Tutto quel dimenarsi di gruppo era stato estenuante. Mi ero messa in ginocchio come se volessi chiederle di sposarmi, effettivamente, quando nella mia testa pensavo più al presentatore di un circo. Perché poi è quello che era stato: un circo. Forse avevo esagerato, ma infondo era un modo significativo per mettere alla prova la sua amicizia nei miei confronti: “vuoi ballare o vuoi scappare?”. Se fosse stata la seconda, l’avrei perfettamente compresa; me la figuravo benissimo a rivolgermi un’aria truce, sopracciglio svettante, volendo convincere chiunque che neanche mi conoscesse. Non l’avrei biasimata. Tuttavia non me lo aspettavo davvero: in quei mesi mi aveva già dimostrato di non essere una che ama tirarsi indietro (e altrimenti che Grifondoro sarebbe, giusto?), e da parte mia ne aveva sopportate di ogni, lei come tutte le mie compagne di stanza. Ma, forse, quello era stato eccessivo: il mio sorriso andava pian piano spegnendosi, mentre i secondi passavano, un breve lasso di tempo riempito solo dal mio ansimare, il petto che andava visibilmente crescendo e svuotandosi. E pensare che mi ero messa tutta in tiro, per una volta, per colpirla: con quella stramba performance, invece, sembravo averla delusa. Ecco, stava scuotendo il capo… a dimostrazione di tutto il suo disgusto! Il peggior rifiuto di sempre…
“Carrie Marshall, te lo ha mai detto nessuno che sei completamente matta?” – Cazzo, non sai quanto… – testa abbassata, feci per tirarmi su, avendo ormai capito l’antifona. Beh, non mi restava che darmene a gambe… o ributtarmi sul buffet, già che c’ero. I dolci erano sempre stati per me la migliore delle consolazioni. Stava anche ridendo di me, cazzo. Che gran figura di merda… a quel punto avrei solo voluto tornare indietro, e magari prenderla in giro soltanto un pochino, così, per divertimento personale… senza farle fare una brutta figura davanti a tutta la scuola! Avrei…
“Sarei felice di ballare insieme a te.” – Tu…cosa?? – a quel punto non ci credevo più, e la mia mascella si aprì di stupore quando quella mi prese la mano per farmi girare su me stessa.
– Solo tu avresti potuto accettare. – sorrisi con le labbra, con gli occhi, mentre ogni muscolo del mio viso si rilassava dalla gioia di avere accanto, al contrario suo, la migliore delle accompagnatrici. In quel momento realizzai che non avrei dovuto metterla alla prova, se non altro perché non ce ne fosse affatto bisogno. Sapevo già che Alexis fosse speciale, nonché la migliore amica che potessi desiderare, e quella che non mi sarei proprio immaginata di trovare a Hogwarts: provenivamo dalla stessa città, con gusti e un passato simili alle spalle; era come se fossimo destinate, infondo, a conoscerci e a diventare amiche. Proprio nell’ultimo dei posti possibili… quello dove regnava l’impossibile, nascosto allo sguardo del mondo. Un posto segreto, un posto che era
nostro. Unico quanto lei.
– Non farmi più il gioco dell’attesa, occhi-di-gatto. Stavo per liquefarmi dalla vergogna. – mi lasciai trascinare fino al centro della sala, sorridendo come una ebete.
Ora, era “mondialmente" saputo che io non sapessi muovermi, sulla pista come da sola. Ballare era una cosa che non faceva proprio per me, che avevo una coordinazione
pessima. Però mi piaceva la sensazione di shakerarmi, doveva rilasciare in circolo delle endorfine, o come si chiamavano… un po’ come il sesso. Non che di quello ne avessi la prova… comunque sia era un modo come un altro per ridere al suo fianco, mostrandole tutte le movenze del mio stupido repertorio di danza – sì, non le avevo ancora messe in atto tutte! – e ogni volta che riuscivo a strapparle un sorriso sincero, per me era una reale vittoria. Amavo vederla ridere, amavo farla sentire spensierata, amavo vedere i suoi bellissimi occhi illuminarsi. E a proposito di occhi…
Le luci si fecero man mano più soffuse, e la musica mutò lentamente, ma perentoriamente, in un motivetto classico e rilassante; attorno a noi, vidimo metà delle coppie lasciare la pista, scontenti di quella scelta dall’impronta decisamente romantica. Stavo per fare la stessa cosa, quando la moretta mi porse una mano, e io alzai entrambe le sopracciglia, stranita ma emozionata.
