, come quello di un cervo ferito che – anziché starsene zitto, per non attirare i predatori – continuava ad emettere gemiti, ottenendo l'effetto opposto. E Grace Johnson, era proprio una bella cerbiatta sulla quale affondare i propri denti veleniferi. Se non fosse per quel velo d'ironia che le si leggeva in faccia. Chiaramente, non s'azzardava a farlo quando mi rivolgevo direttamente a lei, ma solo quando – per caso – passava non troppo lontana da me, e sentiva il mio marcato accento accompagnare la mia voce. Iniziai così ad impegnarmi, limando giorno dopo giorno la cadenza di San Pietroburgo. Così come era solito fare l'animale simbolo della casa nella quale ero stato smistato, così anch'io dovetti cambiar pelle, lasciando la mia vecchia lingua alle spalle a favore di una nuova. Così come in sei mesi, riuscii ad apprendere l'inglese; mi obbligai in altrettanti a perdere completamente l'accento. Sarebbe stato un processo sicuramente molto lungo, ma l'ambizione (per la quale venni smistato tra le serpi) che nutrivo nel mio animo, nonché il desiderio di non avere più punti deboli – ai suoi occhi – fece progredire il mio percorso di studio, tanto da riuscire ad eliminare (quasi del tutto) ogni sorta di cadenza linguistica.

    Sarebbe avvenuto durante uno dei primi pomeriggi di dicembre, al termine dell'allenamento di quidditch. Dopo la vittoria con i tassorosso, il morale dei grifondoro era alle stelle, al punto d'aver sostituito (ancora per poco) eventuali preoccupazioni con l'entusiasmo del periodo. In poche parole, il momento perfetto per tendere un agguato! Tra i miei tirapiedi, vi erano anche due giovanissimi eredi di Godric, i quali si offrirono (per così dire) come volontari per fare da esca alla vittima.
    Signorina Johnson!
    Le avrebbe detto il primo.
    Un mio amico vorrebbe un suo autografo, ma è troppo timido per chiederglielo di persona. Non è che potrebbe essere così gentile da avvicinarsi lei? Domani è il suo compleanno e vorrei fargli questo regalo!
    Suvvia, Grace, davvero diresti di no a quella che pareva essere una così dolce supplica? Specie dopo che l'undicenne ti indica un'esile testolina sbucar fuori da un albero stante ad alcuni metri di distanza.
    Per favoooree.
    Le mani, unite in posizione di preghiera, unite a quel briciolo di orgoglio personale che hai racimolato in qualità di giocatrice, ti porteranno a dire di si – con ogni probabilità, prendendo magari congedo dalle eventuali compagne che proseguiranno oltre, stanche per il duro allenamento. Se ti incamminerai verso il bambino, questo si nasconderà timidamente, lasciando sbucar fuori solo metà del suo visino del tutto simile a quello di uno scoiattolo. Probabilmente riconoscerai il suo volto tra quelli dei giovani che vanno e vengono nella sala comune; magari ricorderai anche di quel paio di volte che ti ha sorriso o ti ha salutato con la manina...esatto, è proprio lui, Grace. Sentirai ancora più la volontà di andargli incontro, magari per rassicurarlo o magari no: stanca, attenderai che sia l'altro ragazzo ad andare da lui, incitandolo ad uscire, prima a parole e poi trascinandolo per il braccio. Qualunque sia la tua scelta, lo vedrai tirar fuori il suo piccolo tomo di Volo, offrendotelo con una penna, mantenendo lo sguardo chino verso il terreno erboso.
    Abbi perlomeno il coraggio di guardarla negli occhi, Max...e di ringraziarla.
    Il piccolo riccioluto annuì, visibilmente imbarazzato, schiarendosi la voce per poi fare come gli aveva detto l'amico.
    G-Grazie Si-Signorina Johnson.
    Lo rincuorerai? Gli sorriderai? Magari entrambe le cose, ma...non avrebbe fatto la ben che minima differenza: non appena le dita della tua mano saranno impegnate a tenere il bordo del tomo e la penna già intinta con l'inchiostro, sentirai qualcuno alle tue spalle ed una voce a te familiare scandire una specifica parola e poi...il buio.
    Stupeficium.
    Riprenderai i sensi, ma la benda stretta attorno agli occhi ti negherà – nell'immediato – la possibilità di vedere attorno a te. Riacquistata un po' di lucidità, porterai le mani sul volto, provando a togliertela e...ci riuscirai. Peccato per il fatto che continuerai a vedere sempre nero, come se l'oscurità fosse la cosa più naturale del mondo, nel luogo in cui ti trovi in quel momento. Già, “Dove diavolo mi trovo?” è proprio una domanda sensata, considerate le circostanze. Beh, potremmo dire, ad esempio, che ti trovi seduta a terra, su di un pavimento freddo – anzi, gelido. Riuscirai a metterti in piedi, sebbene l'assenza di luce ti destabilizzi non poco l'equilibrio. Acuirai gli altri sensi e, tra questi, sarà l'udito a darti un input: un respiro, non il tuo ma quello di qualcuno alle tue spalle. Leggero come il soffio del vento che smuove le foglie, ma sufficientemente forte da staccarne il gambo dal ramo.

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    Ne è passato di tempo, dalla nostra ultima conversazione...
    Proverai a cercare la tua bacchetta? Ops! Guarda caso non la troverai...
    ...piccola Grace.


     
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    «CHI NON SALTA TASSOROSSO È! È! CHI NON SALTA TASSOROSSO È!» Gli spogliatoi di Grifondoro erano in visibilio. Tutta la casa si era riversata al suo interno per festeggiare con le giocatrici l’agognata vittoria e ora le innalzavano in spalla mentre tutti saltavano al ritmo dei cori che ne riempivano l’aria. Risate, gioia e puri festeggiamenti per quella partita che era stato un vero tormento per le ragazze tanto da segnare una “perdita” tra le fila delle leonesse rampanti. «Okay, Okay! Tutti fuori adesso» decretò la voce della capitana che gioiosa richiamava all’ordine per permettere alle ragazze di filare a farsi una doccia ristoratrice dopo tutto il freddo che avevano preso in quota. Grace era intirizzita nonostante al di sotto dei tessuti termici avesse in alcuni casi persino sudato e proprio per questo non vedeva l’ora di gettarsi al di sotto del getto bollente. L’acqua bollente sciolse la muscolatura tesa, era stata una partita difficile e la Grifondoro si godette totalmente quel momento unicamente per sé mentre ascoltava distrattamente le chiacchiere delle altre compagne. Halley era già con la testa sulla finale che avrebbero disputato e ancora prima contro la successiva amichevole. Morale? Avrebbero dovuto allenarsi ancora più duramente. «Hal dai mollaci! Goditi il momento!» Protestò la Johnson schizzando dalla sua doccia acqua in direzione dell’amica.
    Finita la doccia, praticamente a braccetto e ancora saltellanti dall’euforia della vittoria, si diressero verso il castello accordandosi tra loro di passare velocemente dalla Sala Comune, dove avrebbero lasciato i borsoni, per dirigersi successivamente all’infermeria, a trovare Arya per accertarsi sul suo stato di salute e portarle la bellissima notizia. La mora ne sarebbe stata entusiasta! Ma il loro incedere fu interrotto quando un ragazzino, sicuramente un primino a giudicare dai lineamenti angelici e dalla vocina timida, si avvicinò loro. «Signorina Johnson!» Attirò l’attenzione questi parandosi davanti al gruppo. Grace inclinò il capo stupita e allo stesso tempo leggermente interdetta da quei modi. «Sì?» Replicò facendosi leggermente avanti mentre scioglieva l’intreccio di braccia dalle spalle della Pierce. «Un mio amico vorrebbe un suo autografo, ma è troppo timido per chiederglielo di persona. Non è che potrebbe essere così gentile da avvicinarsi lei? Domani è il suo compleanno e vorrei fargli questo regalo!» Il suo autografo? Addirittura? La Grifondoro si voltò verso le compagne a disagio per quella richiesta così assurda. «Il mio? Io non...» Abbozzò senza parole all’udire una richiesta tanto strana. Non si sentiva una VIP ma a quanto pareva doveva fare i conti con la sua appartenenza alla squadra di quidditch che la rendeva a tutti gli effetti come tale; come nei telefilm che aveva sempre guardato con la sorella, quelli americani che inquadravano gli sportivi come l’élite della fantomatica scuola. Ora lei, Grace Johnson, si trovava a vivere quel sogno americano. Una delle ragazze la spintonò, non seppe chi, e lei si trovò ad un passo dal ragazzino che ora la stava apertamente supplicando con tanto di occhioni. «E... Va bene, okay. Portami da lui!» Lasciò il borsone alle ragazze con la promessa di trovarsi direttamente all’infermeria e seguì il ragazzo. «Non mordo mica, non serviva si nascondesse così distante!» Ridacchiò inerpicandosi su per la collina al seguito del ragazzino. L’altro, tale Max, un altro primino che era sicura d’aver già visto – ricordava quella faccetta – sbirciò timidamente da dietro l’albero. «Hei Max, il tuo amico mi ha detto che sei un mio ammiratore. Beh, ne sono lusingata! Non ho mai avuto ammiratori prima d’ora», le gote le si colorarono appena più di rosso mentre sorrideva genuinamente al ragazzino e afferrava il libro di volo che questi le stava porgendo. “Okay. WOW”, pensò sollevando le sopracciglia mentre impugnava la piuma e abbozzava qualche frasetta di circostanza scritta in una pessima grafia a causa della posizione scomoda. Talmente concentrata che non avvertì la presenza alle sue spalle, il respiro, e quando sentì la formula fu troppo tardi. La forza dell’incanto la schiantò contro il tronco dove, battendo la testa, perse i sensi.

