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cortile - with Seán

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    Dopo aver intinto la piuma nell' inchiostro, scrisse l' ultima frase per concludere le due pergamene richieste dal professor White sull' argomento delle ultime lezioni: le Banshee, creature leggendarie dei miti scozzesi e irlandesi, dai capelli fluttuanti, spesso bianchi, e dagli occhi sempre arrossati per via delle lacrime versate sulle tombe di coloro che amavano. In realtà, non erano esattamente malvagie, visto che si mostravano solo per annunciare la morte di un membro della famiglia con le loro grida, si poteva dire che fossero più la rappresentazione di un funereo presagio che il male in sé. Nelle leggende babbane, invece, erano streghe che, incapaci di sopportare la perdita della persona amata, avevano riversato tutto il loro dolore in un urlo così straziante che, alla fine, erano diventate spiriti incapaci di andare oltre, ancorate per sempre ad una vita terrena colma di disperazione. Ogni volta che leggeva queste storie si rendeva conto di quanto pericolosi potessero essere i sentimenti; sperò che inventassero un incantesimo o una pozione in grado di sopprimerli una volta per tutte, li avrebbe provati subito. Posò la piuma sul tavolo, si alzò e si diresse verso il bagno per lavarsi il viso. Una volta fatto, prese dallo scaffale in alto a destra un asciugamano di cotone per asciugarsi delicatamente il volto, farlo con troppa foga le avrebbe solo fatto arrossare la pelle che, oltre ad essere bianca, era anche estremamente delicata. La sistemò con cura al lato del lavabo, almeno lei era ordinata a differenza delle sue coinquiline. Si specchiò, era tutto in ordine a parte la cravatta leggermente storta. La raddrizzò subito, adesso sì che era pronta. Uscì dal bagno, prese il libro che voleva leggere e si avviò al cortile della scuola. Erano le tre del pomeriggio, i corridoi erano semi vuoti e tirava una leggera brezza autunnale, era tutto perfetto. Dopo la stressante lezione di Cura tenutasi qualche giorno fa, aveva bisogno di un attimo di relax in completa solitudine, lontana dalle voci assordanti degli studenti. Da quando era diventata Prefetto non aveva avuto un attimo di libertà e, come se non bastasse, doveva avere a che fare spesso con la gente. Ma quello era uno dei doveri che la carica che le era stata assegnata comportava, di conseguenza non poteva tirarsi indietro ma, quando ne aveva abbastanza, lasciava che fossero gli altri al fare il lavoro, nascondendosi da qualche parte per non essere trovata. Per fortuna oggi non doveva farlo, aveva svolto tutte le sue mansioni ed era libera di andare dove le pareva.
    Camminò un altro po', quella scuola era davvero enorme e, anche se era ormai un anno che la frequentava, si perdeva ancora. Un giorno di questi sarebbe andata in esplorazione, magari avrebbe trovato un passaggio segreto o la famosa Stanza delle Necessità. Non ci era mai stata, ma da quel che aveva sentito si trovava al settimo piano, di fronte all'arazzo di "Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll". Aveva una vaga idea di cosa ci facessero gli studenti lì dentro, ma tanto il sesso era qualcosa che non la riguardava, ancora. E,forse, era meglio così. Era talmente assorta nei suoi pensieri che non si accorse del gradino davanti a lei. Inciampò e chiuse gli occhi preparandosi all' impatto e, nel cadere, trascinò con lei un ragazzo che aveva avuto la sfortuna di trovarsi a poca distanza. Finirono tutti e due a terra, lui sotto e lei sopra. Per qualche secondo nessuno si mosse, ma Daphne sapeva che il viso momentaneamente nascosto nell' incavo del collo dello sconosciuto era rosso per la vergogna. Tutte a lei le capitavano. Prese aria e, lentamente, cercò di mettersi in piedi. Dopo esserci riuscita, guardò la persona che aveva scontrato: Seán Hardice, un serpeverde con cui aveva parlato raramente. «Mi dispiace, mi sono distratta, non volevo finirti addosso.» E invece l'aveva travolto come un treno in corsa, fantastico. Se non ricordava male giocava nella squadra di Quidditch, quindi una caduta di questo tipo era nulla in confronto a quella di una scopa, dove rischiavi seriamente di romperti le ossa. O una durante un Tripo Axel, com'era successo a lei qualche anno fa. «Vuoi una mano?» Allungò il braccio in sua direzione. Dubitava, ma glielo chiese comunque.




