Posts written by David_

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    david David era sempre stato un estraneo all'amore. Non ne aveva mai conosciuto la vera essenza, e di conseguenza non ne aveva mai avvertito il bisogno. Il suo mondo si limitava ai sentimenti di vendetta e al desiderio di eliminare suo padre. Tuttavia, l'ultimo anno aveva portato con sé un cambiamento inaspettato: Halley. Quella nana aveva acceso una scintilla nel suo cuore, offrendogli un assaggio, seppur fugace, di quel sentimento che aveva sempre ignorato. E David aveva vissuto quell' amore in modo torbido e deviato, perché cosa ci si poteva aspettare da un Harris? La normalità non era mai stata nelle loro corde. Aveva spinto Halley all'estremo, consumando la loro relazione fino all'esaurimento. Il loro rapporto, alla fine, era morto il 24 dicembre, come una fiamma che non aveva retto al gelo dell'inverno. Oggi erano quattro mesi che non si parlavano. Non una parola, neanche un messaggio. Il loro legame si era dissolto nel silenzio. Meglio così. Non voleva vederla. Quella rottura e il gesto da lei compiuto quella notte, così simile a quello del padre, lo avevano lasciato in balia di un dolore immenso e di una rabbia che, a volte, sembrava incontenibile. Quasi ogni giorno, spinto da un'incontrollabile frustrazione, finiva per sfogarsi prendendo a pugni qualcuno o qualcosa. Tuttavia, per evitare ripercussioni, lo faceva sempre al di fuori della scuola, lontano da occhi indiscreti. In quei mesi, aveva scelto di mantenere un profilo basso, rifugiandosi in una sorta di volontario isolamento. Perché adesso sapeva che la rabbia e l'impulsività non potevano essere la sua bussola. Non sempre almeno. Doveva imparare a dominare le sue emozioni, a riflettere con razionalità anche nelle situazioni più concitate. Solo così sarebbe riuscito a riprendere il controllo di sé stesso, che da tempo sembrava sfuggirgli, e ad affrontare con un minimo compostezza chi lo provocava. Come quel bastardo. Dean era calmo, calcolava le sue mosse e sapeva sempre come e quando colpire. E lui, come un deficiente, cadeva sempre nelle sue provocazioni, perdendo ogni controllo.Era arrivato il momento di cambiare strategia. Doveva imparare a non reagire d'impulso, a non farsi dominare dalla rabbia. Doveva trovare un modo per essere imprevedibie ai suoi occhi perché le sue reazioni erano troppo scontate, quello che pensava gli si leggeva in faccia e questo non andava bene. Perché David avrebbe fatto di tutto per raggiungere i suoi obiettivi. Tra questi c'era anche tornare dall'unica ragazza che aveva amato? Non lo sapeva. «Che rottura di coglioni.» Un sospiro di stizza gli sfuggì dalle labbra mentre si passava nervosamente una mano tra i capelli. La relazione tra lui e Halley era finita, anche perché si sentiva tradito dopo il gesto che la mora aveva fatto. Non si capivano. Per loro non c'era futuro. Eppure, la sua mente non faceva che riportarlo da lei, tormentato da un ricordo che non voleva svanire. A che scopo poi? Halley sembrava felice con i suoi amici e con quel Grifondoro di bassa lega. Com'è che si chiamava? Ah sì, Willy qualcosa. I pugni si chiusero con forza mentre accelerava il passo, reprimendo a fatica la gelosia che lo attanagliava. Non avrebbe ceduto, non sarebbe tornato indietro. La sua decisione era presa, irrevocabile. Se lo ripeteva come una cantilena, un mantra che scandiva il suo passo deciso. Quasi senza accorgersene, si ritrovò nei pressi del campo da Quidditch. Dopo essere stato nella squadra per più di un anno, quel posto era diventato un'abitudine per lui. Tuttavia, da quando aveva deciso di dimettersi dal ruolo di vice capitano e di prendersi una pausa per riflettere sul suo futuro nella squadra, le sue visite al campo si erano fatte sempre più rare. Frequentava il campo da Quidditch solo per le sessioni di allenamento private con il professor Lennox, l'unico che ancora lo sosteneva. Per il resto, non sapeva se sarebbe mai tornato a giocare con la squadra. Del resto, gli erano sempre stati tutti sul cazzo, tranne suo fratello e forse la Riis; anche se dopo il loro battibecco a lezione non era più così sicuro neanche di lei. Non si erano capiti. O forse era lui che non si era fatto capire, come suo solito, comportandosi da stronzo. In fondo, non gli era mai importato granché piacere agli altri. Nella vita aveva ben altre priorità, ma se voleva imparare a controllare la rabbia e tenere testa a quel bastardo, doveva anche imparare a non farsi influenzare dalle provocazioni e a non innervosirsi per ogni minima sciocchezza. E chissà, forse fu proprio per questo motivo che David, con fare sprezzante e indifferente, si accese una sigaretta e si diresse verso Freya, che era appena uscita da una delle porte del campo. O forse il vero motivo era un altro. «Riis.» La salutò con un cenno del capo. «Lennox è già andato via?» Per essere lui, non era un pessimo inizio di conversazione, diciamo. Almeno non era stato offensivo come al solito appena apriva bocca.

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    Edited by David_ - 28/4/2024, 03:39
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    “IO TI HO AMATO!” Chiuse gli occhi quando Halley gli urlò quelle parole. Quella era la frase che, da quando l'aveva vista seduta sui gradini di casa sua, avrebbe voluto sentire. E allora, perché non era felice? Perché ogni suo tentativo di vivere una relazione in maniera normale si concludeva con la distruzione, opera delle sue stesse mani? Forse era solo vittima delle sue abitudini; David era cresciuto in un ambiente privo di amore o qualsiasi altro sentimento positivo. La sua quotidianità era dominata da odio, menzogne, violenza e dolore. E poi c'era Dean che gli aveva sempre ripetuto che gli avrebbe strappato ogni briciolo di felicità dal corpo, che avrebbe fatto in modo che non potesse provarla mai. A quel tempo, aveva riso come un pazzo non capendo nemmeno il senso delle sue parole. La felicità? Che valore poteva avere per lui, se l'unico motore della sua esistenza era la vendetta? Nessuno. Solo che da quando Halley era entrata nella sua vita, le cose erano inziate a cambiare. Aveva ritrovato il suo lato umano e, con esso, emozioni che credeva di aver a lungo dimenticato, se non addirttura mai provato. Ma David portava dentro di sé profonde ferite, era disfunzionale e, come le aveva confessato, non sapeva amare nel modo giusto. «L'HO FATTO! E SO CHE MI AMI ALTRIMENTI NON SARESTI RIMASTA MA HALLEY, IO NON SO AMARTI NEL MODO GIUSTO CAZZO! NON SO AMARTI IN MODO NORMALE!» Diede un pungo contro la parete alla sua destra, arrabbiato e frustrato. Per David, ammettere una sua incapacità era come tradire i principi cardine della sua famiglia, come sgretolare l'immagine di invincibilità che gli Harris erano tenuti a proiettare verso il mondo. Era come confessare di essere vulnerabile, di poter essere ferito, una cosa che per lui era inaccettabile. Un Harris non doveva mai esporre le sue debolezze, altrimenti sarebbe diventato un facile bersaglio per i nemici. Per suo padre. «Non so farlo...» Le sue parole uscirono come un sussurro, mentre si passava le mani sugli occhi stanchi. Sarebbe stato così semplice comportarsi da egoista e allontanarla, ponendo fine a tutto questo e proteggendola dal padre. E lui stesso non avrebbe più dovuto soffrire. Allo stesso tempo, però, desiderava stare con lei, non poteva immaginare di perderla. Aveva scoperto che la felicità, dopotutto, non era poi così male. Ma cosa poteva fare? Cosa doveva fare? Non aveva risposte, e la situazione in cui si trovavano sembrava inevitabilmente destinata a un tragico epilogo. «So tutto.» La fissò con un'intensità quasi disperata mentre pronunciava quelle parole. Era consapevole di cosa gli avesse perdonato, di essere l'unico ad averla sfiorata, di averle causato dolore. Sapeva che era colpa sua se la mora stava impazzendo. David possedeva un talento innato nel far esplodere le persone, anche quando non lo desiderava. Le sue azioni non potevano che condurre a conseguenze estreme. Come adesso. Come tutta la sua vita. Un caos bellissimo però.» Un sorriso amaro sfociò in una risata isterica. Ma cosa cazzo stava dicendo? Delirava, preda di una follia che gli offuscava il senno. Una follia diversa da quella che aveva sempre conosciuto e che portava il nome di Halley Wheeler. «Mi stai facendo diventare pazzo!» Si passò una mano tra i capelli neri, scuotendo la testa con rassegnazione. Un barlume di speranza lo attraversò: forse quel comportamento era solo dovuto all'imminente trasformazione, che già di per sé gli causava sbalzi d'umore più repentini del solito. Ma in fondo, sapeva che si trattava solo di un'illusione. Con lei, era sempre così. Fuori controllo. «Non hai capito un cazzo, Wheeler! Se ti sono stato fedele è perché sto provando ad amarti come si deve, se ti ho rivelato il mio segreto è perché mi fido! E IO NON LO FACCIO MAI. MAI!» Con un balzo improvviso le si avvicinò, urlando quelle parole che gli bruciavano dentro. Perché non riusciva a capirlo? Era così difficile comprendere che, per lui, la fedeltà era un concetto ben più profondo e complesso della mera astinenza fisica? Ci stava provando a cambiare un minimo, lo stava facendo eppure ogni sforzo sembrava vano. Inutile. Perché invece di avvicinarsi, si stavano dirigendo verso la fine. «Se mi sento ferito, reagisco così.» Ed ecco l'ennesima confessione, l'ennesima prova tangibile. Con quelle parole, aveva ammesso il dolore provato per il suo silenzio. Sono ridicolo.
    «Per noi, esatto. Per non perderti.» Era stato spinto da due motivazioni a confessarle la sua natura di lupo mannaro: il terrore di perderla e il desiderio di concederle la libertà di scelta. In parte, le aveva rivelato la sua vera essenza per non vivere nell'inganno, per essere completamente sincero con la donna che amava. Ma, allo stesso tempo, le aveva dato la possibilità di decidere il suo destino. Poteva scegliere di accettare la sua natura mostruosa e rimanere al suo fianco, oppure poteva fuggire e cercare la felicità con un altro uomo, libero dalla maledizione che lo attanagliava. No, è perché è solo mia! Basta David, ritorna in te! Doveva prendere il controllo, doveva dimostrare a se stesso che quel sentimento non aveva intaccato la sua forza, non lo aveva reso vulnerabile. E così, con un impeto improvviso, la afferrò e la condusse verso la camera. Baci, carezze, un vortice di passione che esplodeva per colmare il vuoto della sua assenza. Perché, nonostante l'ostinata finzione di essere ancora il bastardo di un tempo, di fronte al suo calore si scioglieva come neve al sole. E al diavolo quelle tre settimane! Ora lei era lì, con lui. Un lampo di felicità lo attraversò, per poi essere bruscamente spento. Halley, con la bacchetta puntata alla sua gola, lo minacciava di morte. David, sopraffatto dalla rabbia, le confessò il motivo del suo drastico cambiamento. Ma subito dopo, un vuoto glaciale lo avvolse. Le sue emozioni si erano improvvisamente spente. Si alzò dal letto e si allontanò, incapace di sopportare la sua presenza. Si sentiva tradito, perché la prima persona che amava aveva fatto come suo padre? Non volevo questo. Non volevo niente di tutto questo. Ma non ci capiamo. Basta. Chiuse gli occhi con forza e strinse i pugni, conficcandosi gli artigli nella carne. Quella ferita, almeno, sarebbe guarita. «E a me di te. Perché anche se è difficile da credere, nel mio modo malato, ho provarto ad amarti come meritavi.» I muscoli della schiena erano come corde di violino, tesi e vibranti. Ogni fibra del suo corpo pulsava in risonanza con l'eco di una storia che volgeva al termine. Un capitolo doloroso, intriso di passione distruttiva e intensità accecante, che stava per chiudersi, forse per sempre. I suoi occhi, fissi su un punto indefinito nello spazio, racchiudevano il peso di un amore malato, vissuto con la forza dirompente di un uragano, e ora destinato a dissolversi tra le brume del passato. “Perché non possiamo essere felici insieme?”Un sorriso amaro si aprì sulle sue labbra, mostrando i canini che affondavano nella sua carne come artigli affilati. Era il sorriso di un mostro, un ghigno che rivelava la parte più oscura e tormentata della sua anima. Un sorriso che racchiudeva un dolore immenso, una rabbia soffocante e la consapevolezza che alla fine Dean gli aveva strappato ogni barlume di felicità dal corpo. Aveva vinto. Come sempre. «Perché i mostri, per quanto ci provino, non sanno tenersi stretta la loro felicità. E io ne sono un esempio.» Perché la mia felicità, adesso, è appena andata via. Halley è andata via.



