Lezione di Cura delle Creature Magiche A.S. 2023/2024

Ammessi tutti gli studenti fino al IV anno

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  1. acid rain.
     
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    Alzò le spalle, come per voler sminuire quel piccolo segreto –che segreto più non era-. Poco le importava. Non aveva mai tenuto particolarmente a mantenere il riserbo su quella che era la sua natura. Per niente, se vogliamo essere precisi. Nessuno aveva mai espresso l’interesse nel conoscerla e, per questo motivo, non reputava necessario lasciar trapelare la verità. L’eccezione si era riscontrata proprio nel rapporto con Nathan. Lui sapeva. Lui capiva. Lui si batteva per mantenere in lei quell’equilibrio necessario ad impedirle di provocare vere e proprie catastrofi naturali. Le mancava. Avrebbe affrontato quella giornata in maniera differente, se solo fosse stato al suo fianco. Una sorta di protezione. Rain con Nathan si sentiva completa, protetta e voluta. Mai e poi mai si sarebbe sognata, volutamente, di farlo soffrire. Su questo punto, la sua amichetta, avrebbe potuto dormire sonni tranquilli anche se, per un istante, le venne voglia di controbattere a quella specie di avvertimento che uscì dalla sua bocca eccessivamente larga. Strinse i pugni, ingoiando il rospo. In fondo, nella sua visione della vita, stava solo proteggendo il Grifondoro, da una possibile sofferenza e, parlando della rossa, dietro l’angolo doveva pur esserci l’inculata. L’immagine che dava di sé, non era neanche lontanamente simile alla realtà. Le piaceva piacere. Certo. Come tutte le ragazze della loro età, poche cazzate. Eppure la parte sommersa era presente. Quella parte che lasciava emergere solo con coloro ai quali avrebbe consegnato la sua stesse vita nelle loro mani. Pochi ma buoni. Punti di vista. Lasciarsi andare, in ogni caso, era escluso. Mantenere quella facciata le assicurava una barriera tra lei e il mondo circostante e, seppur si stesse impegnando a migliorarsi, ancora la meta sembrava essere così lontana da spaventarla. Annuì. La sua espressione seria, sarebbe dovuta servire a porre un punto a quell’argomento che, se approfondito, avrebbe dato vita a uno scontro –visto il contesto- tra titani. Con che utilità? Quella di metterle una contro l’altro. Più di quanto già erano.
    Tornarono al punto di partenza dove, accigliata, le attendeva la despota per eccellenza, con quel suo sguardo artico da far accapponare la pelle. Andiamo. Tutto quel rigore. Le avrebbe fatto venire le rughe prima del dovuto e addio gnoccanza. La lezione proseguì con un’altra domanda a prova di idiota ma, a quanto pareva, l’ignoranza, in quel tratto di terreno, dilagava e anche potente. Dissentì, lasciando che la sua chioma oscillasse e, alla fine, rispose alla domanda nella maniera più congrua, attenendo che qualcuno si svegliasse dal suo lungo sonno. Oh. Proprio la sua compagna. Si voltò verso di lei, analizzando le informazioni che, di punto in bianco, aveva deciso di condividere con i presenti. Inarcò il sopracciglio quando un velo di imbarazzo la colse. Piccola cara. Accoppiamento. La scrutò dubbiosa, mentre la Lancaster la incalzava sul termine che stentava ad utilizzare. Ok. Forse un po’ dura ma, effettivamente, non vi era nulla di eclatante. Un puro termine in chiave tecnica. Nulla a che vedere con i numeri privati, sperimentati con l’Harris intelligente. Almeno aveva avuto buon gusto, da quel lato. Soffocò l’istinto di metterla ulteriormente sotto pressione e si limitò a scostare lo sguardo, puntandolo verso il loro obiettivo seguente.