    Edited by Daphne. - 12/9/2022, 00:25
     
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  2. seán
     
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    Seán Hardice
    [ SCHEDA ] - 18 - III anno - dormitorio - animagus vol I
    Erano giornate lunghe e scandite dalla solita routine a cui ero sempre riuscito a star dietro egregiamente, ma di recente stavo avendo un po’ di problemi di gestione…della vita. Solo io potevo sapere quanto difficile fosse diventato continuare a vivere con serenità, e non esageravo nel pensarlo.
    Avevo aperto l'armadio e lo sguardo mi era ricaduto sulla divisa da quidditch pulita ma lievemente spiegazzata. La recuperai per poggiarla sul letto e ne accarezzai i contorni, soffermandomi con gli occhi sui colori verde smeraldo ed argento lucente di cui andavo fiero. Con un colpo di bacchetta ero riuscito ad eliminare le pieghe affinchè risultasse perfettamente stirata. La indossai, ed uscii dal dormitorio con in mano la mia scopa, diretto verso il campo da quidditch sebbene fosse presto e l’allenamento dei serpeverde non si sarebbe tenuto prima di un’ora. Tra l’altro quel giorno si sarebbero svolti i provini per l’accesso in squadra dei nuovi giocatori, dunque era una giornata importante. Quando i tempi e gli impegni me lo consentivano, era mia abitudine recarmi al campo con largo anticipo, se era libero. Ritrovarmi immerso nell’immensità del campo mi aiutava a liberare la mente, e solo io potevo sapere quanto ne avessi bisogno in quel periodo. Ero confuso, perché di recente erano successe cose che non avevo previsto, e gli imprevisti non mi piacevano, mi mettevano in allarme e mettevano a dura prova le mie capacità gestionali. In quel periodo ero in allarme, mi sentivo minacciato e reagivo cercando di buttare la mia attenzione su interessi diversi e di vario tipo. Per esempio, oltre gli allenamenti di quidditch ed oltre lo studio, ero riuscito ad inserire tra i miei impegni la lettura di vari libri riguardanti l’animagia. Questa era diventata la mia più recente passione, e cercavo di veicolare su quest’argomento tutti i pensieri meno impegnati. Mi rilassavo in questo modo. Sapevo che se non mi fossi impegnato in qualcosa, e se la mia mente si fosse concessa il lusso di vagare, sarei finito a pensare a quella sera al Paiolo. E non volevo. Da quel giorno non avevo più parlato con Reina, avevo evitato accuratamente di farlo, come se tra di noi non fosse successo niente. Lei, d’altra parte, pareva fare lo stesso: mi evitava. Eppure, i momenti in cui il nostro sguardo si era incrociato in sala comune o in sala grande erano stati tanti, ed io sapevo, fissando gli occhi nei suoi, che avevamo un tacito accordo di “evitaggio reciproco”. Io lo leggevo nei suoi occhi e lei lo leggeva nei miei, ed entrambi eravamo consapevoli che fosse meglio così.
    Mi aggiravo per i corridoi riflettendo sul fatto che non dovessi riflettere. Una catena di pensieri pericolosi. Apparivo più grosso inserito nella divisa da quidditch, questa mi rendeva più grosso di quanto fossi in verità ed addirittura più alto, ma non limitava i miei movimenti.
    Non mi capitava spesso di avere la testa tra le nuvole, al contrario, ero solito rimanere focalizzato sull'ambiente circostante il tanto da evitare incidenti di quel tipo. Eppure riuscii comunque a rimanere sorpreso di ritrovarmi, in un attimo, rovesciato a terra e con qualcuno addosso. Forse era stato il bastone della scopa ad incrociarsi nei piedi della ragazza che mi era finita addosso, o forse io stesso avevo finito per far andare il legno tra i miei stessi piedi, come un vero idiota. Fatto stava che in un attimo inciampai, e non riuscii a trattenere il peso lieve della ragazza bionda che mi finì addosso. Ma che Ca Sentivo il collo pizzicare e solleticare a causa dei suoi capelli lunghi, e tutta la schiena bruciare per il colpo subito dal marmo duro e freddo. Quando la giovane si risollevò, io la osservai, non riuscendo a trattenere uno sguardo duro ed inclemente. Più di quanto avrei voluto. Eppure, nonostante tutto, anche se non si sarebbe mai dedotto, ero anche preoccupato e non solo per me. Scrutai il suo volto per capire se avesse preso un colpo, ma sembrava star bene, e comunque mi resi conto di conoscere quel viso molto bene, essendo lei una mia concasata. Lei se ne dispiacque, ma io ci misi un po’ per ingranare le buone maniere e dar voce alla parte di me più gentile e comprensiva. Forse per il colpo preso dritto sulla cervicale, o per il fatto che stesse premendo proprio facendomi male, mi uscì un poco carino ah si? E a cosa pensavi principessa? Okay, non era gentile da parte mia, dopotutto poteva sempre andare peggio, almeno non eravamo caduti giù dalle scale. E poi, non avevo davvero compreso la dinamica, dunque non riuscivo ad attribuire colpe. Lei fece in fretta a sollevarsi, ed io mi tirai su con i gomiti, rifiutando la sua mano non per orgoglio, quanto perché ero più che sicuro che non sarebbe stata in grado di sorreggere il mio peso. La guardai un po’ storto, prima di far leva sui palmi delle mani al suon di “oppla” e mi rimisi in piedi, rispolverando la divisa ora sgualcita. Mi addolcii un po’, forse grazie al fatto che mi aveva proposto aiuto, sebbene un aiuto poco realistico, o forse perché semplicemente temevo di ripetere l’esperienza passata con la Metis nella serra. Non avevo voglia di accompagnarla in infermeria, ma se fosse servito non avrei potuto far finta di niente. Sei tutta intera? La osservai interamente.