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    L'ostinazione di David poteva durare molto tempo. Non era incline ad arrendersi di fronte alle difficoltà o all'impossibilità, perché la sua stessa ragione di vita era legata alla tenacia di uccidere suo padre. Questa stessa ostinazione si manifestava con ancora più forza nel suo rapporto con Halley; la sua ragazza, la persona che aveva imparato ad amare a modo suo, rappresentava qualcosa di prezioso che non voleva perdere. Per questo motivo, si dimostrava ancora più testardo e caparbio nel volerla tenere al suo fianco. Era come se combattendo per lei, combattesse anche per la parte migliore di sé stesso, per quell'umanità che stava riscoprendo grazie a lei. Ma il problema di David era che non sapeva come amare correttamente, non avendo mai avuto esperienze positive in questo campo, né modelli di riferimento a cui ispirarsi. Si trovava quindi spaesato e confuso in questa relazione a cui teneva, tanto, incapace di esprimere i suoi sentimenti in modo adeguato. Perché lui provava a spiegarsi, ma Halley non capiva. «NON SO AMARE, NESSUNO MI HA MAI AMATO E NON SO FARLO! COME DEVO DIRTELO!?»Il suo tono si fece più acuto, un'ottava sopra il normale, mentre la frustrazione lo divorava. Si allontanò da Halley con fare stizzito, passandosi una mano tra i capelli con una forza eccessiva. Serrò la mascella, immerso in un vortice di pensieri tumultuosi. Cosa cazzo devo fare? Non lo so. Non lo so!L'imminente trasformazione non faceva che aggravare la sua condizione. Le emozioni, già tumultuose di per sé, venivano amplificate dalla forza della luna, assumendo proporzioni incontrollabili. Halley, suo padre, Michael che non era il suo vero fratello, il pericolo che incombeva sulla sua ragazza: tutto si mescolava in un'unica, confusa rappresentazione della sua realtà. E poi quell'attesa. L'aveva aspettata tre settimane per sentirsi dire che lo amava, per ritrovare quel minimo di felicità che solo con lei era in grado di provare, ma le cose non erano andate come aveva immaginato. E allora aveva provato solo rabbia. Perché essere arrabbiati era meglio che ammettere di soffrire per amore. «Lo saprai, ma questo non è il momento giusto. Guardaci.» Allargò le braccia quasi in segno di resa. Raccontarle della sua famiglia sarebbe stato come strappare il velo di Maya, rivelando un mondo pieno di orrori: le torture fisiche e mentali, gli abusi subiti, le regole ferree degli Harris. Erano troppe cose. Tra l'altro, proteggerla e tenerla al sicuro da qualsiasi minaccia era la sua priorità. Confessarle quasi tutta la verità, però, l'avrebbe esposta a un pericolo imminente. Prima di rivelarle la complessità del suo passato, doveva accertarsi che fosse pronta ad affrontare le sfide che ne sarebbero derivate. Doveva essere certa di voler rimanere al suo fianco, anche di fronte all'oscurità che li attendeva.Ma in quel momento, la loro discussione infuocata non permetteva una conversazione pacata e lucida. Le parole volavano come lame taglienti, creando un solco di incomprensione che li allontanava sempre di più.
    Le parole di David fluivano come un fiume in piena, ma non riuscivano a colmare la distanza che li separava. Erano due mondi distanti, due lingue diverse che non si comprendevano. Forse Halley era troppo ferita per ascoltarlo, troppo scottata dalle sue azioni passate perché, da sempre, David era stato un bastardo egoista e stronzo, incapace di cambiare dopo una vita passata a calpestare i sentimenti altrui. Per lei, però, ci stava provando - voleva farlo - ma non era facile. «Ti ho rispettato nel modo in cui so farlo. Da quando sono con te non mi sono trovato in situazioni ambigue, non mi sono avvicinato a nessuna ragazza. Ti sono stato fedele in queste tre settimane. Ti ho detto di amarti, che non ti avrei più fatto più del male. Ho cercato di fare quel che potevo pur non sapendo come farlo. Non credi a niente di quello che ho detto? Non ti basta?» La sua voce era un sussurro gelido, spento, quasi privo di vita. La rabbia che poco prima ardeva come un incendio incontrollato era ormai un cumulo di cenere fumante. Era ferito, vulnerabile, e si sentiva come un animale selvatico braccato e accerchiato. Ciò nonostante, decise di aprirsi con lei, di provare a spiegarsi meglio mettendo la parte la sua solita arroganza. Perché non sarebbe servita. Quando, però, il verbo "amare" risuonò nelle sue orecchie come un'eco lontana, la sicurezza di David tornò prepotentemente a galla, e in un attimo le sue labbra si schiusero sulle sue in un bacio appassionato. Non diede peso al fatto che non fosse più sicura di amarlo, per David era una bugia, perché se così non fosse stato l'avrebbe odiata. Era un controsenso. Come poteva essere lì per lui, dopo tutto quello che era successo, e poi negare l'amore che provava? Non aveva senso. Se non lo amava più, avrebbe dovuto dirglielo dall'inizio. La mia Halley non può cambiare idea nel giro di in un secondo. Di questo ne sono certo. Scacciò, quindi, i pensieri intrusivi dalla sua mente; non era il momento di tormentarti con dubbi e incertezze. Si concentrò su quel sapore che non sentiva da tempo, e del quale fu privato troppo presto. «Lo so.» Sapeva che non era facile amarlo. La sua esistenza era stata forgiata dall'odio e dalla vendetta, due lame gemelle che lo tenevano in vita e lo spingevano avanti. L'amore non aveva mai trovato spazio nel suo cuore, un terreno arido e sterile dove solo la rabbia poteva germogliare. Quel sentimento era,infatti, una debolezza, una vulnerabilità che lo avrebbe reso indifeso di fronte ai suoi nemici e così era stato, perché adesso suo padre aveva qualcosa con cui minacciarlo: Halley. Non doveva andare così, non doveva. Ma ormai era tardi. «Ti voglio alle condizioni che conosco, però Wheeler, cazzo. Sono cambiato anche io! Non lo vedi!?» Le sue mani si strinsero a pugno, le unghie si conficcarono nella carne fino a fargliela sanguinare. Un'onda di rabbia, ira, dolore e frustrazione lo attraversò, sconvolgendolo come una tempesta in mare aperto. Non riusciva a decifrare le sue emozioni, a dare un nome a quel vortice che lo tormentava. Lui, per lei, era cambiato. Aveva fatto l'impensabile, confessando il suo amore e la sua natura di mannaro; era stato un atto di coraggio e di fiducia che richiedeva una forza d'animo sovrumana per uno come lui. «Una delle regole della mia famiglia è non rivelare la maledizione che ci affigge. E io l'ho infranta per te.» Glielo disse chiaro e tondo. Cazzo, aveva messo a repentaglio la sua vita per lei, che doveva fare più di questo? Drignò i denti, era stanco di sentirsi così impotente ed esposto. Questo non sono io. No, non era così debole, così prevedibile. Così normale. Non lo era! E allora, quella debolezza venne allontanata, rivelando il possesso e l'ossessione che, da sempre, quell'amore malato suscitava in lui. Perché un Harris doveva amare così. «Oh lo so, per questo mi piaci.» Era tornato quello di sempre, il solito stronzo. Le strinse una natica con la mano, ma ancora, Halley lo allontanò. Si stava rompendo il cazzo. Letteralmente. Cosa doveva dire o fare più? Voleva solo affondare in lei, sentirla, colmare la mancaza che aveva sentito in quelle settimane e poi dopo avrebbero parlato. Poi le avrebbe detto quello che voleva sapere al costo di mettere entrambi in pericolo. Per non perderla. Quando, però, la vide allonararsi da lui, non ci vide più. Lo amava, cazzo, allora perché diamine stava andando via!? Le serviva altro tempo per riflettere? No, era fuori questione. Si avvicinò con rapide falcate, la prese in braccio e la portò dentro casa, baciandola con foga mentre l'adagiava delicatamente sul letto. Prese a toccarla, a baciarla, a morderla. Le era mancato tutto di lei. Tutto. E poi Halley fece qualcosa che non avrebbe mai dovuto fare: gli puntò la bacchetta alla gola e minacciò di ucciderlo. Come aveva sempe fatto suo padre. Gli artigli di lupo gli spuntavano dalle dita, conficcandosi nel materasso con un gemito straziante. Un ringhio animalesco sfuggì dalle sue labbra mentre i canini affilati si allungavano, bramosi di sfogare la rabbia che lo tormentava e mostrandosi per la bestia che era. Scattò in avanti, la punta del catalizzatore affondò ancor di più nella giugulare, quasi ferendolo, ma non importava. «Sono diventato il bastado che sono perché tutta la vita mio padre ha fatto quello che tu, in questo momento, hai osato fare.» Chi stava parnando? La bestia che ruggiva dentro di lui o l'umano che stava cercando di disperatamente di trattenerla? In quell'istante drammatico, David era una creatura ibrida,
    un mostro di dolore e di rabbia. Le due parti di lui si scontravano in una battaglia senza sosta, eppure, per quanto diverse, provavano le stesse emozioni. «Mi ha torturato ogni giorno, insieme a mia madre, con la maledizione Cruciatus. Mi ha lacerato la carne, me l' ha strappata, mi ha lasciato a terra quasi morto. Mi ha trasformato nel mostro che vedi.» Le stappò la bacchetta dalle mani e questa cadde a terra con un tonfo metallico. La sua impotenza era palpabile, l'unica difesa caduta ai suoi piedi. Portò il viso ad un centimetro dal suo, il suo fiato si mischiò col suo. Inalò il suo profumo, ma non la toccò. Non voleva toccarla. «Non volevo scoparti, volevo sentirti. Come volevo sentirmi dire che mi amavi perché ne avevo bisogno. E dopo quello che ti ho detto capirai da sola cosa c'entra mio padre. Ma ha importanza adesso?» Per un breve istante, la sofferenza nei suoi occhi fu palpabile ma subito sparì. Con uno scatto felino, David si allontanò da Halley, balzando via dal letto. Per la prima volta, era lui ad allontanarsi, a mettere distanza tra di loro perché, adesso, non poteva più guardarla, non poteva più sentire il suo profumo, non poteva più ascoltare la sua voce. Tutto ciò che un tempo lo aveva attratto a lei ora lo feriva. Così si era sentita quando le sue mani si erano strette intorno al suo collo? Tradita? Ora la capiva, capiva molte più cose. Ma in quel momento non provava empatia, non provava quasi più niente dopo quelle emozioni intense. C' era un unico pensiero che gli rimbombava nella mente. La persona che amo mi ha minacciato come mio padre.