    ”… sai controllare quella roba che fai?” Doveva immaginarselo. La curiosità era più che lecita in quella circostanza. Rispondere? Un modo come un altro per ammazzare il tempo, intanto che gli altri si cimentavano nelle loro stronzate. Magari ci scappava il morto. Ah, no. Ne aveva avuto abbastanza con la bionda faccia da culo, Dorothea Lovecraft, durante la sua straordinaria interpretazione nei panni del cadavere. Forse si era calata troppo nella parte. “No.” Breve e risoluta. Sarebbe stata una bontà divina se avesse potuto gestire la sua condizione. Invece no. Tutto lasciato al caso e, soprattutto, alla mercé di una giornata no e dei suoi nervi tesi. Che culo. “Mi succede durante specifiche condizioni fisiche e psicologiche.” Non aveva neanche idea di come spiegarlo. “Temevo per la nostra vita, poco fa! E puffff.” Mimò una specie di funghetto atomico con le mani. Diceva il vero. Niente più e niente meno. “Succede spesso quando sono incazzata.” E da lì aveva compreso che qualche cosa non andava in lei. Beh, se così si poteva dire. Tornò a fissare le coppie che una dopo l’altra si addentravano tra le braccia di quel labirinto che aveva tutta l’aria di essere una vera e propria arena, oramai. Pochi attimi e fu decretata la fine della prova effettuata dalla Serpe ciclata e l’asiatico che, a forza di spogliarla con gli occhi, l’aveva consumata. Voleva dire solo una cosa: era di nuovo arrivato il loro fottutissimo turno. Una rapida occhiata d’intesa e di nuovo via, immerse in quella natura selvaggia che, diciamocelo, non giocava affatto a loro favore. Elementalista un cazzo. La luna splendeva sopra le loro teste, rendendo ancora più difficile la visuale. “Pensa se fossi stata una mannara, Johnson!” Commentò sarcastica. Certo, dovevano essere sotto l’effetto di qualche incantesimo, ma la cosa avrebbe davvero assunto una nota comica. La punzecchiò ancora un po’ sull’argomento che, da quel che poteva comprendere, non andava a genio alla sua compagna di avventura. Eppure sembravano così legati. Carini. Innamorati. Meglio per lei, tra l’altro. Almeno si sarebbe tenuta alla larga da Nathan. Non amava avere concorrenza da sbaragliare. Che male c’era prediligere una strada spianata? Insomma, si trattava pur sempre di una mente semplice. Come no. “Prego!” Piazzò un sorriso falso, uno dei suoi migliori, prima di tornare a concentrarsi sul loro operato o, almeno, sull’idea.
    “L'Avenseguim? Non funzionerebbe.” Tagliò corto. Per usufruire di quell’incanto era necessario possedere un oggetto appartenuto a colui che si trovava disperso. A meno che non avessero trovato i suoi escrementi, non avrebbe funzionato la sua idea.
    “Sto solo cercando di fare conversazione.” Mettendo da parte l’astio, sempre presente nei loro precedenti incontri. “O forse voglio solo conoscerti meglio.” Replicò secca. Non vi era ombra di presa per il culo nel suo tono. Si trattava pur sempre di una persona cara a Nathan e, forse, uno sforzo lo meritava. “Siamo in una fase di elaborazione. Sai, l'accettazione?” Minimizzò. Conosceva bene il punto di vista di Grace. La credeva una facile e il suo commento lo confermò. “Oh, no! Lui funziona molto bene.” Avrebbe dovuto farsi un giro. “Ma sono innamorata di un’altra persona! Di Nathan.” Cosa? Che cazzo aveva appena detto? “Voglio dire. Vabbè. Ma perché non ti fai gli affari tuoi?” Arrancò, mentre la sfumatura più intima dell'imbarazzo andò a colorarle le gote.
    Quel che avvenne dopo fu un gran casino. Stava di fatto che, dopo le maniere buone, giunsero quelle pesanti e il Mooncalf fu nelle loro mani.