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    Daphne faceva sempre attenzione a dove metteva i piedi, non si distraeva facilmente e nei suoi diciassette anni di vita non era mai caduta tranne che sui pattini ma si sa, c'è sempre una prima volta. E infatti, in un bel pomeriggio d'autunno, non solo era inciampata trascinando con sé un ragazzo che aveva il petto duro quanto quello di una statua, indossava la divisa da Quidditch quindi era scontato, ma il suo ginocchio lo aveva colpito proprio , nelle parti in cui non batte il sole. Era mortificata, poteva solo immaginare il dolore che gli aveva causato, sperò che l' uniforme fosse dotata di una qualche protezione là sotto, sapeva che i gioielli di famiglia erano sacri per i ragazzi e Seán Hardice aveva anche molte corteggiatrici e lei non voleva di certo infrangere i loro sogni di gloria. Per questo si tirò su velocemente, scusandosi perché davvero non voleva finirgli addosso, eppure lo sguardo duro che il ragazzo le rivolse la fece rimanere interdetta per qualche secondo, non si aspettava un atteggiamento del genere da lui e la frase sarcastica che le rifilò poco dopo nemmeno. Alzò un sopracciglio, l'idea che si era fatta di lui era completamente sbagliata, non avevano mai parlato ma credeva che fosse un tipo più educato e alla mano invece sembrava essere la solita serpe arrogante. L'espressione dispiaciuta che aveva assunto poco fa scomparve per lasciare il posto ad una indifferente, lo sguardo si indurì e fece due passi indietro per allontanarsi da quel tipo. «Alle dame da invitare alla prossima festa del tè, sai la vita di una principessa è molto dura.» Anche l'appellativo che le aveva rifilato non le fece per nulla piacere, i ragazzi che ci avevano provato con lei nella vecchia scuola la chiamavano sempre così per via dei suoi modi eleganti e la faccia da bambola, secondo loro era una principessa e come tale andava protetta. Ridicoli. Non poteva farci niente se aveva eredito i lineamenti delicati della madre e la freddezza nordica di suo padre, per non parlare del fatto che il pattinaggio e le dure lezioni di galateo non avevano fatto altro che renderla ancora più regale, ma non era stata una sua scelta quella di essere una ragazza dai modi impeccabili, quello era stato il volere di sua madre e cosa poteva fare una bambina di cinque anni se non ubbidire? Come la vedevano gli altri le interessava fino ad un certo punto, se i ragazzi credevano che avesse bisogno di aiuto erano problemi loro, tanto non ci avrebbero messo molto a capire che era l'esatto contrario.