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    Si risvegliò con un gemito indefiniti momenti dopo. Non vedeva nulla, la testa le pulsava a dismisura ma non era legata. Era sdraiata a terra e sentiva come una pressione attorno al capo oltre al dolore: aveva una benda. Allungò le mani cercando d’allentare la stretta che la rendeva cieca al mondo intorno a sé ma quando riuscì a liberare gli occhi azzurri questi non furono comunque in grado di vedere nulla. “Dove sono?” Si chiese aggrottando nell’oscurità le sopracciglia mentre un vago panico cominciava ad opprimerle la bocca dello stomaco. La sua mente corse alla notte di Halloween, al modus operandi in cui aveva perso i sensi per svegliarsi in quell’incubo ad occhi aperti di cui si vociferava fossero vicini a prendere il colpevole. «C’è...? C’è nessuno?» Chiese tastando in giro per poi piegarsi su sé stessa per raggiungere lo stivale destro, il posto in cui portava la bacchetta, non c’era. Il fiato della Johnson si fece più grosso mentre cercava di rimettersi in piedi, le dita allungate nell’oscurità nel tentativo, vano, d’orientarsi. Poi un respiro, appena accennato. «Ne è passato di tempo, dalla nostra ultima conversazione...» l’accento era nettamente migliorato rispetto a quella prima lezione d’incantesimi ma Grace avrebbe riconosciuto quella voce ovunque. Mikhail. «Mik?» Si voltò verso il suono proveniente dalle spalle. «Mik... che posto è questo? Perché...?» Non lo avrebbe ammesso nemmeno per tutto l’oro del mondo ma nella sua voce era ben percepibile un leggero tremolio. Sapeva adesso, percepiva lui fosse lì con lei ma in quella fitta oscurità nemmeno la vista riusciva ad abituarsi. Era reale? «Perché non ti fai vedere? Dov’è la mia bacchetta?!» Annaspava allungando le mani nel vuoto cercando di afferrare qualcosa, magari i lembi della camicia dell’altro mentre la paura, la sorda paura, cominciava a scorrerle nelle vene.


    Edited by yourgrace. - 8/12/2022, 16:31
     
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  3. Mikhail
     
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    Un sorriso si fece spazio sul mio volto, celato dall'oscurità che ci avvolgeva, mentre portavo un paio di passi in avanti, fino quasi a raggiungerla. L'incanto che avevo utilizzato, prima del Reinnerva, stava avendo l'effetto desiderato: lasciarci nella più completa cecità.
    Cosa vuoi che ne sappia io?!
    Le dissi con tono serio, senza lasciar trasparire il piacere che stavo provando in quel momento nell'ingannarla, proseguendo poi nel simulare un tono già più alterato rispetto al precedente.
    Qualche fetente mi ha colpito alle spalle, facendomi svenire! Se solo scopro chi è stato, lo massacro di botte!
    Rimasi poi ad ascoltare le sue ultime parole, le quali andarono a domandarmi della sua bacchetta. Sapevo chiaramente dove si trovasse, ma non glielo avrei affatto detto...vi pare?!
    Mi hai preso per una sfera di cristallo usata a Divinazione? Probabilmente nello stesso posto dove si trova la mia!
    Stavo per compiere un altro passo in sua direzione, quando sentii qualcosa premere sul mio basso addome con fare incerto: una mano. Sorrisi divertito, alla stregua di un lupo che sente il soffice vello della sua preda sfiorargli la bocca, stringendogliela delicatamente con la mancina.
    Sono qui, piccola Grace.
    Feci ascendere l'esile palmo, facendole sfiorare i polpastrelli su di me lungo tutta la risalita, fino ad abbandonare la sua mano sopra al deltoide.
    Meglio se mi stai accanto, così potrò difenderti.
    Giocai con la sua mente, sottolineando di proposito il fatto che fossi io a proteggerla (e non il contrario) per due motivi: in primis, per portarla a fidarsi di me; in secundis, per farla sentire inferiore al sottoscritto. Il binomio tra le due cose, sarebbe potuto essere scambiato come un gesto galante, ma in realtà era un modo per circuirla mentalmente, abbassando la sua autostima nel portarla a sentirsi man mano sempre più dipendente dal sottoscritto.
    Per prima cosa, dobbiamo trovare una via di fuga da qui...vieni, cerchiamo una porta.
    Avrei così iniziato ad incamminarmi lentamente in una specifica direzione, portando una mano oltre la sua schiena, fino a tenerle il fianco con una presa gentile.
    Non mi sembra di udire alcun verso animale...probabilmente siamo all'interno del castello!
    Dopo alcuni secondi, proseguendo in tale direzione saremmo arrivati nei pressi di una parete in pietra, ruvida al tatto...


