Posts written by voodoo doll.

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    Ruby Elise Duvall

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    Si sentiva al sicuro. Mai e poi mai avrebbe pensato di poter vivere sulla sua pelle un’esperienza simile. Tutto così assurdo, eppure così reale da poter essere toccato con mano. Il dolore l’aveva avvertito forte e chiaro. Il sangue che le scorreva sulla fronte era vivo. Si era sentita minacciata e, con forza, aveva reagito in quel modo tirando fuori il peggio del peggio che teneva rinchiuso in sé. Le sue idee andavano ben oltre le classiche condivise dalla maggior parte degli abitanti del mondo magico. Ruby non faceva altro che amalgamarsi alla maggioranza, così da non destare sospetti fino a quando non fosse pronta, un giorno, a rivelare la sua vera essenza, composta da una profonda oscurità che, incontrollata, le scorreva nelle vene. Una natura particolare la sua, tramandata da chissà quale antenato votato al male ed, infatti, nonostante la dura prova alla quale era stata chiamata, la bionda, non si vergognò nemmeno per un nanosecondo di possedere quell’anima nera che le dava modo di migliorarsi per poter raggiungere i suoi obiettivi, prefissati da molto tempo. E ora? Ora qualcuno ne era al corrente. Un professore, per lo più. Uno di quelli che avrebbero potuto incastrarla dall’oggi al domani, a mani basse, senza alcuno sforzo. Tutti dati che suggerivano quanto la situazione fosse merdosa. Eppure, per qualche assurdo motivo, si sentiva al sicuro lì, in quel momento al cospetto di quell’uomo dall’aria premurosa, tanto da spingerlo a curare le sue ferite derivate a quella sommossa. La pelle si rimarginò, bloccando la piccola emorragia che, immediatamente smise di pulsare, dandole sollievo. Si lasciò cullare da quei gesti, all’apparenza, paterni godendo di quel momento di quiete e approfittandone per distendere quei nervi che, poco prima, si trovavano così tesi da sollevare la sua stessa carne. “La ringrazio.” Abbassò lo sguardo azzurrino, impotente e costernato dalla figura che l’aveva vista come protagonista, ed esaudì il suo invito a prendere posto su un tronco di dimensioni importanti a pochi passi da dove si trovavano in precedenza.
    “Li ha sentiti, no?” Domandò retorica, facendo riferimento a quel branco di ipocriti che l’aveva circondata per riversare sulla sua persona quelle frustrazioni che li affliggevano. “Mi vergogno di averli risparmiati!” Dal suo punto di vista non meritavano di essere ancora vivi per raccontare –secondo il loro punto di vista- ciò che era accaduto in quella piazza.
    ”Le insegnerò tutto ciò che desidera se questo potrà farla felice.” Sì, l’avrebbe fatta felice ma, in cuor suo, non si spiegava il fatto che quell’uomo fosse ancora lì a sincerarsi della sua condizione quando aveva appena sganciato una bomba di dimensioni apocalittiche, mostrando il suo lato più intimo che corrispondeva anche con quello più sadico. “Mi impegnerò a dovere.” Accogliendo di buon grado la sua gentile offerta. “Glielo posso assicurare!” Una promessa che avrebbe fatto di tutto per mantenere. Vantava ben poca esperienza sul campo, senza contare che era cresciuta in una famiglia di fottuti Santi, con saldi principi morali. Loro non avrebbero mai accettato ideologie che si allontanavano da convinzioni radicate così profondamente, tanto da renderle quasi legge. “Mi assicura che nessuno verrà mai a sapere di questo?” Quella ricerca di certezze la fece apparire come una bambina, sciocca e impreparata ad affrontare la realtà che non si era fatta scrupoli ad investirla. La debolezza che traspariva dal suo atteggiamento era lì, palpabile. Una ragazzina in balia di emozioni più forti di lei. Il suo castello crollò. La sicurezza in sé e sulle proprie abilità vacillò a tal punto da obbligarla a rimettere in discussione l’intero vissuto. Non lo accettava. Non riusciva ad accettarsi con le sue fragilità mostrate al primo ostacolo posto sul suo cammino.
    ”Ruby, non sei una debole.” Il registro mutò e il contatto visivo si fece più intenso, spiazzandola ulteriormente. Parole di conforto che non trovavano fondamento negli atteggiamenti posti in essere dalla Tassorosso, ancora incredula di aver risparmiato la vita a quella feccia. Ascoltò attentamente le parole del Signor Blackwood, elaborandole a suo favore, ritrovandosi ad annuire. Nessun indugio. Credeva davvero che fosse tanto meritevole da aggiudicarsi degli insegnamenti extra? Ne dubitava fermamente ma, d’altra parte, non poté che affidarsi al suo istinto, arrivando ad auto convincersi che con allenamento, sarebbe riuscita a raggiungere quegli obiettivi che l’avrebbero poi fatta sentire in pace con sé stessa. Impresa ardua, senza dubbio ma vivere a metà, in balia degli eventi, non rientrava nel suo modo di vedere l’esistenza sua futura. Lo osservò sorridere mentre, senza apparente motivo, si andò a stringere di più al petto dell’uomo. Forse per protezione, forse per il fatto di sentirsi compresa. Non lo sapeva. L’unica certezza stava nel fatto che lì, in sua compagnia. “La ringrazio, di nuovo.” Sospirò a fatica, liberando i polmoni ancora provati dal fumo inalato, mentre con estrema difficoltà andò a ordinare i pensieri nella sua testa. Il tutto ebbe una durata breve. Il tocco del suo salvatore si fece simile a quello tipico di un amante. La bionda, però, invece di irrigidirsi e sottrarsi a quel contatto dalla dubbia natura, lo assecondò beneficiando delle pulsioni che esso andava a creare in lei. Per molti sarebbe potuto sembrare assurdo, certo, ma non per colei che aveva appena consegnato il suo più grande segreto nelle mani di una persona che, fino a quel momento, non pensava potesse rientrare nelle sue conoscenze. Alzò lo sguardo, posandolo su di lui in silenzio, come assorta nei suoi più reconditi pensieri. Il sesso, per la Duvall, non era altro che un mezzo per raggiungere un fine. Non si era mai curata di scegliere un partner per compatibilità o cazzate simili. Escludeva a priori la possibilità di una relazione, non si sentiva adatta a quella monogamia imposta da quella stupida società. I suoi sensi si accesero e l’istinto la spinse ad avvicinarsi pericolosamente al professore. Gli sfiorò le labbra con le sue, delicatamente, azzardando quel tanto che bastava per mostrare le sue intenzioni poco consone ad un rapporto studentessa/docente. Non le importava, non in quel momento. Si scostò di un soffio, lasciando che i suoi occhi danzassero sul suo volto, in attesa di una reazione che potesse dare via libera o ad un approccio più deciso ed eccitante oppure, al contrario, una reazione che avrebbe ripristinato quello che sarebbe dovuto essere il giusto equilibrio. “Ora dovrei scusarmi, dico bene?” Mormorò più a sé stessa che alla persona, la quale aveva tutta la sua pura attenzione.


    Edited by voodoo doll. - 29/6/2023, 14:58
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    Ruby Elise Duvall

    Raramente, in vita sua, Ruby si era lasciata sopraffare dalla paura. Poteva contare quegli episodi sulle dita di una mano. Riluttante, sicura di sé e pronta ad affrontare a testa alta qualsiasi situazione le si potesse parare davanti. Insomma, una personalità difficile da scalfire. Eppure, quel giorno, aveva provato sulla sua pelle cosa volesse dire, temere per la propria vita. In mezzo a quelle fiamme, per un attimo, davanti ai suoi occhi spenti, si erano annidate le immagini per lei più significative. I suoi genitori. Le sue piccole vittorie personali poste in essere lungo il suo breve cammino. Brevi scene della sua quotidianità, anche le più insignificanti, le erano sovvenute per cercare di tenerla ancorata alla vita, evitandole di scivolare nel baratro e lasciarsi trascinare via. La forza della disperazione. Tutto estremamente significativo. Da quell’esperienza avrebbe estrapolato il maggior numero di insegnamenti che, forse, un giorno si sarebbero rivelati utili al fine di renderla una persona migliore. Sì. Un giorno –al momento- molto lontano.
    ”Non si preoccupi.” Ci volle la rassicurazione dell’uomo per permettere al cuore della Duvall di riacquistare un ritmo che non la esponesse al pericolo di infarto dal quale, era certa, di essere stata ad un passo soltanto. Si lasciò guidare, così come credeva fosse giusto, da colui che l’aveva portata al sicuro, lontana da quel delirio che aveva cancellato ogni sua certezza. E ora? L’oscurità che nascondeva gelosamente in lei, era trapelata e anche attraverso una modalità piuttosto imbarazzante. Se i suoi genitori fossero venuti a conoscenza del suo punto di vista su quel mondo che, per quel che la riguardava, non era altro che un fallimento beh, sapeva bene che avrebbe passato dei grossi guai. Bigotti. Convinti che la loro vita fosse il massimo a cui potessero ambire. Menti semplici, traviate da sciocche convinzioni insane e propinate da una società popolata da cialtroni, esattamente come le persone che l’avevano ridotta in quello stato. La fronte iniziò a dolore più di quanto avesse avvertito fino a quel momento. L’adrenalina, lentamente, andò a scemare mentre, in lei, si faceva largo un senso di smarrimento che l’avrebbe trascinata sull’orlo di una crisi di nervi se non fosse riuscita a darsi una regolata, tornando a fare leva sulla sua tanto amata razionalità. Era bastato davvero così poco a scombussolare la sua esistenza? Sono una debole. Nonostante ciò, riuscì perfettamente a sostenere lo sguardo del Professore il quale, ne frattempo, andò a sondare quale fosse la condizione della ferita, con il dorso della mano. Lo lasciò fare, senza battere ciglio. L’aveva salvata da quella merda e, in un modo o nell’altro, sentiva che al suo fianco non avrebbe corso ulteriori e inutili pericoli. Era riuscita ad osservarlo attentamente, muoversi con maestria all’interno di quello scenario apocalittico. Nessuna ombra di esitazione. Nessuna paura. Nel suo sguardo solo un’estrema fierezza e determinazione, quella che un giorno avrebbe voluto acquisire per esaudire i suoi sogni. “Non sono certa di stare bene.” Fisicamente parlando, sì. Moralmente, invece, un uragano si era appena scagliato contro di lei, distruggendo tutto il lavoro minuziosamente svolto per reprimere quell’oscurità che, inevitabilmente, prima o poi sarebbe riuscita a trapelare naturalmente. “Avrei voluto ucciderli!” Un sussurro. Solo in quel momento, Ruby, era riuscita a rendersi conto di quanto fosse vicina allo sterminio di massa. Sì. Se solo ne avesse avuto il potere, li avrebbe cancellati –uno per uno- da quella fottutissima terra. “Voglio imparare da lei, se me lo concederà.” Era consapevole della sua fragilità dovuta, principalmente, alla sua giovane età ma, d’altra parte, il tempo non era un suo grande alleato. “Ma…” Una lacrima le rigò il viso, esponendo, lì, in bella vista la sua debolezza. Si faceva schifo e per questo si lasciò andare a quell’abbraccio, per essere supportata e –per alcuni versi- consolata. Si stupì di sé stessa, sforzandosi a comprendere cosa riuscisse a farla sprofondare in quell’amarezza che provava nei suoi stessi confronti. “Sono una debole!” Ammise. “Come posso girare a testa alta in quei corridoi, sapendo di poter soccombere così. Sono quasi morta. Se non ci fosse stato lei…” Dillo ad alta voce. “… beh, non saremmo qui a parlare!” Un fallimento. Non si era mai fermata a pensare al chi fosse realmente Ruby Duvall. Si era sempre nutrita di quella certezza che la vedeva al di sopra di quelle che erano le sue compagne e le frivolezze che interessavano loro. Aveva, persino, deciso di rinunciare all’amore, evitando accuratamente il calore umano, così invitante e annientatore di quel futuro che bramava con ogni fibra del suo corpo. … lei vale mille volte di più, ha un qualche cosa che gli altri non hanno.” Cercò il suo sguardo che denotava un elevato grado di sincerità su ciò che era appena andato a proferire. “Come fa a dirlo?” Certo. Pura esperienza, che domanda. Eppure vi doveva essere, per forza, qualche cosa che aveva catturato la sua attenzione. O no? Che andava a pensare? Si trattava pur sempre di una ragazzina priva di competenze, utili anche solo per mettere il naso fuori dalle mura di quella scuola che aveva il compito di forgiare animi inquieti, come quelli della stra maggioranza dei ragazzini che aveva avuto modo di incontrare sulla sua strada. Tornò a poggiare la fronte sul petto dell’uomo, recuperando da un lato le forze e, dall’altro, cercando di persuadersi che quell’incubo fosse giunto al termine. Sospirò. “No.” In quel preciso istante si rese conto di non aver alcuna intenzione di fare ritorno ad Hogwarts. Non ancora. Puntò le iridi azzurrine ed imploranti in quelle scure del Signor Blackwood, apparendo una bambina ingenua e bisognosa di quella fottuta comprensione che le era stata negata per troppo tempo. In lui sembrava aver riscoperto la gioia dell’essere ascoltata, capita e indirizzata sulla strada che più si adattava alla sua indole travagliata. “Può rimanere con me, ancora per qualche istante?” Avanzò la sua richiesta, senza indietreggiare di un millimetro, essendo ben consapevole che si stava ponendo in essere una condotta contraria a ogni morale. Non era pronta ed, in quel luogo, con quell’uomo, non avrebbe corso pericoli. Cercò la sua mano destra e la strinse. “La prego.” Un sorriso appena accennato e, poi, solo il silenzio intorno a loro.
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    Ruby Elise Duvall