    Gli aveva testo un mano per aiutarlo ma, come aveva predetto, il ragazzo la rifiutò senza troppi complimenti e, non contento, la guardò anche storto. Daphne incrociò le braccia al petto, allungò una gamba in avanti e lo squadrò con freddezza, per nulla intimorita dall' adone greco di un metro e ottanta e passa che aveva davanti. E poi non era così bassa per essere una ragazza, era un metro e sessantotto, tre centimetri sopra la media! «Sì, sto bene. Tu sei tutto intero?» Glielo chiese per educazione e perché sapeva che era lui ad aver avuto la peggio, tra la botta alla schiena, la ginocchiata nelle parti basse e la testa sbattuta sul pavimento era un miracolo che fosse ancora tutto intero. Era davvero rammaricata per quello che era successo, ma odiava la supponenza e il sarcasmo gratuito, soprattutto se non aveva fatto nulla di male e il suo essergli caduta addosso non era stato altro che un incidente. Sospirò, portando le braccia lungo i fianchi e addolcendo l'espressione, non si sarebbe fatta rovinare la giornata, complice anche il fatto che le avesse chiesto come stesse; gli avrebbe dato il beneficio del dubbio, ma se avesse fatto di nuovo dell'ironia beh, non sarebbe stata da meno. Così, per fargli capire che non le andava di discutere, si abbassò per raccogliere la scopa che, molto probabilmente, era stata l'artefice della sua caduta e gliela porse. «Anche lei sembra essere apposto.» Lo stesso non si poteva dire del suo libro: era finito in una pozzanghera ed era tutto rovinato, la sua edizione limitata del " Il Grande Gatsby" era andata. Prese la bacchetta e con un Wingardium Leviosa lo sollevò in aria, avvicinandolo a sé per vedere in che condizioni fosse esattamente. Pessime, non c'era nulla da fare. «Lui no, è affondato.» Pace all' anima sua.




    Edited by Daphne. - 25/9/2022, 23:41
     
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  4. seán
     
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    Seán Hardice
    [ SCHEDA ] - 18 - III anno - dormitorio - animagus vol I
    Ero consapevole di essermi comportato un po' da arrogante con lei, definendola con quell'appellativo che nemmeno sapevo se le si addicesse o no: di sicuro non l'avevo chiamata principessa per i suoi atteggiamenti o perchè conoscevo qualcosa del suo passato. Non conoscevo la Andersen così bene da poterla giudicare in qualche modo, eppure apparentemente mi ero comportato così. Probabilmente, il fatto che non fossi di ottimo umore non aveva aiutato, avevo i nervi a fior di pelle ed anche per questo motivo provavo a sfogare le mie frustrazioni recandomi in anticipo al campo da Quidditch, quando potevo. Certo era che tornare indietro nel tempo non era possibile, nè comunque mi sarei scusato per averla chiamata così - maledetto orgoglio, ne ero succube. Okay che lei mi stava guardando con freddezza, adesso, il cambiamento nei suoi occhi azzurri era per me lampante, ma non l'avevo mica insultata, no? Però trattenni un sorriso alla sua risposta, dalla quale compresi che sì, ci era rimasta male, ma apprezzavo l'ironia nella sua frase. D'altra parte, sì mi dispiaceva per il colpo preso, ma per lo meno entrambi eravamo interi. Confermai che anche io lo ero. Sì, tutto ok. Allargai le braccia per porre enfasi sul fatto che io fossi ben piazzato, non fisicamente parlando - anche - quanto nell'abbigliamento. Ero corazzato per ricevere colpi. Tranne lì. Lì non avevo protezioni, ma tutto ok anche nei paesi bassi. Recuperai la scopa che la bionda mi passò, e trovai il suo gesto fin troppo gentile rispetto a ciò che meritassi, dato come avevo esordito. Dunque recuperai il manico, constatando che fosse tutto intero anche lui e, onestamente, tenevo più alla scopa che a me stesso. Grazie, comunque. Riposi il legno al mio fianco, poggiandoci il peso del corpo nemmeno fosse il bastone della mia vecchiaia. Non potei ricambiare il suo gesto raccogliendole il libro, perchè la giovane aveva già provveduto a recuperarlo da sola, forse troppo tardi ormai, dato che il tomo era in pessime condizioni. Questo sì che faceva male. Potevo essere arrogante, anche un po' stronzo delle volte, addirittura forse indifferente alla maggior parte degli avvenimenti che accadevano intorno a me, ma quando era un libro a rimetterci non potevo far finta di nulla. Il libro in questione era finito dentro una pozzanghera e adesso era tutto inzuppato, la copertina già rovinata nemmeno fosse caduto in una pozza d'acido, e riuscivo a malapena a leggerne il titolo: il Grande Gatsby. Leggevo parecchio, e certamente questo libro in particolare mi era finito tra le mani un po' di tempo fa, come anche Belli e Dannati, dello stesso Fitzgerald. Del Grande Gatsby avevo apprezzato il clima anni venti, il tema dello sfarzo della solitudine, anche se gli intrecci amorosi non facevano per me. Ma rimaneva un libro. Alla fine della storia persino un bel libro. Se fino a quel momento avevo cercato di mantenere un contegno freddo o quanto meno distaccato, adesso Daphne avrebbe potuto notare davvero il dispiacere nel mio sguardo. Mi dispiaceva indipendentemente dal fatto che avessi trovato il libro un po' noioso, ed io ero fan dei libri prolissi, eh. Io...mi dispiace davvero. Sicura sia irrecuperabile? Mi avvicinai di un passo, porgendole una mano per far sì che me lo passasse così da poterlo esaminare a mia volta, se lei avesse voluto. Forse conosco un modo per sistemarlo. Perchè sì, non conoscevo il valore affettivo che Daphne potesse riporre in quel tomo, ma ero sicuro che, a volte, limitarsi a comprare una copia identica ad un'altra non bastava. Ai libri ci si legava, anima e corpo. Non erano solo pagine scritte in serie tutte uguali. Quel libro in particolare poteva diventare importante, ed una copia non sarebbe mai stata uguale ad un'altra, sebbene all'apparenza identica. A che punto della storia eri arrivata? Domandai, curioso.