     
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    Nemmeno lui lo sapeva. Stava accadendo di nuovo. Ancora e ancora in un loop che per la Grifondoro avrebbe rappresentato l’inferno. Gemette di sconforto alle parole di risposta dell’altro. «No... No! Sta succedendo come Halloween!» Si lamentò cercando più freneticamente nel buio nella vana speranza di riuscire a trovare la bacchetta nonostante le parole del Serpeverde. Magari si sbagliava, no? Si mosse cercando a tentoni nel buio fino a che le sue dita non si scontrarono contro qualcosa. Grace indagò poggiando il palmo contro quella superficie calda, morbida ma allo stesso tempo soda e capì. Imbarazzata cercò di ritrarre immediatamente la mano mentre il suo viso si tingeva di rosso fino alla punta dei piedi. Se solo non fosse stato così buio! Ma la stretta di Mikhail interruppe quel movimento aggrappandosi saldamente al suo polso e lasciando che le dita della Grifondoro tornassero prepotentemente a ricercare quel contatto sfiorando la pelle calda coperta dal tessuto. Le impose un’esplorazione sull’addome dove lei cercò di divincolarsi fino a che il movimento non si spostò lentamente, suadente verso l’alto quasi l’avesse intrappolata nella sua rete ammaliandola con la sola presenza. «Non. Chiamarmi. Piccola.» Ringhiò sottilmente, a disagio per quella vicinanza così intima, tuttavia smettendo di divincolarsi dalla sua presa per assecondare quel tragitto che l’avrebbe portata a circondargli la spalla. Percepiva tensione crescente nell’aria tra loro e non era sicura di ciò che la sua mente confusa stesse elaborando, provando. Perché era tutto così sbagliato?
    «Meglio se mi stai accanto, così potrò difenderti.» Esclamò circondandole immediatamente il fianco per spingerla gentilmente a camminare in una direzione. Dove poi? «Io non ho bisogno di essere difesa!» Scattò lei, punta nell’orgoglio. Non era una donzella in difficoltà per quanto quella situazione la mandasse nel panico più totale a causa dei parallelismi con quanto stava succedendo e quella fatidica notte che continuava a tormentare i suoi incubi. «So cavarmela benissimo da sola. Possiamo collaborare!» Sentenziò sfilandosi dalla sua stretta ma constando, ahilei, che così lo avrebbe perso in quella dannata oscurità. «Dannazione!» Bofonchiò in una smorfia che lui non avrebbe visto. Lo cercò nuovamente nell’oscurità finendo per stringergli la mano. Era così dannatamente grande rispetto alla sua. Arrossì. «Così saremo più agevolati nei movimenti», era una mezza menzogna la sua. Avrebbero avuto si più spazio di movimento rispetto a lui che le teneva il fianco e lei che rimaneva aggrappata alla sua spalla diversi centimetri più in alto ma almeno non sarebbero stati così dannatamente vicini anche sé, così, tenerlo per mano, era qualcosa a cui la Grifondoro non riusciva a non pensare e ciò, irrimediabilmente, la portava al sogno di quella notte quando lo aveva stretto tra le braccia piangendo la sua morte. Il suo cuore mancò un colpo stringendo più saldamente la presa.
    «N-no. Non sento nessun suono dall’esterno e qui dentro non c’è vento... però è umido, l’aria è stantia», il suo cervello elaborava mentre tirava la mano del Serpeverde nel buio fino a che le dita della destra non si scontrarono nuovamente contro qualcosa. «Ho trovato qualcosa!» Gioì tirando la sua mano a modo che anche lui potesse toccare la pietra ruvida, fredda, umida. «Forse sono i sotterranei! Da che parte andiamo?» Destra o sinistra? In quel buio chi avrebbe potuto dire cosa sarebbe stato corretto? «Per me di qua!» Fece spostando la sua mano per identificare la direzione.
     
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  5. Mikhail
     
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    I miei occhi fecero un rapido giro verso l'alto, mentre un leggero sorriso sardonico andò ad apparire sul mio volto, senza che la grifa potesse minimamente rendersene conto.
    Impara a placare i tuoi timori, a dominarli anziché essere tu ad essere dominata da loro; devi...avere sangue freddo.
    Spiegai alla ragazza al mio fianco, non tanto per incoraggiarla, bensì per farla crescere sia come maga che come persona: forte e senza timori di sorta.
    Ti chiamo per quella che sei.
    Eravamo ancora sufficientemente vicini da poter intuire all'incirca dove si trovasse il suo orecchio, così andai a sussurrare lì tali parole con un tono di voce che – tuttavia – le sarebbe sembrato protettivo e per nulla minaccioso.
    Si, invece.
    Ribattei alla sua arringa, con un tono che s'era fatto ora più suadente, rispetto a prima, ammorbidendosi per rendersi più appetibile al suo orgoglio che stava remando contro rispetto alla via corretta che la ragazza avrebbe dovuto intraprendere, per crescere.
    Se fossi in grado di cavartela da sola, non saresti qui.
    Asserii, rispondendo con un eventuale “touché” qualora mi avesse messo sul suo stesso piano, in quanto prigioniero come lei. Di certo il mio orgoglio non ne sarebbe uscito scalfito, considerando che la parte dello sventurato la stavo solo recitando, a differenza sua.
    Ohh...vuoi la manina? Lo vedi che sei piccola, Grace?
    Il tono si fece ironico, ma la presa si sarebbe fatta sufficientemente salda da non permetterle di sfuggir via. Solo se avesse forzato con la forza o a parole, le avrei permesso di starsene staccarsi da me.
    Visto che sai cavartela anche da sola, potremmo dividerci per la ricerca: tu da una parte ed io dall'altra. Il primo che troverà qualcosa lo farà sapere all'altro, ci stai?
    Chiesi in ultimo alla grifondoro, mettendola difronte ad una difficile scelta: orgoglio e coraggio da una parte, paura e ricordi dall'altra...


     
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    Mikhail aveva ragione, non doveva permettere alla paura di dominarla, di obnubilarle la mente a quel modo. Doveva combatterla, superarla e tirare fuori il coraggio che ci si aspettava da una discendente di Grifondoro. Eppure, tutte quelle erano belle parole poiché nella realtà dei fatti la Johnson era terrorizzata e odiava trovarsi a distanza di così pochi giorni nuovamente in quell’incubo ad occhi aperti. Non le sembrava lo stesso però. L’altra volta era stata a seguito del banchetto, del troppo cibo ingerito che aveva cominciato a “star male”, a sentire le palpebre farsi più pesanti fino a che l’abbraccio di Morfeo non l’aveva richiamata a sé. Questa volta era stata attaccata, aveva sentito distintamente qualcuno pronunciare l’incantesimo ma si era svolto tutto così velocemente da non permetterle di reagire e tantomeno vedere la mano che l’aveva schiantata. «Tu non sai chi sono!» Replicò sollevando il capo verso l’oscurità verso quello che doveva essere il viso del ragazzo. Così vicino, tanto da sentirne il respiro fresco contro la pelle del viso, ma allo stesso tempo così lontano in quell’astratta oscurità che non le permetteva di vedere i suoi duri occhi azzurri di cui era certa, la stessero giudicando anche in quell’istante. «Vuoi smetterla di trattarmi come se fossi un’idiota? Si da il caso che anche tu sia qui e senza bacchetta. Non sei tanto migliore di me!» Sbottò infastidita dal modo in cui il Serpeverde le si atteggiava a perenne superiore. Non era nessuno, proprio nessuno per rivolgersi a lei a quel modo senza contare che proprio perché non rappresentava nulla lei non era tenuta a dovergli dimostrare qualcosa. Eppure, anche lì, non riusciva ad ignorare quelle continue provocazioni e a dispetto di quello che pensava – che doveva pensare – continuava a ribattere colpo su colpo alle provocazioni del ragazzo. «Touché», fece l’altro, accordandole il primo punto a segno da quando si erano ritrovati in quella grotta o sotterraneo che fosse.
    «Ohh...vuoi la manina?» Dio quanto riusciva ad infastidirla. Gli strinse la mano digrignando i denti e mordendosi la lingua ricevendo di risposta a quel tono sardonico un altrettanto stretta salda che non le avrebbe permesso di scivolare via e perdersi. Quanta pazienza e che dannato caso umano che era quel Romanov!
    Trovarono finalmente la parete ma con essa furono posti di fronte ad un bivio, dove andare? «Potremmo dividerci per la ricerca: tu da una parte ed io dall'altra.» Ovviamente! Figurarsi se non avrebbe sfruttato anche quel momento per impartirle una lezione! Però, Grace doveva ammetterlo, aveva ragione. Fissò nel buio fitto le loro mani intrecciate che non riusciva a vedere ma di cui riusciva a percepire la salda stretta dell’altro: quella solida promessa di non lasciarla e di proteggerla come le aveva detto qualche istante prima. Era tentata. Dannatamente tentata per sovvertire quelli che erano stati gli esiti del sogno, di lui che veniva divorato dai mostri-piranha e periva per l’esplosione della sua magia. Si ridestò mentre una fitta alla testa le ricordava di non essere nelle condizioni per procedere da sola dopo lo schianto.
    «Okay, facciamo così» Strinse ancora la mano dell’altro. «A condizione di parlare. In questo buio fitto non possiamo vedere cosa succede. Parlare ci darà modo di stimare la distanza», quanto ottimismo, «e di capire se l’altro è in pericolo.» Che gli piacesse o no anche lui era stato raggirato trovandosi disarmato in quel luogo. «Io vado a destra allora.» Riluttante lasciò andare la mano del ragazzo per adagiarla immediatamente sulla parete e a tentoni, muovendosi con circospezione avanzava verso quel lato di parete. «Dimmi allora... Chi pensi sia stato ad avvelenare il banchetto di Halloween?»