    Si dimenava. Troppo per i suoi gusti. Si affiancò a Grace e con tutta la forza necessaria, tentò di inibire i movimenti epilettici di quel vitello dagli occhi troppo grossi. “E piantala per l’amor di Merlino.” Commentò con non poca agitazione. Che cazzo sarebbe successo da quel momento in avanti? Tutta una grande incognita. Si guardò in giro, come per cercare una via di fuga. Il loro obiettivo era pur sempre quello di portare fuori dal labirinto, sano e salvo, occhi belli. Insomma. Chi ben comincia doveva pur essere a metà dell’opera. Era proprio la restante metà che, però, arrecava un’insensata preoccupazione nella verde-argento. L’oscurità. La presenza di quella vegetazione che, a tratti, forniva delle strane ombre di diversa dimensione. Un senso di inquietudine crebbe in lei quando, a pochi passi da loro, notò una figura alquanto difficile da descrivere. Ridusse i suoi grandi occhi color nocciola a due piccole fessure, cercando di percepire le fattezze di quella che sperava fosse frutto solo della sua immaginazione. Una speranza che si infranse nello stesso momento in cui, improvvisamente, la creatura balzò fuori dal suo nido fatto di tenebra. “Porca troia!” Sfogliò mentalmente le nozioni che possedeva in merito alla materia e si accorse dell’immensa valanga di merda che, di lì a poco, si sarebbe rovesciata sulle loro misere vite. “Hodag a ore tre!” Annunciò, per niente felice della novella. Quella faccia da rospo non era altro che il predatore per eccellenza del povero vitello dal cervello poco sviluppato. Sì, dai. Non doveva brillare di intelligenza per diventare il cibo di un cazzo di anfibio così orrido, poi. Dovevano andarsene da lì. Più veloci della luce e portare fuori da quella trappola di sterpaglie quella bestiola indifesa. Sì. Peccato che coso non fosse poi così semplice da trasportare. Anzi. Per niente. “Dobbiamo andarcene!” Ma per farlo. Una lampadina le si accese nella testa. Strinse la bacchetta nella, finalmente, libera mano destra e si adoperò a lanciare un incantesimo che riducesse le dimensioni del loro carico. Grazie, Occamy. L’aggiusta spazio per eccellenza le aveva dato una piccola ispirazione. Prima che potesse proferire parola, però, il cacciatore (?) prese ad avanzare verso il Mooncalf ad una velocità impressionante. “NON TI PERMETTERE, PICCOLO BASTARDELLO!” Perentoria. Si scostò di lato trascinandosi appresso Grace e l’amichetto. “Reducio!” Finalmente il peso si alleggerì e tutto sembrò meno assurdo e complicato. “Grace! Tutto tuo!” Si ficcò il mini Mooncalf nella tasca della divisa e prese a correre, decisa, verso un punto indefinito del labirinto, lì dove era convinta di trovare l’uscita. O forse no. Ricordò ciò che le aveva suggerito la sua compagna pochi attimi prima. Mantenere la destra. Perché no? Tentare era l’unica cosa che potevano fare. “Cerco l’uscita. Conto su di te. Tienicelo alla larga!” Era la prima volta in assoluto che Rain, di sua spontanea volontà, si affidava a qualcuno che non rientrava nella cerchia delle sue conoscenze più strette, quelle alle quali si affidava solitamente. “Ma stammi dietro.” Prese a correre, prestando particolare attenzione a mantenere l’equilibrio, evitando cadute che, primo, l’avrebbero rallentata e, secondo, avrebbero messo in pericolo la salute un Moon di quelle dimensioni. Se fosse franata sul malcapitato con tutto il suo peso, sarebbe diventato un paté invitante, pronto da consegnare alle papille gustative dell’Hodag. Si assicurò di essere abbastanza lontana dal luogo dello scontro e si voltò indietro. Ringraziò Morgana di poter vedere ancora Grace alle sue spalle, intenta a duellare. Improvvisamente accadde qualche cosa che la impietrì. Una vampata. “Che cazzo? GRACE? STAI BENE?” Non poteva essere. O si? Beh, non era di certo il momento adatto per pensieri che non avessero nulla a che fare con il salvataggio di coso. Avrebbe rimandato. Uno spiraglio. Un bagliore. Sì. Doveva essere il sentiero esatto. “Ci siamo quasi!” Ti prego, resisti e non farti cavare un occhio, Johnson!

    Rain Scamander - IV anno - Serpeverde.
    Interagisce con Grace. Risponde alla domanda della prof. Attende impaziente il turno suo e di Graziella e alla fine entra. Tornano a sparlottare e a farsi unghie e treccine e alla fine affrontano faccia da rospo. O meglio, Rain si adopera a cercare l'uscita, lasciando nelle mani di Graziella il duello con la bestiaccia.


    Edited by acid rain. - 27/1/2024, 19:16
     
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30 replies since 2/1/2024, 10:12   881 views
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