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    Al suo grazie rispose con un semplice cenno del capo. Il ragazzo si era dimostrato diverso rispetto a come si era immaginata, per cui si porse in modo differente nei suoi confronti. Fu sempre educata, ma mentre prima era più predisposta ad intavolare una conversazione amichevole, adesso lo scrutava con indifferenza. Le prime impressioni sono importanti, soprattutto perché ti fai un' idea positiva o negativa di una persona che raramente cambia nel tempo. Daphne era una molto razionale, sapeva che a seconda delle situazioni le persone potevano reagire in modo diverso sulla base del proprio carattere. Tuttavia, a lei non interessava più di tanto, le bastava mantenere un rapporto civile con tutti se possibile e concentrarsi su di sé e gli obiettivi da raggiungere. In generale, le andava bene parlare del più e del meno, condividere le proprie passioni e anche uscire insieme a prendere qualcosa, perché no, ma non andava oltre. Per cui, assunse il tipico atteggiamento freddo e tenne le distanze, segnando una linea immaginaria oltre la quale non si poteva andare. L' unica eccezione era Hunter. Faceva fatica ad ammetterlo ma, obiettivamente, da quando si erano conosciuti, era stata lei ad avvicinarsi tirandogli un riccio, portandolo via alla festa, accarezzandolo alla Guferia e non rifiutando il suo tocco a lezione. Si era resa conto che, in un modo o nell'altro, l'aveva sempre toccato e quella distanza che normalmente metteva tra lei e gli altri con lui non valeva. Anche adesso, mentre guardava i capelli di Seán, non provava alcun desiderio di andare lì e mettere le mani in quella chioma riccia. Dall'esterno poteva anche sembrare una cosa stupida, ma per una come Daphne che non invadeva mai lo spazio personale altrui e odiava quando gli altri lo facevano, era tutto un dire. Doveva davvero darsi una regolata con quel corvonero, le cose le stavano sfuggendo di mano.
    Aveva comprato l'edizione limitata di quel libro una settimana fa, era arrivata a metà della storia e vedere lo stato in cui era ridotto le dispiacque. Ci teneva alle sue cose, le trattava sempre con la massima cura, come i pattini bianchi che sua nonna le aveva regalato, i vestiti, i libri, le pergamene e molto altro. Inoltre, aveva un'attenzione speciale per Alec, il suo gufo. Quel pennuto le faceva compagnia da quando era piccola, le era stato vicino persino durante il funerale di sua nonna. Sua madre le aveva detto di non piangere davanti agli altri maghi purosangue, di mantenere un certo contegno mentre tutto quello che voleva era solo aggrapparsi a qualcuno e sfogare il suo dolore. L' unico che aveva mostrato un minimo di empatia era stato Alec, un gufo, mentre i suoi genitori erano rimasti a guardare, impassibili, la loro bambina soffrire. Da allora il cuore di Daphne era diventato una fortezza di ghiaccio.