    Edited by Dragonov - 9/12/2022, 03:23
     
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  7. Mikhail
     
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    Alla sua affermazione, non riuscii a trattenere del tutto la risata che mi venne spontaneamente dal profondo dell'animo. Non era malevola ma neutra, così come le risate di uno spettatore – in platea – che ha appena udito una freddura dalla bocca del suo comico preferito.
    Grace Johnson, 16 anni, londinese. Sei alta 1,66m o forse persino meno, il ché ai miei occhi ti fa piccola sia per statura che per età. Capelli castani che d'estate assumono una sfumatura aurea, occhi azzurri ed una pikkuola cicatrice sul sopracciglio destro che lo accorcia, seppur di poco. Sei piuttosto in gamba nella scherma, tanto da partecipare come atleta a delle competizioni.
    Tacqui per alcuni secondi, lasciando che la grifondoro facesse mente locale di tutte le informazioni che avevo conoscevo su di lei, incalzando con un ultimo appunto, giusto per pignoleria.
    A Incantesimi e Duelli sfoggi sempre un entusiasmo che non vedo mai, durante le lezioni di Pozioni ed Erbologia: fammi indovinare, le prime ti piacciono e le ultime no, dico bene? Tu, invece? Cosa sapevi sul mio conto, per ridermi in faccia - ad Incantesimi - per il mio accento?
    Il tono di voce era calmo, pacato, per nulla alterato – insomma. Semplicemente, volevo farle capire che ero una persona che faceva attenzione ai dettagli, a differenza sua; che, con ogni probabilità, avrebbe parlato solo del mio carattere, come tutti – infondo. Comunque sia, non accennai al fatto che fosse una giocatrice di quidditch, non tanto perché non ne fossi al corrente, ma per non darle modo di credere – in alcun modo – che dietro a tutto ci potesse essere il sottoscritto. Malgrado le apparenze potessero testimoniare tranquillamente a favore dell'affermazione della Johnson, non le parlavo di certo in quel modo allo scopo di farla sentire un'idiota, piuttosto per ottenere una reazione da parte sua. Comunque sia, Grace accettò l'idea di buon grado, aggiungendo del suo a quello che dava l'idea di essere proprio un ottimo piano.
    Non ti tratto da idiota, ti punzecchio solo un po'.
    Le spiegai con tono quasi allegro, sicuramente divertito da come il tutto stesse procedendo, lasciandole la mano nell'esatto istante in cui l'altra andò a sfilare il catalizzatore dalla fibbia tenuta attorno al polpaccio. Il mio volto divenne quindi serio, mentre proseguivo lungo la parete in pietra, mantenendo il contatto vocale con la ragazza nel sentirla sempre più lontana.
    Non lo so, ma...prima di svenire ho sentito una voce che mi ha detto di sfruttare il mio vantaggio o...una cosa simile. Non appena mi sono risvegliato ho capito quasi subito che non era la realtà.
    Spiegai alla grifondoro, senza troppi peli sulla lingua, ma con una buona dose di verità.
    Ho anche provato a spiegartelo, ma purtroppo ho avuto poco tempo.
    Sapevo che avrebbe ribattuto, probabilmente alterata, probabilmente per dire la sua su quello che aveva vissuto o (magari) sul modo in cui m'ero comportato nel darle la caccia. Sarebbe stato in quel momento che (vi prego, avrei voluto farlo in modi più raffinati, non prendetevela con me!) portai un dito nella narice, cogliendo qualche traccia di muco rappreso, portandolo poi sopra l'unghia del dito medio, pronto a tirarla in direzione di lei. Ovviamente non l'avrebbero raggiunta, non in quella forma, perlomeno...
    Pipistraccole.
    Fu un bisbiglio talmente sottile e leggero che nessuno (a quella distanza) sarebbe riuscito a udirlo; eppure, la bacchetta si mosse in una movenza talmente precisa che in pochi attimi il silenzio sarebbe stato coperto da decine di battiti d'ali e stridii fastidiosi, almeno quanto i corpi che l'avrebbero (a breve) raggiunta, volandole attorno.
    Zaebis’
    Gridai, nel posare a terra la mia bacchetta per poi avvicinarmi alla grifondoro seguendo quella che sarebbe stata la sua voce. I pipistrelli, non sarebbero stati una vera e propria minaccia, ma solo una fonte di disturbo, una manifestazione di pura paura che avrebbero (almeno secondo la mia idea) spinto la ragazza a fidarsi di me, nonché a vedermi come un porto sicuro.
    Andate via, luridi mammiferi!
    Esclamai ad alta voce, intenzionato a raggiungerla così da affiancarla.
    Tutto bene?!
    I mammiferi si sarebbero allontanati una dozzina di secondi più tardi, verso l'alto, cosa che sarei andato a far notare alla grifondoro.
    Forse la via d'uscita è sopra di noi, tu hai trovato porte? Io nulla.
    Ipotizzai, continuando a mantenere un tono serio nonché curioso di scoprire come avrebbe risolto quella situazione.