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    Che cazzo. Che cazzo. Quelle imprecazioni dirette alla sua persona, da parte di esseri che reputava inutili, le avevano acceso quella miccia che, da troppo tempo, era rimasta sopita, soffocata da quella maschera fatta di perbenismo che era costretta ad indossare per non rischiare di far saltare la sua, così detta, copertura. Difficile, giorno dopo giorno, cercare di apparire quello che, per natura, non si è portati ad essere, Eppure ci era riuscita discretamente, grazie a quel bel faccino, sorridente e per niente riconducibile al suo lato oscuro, nascosto in quelle viscere che non perdevano occasione di contorcersi davanti a un qualsiasi essere disumano, come quei dementi che ancora si dimenavano per inneggiare a quei loro insulsi modi di pensare. Doveva uscire da quella situazione. Che ne sarebbe stato della sua reputazione? No, non se lo sarebbe mai perdonata. Lei, così ambiziosa e proiettata a quel futuro che avrebbe voluto a sua immagine e somiglianza. Poteva fare una fine da topo? Intrappolata tra quelle fiamme che neanche riuscivano a bruciarla, per Merlino. Idioti. Mettersi contro qualcuno estremamente più dotato di loro, che pessima mossa. Ma, in fondo, che ne volevano sapere delle menti semplici come le loro, capaci esclusivamente di unirsi ad una causa portata avanti a inetti, senza spina dorsale. Una rabbia cieca la pervase. Figlia mia… cosa ti è successo?” Ma faceva sul serio? Tutta quelle parole gettate al vento non riusciva più a tollerarle. Il suo sguardo si fece cupo, assetato del suo sangue. Per la prima volta, da che ne avesse memoria, voleva la morte di qualcuno così disperatamente da neanche sentirsi più umana. Che le era successo? Bella domanda ma di certo non avrebbe perso tempo a spiegare, a quel mentecatto, chi fosse in realtà. A che sarebbe servito? Quello stolto, forse, avrebbe compreso meno della metà delle sue spiegazioni. “FOTTITI!” Sul suo volto si aprì un sorriso grottesco, quasi innaturale. Quel che stava avendo luogo in quella piazza non era altro che uno scempio, scene di vita da cancellare completamente dai libri di storia. Un abominio. La folla, a gran voce, richiedeva la sua morte e lei, in tutta risposta, si ammutolì già soddisfatta di tutte quelle minacce che, con estrema schiettezza, aveva riversato su quegli esseri ignobili che, punti sul vivo, presero a tirarle sassi. Abbassò lo sguardo su chi, fortunato, risiedeva in prima fila, così da poter osservare meglio la strega al rogo. Così piccoli, così maledettamente ingenui. Nei loro gesti risiedeva quella profonda convinzione di avere la verità in tasca. “Ma che…” Una pietra. Due. Tre. Piovvero sulla sua persona, provocandole graffi e ferite anche di importante entità. Il sangue le ribollì nelle vene, come se al suo posto, nelle vene, scorresse del vero e ardente fuoco. Sentiva la pelle bruciare ma, fortunatamente, non per via del rogo. Il trucchetto posto in essere aveva funzionato e, ancora, sembrava che la sua morte fosse del tutto lontana. La sua mente elaborava più e più informazioni contemporaneamente mentre, il suo corpo, si muoveva mosso dalla volontà di liberarsi da quella prigionia insensata. Tutto inutile e frustrante. Tirò la testa indietro, alzando gli occhi azzurrini verso quel cielo che, fino a quel momento, non aveva mai sondato con tanta attenzione. Il suo destino era stato compiuto. La fine che si meritava era proprio quella? Che aveva fatto di male, in fin dei conti? Essere sé stessi, però, non sempre risultava facile e quando ci si provava, questi erano i risultati. Quanta ipocrisia.
    ”Signori… Signori” La sua testa scattò in direzione di quella voce familiare. Sì, ne era certa. ”Suvvia calmiamoci.” Ben detto. Porre fine a quel trambusto, forse, sarebbe stata cosa buona e giusta anche se, d’altra parte, non vi era nulla da chiarire con quei poveri imbecilli. “Signor Blackwood!” Farfugliò speranzosa ma, allo stesso tempo, timorosa che fosse rimasto lì in mezzo così a lungo da aver assistito per intero al suo ridicolo spettacolino che, però, aveva mostrato ciò che avrebbe voluto tenere nascosto se non per sempre, almeno fino a momento debito. Lo osservò mentre, con estrema calma, si approcciava a quel branco di bestie inferocite, senza un briciolo di sgomento nel suo tono di voce solenne. “Dove…” L’uomo scomparve in un lampo per apparire, subito dopo, ai piedi della pira, alla quale Ruby era stata legata contro la sua volontà. Il botta e risposta tra il professore e gli organizzatori di quello scempio le impedirono di proferire parola, reprimendo il suo istinto di sfogare per l’ennesima volta la sua ira che, con il passare dei minuti, aveva raggiunto livelli davvero impensabili per un dolce faccino come il suo. Trattenne il respiro. Cosa sarebbe successo ora che, ingenuamente, era stata portata a vuotare clamorosamente il sacco, davanti a Blackwood. Tremante e a disagio, Ruby, cercò una qualsiasi scusa da propinare in caso di interrogatorio ma, inaspettatamente, una semplice parola pose fine alle sue insicurezze ”Ardemonio!” Dalla bacchetta si sprigionarono lingue di fuoco impossibili da domare che, con una ferocia disarmante, si abbatterono su quello spazio occupato da quelle anime semplici che, in un batter d’occhio, furono spazzate via. Una dolce fine per i suoi gusti deviati da una mentalità malata e, per alcuni versi, anche rivoluzionaria. Si sentì libera. Riacquistò quel movimento che, fino a qualche istante prima, credeva di non poter provare mai più. ”… mi dia la mano!” Senza farselo ripetere due volte, la Duvall, tese la mano e si arpionò all’uomo, quasi come fosse la sua unica ancora di salvezza. Buttò l’occhio su quello spettacolo e fu lieta di poter osservare quel risultato. “Non avrei chiesto di meglio!” Sibilò in un soffio appena percettibile mentre le fiamme ardevano ancora, specchiandosi nell’azzurro delle sue iridi. Eccitante al punto tale da permetterle di godere di quella che molti avrebbero reputato una tragedia. “Che cosa non va in me?” Domandò, più che al suo compagno di viaggio, a sé stessa. Era certa che qualche cosa in lei non funzionasse come di dovere ma, tirando le somme, chi poteva definire con certezza cosa fosse la normalità? Nessuno o, per lo meno, non quell’ammasso di umani. “La ringrazio.” Raccolse il suo invito con piacere ed, insieme, lasciarono quel campo di battaglia che l’aveva vista scoppiare di rancore verso una razza che, sin dal suo primo vagito, aveva sempre reputato inferiore.

    Riapparvero dove? Non lo poteva sapere. Quel luogo a lei sconosciuto aveva, però qualche cosa di estremamente affascinante. Forse per via della sua passione per quel riguardava la storia, chissà. Dopo una breve panoramica poté constatare, finalmente, di essere al sicuro da quegli esaltati ma chi l’avrebbe protetta da sé stessa. Si voltò e trovò proprio davanti a lei l’artefice di quella smaterializzazioni riuscita perfettamente e la sua mano si trova, ancora, ben ancora in quella dell’uomo. “Mi scusi.” Per Merlino. La ritrasse velocemente, fingendo una disinvoltura che non possedeva realmente. Alle loro spalle vi era una costruzione fatiscente, una di quelle circondate da un ampio spazio formato da campi e nulla più. Un rifugio. Questo era ai suoi occhi. “Le devo la vita!” O forse di più? Non poteva saperlo. “Sono così confusa e incazzata.” E poi, dove cazzo erano finiti? Aveva visto la morte in faccia eppure, per qualche assurdo motivo, non riusciva a pentirsi di quel che aveva proferito in quella schifosa piazza. “Volevano uccidermi. QUEGLI STRONZI VOLEVANO UCCIDERMI! Perché?” Il panico si insinuò nella sua psiche, rompendo quell’equilibrio che credeva di poter mantenere fino all’ultimo istante. E invece no, tutto a puttane, come al solito. Forse sarebbe stato il caso di tenere a freno la lingua ma, vista la situazione, non avrebbe avuto alcun senso tornare sui suoi passi, oramai segnati da quell’alone di oscurità che la circondava.
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    Ruby Elise Duvall

    Riprese fiato, con grande difficoltà. Sentiva fame d’aria, una sensazione tremendamente frustrante ma impossibile da esaudire. Cercò ancora una volta di divincolarsi, nella speranza che quelle corde di bassa qualità si sfilacciassero quel tanto che bastava da permetterle di liberarsi da quella prigionia immotivata. Che si credevano? Che il mondo appartenesse davvero alle loro stupide menti semplici? Illusi. Il potere era tutto. Il potere doveva essere tutto e nella loro banalità, non avrebbero mai e poi mai raggiunto risultati anche lontanamente accettabili. Li osservava, attentamente, ne studiava i movimenti, le affermazioni e le accuse mosse in sua direzione. Niente di nuovo, la solita ignoranza tipica di quelli che aveva sempre considerato idioti, privi di aspirazioni e concentrati a voler distruggere quelle di chi, per natura, risultava più dotato e fortunato. Le streghe. Un conato di vomito raggiunse il suo stomaco, trattenendo l’istinto di vomitare altro oltre le parole proferite fino a quel momento. Disgustosi. Beh, il messaggio sembrava aver raggiunto il destinatario forte e chiaro, senza lasciare spazio a dubbi. Quelle persone la nauseavano, così come i loro sciocchi ideali con i quali facevano crescere generazioni intere, destinate ad una clamorosa estinzione prima del dovuto. Almeno, ciò era quello in cui sperava ardentemente. ”La prego signore, la prego!” Cosa, scusa? Stava davvero pregando quella razza inferiore di che? Di salvarle la vita? Come se non potesse farlo con le sue sole forze. Andiamo, che uomo di poca fede. Piegò la testa di lato e lo squadrò, come si quadra un mosca fastidiosa appena posata sulla parete, in attesa di essere brutalmente spiaccicata. Nei suoi occhi regnava il nulla più totale, cosi come nella sua anima spenta e devota a quella causa che l’aveva portata al patibolo, anche se ancora si chiedeva il perché. ”Ha solo dei modi di fare un po’ eccentrici.” Oh, poteva dirlo ma non era di certo a causa del suo modo di pensare e vedere la realtà. Avrebbe donato loro i suoi occhi, per qualche istante, giusto il tempo per farli rendere conto della loro pateticità imbarazzante. Loro dovevano stare lì, al suo posto e lei dall’altra parte della barricata, impegnata a scuotere il capo ad ogni richiesta di clemenza. Tutto gira al contrario! Sospirò, ancora lontana dalla consapevolezza che le fiamme, molto presto, l’avrebbero avvolta al punto tale da non lasciarle alcuno scapo. “STAI ZITTO.” Esclamò lapidaria. Quelle stronzate non facevano altro che peggiorare il suo malumore e astio nei confronti di coloro che se ne stavano lì, imbambolati, come pecore al pascolo mosse da una sola persona convita di essere in possesso del bene assoluto. Una presunzione enorme per un semplice essere umano, privo di magia. “SO BENISSIMO QUELLO CHE DICO!” Spazzò via la più piccola incertezza da quelle menti inferiori. “NON HO BISOGNO DI ESSERE DIFESA DA TE.” Un coraggio da vendere ma, tutta quella caciara, sarebbe servita a qualche cosa? O l’avrebbe resa una martire inutile, morta come molte delle sue antenate solo per la gloria? Quella stupida inquisizione non aveva il benché minimo senso. La sua sorte era già stata segnata sin dal primo momento e quel teatrino non faceva altro che alimentare la diversità tra razze che, mai e poi mai, secondo il suo punto di vista, si sarebbero potute trovare sullo stesso piano, perseguendo l’assurda strada dell’integrazione. Quell’utopia.
    ”Tesoro mio…” Marcava male. Altra stronzata in arrivo. Se lo sentiva. Quella sensazione di intolleranza che saliva ogni fottutissima volta che qualcuno stava per scendere nelle più banali ovvietà, per tentare di pararsi il culo. Ma poi da chi? ”… non sei uno scherzo della natura.” Nonostante si trovasse in bilico tra la vita e la morte, Ruby, non riuscì a mascherare quel disprezzo, indossando una delle tante maschere a cui era abituata. No. Quel giorno si giocava con il fuoco, nel vero senso del termine e quelle fiamme, se le cose si fossero messe male, l’avrebbero purificata e strappata a un mondo al quale non era mai appartenuta. Vedere il lato positivo della cosa, però, non riuscì a calmare il suo animo inquieto e desideroso di sputare veleno contro quel branco di stolti lasciati in circolazione a tradimento. “Questa piazza è gremita di scherzi della natura, eppure nessuno sembra accorgersene.” Abbassò il tono della voce, convinta che potessero comunque deliziarsi delle sue fantastiche battute. “PARLI TU? CHE GARANZIA.” Lo schernì, senza pietà, gettandolo ancora più verso il baratro della disperazione. Non le importava nulla di quell’uomo. “CHIUDITI QUELLA BOCCA LURIDA.” Il suo bersaglio si estendeva a tutti quanti, senza differenza di sesso, età o colore della pelle. Tutti uguali davanti ai suoi occhi azzurrini. La folla tornò ad inveire mentre in lei iniziava a farsi largo l’assurda idea di lasciarsi andare una volta per tutte. Finire lì quello schifo. Se avesse esalato l’ultimo respiro prima che le fiamme la martoriassero, si sarebbe levata quella deplorevole immagine da davanti. “URLATE PURE!” Abbaiò mentre le fiamme iniziavano ad ardere dal basso.
    Avvertì in lei esplodere una forza bruta. Inarrestabile. Freddafiamma! Ed eccole, puntuali, le lingue di fuoco giungere alle caviglie. Un leggero solletico si stava lentamente irradiando lungo tutto il corpo, fastidioso, sì, ma per lo meno la sua carne risultava ancora intatta. Scoppiò in una risata sorda, gutturale e inquietante. “SIETE SOLO DEGLI INUTILI INSETTI!” Lo show era appena iniziato. Tocca a lei avere il suo momento di gloria, il loro aveva anche stufato. “VI SCHIACCERÒ TRA IL POLLICE E L’INDICE, UNA VOLTA LIBERATA DA QUI.” Oh, sì. Perché l’avrebbero fatto, sciogliendo quei dannati nodi che le stavano irritando i suoi delicati polsi. “E POI…” Sarà come morire. “NON MI LIMITERÒ A METTERVI IN GINOCCHIO. AD UNO AD UNO.” Oh, nossignori. “VI CANCELLERÒ DALLA FACCIA DELLA TERRA.” Per loro non vi era alcun posto. Le sue iridi si fecero nere come la pece a causa dell'eccessiva dilatazione delle pupille, e la sua testa scattò verso una delle guardie. “LIBERAMI DA QUESTE CORDE E TI PERMETTERÒ DI FARE CIAO CIAO ALLA TUA MOGLIETTINA.” Non provava assolutamente nulla. La sua vera natura era uscita, così come le sue ideologie che aveva sempre tenuto per sé, in gran segreto, convinta rischiare troppo grosso, senza essere pronta a fronteggiare le conseguenze che sarebbero franate su di lei.
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    Ruby Elise Duvall