    Edited by David_ - 3/4/2024, 11:41
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    david
    David sapeva che non avrebbe mai dovuto conoscere l'amore, né provarlo, perché non gli era stato insegnato come gestire un sentimento di quella portata. Una relazione tra due individui comportava impegno, sacrificio, empatia, compromesso, fiducia e tutta una serie di cose che, per com'era stato cresciuto, non era in grado di dare ad Halley. Aveva cercato di allontanarla più e più volte, quasi punendola per la sua stessa presenza. Da un lato, questo comportamento serviva a riaffermare il suo controllo, a dimostrare che una ragazza non poteva influenzarlo. Dall'altro, era un modo inconscio per proteggerla da un destino infelice. Stare con lui avrebbe significato sfidare la morte. Nella sua anima non alberava nulla di sano o normale. La Grifondoro lo sapeva fin da quando, in un impeto di rabbia, le aveva stretto le mani attorno al collo, rivelando la sua sconvolgente verità: era il figlio di suo padre. Rabbia, risentimento, dolore, agonia... erano queste le emozioni che quell'uomo aveva seminato in lui .E poi la vita di un assassino non concedeva spazio a sentimenti positivi, ma solo a un baratro di tenebre che lo divorava dall'interno. Ciò nonostante, Halley non si era arresa: era determinata a comprenderlo e a scorgere quel barlume di umanità che ancora si nascondeva in lui. E, contro ogni aspettativa, ci era riuscita. Perché, inaspettatamente, David Harris si era innamorato. Ma questo amore aveva dato inizio a un tormento senza fine; non poteva fare a meno di lei, la desiderava ardentemente, voleva possederla, marchiarla, consumarla interamente. E, in un impeto di possessività, l'aveva morsa a sangue e poi le aveva confessato di essere un mannaro, gettandola in un vortice di terrore e consapevolezza. Inoltre, non poteva sottrarsi al suo bisogno di spingerla sempre oltre il limite. La serenità e la stabilità erano concetti estranei alla sua esistenza. Solo nel caos e nell'agitazione trovava una parvenza di equilibrio. Tuttavia, il caos che aveva seminato non era privo di conseguenze. L'aveva quasi persa, più di una volta. E in ognuna di queste occasioni, l'aveva cercata con disperazione, spinto da un egoismo viscerale. Era un bastardo innamorato che non poteva fare a meno di lei, anche se questo sigificava metterla in grave pericolo. Perché era sua, solo sua. Le tre settimane precedenti poi erano state un inferno. Essersi messo a nudo così, senza alcuna certezza dei suoi sentimenti, lo aveva innervosito non poco. E poi eccola lì, sbucare dal nulla sulla soglia di casa sua. David desiderava una confessione da lei, ma ciò non era accaduto, e come sempre, avevano finito per litigare. Si passò una mano tra i capelli, un gesto nervoso che tradiva la sua frustrazione. Si avvicinò,poi, di scatto, prendendole il viso tra le mani. «Halley» Pronunciò il suo nome con un misto di rabbia e dolcezza. «io so di amarti, cazzo, ma non so come si sta in una relazione. Non lo so fare.»Quella era la verità. Non sapeva farlo. «E se stai con me sarai quasi sempre in pericolo per colpa della mia famglia, lo sai questo!?» Se voleva sentirsi protetta allora no, lui non era la persona adatta. Come le aveva appena detto con voce roca, con lui sarebbe stata in pericolo costante. Quel bastardo avrebbe usato Halley per sottometterlo e controllarlo e, se si fosse rifiutata di collaborare, non avrebbe esitato a romperle l'osso del collo. Sarebbe stata disposta a spingersi a tal punto? Per lui? Per loro? Non ne aveva idea.
    Quel momento finì e David la lasciò andare, tornando a essere freddo come poco fa. Era deciso a non confermale di nuovo i suoi sentimenti finché non lo avesse fatto lei, ma non ci era riuscito. Perché, anche se non voleva ammetterlo, la sua ragazza aveva un certo ascendente su di lui. Forse lo aveva avuto sin dal loro primo incontro. Mentre Halley parlava, David la osservava con freddezza. Aspettava con impazienza quelle parole e quando furono pronunciate, quasi sorrise. Con un balzo improvviso si avvicinò a lei, salendo di forza gli scalini e avvolgendola in un abbraccio soffocante. La fece alzare e, senza darle il tempo di aggiungere altro, si avventò sulle sue labbra. Le morse il labbro inferiore e poi affondò con insistenza la lingua nella sua bocca mentre la mano destra finì tra i suoi capelli morbidi, stringendoli appena. La costrinse a piegare la testa di lato, assecondando il ritmo del bacio che li consumava. Finalmente la stava toccando, stava sentendo il calore del suo corpo contro il suo, stava respirando la sua fragranza floreale che impregnava l'aria. Ah, ora sì. D'istinto, la sua altra mano scivolò sul suo sedere, stringendolo con una possessività quasi animalesca. Quando si accorse che Halley non aveva quasi più fiato, si staccò e le sorrise. «Non dire cazzate Wheeler. Mi ami e basta, questo è quello che volevo sapere.» Le spsotò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e alzò un sopracciglio quando gli chiese di lasciarla andare se non poteva darle ciò che aveva chiesto. Questo era un discorso che, per certi versi, avevano affronato diverse volte. E la conclusione a cui David arrivava era sempre la stessa: non l'avrebbe mai lasciata libera di andare. «Non posso.» Dichiarò con fermezza mentre la sua voce risuonava con una possessività quasi soffocante. «Mi appartieni Halley, ti amo, e da adesso in poi non potrai mai più scappare da me.» Era sua, solo sua, e nessuno gliel'avrebbe mai portata via. La fissò con uno sguardo carico di ossessione, scrutando i lineamenti del suo volto. Era consapevole della sua natura instabile, un animo tormentato e pericolosamente incline alla follia. E in quel momento, con lei davanti a sé, capì con assoluta chiarezza che l'amore, unito al suo bisogno di possesso, non faceva altro che alimentare il fuoco della sua instabilità. Era come se l'amore, invece di placare i suoi demoni interiori, li alimentasse, rendendolo ancora più imprevedibile e pericoloso. «Se siamo destinati o no, sta a noi deciderlo.» Le strinse una natica e si avvicinò lentamente, il suo viso a pochi centimetri dal suo. La punta del suo naso, appena percettibile, sfiorò delicatamente la sua pelle. Le sue labbra, invece, morbide e invitanti, si posarono appena accennate sulle sue e le baciarono dolcemente. « E non vai proprio da nessuna parte se non dentro casa, Micheal non c'è.» Con un braccio avvolto intorno alle sue spalle e con l'altro scivolato sotto le ginocchia, la sollevò da terra. In poche falcate, con una forza quasi animalesca, raggiunse il suo appartamento. Un calcio secco spalancò la porta, che si richiuse con un tonfo sordo alle sue spalle. In men che non si dica, Halley si ritrovò distesa sul letto con David sopra di lei; il suo corpo caldo e possente la dominava. Le sue labbra, avide e impazienti, si impadronirono delle sue in un bacio appassionato, mentre le sue mani, decise e possessive, si insinuarono sotto le coppe del reggiseno, accarezzando e stringendo i suoi seni turgidi con una pressione quasi dolorosa. «Per rispondere alla tua domanda, è stato mio padre che mi ha reso il bastardo che sono ed e sempre lui la fonte delle mie sofferenze, ma ne parliamo dopo.» Dopo avrebbe risposto alle sue domande, ora voleva solo perdersi in lei. Leccò e affondò delicatamente i canini nel collo, sfiorando appena la carne con la punta dei denti. E poi succhiò, lasciando un segno rosso che pulsava sotto le sue labbra. «Quanto mi sei mancata.» Le sussurrò all'orecchio, prima di baciarla di nuovo con passione.



    Edited by David_ - 2/4/2024, 20:24
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    david
    Possibile che non potesse rispondere direttamente alla domanda che gli aveva posto invece di essere così sarcastica? Sapeva che se era lì seduta su quelle scale era per lui, ma voleva sentirglielo dire ad alta voce. David era stanco, stanco di questo gioco di sguardi, di mezze parole, di allusioni velate. Si era sbilanciato, aveva ammesso il suo amore per lei, con tutta la vulnerabilità che questo comportava. Quell'ammisione aveva sorpreso lui per primo; non avrebbe mai creduto, infatti, di poter provare un sentimento così intenso per qualcuno. Quel bastardo che lo aveva cresciuto lo aveva trasformato in una bestia, un mostro senza cuore, eppure, alla fine, la Wheeler era riuscita a riconnetterlo con la sua parte umana. Era consapevole di essere stato uno stronzo all'inizio del loro rapporto, ma non c'era da stupirsi: era parte del suo modo di essere. Per lei, però, aveva fatto uno sforzo, reprimendo quella parte di sé e decidendo di rispettare i suoi spazi, anche se era sua. L'aveva aspettata per tre lunghe settimane, desiderando ardentemente una risposta concreta, diretta, che fosse un sì o un no. Non certo questo continuo tergiversare e girare intorno alle cose. Si portò la sigaretta alle labbra, aspirando una profonda boccata di fumo che si disperse nell'aria come un velo sottile e poi posò lo sguardo su di lei. «Ne dubito visto che mio fratello non ti sopporta. Parole sue.» Tranquillo, gettò la cenere a terra con un gesto noncurante, informandola di quel dettaglio. La mora non era certo nelle grazie di Michael, così come quella ragazzina non era nelle sue. Ma dopo aver scoperto la verità da James, aveva ancora importanza? Le parole del beta risuonarono nella sua mente come un'eco insistente, facendogli stringere la mascella con rabbia impotente. E gli facevano rabbia anche le parole di Halley. Per lei, forse, il concetto di casa era un rifugio sicuro, un porto in cui approdare dopo le tempeste della vita. Ma per lui, quella parola non aveva mai avuto un significato positivo. Casa non era sinonimo di stabilità, amore o protezione, ma evocava ricordi di inferno, odio e rancore. E poi, sapeva che con lui la stabilità che tanto desiderava non l'avrebbe mai trovata. David era un uomo instabile, tormentato da demoni interiori che lo rendevano imprevedibile e ombroso. I suoi cambi di umore repentini, influenzati dalle fasi lunari, lo rendevano una mina vagante pronta ad esplodere in qualsiasi momento. «Wheeler, se cerchi la stabilità con me non l'avrai. Mi conosci abbastanza da saperlo e a differenza di quanto dici, mi intressa. Altrimenti perché ti avrei aspettata?»Puntò gli occhi nei suoi quando gli fece quella domanda. Tra l'altro, per farle capire la veridicità delle parole pronunciate quel giorno, aveva evitato accuratamente qualsiasi situazione ambigua all'interno del castello. Più di prima si era tenuto appartato, limitandosi unicamente ad osservare la materia prima femminile che Hogwarts aveva da offrire. E basta. Per il resto, il suo sguardo era sempre stato su di lei. Non se n'era accorta? O aveva fatto finta di niente?
    "Dici di essere innamorato di me, giusto?" Fino a quel momento era riuscito a mantenere un comportamento calmo e distaccato,ma nell'udire quella frase il suo corpo, teso come una corda di violino, scattò in avanti in un movimento repentino e irrefrenabile. «Si parla sempre di me. Ma tu lo sei? Perché non te l'ho sentito dire nemmeno una volta. » Non possedeva la sfera di cristallo, né era un Legilimens, abile nel leggere le menti. Per scoprire la verità, la sua ragazza doveva parlare. La sua pazienza, già precaria di natura, stava per esaurirsi. Si passò una mano tra i capelli con gesto nervoso mentre, ancora una volta, lei parlava di stabilità. Si chiese se davvero lo conoscesse, se volesse cambiarlo o se si stesse ostinando nel cercare in lui qualcosa di impossibile. «Se vuoi quella, non sono la persona adatta. » Non lo era mai stato. La sua era una vita che non ammetteva mezze misure, che non conosceva la via di mezzo. Era una vita vissuta al massimo, con intensità e ferocia, senza rimpianti e senza remore. E poi come poteva un assassino avere una vita stabile? Era un paradosso. Se voleva stare con lui, doveva essere pronta ad affronare le pene dell'inferno, suo padre e la maledizione. «Pensavo ti eccitasse.»Inclinò il capo di lato e le rispose come lo stronzo che era. «Sono incazzato perché vieni qui dopo tre settimane e non mi dici le cose in maniera diretta!» Alzò di mezza ottava il tono della voce. Doveva essere chiara e onesta con quello che sentiva, come lo era stato anche lui. La metafora della casa non funzionava. Era inutile girarci intorno, non serviva a nulla. E poi, perché non ammettere ciò che provava per lui? Si stava stancando di tutta quella situazione. «Proprio questa volta non lo sono stato.»Lei lo accusava di egoismo quando lui le aveva dato gli spazi che lei stessa aveva chiesto. Da un lato, lo ringraziava per averle concesso la libertà di cui aveva bisogno, dall'altro, gli diceva di fare pace col cervello. E poi gli chiedeva se l'amava. David strinse i pugni con forza, le vene del collo gli pulsavano e la rabbia ribolliva nel suo petto. Con voce tesa e carica di frustrazione, finalmente rispose. «Sto aspettando una risposta del cazzo da te dopo tre settimane! Non mi basta sapere che vuoi stare con me, voglio sapere cosa provi, adesso.» Le spiegò per filo e per segno cosa cazzo volesse da lei in quel momento. Ci voleva tanto a capirlo? E poi era davvero solo questa la conclusione a cui era giunta in quelle settimane? Che voleva stare con lui? Dopo che aveva parlato anche di figli, porca troia! Non era abbastanza. Non era una risposta sufficiente. Se si ostinava a rimanere in silenzio, se ne sarebbe andato. Dannazione, la stava quasi pregando di confessare i suoi sentimenti. Lui, David Harris. Suo padre lo avrebbe preso a calci in culo e avrebbe fatto anche bene. La situazione stava diventando grottesca. Lui stesso si sentiva ridicolo, e la cosa iniziava a dargli parecchio sui nervi.