     
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    «Tu non sai chi sono!» Aveva appena finito di dirglielo ma la Grifondoro non sapeva quanto si sarebbe sbagliata tremendamente di grosso. Il Serpeverde rise, una risata profonda, gutturale di divertimento puro come quando si riesce a strappare una risata di pancia al proprio interlocutore a seguito di una battuta ma che lì per lì infastidì profondamente la ragazza: che diavolo aveva da ridere? Si chiese prima che questi, compiendo un ulteriore passo per avvicinarsi e chinarsi trovandosi in qualche punto imprecisato vicino al suo viso – a sinistra per l’esattezza – e cominciasse a fare l’elenco di tutte le cose che invece sapeva sul suo conto. Ed erano una marea e tutte terribilmente esatte. Grace ammutolì lottando contro la voglia di tirargli un pugno quando la definì piccola in base ad età e statura ma quella sensazione di fastidio presto svanì facendo seguito ad uno strano aggrovigliamento delle viscere quando cominciò a descriverla e la sua voce si era fatta più bassa, persino seducente al suo orecchio tanto da farle trattenere il fiato. Si toccò il sopracciglio solitamente nascosto dalla cascata biondiccia. Lui la... guardava? Come sapeva tutte quelle cose di lei? Si era informato? E perché proprio su di lei? Le piaceva forse? No, ma che andava a pensare! Sentì le gote ardere in quel buio fosco e ringraziò che non potesse vederla in quel momento: così vulnerabile. Era come se il buio avesse amplificato quelle semplici informazioni caricandole di un peso che forse giaceva unicamente nell’immaginazione della ragazza, infatti... «Tu, invece? Cosa sapevi sul mio conto, per ridermi in faccia - ad Incantesimi - per il mio accento?» Dio ancora? Sospirò sollevando gli occhi al cielo. «Ti ho detto che mi dispiace! E lo intendevo davvero... Aggiungilo alla tua lista di... di cose che sai sul mio conto», si grattò la base del collo, a disagio prima di compiere un passo all’indietro e porre tra loro ancora un po’ di distanza che le avrebbe permesso di respirare nonostante le mani ancora allacciate, strette. Da quanto non lo stava facendo? «Beh potresti anche evitare!» Sentenziò piccata. Con ogni probabilità se si fossero trovati faccia a faccia esattamente com’erano ma alla luce del giorno, la Grifondoro non gli avrebbe risparmiato un leggero pugno a sottolineare quelle parole. Non era necessario che solo perché aveva ironizzato mezza volta – di fronte a lui peraltro – sul suo accento la prendesse così sul vivo... Non gli aveva mica ucciso il gatto! Senza contare che si era anche scusata per quello e lui pareva aver accettato le sue scuse. In Russia portavano rancore anche dopo? Popolo strano il suo, se così fosse stato. «Noto che comunque è migliorato. In fin dei conti ti è servito. Ammettilo!» Il suo tono era tornato di un poco solare e se il ragazzo avesse affilato l’udito avrebbe potuto benissimo cogliere che quella frase era stata detta col sorriso sulle labbra e nella maniera meno offensiva possibile. Se ci avesse pensato un po’ le sarebbe mancato ma ascoltandolo parlare – o meglio dire sfotterla – qualche inflessione era ancora presente. Sbuffò prendendo quindi la via di destra e poggiando entrambe le mani libere sulla superficie, prese ad esaminare la parete. La Grifondoro si muoveva con circospezione cercando di toccare quanta più superficie possibile e, al contempo, mantenere il contatto con l’altro per via sonora. «Io non ho sentito nulla... strano. Sembra tu sia stato scelto», si fermò grattando con l’indice la superficie umida. «Mik... Io... Mi dispiace. Lo so che sembra che io faccia solo questo con te. Di scusarmi. Io non volevo succedesse. Io...» Come poteva dirgli che la sua magia era andata fuori controllo? Semplicemente non poteva. Non con lui che subito non avrebbe perso l’occasione per farla sentire inadeguata, incapace, stupida! Lo odiava per questo.
    «Mik? Ci sei?» Non aveva replicato a quelle parole ed il suo improvviso silenzio la fece girare dalla parte opposta quella dove il Serpeverde si sarebbe dovuto trovare per esaminare la sua parte di parete. Un fruscio, un leggerissimo barlume che si spense più velocemente di quanto si era acceso e poi una moltitudine di stridii e ali sbattute. «Mik!» Si piegò su sé stessa cercando di proteggere i capelli con le mani affinché i mammiferi in quel fuggi fuggi non le si impigliassero; sapeva, grazie a sua sorella, che fossero innocui ma l’istinto la portava a proteggersi dai loro artigli in quell’oscurità che non le permetteva di vedere nulla. «Dove sei?!» Sentiva il trambusto dei suoi movimenti e poi lo percepì di nuovo, vicino, mentre cercava di scacciare gli animali che oramai si erano allontanati fuggendo chissà dove. Sentì la sua mano poggiarsi contro la sua, ancora a difesa della testa, e senza perdere un istante si aggrappò al suo braccio che le permise di localizzarlo e da esso al suo collo. «Oddio stai bene?! Stai bene!» Si aggrappò forte a lui affondando il viso nel golfino della sua divisa e stringendolo com’era successo in quel sogno al Lago Nero, quando lui si era accasciato vittima del suo incanto fuori controllo. Grace tremava aggrappata a lui e solo quando capì la portata di quella reazione, schiarendo la gola, lo lasciò andare cercando però la sua mano in quell’oscurità. «Sto bene», replicò flebilmente cercando di placare il tremore. «Io...» buttò fuori l’aria per inspirarne nuove boccate che l’aiutassero a calmarsi. «Non ho trovato nulla. Per quel poco che ho sentito prima che... Però quando si sono allontanati lo hanno fatto verso l’alto. Forse siamo finiti in una sorta di pozzo... magari siamo vicini alla rimessa delle barche. Spiegherebbe l’umidità per la vicinanza al lago.» Riflettè febbrilmente. «Deve esserci una qualche botola sopra di noi. Dobbiamo riuscire ad esplorare il soffitto. Avanti, prendimi in spalla», fece con più sicurezza convertendo l’adrenalina e la paura che aveva provato fino a poco prima in forza e coraggio. Dopotutto lui stava bene, ora poteva focalizzarsi ad uscire da quel maledetto incubo! « Di certo non posso farlo io» sollevò le sopracciglia in un’occhiata eloquente che l’altro non avrebbe potuto vedere attraverso il buio preparandosi alle frecciatine con cui l’avrebbe punzecchiata ma solo un po’.


    Edited by yourgrace. - 10/12/2022, 17:33
     
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  9. Mikhail
     
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    Restai in silenzio quando Grace mi fece notare che le dispiaceva per come mi trattò quella volta. Non che me ne fregasse poi molto, in realtà: il mio, era semplicemente un modo per evidenziare il fatto che – seppur inconsciamente – anche lei poteva comportarsi da stronza, volendo. Forse era stato questo a farmi memorizzare così tante informazioni sul suo conto, a non farmela dimenticare tempo 3 secondi come i volti di tutto il resto del gregge.
    Potrei, ma non lo farò.
    Decretai.
    Non fino a quando reagirai in questo modo, perlomeno.
    Ascoltai quindi le sue successive parole, con le quali parve (quasi) volersi prendere i meriti per essere riuscita – con il suo scherno – a motivarmi quel tanto che basta per affinare il mio accento.
    Ok, lo ammetto.
    Poteva sembrare che stessi mollando l'osso, che mi stessi ammorbidendo, ma a dirla tutta non aveva poi così torto, malgrado il mio punto di vista non fosse esattamente così puritano. Inoltre, diedi corda e “carota” alla ragazza anche come premio per il tentativo di ribaltamento della frittata, avente in partenza una base prettamente derisoria.
    Smettila di dispiacerti. Non ti ho chiesto di scusarti, né tantomeno voglio le tue scuse: se vuoi riparare ai tuoi errori, impara da essi, migliora te stessa.
    Sentenziai, con un tono di voce secco e sfumatamente tagliente, malgrado continuasse ad essere quieto come gli attimi prima.
    Se non vuoi essere chiamata “piccola”, allora non comportarti come tale.
    Una stilettata che solo una schermitrice come lei avrebbe potuto evadere o subire pienamente. In ambo i casi, se prendere atto della veridicità di tali parole o ignorarle bellamente, sarebbe stata unicamente una sua scelta. Gli eventi, quindi, si susseguirono fino a quando lo stormo di pipistrelli ci riportò ad essere nuovamente accanto. Stavo per ribadirle di darsi una calmata, ma la sua reazione mi inibì tanto da fare uscire solo un mezzo sospiro del tutto afono. Perché si comportava in quel modo? Possibile che l'allucinazione vissuta ad Halloween l'avesse traumatizzata a tal punto?
    Certo che sto bene.
    Sospirai, lasciandole il tempo necessario per riprendersi dal breve attacco di panico, per ascoltare poi il suo piano su come uscire da lì.
    Mi sembra un buon piano, occhio solo a non sbattere con la testa quando ti tiro su.
    Il tono era sì ironico, ma per nulla denigratorio...una semplice battuta, insomma, atta a sdrammatizzare la tensione che s'era creata. Non appena fu sulle mie spalle, alzando le mani avrebbe potuto sentire con una un soffitto in pietra e con l'altra una superficie lignea non molto stabile. Facendo forza verso l'alto, magari indicandomi di spostarmi esattamente sotto a quella ch'era (a tutti gli effetti) una botola, Grace sarebbe quindi riuscita a scoperchiare il buco, intravedendo gli argentei raggi lunari far breccia nell'oscurità avuta fino a quel momento. Sarebbe riuscita ad aggrapparsi e persino a risalire, qualora si fosse messa in piedi sulle mie spalle. Una volta sopra, si sarebbe ritrovata in uno stanzino dai quali scuri (chiusi) filtravano i raggi lunari intravisti prima. Avrebbe trovato solo un tavolo, sul quale v'era un oggetto che – malgrado la zona in penombra, sarebbe riuscita a identificare come la propria bacchetta!! Qualora si fosse poi avvicinata alla porta, aprendola, avrebbe potuto infine rimirare le sponde del Lago Nero...aveva avuto la giusta intuizione, ancora una volta.