    ”… le lingue affilate dovrebbero rimanere sempre tali.” Come dargli torto. Apprezzava coloro che, senza peli sulla lingua, riusciva ad esprimere il proprio parere anche andando contro a quelle credenze condivise dalla maggior parte della società Le così dette pecore nere. Gente come lei che non aveva nulla da perdere ma con la grande speranza che le cose, prima o poi, sarebbero cambiate in meglio, apportando modifiche allo stile di vita di maghi e streghe di tutto il mondo. Una mera utopia che sarebbe rimasta tale per una quantità di tempo indefinito, fino a quando qualcuno non avesse avuto le palle di dare una svolta a quel contesto che faceva acqua da tutte le parti. Si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto, sentendosi per la prima volta, dopo mesi, apprezzata da qualcuno per ciò che era in realtà Sì, nessuno aveva mai avuto la premura di chiederle qualche cosa in merito alle sue opinioni e in genitori si guardavano ben bene a scavare nella sua mente alla ricerca di quella perfezione che, evidentemente, non era la stessa di cui avevano bisogno per sentirsi realizzati. Meglio così, almeno non sarebbero entrati a conoscenza delle turbe che albergavano in quella piccola scatola cranica.

    Se ne sarebbe pentita. Amaramente, come mai aveva fatto prima in nessun ambito. Non aveva la benché minima idea del perché avesse accettato un esercizio del genere, in grado di metterla nei guai anche da punto di vista fisico. Se le cose fossero andate a puttane, Ruby, sarebbe rimasta intrappolata in una di quelle visioni provocate da chissà quale strano vegetale, senza possibilità di uscirne sana di mente. Eppure, quando il Professor Blackwood si era azzardato a proporre quella specie di avventura, la Tassa, non aveva speso troppo tempo ad elaborare i pro e i contro che essa avrebbe portato con sé. Così aveva compiuto quel passo in avanti verso l’ignoto, convinta che qualsiasi cosa sarebbe successa, l’uomo l’avrebbe aiutata a togliersi dai guai, da bravo insegnante ligio al dovere. Il cuore le saltava nel petto, come impazzito. Tornare indietro le avrebbe assicurato la figura della coniglia davanti al docente il quale, in tutta risposta, non l’avrebbe mai più presa sul serio neanche sforzandosi. Le foglie della pianta in questione, pochi istanti dopo, rilasciarono la sostanza prima descritta ed, immediatamente, le forze vennero meno e gli occhi azzurri si socchiusero, trascinandola nel baratro, quello che si era voluta ardentemente per mettere alla prova le sue abilità. Si sentiva leggera, come se la sua anima fluttuasse dopo aver abbandonato il suo corpo. Cadde in quello che doveva, per forza, essere un sonno profondo. O forse no.
    Lo stordimento si fece sentire anche nel momento in cui riuscì a tornare vigile. Sbatté le palpebre, una due e tre volte, convinta che compiere quel gesto avrebbe contribuito a cambiare l’immagine che le si era parata davanti. Un scena senza alcun senso, come una stupida illustrazione di qualsiasi libro di storia della magia, aperto sul capitolo della caccia alle streghe. Di male in peggio. Non ricordava neanche il suo nome, così come la sua provenienza o il perché fosse lì, in quel contesto così macabro e triste. Pochi istanti, certo, ma interminabili. La memoria balenò lì, proprio davanti ai suoi occhi ma le circostanze, al contrario, non risultavano ancora chiare a tal punto da potersi rilassare.
    “Che cosa volete da me?” Iniziò a bassa voce, con lo sguardo puntato sui due energumeni che, con una forza sovraumana, la trascinavano verso dove? Che ne sapeva. Un odio improvviso la pervase, percorrendole ogni terminazione nervosa, arrivando al cervello pronto a scattare verso una crisi di nervi in piena regola. Una sensazione assurda che mai prima d’ora aveva provato. Si dimenò con violenza, nel tentativo di liberarsi da quella morsa mortale che non lasciava presagire nulla di buono. I due la costringevano ad avanzare, con estrema facilità vista la differenza di stazza. “Lasciatemi andare. Chi siete?” Tutto molto confuso fino a quando alcuni indizi la indussero a pensare al peggio. Idea che trovò riscontro in un’unica frase, pronunciata con arroganza estrema. ”Lei si trova qui oggi perché è accusata di stregoneria. La folla in visibilio fu sovrastata e il silenzio calò, come se tutti fossero sotto l’effetto di un incantesimo. Io? Accusata di stregoneria? Bella scoperta. Aspetta! Cosa? Non fece in tempo a proferire parola che i due scimmioni la legarono al palo, contornato da rami in attesa di prendere fuoco –e lei con loro-.
    Quelli che la stavano mettendo in croce, altri non erano che degli stupidi babbani, senza alcun potere e voce in capitolo. ”Come si dichiara?” Iniziò ad agitarsi. Cercò di sciogliere i nodi mentre il panico spingeva per farle dare di matto, cosa che sarebbe successa da un momento all’altro. Schifosi. Ecco i piccoli, indifesi babbani intenti ad insabbiare una scomoda verità. Mai avrebbe dato la soddisfazione a quegli insulsi omuncoli. Rimase in silenzio, elaborando mentalmente tutte le possibilità per fuggire da quell’incubo senza riportare danni di un’entità accettabile. Niente. Il buio pesto. Avrebbe voluto fare saltare la testa a tutti i presenti, ascoltarli mentre imploravano pietà e invece? Avevano il lusso di vederla davanti a loro, inerme e ad un passo dalla morte. Una donna dalle forme pronunciate la indicò, senza alcuna vergogna, additandola e urlandole; “È una schifosa strega! Uccidetela!” Fu proprio a quella affermazione che il suo buon senso si oscuro, lasciando trapelare il peggio di lei, la Ruby che detestava a morte coloro che si differenziavano dai maghi per via della loro spiccata inutilità. “PREFERIREI MORIRE TRA ATROCI SOFFERENZE, PIUTTOSTO CHE MESCOLARMI A VOI SUDICI.” Morire per morire, tanto valeva far fuori le proprie ragioni e chiarire la sua posizione una volta per tutte, senza lasciare spazio a quelle domande retoriche poste meramente per una sadica prassi.
    ”Ebbene? Vuole professarsi innocente in qualche modo?” Anche no. Non avrebbe ceduto a quelle finte lusinghe. Seguire le sue credenze, in fondo, veniva prima di ogni cosa. “BRUCERÒ! ALMENO NON SARÒ COSTRETTA, UN GIORNO, A PORTARE IN GREMBO LA VOSTRA MOSTRUOSA PROGENIE.” Scatenata e senza mezzi termini. Il disgusto verso quella razza, oramai, si era palesato senza che avesse il tempo di riflettere sul da farsi. Non le importava. Quella possibilità le dava il volta stomaco. “FATE QUELLO CHE DOVETE FARE. COSÌ CHE POSSA LIBERARMI DALLA VISTA DELLE VOSTRE FACCE DA EBETI.” Non aveva più fiato, l’aveva sprecato tutto per colpa di quelle pecore che seguivano il gregge, senza un vero scopo e senza avere una propria idea. Vivevano in un modo fatto di pura ignoranza e guidato da personalità che non avevano alcun merito per ricoprire certi ruoli di spicco. “Mi fate schifo.” Si lasciò andare, convinta di essere a un passo dalla morte. Fino alla fine però non abbassò mai lo sguardo, sostenendo le insulse occhiatacce derivate da ogni angolo di quello spazio aperto al pubblico.
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    Ruby Elise Duvall

    Quel pregiudizio che tutti i Tassorosso cavalcassero unicorni su arcobaleni infiniti, le dava il voltastomaco. Se solo avesse saputo cosa aleggiasse nella sua mente deviata, probabilmente, non si sarebbe permesso di parlare in quel modo, dando aria a quella stupida bocca, giusto per sottolineare di esserne in possesso. Pfff, pivello. Risultare antipatica le riusciva alla grande e, proprio per questo motivo, a livello umano lasciava quanto a desiderare. Iniziare con il piede sbagliato, però, non avrebbe giocato a loro favore in quanto, da quel momento, sarebbero stati obbligati a collaborare a sopportarsi a vicenda, così da non mettere a rischio il risultato finale. Illusa. Una catastrofe annunciata, doveva aspettarselo viste le premesse. Glissò sul quel bizzarro tentativo di attaccarla nel profondo, come se non la tangesse minimamente ciò che pensava. Effettivamente, raramente, si trovava ad essere toccata dalle opinioni altrui, tanto da smuoverle quel rancore di cui spesso sia abusava. Forse troppa sicurezza, forse menefreghismo, in totale riusciva a vivere nel migliore dei modi ignorando il prossimo e le sue assurdità poste in essere. “Patetico? Come il tuo tentativo di attirare l’attenzione?” Ed era certa che qualche occhio indiscreto se l’era guadagnato, considerando le ragazzine pronte e sbavare su un paio di addominali allenati come se denotassero la presenza di un cervello. Piegò la testa di lato, sorridendo in modo ironico così da punzecchiarlo e rimarcare il concetto che non aveva a che fare con una Tassa ordinaria. Non lo era mai stata, nonostante si sforzasse di mantenere un profilo basso che le permettesse di passare inosservata, poi, in circostanze particolari.
    ”Allora ti muovi?” Merda per merda, tanto valeva seguirlo, raddoppiando le possibilità di successo. Era certa che nessuno dei due brillasse in quella disciplina ma, in fondo, non vi era nulla di scientifico che dimostrasse la verità che proiettavano quella dannate fiammelle. Scelse il male minore, ossia seguire il ragazzo troppo sicuro di sé. “Ti salvo il culo.” Tagliò corto, infischiandosene di quell’atteggiamento da babbeo che aveva appena tenuto nei suoi confronti. ”Stasera potresti mettermi a letto.” Rifiutare pareva brutto. Poteva essere allettante in un contesto differente ma non aveva neanche idea se sarebbero usciti da li con le loro fottutissime gambe. Fare progetti? Azzardato. “Se dovessimo uscire da qui senza un graffio, verrò a rimboccarti le coperte!” Un leggero colpettino sulla spalla e lo superò, inoltrandosi nella stanza verso la quale aveva deciso di muoversi, senza il consenso della bionda. “Quanta pazienza si deve avere con voi ragazzi.” Amara verità.