    Edited by David_ - 6/4/2024, 00:07
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    david
    Non riusciva a liberarsi della verità che James gli aveva sbattuto in faccia. Le parole riecheggiavano nella sua testa, perseguitandolo. David aveva sempre sospettato che qualcosa non andasse, ma non aveva mai considerato la possibilità che un legame di sangue apparentemente così forte potesse essere, in realtà, un inganno. Avrei preferito non saperlo, cazzo! Sbatté il bicchiere sul tavolo e uscì da quello schifo di posto. Ormai non si poteva più tornare indietro. Doveva affrontare la verità e tutto il dolore che ne derivava. Ma quel sentimento angosciante era ancora lì, non se ne andava. Con un ruggito di dolore e frustrazione, si scagliò contro la cosa più vicina che vide, un uomo che lo aveva guardato di traverso. Non gli importava chi fosse quell'uomo o perché fosse lì; non aveva importanza. Tutto ciò che contava era la rabbia che lo consumava, il dolore che aveva bisogno di esprimere. Pugno dopo pugno, si lasciò andare, provando la soddisfazione che accompagnava il brutale atto di violenza. Per qualche istante gli sembrò di avere di nuovo il controllo, di aver trovato il modo di dimenticare tutto ciò che lo turbava. Ma mentre l'uomo giaceva accartocciato a terra, David sentì un senso di vuoto insinuarsi in lui. Sfogare la sua rabbia su quell'insetto non era servito a niente, era ancora amareggiato, ancora confuso, ancora incazzato. Era meglio tornare a casa, restare nel retro di quel pub non aveva senso.
    Con i pugni stretti e le nocche insanguinate, David procedeva a grandi falcate. In lontananza si sentivano ancora quelle stupide canzoni natalizie. Fece una smorfia di disgusto, nauseato da tutta quella merda. Ricordava come da bambini, suo madre si tenesse a fare bella figura davanti a quelle stronze della sua amiche. Ogni anno, all'avvicinarsi del Natale, la famiglia dava spettacolo di unione e benevolenza, fingendo che tutto andasse bene. Era stato costretto a sorridere di fronte a degli estranei, nascondendo gli abusi e le ferite sotto strati di vestiti mentre quel bastardo di Dean lo perdeva a calci sotto al tavolo se si azzardava a far fare brutta figura alla sua puttana. Ah, cosa avrebbe fatto se avesse saputo la verità? Come l'avrebbe uccisa? Gli venne quasi da ridere per l'assurdità di quella situazione. In giardino erano stati seppelliti i corpi di uomini abbastanza sciocchi da provarci con la moglie dell'alfa eppure, alla fine, chi l'aveva scopata fino farle dimenticare il suo nome era stato il suo braccio destro. Dean Harris era stato tradito nel peggiore dei modi. Se lo meritava, avrebbe goduto nel vederlo soffrire come un cane, ma per adesso, a pagarne il prezzo era stato lui. Sono sempre stato il capro espiatorio di queste merde. Con quel pensiero in testa, salì le scale del suo appartamento e poi si bloccò non appena vide Halley seduta qualche gradino più avanti. La ragazza a cui aveva aperto il suo cuore e che era stata in silenzio senza dire nulla per tre settimane. Non era stato facile, per lui, dichiarare i suoi sentimenti e anche se sapeva di aver fatto tante, forse troppe cazzate con lei, questo non giustificava il suo silenzio. Non ai suoi occhi almeno. Così, senza dire niente, la osservò freddamente e si accese una sigaretta. Inspirò a pieni polmoni la nicotina e, quando la mora parlò, si limitò a risponderle a monosillabi prima di chiederle il motivo della sua presenza lì. Halley si alzò a fatica e, quando la vide avvicinarsi, gli venne quasi istintivo prenderla e sbatterla contro al muro per baciarla. La bramava, ma il suo orgoglio ferito e la frustrazione di non aver avuto una risposta alla sua prima dichiarazione spensero quel desiderio sul nascere. Alzò un sopracciglio quando, senza preavviso, gli fece cadere la sigaretta a terra. Spazientito, se ne accese un'altra e la guardò di traverso. «Non me ne faccio niente delle tue ramanzine. Cosa ci fai qui?»Era quello che gli premeva sapere e la sua risposta ironica non gli piacque per niente. E poi cosa cavolo voleva dire che era tornata a casa? Che se ne faceva lui, di quel dettaglio? Niente. Quella metafora era insignificante per lui perché, per quanto gli riguardava, casa sua era l'inferno. «Mi fa piacere sapere che hai capito che non ti farò più del male.» Commentò quasi apatico. Glielo aveva ripetuto più e più volte durante la loro ultima conversazione, la stessa nella quale le aveva aperto il suo cuore e le aveva confessato di essere un fottutto mannaro. Le aveva rivelato il suo segreto e lei era stata in silenzio per settimane. Pensava che uno sguardo fugace nei corridoi sarebbe bastato? Col cazzo. Avrebbe preferito una risposta diretta, una decisione definitiva sul futuro della loro relazione, tutto fuorché quell'attesa snervante. «Dovresti fare pace col cervello, Wheeler. Prima mi chiedi del tempo per riflettere e adesso mi dici questo.» Espirò il fumo dalle narici e con un movimento rapido delle dita gettò la cenere a terra. Halley era confusa, prima gli diceva di volere una cosa e adesso un'altra. Voleva fargli perdere la testa, per caso? Non ci stava. Durante quelle tre settimane era quasi impazzito, adesso basta. Ne aveva le palle piene. «Ho rispettato il tuo volere. Non ti va bene neanche questo?»La guardò con occhi gelidi. Stese le labbra in una linea sottile e serrò la mascella di riflesso. Ultimamente aveva da ridire quasi su tutto, ogni cosa che faceva non andava mai bene. Aveva ragione su quasi tutto, lo sapeva, per questo aveva ammesso i suoi errori, ma in questo caso non riusciva proprio a capire cosa diavolo volesse da lui. “Mi sei mancato!” Le stesse parole che le aveva detto prima di andarsene. Le era mancata terribilmente, molto più di quanto fosse disposto ad ammettere, tuttavia aveva mantenuto le distanze. Perché era questo ciò che gli aveva chiesto. E adesso doveva sentirsi dire che sperava facesse il contrario? Non aveva alcun senso. Gettò la sigaretta ormai consumata a terra e si avvicinò di qualche passo senza sfiorala nemmeno per sbaglio.«Anche tu mi sei mancata, ma mi hai chiesto del tempo per pensare e te l'ho dato. Non sono venuto da te per questo. Sei tu a dovermi dare una risposta, Wheeler, non di certo io.» Pronunciò quelle parole con voce atona. Voleva una risposta chiara, era stanco di vederla tergiversare senza andare diritto al punto. «Te lo chiedo per l'ultima volta. Cosa ci fai qui?» Puntò lo sguardo nel suo e attese.



    Edited by David_ - 2/4/2024, 20:12
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    david
    David aveva sempre odiato il Natale. Era una festa inutile che non aveva ragione di esistere. Da piccolo, non aveva mai ricevuto un regalo, una carezza o un semplice biscotto da parte di nessuno. Triste, non è vero? Mentre gli altri bambini si rimpinzavano la pancia con gli omini di pan di zenzero prima di recitare le loro stupide poesie, con gli occhi pieni di lacrime, David fissava il soffitto della sua stanza. Perché nessuno gli voleva bene? Che aveva fatto di male? Perché i suoi genitori lo odiavano? Quando la sua innocenza gli fu strappata via, smise di chiederselo. Dean lo aveva lentamente trasformato in un mostro, privandolo della sua umanità. Aveva ucciso uomini, donne e anche bambini, perché chiunque intralciasse la strada di suo padre doveva pagare. Era diventato il suo aguzzino non solo per proteggere se stesso, ma anche suo fratello che, ignaro di tutto, era convito di poter preservare, ancora per un po', quel minimo di sanità mentale che gli era rimasta. Testardo, continuava a sfidare l'autorità paterna. Per lui era facile, aveva sempre avuto il supporto di quella puttana, ed era solo da qualche mese che era vittima di abusi e torture. Non da anni. Adesso che sapeva tutta la storia, era ancora più incazzato. Dopo il suo incontro con il beta, aveva passato una settimana intera a bere, a fumare e a spaccare la faccia a chiunque avesse avuto l'ardore di sfidarlo. Le parole di James gli risuonavano nella testa ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. Come cazzo si spegneva il cervello? Non voleva pensare più a niente. Se solo non fosse stato innamorato di Halley Wheeler... Ripensare a lei, adesso, lo faceva solo incazzare. Gli aveva confessato i suoi sentimenti, qualcosa che, fino a qualche mese fa, avrebbe ritenuto impossibile. A voce, la grifondoro non aveva detto di provare lo stesso, ma David, che aveva sempre dato più peso ai fatti che alle parole, sapeva di essere ricambiato. Non poteva essere altrimenti. Se così non fosse stato, non avrebbe mai perdonato tutte le cazzate che aveva fatto. Proprio per questo, le aveva dato il tempo necessario per riflettere. Solo che, dal loro incontro, erano passate tre fottute settimane e la Wheeler non si era ancora fatta sentire. Aveva maledetto Merlino, Buddha e tutte le divinità esistenti ogni volta che la vedeva in compagnia di un altro nei corridoi, a lezione o in qualsiasi altro posto. Tuttavia, non aveva reclamato ciò che era suo, era stato in silenzio. In quella discussione accesa che avevano avuto, avevano parlato di tante cose; David si era esposto al punto tale da farle capire che, se fosse sopravvissuto, in futuro avrebbero anche potuto avere dei figli. Le aveva detto di essersi innamorato, e cosa aveva ottenuto in cambio? Solo silenzio. Fanculo. Diede un calcio negli stinchi al demente della serata e se ne andò, lasciandolo a terra agonizzate nel retro di uno squallido locale londinese. Aveva bevuto due bicchieri di vodka liscia, ma l'alcool era scadente. Non avrebbe speso i suoi soldi per quello schifo, non quando a casa ne aveva una bella scorta. Decise, quindi, di rientrare. Si accese una sigaretta e si avviò verso casa. Fumava in maniera nervosa, la trasformazione era prossima e il suo umore ne risentiva. Gli serviva una bella scopata, ma non poteva permettere alle abitudini del passato di ritornare, non quando aveva il cuore occupato. L'atteggiamento della sua presunta ragazza, però, lo stava mettendo a dura prova. Emise un basso ringhio ripensando a quelle settimane di silenzio. Non era mai stato un tipo paziente, eppure, per lei, lo era diventato. Ne ho le palle piene. Fece un lungo tiro di sigaretta prima di buttarla sul pianerottolo e schiacciarla con la suola delle scarpe. Salì le scale, solo per bloccarsi a metà strada quando vide Halley seduta sulle scale, al freddo, ad aspettarlo. Sapeva bene dove abitava, in fondo, per qualche tempo, avevano convissuto. Era scappata di casa anche questa volta? Probabile visto il rapporto che aveva con sua madre. Salì gli ultimi due gradini e la guardò, impassibile, per nulla scosso dalla sua presenza. Si era esposto più di quanto non avesse mai fatto in vita sua, adesso toccava a lei. "Ciao." Quello era tutto ciò che aveva da dirgli? Si passò la lingua sui denti, incrociò le braccia al petto e poggiò la schiena contro la ringhiera, mentre continuava a studiarla con i suoi intensi occhi neri. «Wheeler.» La salutò con un cenno del capo. Se non appena l'avesse visto, gli si fosse buttata tra le braccia, palesando il suo amore, avrebbe reagito diversamente. Ma non lo aveva fatto. Era più incazzato di prima. «Come sempre.» Dalla tasca dei pantaloni tirò fuori un'altra sigaretta, l'accese ed iniziò a fumare. Per qualche tempo, ci fu solo silenzio, non aveva molto da dire. Sperò, almeno, che durante quella pausa di riflessione , avesse capito di essere l'unica per lui. Se così non fosse stato, avrebbe reagito piuttosto male. Buttò la cenere a terra e, per qualche attimo, rimase abbagliato dal bagliore lunare. Il mostro che albergava dentro di lui, voleva essere liberato. Aveva voglia di cacciare, lo sentiva. E Halley era una delle sue prede.«Che ci fai qui?» Inspirò il fumo dalle radici e tornò a guardarla. David era apparentemente calmo ma, in realtà, a stento riusciva a controllare la rabbia. Il giorno della trasformazione era sempre più vicino, il suo umore non era dei migliori, la sua dichiarazione non aveva avuto risposta ed erano tre settimane che non affondava in lei. Non andava per niente bene.