     
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    Grifondoro
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    Non l’aveva presa in giro. Affatto. Nemmeno un po’. Mikhail aveva accettato quella stretta, silenzioso certo, e persino rigido nel riceverla quasi non fosse abituato ad esternazioni d'affetto di quel tipo ma non l’aveva rifiutata, né scacciata, né presa in giro. Aveva lasciato che la Grifondoro si stringesse contro il suo ampio petto, sentisse il battito regolare del cuore che continuava a scandire i secondi, inesorabilmente e, lentamente, si calmasse recuperando la ragione e sciogliendo quella stretta istintiva alla quale Grace si era aggrappata. Lei aveva sciolto con un certo imbarazzo quell’abbraccio e maledì ma allo stesso tempo benedì quelle tenebre che celavo all’uno e all’altra i sentimenti che vi avrebbero potuto leggere in viso. Cosa avrebbe potuto trovare sul volto del russo? Probabilmente nulla. Esattamente come era privo di qualsiasi inflessione il tono che aveva precedentemente usato con lei. Non aveva messo cattiveria in quelle parole e Grace, in un secondo momento, avrebbe sicuro elaborato quelle stoccate per ciò che erano: dei semplici consigli atti a farla crescere, dei consigli tecnici, privi della soggettività che avrebbero potuto influenzarli poiché Mikhail si poneva così quasi fosse una macchina priva del benché minimo sentimento. Per lui sembrava essere tutto bianco o nero. Se fai questo ottieni quest’altro pertanto, diceva, se non vuoi ottenerlo correggi il tiro. Aveva ragione, certo, ma per Grace c’era modo e modo di esprimersi, non serviva essere così duri e senza cuore. Era la scuola dell’est che lo aveva reso così? La gente questo diceva quando aveva sentito parlare di Durmstrang. Quanto fosse dura, sullo stile paramilitare e per questo non adatta ai deboli... come lo era lei? Mik sembrava tacciarla di questo una stoccata sì e l’altra pure. Ma perché diavolo poi ce l’aveva con lei? Ancora per la questione dell’accento? Era ridicolo, troppo ridicolo che il motivo fosse banalmente quello. Sospirò stringendo anche con l’altro braccio quello del Serpeverde. Sarebbe stato sicuramente meglio se si fosse staccata da lui, era sciocco quell’attaccamento maniacale ma dopo il lago non riusciva, non dopo ciò che gli aveva fatto. Era come se la sua presenza, la tangibilità del suo corpo gli ricordasse che ciò che aveva vissuto non era stato reale esattamente come lui stesso le aveva comunicato in quell'incubo. “Non è reale”, aveva cercato di trasmetterle, invano. “Migliora te stessa” Aveva ragione, doveva farlo. Lo avrebbe fatto.
    «Okay, quando vuoi», sentenziò lasciando andare la stretta al braccio del Serpeverde affinché lui – lo percepì – scivolasse alle sue spalle. Sentì le mani del ragazzo poggiarsi nella parte bassa dei suoi fianchi e con poco sforzo sollevarla da terra. Grace s’ingobbì tenendosi agli avambracci del ragazzo e si sedette cavalcioni le sue spalle. Strinse le mani che le porgeva per mantenere l’equilibrio e con circospezione cominciò ad allungarsi per tastare il soffitto poco più su rispetto alle sue mani. «Okay, sento il soffitto. È come avevamo ipotizzato. Prova...» Cominciò, «prova a spostarti un po’ più a sinistra» s’allungò cercando con le mani di delineare una superficie d’esplorazione. S’allungò verso l’alto nel tentativo di distendere l’avambraccio della mancina e con la destra sondare la superficie alla ricerca di qualcosa. «Ancora a sinistra», tastò e tastò fino a che le dita non grattarono contro una superficie. «C’è qualcosa!» Continuò a tastare quello che ai polpastrelli si delineò come un quadro e da lì, al di sopra, una sorta di coperchio parzialmente aperto: da lì dovevano essere fuggiti i pipistrelli. «C’è una botola!» Continuò ad allungarsi salvo poi ricadere un po’ sulle sue spalle mentre tentava di fare forza per spostarla, era pesante. Con alcuni gemiti di sforzo ed il rumore del legno che grattava sulla superficie ruvida Grace riuscì a spostare il coperchiò del tutto vedendo finalmente dei timidi raggi argentei dopo un tempo indefinito. «Aiutami!» Lo spronò per poi sentire la sua presa abbandonarle la schiena per scivolare lungo le cosce ed infine, alla base dei piedi per spingerla verso l’alto ed aiutarla ad uscire da quel passaggio. S’aggrappò con tutte le sue forze al margine e con molta fatica e fortunatamente l’aiuto del Romanov riuscì ad inerpicarsi sul pavimento dove stramazzò a riposare per lo sforzo qualche istante. Rotolò sul fiancò rimettendosi in piedi e con le mani protese in avanti camminò a tentoni nella stanza fino a raggiungere le finestre che aprì. «Luce finalmente!» Seppur quella della luna. Che dannazione di ore erano? Le ragazze dovevano essere in allarme non vedendola arrivare in infermeria, qualcuno li stava cercando di sicuro come di sicuro erano oltre il coprifuoco. «La mia bacchetta!» Corse verso il tavolo dove trovò adagiato il legno di quercia. «Mik! Mik! Ho trovato la mia bacchetta!» La strinse a sé grata di non averla persa per sempre e immediatamente corse alla botola. «Lux! Ciao straniero», lo salutò con un enorme sorriso. «Spostati», gli ordinò gentilmente prima di muovere il catalizzatore dalla punta luminescente a comporre l’incantesimo che la sua bocca stava formulando: delle fibre cominciarono ad intrecciarsi formando una scala piuttosto approssimativa nella forma ma sufficientemente stabile per aiutare il russo a fuoriuscire da quell’incubo. Strinse tra le labbra la bacchetta mentre teneva saldamente la sommità della corda fintato che l’altro la scalava e quando questi fuoriuscì la alzò guardandosi intorno per esplorare quella strana stanza tornando ad affacciarsi alla finestra. «Ci siamo persi sicuro il banchetto, se così fosse siamo decisamente nella merda», sbuffò, «le mie amiche mi staranno cercando, devo tornare al castello! Spiegherò tutto al professor Lennox lui sicuro...» cominciò mentre s’affrettava a cercare l’uscita da quella stanza per tornare verso il castello.


    Edited by Dragonov - 11/12/2022, 03:21
     
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  11. Mikhail
     
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    Aggiustai la mia posizione seguendo le indicazioni della ragazza seduta sulle mie spalle, mantenendomi in equilibrio malgrado non fosse esattamente la cosa più facile al mondo, considerato il buio stante attorno a noi. Ci mise un po', ma finalmente riuscì a trovare la botola e – da lì – a scoperchiarla. Se l'agilità era (probabilmente) una delle doti della ragazza, in quanto a forza diciamo che lasciava molto a desiderare. Dovetti aiutarla a mettersi in piedi sulle mie spalle, malgrado arrivasse perfettamente con le mani sul bordo della botola aperta. La caricai, tenendola quanto più in equilibrio possibile per la durata del suo “sforzo” nell'arrampicata.
    Trova qualcosa – una scala, ad esempio – per far salire anche me!
    Esclamai da quella sorta di tetro sotterraneo, sollecitando la ragazza a darsi da fare anziché crogiolarsi nel poter nuovamente vedere. Ah, quanto era difficile fingersi buono! Era stato sicuramente divertente, ma cavoli che fatica dover recitare quella parte.
    Si, ti ho sentita.
    Non appena sentii l'incanto che Grace andò a castare, portai una mano davanti al volto allo scopo di riparare i miei occhi da quell'eccessiva luminosità che mi venne proiettata addosso. Le tenebre attorno a me andarono a disperdersi, malgrado buona parte dell'ambiente restasse ancora oscurato. Mi spostai lateralmente quando me lo chiese, mantenendo comunque la mano a schermare gli occhi, restando in attesa di vedere cosa avrebbe fatto di lì a breve. Risalii le scale, fino ad emergere dalla botola, manifestando un cenno d'approvazione nei confronti della grifondoro al mio fianco.
    Il sole tramonta verso le 4:00pm a dicembre, non credo che sia così tardi o ci sarebbero gruppi di ricerca sulle nostre tracce.
    Spiegai alla ragazza, dando un'occhiata all'esterno, in direzione del castello, avviandomi poi verso la porta così da girare il pomello ed uscire con leggera circospezione.
    Vieni, usciamo.
    Lasciai il picco edificio che si sviluppava verso i piani inferiori, facendo strada alla ragazza fino a quando non saremmo stati entrambi baciati dai raggi lunari.
    Chi ha organizzato tutto ciò, non dev'essere molto brillante: non ci ha tolto un capello, non ha lasciato nessuno a farci la guardia, non ci ha minacciati...tutto questo, per cosa? Perché a noi poi?!
    Domandai a Grace, mentre risalivo il viottolo che ci avrebbe portati al castello nel giro di pochi minuti.