    Le ragnatele regnavano sovrane in quel luogo a tratti inquietante. Brutto segno. Se fossero stati aracnofobici, sarebbero stati colti da infarto e quella sarebbe diventata la loro tomba infernale ed eterna. Sti cazzi. Cosa abbiamo fatto di male? Qualche cosa le suggeriva che, di lì a poco, qualche cosa li avrebbe attaccati, facendoli pentire amaramente della loro stupida decisione di andare contro ad ogni logica e morale.
    Prima di subito si trovarono i ragni alle calcagna, tutti decisi ad avanzare verso di loro per risucchiarne l’anima. Riuscì a liberarsi dalla morsa di una di quella bestiacce ma, immediatamente, un trio mortale le si avventò contro. Sferrò un calcio deciso a uno del terzetto e, con una gran botta di culo, riuscì ad allontanarsi mentre il suo compagno veniva mordicchiato a destra e a manca, senza alcuna pietà. “Se avessi tenuto i dannati vestito. Cazzo Harry!” Riusciva a trovare il tempo di risultare caga cazzi anche in mezzo alle avversità. Che donna. Una voce grottesca riportò la sua attenzione sul problema principale. Quella doveva essere la mamy di tutti quei bimbi sperduti, sparsi per il pavimento e non solo. Si metteva male. Ed eccolo, su un cavallo bianco (?) giunse a loro un uomo mai visto prima che sembrava avere tutta l’intenzione di correre in loro aiuto. Su quella scena, oramai affollata, non si sprecavano favori, così come incantesimi. Il Serpeverde tentò di coprire le spalle al nuovo arrivato ma, forse per via del buio o della mira del cazzo, lo colpì in pieno con uno schiantesimo, mandandolo a gamba all’aria. “OTTIMA MOSSA, GENIO.” Ruby si portò verso l’uomo, sincerandosi delle sue condizioni. “Andiamo. È ora di risolvere questa merda!” Sì, ma come? Stava ancora elaborando la cosa quando, Harry, la prese per un braccio e la trascinò via, dopo essersi accorto che Carla, la mamy ragno, era apparsa a tradimento alle spalle della Tassorosso, minacciando una strage delle sue carni. “BRUTTA STRONZA!” Si allontanò bruscamente, tanto da cadere con il sedere a terra. Strinse la bacchetta e si portò nuovamente in posizione eretta, pervasa da una rabbia folle. Puntò lo sguardo verso quella dannata bestiaccia e prese fiato, tanto quanto bastava per urlarle appresso la formula dell’incantesimo che aveva deciso di tentare per liberarsi di quell’incomodo. “BOMBARDA MAXIMA!” Scandì alla perfezione le parole, così da non rischiare di fallire. Doveva mettere un punto a quella situazione, così come a quella lezione che le avrebbe lasciato degli strascichi non indifferenti. Si guardò intorno alla ricerca di una via d’uscita che avrebbe assicurato l’incolumità a tutti e tre e, finalmente, riuscì a intravedere nella penombra un’apertura che probabilmente dava sull’ennesima, pericolosa, stanza. “Harry, Coso! Andiamo! Di là, credo di aver visto una luce!” Sì, in fondo al tunnel, appena prima del loro trapasso. Si affrettò, voltandosi indietro più volte con il terrore che quello schifo li stesse ancora inseguendo. “Muovetevi.” Ancora un grande punto interrogativo sul chi fosse quell’improvvisato Indiana Jones ma, beh, poco importava li aveva aiutati a togliere le tende da quel luogo impestato. “Siete tutti interi?” Cosa voleva dimostrare l’insegnate con quell’atteggiamento. Poteva comprendere che fosse tutto incentrato sul fatto di insegnare cosa la vita vera avrebbe riservato ma, in quel momento, avevano davvero rischiato di morire, gettati in pasto a qualche cosa che mai, prima di quel giorno, avevano affrontato. Non importava. Si sistemò la divisa e riprese la sua solita espressione apatica e tacitamente sprezzante, da serpe mancata. Mai fidarsi delle apparenze e quella lezione le era servita proprio per confutare la sua teoria alla quale aveva sempre dato credito.

    Ruby Elise Duvall - V anno - Tassorosso
    In coppia con ENRICO
    Allora, rieccoci qui. Ruby interagisce con Harry e dopo se la prende direttamente con Carla, la mamy ragno, lanciandole un bel Bombarda Maxima nella speranza di farla fuori -o pe rlo meno azzopparla-. Interagisce con lo schiavetto della proffa, dopo che Harry la schiantato e cerca di aiutarlo. Alla fine scappa verso la luce (?) o almeno dove crede ci sia una via di fuga trascinandosi dietro Enrico e il maritozzo. Credo sia tutto. SECONDA E ULTIMA PARTE.
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    Ruby Elise Duvall

    Harry la salutò di rimando, avvicinandosi a quello che sarebbe stato l’inizio della fine. Non si sentiva per nulla preparata per quello che si sarebbe parato sul loro cammino. Per lei, Divinazione, altro non era che una materia basata su delle semplici credenze, più o meno condivise dalla comunità magica e, proprio per questo motivo, non riusciva a conferirgli la legittima importanze che, invece, avrebbe dovuto avere. Quell’atteggiamento lascivo l’avrebbe pagato caro e salato e il fato non sembrava volerle dare una mano. Già. Non che avesse qualche cosa contro Barnes, anzi, si trattava anche di un bel vedere ma, da quel che aveva potuto osservare durante quegli interminabili minuti precedenti all’esercizio, non sembrava l’opzione più adatta a raggiungere un risultato decente. Piano sadico. Niente di più vero. Poteva dirsi a disagio al cento per cento, dopo la predizione che riguardava una possibile malattia mortale dietro l’angolo. Ma vaffanculo. Aveva tentato di auto convincersi che si trattasse solo di stupidaggini senza alcun fondamento scientifico. Sì, ma allora perché quel tarlo nella testa? Che le si stesse scatenando un improvviso episodio di ipocondria? Aveva poco da distrarsi, quel luogo non lasciava presagire nulla di buono, per rimanere in tema. ”Che caldo atroce…” Non fece in tempo a prendere parola che il giovane iniziò ad improvvisare uno spogliarello, gettando a terra i suoi indumenti, l’uno sopra l’altro. “Fai sul serio?” Ovviamente, domanda estremamente inutile. Lezione già estenuante, ci mancava solo lui a peggiorare la situazione. Guardò il lato positivo, per lo meno se lo poteva permettere. Scrollò il capo. ”Forza, principessa.” Dava davvero quell’impressione? Forse per via del colore dei capelli? Ma a che pensava? Concentrazione, per Merlino. “Idiota.” Roteò gli occhi e entrò all’interno a quella che sembrava la porta dell’inferno. La temperatura, a tratti, raggiungeva livelli davvero insopportabili ma la sua mente aveva come obiettivo il terminare quel percorso, senza troppi ostacoli. Come no. Davanti ai loro occhi, la fiammella danzava come in preda ad una musica silenziosa, agitandole l’animo e le viscere. L’atmosfera tutto fuorché accomodante, la portò a correre ai ripari, constatando che forse sarebbe stato meglio seguire il manuale che li vedeva dover scegliere la porta a sinistra. “Sinistra, Harry!” Sbottò, senza calibrare il tono di voce. ”… andremo al centro.” Che cazzo stava facendo? Fece un passo in avanti, tentando di afferrargli la mano e trascinarlo lontano da quella che era, palesemente, la scelta sbagliata e che li avrebbe gettati in pasto a chissà quale assurdità. Troppo tardi. Il Serpeverde aveva già varcato la soglia della stanza successiva, quella centrale. “Cazzo! Ma dove hai lasciato il buon senso? Torniamo indietro e imbocchiamo la strada giusta.” Vero che non credeva a una sola parola di quelle cazzate ma perchè gettarsi tra le braccia del pericolo, se si poteva uscire indenni da quella trappola mortale? Iniziarono a vagare per le stanze, senza riuscire ad orientarsi correttamente. “Geniale, tesoro. La mia parcella da baby sitter è molto alta, ti avverto.” Si lamentava mentre, velocemente, cercava di lasciarlo indietro e recuperare le redini della situazione, oramai scappata al controllo. Il tempo trascorreva, non aveva idea di quanto fosse passato dal loro ingresso in quella merda ma la frustrazione stava prendendo piede in lei, gettandola nella più oscura rabbia. Prese fiato. Percepiva il suo respiro pesante, fastidioso un gentile aiuto ad innalzare il suo grado di insofferenza. “Sono tutte fottutamente uguali queste dannate stanze!” Si guardava intorno con diffidenza come se, da un momento all’altro, da dietro qualche angolo potesse uscire qualche cosa di potenzialmente letale per due ragazzini come loro. Che dire? La Lovecraft li avrebbe avuti sulla coscienza in tal caso.
    Quando sembrava tutto perduto, Ruby, notò un affare luccicante posato su un piedistallo e gli si avvicinò, sprofondando la mano lì, dove teneva la bacchetta, pronta a sfoderarla all’occorrenza. La sua poca inclinazione a fidarsi delle situazioni, forse, le sarebbe tornata utile. “Guarda qui!” Richiamò l’attenzione del suo compagno di sventura che, spavaldo, l’avrebbe anche lasciata indietro. “Ma che cos’è questa…” Improvvisamente si ritrovò alle prese con una quantità indefinita di ragni. “HARRY!” Porca troia. “FAI ATTENZIONE.” Cercò di indietreggiare ma i ragni sembravano volerle dare filo da torcere. “ARANIA EXUMAI!” Urlò a gran voce puntandone uno con la bacchetta, convinta di poterlo colpire e quindi avere la meglio. Illusa. Forse sì. Si voltò per assicurarsi che Branes fosse ancora vivo ma la sua decisione di rimanere a torso nudo, non poteva dirsi di certo una gran trovata. “STAI BENE?” Chiese mentre combatteva quegli aracnidi mostruosi. “Che cos’è questo suono?” Per quel che poté si guardò agitata. Perché? Perché si era azzardata a sottovalutare quella situazione? Non era da lei, eppure qualche cosa era andato storto.


    Ruby Elise Duvall - V anno - Tassorosso
    In coppia con ENRICO
    Interagito con Enrico. Si addentrano nella stanza quando Ruby nota il pidistallo con qualche cosa che brilla e si avvicina. Quando le uova scoppiano tenta di liberarsi dei ragni come può. FINE PRIMA PARTE


    Edited by voodoo doll. - 29/4/2023, 17:03
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    Ruby Elise Duvall

    Sempre più convinta che Divinazione non servisse, poi, a molto. Ruby non possedeva nulla di quello che avrebbe potuto toglierla da quello stupido impiccio. Tutto molto a caso. Sì, a naso. Un tot al metro, nella speranza di non arrivare a spararle troppo grosse. Detto ciò, fino a prova contraria, stava trovando quel non so che di comico nell’interazione con il biondino che sembrava intento a sbavare per la sua insegnante preferita. In base a cosa poi? Lì dentro, in pochi, potevano dirsi soddisfatti delle loro previsioni grossolane che avevano effettuato, eppure sembravano tutti presi bene da quella trascendentale esperienza, regalata dalla biondissima professoressa, all’apparenza presa bene dai suoi alunni, specialmente dai maschietti, intenti ad esercitare una vera e propria adulazione nei suoi confronti. Chissà per quale assurda motivazione. Doveva essere una malattia, contagiosa per lo più.
    Mars non rispose alla domanda posta in modo scherzoso pochi attimi prima. Si limitò ad un occhiolino, per rimarcare la natura scherzosa della loro interazione. La Duvall, negli ultimi mesi, si era lasciata andare a nuove conoscenze, lasciando aperte le porte a chiunque avesse il coraggio di stringere anche solo una conoscenza superficiale con lei, Male non aveva fatto, assicurandosi due nomi nella sua lista dei preferiti (?).
    Osservò le movenze di Aaron e si trattenne dal tirargli uno scappellotto sulla nuca, convinta che non sarebbe servito, peggiorando la situazione a causa degli scossoni. A modo suo risultava anche simpatico ma, sotto alcuni versi, insopportabile ma, allo stesso tempo, capace di smuovere il suo lato più ironico che non amava sfoggiare inutilmente davanti a menti semplici immeritevoli. Sempre così modesta la Tassorosso. Sbofonchiò e tuffò il suo sguardo azzurrino in quello del giovane Grifondoro. “Finirò per montarmi la testa con tutti questi complimenti.” Ci si sarebbe abituata molto velocemente, tornare indietro? Impossibile. Le piacevano le attenzione, come tutte le ragazze della sua età e, stranamente, le attenzioni del ragazzo non davano segno di metterla a disagio. Strano ma vero. Accoglieva di buon grado quelle pseudo provocazioni, trasformandole in una tentativo di costruire quella complicità di cui aveva bisogno. ”… prima o poi ti innamorerai follemente del sottoscritto.” L’amore, un tasto dolente per la biondina la quale, mai, si era trovata in una situazione tale da poter considerare la possibilità di vivere in coppia. Follia. Rinunciare alla sua libertà in favore di qualcun altro, la spaventava a morte, ponendola sulla difensiva e rifiutando la più remota possibilità di provare qualche cosa per qualcuno. Una convinzione profonda, radicata in lei ed impossibile da estirpare così facilmente, senza aver compiuto un lavoro di auto convincimento che, probabilmente, non avrebbe mai fatto di sua spontanea volontà. Scherzare per esorcizzare, però, sembrava dare i suoi frutti e con Aaron, le cose sorgevano come una banale normalità non proprio scontata per la Duvall. ”Come vivrò senza te?” Eh eh eh. Colpito e affondato con sex appeal inesistente. Manco sapeva di possederne uno. “Oh, non ho detto che sopravviverai a questo shock.” Disse con estrema calma, senza smuoversi di un centimetro dalle sue convinzioni. Scherzava, ovviamente. Non aveva la benché minima idea di cosa sarebbe successo al ragazzo nel suo futuro e reputava tutto quel teatrino davvero ridicolo, eppure, tenendo particolarmente al suo andamento scolastico, Ruby, si assicurò di recitare la sua parte nel migliore dei modi, senza lasciarsi sfuggire neanche il minimo indizio sul suo scetticismo dilagante. “Spero vivamente di no. Niente di personale, tesoro. Punto in alto.” Ammise, senza mezzi termini. Prendere un voto di merda era fuori discussione, così come fare figuracce per la sua poca inclinazione verso la materia. Fingere. Sempre e comunque. “Puoi sempre provare con il corteggiamento.” Certo, come no. Ma tentare non nuoce, come dicono le nonne di qualsiasi paese.
    ”Bene. Tocca a me.” Panico. Sì, se solo avesse creduto che quelle lingue di fuoco potessero, davvero, rivelare quale sarebbe stato il destino imminente che li avrebbe investiti da un momento all’altro. Si posizionò a braccia conserte, davanti al profeta improvvisato e si preparò al peggio. Lo ascoltò con attenzione e quasi scoppiò a ridere. Dovette ricorrere a tutta la sua buona volontà per non fare una figura che l’avrebbe vista nel mirino della Lovecraft. Una terribile sciagura. Che novità. Già lo stare lì, in mezzo a quelle discutibili personalità, per lei lo era già. “Mi stai chiedendo un appuntamento?” Chiaro come il sole ma sempre meglio una conferma per non rischiare malintesi.
    Il resto? Tutte cazzate. “Che immagine tremenda.” Sfornare una dozzina di mocciosi? L’idea di tirare le cuoia, all’improvviso, non sembrava così malaccio se paragonata a quella struggente possibilità. ”Sai, sei bravo ad esasperare le tue prede, Schneider.” Allontanò l’idea di poter crepare da un momento all’altro e si concentrò su quello che le avrebbe fatto più comodo. “Hai una possibilità. Non sprecarla inutilmente.” Stava davvero accettando quel bizzarro invito a uscire in sua compagnia. Perché no? Approfondire quella conoscenza non le avrebbe fatto male e, forse, sarebbe riuscita ad estrapolarne qualche cosa di buono. “Ora ci conto.” Un patto che doveva essere mantenuto.