    Edited by David_ - 6/4/2024, 00:07
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    Cosa gli aveva impedito di rispondere alla sue chiamate? Dean Harris. Quel bastardo aveva capito che qualcosa, in lui, era cambiato, perché per quanto gli facesse schifo ammetterlo, era pur sempre suo padre e, in un certo senso, lo conosceva. Tra l'altro, era costantemente controllato dagli altri membri del branco, i quali riportavano ogni sua mossa all'alfa. Non poteva fidarsi di nessuno, nemmeno di James, il beta, dato che non avevano ancora parlato. Quando era in America, non poteva pensare a Halley, né distrarsi, altrimenti troppe persone ne avrebbero pagato il prezzo. Non era ancora arrivato il momento di sfidare l'autorità del capofamiglia, prima lui e Micheal dovevano diventare più forti, quindi, per adesso, non poteva far altro che mentire alla sua ragazza. Non aveva scelta. «Problemi di famiglia.» Fu vago. David sapeva che la mora non sarebbe mai rimasta al suo fianco se avesse saputo di tutti gli omicidi di cui si era macchiato. Aveva visto, in questa stessa stanza, quando potesse essere crudele. Lei era stata una delle sue vittime, in passato, e quando si erano incontrati casualmente per poco non se la dava a gambe. Certo, si era mostrata spavalda e sicura di sé, ma la paura nei suoi occhi la ricordava. La stessa paura di quando le sue mani si erano strette intorno al suo collo. Dopo quell'evento, aveva capito che non voleva più farle del male ma, per quanto la ragazza che aveva davanti lo avesse messo in contatto con la sua parte umana, il potere e l'eccitazione che sentiva quando toglieva la vita a qualcuno erano ancora lì. Gli piaceva uccidere, era la sua natura. Un innocente come Halley, però, non avrebbe mai potuto accettare la sua oscurità. «Non sarai più sola.» Le sfiorò delicatamente il volto con le dita, cullandola in quella dolce bugia. Almeno fino alla fine dell'anno scolastico, sarebbe stata sua ma dopo, per il suo bene, avrebbe dovuto prendere una decisione definitiva perché, nemmeno lui, sarebbe stato più libero. Dopo averla baciata con foga, le disse, ancora una volta, che non voleva perderla. Aveva ancora bisogno di lei per godersi quegli ultimi anni di debolezza, dopo sarebbe tornato il David di sempre. «Lo sto già facendo!» Ed era vero, stava lottando per lei. Per loro. Perché era innamorato di Halley Wheeler e, senza timore, né paura, glielo disse in faccia. Per qualche attimo non parlò, era evidente che non si aspettava una confessione del genere da parte sua. Non era in programma, ma era inutile, orami, tergiversare ancora. Sorrise anche lui di riflesso e si lasciò baciare, tuttavia, le sue parole lo infastidirono leggermente. Dopo essersi esposto in quel modo, per la prima volta nella sua vita, non era di certo quello che voleva sentirsi dire. Tuttavia, si limitò a prenderle la testa e schiuderle le labbra con lingua, baciandola intensamente, per non rovinare quel momento. Doveva avere pazienza. E poi, se non fosse stata innamorata, non lo avrebbe mai perdonato quindi, per adesso, si sarebbe accontentato dei fatti.
    Il suo passato era oscuro, così come il suo presente e il suo futuro. I fratelli Harris erano nati con una maledizione che li avrebbe condannati per sempre e in una famiglia priva di etica. Pertanto la sofferenza a cui sarebbe andata incontro Halley non era dovuta al ritorno di una ex, o ad un tradimento, ma a qualcosa di molto peggio: suo padre. Era sempre lui il problema. «Il passato non è un problema, non c'è niente da temere.» La rassicurò, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Non stava mentendo, i nemici del passato erano morti insieme ai loro parenti, e le ragazze con cui era stato sapevano che non avrebbero mai potuto avanzare alcuna richiesta sulla sua persona. Tra l'altro, a differenza di quanto era successo con Halley, non c'era nessun rischio di gravidanze inattese. Aveva sempre usato le protezioni, solo con lei si era lasciato andare al punto tale da dimenticarsene. Era quello l'effetto che aveva su di lui non appena lo toccava. Fuoco puro.
    Aveva cercato in tutti i modi di trattenerla ma, alla fine, per farle capire che, da adesso in poi, avrebbe avuto - anche se nei limiti- la sua fiducia, le aveva confessato di essere un mannaro. Aveva volontariamente disubbidito a suo padre, andando contro le regole del branco e degli Harris. Era già stato punito una volta per la sua negligenza, alla seconda non ci sarebbe arrivato. «Non esattamente, ma devi promettermi che non verrai mai in America senza che io lo sappia, Halley.» La guardò diritto negli occhi con espressione seria, dando per scontato che, se si fosse presentata l'occasione, avrebbe fatto di testa sua andando direttamente nella tana del lupo. Quei dannati braccialetti che avevano al polso erano un pericolo per entrambi, forse non avrebbe dovuto indossarli. Si protese in avanti e la baciò con dolcezza, prima di staccarsi e serrare la mascella davanti alla sua confessione. «Non azzardarti neanche a pensarlo.» Duro, pronunciò quelle parole. Voleva stingere il suo corpo caldo, affondare in lei e farla sua ogni giorno, non ricordare il suo cadavere. Si sforzò di addolcire i lineamenti del viso, strinse di più la sua mano e le chiese cosa volesse fare. Inizialmente accennò un sorriso che si spense non appena la frase "ho bisogno di tempo" giunse alle sue orecchie. Che era, una specie di pausa di riflessione? Cazzo no, non esiste. Si passò nervosamente una mano tra i capelli e, facendo appello a tutto il suo autocontrollo, annuì col capo. Doveva dimostrarle che oltre alle parole, c'erano anche i fatti. «Ti aspetterò, ma non metterci troppo.» Prima di liberarla, si avventò su di lei e la baciò con passione, senza risparmiarsi, mentre le teneva fermo il viso con entrambe le mani. «Mi mancherai.» Per qualche istante, il suo sguardo indugiò su di lei, ma prima che potesse dire altro, David era già andato via. Se fosse rimasto un minuto di più, non le avrebbe dato il tempo che gli aveva chiesto.



    Conclusa e.e


    Edited by MODERATORE. - 11/1/2024, 00:56
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    Benvenuto! Sicuramente qui troverai tanti drammi e pg disposti a farlo ( sono la prima e.e)
    Ci si vede in on!
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    Il potere di far imbestialire le persone? Sì, poteva definirsi un suo talento. Si era sempre divertito a provocare e ferire chi aveva davanti, non curante delle conseguenze che un atteggiamento del genere avrebbe potuto avere nel lungo periodo. David non aveva paura della solitudine come molti altri, così come non aveva bisogno del sostegno di amici e famigliari perché, fondamentalmente, era stato cresciuto con la convinzione che l'unica persona su cui dovesse fare affidamento era se stesso. Per questo, molte volte, non capiva i discorsi della sua ragazza, né lo spirito di sacrificio di suo fratello che, per amore, sarebbe stato disposto a farsi uccidere. Perché arrivare a tanto? Cosa lo spingeva a farlo? Non aveva idea. Per ora preferiva mettere da parte quegli interrogativi e non chiedersi se anche lui, di fronte a quel bastardo che minacciava di mandare all'altro mondo Halley, non avesse agito allo stesso modo. Era una possibilità che non gli andava di contemplare, era troppo presto. Aveva già accettato di avere una debolezza - lei - quando si era ripromesso di non averne mai una, altrimenti suo padre avrebbe avuto qualcosa da usare contro di lui. Aveva provato a negare quelle stupide emozioni, era persino andato a letto con altre per dimostrare a se stesso di non essere cambiato eppure, alla fine, aveva ceduto al fascino di una Grifondoro proprio come Micheal. Tornando alla White, alla sua affermazione, rispose con una semplice alzata di spalle. Sapeva com'era fatto. In seguito, non mancò di sottolineare che il dolore del quale parlava se l'era causato da sola, ma forse quella scomoda verità non l'aveva voluta ascoltare. Per David non faceva tanta differenza, era passato così tanto tempo dall'ultima che avevano parlato, che ormai la ragazza che aveva davanti era diventata quasi un'estranea. In un anno erano cambiate molte cose, alcuni andavano avanti per la propria strada senza guardarsi indietro, altri, invece, avevano l'esigenza di chiudere con il passato e, tra questi, c'era sicuramente il tasso che, come aveva detto lei stessa, aveva appena chiuso un cerchio. «Buon per te, White.» Fece un lungo tiro di sigaretta e non si scompose nemmeno quando la sua risata colma di disprezzo gli arrivò alle orecchie. Era una reazione che si aspettava dopo il modo in cui erano finite le cose tra loro. «Ed è una novità?» Sarcastico, gli porse quella domanda mentre si voltava per andare via. "La tua natura..." Alzò un sopracciglio. Cosa sperava di ottenere facendo così? Vendetta? Uno scatto di ira da parte sua? Se sapeva cos'era meglio per lei avrebbe continuato a tenere la bocca chiusa, perché David non avrebbe esitato a diventare crudele nel caso in cui avesse deciso di parlare con chi non doveva. Per la maggior parte delle volte, si comportava da stronzo, ma la crudeltà che lo caratterizzava quando era in America, lì ad Hogwarts, non l'aveva mai mostrata. Non ne aveva mai avuto occasione, né motivo però, come si suol dire, c'era sempre una prima volta a tutto. Decise, tuttavia, di non dire niente, limitandosi a guardarla con durezza e le augurò di divertirsi durante la sua noiosa ronda serale. L'unico vantaggio che avevano gli spillati era l'accesso al Bagno dei Prefetti e, forse, il poter girovagare di notte per il castello indisturbati facendo i loro porci comodi. Qualche volta anche lui ed Halley ne avevano approfittato; ci aveva messo un po' a convincerla ma, alla fine, aveva ceduto. «Come ti pare.» Se voleva fare rapporto o no, erano cavoli suoi. Era stato in punizione così tante volte, che una più e una in meno non avrebbe fatto di certo alcuna differenza.