In silenzio, lasciai che avvolgesse le mani attorno alla mia nuca, mentre io, d’istinto, portai le mie braccia attorno alla sua vita. Quegli enormi occhi verdi mi fissavano, più intensamente del nostro primo incontro alla Stanberga. Più consapevoli, poiché rispetto ad allora conoscevamo bene l’altra persona. In quello sguardo ora c’era affetto, era più che evidente, e talmente intenso che per qualche momento mi ipnotizzò. Così elegante, ma senza per questo abbandonare l’originalità che la contraddistingueva, non potei fare a meno che riportare alla mente il mio primissimo pensiero su di lei, ossia che fosse la ragazza più bella che avessi mai visto. Oggi quell’impressione si era dimostrata, ormai, una solida realtà.
– Come avrei potuto? Dopo un invito del genere sarei stata pazza a non accettare… era ovvio che ci tenessi moltissimo. Non potevo deluderti. Mi farei tagliare un braccio piuttosto che deluderti. Mi sono costretta anche a questo abito esagerato… non potevi meritarti nulla di meno – ammisi candidamente, seguendo il ritmo lento di quel movimento intimo e tranquillo.
– Stai palesemente osservando la tua immagine attraverso lo specchio dei miei occhi. Poco carino da parte tua. – non potei che ironizzare, come ogni volta in cui mi sentivo in imbarazzo. E con lei succedeva spesso. Lei lo sapeva talmente bene che lo spezzò facendomi girare nuovamente su me stessa, questa volta in modo più dolce. Una cosa, però, non mi sarei mai aspettata: di incontrare le sue labbra sul gesto di ritorno. Le mie labbra si schiusero, spalmandosi praticamente sulle sue. Spalancai gli occhi, in un primo momento, sconvolta da quel gesto; poi, però, sentii le mie palpebre rilassarsi da sole, abbandonata a quel bacio. Le sue labbra vermiglie erano morbidissime, più di quanto avrei pensato E di baciarla, effettivamente, lo avevo immaginato parecchio. Era praticamente inevitabile.
Dopo un tempo che mi parve interminabile le nostre labbra si separarono, lasciandomi visibile nel calore sul mio volto, che doveva essersi acceso come una miccia.
Ora ero colta dal panico. Cosa significava quel bacio? Era stato intenzionale? Io le piacevo? E perché non lo avevo mai notato?
– I-io… devo andare, adesso. Si è fatto tardi. La mia carrozza si ritrasformerà in zucca… – sì, davvero una bella scusa, Carrie, per abbandonarla al centro della pista e sfrecciare fuori dalla sala grande come se ti avesse punto una medusa nel culo. Non avevi detto che non volevi deluderla? Allora perché corri, e corri, fino alla Signora Grassa? Perché la spalanchi, sali la scala a chiocciola e ti fiondi in una camera che sai bene non essere la tua?
– Carrie, che ci fai qui? – disse la grifondoro della stanza di fronte alla sua; Carrie sapeva bene che odiasse l’idea di quel ballo, e che per quella sera sarebbe rimasta in camera a leggere.
– Nina, posso dormire qui, questa notte? –– Cos’è successo? –– Non fare domande, per favore – Nina annuì, e le fece spazio nel suo letto. Carrie si distese e alzò le coperte fino alla testa, nascondendosi dal mondo, senza neppure sapere bene il perché.