    ”Vi andrebbe di uscire fuori? Fa un po’ caldo qui…” Finalmente qualcuno che riusciva a dire qualche cosa di intelligente dopo tanto tempo. Non fecero in tempo ad assaporare un po’ di aria pura che il buio li inghiottì senza un reale motivo. Quando il suo sguardo azzurrino tornò vigile si trovò davanti a uno spettacolo raccapricciante per il suo gusto personale. Quella costruzione aveva tutta l’aria di essere una specie di tempio dedicato al culto del fuoco. Che fantasia. Sbuffò. Ancora non era giunto al termine quell’incubo.
    Sull’obelisco al centro vi erano incise delle parole che riuscì a leggere, corrucciando la fronte. Stelline? Un conato di vomito. Osservò per qualche istante le fiamme danzanti proprio nei pressi di quel palo dal dubbio gusto e poi si voltò verso le porte sulle quale erano riportati i nomi di ognuno di loro scolpiti, marchiati. Si irrigidì quando si scontrò con la realtà che la vedeva in coppia con il signor Barnes, colui che era stato ripreso da mezzo mondo. Bene ma non benissimo. Non partiva di certo prevenuta ma tanti indizi facevano una prova. Camminò verso la porta, convinta che anche il ragazzo avrebbe fatto lo stesso.
    “Barnes.” Salutò con un cenno il suo nuovo compagno di merende. “Ti prego, usciamo da questa follia.” Lo implorò, stanca di tutto quel macello. “Collaborare mi sembra la soluzione migliore per entrambi.” Non avrebbe neanche tentato di ostacolare o rifilare stronzate per andare contro a qualunque cosa avesse detto da quel momento in avanti. Il suo solo obiettivo era uscire da quella cosa il prima possibile e nel migliore dei modi, impegnandosi anche, se fosse stato necessario.
    Entrarono in quella trappola infernale e subito si parò davanti agli occhi l’allegra fiammella, pronta per essere letta tutta. Neanche un po’ allettante. “Quante stronzate.” Biascicò, cercando di comprendere cosa significasse ogni stupido movimento del fuoco. “Si divide? Mi pare di sì. Due punte? Quindi sinistra?” Se avesse seguito il suo istinto sarebbe andata per i cavoli suoi, fregandosene del manuale delle fiammelle. “Già io andrei a destra, così, solo per dimostrare che si tratta solo congetture buttate al vento.” Forse sì, ma credeva fosse giunto il momento di smetterla di dare retta al suo istinto per lasciare spazio alla saggezza di coloro che avevano condotto fior fior di studi per giungere a quel punto. “Che dici?” Confrontarsi le pareva il minimo. Due menti erano pur sempre meglio di uno in quel tipo di situazione.

    Ruby Elise Duvall - V anno - Tassorosso
    In coppia con Harry.
    Interagito con Mars, Aaron e alla fine con Harry e fatto congetture a caso, sperando di aver azzeccato qualche cosa.

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    • Inviato il
      25/4/2023, 02:19
      voodoo doll.
  9. .

    Ruby Elise Duvall

    Davvero simpatico. Lo scambio di battute tra i due ragazzi, in fin dei conti, era riuscito a rendere meno pesante quello che, di lì a poco, avrebbero dovuto affrontare. Ruby si era sempre mostrata scettica verso quella disciplina che non vantava nulla di scientificamente provato –o si?-. Eppure, in quella follia, vedeva un qualche cosa di lontanamente affascinante, degno della sua attenzione, beh, più o meno. Alzò lo sguardo, sottolineando il palese disappunto che albergava in lei, a seguito dei commenti sulla bellezza della Signora Lovecraft. Uomini. Non perdevano occasione per apparire superficiale e fuori luogo. La docente non incontrava i suoi gusti, semplicemente per il fatto che non fosse munita di un qualche cosa di indispensabile per la bionda Tassa. Bella donna, niente da toglierle ma tutto quello scalpore sembrava eccessivo. ”Ruby non essere gelosa…” Un’aria perplessa fece capolino tra i suoi dolci lineamenti che, in quel momento, parvero indurirsi di un tono. ”Lo sai che per me ci sei solo tu.” Cosa cosa. Fortuna che le finestre fossero già aperte, altrimenti sarebbero rimasti soffocati non solo dall’odore di bruciato ma anche dalle stronzate all’ordine del giorno. Il sopracciglio destro schizzò all’insù ma, nonostante tutto, decise di stare al gioco del Grifondoro un po’ troppo intraprendente. “Ma davvero? Mi aspetto una dimostrazione, allora!” Prima o poi. Prima poi che prima (?). Glissò sull’argomento fino a quando l’amichetto del cuore di Aaron, mosso dalla curiosità di entrare a conoscenza di dettagli piccanti sulla loro vita sessuale, sbucò da dietro, provocandole quasi un arresto cardiaco. ”Non ve la siete ancora spassata, vero? Siete ancora troppo tesi.” Spassata? Tesi? Ma di che cavolo andava dicendo? Doveva ammetterlo, il legame che intercorreva tra i due amici, quasi, la inteneriva. Così complici, così carini, così dannatamente imbecilli. “Mi stai dando della acida?” Chiese, piegando la testa di lato e lasciando cadere sulla spalla una lunga ciocca di capelli biondi. Effettivamente non aveva tutti i torti. I giorni del divertimento erano, oramai, un lontano ricordo ed, in quel momento, la ragazza spendeva il suo tempo libero a trovare il modo per amplificare le sue conoscenze, portandole ad un livello superiore che le avrebbe permesso, poi, di cavarsela con le sue forze una volta lasciata la scuola. Un’ambizione importante, alimentata dal suo modo di essere così inquadrata e schifosamente sicura di sé, tanto da non considerare la possibilità di un imminente fallimento. “Forse ce la spasseremo dopo la lezione. Dipende dall'umore con il quale uscirò da questa tortura!” Lo rimbeccò sarcastica, sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi. Non poteva dire di avere una conoscenza a trecentosessanta gradi del biondino ma, fisicamente, si adattava al prototipo di ragazzo al quale avrebbe, volentieri, concesso una possibilità. A dirla tutta, Ruby, non era interessata a una relazione tipicamente romantica, quella nella quale ci si doveva annullare per lasciare spazio all’altro e cercare di non urtare la sua sensibilità. No. Credeva di non essere pronta a tanto ma ciò non precludeva la possibilità di vivere un’avventura, la classica bottarella, senza gettare sul campo sentimenti dalla dubbia natura.

    Sì, esattamente Signorina Duvall…” Lieta di non aver detto una stronzata. ”Ed il suo intervento merita un premio: tre punti per Tassorosso.” Non se lo aspettava ma accolse con molta gioia la gentile concessione della Lovecraft. “La ringrazio.” Rispose educatamente, mantenendo l’espressione seria che teneva una volta risucchiata dal vortice di informazioni derivate dalla lezione in corso. Ascoltò con attenzione il resto degli interventi, prendendo nota mentalmente delle nozioni delle quali non sapeva assolutamente nulla. Ottimo.
    Ed ecco l’inculata dietro l’angolo. Leggere tra le fiamme? Non pensava di arrivare a tanto ma qualche cosa le suggeriva che ci sarebbe stato da ridere. Quella era la prima volta che si cimentava in quel tipo di esercizio ed un minimo venne scossa nel profondo, convinta di non riuscire in quell’ardua impresa a causa del suo scetticismo. “Sembra che sia destino.” Si rivolse al suo compagno di banco, con il quale avrebbe dovuto collaborare. “Le stelle hanno deciso per noi. Sappi che una volta sposati io dormirò sul lato del letto più lontano rispetto alla porta.” La cosa importante, stava nel fatto di mettere in chiaro le cose. “In caso di aggressione, devo avere il tempo di fuggire.” Senza contare l’esigenza di stilare un contratto pre matrimoniale. “Sto scherzando.” Lo rassicurò, il matrimonio era per i deboli e lei non si reputava affatto in quel modo né, tantomeno, sarebbe mai stata così disperata da firmare un contratto in grado di incatenarla a vita. Non scherziamo!
    Attese le disposizioni. “Ricapitoliamo…” Si portò la mano al mento. “Una punta sola, presagio positivo. Due punte, uno schifo. Tre punte, wow, fantastico. Se invece dovesse ondeggiare, preparate il funerale.” Quante assurdità tutte in una volta. Ma possibile ci fosse qualcuno, così sciocco da cadere in quelle congetture? Evidentemente sì, altrimenti non sarebbe esistita neanche la divinazione in sé. “Ok, inizio io.” A caso. Sì, avrebbe utilizzato quel metodo, senza vie di mezzo. “Prima le donne, no?” Si posizionò davanti alla fiamma, osservandone l’ardore con interesse e cercando di captare anche il più insignificante movimento. La esaminò nelle più varie angolazioni ma nulla. Il compito sembrava fuori dalla sua portata ma arrendersi non era tra le opzioni. Passarono pochi secondi e Ruby, con decisione, si sporse in avanti, prestando attenzione a non prendere fuoco e lasciò che i suoi occhi si adattassero non solo al colore ma anche alla temperatura emanata da quel piccolo incendio. “Basterebbe una folata di vento a smuovere tutto e le finestre sono anche aperte. Come faccio a credere a questa cosa?” Biascicò, quasi come per voler dare voce ai suoi pensieri, senza che nessuno, però –fatta eccezione di Aaron- potesse udire le sue profonde riflessioni.
    “Aspetta!” Indicò un punto indefinito davanti a lei. “Eccolo. Sono due!” Ne era quasi certa ma non del tutto. “Due. Cattivo auspicio.” E ti pareva. Il mai una gioia in persona. “A quanto pare il fato non sembra dalla tua.” E sicuramente non sarebbe stato neanche dalla parte della Duvall, abbonata alla sfiga sin dai tempi antichi. “Forse si riferisce al fatto che nella tua vita avrai un’altra ragazza che non sono io!” Stava cercando di sdrammatizzare, certo, se no che altro poteva tentare? “Oppure al voto schifoso che prenderemo, insieme, in questo compito che mi sta mettendo ansia. In ogni caso, nella mia famiglia, nessuno è dotato dell’occhio interiore o come si chiama. Puoi stare tranquillo, sono solo una ciarlatana.” Sì, perché di lì a poco sarebbe toccato a lei e, di certo, non era una fan del sapere in anticipo ciò che le sarebbe potuto accadere. Vivere giorno per giorno, senza essere a conoscenza degli avvenimenti che avrebbero segnato il suo cammino. Questo aveva bisogno, non di certo di informazioni buttate a caso e colpevoli di scatenare un disagio che sarebbe potuto scoppiare in lei da un momento all’altro. "Dai! Via il dente, via il dolore!" Meglio sbrigarsi ed estirpare il problema alla radice.