    «Non è colpa tua se è finito in una pozzanghera. Magari con un' incantesimo si può fare qualcosa.» Osservò il serpeverde là davanti: dall' espressione e il tono di voce si capì che era dispiaciuto. A cosa era dovuto questo cambio? Al libro? C'era chi provava un amore spropositato per la lettura, tipo Hunter, ed era quasi certa che avrebbe avuto la stessa reazione del serpeverde. Sospirò, aveva iniziato a pensare anche a come avrebbe reagito in determinate circostanze, fantastico. Nel mentre, Seán si era avvicinato di un passo, allungando una mano in sua direzione. Daphne lo guardò stranita per un attimo, prima di prendere il libro e passarglielo. «Beh, è tutto tuo allora.» Sorrise cordiale. Nel caso non ci fosse riuscito ne avrebbe comprato un'altra, per fortuna non aveva alcun valore affettivo per lei altrimenti le cose sarebbero state diverse, soprattutto se era da parte di sua nonna, l' unica persona alla quale avesse mai tenuto. È strano provare un amore così grande per qualcuno che non c'è più e indifferenza per i vivi e, in parte, fa paura anche abituarsi alla solitudine perché, inevitabilmente, capisci che nessuno è indispensabile. «Sono arrivata a quando muore Myrtle. Tu lo hai già letto?» Stranamente la conversazione andrò avanti, infondo si trattava di commentare un'opera di fantasia e Daphne non aveva problemi. Ascoltare l'opinione altrui è sempre interessante, ti permette di inquadrare meglio una persona e di capire come ragiona. «Comunque se non riesci a ripararlo non è un problema.» Ci tenne a precisarlo. Voleva vedere che tipo di incantesimo avrebbe usato, era per quello che aveva accettato il suo aiuto. Di solito preferiva fare le cose a modo suo, ma voleva anche imparare più cose possibili mentre era in quella scuola e osservare gli altri era un buon metodo per farlo.


     
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  6. seán
     
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    Seán Hardice
    [ SCHEDA ] - 18 - III anno - dormitorio - animagus vol I
    Se all'inizio noto un certo astio negli atteggiamenti con cui la Andersen si rivolge a me, probabilmente dovuti all'appellativo per lei poco carino con cui l'ho nominata poco prima - mi è davvero venuto spontaneo, ma solo e solamente per il suo aspetto fisico all'apparenza regale: biondi capelli lunghi, occhi di ghiaccio, e non è che io sia propriamente un fan delle fiabe, ma la direi un mix tra la bella addormentata, Rapunzel ed Elsa di Frozen. Forse più quest'ultima. Ed anche se in parte posso capire tutta la storia riguardo il maschilismo, il sessismo e bla bla bla, quanti ismo devono ancora condizionare le relazioni umane ed il mondo? Perchè non esiste un mondo privo di pregiudizi? Non che io sia l'eccezione speciale, anche io ne ho tanti, e mi fa male prenderne atto. Spero che il mondo trovi un proprio equilibrio in questo. In ogni caso, mi terrei bene alla larga dal contribuire in maniera eccessiva al suo cambiamento. Non mi ci vedo proprio come attivista per qualsiasi cosa. Faccio quel che posso, ma certe questioni sono troppo grandi per me, troppo importanti. E detto in parole povere: ho altro per la mente.
    Ora la giovane mi scruta con indifferenza, e la cosa mi diverte: pare mi stia studiando, mi sento a tratti sotto esame, ma dato che la rabbia iniziale per quella caduta inattesa è sfumata, mi permetto il lusso di sorriderle. Hai gli occhi di ghiaccio quando mi guardi. Constato, senza apparente necessità di una risposta in merito. Poi, approfittando del suo silenzio, continuo, sicuramente pensi che io sia un coglione qualunque che da della principessa alla prima che gli pesta i piedi. Quasi come se nel 2022 essere definite principesse sia un insulto o qualcosa di orrendo e misogino. O magari avevo frainteso tutto. Ma non la vedo così E non lo dico per far star meglio lei, quanto per mettere apposto la mia coscienza, dato che non mi conosce e non voglio passare per uno stronzo.
    La vedo trattenersi sul posto, come se avvicinarsi a me le costi qualcosa di troppo, e mi va bene così, anche io adoro chi mantiene le distanze con me, e quella Anderson sta iniziando a starmi simpatica. Non mi spiego, però, come non pensi di utilizzare uno degli incantesimi base per la pulizia di quel libro, insomma! Nemmeno sia sporco di muco di vermicolo, secrezione del Bundimun o peggio gli escrementi del Knarl. E' solo un po' di fango e acqua, alla fine. "Se non riesci a riparlarlo non è un problema" Mi dice. Non riesco ad evitare di scoccarle un'occhiata fulminea, solo un secondo in sua direzione, mentre poi risposto lo sguardo sul libro. Evidentemente, di me non ha capito niente. Tu non sai chi sono io cit.