     
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    Grifondoro
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    «E chi ti dice non ci siano?» Replicò la Grifondoro con un’alzata di sopracciglia. Chiaramente il Serpeverde non conosceva l’apprensione di Halley, la più grande delle sue compagne di stanza, che aveva preso un po’ tutte a cuore quasi fossero delle sorelle minori. Inoltre, lei era anche il vicecapitano della squadra di quidditch dei Grifondoro e dopo la partita che avevano disputato, la perdita che avevano subito, non si sarebbe stupita se le fosse venuto un infarto quando le avrebbe raccontato della vicenda senza contare che appunto la stavano tutte aspettando in infermeria.
    Trovarono la porta e finalmente riuscirono ad uscire dal piccolo edificio trovandosi nel buio e nel mezzo di una piccola boscaglia che dava sul Lago Nero sulla quale si affacciava il cielo stellato ed una leggera coltre d’umidità tipica di quel periodo. Forse non era così tardi come aveva ipotizzato, meno male, ma era certa le sue amiche si stessero chiedendo cosa fosse successo e come minimo ora la stessero cercando per il castello. «Vero, però si sono appropriati della tua bacchetta. Chissà come mai hanno lasciato la mia così, buttata. A proposito vuoi che appelli la tua?» La Grifondoro si fermò facendo cenno di chinarsi per sfoderare nuovamente la sua bacchetta posta nello stivale. Se glielo avesse lasciato fare avrebbe appunto appellato con un “Accio” la bacchetta del Romanov sperando che quest’ultima, ovunque fosse custodita, riuscisse a giungere in una manciata di secondi o minuti nelle loro mani altrimenti, nel caso lui non avesse voluto, la Johnson ne sarebbe rimasta comunque perplessa nonostante i motivi. «In ogni caso andrò a denunciare la questione al Capo casata! Hanno rotto le palle con questi scherzi del cazzo. Prima Halloween, adesso questo... Ceh non hanno di meglio da fare?» Grace era convinta che il loro non sarebbe stato l’unico scherzo né loro le uniche vittime ma che sicuramente qualcun altro sarebbe stato il prossimo. Meglio quindi chiudere anche quel conto una volta per tutte. Era stufa di andarci di mezzo. «Bene, le nostre strade si dividono direi», concluse quando giunsero sotto il porticato d’ingresso al castello, pochi passi e sarebbero stati finalmente dentro al caldo. «Buona serata Mik, ci... ci vediamo a lezione!» Grace abbozzò un sorriso di congedo per salutare il Serpeverde soffermandosi forse qualche secondo più del dovuto sulla sua persona, poi, avrebbe preso la direzione delle scale e da lì si sarebbe diretta correndo, nonostante la stanchezza, in infermeria, da Arya, dove sperava di trovare le altre.


    Edited by Dragonov - 11/12/2022, 22:09
     
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  13. Mikhail
     
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    Feci spallucce in risposta al suo quesito, come se non m'interessassi poi così tanto delle preoccupazioni altrui: eravamo vivi, lei lo era, dunque cosa gliene fregava se gli altri ci stessero effettivamente cercando oppure no?
    Siamo vivi, questo è ciò che importa.
    Asserii, con una buona dose di pragmatismo, volgendo il mio sguardo sul suo mentre una leggera smorfia le avrebbe fatto comprendere che preoccuparsi di chi si preoccupava non avesse molto senso – a conti fatti.
    Devo davvero risponderti? Chi credi goda della migliore reputazione tra noi due? La piccola grifondoro indifesa o la bestia che nemmeno a Durmstrang vogliono?! Non mi meraviglierei se, alla fine di tutto questo, la mente che ha escogitato il piano se ne uscisse con un “volevo dimostrare alla Johnson quanto fosse disgustoso Romanov” come alibi.
    Mi voltai poi verso di lei, annuendo a ciò che propose di fare: richiamare la mia bacchetta, mentre – con una mano stretta al fianco e l'altra libera lungo quell'altro, fingevo di attendere di scoprire dove fosse finito il mio catalizzatore. Sbucò fuori dal manto erboso, a qualche metro dalla struttura dalla quale eravamo usciti, e da lì volò fino alla mano libera della grifondoro.
    Pensavo fosse stata gettata nel lago...se non altro non puzza di piscio di maride.
    Sentenziai, andando quindi a riprenderla senza troppe cerimonie.
    Non sono né brillanti né tantomeno creativi, a quanto pare.
    Andai a rimetterla al suo posto (sempre se me l'avesse consegnata senza qualcosa in cambio), proseguendo quindi fino a quando non saremmo giunti al castello. Durante il tragitto Grace avrebbe avuto modo di ripensare a tante cose, così come ignorarle bellamente, nel caso in cui non le avesse considerate importanti.
    Sicura che non ti venga proprio in mente nessuno?
    Diamine, avevo istruito così bene quei due mocciosi che mi stupii nel vederli palesemente ignorati dalla ragazza al mio fianco.
    A fare questi scherzi da quattro soldi, di solito sono i più inesperti...non appena scoprirò chi è stato, darò loro una bella lezione.
    Provai a farle unire i puntini, a ricondurla agli ultimi attimi prima dello svenimento, nella speranza che facesse quella benedetta associazione tra il misfatto e i cosiddetti “fan”. Possibile che non si preoccupasse minimamente di loro o del loro stato di salute?!
    Ma ti vedo di fretta e con la mente altrove, dunque non ti tratterrò oltre.
    Un sorriso sardonico apparve sul mio volto, mentre andai col corpo a voltarmi nella direzione dalla quale eravamo arrivati.
    Va pure a rassicurare chi devi, tu che hai qualcuno. Io, invece, tornerò al lago a svolgere delle indagini: se trovo chi è stato te lo farò sapere.Buona serata a te, piccola Grace.
    Presi così congedo, dirigendomi verso il lago, a meno che la grifondoro non mi avesse fermato.