    Conclusa.
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    Quella era, probabilmente, la situazione più pericolosa nella quale si fosse mai trovato. Sapeva come comportarsi con Dean e i suoi nemici, con il branco, con suo fratello e con tutte le ragazze che si era portato a letto: semplicemente da stronzo. Tuttavia, con Halley, la sua ragazza, le cose non erano così semplici perché aveva qualcosa da perdere. Tutto quello di cui, probabilmente, avrebbero dovuto parlare mesi fa, stava venendo a galla e David non sapeva quale fosse la cosa giusta da fare, né da dire. Era un terreno inesplorato per lui, non aveva idea di come rassicurare la Wheeler che, con rabbia mista a dolore, gli spiegava come si era sentita. Poteva solo affidarsi al suo istinto e alla sue sensazioni, usando, per una buona volta, anche quel minimo di coscienza che gli era rimasta se non voleva perderla per sempre, perché era ad un passo dal farlo. Gli disse, senza mezzi termini, che voleva essere amata e rispettata, altri due concetti con i quali aveva poca famigliarità. Nella sua testa, da quando si erano messi insieme, l'aveva sempre rispettata, ma ai suoi occhi non era stato affatto così. «Forse no, ma non ciò non toglie che potrei provare ad esserlo.» Dei passi avanti ne aveva fatti; prima, ad esempio, non si sarebbe mai esposto in quel modo con un'altra persona, chiedendole scusa e ammettendo di provare qualcosa di forte nei suoi confronti. Halley, però, era riuscita dove molte avevano fallito: rimetterlo in contatto con quel minimo di umanità che gli restava. «Lo so.» Le sue attenzioni non le aveva mai elemosinate, era sempre rimasta fedele a se stessa, da tipica grifondoro, ed era anche per questo se non si era mai stancato di lei. Gli teneva testa, la chimica tra loro era inspiegabile e, contro ogni previsione, lentamente, se ne stava innamorando. Se innamorarsi significava avere il costante bisogno di sentirla vicina, fare sesso solo con lei, passare del tempo insieme, uscire, sentirne la mancanza, e altri cazzi vari, allora sì, lo era. «Non potevo chiamarti in quei momenti, Wheeler! Perché non mi hai detto che avevi bisogno di me!? Se non parli, non lo so. Faccio schifo in queste cose!» Espirò l'aria delle narici, e si passò nervosamente una mano tra i capelli. Aveva bisogno di bere. O di fumare. Di qualcosa che mettesse a tacere i suoi pensieri, perché non ci stava capendo più un cazzo. Decise, quindi, di baciarla, aveva bisogno di quel contatto. Quando si staccò, le cose tornarono come prima. Niente era stato ancora risolto. Era punto e a capo. Cazzo. «In questo momento sto lottando anche io. Per non perderti.» La guardò diritto negli occhi quando le disse quelle parole. Perché non capiva? Era così difficile, che diamine!
    «Come quasi tutti i ragazzi d'altra parte.» Non era l'unico ad andare a letto con chiunque in quella scuola. Lo faceva quasi tutta la popolazione maschile, tranne i gay, i secchioni, i cessi e quelli con l'anello al dito, Micheal compreso. Lui, in quella categoria, ci stava entrando. "Sei innamorato di me, Harris?” Lo provocò. Si avvicinò di qualche passo e le prese il mento tra le dita per tenerle fermo il viso. Quella domanda, a differenza delle altre volte, non gli face più paura, perché era sceso a patti con ciò che provava per lei. Non esitò, quindi, a darle la sua risposta. «Penso di esserlo, anzi lo sono, quindi posso avanzare pretese, Wheeler.» E se anche dopo questa, si ostinava a non capire, beh, non aveva idea di come avrebbe reagito. Forse in maniera simile a come aveva appena fatto quando nominò Dragonov. Lo chiamava anche per nome, a quel demente. Si irritò ancora di più. «Hai fatto bene a trattarlo di merda.» Serrò la mascella. «A cosa ti riferisci con il mio passato?» Parlava di quelle che si era portato a letto? Di suo padre? Della maledizione? Di cosa? Era un fottuto assassino, tutto, di lui era pericoloso. «E io ti ho detto che da quando siamo insieme ti sono stato fedele. Vuoi che te lo dica in altre lingue?» Stava iniziando a perdere la pazienza per tanti motivi. Poi, quando seppe della sua presunta gravidanza, esplose, prendendo a pugni il muro, abbracciandola e rimandando quella conversazione in futuro. «Forse, non lo so. Non ci sto capendo un cazzo di niente in questo momento.» E come poteva? Stava dicendo e ammettendo cose che, mai, avrebbe creduto possibili a una ragazza, compreso rivelarle di essere un mannaro. Suo padre lo avrebbe ucciso, non avrebbe visto la luce del sole e, insieme a lui, neanche lei. E nemmeno i loro figli. Ancora, basta, dannazione! Sto uscendo pazzo. Orami, quello, era un pensiero alquanto ricorrente nella sua mente nell'ultimo periodo. Tra l'altro, l' incontro con il beta - determinante per il futuro dei fratelli Harris - dipendeva da lui. Doveva assolutamente passare dalla loro parte, così uccidere Dean non sarebbe stato più un ideale, ma una realtà concreta. Poteva sperare, allora, di poter essere finalmente libero dall'uomo che aveva reso la sua vita un inferno? No, per ora non avrebbe dovuto. Appigliarsi a quella flebile speranza lo avrebbe indebolito e quel bastardo non avrebbe esitato ad usare la sua debolezza come arma. Era pericoloso. Soprattutto per Halley. Eppure ciò non gli impedì di sbarrarle ogni via di fuga. «Non mi è permesso dirlo.» In passato, aveva sottovalutato le minacce di suo padre, e il prezzo che aveva pagato era stato caro. Per fortuna l'avvoltoio non era stata infettata, altrimenti, a quest'ora, si sarebbe ritrovato con un arto in meno. «Non sono contrario ad avere figli mannari, tutt'altro.» Si avvicinò ancor di più alla grifondoro e la baciò con foga, senza trattenersi. «Che sia uno stronzo è risaputo.» Fece spallucce, e inclinò il viso quando la sua mano gli sfiorò la guancia. Accennò appena un sorriso, che tuttavia si spense non appena udì la sua domanda. Una vita diversa da quella di un licantropo non l'aveva mai considerata, anche perché aveva sempre desiderato contrarre il gene. Era stato cresciuto in un certo modo e le convinzioni del branco erano ormai troppo radicate in lui per poter essere estirpate. «Non me lo sono mai chiesto, è inutile pensarci. La vita che abbiamo è questa.» Ciò che interessava a David, però, era un'altra cosa. «Halley, che vuoi fare?» Voleva andare via? Voleva restare? Aveva bisogno di tempo? Per quell'unica, singola volta, avrebbe rispettato la sua scelta. Come avrebbe reagito poi, in futuro, se le cose fossero andate diversamente da come aveva immaginato, non era dato saperlo. Perché un Harris che si era aperto in quel modo, era ancora più imprevedibile.

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    L'accesa discussione che stava avendo con la sua ragazza lo stava mettendo a dura prova. Halley gli faceva domande dirette alle quali, difficilmente, avrebbe potuto dare una risposta affermativa. David era sempre stato un egoista e dei bisogni e dei sentimenti degli altri, non glie n'era mai importato niente, per questo usava parole dure per ferire il suo interlocutore. Anche la Wheeler non era stata esente da quel trattamento. L'aveva portata al limite molte volte per capire fino a che punto sarebbe stata in grado di sopportare un mostro come lui; il suo scopo lo aveva raggiunto mesi fa, a quel punto avrebbe dovuto fermarsi, lo sapeva, eppure non ci era riuscito perché era sua abitudine esasperare le persone e far loro del male. Non prendersene cura. In fondo, a lui non era mai stato riservato un trattamento del genere. Quando quel quesito gli venne posto, non poté fare altro che guardarla e dirle la verità. «No, perché non so come si fa.» Gli era venuto del tutto naturale starle vicino quando, in Infermeria, gli aveva raccontato della visione di suo padre e, altrettanto naturalmente, l'aveva difesa davanti a sua madre. In quei momenti, il suo istinto gli diceva di fare quelle cose e lui eseguiva, ma per il resto non aveva fatto altro che ferirla. Di questo, almeno, ne era consapevole. La grifondoro toccò un tasto dolente quando menzionò l'estate. La mascella si irrigidì di riflesso, i pugni si serrarono e la sua espressione divenne di marmo. In quei mesi non poteva stare con lei come avrebbe dovuto - e voluto - perché diventa un assassino a tempo pieno. Suo padre non lo perdeva di visita un attimo, il branco lo sottoponeva a duri allenamenti e il beta gli leggeva la mente. Ora sapeva anche questo. L'unico modo che aveva per mettersi in contatto con lei era tramite i messaggi babbani, ma più di quello non poteva fare. Non se voleva proteggerla. Halley, tuttavia, aveva interpretato quel suo comportamento come un totale disinteresse nei suoi confronti, cosa per niente vera. Il suo fottuto problema era che non riusciva a darle ciò che voleva perché non era un ragazzo normale, era un deviato fuori controllo con manie di autodistruzione. Malgrado ciò, non la lasciò andare. «Non ci sono stato, lo so. E non ti ho neanche scritto come dovrei dovuto perché non potevo. Ma mettiamo in chiaro una cosa» Ancora, la sua mano si poggiò su una guancia, accarezzandola dolcemente. «a me interessa come stai, cosa fai, con chi stai ma non so dimostrartelo.» Solo adesso, solo ora che era ad un passo dal perderla per la seconda volta lo stava facendo. Il tempismo non era mai stato il suo forte. "Avevo bisogno di te!" Quella frase seguita da quella dopo gli fecero capire non solo quanto avesse sbagliato, ma anche quanto intesi fossero i sentimenti che Halley provava per lui. Era tutto nero su bianco. Le prese il volto tra le mani e poggiò le labbra sulle sue, con forza, prima di staccarsi e guardarla con i suoi intensi occhi neri. «Siamo in due allora. Perché anche io ho un fottuto bisogno di te!» Era riuscito, finalmente, a dare voce quel bisogno che, da mesi, lo stava facendo andare fuori di testa. Avrebbe voluto baciarla fino a consumarle le labbra, ma si trattenne. Non sapeva come avrebbe reagito Halley che, tra le sue braccia, quasi tremava.
    «Ti ho mai dato della troia!?Non mettermi in bocca parole che non ho detto.» Le aveva urlato addosso, l'aveva marchiata, aveva quasi ucciso suo cugino per averla costretta a baciarlo ma quella parola del cazzo, contro di lei, non l'aveva mai usata. Non aveva motivo per farlo. Perché l'unico che l'aveva avuta era stato lui. «Lasciarmi!?» In un attimo le fu addosso, costringendola ad indietreggiare finché non si ritrovò con le spalle al muro. Emise un suono gutturale, basso e profondo, e le alzò il mento con forza. «Non se ne parla.» Categorico, emise la sua sentenza. «Ora che sono diventato tuo e tu mia, non puoi
    più tirarti indietro, è tardi ormai.»
    Le schiuse il labbro inferiore con il pollice e poi se lo portò alla bocca, succhiandolo. Se non poteva baciarla, avrebbe trovato altri modi per sentire il suo sapore e farle capire che era sua. «Il passato può tornare.» Le spostò una ciocca di capelli dal viso e avvicinò il suo, fermandosi ad un soffio dalle sue labbra. «Vuoi che mi fidi te, giusto? Lo farò. Ma non dargli modo di toccarti.» Per un mannaro possessivo e territoriale come lui era difficile non dare di matto quando un esemplare di sesso maschile si avvicinava alla sua ragazza con dubbie intenzioni, figuriamoci un altro licantropo con cui aveva un passato. Lo sforzo lo avrebbe fatto, le avrebbe dato fiducia, sperando di non doversene pentire in futuro.
    Una sola fottuta notte non aveva usato le precauzioni e cosa era successo? Halley aveva avuto un ritardo. Poteva morire. Lei e... La rabbia, per un istante, prese il sopravvento, e per sfogarla prese a pugni il muro. L'urlo della grifondoro gli permise di tornare in sé, ma era ancora agitato, perché cazzo, Dean avrebbe potuto ucciderla davanti a lui. E quell'incosciente nemmeno lo sapeva! Com'erano finiti a parlare di figli poi? Diventerò ancora più pazzo di quello che già non sono. «Halley questa è una conversazione da avere più avanti, non adesso. In futuro non sarà così.» O forse lo era già diventato dato che aveva appena valutato un futuro con dei figli. Mannari. Con la Wheeler. Gli venne quasi da ridere, per quanto ne sapeva tra qualche anno poteva pure essere morto, di che cazzo stava parlando? Mise da parte quell'assurdo pensiero e affondò il viso nel suo collo mentre, con forza, la stringeva a sé. Sentiva il suo calore, il suo respiro, era lì, tra le sue braccia e un attimo dopo non c'era più. Stava andando via, forse per sempre. Non glielo permise, le sbarrò la strada e, dopo tanto tempo, le rivelò la sua vera natura. Il battito del suo cuore aumentò, aveva paura adesso? Stava per correre via? Contro ogni previsione, non urlò né si fece prendere dal panico, semplicemente si sedette a terra, sorpresa da ciò che le aveva appena detto, e lo guardo. David la raggiunse, si inginocchiò davanti a lei e appoggiò le mani al lato del suo viso, rinchiudendola in una sorte di prigione umana. Non aveva via di scampo. «Da un anno o poco più, ma non sono stato morso. Nella mia famiglia la maledizione scorre da secoli.» Non esitò ad aggiungere quel dettaglio importante. Sorrise sinceramente quando dichiarò di non avere paura di lui. Si sporse in avanti e lasciò che le sue labbra si unissero alle sue. Le schiuse dolcemente con la lingua, baciandola intensamente e poi, quando ne ebbe abbastanza, si staccò. «Non devi averne. Desidero solo averti tutta per me. Ho la necessità che tu sia con me perché mi rendi più umano e meno bestia.» Per sempre. Ma quello non lo disse. Ora che sai chi sono davvero. Vuoi che ti dica altro?» Ci sarebbero state ancora tante altre cose da dire, ma le attività che svolgeva per suo padre e il fatto che fosse un assassino, le avrebbe tenute per sé.