    Ruby Elise Duvall - V anno - Tassorosso
    In coppia con Aaron - Cattivo auspicio.
    Interagito con Aaron e Mars. Ringraziato la proffa per i punti. Infine si mettere a fare l'esercizio con Aaron.
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    Ruby Elise Duvall

    Strana forse lo era sin da quando aveva iniziato a muovere i primi passi in quel mondo che, per certi versi, neanche le apparteneva. Una ragazza al di fuori di quell’ordinario e molto lontana dalle ideologie condivise dalla maggior parte della società. La normalità, quell’utopia nella quale faceva comodo sguazzare. Quella mediocre esistenza, a Ruby, non interessava minimamente ma, in cuor suo, sapeva che quel che risultava normale per lei, significava caos per la maggior parte degli individui troppo indaffarati a ricercare l’accettazione da parte dei loro simili. Una tristezza infinita alla quale non vi era rimedio, visto il grado di arrendevolezza della gente comune. Si lasciò sfuggire un ghigno, risultato dei suoi pensieri poco puri ma, immediatamente, si rese conto che urgeva riprendere le redini della sua stabilità mentale o, almeno, fingerne una. Le parole di Blackwood, comunque, la consolarono, dandole quella speranza in più di non essere proprio, totalmente, incompresa. Accolse il sorriso dell’uomo, ripagandolo con la stessa cordialità. Certo, prima di quell’incontro, la Duvall, non avrebbe mai scommesso una falce sul fare affabile del professore di Erbologia, sempre così enigmatico e distaccato dai suoi allievi. Si era davvero sbagliata su tutta la linea o, in realtà, il suo modo di comportarsi derivava esclusivamente dal fatto che la riteneva, sul serio, una bambina bisognosa di essere tutelata, per via delle sue gravi lacune nella materia da lui insegnata? Vi era anche una terza opzione, pressoché impossibile: la trovava così strana da essere un soggetto meritevole di attenzione. Perché no? In fondo, fino a quel momento, aveva dichiarato apertamente di essere una persona incapace di accontentarsi e fuori da ogni possibile schema. Una buona cavia da laboratorio, una vittima sacrificabile per cibare le sue piantine o, peggio ancora, una persona senza un futuro, destinata da fargli da schiavetta ed occuparsi delle serre a tempo indeterminato, senza un salario. Ma che pensava? Avrebbe davvero affidato le sue amate creature a una ragazzina tanto stupida? Ma che cazzo pensi? Limitarsi alla realtà.
    “Sono davvero lieta di sentirglielo dire.” Il timore, però, non sarebbe svanito così facilmente. Spesso, sotto i suoi occhi, erano passate esperienze di quel genere. Amici, parenti, amici di amici, costretti ad accettare posizioni che non corrispondevano al loro gradimento ma, in un modo o nell’altro, erano stati costretti ad accettare compromessi per la mera sopravvivenza. Una magra consolazione, cero, ma pur sempre meglio di finire per strada a mendicare qualche spicciolo. Se fosse accaduto a lei? Sarebbe riuscita a soprassedere e ad ampliare i suoi orizzonti. No. Finché avrebbe avuto fiato e forze, Ruby, avrebbe ricercato sempre quella perfezione tanto bramata durante gli anni.
    Vi era della sintonia. Non sapeva come e perché ma il disagio provato all’inizio aveva lasciato il posto ad una ritrovata calma interiore nella quale non avrebbe mai sperato. Riusciva a seguire una linea ben definita di pensiero e la discussione avanzava su binari condivisi. Annuì. La storia risultava essere affascinante, sotto molti aspetti e preziosa per prevedere il futuro. “Creare un futuro migliore. Una bella utopia, dopo tutto!” Non nutriva molte speranze in merito anzi, proprio per niente. Sbuffò, come se si stesse arrendendo a quella tragica consapevolezza. “Ci vorrebbe impegno e menti estremamente brillanti, disposte ad andare oltre a quei limiti che impediscono di progredire.” Non di certo vivere con i paraocchi, fingendo che tutto fosse perfettamente al suo posto. Stava divagando, eppure credeva fermamente nella causa, nonostante non vantasse alcun tipo di esperienza e, tantomeno, l’età adatta per entrare in quelle argomentazioni più grandi di lei.
    ”… non posso dire di aver ottenuto i risultati sperati con voi ragazzi.” Che novità. Lei per prima sapeva di non aver raggiunto neanche lontanamente gli obiettivi prefissati e, per questo, non si sorprese affatto della cosa. Che non si fosse impegnata abbastanza? Probabile ma gli ostacoli posti sul suo cammino l’avevano, senza ombra di dubbio, rallentata, costringendola a prendere tempo e ad elaborare possibili risoluzioni per quel tipo di problematica. “Prendendo in esame il mio caso, non posso dirmi sorpresa.” Fece spallucce, letteralmente sopraffatta dai sensi di colpa. Effettivamente, chiacchiere da corridoio, dipingevano il professore come un uomo senza scrupoli che si divertiva a mettere i propri allievi nelle situazioni più disparate e pericolose, senza provare alcuna empatia. “Quanto colorite? Smidollati e ingrati, per lo più. Con genitori incapaci al seguito, immagino.” Si lasciò sfuggire il giudizio, senza neanche rendersene conto. Vivere la realtà, anche tra le mura protette di una scuola, avrebbe fornito la giusta preparazione in vista di un futuro che non sarebbe potuto essere evitato e, allora, perché lamentarsi di quel privilegio? Imbecilli. Se li immaginava, correre da mamma e papà a lamentarsi dell’accaduto, da bravi coniglietti. Mezzosangue. Colpa loro, sicuro! Faceva di tutta l’erba un fascio ma, in fondo, non riusciva proprio a fare meno di classificarli come il male del mondo magico e non. Un brivido di orrore e fu costretta a tornare vigile, per non perdersi appresso alle sue ideologie deviate da una mente disturbata. “L’ho rifatto. Non riesco proprio a moderare il mio istinto.” L’impulsività era quel lato del suo carattere che, con un po’ di fortuna, il trascorrere degli anni, avrebbe smussato. Forse sì. O anche no, per quel che ne poteva sapere in quel momento.

    ”… potrebbero farlo eccome!” Bene ma non benissimo. Inquietante, niente da dire ma, in egual misura la notizia esercitava su di lei un certo fascino. Perdersi all’interno di un qualche cosa di fittizio provocato da una semplice ed, all’apparenza, innocua pianta. Qualcuno avrebbe potuto, addirittura, apprezzare il fatto di allontanarsi da quel posto orribile e vivere immerso nella più totale follia. I gusti erano pur sempre personali. “Per sempre? È orribile.” Commentò, sporgendosi in avanti per cercare di entrare in contatto visivo con quella creatura dalle devastanti capacità.
    Una proposta allettante, suonava alle orecchie della Duvall come un tentativo di sfidarla a mettere alla prova le sue capacità mentali. Mi dica di più. I suoi occhi azzurrini indugiarono sul Signor Blackwood. Aveva tutta la sua attenzione. Le sarebbe davvero bastato così poco per addentrarsi nei meandri della sua psiche, combattendo contro di essa per cercare di uscirne vincitrice? “Se non dovessi riuscirci, ovviamente, ci penserà lei a tirarmi fuori da…” Da dove? “… qualsiasi cosa sia, insomma. Posso stare tranquilla?” Anche se la risposta poteva sembrare ovvia, Ruby, preferì assicurarsene di persona, sentirlo dire dava quella marcia in più di cui aveva bisogno. ”… e si rivelasse particolarmente capace potrebbe persino far ottenere qualche punto alla sua casa, cosa ne pensa? Un colpo davvero basso. Metterla su quel piano a una come lei, competitiva fino al midollo? Significava vincere a mani basse. Perché no? Movimentare quella routine non sarebbe stato affatto male. “Probabilmente me ne pentirò…” E magari prima del previsto. Si mosse decisa verso il vegetale, inconsapevole del destino che l’avrebbe avvolta tra le sue braccia. Tornare indietro? Troppo tardi.
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    Ruby Elise Duvall

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    Mordersi la lingua. Prima regola quando la mente iniziava a dare voce a pensieri potenzialmente pericolosi, capaci di esporla a giudizi non richiesti. Un errore che, spesso, l’aveva indotta a seminare il dubbio in coloro che, sfortunatamente, si trovavano ad avere un qualsiasi tipo di scambio di opinioni nel bene o nel male. Lasciava che l’apparenza determinasse la sua vita. Una comodità della quale si serviva per mascherare abilmente una personalità, per molti versi, deviata da un’ideologia non propriamente condivisa dalla comunità. ”Tutti ti valutano per quello che appari. Pochi comprendono quel che tu sei.” Lo ripeteva spesso sua nonna e, questa citazione, le era rimasta impressa così tanto da prendersi la briga di seguirla alla lettera per pararsi il culo, mantenendo all’ombra la sua propensione per l’oscurità. ”… persone un po’ limitate e bacchettone potrebbero farsi un’idea sbagliata di lei…” Ops. Sbagliata. Una parola grossa. Fingere, ogni giorno della sua vita, di tollerare elementi che mai e poi mai avrebbe voluto intorno a lei, sembrava essere già una punizione sufficiente. Blackwood, però, sembrava volerle lanciare una sorta di avvertimento, così da non incappare in problemi ben più grandi in un futuro. Niente di più vero. Quel mondo ospitava individui pronti a sputare sentenze sul prossimo senza conoscere, a fondo, le motivazioni che lo spingevano a nutrire certe convinzioni personali che, fino a prova contraria, non facevano male a nessuno. “Lo terrò a mente!” Affermò, accogliendo il consiglio senza, però, correre ai ripari. Essere strani non poteva essere un reato, così come avere una concezione del mondo diversa da coloro che avevano la presunzione di definirsi normali –un concetto davvero effimero-. “Sono lieta di non trovarmi ad interloquire con un bacchettone! Anche se credo che lei mi trovi, alquanto, strana!” Cercò di smorzare l’atmosfera, gettando sull’ironia quello che si sarebbe trasformato in un episodio, per Ruby, di imbarazzo puro.
    La successiva affermazione del professore la ammutolì. Conosceva alla perfezione quelle sensazioni che la seguivano fin dall’infanzia, creandole non pochi problemi a livello personale. Isolamento, pregiudizi e tutti quegli atteggiamenti volti ad affossarla in ogni maniera, non l’avevano cambiata di una virgola, irrigidendola ed allontanandola dalle persone che in tutte le maniere, tentavano di frenare la sua spiccata ambizione. “Non credo sia un male pretendere di più da noi stessi.” Il problema si veniva a creare quando l’ambizione iniziava a soffocare la ragione, portando a compiere azioni avventate. “Ma ho il terrore che, a lungo andare, si finisca ad accettare una posizione solo a causa della frustrazione.” Un circolo vizioso dal quale non cavarci un ragno da un buco. Sospirò, lasciando andare tutta la preoccupazione immotivata, vista la giovane età. Un futuro incerto e ricco di ostacoli, ne era ben consapevole, l’aspettava, comprendendo anche la probabile delusione da parte dei genitori, una volta trapelata in toto la sua vera natura che non sarebbe stata quella che tutti avrebbero voluto.
    ”Cosa nello specifico l’affascina?” Indorare la pilla. “La vita dei maghi che hanno cambiato, definitivamente, il mondo magico. Nel bene o nel male.” Il loro percorso per diventare grandi. Avrebbe voluto conoscerne i dettagli, così da poter prendere spunto e imparare come muovere i primi passi in quel mondo che tanto aveva da offrire. “La storia, una grande fonte di ispirazione. Ci tengo particolarmente. È una specie di fissazione.” Aveva passato in rassegna ogni libro della sua biblioteca personale. “Imparare dal passato per migliorare il futuro.” Evitando di commettere gli stessi errori, insomma. Più facile da dirsi che da farsi, certamente ma perché non tentare? Da qualche parte di doveva pur iniziare per dare una svolta nuova. Le sembrava di vaneggiare ma la discussione aveva preso una piega più interessante del previsto.