     
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    Grifondoro
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    «Vero e direi che non è cosa da poco» replicò concentrandosi sul sentiero illuminato unicamente dal chiaro di luna e dalla lucina puntata della bacchetta ma che poteva nascondere, tra il folto dell’erba, eventuali radici che l’avrebbero fatta ruzzolare per terra o peggio, l’avrebbero costretta ad aggrapparsi ancora una volta al russo ed ora, senza l’oscurità a far da filtro avrebbe visto pienamente quale fosse la sua reazione a quella vicinanza. Nelle tenebre, si rese conto, s’era beata dell’ignoranza generata dal suo silenzio, dalla rigidità, dal mutismo e la sua mente era andata bellamente galoppando – forse a causa della botta dello schiantesimo – immaginando cose che ora, alla “luce”, non avrebbe visto. Era sicura che se fosse inciampata lui, ancora una volta quel pomeriggio, l’avrebbe ripresa sulla sua sbadataggine o su altro come se davvero questo per lei contasse. Chi era alla fine lui per giudicarla se non un dispotico arrogante? Aveva un che di attraente certo e in qualche il modo il destino continuava ad incrociare le loro strade ma era palese, almeno per la Johnson, che lui non nutrisse chissà quale stima nei suoi confronti. «Come se te ne fregasse qualcosa di cosa penso», borbottò lei di tutta risposta arrancando alle sue spalle. «Sai Mik, forse se non fossi sempre così rabbioso o pronto ad elargire sentenze sul prossimo e come deve o non deve reagire, magari, non appariresti come il grosso lupo cattivo...» Avrebbe voluto chiudere con un “che per me non sei” ma non sarebbe stato vero, nella realtà dei fatti la Grifondoro non aveva ancora un’idea ben precisa sul ragazzo: il suo modo di agire continuava a rimanere un mistero ai suoi occhi. Era scontroso, non smetteva di pizzicarla eppure, in un modo contorto e tutto suo, si era informato sul suo conto. “Probabilmente per sfotterti per la storia dell’accento!” Le ricordò una vocina nella sua testa. Possibile tutto quell’astio per una risatina di tre mesi prima e di cui si era scusata immediatamente?
    Appellò la sua bacchetta che le saltò senza il minimo sforzo nella mano libera e la osservò per qualche istante prima di restituirgliela. «Probabilmente hanno voluto solo spaventarci», spaventarmi, «dopo Halloween non è proprio il massimo.» Si concesse un’occhiata di sottecchi al Serpeverde quasi a sincerarsi, ancora una volta, che fosse vivo e stesse camminando al suo fianco. Quella notte, dopo ciò che avevano vissuto, l’incubo ricorrente di lui che le moriva tra le braccia sarebbe finalmente svanito?
    «Non appena scoprirò chi è stato, darò loro una bella lezione», gli afferrò il braccio costringendolo a voltarsi. «No. Non lo farai.» Replicò sostenendo il suo sguardo, sicura e decisa per poi lasciarlo andare. «Perché poi chi c’è dietro si vendicherà ancora e ancora e tu farai lo stesso e non finirà più. Andrai come farò io dal Capocasata e ci penserà la scuola a sistemare la cosa. Anzi, andremo da Blackwood a dirgli cosa ci è successo!» Il vicepreside aveva istituito il professore d’Erbologia a capo di una sorta di task-force alla ricerca del responsabile della notte di Halloween. Sicuramente avrebbe trovato interessante ciò che avevano da dire. «Io ricordo solo che... Max e...», si prese la testa nel punto in cui aveva sbattuto a seguito dello schiantesimo, «Dio l’altro non ricordo chi fosse. Volevano un autografo e l’ho seguito, poi ho sentito solo lo schiantesimo ma pff... forse loro hanno visto chi mi ha colpita... Poi so solo che mi sono risvegliata con te.» Erano arrivati al castello e Grace guardava ai piani superiori ormai con la testa orientata verso l’infermeria dove le altre la stavano sicuramente aspettando. «Va pure a rassicurare chi devi, tu che hai qualcuno.» La Johnson s’immobilizzò osservando la sua figura voltarsi per tornare al lago. Roteò gli occhi al cielo. «Mmm!» Si rovistò nelle tasche trovando un bigliettino mezzo spiegazzato e mezzo scritto che con la punta della bacchetta pulì: «Sto bene. Ho avuto un imprevisto. Poi ti racconto, G.» Dettò alla bacchetta prima di agitarla per spedire quel bigliettino volante alla Wheeler, questo, perlomeno, l’avrebbe calmata; poi corse nuovamente al di fuori del castello. «Mik! Mik! Aspettami!» Lo fermò recuperando la distanza che le gambe lunghe di quella montagna avevano percorso. «Due è meglio di uno. Non mi perdonerei se ti steccassero di nuovo chiudendoti in una grotta!» Lo spinse gentilmente abbozzando un sorriso che sapeva tanto di “non è vero che non hai nessuno” a preoccuparsi. «Poi andremo da Blackwood!» Concluse tornando seria con uno sguardo degli inflessibili occhi azzurri che non ammettevano repliche.


    Edited by Dragonov - 12/12/2022, 13:41
     
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  15. Mikhail
     
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    Non ci fu alcuna derisione da parte del sottoscritto, quando i piedi della grifondoro incespicarono nelle eventuali radici nascoste dal fogliame, depositatosi in un autunno ormai al termine. La mia mano avrebbe addirittura agguantato il suo braccio all’altezza del gomito, per non farla cadere a terra, come una pera fuori stagione. Malgrado lo sguardo algido e l’espressione severa, ci tenevo che il mio “gioco” / “animaletto da compagnia”, che dir si voglia, non si guastasse o – ancor – peggio si mettesse a piangere.
    Fa attenzione.
    Il tono lasciò traspirare un velo di preoccupazione, malgrado la ragazza non sarebbe riuscita a comprenderne il motivo, troppo abituata ai miei modi rudi. Sbattei le palpebre quando udii il suo commento a tono basso, appena udibile, continuando a guardare in avanti senza degnarmi di risponderle se non quando fece uscire il commento successivo.
    Tu credi che la vita sia una fiaba, piccola Greiiz, ma non è affatto così: Voldemort ha lasciato un vuoto che verrà presto o tardi riempito da qualcun altro; le acque, si tingeranno di sangue e gli squali accorreranno.
    Solo allora il mio capo si mosse su di lei.
    A Durmstrang, quelle che tu chiami sentenze vengono chiamati “Consigli”. Con prima aprirai gli occhi, realizzando ciò, e con prima potrai prepararti per lo tsunami che si abbatterà sul mondo magico.
    Continuai a camminare in mezzo alla boscaglia, guardandola negli occhi quando questa mi intimò quasi di non farlo.
    Sangue chiama sangue.
    Mi fermai sul posto, a quella presa al braccio, fissandola con sguardo penetrante come a voler imporre con maggior decisione il mio parere.
    Andare dal Capocasata a che pro? Per fargli perdere punti? I punti glieli faccio mettere, dall’Infermiere!
    Sentenziai con voce austera e minacciosa, continuando subito dopo.
    La scuola? Il vicepreside? Tsk! Tu hai troppa fiducia nelle istituzioni: credi che Blackwood possa fare qualcosa fin quando non sarà Lui al comando?!
    L’ascoltai poi quando mi parlò del duo che avevo mandato per distrarla, limitandomi a scuotere il capo, disapprovando in toto quella che ai miei occhi apparve come un’ingenuità. Presi poi congedo, una volta che la ragazza fu alle porte del castello, incamminandomi verso il lago con un sorriso astuto: avevo gettato l’esca, ora non dovevo far altro che aspettare. Non appena la udì, per un attimo il sorriso si fece più esteso, per poi ritrarsi fino a svanire in un’espressione cupa e indifferente.
    Cosa vuoi ora…
    Le chiesi, con un leggero sospiro, mentre mi voltai verso di lei osservandola per qualche secondo fino a quando non mi diede un colpetto con la spalla.
    Racconterai alle tue amiche che mi hai aiutato nelle indagini? Non crederanno mai che il diavolo e l’acqua santa hanno collaborato, a meno che…
    Lasciai in sospeso il discorso, fingendo di riflettere tra me e me quando – in realtà – tutto quello che avevo escogitato per quel giorno, non servì ad altro che a preparare il terreno per ciò che le avrei detto poco più tardi, in modo graduale.
    …non ci sia altro, sotto.
    Mi fermai sul posto, inclinando il capo di lato nello stringere un fianco con la mano, in una postura di riflessione mista all’attesa. La osservai dritta negli occhi, curioso d’intravedere una sua papabile reazione mentre un sorriso iniziò ad emergere, divertito.


     
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