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    David osservava impassibile Micheal che, assumendo l'atteggiamento tipico di un Harris, sentenziava ogni parola che usciva dalla sua bocca. Era per caso diventato un entità omnisciente e non lo sapeva? Da cosa deriva questa sicurezza? E, soprattutto, che diritto aveva di giudicare le sue scelte? Il motivo per il quale aveva deciso di mettere al primo posto la vendetta era perché, dopo anni di torture e soprusi, sentiva il bisogno di ripagare con la stessa moneta il bastardo che aveva reso la sua vita un inferno. Aveva conosciuto il dolore all'età di sette anni, lo aveva sperimentato in tutte le sue forme ed erano stati i suoi stessi genitori a farglielo provare. Era stato plasmato nell'odio e di quello si sarebbe sempre nutrito. Non cercò nemmeno più di imporre il suo punto di vista al fratello, tanto non avrebbe mai potuto capirlo. Era chiaro che, sulle delle cose, l'avrebbero sempre pensata diversamente e andava bene così. Ognuno avrebbe avuto la propria vita, ma ciò sarebbe stato possibile solo dopo la morte di Dean Harris. La libertà, attualmente, era un lusso che, nessuno dei due, poteva concedersi e se Micheal credeva ancora di poterla avere era solo grazie a lui che si era fatto carico anche dei suoi, di omicidi. Aveva preso il suo posto per non farlo impazzire del tutto, per permettergli, ancora, di aggrapparsi a quella flebile speranza d'amore perché l'aveva visto, quel lampo di pazzia nei suoi occhi, quando gli aveva detto di aver ucciso un uomo. Un singolo uomo. Sarebbe stato ancora così certo dei suoi ideali se, ogni due settimane, avesse avuto le mani sporche di sangue? Forse no. Ma, per adesso, David lo avrebbe lasciato alle sue illusioni ancora per un po'. Era tutto quello che poteva fare per lui prima che suo padre gliele distruggesse. «Lo ha già fatto, mi va bene così.» Quel sentimento gli si era attaccato addosso e, di scollarsi, non ne voleva sapere. «Mi dici queste cose perché sei preoccupato per me?» Inspirò il fumo dalle narici e lo guardò con la coda dell'occhio. David, se non provocava il suo interlocutore, non era contento e suo fratello, ovviamente, non faceva eccezione.
    «Non volevo tutelarti allora, Micheal, volevo distruggerti.» Odiava quel bambino con tutto se stesso, odiava i suoi occhi così simili a quelli di sua madre, odiava che gli fosse stato concesso un minimo di libertà mentre lui aveva dovuto subire le peggiori torture per il semplice fatto di essere nato per primo. Il tempo, però, gli aveva fatto capire che, da solo, non sarebbe andato tanto lontano. Per far fuori i suoi genitori aveva bisogno di lui. «Ora è diverso.» Adesso doveva e voleva proteggerlo. Lo aveva fatto, mesi fa, in quella foresta e stava continuando a farlo uccidendo al suo posto. La sua protezione non includeva la ragazzina che stava frequentando e, in tutta onestà, se l'avesse mollata gli avrebbe dato una pacca sulla spalla, congratulandosi con lui. Più e più volte aveva mostrato il suo dissenso, ma Micheal, testardo com'era, si rifiutava di ascoltarlo. Cavoli suoi. «Halley è diversa da quella che ti fai. Posso assicurartelo.»Aveva visto il suo lato peggiore ed era rimasta e, soprattutto, non aveva mai dubitato delle sue scelte. «Ciò che provo per lei è forte, forse più di quanto sia disposto ad ammettere, ma ragiono diversamente da te.» Viaggiavano su due rette parallele destinate a non incontrarsi mai. «Non ho mai illuso nessuna ragazza se proprio vuoi saperlo.» Non aveva il tempo per quelle stronzate e nemmeno la voglia. Se poi il suo caro fratellino si riferiva al caso della White beh, non lo aveva fatto neanche con lei. Che colpa ne aveva, lui, dei suoi film mentali sulla base del niente? Aveva sempre detto ciò che pensava, senza filtri, e infatti aveva chiesto ad Halley di diventare la sua ragazza perché si era reso conto di aver bisogno solo di lei. E gli era stato fedele. «Ho già ammesso ciò che provo per lei. Che altro dovrei dire?» Si girò a guardarlo. «Che mi sto innamorando? Non lo so questo.» Non sapeva nemmeno che cosa volesse dire esserlo. Era tutto così nuovo e strano per lui, non aveva la benché minima idea di cosa fare con la Wheeler. Tra l'altro, era soggetta a sbalzi d'umore improvvisi che lo lasciavano interdetto il più delle volte. E litigavano sempre. Poi facevano sesso per fare pace. Se non la vedeva gli mancava. Non capisco un cazzo di tutta questa merda! «E neanche ci tengo a conoscerla, a pelle mi sta sul cazzo e non mi è piaciuto che tu sia stata la sua seconda scelta.» Per lui era così e non avrebbe cambiato idea. «Perché non hai le basi per farlo.» La Wheeler aveva i suoi difetti: era una rompicoglioni, parlava troppo, non si faceva gli affari suoi, lo faceva sempre incazzare, era lunatica e quel suo voler salvare tutti gli faceva girare i coglioni, ma con lui non aveva mai sbagliato a differenza della sua amichetta. Quindi, su di lei, non avrebbe potuto dire proprio niente. «Io almeno scopo, tu lo fai!?» Perché se non faceva nemmeno quello, Merlino, stava proprio messo male. «Mi baso sui fatti.» Era quasi certo che Halley si stesse innamorando di lui, altrimenti perché sarebbe rimasta? Perché non lo aveva mandato a fanculo quando, in un momento di rabbia incontrollata, le aveva stretto le mani al collo? Era quella l'unica spiegazione logica e plausibile che gli veniva in mente. «La vendetta sarà sempre la mia priorità ma subito dopo c'è lei.» Si passò una mano tra i capelli, nervoso e a disagio per averlo ammesso ad alta voce e di fronte ad un'altra persona per giunta. Si era esposto e, la cosa, non gli andava per niente bene. Lo stava facendo un po' troppo spesso ultimamente, cosa cazzo gli era preso? Era tutta colpa di quella grifondoro. E aveva anche il coraggio di dire che la mandava ai matti, ma per favore! «Potrebbe sì, se non lo è già.» Per orgoglio non glielo avrebbe mai detto, di questo ne era consapevole. E nemmeno lui. Quel sentimento sarebbe stato espresso in altri modi. «Isolarlo sì, dobbiamo portare parte del branco dalla nostra parte per questo è importante il mio incontro con il beta.» Per quanto James fosse il braccio destro di suo padre e avesse la sua fiducia, doveva essersi avvalso dell'aiuto di qualcun altro per mettersi in contatto con loro perché prima che un gufo, una lettera, un biglietto o un telegramma venisse spedito, c'era bisogno del consenso dell'alfa. E Dean aveva spie ovunque. I traditori, quindi, erano più di uno. «La conosco abbastanza.» In fondo, molte volte, si era ritrovato a regolare i conti al posto suo. «Per adesso parto da solo. Dopo la mia chiacchierata con James, capiremo il da farsi.» E la sua vendetta, finalmente, avrebbe avuto inizio.