    Stringo tra le mani il libro che le si è tutto sporcato, e lo rigiro su più lati per capire dove siano le zone più macchiate e quelle meno. Valuto se utilizzare un tergeo o un gratta e netta, ma se il primo dei due mi sembra più delicato ed adatto ad un libro, il secondo, da quanto ho appreso tramite il Libro base degli incantesimi, può risultare un po' più aggressivo per le pagine di quel tomo, dunque decido di evitarlo. Non perdo troppo tempo, estraggo la bacchetta dal fodero della divisa da Quidditch e mi concentro sul tomo, puntandogli contro la stecca di legno e pronunciando la formula - chissà cosa Daphne s'aspettava in effetti, e la cosa mi fa sorridere dunque creo un po' di suspance prima di proseguire con - ...tergeo. Lentamente, le pagine del libro iniziano a ripulirsi della zozzaglia che avevano sopra, tornano bianche, facendo risaltare ogni lettera con precisione, basterebbe un altro incantesimo semplice per asciugarlo nel caso in cui sia rimasto un po' bagnato. E magari si sarebbe gonfiato come un barbagianni, ma almeno non era da buttare! Per ora, pare tornato come nuovo. Forse sulla copertina rigida avrei anche potuto usare un gratta e netta, ma valuto che sia ottimo così. Dunque, con espressione soddisfatta nello sguardo - perchè dimostrare di saper far bene un qualcosa mi ha sempre dato grandi soddisfazioni, le restituisco il libro. Sorrisetto? Quella Daphne è peggio di me, non sorride mai se non quando ci troviamo in aula a dare gli esami, o con le mani dritte al cielo per essere chiamati all'interrogazione. Che due scope in culo.
    Quando mi parla di del libro e della morte di Myrtle nello specifico, non faccio fatica a ricordare il pezzo preciso della storia, ho proprio in mente l'immagine tragica della donna che viene schiantata dall'auto in corsa. Mi trattengo dal commentare - perchè consciamente in quel libro non se ne salva manco uno, di personaggio, e forse nemmeno io mi salvo - ma annuisco alla sua domanda sull'averlo già letto. Certo, che l'ho letto. Nella libreria personale di mio padre si trova solo robaccia. A te sta piacendo? Ghigno. Generalmente non sono portato al dialogo, e quando possibile taglio corto le conversazioni per dileguarmi. Ma stiamo parlando di libri e la cosa non mi disturba affatto. Ho letto anche Belli e dannati, e l'inizio mi rappresenta così tanto:
    Anthony Seàn passa il tempo oziando nella vasca della stanza da bagno, progettando di scrivere un monografia sui papi del Rinascimento fantasy horror mentre spera nella morte del nonno padre per avere la sua favolosa eredità.
    Cioè top. Ma a Daphne frega qualcosa? Probabilmente no, dunque proseguo. Okay, io devo andare all'allenamento di Quidditch, ma seguimi su instagram per altri incantesimi base. Ed ammicco verso di lei, riprendendo in mano la mia scopa. Una chiara frecciatina al fatto che lei sia Prefetto e non conosca le modalità con le quali mettere in atto un incantesimo così semplice. Un po' mi viene da ridere, un po' mi fa tenerezza. Ma con quali criteri li hanno scelti?
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    come sempre pane e simpatia
     
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    La sua prima impressione su Seán Hardice era stata positiva, la seconda, invece, pessima. Era uno che si faceva gli affari suoi, era vero, ma più ci parlava e più le ricordava quei palloni gonfiati della sua vecchia scuola. Era indubbio che quel tipo provenisse da una famiglia importante, aveva l'atteggiamento tipico di chi era cresciuto nel lusso, usava capi pregiati, camminava con il petto in fuori e guardava gli altri con sufficienza, non tutto il corpo studentesco ma la maggior parte sì. Le aveva notate quelle cose, Daphne, non solo perché era una brava osservatrice ma anche perché il professor White sembrava avere una buona opinione su di lui e, vista la stima che provava nei suoi confronti, voleva capire cosa ci trovasse. Era bravo a scuola, ambizioso e sicuro di sé, il classico serpeverde, però, per entrare nelle grazie del vicepreside, dovevi essere soprattutto educato . Educazione che avrà mostrato ai più gradi forse, con lei era stato arrogante, antipatico ed estremamente sarcastico. Di solito tipi del genere li ignorava, però quell'Hardice la stava facendo decisamente irritare. Chi si credeva di essere esattamente? Merlino reincarnato? Scendesse dal piedistallo.