    Dopo qualche battuta sulle preferenze di clima, finalmente, raggiunsero la serra numero otto, una delle più affascinanti per quel che riguardava i suoi gusti personali. Si guardò intorno, convinta di trovare chissà quale indizio che la inducesse a comprendere quale sarebbe stato il suo compito da svolgere. “Effettivamente. La maggior parte di noi se dovesse schierarsi dalla parte del male, sarebbe in grado di consegnarsi alle autorità, senza neanche accorgersene. Rovinandosi con le proprie mani.” Questo la diceva lungo della furbizia che regnava tra quelle mura. “Una generazione che ha bisogno di essere forgiata per bene.” Un esempio come tanti altri ma non vedeva di buon occhio i suoi coetanei, incentrati solo sull’ascolto degli ormoni in subbuglio. “Pensa di essere sulla buona strada, in base alla sua esperienza? C’è speranza?” Quell’uomo aveva un non so che di inquietante ma, allo stesso tempo, era il primo docente con il quale poteva tenere un discorso costruttivo che andasse oltre alla materia insegnata.
    Giunsero al punto.
    ”Vede quelle piante?” Ruby si sporse in avanti, così da poter avere una visuale migliore della precedente. Sì. Chiaro. La spiegazione la lasciò a metà tra il preoccupata e affascinata. Quella che all’apparenza sembrava una normalissima piantina innocua, possedeva un potere immenso. “Non è pericoloso? Potrebbe causare dei danni permanenti alle nostre menti?” Domande più che lecite viste le circostanze. Si avvicinò cautamente riducendo gli occhi a fessura e assumendo un’aria dubbiosa. ”… siamo noi maghi a scegliere come usarle.” Ciò voleva dire che la loro pericolosità era più che palese. “Quindi potrebbe accadere da un momento all’altro? Sarà come essere sotto l’effetto di una qualche sostanza stupefacente?” Negli occhi del professore non vi era traccia di timore. Un buon segno che fece sentire al sicuro la novellina. Che poteva succedere di brutto?
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    Ruby Elise Duvall

    Il pranzo non era stato uno dei suoi migliori. Era riuscita a mangiare qualche pezzetto di pollo, con poco entusiasmo. Il dolore che la perseguitava, oramai, da qualche ora. La testa le scoppiava e i brividi di freddo percorrevano ogni centimetro del suo corpo, portandola ad indossare –sotto la divisa- un maglione pesante, con una grande R al centro, cucito appositamente per lei dalla nonna. Imbarazzante. Fortunatamente non si visibile ad occhio umano. Un punto a suo favore. Passò qualche minuto seduta sulle candide lenzuola in dormitorio e, quando Rose, si mosse per raggiungere l’aula di Divinazione, Ruby, prese coscienza che si stava avvicinando l’ora per levare le tende e migrare verso nord (?). Fa che non si l’influenza La sensazione di costipazione la mandava ai matti ma, prestando attenzione ai sintomi, si doveva proprio trattare di quella condanna, curabile con una semplice Pozione Pepata Facile da dirsi, un po’ meno da ingerire quello schifo dal gusto rivoltante. Il suo stomaco delicato ne avrebbe risentito e, come al solito, l’avrebbe fatta pagare dilaniandola da fitte impossibili da tollerare. Una vera e propria creatura angelica e fragile. Certo, come no. All’apparenza, forse. Inutile tergiversare. Si alzò dalla sua comoda postazione e afferrò il materiale che le sarebbe tornato utile per affrontare quella disciplina a lei ignota. Sì, non aveva mai avuto modo di cimentarsi più di tanto con gli argomenti trattati dalla divinazione ma, chissà per quale motivo, la trovava affascinante. Quanto sarebbe stato interessante esaminare le profezie dei Veggenti e quanto sarebbero potute servire al fine di dominare il mondo. Tutte questioni che scuotevano quel timido interesse, bisognoso di essere coltivato in vista di un roseo futuro.
    A molto era servito il dialogo con il professor Blackwood il quale, con molta fatica, era riuscito a farle comprendere l’importanza di qualsiasi disciplina, senza riserve. Per quanto riguardava l’applicazione, però, stava solo in lei mettersi d’impegno e affrontare quei limiti che spesso, altro non erano che fissazioni malate e, del tutto, errate.
    Si avviò di buon umore, cercando di non volgere il pensiero al suo malessere generale che, volere o volare, avrebbe inciso sulla sua prestazione. Poco male, una nuova sfida dietro l’angolo. “MA CHE…” Proprio dietro l’angolo. Improvvisamente andò a sbattere contro qualcuno di massiccio ed, involontariamente, i suoi occhi azzurri si chiusero come se volessero attutire quel colpo inferto dallo sconosciuto. Quando tornarono vigili, ciò che videro la lasciarono alquanto spiazzata. “Schneider!” Non poteva crederci. Una persecuzione bella e buona. Aveva avuto modo di interfacciarsi con il ragazzo durante la gita fuori porta in Africa, trattenendo a stento il desiderio impellente di affogarlo lì, in seduta stante, senza pietà. “Inizio a pensare che tu non possa fare a meno di me!” Lo stuzzicò con espressione indifferente, volta a schernirlo e a provocare in lui una reazione. Lo trovava simpatico, forse un tantino fuori luogo ma, nel complesso, non sembrava essere una minaccia per la sua incolumità. “Stai cercando di saltare la lezione della Lovecraft?” Domandò, mettendosi a braccia conserte e comportandosi come una di quelle signorine sottuttoio della mutua. La bionda professoressa non le era mai sembrata una delle più accondiscendenti e, di certo, se avesse scoperto una burla simile, avrebbe fatto fuoco e fiamme contro il povero Aaron. “Datti una mossa, non ho tutto il giorno!” Lo afferrò per un braccio e, con forza, lo trascinò appresso a lei, nella direzione dell’aula nella quale si sarebbe svolta la lezione. “Odio arrivare in ritardo. È una delle forme di maleducazione che più non tollero.” Sempre la solita perfettina.

    Giunsero alla meta. Aprì la porta e fece il suo ingresso, rimanendo piacevolmente colpita dall’atmosfera che regnava all’interno di quello spazio ristretto. Che sta accadendo? Salutò educatamente. Una falò ardeva proprio al centro della stanza e le finestre aperte inibivano il diffondersi dello spiacevole odore di bruciato. Geniale. Senza dubbio. Che aveva in mente quella donna? Si voltò verso il compagno Grifondoro che sembrava rapito dalla figura longilinea dell’insegnante. “Chiudi la bocca, ci potrebbe entrare qualche mosca!” Ironizzò prima di compiere qualche passo in avanti e cercare di comprendere le intenzioni della docente. ”… siamo tutti pronti per immergerci ancora una volta nell’oscuro abisso del futuro?” Mmmm, come no. Chi poteva essere così pazzo da voler conoscere nei dettagli ciò che lo aspettava? Vivere nel dubbio, per un certo verso, significava vivere tranquillo. Il fuoco riscaldava la stanza e quasi si pentì di essersi imbottita. Pffff. ”… quale modo migliore per farlo se non attraverso il fuoco…” Elemento ancestrale bla bla bla. Come no. Venerato come una divinità o sopravvalutato? Chissà. L’avrebbe scoperto. Fece una smorfia mentre, lentamente, il mal di testa iniziava ad affievolirsi, permettendole di pensare con lucidità a come avrebbe potuto rispondere in modo decente alle domande poste. Alzò la mano, nonostante la sua poca sicurezza a riguardo. “Si tratta della piromanzia.” Sì, l’aveva letto da qualche parte. “Si osserva attentamente il movimento delle fiamme e il loro colore. Insomma il comportamento che tiene il fuoco.” Non poteva aggiungere niente di più essendo, le sue, conoscenze molto limitate. La sua curiosità era stata smossa e, di certo, si aspettava grandi cose e informazioni che avrebbero arricchito il suo bagaglio culturale in modo significativo. Rimase in attesa che gli altri studenti prendessero la parola e la illuminassero in modo più approfondito.

    Ruby Elise Duvall - V anno - Tassorosso
    Entra in aula in compagnia di Aaron. Saluta la prof e nota il falò. Poi risponde alla domanda posta da Thea.
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    Ruby Elise Duvall

    Una sensazione di oppressione le attanagliava il petto. Quei cunicoli, ai suoi occhi, altro non erano che un inquietante labirinto che, prima o poi, l’avrebbe tratta in inganno, divenendo così la sua tomba eterna. Una fine che avrebbe tranquillamente evitato, se possibile. Si era immersa in quelle profondità, dando per scontato di riuscire in quell’impresa ardua ma, quando la corrente l’aveva brutalmente separata dalle sue compagne, Ruby non riusciva a non pensare di essere sommersa non solo da quell’acqua salata ma anche da una montagna di letame. La troppo sicurezza nelle sue capacità, spesso, la induceva a dare per scontati particolari che, alla fine, si rivelavano di particolare importanza. Classico. Fortunatamente, però, le circostanze, alla fine, virarono a loro favore. Il trio fu ricostituito e, da quel momento, l’attenzione si sarebbe spostata sul problema principale, nonché obiettivo iniziale: scovare l’algabranchia e portarla, trionfanti, in superficie. Si guardò intorno, dubbiosa ma speranzosa. Tutto ciò che poteva osservare, aveva il suo perché e il suo fascino. Molti avrebbero apprezzato quella meraviglia. Le immersioni, l’essere a contatto con la fauna marina. Insomma, tutto ciò che a lei non interessava minimamente. Stronzate. Non era il momento di lasciarsi andare a pensieri che esulavano dal compito assegnato. ”… purtroppo dubito troveremo l’algabranchia qui dentro.” Sentenziò la Metis, di ritorno, di certo, dalla sagra dell’ottimismo. Le vie di Merlino dovevano essere pur sempre infinite, no? Tentare non avrebbe fatto male a nessuno e, forse, con un po’ di fortuna, avrebbe anche sancito la fine di quell’interminabile tortura creata appositamente per metterli in difficoltà. Poteva comprenderlo. Al di fuori dalla mura di Hogwarts, tutti quanti loro, si sarebbero potuti trovare nei più disparati contesti, caratterizzati da insidie di svariata natura. Affrontare le difficoltà, quindi, sarebbe potuto essere l’ordine del giorno. Quelle lezioni non solo si potevano trovare su un piano accademico ma anche come simulazione di un’eventuale vita reale. L’utilità di mettersi alla prova, in fin dei conti, avrebbe potuto salvare il culo a qualcuno in un futuro. Chissà. Mai dire mai. Si accovacciò e con la mano destra andò a frugare tra le rocce calcaree che sembravano essere una buona dimora per la vegetazione del luogo. Niente. Che quel pessimismo, poi, non fosse del tutto infondato. No. Una gioia se la meritavano. Senza contare il fatto che la via d’uscita non fosse scontata. Improvvisamente, però, un fascio di luce, attirò l’attenzione di tutte e tre, indicando quella che, per forza di cose, doveva essere la via d’uscita che avrebbe permesso loro di riemergere dagli abissi. La corrente si fece calda e piacevole, quasi da crogiolarsi al suo interno. La concentrazione vacillò per qualche istante ma, grazie a Poseidone, Sky attirò la sua attenzione: ”Vedo la luce!” Sorrise, felice che ciò che i suoi avevano intravisto non fosse solo un miraggio. “Manca solo la materia prima!” Commentò mentre alzava una pietra dopo l’altra alla ricerca del Paese delle Meraviglie. Lei l’avrebbe scelta come dimora. Perché no? Tranquilla e lontana da agenti potenzialmente disturbanti. Che vi era di meglio? Quella grotta poteva dirsi l’equivalente marino di una caverna eremitica situata sul cucuzzolo di qualche montagna. Luoghi perfetti per gente poco incline ai rapporti sociali. Ok. Basta. Tergiversare non sarebbe servito a nulla. Sentiva che sarebbe stata la volta buona. La Dea Bendata si trovava a loro favore. ”Che culo!” Interdetta ma felice. Non poteva credere che fosse stato così facile. Beh, di certo, una volta in superficie, sarebbe stata travolta da una canoa, come minimo. “Tutto troppo facile!” Dove stava l’inculata? Dietro all’angolo? Si avvicinò all’alga e sfoderò la bacchetta in legno di ebano e gliela puntò contro: “Diffindo!” L’incantesimo sarebbe risultato assolutamente risolutivo se andato a buon fine e sbagliare non era contemplato. Scusa piantina, vorrei ci fossimo incontrate in circostanze migliori. Un taglio netto e, finalmente, poté entrare in possesso di quel viscidume. Se non altro, di certo, non sarebbero schiattate se il potere di quella cosa ingerita precedentemente, avrebbe fosse cessato. Si voltò indietro per assicurarsi che anche Hestia avesse compiuto il proprio dovere e quando ne fu certa, seguì la Caposcuola Corvonero, verso quella che doveva essere l’uscita da quella trappola mortale. La luce era un buon segno ed, allo stesso tempo, una colonia di pesci dai più svariati colori, nuotavano proprio al loro fianco, forse alla ricerca di un po’ di cibo. Le speranze, quindi, si moltiplicarono. “Andiamo, ragazze. Meritiamo un po’ di riposo!” E magari una cena proteica che avrebbe permesso di recuperare tutte le forze sprecate per quell’avventura bizzarra. Si godette le ultime immagini che, probabilmente, non avrebbe più rivisto così facilmente. Aveva avuto la fortuna di osservare da vicino quell’immensa distesa d’acqua più di una volta ma, nonostante ciò, non aveva mai avuto modo di esplorarlo in tutta la sua vastità. Ripensò alla sua infanzia, ai viaggi compiuti in compagnia dei genitori ed, un po’ nostalgica si lasciò trasportare dalla corrente. Su, sempre più su, diretta verso la superficie dove avrebbe trovato la salvezza.