    Edited by David_ - 18/12/2023, 23:58
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    David non avrebbe mai pensato che, un giorno, avrebbe avuto paura di perdere una persona. Aveva sempre vissuto per se stesso, per la sua vendetta perché, per lui, ciò che più contava era vedere Dean strisciare ai suoi piedi e implorare pietà. Era quello il significato della sua esistenza. Eppure, mentre Halley gli mostrava il dolore che, consapevolmente, le aveva inflitto, aveva capito che lei era importante allo stesso modo. I sentimenti che provava per lei erano forti, ma non sapeva come esprimerli perché l'orgoglio e l'abitudine di nascondere ogni sua debolezza glielo impedivano. Parlava, cercando, a modo suo, di farle capire che ruolo avesse nella sua vita, fallendo miseramente ogni singola volta. Quello bravo con le parole era Micheal, non lui. Sospirò pesantemente e si passò una mano tra i capelli, stringendoli con forza, poi stese le braccia lungo i fianchi in segno di resa: l' unica cosa da fare per non perdere la sua ragazza era esporsi, mostrando una parte di sé che mai nessuno aveva più visto dopo che la sua tutrice era stata uccisa, davanti a lui, da suo padre per ricordagli che, chiunque lo avesse amato, avrebbe fatto la stessa fine. Halley, però, poteva essere la sua debolezza. Adesso era abbastanza forte da evitare che un episodio del genere si ripetesse. Doveva fidarsi di lei, perché lo aveva accettato nella sua totalità. Si avvicinò di qualche passo e, con una dolcezza che nemmeno sapeva di avere, le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e la guardò, esitante, provando a parlare, a dire qualcosa, ma non ci riuscì. Era difficile pronunciare quelle parole, ammettere di essersi sbagliato, ma si sforzò. Altrimenti la sua ragazza sarebbe uscita da quella stanza per non tornare più. «Lo so, mi dis-»Si bloccò, per poi riprovare. «Mi dispiace.» Il suo orgoglio ne risentì ma non gli importò, in quel momento aveva altre priorità. Non aveva urlato, aveva ammesso i suoi errori, perché solo così Halley avrebbe capito che, di passi verso di lei, ne stava facendo. La mora, però, ne faceva sempre troppi; anche adesso, invece di fare la stronza e mandarlo a fanculo, gli aveva dato conferme. Era questa l'esclusività che voleva? Che pretendeva? Ciò che le aveva dimostrato fin ad ora non era bastato? Probabilmente no. Per questo erano ad un passo dalla fine. «So anche questo.» Le accarezzò la guancia con il pollice. «E tu lo sei per me. » Addolcì i lineamenti del viso quando pronunciò quelle parole, sperando di essere creduto. Perché ciò che le stava dicendo era la verità. «Non c'è niente di male per le persone normali, ma io non lo sono. Per me ammettere di provare qualcosa è difficile, se non impossibile, ma con te ci sono riuscito. Perché ciò che sento è reale.» La guardò per dei lunghi istanti prima di fare un passo indietro e mettere fine ad ogni contatto tra loro. Chiuse gli occhi con forza e si conficcò le unghia nella carne, l'abitudine lo spingeva a rimangiarsi tutto e ad urlare che era una stupida, che sarebbe stato meglio senza di lei, perché solo così sarebbe stato al sicuro. Solo così non avrebbe perso di vista il suo obiettivo. Avrebbe voluto avere Halley senza mostrare la sua parte più vulnerabile, ma il suo egoismo non l'avrebbe portato da nessuna parte. Posso fidarmi di lei.Perché gli stava parlando con il cuore in mano, dandogli, così, l'opportunità di farla a pezzi definitivamente. Un potere che lui, invece, non avrebbe mai voluto dare a nessuno. Questa era la differenza tra di loro. Tuttavia, David, quel cuore non voleva spezzarlo. «Nemmeno io mi riconosco più»Aprì gli occhi, fissandoli nei suoi. «ed è a causa tua.» Le poggiò una mano dietro la nuca, la spinse verso di sé e le diede un bacio sulla fronte. «Non ho mai fatto queste cose.»Perché nessuno era come lei.
    Aveva ammesso, senza problemi, che Freya aveva un bel culo perché dal suo punto di vista fare apprezzamenti su un'altra non era paragonabile ad un tradimento. Tra l'altro, il suo obiettivo era quello di far girare le palle ad Axel. Halley, però, la pensava diversamente, e non esitò a farglielo capire. «Non credevo ti avrebbe fatto così male, Wheeler.» E avrebbe anche detto altro se la sua ragazza non avesse commentato il modo in cui quel cane baciava. Gli salì il sangue al cervello, era ad un punto dal prenderla e baciarla con la forza per farle rimangiare ciò che aveva appena detto, ma si trattenne. A stento. D'ora in poi avrebbe dovuto girare a largo da quel tipo perché, la prossima volta - se mai ce ne sarebbe stata una- avrebbe lasciato fluire la sua rabbia. «Lo sto facendo e se non spacco qualcosa, dopo quello che mi hai detto, è solo perché sei una di quelle!» Alzò il tono della voce, maledicendo il giorno in cui quella dannata grifondoro gli era entrata nel cervello. Non era l'unico che la stava mandando al manicomio, lo stava facendo anche lei. Un ritardo? Aveva avuto un fottuto ritardo. Diede un pugno contro la parete, perché questo proprio non se lo aspettava. Avevano usato sempre le protezioni, solo quella volta nello spogliatoio non lo avevano fatto. Cazzo, cazzo, cazzo! Un altro pugno, uno e un altro ancora. «Halley» Si avvicinò di scatto, prendendole il viso tra le mani e scuotendola. Che voleva fare? Che voleva dirle? Come avrebbe dovuto reagire di fronte a quelle affermazioni? Se avesse aspettato un bambino lo avrebbe tenuto: il figlio di un assassino, di un mannaro e lo avrebbe portato in grembo senza neanche saperlo. E Dean li avrebbe ammazzati. «non deve più succedere. Promettimelo.» Doveva farlo. «Non saresti al sicuro. Non deve più succedere.» A denti stretti, disse quelle parole. Da oggi in poi avrebbe dovuto fare ancora più attenzione, avrebbe usato contraccettivi babbani, magici, pozioni e tutto quello che poteva servigli per non doversi più ritrovare in quella situazione. Un Harris generato all'infuori del matrimonio era inaccettabile per il branco, e quel bastardo avrebbe fatto fuori nel peggiore dei modi la madre. Poggiò la fronte contro la sua, respirando rumorosamente, perché cazzo, la sua ragazza aveva rischiato davvero di morire per mano di suo padre. E lui non l'avrebbe più rivista. Non l'avrebbe più baciata, toccata, sfiorata, fatta sua. Mai più. Avvolse la sua esile vita con le braccia e la strinse forte contro il suo corpo per sentire il suo petto fare su e giù. Per sentirla respirare. «Non voglio perderti.» Rafforzò la presa e poi la lasciò andare. Rischiava di soffocarla. Poi la vide, una lacrima scendere sul suo viso. Si voltò, pronta ad andarsene, forse per sempre, ma David le sbarrò la strada perché non poteva farlo. Non ora che aveva catturato la bestia.
    Le domande che gli porse erano difficili, complicate, eppure non si tirò indietro, parlò. Anche se ciò che le disse era solo una parte della verità. «Mio padre mi ha cresciuto diversamente dagli altri. Ha fatto tutto quello che era in suo potere per impedirmi di provare sentimenti positivi.» Nei suoi occhi, c'era il vuoto. Aveva lo stesso sguardo di quando, impassibile, uccideva, torturava e godeva nel sentire le urla delle su vittime. Sì, era proprio come suo padre. «Non lo so di cosa ho paura, e non so se ne avrai tu adesso. Di me.»Le mise una mano sulla guancia, asciugandole le lacrime e si chinò, poggiando delicatamente le labbra sulle sue. «Io non sono umano.» Le dita scivolarono nei suoi morbidi capelli, lente, sinuose, il suo profumo l'avvolgeva, aveva lo sguardo fisso su di lei per studiare ogni sua mossa, ogni cambio di espressione, ogni piccola sfaccettatura. Tutto. «Sono un licantropo come mio padre e mio nonno. Questa è la mia vera natura.»O almeno, parte di essa. Con le dita accarezzò il marchio che le aveva lasciato sul collo, ora poteva capire il significato di quel gesto. Ora poteva capire tante cose. «E di lasciarti andare non se ne parla.» Si sarebbe preso cura di lei finché qualcosa di terribile non li avesse divisi e, dopo aver staccato il cuore dal petto a quel bastardo, sarebbe tornato da lei. Non si sarebbe mai liberata di lui. L'avrebbe avuta, sempre e comunque perché era un malato patologico e provava, per lei, quel sentimento a cui, per ora, non avrebbe dato un nome.

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    Non disse nulla di fronte alle parole di suo fratello, si limitò a serrare la mascella. Non sapeva nemmeno lui se Halley fosse davvero il male minore o se, semplicemente, l'avesse definita così per non perdere di vista il suo principale obiettivo: la vendetta. Il pensiero che Dean potesse, in qualche modo, farle del male gli causava rabbia, perché sapeva di avergliene fatto già tanto. Nonostante ciò, la Wheeler non aveva mollato, era andata diritta per la sua strada, decisa a capire chi o cosa l'avesse reso così stronzo. David, però, non aveva mai parlato: la nana, per quanto forte, non sarebbe mai stata in grado di reggere il peso della verità. E anche se, per miracolo, ci fosse riuscita, il prezzo da pagare sarebbe stato alto. Fin troppo alto. perché quel bastardo avrebbe fatto di tutto per distruggere una della poche cose che lo faceva stare bene, e lo stesso valeva per Micheal. Suo fratello, tuttavia, era un completo idiota. Non riusciva proprio a capire che non sarebbero mai stati liberi di vivere la propria vita finché il capobranco non fosse morto. Glielo aveva ripetuto centinaia di volte, eppure il minore degli Harris si ostinava a non volergli dare ascolto. La pensavano diversamente su troppe cose. Nervoso, fece un lungo tiro di sigaretta sperando che la nicotina che aveva in circolo riducesse lo stress a cui, quella giornata, era stato sottoposto. Non vedeva l'ora di finire quella scuola del cazzo. «Può essere. Ma Micheal» Si voltò verso di lui, guardandolo con espressione seria. «io e te abbiamo vissuto cose diverse. Quello che tu hai subito negli ultimi mesi, io l'ho subito per anni. Il tuo odio non è paragonabile al mio.» Era un dato di fatto. Lui non aveva avuto tutte le ossa rotte da bambino, non era stato incatenato e pestato dai membri del branco, non era stato torturato da sua madre, non aveva ucciso a mani nude decine di persone. E, soprattutto, nella sua vita, aveva provato altro oltre all' odio e al risentimento; se si aggrappava con tutte le sue forze all'ingannevole sentimento che provava - o pensava di provare - per quella ragazzina, era perché, in parte, sapeva cosa fosse. Lui no. «Scelte tue, però fratellino» Si sporse in avanti e gli diede, per la prima, un consiglio da fratello maggiore. O forse un avvertimento, dipendeva dai punti di vista. «assicurati che ciò che provi per quella ragazzina sia forte abbastanza da sacrificarti per lei e chiediti se davvero ci tieni, o ti sei convito di questo. Io non l'avrei mai scelta. Per me è troppo debole e volubile. »Quella era l'idea che si era fatto di Grace. Non gli sarebbe piaciuto avrela intorno e, onestamente, gli sarebbero girati i coglioni se fosse venuta a sapere qualcosa in più su di loro. Tra l'altro, se Dean avesse deciso di prenderla di mira, lui non avrebbe mosso un dito per salvarla. Era compito di Micheal proteggerla dall'ira paterna. «Mi chiedo questo tuo altruismo quanto durerà.» Metteva al primo posto il bene di un'altra persona perché, lo stesso, era stato fatto con lui, ma ciò avrebbe avuto vita breve. Lentamente, l'odio e la rabbia sarebbero cresciuti dentro di lui e, un giorno, senza neanche accorgersene, sarebbe diventato la sua copia sputata. Poteva essere forte quanto voleva ma, prima o poi, la sua volontà si sarebbe spezzata. «Prendi esempio!» Gli diede una spallata amichevole e tornò a guardare l'orizzonte in lontananza. Quel momento di tranquillità fu interrotto dal loro ennesimo scambio di opinioni discordanti. «Se lo credi tu.» Si era stufato di dare inutilmente aria alla bocca. L'aveva messo in guardia su ciò che sarebbe potuto succedergli se non iniziava a ragionare secondo le regole del branco, cavoli suoi adesso. «Lo sono da sempre.» Duro, pronunciò quelle parole. Gettò il mozzicone della sigaretta ormai consumata e alzò lo sguardo verso il cielo, osservando la luna. Da bambino, quante volte aveva desiderato abitare su quel satellite, lontano dall'inferno in cui era nato e da quegli uomini violenti che lo avevano trasformato in un mostro. Il mostro che, da sempre, voleva essere. «Andò da solo.» Aveva già avuto a che fare con James in passato, sapeva come trattare con lui. Si augurò che stesse realmente dalla loro parte. «Perché vuoi farlo tu?» Lo guardò di traverso. In fondo, aveva già provato a farlo fuori nel sonno, avrebbe potuto tranquillamente riprovarci visto che condividevano la stanza. Il loro era un rapporto disfunzionale, complicato, eppure eccoli lì, uniti per una causa comune. Chissà se uno di loro sarebbe sopravvissuto, alla fine. «No, Halley soffrirebbe perché, anche se non lo dice, so che si sta innamorando di me. Ma la morte è qualcosa con cui dobbiamo convivere.» David rischiava di morire ogni volta che suo padre gli ordinava di uccidere qualcuno ma questo, il suo caro fratellino, non lo sapeva. «Sì, provo qualcosa di forte, ma l'odio per quel bastardo lo è di più.» Non aveva problemi, adesso, nell'ammettere ad alta voce ciò che sentiva per Halley. Lo aveva accettato già da tempo; in fondo, era proprio per questo che l'aveva rincorsa. Tuttavia, la sua vendetta avrebbe sempre avuto la priorità. Sempre. «Solo.» Come lo era sempre stato. Quando gli chiese se fosse felice, ci rifletté su un attimo, poi rispose, incerto. «Sto bene quando sono con lei, quindi credo di sì.» Non avrebbe saputo dire altro. Quel sentimento era un mistero per lui. «Non ci sono altre soluzioni, dobbiamo farlo fuori. Prima, però, dobbiamo isolarlo.» Per lo scontro definitivo ci sarebbero voluti anni, nessuno dei due era in grado, attualmente, di tenere testa a loro padre. Ci avevano provato mesi fa e, se adesso erano qui a parlarne, era perché Dean aveva concesso loro la grazia, il che per David equivaleva ad un'umiliazione.

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