    Una delle cose più utili che aveva appreso da quella stronza di sua madre era indossare una maschera di indifferenza per non mostrare alcun tipo di emozione. I sentimenti sono una debolezza, influenzano le persone e, spesso e volentieri, vengono usati proprio per manipolarle. Lo sapeva bene Daphne che, per anni, era stata la marionetta di quella donna insieme a suo padre. Per questo, di fronte alle battute sarcastiche e alle strane constatazioni di quel serpeverde, nemmeno si scompose. «Sarà la luce.» Fu tutto quello che rispose. Ascoltò poi la sua spiegazione o giustificazione, dipendeva dai punti di vista, sull'appellativo che le aveva rifilato poco fa, a scoppiò ritardato tra l'altro. Non capiva neanche perché sentisse il bisogno di farlo quando a lei, del suo parere, non gliene fregava assolutamente nulla. «Sei per caso un Legilimens per affermare con tanta sicurezza che penso tu sia un coglione?» Le aveva messo in bocca parole non sue, lei non aveva detto nulla a riguardo e aveva deciso di sorvolare la cosa, non era niente di importante. Stava facendo tutto lui. Continuò a dare aria alla bocca, ribadendo il fatto che essere chiamata "principessa" nel duemila ventidue non fosse un'offesa, e quindi? Se la poteva anche tenere la sua opinione, nessuno gliel'aveva chiesta. «Se lo dici tu.» Sorrise cordialmente, per lei la questione era chiusa. E poi non le andava di perdere altro tempo con quel soggetto, aveva di meglio da fare che stare lì a parlare con lui; come leggere il suo libro ad esempio. Purtroppo, però, durante lo scontro era finito in una pozzanghera e si era rovinato, non che fosse un problema anzi, non avendo alcun valore affettivo poteva essere tranquillamente sostituito. Era abbastanza ricca da potersi permettere un'altra edizione limitata di quel romanzo, anche più bella della precedente, perché no. Tuttavia, Seán propose di ripararglielo e lei accettò senza problemi, voleva proprio vedere come avrebbe fatto. Alcuni studenti conoscevano incanti superiori e, se il vicepreside aveva preso di buon occhio quel ragazzo, magari era proprio quello il caso. Daphne lo mise alla prova e l'occhiataccia che le lanciò solo per aver messo in dubbio le sue doti le fecero scuotere la testa, doveva avere proprio una grande autostima. Incrociò le braccia e aspettò che lanciasse l' incantesimo, mal che vada ne avrebbe appreso uno nuovo. Era in quella scuola per imparare e ogni occasione era buona per farlo, poco importava il metodo e poi sua madre, da giovane, conosceva un sacco di incantesimi inediti e lei non voleva essere da meno. Quando sentì quello pronunciato dal serpeverde alzò un sopracciglio, interdetta. Tutto qui? Questo era? Che delusione. Non si era rivelato all'altezza di aspettative minime. Prese il libro e lo osservò con attenzione: aveva fatto un buon lavoro tutto sommato, si trattava pur sempre di un incantesimo di base, per come sea credeva sarebbe stato ridicolo se avesse sbagliato. Voleva anche che sorridesse, che carino. «Non sei divertente, mi dispiace.» Fece spallucce. Forse con qualche corso online babbano ci sarebbe riuscito.
    Aveva mostrato un vago interesse per la storia, confermato dal fatto che lui, quel libro, lo avesse già letto. Daphne rispose per educazione, la sua voglia di parlare con lui era meno di zero.
    «Non è un capolavoro, ma è una lettura leggera per passare il tempo.» Di drammi e tragedie ne aveva lette abbastanza, non che " Il Grande Gatsby" fosse allegro, però era meno tragico e pensante di altri. «Interessante, davvero.» Conosceva il black humor il ragazzo e avrebbe trovato la sua battuta divertente se non avesse fatto lo snob prima, cosa che continuò a fare, tra l'altro, quando le lanciò una mezza frecciatina. Aveva un ego smisurato, ma avrebbe lasciato che fossero i fatti a parlare. Nel mentre, decise di ignorare le sue inutili provocazioni, non aveva nulla da dimostrare a quel tipo. Sapeva di essere brava, una delle migliori del suo anno per giunta, e a tempo debito lo avrebbe capito anche Hardice. « Sono desolata ma devo rifiutare la tua offerta, sono troppo impegnata.» Indicò la spilla da Prefetto con un cenno del capo. Non dovrebbe mettere in discussione le scelte del vicepreside, lo faceva passare per un incompetente e non era una mossa molto intelligente. «Seguimi se vuoi diventarlo anche tu.» Questa volta fu lei ad ammiccare in sua direzione, non era l'unico a saper fare del sarcasmo. «Se devi andare vai, nessuno ti trattiene.» Gli sorrise ironica inclinando la testa di lato. Il serpeverde fece come detto e Daphne andò a sedersi sotto un albero per trascorrere, finalmente, un pomeriggio sereno.



    Role conclusa.


    Edited by Daphne. - 27/10/2022, 17:59
     
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