    Ruby Elise Duvall, V anno, Tassorosso.
    In gruppo con Skylee e Hestia.
    Acchiappa l'alga e se ne intasca una fogliolina v.v ops.
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    Ruby Elise Duvall

    ”Anderson, Duvall, Metis, voi andrete assieme e mi raccomando, le più grandi aiutino la meno esperta.” Meno esperta. Un abile tentativo per non farla sembrare proprio la bimba speciale di turno. Non aveva tutti i torti. Il suo rapporto con la materia in questione non aveva avuto un significativo miglioramento anche se, tutto sommato, poteva considerarsi fortunata ad aver ricevuto delle dritte importanti sul come approcciare al meglio con il mondo dell’Erbologia. Annuì e regalò un sorriso grato al Signor Blackwood, per ringraziarlo di tutta quella clemenza nei suoi riguardi anche se, d’altra parte, la preoccupava il fatto di poter anche solo lontanamente essere un peso per le sue compagne. Accettare l’aiuto da parte di terzi, per Ruby, non era altro che sintomo di debolezza e incapacità ma –da quel che si diceva in giro- la realtà si trovava ben lontano da quel malato pensiero. Chissà. Sbuffò e non le rimase altro che seguire le istruzioni per filo e per segno, così da non rischiare la vita prima del previsto. In fondo seguire le regole era ciò che riusciva meglio alla piccola Tassa che tutti credevano tanto indifesa. Un esserino da proteggere dal male. Niente di più lontano dalla verità ma salvare le apparenze, veniva prima di tutto, così da poter vivere la sua vita segreta al meglio delle sue possibilità. Le compagne sembrava, quantomeno, affidabili. Non aveva mai avuto il piacere di scambiarci due chiacchiere ma, a conti fatti, si trattava pur sempre di due ragazze appartenenti alla casata di Corvonero, non potevano peccare di certo di stupidità come un Grifondoro qualunque. Chi ben comincia è a metà dell’opera. Chissà quale mente eccelsa aveva ideato una stronzata simile. Fece spallucce, da brava bimba psicopatica alle prese con dialoghi interiori poco sani, e tornò al lavoro da svolgere. Sorrisi gratuiti di sprecavano. Le due, a quanto riferito dal professore, sarebbero dovute essere esperte e inclini a correre in soccorso dei casi umani –in questo caso lei-. Beh, se così fosse stato le avrebbe ringraziate in seguito, offrendo loro una burrobirra ai Tre Manici. Sì, sempre che fosse uscita viva da quella cosa. Ebbene, dopo essersi immerse e dopo aver masticato e trangugiato a fatica quella orrida poltiglia, le ragazze si trovarono a doversi scontrare con l’habitat marino e le sue creature che non avrebbero tardato ad insidiare il loro percorso.
    Skylee propose qualche cosa di sensato: legarsi tra loro. Non erano a conoscenza della vera forza delle correnti marine in quel tratto di mondo, dimenticato da Merlino e, per questo motivo, fare ricorso a tutta la prudenza possibile era, senza dubbio, un’ottima mossa. Che fosse realmente così pericoloso avventurarsi in quella immensa distesa d’acqua? L’avrebbero scoperto di lì a poco.
    Nuotare non era un problema, Tutto quell’allenamento, finalmente, sarebbe tornato utile a qualche cosa e, chissà, forse sarebbe potuta addirittura essere di aiuto a coloro che si trovavano lei come zavorra.
    Ebbene, insieme optarono per seguire la direzione alla loro destra. Ottimo. Dopo qualche attimo, le tre giovani streghe, si trovarono davanti a uno spettacolo inaspettato. Una grotta sottomarina. Rimase attonita ad osservare quella che, comunque, poteva dirsi una vera e propria meraviglia. Doveva ammetterlo, quel contesto suscitava un certo fascino, facendole correre il rischio di scordarsi il perché si trovasse lì sotto, deformata in chissà quale assurda creatura dalle inquietanti branchie e dai piedi palmati. Sexy, come no. Da che mondo era mondo, però, affrontare un ambiente così ostile, richiedeva un grado di esperienza non indifferente. Panico. Morirò. Senza contare che la salsedine avrebbe potuto rovinare quella giovane pelle delicata. Ahhhh. Si inoltrarono all’interno di quella cosa infernale e probabile tomba e iniziarono ad esplorare. Forse l’algabranchia preferiva le zone al chiuso? Cosa ne sapeva? Quel viscidume ancora le faceva venire i brividi.
    Pochi attimi e l’idea del Prefetto di Corvonero andò in fumo, spezzando non solo la corda che legava le ragazze ma anche le speranze che aveva nutrito fino a quel momento. Ruby si lasciò andare alla forza che l’acqua esercitava su di lei e sulle compagne. Ogni tentativo di ribellione fu vana. Si sentì sballottare a destra e a sinistra fino a quando quella centrifuga si calmò. “Ma che male!” Si sfregò il braccio destro che, con violenza, aveva urtato la parete rocciosa. “Maledizione.” Poteva considerarsi fortunata, era pur sempre viva, no? Per il momento. Si sincerò delle condizioni del suo infortunio e, una volta compresa l’entità, si rilassò un nono secondo. ”Ruby? … Ci riesci a sentire?” Stava sognando? O le era andata davvero di culo e riusciva ad avvertire le sue compagne senza così tanta fatica. Già si era vista passare davanti agli occhi la sua vita, invece, il destino aveva voluto diversamente. “Grazie a Merlino! Sì, vi sento.” Il suo tono allegro e, un tantino fuori luogo, risuonò per quella trappola potenzialmente mortale. “Tutto bene…” Osservò il cunicolo nel quale era malamente finita. “O, almeno, credo!” Niente di rotto. Le disposizioni di Skylee furono chiare, decise e impossibili da ignorare. Si fece coraggio ed iniziò a muoversi, cercando di orientarsi il meglio con l’aiuto dell’incantesimo quattro punti. GUIDAMI. La bacchetta sarebbe diventata il suo navigatore. Sinistra, destra e poi ancora a destra. “Ecco qui!” Scarabocchiò il segno sulla parete calcarea e proseguì. Con attenzione studiò ogni centimetro e un segno blu la portò a cambiare strada. “Credo di aver trovato la strada.” Si sforzò di pensare a qualche stratagemma potesse aiutarle. No, non di qui. Virò e prese la direzione opposta a quella decisa in principio. Nuotava velocemente, così da non perdere neanche un istante a disposizione. Si affacciò al di là di un cunicolo e sentì la corrente calda sulla pelle. C’era quasi. Le voci della Corve sembrava più vicina che mai. “Cucu!” Le scorse intente a sondare il terreno colmo di limo e le raggiunse. “Scusate il ritardo.” Ironizzò. Si accovacciò e cercò tra le pietre qualche cosa di utile, chessò, una stupida algabranchia, per dirne una. Illusa. Potevano essere così fortunate ma, soprattutto, poteva essere davvero finita lì la serie di sfortunati eventi? “Quante possibilità abbiamo di trovare proprio qui, quello che stiamo cercando?” Domanda più che lecita. In fondo lo scopo era proprio quello, trovare l’algabranchia e, poi, avrebbero potuto anche chiedere aiuto per riemergere in superficie. Insomma, la via più facile.

    Ruby Elise Duvall, V anno, Tassorosso.
    In gruppo con Skylee e Hestia.
    Segue i consigli delle compagne e interagisce con loro (Sky e Hestia) alla fine riesce a raggiungerle.
  15. .

    Ruby Elise Duvall

    Stava sorridendo? Certo, sei ridicola! Se fosse stata in lui, avrebbe reagito allo stesso modo, compatendola silenziosamente. Altro non era che una ragazzina in preda al panico per via di una mancanza che sarebbe potuta essere facilmente colmabile, se solo fosse riuscita a smetterla di piangersi addosso come una perfetta idiota. Il duro lavoro l’aveva ripagata in svariati ambiti, perché sarebbe dovuta andare diversamente con Erbologia? Ok, forse non si trattava esattamente della sua confort zone ma, in fin dei conti, neanche Divinazione –che trovava addirittura inutile- rispecchiava esattamente i suoi interessi, eppure leggendo e studiando quella miriade di stronzate era riuscita ad ottenere dei buoni risultati. Dove stava il problema, allora? Nella sua testa di cazzo, probabilmente.
    Ascoltò la replica del professore con molta attenzione, scontrandosi con una realtà avvilente. Una mandragola sarebbe riuscita a badare a sé stessa, meglio di quanto potesse fare lei. Un brivido. Manco l’alcol sapeva andarsi a procurare per via del suo grande limite che consisteva nello schifare la maggior parte delle persone che la circondavano. “Certo, certo.” Forse sarebbe stato meglio lasciar cadere nel nullo quel discorso per evitare di sentirsi ancora più un fallimento. “Affascinanti creature.” Di quelle piante sapeva esclusivamente che, una volta raggiunta la maturità, se la radice veniva portata alla luce, il loro pianto avrebbe potuto uccidere una persona. “Così dannatamente letali.” L’affermazione uscì con un po’ troppa enfasi ma così velocemente da non poter essere rimangiata. Rimase in silenzio, fingendo si prendersi qualche istante per riflettere su quanto detto fino a quel momento. Trovava davvero strano come avesse potuto ignorare quella potenzialità derivata da una semplice materia che trattava di piante. Forse avrebbe aperto gli occhi verso nuovi orizzonti e tutto grazie a un semplice confronto con chi vantava un’ampia esperienza a riguardo.
    ”Se fosse quel tipo di persona, immagino l’erbologia potrebbe darle tanto, sì…” Non aveva la benché minima idea di quanto, la mente di quella giovane, fosse deviata. Quel faccino celava una natura profondamente disturbata, mascherata da un sorriso fanciullesco e un briciolo di astuzia a contornare il tutto. “Il bene e il male. Le due forze che muovono l’umanità!” Stava, di nuovo, dando voce a pensieri che sarebbero dovuti rimanere confinati nei meandri della sua mente. Rinchiusi e deliberatamente abbandonati per non creare dubbi in chi aveva il piacere di interloquire con lei. “Immagino che dovrei essere d’accordo.” Sì, avrebbe dovuto ma tutta l’accondiscendenza del mondo, le metteva la nausea. “O forse sono meri punti di vista.” Non aveva ancora chiara la cosa ma stava andando fuori tema, tergiversando e toccando punti che andavano ben oltre il suo interesse per la disciplina in questione. Ciò che era emerso, si rifletteva sulla sua vita, sul suo vissuto e sul futuro che sperava per la sua persona. Insomma, troppa carne al fuoco per essere analizzata in così poco tempo. L’unica cosa certa era che doveva chiudere quella dannata bocca per non lasciarsi sfuggire la perversione.
    ”Sta forse insinuando che io sia un tipo arrendevole?” Lo scrutò attentamente, con aria apatica. “Non mi permetterei mai di insinuare una cosa simile, Professore.” Aveva troppo rispetto per coloro che sprecavano il loro tempo appresso a ragazzini menefreghisti. “Se mi permette, una domanda…” Stava per schiaffare un colpo basso? “… si sente appagato nel suo ruolo qui, ad Hogwarts?” Una domanda lecita, vista la piega che stava prendendo la discussione.
    Ruby era, da sempre, convinta che Serpeverde fosse più nelle sue corde ma così non era stato. Croce sopra. Non le importava minimamente di dove sarebbe finita, in realtà, l’unica cosa che premeva era la presenza dei mezzosangue e dei nati babbani, poco tollerati a causa del suo pensiero alquanto radicale in merito. “Ne sono a conoscenza. Tutte e quattro le casate hanno formato maghi oscuri. Sono appassionata di questo argomento da molti anni.” Appassionata, ossessionata, faceva qualche differenza? “Mi rimboccherò le maniche, penso sia la soluzione più saggia per arrivare a risultati accettabili, per il mio standard!” Da psicopatica.
    Le leggi. Fosse stato per lei avrebbe ribaltato il mondo magico, ricominciando dal giorno zero. Un sogno praticamente irrealizzabile ma pur sempre il suo più grande volere. Giunse il momento di recarsi nelle serre. “Avere le redini del potere. Deve essere estremamente gratificante.” Percorsero il porticato e, alla fine, si trovarono esposti alle intemperie ma, prontamente, il Signor Blackwood fece apparire un ombrello sopra le loro teste per ripararli adeguatamente. “Grazie, mille. Adoro questo tempo e questo clima.” Ma adorava forse di più i suoi capelli e la piega che ogni mattina, con pazienza, dava loro. Si strinse nel mantello e prese a camminare lungo il sentieri che li avrebbe portati alle serre. “Ha ragione. Gli Indicibili, personalità interessanti.” Per quel che ne poteva sapere. “Le auguro di riuscirci. Sarebbe una gran bella svolta.” Effettivamente, nonostante il ruolo di insegnante fosse sicuro e –probabilmente- ben remunerato, non aveva nulla a che vedere con i benefici che un lavoro al ministero poteva dare. “Cosa l’ha portata ad Hogwarts, se non sono indiscreta?” Un modo per far passare il tempo e conoscere un po’ meglio la personalità dell’uomo che le stava accanto durante il tragitto.

    Ed eccole. Le serre, proprio davanti ai loro occhi. Si portarono verso la numero otto e si infilarono al suo interno. Adorabile, davvero. La temperatura ambientale si aggirava sui trenta gradi, non poteva chiedere di meglio. Si sbarazzò del mantello e si guardò intorno meravigliata. Era la prima volta che osservava con attenzione quello spazio. “Mi dica come posso essere utile!” Domandò di getto, cercando di comprendere cosa avrebbe potuto fare per non risultare una completa imbecille.
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